La stampa domenica 1 settembre mito il circolo dei lettori 2 3

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SPECIALE LA STAMPA DOMENICA 1 SETTEMBRE 2013

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III

g Contemporanea

Da Britten a Benjamin il genio britannico L’autore sul podio con la London Sinfonietta e la Nazionale Rai GIANGIORGIO SATRAGNI TORINO

M danità di Stravinskij, Schoenberg non l’ha propria conosciuta. Altra grande differenza: i balletti, Stravinskij ne ha scritti di magnifici, Schoenberg no». Quale la loro influenza sugli altri com­ positori?

«Schoenberg era un eccezionale didatta, ha avuto molti studenti, ha indicato un metodo. Per questo aspetto, lui e Stravinskij non si possono paragonare: molto più forte è stata l’influenza di Schoenberg». Dunque, in ginocchio?

«In ginocchio». Lei dirige l’Orchestra del Maggio Musi­ cale da anni. D’accordo, abbiamo fatto un patto: non parlare dei tanti proble­ mi di quel teatro. Ma dia un consiglio ai giovani direttori: come farsi voler bene così a lungo dalla stessa orchestra?

«Dirigo il Maggio da 28 anni e l’orchestra di Tel Aviv dal 1969: allora avevo 33 anni, e sono ancora lì. Faccia questa domanda a loro, ai professori d’orchestra. Io posso dire che mi trovo bene con loro, e loro evidentemente bene con me. Ma non c’è una tecnica, non c’è una ricetta. L’unico consiglio è quello di non fare come un farfallino passando da un’orchestra all’altra. Meglio restare in un posto, cercare di avere una propria orchestra. Rimango con i miei preferiti: fiorentini e israeliani».

iTo guarda quest’anno all’Inghilterra contemporanea. Protagonista dell’omaggio riservato a un compositore di oggi è infatti George Benjamin, londinese di 53 anni, voce autorevole e ammirata nel panorama classico internazionale. La scelta deriva anche da un anniversario, il centenario della nascita di Benjamin Britten, che un luogo comune definisce il più grande compositore inglese dall’età di Purcell, ovvero dal Seicento. Non è che in mezzo vi sia un deserto nella musica britannica, però è indubbio che la figura di Britten abbia dato nuova linfa alle vene melodiche d’oltremanica. George Benjamin si colloca pienamente nel solco di Britten grazie alla cura amorevole della melodia, del timbro orchestrale, delle forme che reggono la musica: rivisitate in modo nuovo, certo, ma base ineludibile della scrittura, che non manca mai di affascinare l’ascoltatore. Benjamin appartiene alla generazione successiva a quella di riveriti maestri britannici viventi, Peter Maxwell Davies e Harrison Birtwistle. Entrambi hanno già ricevuto l’omaggio del Festival, il primo quand’esso era ancora e solo il torinese Settembre Musica. Ora tocca a Benjamin, che è succeduto a Birtwistle sulla cattedra di composizione al King’s College di Londra, è autore meno modaiolo del più giovane conterraneo Thomas Adès, cesella i lavori con grande cura e senza eccedere nel loro numero. Non è facile averlo anche nella sua funzione di direttore d’orchestra, tuttavia Enzo Restagno ha potuto far leva su una conoscenza di antica data, visto che Benjamin aveva fatto un’apparizione, già preceduta da buona fama, nel Settembre Musica del 1995.

ra, sola o con voci, in un momento di svolta. Il compositore si sta infatti dedicando con crescente intensità al teatro in musica, genere per il quale scrisse nel 2006 il breve Into The Little Hill e in cui ha riscosso un clamoroso successo nel 2012 con Written on the Skin, al Festival di Aix-en-Provence. Lo spettacolo, che sta girando in Europa, doveva approdare al disastrato Maggio Musicale Fiorentino, che l’ha tolto dal cartellone. L’omaggio di MiTo, dunque, ripara il danno e offre un punto di vista su quanto Benjamin ha fatto in tutta la sua carriera di 25 anni, con lo stesso autore sul podio della London Sinfonietta (il 6 a Milano e il 7 a Torino) e dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai (il 15 a Torino e il 16 a Milano). Si ascolteranno pezzi di un Benjamin ventenne, come Ringed by the Flat Horizon e At First Light, e quelli del cinquantenne, fino al Duet del 2008, per pianoforte e orchestra, con solista un amico di vecchia data e di scuola Messiaen-Loriod come PierreLaurent Aimard. Si potrà notare così la profonda coesione interna allo sviluppo del linguaggio di Benjamin, la cui bellezza, priva di fratture esterne, diviene col tempo sempre più coesa e EVENTO

Il raro e infinito Quartetto n. 2 di Morton Feldman nella Chiesa di Santa Pelagia

George Benjamin, londinese di 53 anni, voce autorevole nel panorama classico

E’ vero che il maestro è degno erede della musica inglese, ma in realtà la sua formazione è profondamente debitrice a un maestro francese come Olivier Messiaen, con cui Benjamin studiò composizione a Parigi, nel tempo in cui si perfezionava al pianoforte con la moglie di Messiaen, Yvonne Loriod. L’amore per la melodia e il colore stru-

mentale si comprende assai meglio alla luce di questo influsso determinante e, per molti versi, soggiogante. I tre concerti previsti vedranno giustapposte le musiche dei due Benjamin, il Britten scomparso e il George vivente: circa quest’ultimo, offriranno un’ampia carrellata dei principali lavori per orchestra, grande o da came-

coerente. Un altro esempio di melodia tornita e dominante è presente in Dance Figures del 2004, che la Filarmonica ’900 del Teatro Regio eseguirà con la direzione di Gergely Madaras (l’11 a Torino e il 12 a Milano). L’omaggio a George Benjamin, che a Londra ha pure avuto allievi italiani, sarà di consueto aperto da due incontri del compositore con il pubblico di MiTo, il 6 alla Galleria d’arte Moderna di Milano, il 7 al Circolo dei Lettori di Torino: anfitrione, come sempre, Restagno. L’offerta contemporanea di MiTo non si ferma però qui: il 17 a Torino Lucia Ronchetti presenterà il suo Ravel Unravel, un gioco di parole che vuol dire più o meno «Disfare Ravel», che l’autrice definisce «azione concertistica dal Concerto per pianoforte per la mano sinistra di Maurice Ravel». Il 21 l’Accademia Stefano Tempia riprenderà Souffle di Enrico Corregga, mentre già il 13 il Quartetto d’archi di Torino presenterà di nuovo il raro e infinito Quartetto n. 2 di Morton Feldman nella Chiesa di Santa Pelagia: sei ore di musica che si possono e si devono ascoltare anche facendo altro, pure entrando e uscendo.

Rock, jazz, elettronica, canzone d’autore

Gli echi di Venditti e Finardi e un Requiem jazz al cimitero Tra le chicche David Sylvian, Luis Bakalov e gli Inti Illimani MARINELLA VENEGONI TORINO

N Andonis Foniadakis, coreografo greco, dopo il perfezionamento all’École-Atelier Rudra di Maurice Béjart, ha ideato coreografie per alcune tra le più prestigiose realtà della danza contemporanea. La sua carriera, che si è espressa soprattutto in Europa, ha avuto echi potenti, portando Foniadakis al Cedar Lake con la sua nuova creazione Horizons.

on cercate il cinquantenario dei Beatles o degli Stones, in questa edizione di Mito che - come spiega il direttore artistico Enzo Restagno di anniversari nel 2013 ne ha già da vendere, e di ben più nobili. Per l’augusta rassegna la musica popolare è in fondo un’appendice, certo importante, per la capacità di attirare pubblico giovanile e sempre famelico, ma non di tale rilevanza da ripiegare le Orchestre Sinfoniche sulle note di Satisfaction, che a pensarci bene non interessano ormai a nessuna fascia di età, se non altro per la frequente ripetizione del repertorio rock nelle sedi più disparate. No, la musica popolare è presente come sempre a Mito con tutt’altra filosofia: una varietà sulfurea di proposte destinate ad accontentare le passioni più svariate che tale mondo ormai micronizzato riesce ancora ad accendere. Si passa dalla canzone d’autore al

jazz, dall’elettronica alla contemporanea, dalla world music al tango, dall’indie al crossover fino alla musica del cinema, con alcuni personaggi assai noti e altri di nicchia ma comunque rappresentativi di un’arte in evoluzione magmatica. Per la canzone d’autore, ad esempio, ecco al Colosseo di Torino il 7 l’eterna inquieta (e bravissima) Nada, con gli emergenti Dente e Appino, e il 21 al Palaolimpico Antonello Venditti di ritorno con il tour di Unico; sul fronte milanese, il deus ex machina è l’ottimo Eugenio Finardi il 20 all’Elfo Puccini, mentre nuove leve appaiono fin dal 7 con i Braids, imberbi indie-rock canadesi già eredi dei Fleetfoxes, spuntati da poco alla gloria; a Torino il 18, i più attenti non perderanno David Sylvian, già oggetto di culto, in formazione «Kilowatt Hour» con Mathieu e Fennesz (replica a Milano il 19 all’Alcatraz). Tributi a grandi scomparsi in realtà non mancano. A partire dal 6, con l’omaggio del Jazz Club ad Armando

Trovajoli con Franco e Dino Piana, mentre l’11 Qualcuno era... Giorgio Gaber, celebra il decennale della dipartita, con Bruno Maria Ferraro al Carignano. Celebrativa è anche la serata del 13 al Massimo, dove viene proiettato Il fantasma dell’opera del ‘25, sonorizzazione di Magnalli, Gianni Maroccolo, Massimo Zamboni e voce di Frida Neri. A Milano l’8 il ventennale dell’addio a Federico TRIBUTI AI GRANDI SCOMPARSI

L’omaggio a Gaber e Trovajoli il ventennale della morte di Fellini e «Il fantasma dell’opera» sonoro Fellini è ricordato allo Strehler con le sue colonne sonore in un concerto sinfonico multimediale. Per il jazz, l’8 a Torino dalle 11 una maratona con Franco D’Andrea, Han Bennink e Dave Douglas. D’Andrea sarà anche a Milano al Manzoni il 10 in sestetto, mentre il 6 alle 22 sfiziosa per-

Nada il 7 al Colosseo di Torino

formance davanti al Cimitero Monumentale, con il Requiem di Verdi in versione jazz contemporaneo con Giovanni Falzone, e il 14 al Blue Note Gregory Porter. Per la musica elettronica, a Torino il 14 al Colosseo Yann Tiersen, il 20 stesso teatro Theo Teardo, Amon Duui e Damo Suzuki Network. Un paio almeno di altri nomi storici non si possono dimenticare. Il 15 al Colosseo i venerandi Inti Illimani e il 21 Marcel Azzola al Conservatorio: con la sua fisarmonica ha accompagnato la Piaf come la Gréco e Brel. A Milano l’11 il premio Oscar Luis Bakalov con il suo quartetto ripercorre le atmosfere del tango. Infine, a Milano il 12, alla Fabbrica del Vapore, giovani protagonisti della club music alla consolle: Kyle Hall, Koreless, Mmoths.


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