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la Repubblica

BIENNALE CRONACA DEMOCRAZIA

DOMENICA 14 APRILE 2013

TORINO

■X LA CARTA SCRITTA DA NOI

Alle 10.30, al Teatro Gobetti, Salvör Nordal, Boaventura de Sousa Santos e Nadia Urbinati si confrontano su “Quando la Costituzione è scritta dai cittadini” a partire dalle esperienze di Islanda, Bolivia ed Ecuador.

Da seguire

RITORNO ALLA REALTÀ

Alle 10.30 al Teatro Vittoria l’editorialista Marcello Veneziani parla del “Ritorno alla realtà” come atto rivoluzionario in un mondo sempre più virtuale. AMBIENTE E DEMOCRAZIA

Salvatore Settis e Gustavo Zagrebelsky si confrontano alle 11, al Teatro Carignano, sul tema

“A Torino l’anno prossimo la Biennale della Scienza” L’annuncio di Fassino: si alternerà con la Democrazia T

ORINO avrà anche una Biennale della Scienza. Al Teatro Carignano per salutare Umberto Veronesi — con Ilaria Capua, uno dei protagonisti del mondo scientifico di questa edizione di Biennale Democrazia — Piero Fassino annuncia la novità per il prossimo anno: un grande evento dedicato alla cultura scientifica da organizzare con scadenza biennale negli anni in cui non c’è l’appuntamento con la Democrazia. «Siamo già al lavoro per studiare questa nuova formula — spiega — ma in questa città certo non mancano le basi per creare un comitato scientifico che sia all’altezza del compito. Penso all’Accademia delle Scienze, all’Isi Foundation, al Politecnico, al Cnr. E ce ne sono molti altri». Prematuro pensare al nome del direttore. Forse Francesco Profumo, al suo rientro da Roma? «Vedremo, magari vorrà ancora fare il ministro», scherza Fassino. Torino potrebbe quindi gareggiare con Genova, dove in autunno si svolge il Festival della Scienza diretto da Vittorio Bo. Convegni, incontri, formazione e giochi per i ragazzi. Quasi due settimane dedicate alla scienza — per questa undicesima edizione il tema è la bellezza, in calendario dal 23 ottobre al 3 novembre — con iniziative dislocate nelle piazze della città e aperte gratuitamente al pubblico. I risultati paiono più che soddisfacenti, con un bilancio di 235 mila visite. Piero Fassino non aggiunge per ora altri dettagli, ma è immaginabile che la nuova Biennale a tema scientifico possa comparire fra i prodotti pensati per la Fondazione

per la cultura, che fra gli altri eventi quest’anno organizza il Jazz Festival e Mi-To. Avere un format che tutti gli anni possa essere proposto agli sponsor potrebbe essere uno degli obiettivi per riempire la

Fondazione di eventi di qualità. Il tema delle risorse non preoccupa il sindaco di Torino: «Non sono preoccupato per i soldi — dice — Credo che la priorità siano le idee e in secondo luogo la passione

per realizzarle. Pensando alle persone che sono in grado di dare vita ad un team in grado di garantire la qualità degli eventi». (s. str.) © RIPRODUZIONE RISERVATA

I PERSONAGGI Umberto Veronesi ha parlato di salute e diritti fondamentali. Il sindaco Fassino ha annunciato la Biennale della Scienza

L’incontro

L’ex ministro firma la proposta di legge sull’eutanasia

Veronesi e le sfide della salute “È ora che i ricchi si sacrifichino” SARA STRIPPOLI A FORZA dei grandi di esprimere il dubbio, la carica di umanità che si vorrebbe testimoniata in corsia ogni giorno. Umberto Veronesi, a Torino per Biennale Democrazia, firma in piazza la proposta di legge dei radicali per l’eutanasia legale e il testamento legale “Una scelta personale” ed è accolto dal pubblico del Teatro Carignano con il silenzio riservato agli ospiti di altissimo rango. Un’ora di intervento, chiuso con gli applausi, in cui traccia la storia del sistema sanitario nazionale, la sua evoluzione e i «tradimenti» dei suoi principi iniziali, racconta aneddoti sulle invadenze della politica. Per ri-

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portare l’equilibrio nella situazione italiana, in un contesto economico in cui le risorse scarseggiano, mentre la tecnologia applicata alla medicina richiede fondi ingenti, Veronesi ritiene che i ricchi possano partecipare alla spesa con cifre più alte: «Un miliardario può essere invitato a farsi un’assicurazione privata, mentre chi non lo è ha diritto a cure gratuite». Poi le risposte alle domande sull’attualità proposte dal vicedirettore de La Stampa Luca Ubaldeschi: i conflitti sul metodo Stamina che stanno animando il dibattito scientifico, la decisione dell’India di opporsi alle multinazionali del farmaco. Sulle terapie di Vannoni, l’ex-ministro della salute invita alla cautela, ma sottoli-

nea la necessità di comprendere le angosce e le richieste dei familiari dei pazienti: «Due aspetti — dice — una visione umana che ci impone comprensione e solidarietà con chi ha il diritto di cercare soluzioni, e una seconda strettamente scientifica». È vero però che terapie controverse fra cinque anni potrebbero dimostrarsi efficaci, aggiunge: «La medicina è in continua evoluzione». Al termine dell’incontro precisa: «Non sono in grado di fare valutazioni sul metodo Stamina, non ho avuto modo di approfondire. Seguire con attenzione è un dovere, ma fare in modo che non ci siano speculazioni lo è altrettanto». Sul caso India un commento secco: «Hanno fatto bene a stoppare l’avidità del-

le case farmaceutiche». Il diritto di chi fa ricerca e ha speso ingenti risorse per arrivare a brevettare un farmaco efficace è sacrosanto «anche se sono sempre stato contrario ai brevetti, convinto che dal giorno successivo ad una scoperta i risultati debbano diventare patrimonio di tutti, penso che ci si debba rassegnare, per quanto a malincuore». La soluzione potrebbe essere un’industria farmaceutica finanziata con le risorse pubbliche dei governi. L’appello finale è perché la diseguaglianza nell’accesso alle terapie d’avanguardia sia azzerata: «Oggi i ricchi della terra possono guarire, mentre i poveri muoiono». © RIPRODUZIONE RISERVATA


la Repubblica

DOMENICA 14 APRILE 2013

TORINO

■ XI “Ambiente, Costituzione, democrazia”.

Joszef e Maurizio Mori, stimolati da Stefania Stecca: alle 14.30 nella Sala Grande del Circolo dei Lettori.

TRA LIBERTÀ E RISPETTO

L’estensione dell’accesso a notizie e alla comunicazione individuale induce spesso a urlare più forte, a violare regole e a venire meno al rispetto per gli altri. Di “Democrazia, tra libertà e rispetto” parlano Eric

Il dialogo

Aresu, Ruth Martinez e Riccardo Staglianò alle 16 al Teatro Gobetti. MANIPOLARE I GENI

IL RITORNO ALLA PIAZZA

Tornano le contestazioni in una Europa che ne aveva un ricordo ormai lontano. È questo il tema di “L’Occidente e il ritorno della piazza”, che mette a confronto Alessandro

Alle 16 al Piccolo Regio Edoardo Boncinelli e Carlo Defanti parlano di “Manipolare i geni. Tabù, paure e speranze”. CAPITALISMO FUTURO

“Il futuro del capitalismo” è il tema su cui si incontrano Pietro Garibaldi e Luigi Zingales: alle 18, al Teatro Gobetti. L’UTOPIA DI BENNI

Alle 21, al Teatro Carignano, Maurizio Braccialarghe presenta Stefano Benni per “I grandi discorsi dell’Utopia”.

Mauro e Gallino a confronto davanti a una platea di giovani (e pochi politici)

“Così la crisi uccide la libertà” Il dramma del lavoro che non c’è irrompe al Carignano

Democrazia. Noi sappiamo che la rete ha dei padroni, che si chiamano Google o Facebook, Amazon o Microsoft, ed è giusto chiedersi se questi padroni siano a loro volta democratici, e quali debbano essere le loro regole di comportamento e di trasparenza. Ma anche questa giusta battaglia, così come l’altrettanto giusta lotta alla pirateria, non può tradursi nel distacco forzato di qualcuno dalla sua connessione». Per dare a tutti il diritto a internet sono sufficienti wifi pubblici, una presa o una chiavetta? «No. Se non vogliamo che le parole “cittadinanza digitale” restino una vuota formula occorre insistere sulla conoscenza che sta dentro la rete, una conoscenza che deve essere bene comune. Non basta veder riconosciuto il diritto tecnico, occorre che l’accesso diventi un elemento costitutivo di un nuovo modo di essere cittadini, capace di ampliare davvero la democrazia. Tutto questo ha a che fare anche col nostro modo di intendere la globalizzazione, dato che la rete non ha confini e ne rappresenta un elemento fondamentale».

pressione del debito e incapace di accreditare a questi vincoli una legittimità riconosciuta dai cittadini. Uno scenario oscuro e inquietante di fronte al quale Mauro ha riproposto due domande: chi parla oggi a nome degli esclusi e quale è la politica che parla di lavoro? Aggiungendo anche che l’assenza di risposte e il perdurare delle esclusioni «minacciano di diventare un fatto di ordine pubblico». Perché, ha spiegato il professor Gallino, «la perdita del lavoro non è solo una perdita di reddito ma di altro e comporta pesanti costi personali in quanto vuol dire perdita di indipendenza dalle conseguenze non sempre calcolabili». Che cosa fare contro questo sistema economico stagnante? Gallino ha analizzato anche sotto il profilo storico alcuni percorsi. A cominciare dalle grandi invenzioni che in qualche misura hanno esaurito la loro spinta col Novecento: le ferrovie, il telegrafo, l’auto, come «sferzata esogena per far ripartire il capitalismo». Poi sono stati sperimentati i meccanismi della spesa pubblica che si è dimostrata una strada efficace, almeno fino a quando non ha preso piede «l’isteria del deficit». E ancora le politiche fiscali scelte dal governo italiano e da quello europeo fino allo Stato come datore di lavoro. Gallino ha insistito sulla politica della spesa pubblica che, come dimostra l’America degli anni Trenta, non vuol dire fare buche per poi riempirle ma togliere dalle strade milioni di giovani e costruire strade, scuole, mettere in sicurezza il territorio, ammodernare i trasporti nelle città e fuori: e Dio solo sa quanto l’Italia e Torino ne avrebbero bisogno. E invece si è risposto col liberismo che è come «continuare ad affidarsi allo stesso medico che ha ucciso il malato». Con pesanti ricadute economiche, «perché anche la disoccupazione costa decine di milioni all’anno». «Una catastrofe», ha detto Gallino, che dovrebbe essere il primo punto a contare nel nuovo governo: «Di quel governo e di quel Parlamento il cui compito primario è dare un senso all’articolo 4 della Costituzione sul diritto al lavoro». Il tutto in quella cornice politica che Mauro ha sottolineato non potersi ignorare quando si parla di lavoro, con ciò evitando il rischio di aprire le porte al populismo «come semplificazione» e in contrapposizione a una politica che viene descritta come «qualcosa di sporco da mettere sotto controllo». Il giorno dopo il summit degli imprenditori, che qui a Torino hanno parlato venerdì di «economia di guerra», e dopo la Repubblica delle Idee, che sempre a Torino a febbraio ne aveva fatto uno dei temi centrali di dibattito, il problema del lavoro si è ripreso la scena in questa ex capitale operaia che resta il paradigma di un paese che è stato e non è più. Nel quale la politica, quella alta, deve riconquistare la legittimità. «Nella consapevolezza — ha osservato Mauro — che nessun potere forte può sedere al suo posto come capotavola».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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(segue dalla prima di cronaca)

SALVATORE TROPEA

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ONO spezzoni di storia di Torino, ma anche dell’Italia, di un tempo in cui si discuteva di salario, condizioni di lavoro in fabbrica e altrove, di diritti di persone che un lavoro ce l’avevano e dovevano solo difenderlo e migliorarlo. Oggi si parla invece del lavoro che non c’è, scomparso sull’orizzonte di una società smarrita, spaesata, priva di certezze. Insomma, dal lavoro come risorsa al lavoro che non c’è, dal problema dei padri al dramma dei figli. Ne hanno parlato ieri il direttore di Repubblica Ezio Mauro e il professor Luciano Gallino al Carignano nel dibattito “Il lavoro ai tempi di finanzcapitalismo”, davanti a una platea nella quale una forte presenza di giovani evidenziava una certa rarefazione di esponenti delle istituzioni e più in generale della politica. La perdita del lavoro come fatto che mette a rischio il rapporto dei cittadini con la democrazia, che rende inservibile questa democrazia agli occhi di chi non è in grado di rispondere ai bisogni primari dei figli e della famiglia, che ha creato una generazione di esclusi e non protetti, che promuove la beneficenza e la carità al posto dei diritti: da questo sottosopra sociale è partito Mauro per spiegare la tragedia

L’intervista

VERA SCHIAVAZZI

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NTERNET è un diritto fondamentale? Per Stefano Rodotà, giurista, primo Garante della privacy in Italia e da tempo esperto appassionato di e-democracy, un tema del quale si occupa fin dal 1997 (ieri è anche entrato nella rosa di dieci nomi indicati dai militanti grillini per il Quirinale con una consultazione online), non ci sono dubbi: lo è, perché senza parità e libertà di accesso alla rete sarebbe negato anche l’accesso alla conoscenza. Oggi alle 18, al Teatro Carignano, Rodotà ne discuterà con Juan Carlos De Martin, docente al Politecnico di Torino e co-fondatore di Neza, e con Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera. Il tema, del resto, ha attraversato un po’ tutta la Biennale, così come quello del rapporto tra rete e politica, che tornerà anche questa mattina alle 11 (all’Avogadro) col confronto sui movimenti e il web tra Donatella Della Ratta, Joan Subirats e Alexander Trechsel, coordinati da Luigi Bobbio. Che cosa significa affermare la centralità del diritto di tutti all’accesso alla rete? «Per me, vuol dire estendere il senso dell’articolo 21 della nostra Costituzione sulla libertà di espressione. Si tratta di un movimento che sta crescendo in tutto il mondo, grazie anche alla man-

PROTAGONISTI Il direttore di Repubblica Ezio Mauro e il sociologo Luciano Gallino sul palco del teatro Carignano

epocale che vanifica e contraddice anche il termine “tunnel” spesso usato per indicare un passaggio difficile in cui la società si trova periodicamente a transitare. «In un tunnel si entra, lo si attraversa e poi si esce nuovamente alla luce» ha detto. Ma oggi non si vede questa uscita. Non la vedono i figli e non la vedono i padri che, sotto la spinta della crisi, sono costretti a scambiare i diritti col lavoro, un lavoro

che è stato ridotto «a pura merce». «E quando si devono scambiare i diritti con la possibilità di non perdere il lavoro, che tipo di libertà c’è in questa scelta?» si è chiesto Mauro. Una domanda cui non hanno saputo trovare una risposta la politica (di destra e di sinistra), l’establishment, la tecnocrazia «prigioniera di un integralismo accademico» e perfino la politica europea schiacciata e arroccata sulla com-

Rodotà parla di e-democracy

“Cittadinanza digitale? Sì, internet è un diritto ma da solo non basta” ‘‘ ‘‘ ,, ,, Dare a tutti l’accesso alla rete vuol dire estendere la libera espressione

Però si ricordi che oggi in Italia il 39 per cento dei cittadini non ha rapporto con il web

canza di barriere digitali tra un paese e l’altro, e del quale anche il Parlamento europeo si è già occupato sottolineandone le ragioni e l’urgenza di fornire regole certe in materia, comuni a tutta l’Unione e possibilmente al mondo. Oggi, accedere alla rete ha a che fare con la vita personale, con quella sociale ma anche con la vita politica delle persone». Lei crede in una democrazia interamente basata sulla rete? «No, naturalmente, non foss’altro che perché il 39 per cento

degli italiani oggi non ha alcun rapporto con questo strumento. Una democrazia che volesse escludere una quota così alta di persone nascerebbe già inquinata dall’autoritarismo. Diciamo che la e-democracy è in una fase di test e evolve in continuazione, vecchio e nuovo si mescolano e non a caso lo stesso Grillo dice che la rete è tutto ma poi va nelle piazze con lo Tsunami Tour». La rete in sé è davvero democratica? «Questo è uno dei temi che vorrei affrontare oggi a Biennale

INTERNET Su torino. repubblica. it notizie immagini e aggiornamenti. Nella foto, Stefano Rodotà


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