REMO PASETTO
REMO PASETTO Medole - Torre Civica
1 Maggio - 8 Giugno 2014 • Castiglione delle Stiviere - Palazzo Menghini
Con il Patrocinio di
Comune di Medole
Assessorato alla Cultura
Associazione Pro Loco Medole
Città di Castiglione delle Stiviere
Mostra, catalogo e coordinamento Giovanni Magnani
Testi critici Luca Cremonesi, Fabrizio Migliorati, Paolo Capelletti
Allestimento Settore operativo dell’Associazione Pro Loco Medole
Fotografie Studio Fotografico Domenico Brunelli - Calvisano (Bs)
con la collaborazione di
Addetti stampa Paolo Capelletti, Luca Cremonesi
Comune di Medole - Tel. 0376 868001 - www.comune.medole.mn.it Ufficio Cultura Castiglione delle Stiviere - Tel. 0376 679256 Associazione Pro Loco Medole - Tel. 0376 868748 - Torre Civica - Tel. 0376 868622 2
Castiglione delle Stiviere e Medole tornano a collaborare su una grande mostra d’arte, dopo il felice evento dedicato al Chiarismo Lombardo del 1996. Con la personale “Dignità del lavoro” di Remo Pasetto Castiglione delle Stiviere e Medole rendono omaggio a un grande artista italiano, accademico di Brera, prossimo ai 90 anni. La mostra, dunque, nasce per raccontare l’arte di Pasetto, ma è anche l’occasione per riflettere insieme su un tema centrale della nostra vita di uomini e donne contemporanei: il lavoro. L’inaugurazione di questa mostra è stata collocata nella Festa dei Lavoratori, il Primo Maggio, da sempre fusione di lavoro e arte, mondi che hanno dialogato, per decenni, non certo per mero addobbo estetico e neppure per consolazione. Arte e lavoro si sono incontrarti proprio come accadde, nei secoli passati, fra arte e religione. Da questo ‘buon incontro’ i due mondi hanno tratto vantaggio e l’opera di Remo Pasetto ne declina uno degli aspetti migliori. Riflettere sull’arte e sul mondo del lavoro, oggi, non è solo un vezzo, ma una necessità che riguarda tutta la nostra società. Con questa mostra, dunque, le nostre due comunità, vicine per fatto geografico, si incontrano e sono chiamate a riflettere su quanto accade nella nostra quotidianità. “Dignità del lavoro” non è solo un titolo, e neppure uno slogan, ma un pensiero che l’opera di Remo Pasetto mette in mostra e chi ci fa vedere tutta la sua portata umana, civile e sociale. Grandi tele e piccole opere parlano tutte dello stesso tema, ma non sono né copie né cloni, ma aspetti molteplici di un’unica stessa voce, quella che si leva nella dignità di ogni lavoratore e di ogni lavoratrice. Di conseguenza, in un’epoca segnata dalla Grande Crisi, questa voce è un monito per tutti noi e, nel nostro piccolo, questa mostra è l’occasione per parlare della nostra quotidianità, della nostra necessità di riscatto e, soprattutto, delle nostre comunità. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutte le persone che hanno lavorato a questa mostra, dal curatore ai collaboratori della Civica Raccolta d’Arte Moderna e Contemporanea di Medole e dell’Istituzione dei Servizi Culturali della città di Castiglione delle Stiviere, gli uffici e i volontari dei comuni di Castiglione delle Stiviere e di Medole, gli amici pittori, grafici, tipografi e fotografi che hanno collaborato alla buona riuscita di questo evento.
Giovanni Battista Ruzzenenti Sindaco di Medole
Alessandro Novellini
Sindaco di Castiglione delle Stiviere
Annalisa Franchi
Assessore alla Cultura di Medole
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REMO PASETTO DIGNITÀ DEL LAVORO di Luca Cremonesi
Dignità del lavoro è un concept, come si sarebbe detto un tempo. Tuttavia, si tratta di una dicitura che si presta a questa mostra personale di Remo Pasetto che si svolge in due comuni dell’Alto Mantovano, Castiglione delle Stiviere e Medole, che hanno deciso di investire in cultura non di certo per ornare la propria piazza, ma per dare corpo, senso e valore di identità al proprio operato. Una comunità, infatti, vive e si identifica in quello che produce, su tutti i fronti. In quel luogo, dunque, che chiamiamo “cultura” si (ri)trova la comunità, pertanto far cultura non è di certo la ricerca del consenso di un’élite, e neppure la celebrazione dell’evento in quanto tale. Far cultura, oggi, è far spazio per la vita di una comunità sempre più oppressa e schiacciata da quello che lo psicanalista Massimo Recalcati chiama, in modo molto incisivo, stanchezza. “Il nostro tempo è il tempo della riduzione del mondo a pura risorsa da sfruttare illimitatamente. In questo senso la nostra stanchezza rivela la verità dell’iperattivismo che non affligge solo le vite dei bambini occidentali ma, ben più radicalmente, la vita stessa dell’Occidente. La vita è esausta, spossata, afflitta da una stanchezza reattiva alle sirene dell’iperedonismo che, non dimentichiamolo, produce anche la precarietà sociale ed economica che è il vero volto dell’ Occidente sotto la maschera della sua giostra maniacale”. Riflettere oggi, dunque, sul senso dell’ovvio e del quotidiano è il vero e unico compito della cultura. A ben vedere, comunque, è sempre stato questo il senso e il valore della cultura, non certo la ricerca del palcoscenico per una sfilata mondana. Dignità del lavoro, la personale di Remo Pasetto, nasce da questa consapevolezza e si colloca in un territorio, quello dell’Alto Mantovano, segnato da una stanchezza che sta sfociando in una crisi del mondo del lavoro che ha reso questa terra non più isola felice. Resistere è la prassi, Agire è il fine, nel mezzo si colloca la necessità di Riflettere per non ripetere gli errori, spesso tragici, del passato e creare così una vera e concreta alternativa alla stanchezza del presente. Dignità del lavoro nasce nello studio di Remo Pasetto, a Desenzano del Garda, grazie a una serie di incontri e colloqui pomeridiani con questo grande artista, in compagnia di Giovanni Magnani, presidente della Pro Loco di Medole, e di amici pittori. Durante queste conversazioni si è parlato molto del mondo del lavoro, uno dei filoni della produzione artistica di Remo Pasetto. Quando si incontra un artista nel suo studio, e c’è la possibilità di scoprire in presa diretta dove accade il processo creativo, è difficile trovare le parole per descrivere quanto si vede. Non perché non ci siano termini per dar conto di quanto accade, ma perché tutte le parole che servono sono, in realtà, già messe nei quadri, lì da vedere, presenti nei lavori che si hanno davanti agli occhi. Accade con tutti i pittori, e soprattutto con Remo Pasetto, uomo che già nel sorriso con cui ti accoglie nello straordinario caos creativo del suo studio, mette in mostra una vita vissuta con intensità e passione. Pasetto è stato testimone della storia, era là ove stava accadendo, e la sua arte ne è il risultato, testimonianza diretta, martirio creativo, non nel senso religioso del termine, ma in quello di unico testimone che, oggi, può dirci ciò che i suoi occhi hanno visto. Remo Pasetto, infatti, ti mostra e racconta ogni sua opera… parla di come sono nate, delle vicende che hanno portato a quella scelta stilistica, del perché c’è quel volto, quell’uomo, quell’attrezzo, quello sguardo. L’opera di Pasetto è nel quadro, ma anche nel suo racconto che non spiega, ma è protesi che prolunga una vocazione alla narrazione artistica. Un martirio laico, dunque, dove non c’è sofferenza, ma testimonianza. 5
Veronese di nascita, milanese di adozione, Pasetto vive la capitale lombarda quando cresce e diventa il teatro della rinascita, ma anche della ricostruzione e della ripresa del nostro Paese. Ricostruire, in quel tempo, non accade solo per l’ambito delle idee, della società e del senso civico, ma è anche azione concreta, in senso stretto e letterale, di un Paese che deve ri-edificare tutto quanto è stato distrutto dalla Guerra. Si lavora, dunque, giorno e notte, senza sosta, per ricostruire un Paese che esce segnato da un’esperienza tragica, e che è tale perché somma di varie tragedie. Il lavoro, dunque, diventa davvero l’attività che dà dignità all’uomo e alla donna nel loro agire; non è mera fatica quotidiana, non produce stanchezza e spaesamento, non è ripetizione meccanica al fine di ottenere un potere d’acquisto da sperperare senza sosta. Il lavoro che fa rinascere questo Paese, e che Pasetto ci narra nella sua arte, è lavoro/opera, come scrive Hannah Arendt, e cioè azione che dà senso al mondo perché rende l’uomo e la donna depositari di dignità. Chi lavora si sente partecipe di una vita che sta rinascendo, ma anche di un progetto e di un senso collettivo di comunità che è dato dall’insieme di chi lavora per ricostruire un Paese distrutto, in tutti i suoi settori. Questo lavoro e la dignità che porta con sé, e che ha dato senso all’azione di molti e molte, sono l’oggetto dello sguardo e dell’arte di Remo Pasetto. La riflessione dunque, è duplice perché riguarda il lavoro dell’uomo e della donna, ma anche il lavoro dell’artista. In questa operazione, infatti, la quotidianità si trasfigura in epica che solo la pittura, nel caso di Remo Pasetto, è in grado di raccontare: “… I miei quadri sono un lavoro continuo; li metto in mostra lo stesso e, quando serve, li ritocco, anche se sono già stati esposti. Se vedo qualcosa che non va, intervengo. Bisogna vivere insieme al quadro, non si può vedere subito tutto. Gli impressionisti, per esempio, ci mettevano anche dieci anni per portare a termine un quadro. Il pittore vede e pensa in continuazione, e quindi interviene, cancella, ritocca, lo faceva anche Picasso. Sotto i miei quadri, ma non sa quanti disegni ci sono? E gli sfondi… è un lavoro infinito. È come la musica di Beethoven quando ha composto ‘La Pastorale’, è partito dalle canzonette di campagna e poi è arrivata alla grande Sinfonia: cancellava e metteva, tornava e ritornava sulla sua opera, in continuazione. Mozart, invece, era altra cosa, più metodico e preciso, un altro mondo. Si può far dell’arte cancellando, cancellando, cancellando… A me piace tutto... Questo è il senso e ci vorrei mettere di tutto nei miei quadri, ma poi mi rendo conto che è troppo, che il quadro racconta troppo e non è la mia pittura. Allora mi fermo e cerco, piano piano, quell’equilibrio necessario, togliendo, cancellando, ritoccando. Anche quando ci sono dei colori che non sono i miei, pur se belli ovvio, ma non sono miei, mi preoccupo e decido di riprendere in mano il tutto. Il colore, è un buon esempio, perché dopo un certo tempo cambia, si trasforma e se non è mio, allora devo intervenire. Il colore è sempre un pretesto, serve per dar corpo alla vita che in ogni tela ci deve essere. Non cerco la macchietta, neppure il decoro. Le scarpe dei miei muratori, devono essere vere, “scarpotte”, non scarpe fasulle, e sono indossate da gente che lavora, ne portano i segni. Ecco perché giro attorno ai miei quadri, li vedo sempre in movimento, perché sono vivi, dentro c’è una vita e io la cerco, li guardo e così le mie tele diventano come delle sculture”. Le tele di Remo Pasetto sono frutto e risultante di sguardi, ma sono anche soggetti vivi che guardano il mondo e hanno, a loro volta, uno sguardo, intenso e profondo, sul mondo. “Lo spettacolo del mondo è ‘di fronte’, ma io ‘faccio macchia’ nello spettacolo […] è lo sguardo delle cose che costituisce il soggetto là da dove esso le guarda” scrive il filosofo Paolo Gambazzi. All’epica, insomma, che l’arte di Pasetto dona alla realtà, si aggiunge la profondità dell’occhio che dà vita alla forma che guarda. La realtà, dunque, si trasfigura e diventa ‘altro da quello che è’, e cioè specchio che riflette quello che c’è di reale nella realtà, costituendo così una funzione di oggetto/sguardo che è universale, diffusa nel mondo. Negli occhi dei personaggi di Remo Pasetto dimora la vita della realtà che l’artista ha raccontato, testimoniato e portato, sguardo fra gli sguardi, dritto davanti a noi, o meglio ancora, davanti a loro.
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Non siamo noi che ci rivediamo nei quadri di Pasetto, ma noi che siamo in mostra davanti alle sue opere. Qui, in questo spazio di dialogo fra noi e loro, siamo chiamati al compito più difficile: essere reali e veri, per riuscire, un poco, a reggere quello sguardo. “La pittura è un sogno della realtà, deve essere un sogno della realtà. Ed è fatica, ad esempio, realizzare l’occhio. Io ci vado dentro con il pennello per creare quell’occhio… Ti guarda, e allora comincia a vedere, e così diventa buono. Non è più ‘tela’, no… c’è un personaggio, vivo. È difficile dire come ho fatto a farlo, mi ci sono voluti tanti giorni, ma allora è riuscito, e quel personaggio, grazie a quell’occhio, è vivo, e ci guarda”.
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Muratori a Venezia, 1985, olio su tela, cm. 150x170
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Filo a piombo, s.d., olio su tela, cm. 80x70
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Il bocia, 1982, olio su tela, cm. 200x160
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Ritorno col figlio, 1973, olio su tela, cm. 175x190
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Le tre etĂ , s.d., olio su tela, cm. 100x90
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Sciopero, 1979, olio su tela, cm. 200x235
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L’incidente, 1974/75, olio su tela, cm. 200x200
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Il muratore che stira, 1996, olio su tela, cm. 100x90
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BIOGRAFIA
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Remo Pasetto
Desenzano del Garda, 2014
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Quaderno medolese d’Arte XVI
Finito di stampare nel aprile 2014 presso la NOVA LITO
Carpenedolo (Bs) Grafica: Ermanno Bergamini - Giovanni Magnani
978-88-97730-28-6 72