Edi Brancolini - "Il Vaso di Pandora"

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EDI BRANCOLINI

EDI BRANCOLINI

MEDOLE TORRE CIVICA • 2015/2016

Il vaso dI pandora


Medole Torre Civica

Edi BRANCOLINI Il vaso dI pandora

13 Dicembre 2015 26 Gennaio 2016

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Collaborazione

Edi BRANCOLINI Il vaso dI pandora

13 Dicembre 2015 - 26 Gennaio 2016 Medole - Torre Civica

Con il Patrocinio

Mostra, catalogo e coordinamento Giovanni Magnani - Fabrizio Migliorati

Testi critici a cura di Fabrizio Migliorati, Paolo Capelletti Luca Cremonesi

Allestimento Settore operativo dell’Associazione Pro Loco Medole

Fotografie Domenico Brunelli Digital Foto Calvisano (Bs)

Addetto stampa Paolo Capelletti

Comune di Medole Tel. 0376 868001 www.comune.medole.mn.it

Associazione Pro Loco Medole Tel. 0376 868748 Torre Civica Tel. 0376 868622 2


È

con orgoglio e viva soddisfazione che siamo a presentare, ancora una volta, il prezioso risultato dell’instancabile ricerca e della profonda dedizione con cui la Civica Raccolta d’Arte conduce da tanti anni le proprie attività. Il fiore all’occhiello dell’attività culturale del Comune di Medole condensa nel proprio percorso di continuo sviluppo la passione e la competenza di numerose figure, nell’Amministrazione, nell’Associazione Pro Loco e nella Civica stessa, il cui incontro non poteva essere più opportuno e felice. Come e più del solito, questa mostra è straordinario esempio di eccellenza artistica e occasione unica per approfondire e godere di una produzione apprezzata e riconosciuta nel nostro Paese e all’estero. Edi Brancolini, infatti, affrontando i temi del mito e dell’antichità, li utilizza e ce li propone come lenti sul contemporaneo, varcando col suo linguaggio ogni confine e toccando la sensibilità di qualunque osservatore. Siamo quindi eccezionalmente fieri di poter ospitare le opere dell’artista modenese alla Torre Civica, luogo le cui pareti traspirano la sostanza di cui è fatta la grande arte e che godrà ancor maggiormente dell’influenza positiva che questa esposizione porterà con sé. Auspichiamo che l’impulso che verrà da questo importante evento si tradurrà in altre iniziative, in desiderio e, quindi, produzione culturale e, in definitiva, in un salto di qualità per il tessuto della comunità medolese e non solo. Con l’augurio che i tempi per questo cambiamento siano presto maturi e nella piena certezza che la Civica Raccolta d’Arte sarà in prima linea con le sue attività, durante questa evoluzione culturale, il nostro più sentito ringraziamento va a tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione di questo evento. Franca Caiola

Assessore alla Cultura

Giovanni Battista Ruzzenenti Sindaco

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IL MITO EROTIZZATO E L’ATTESA IN EDI BRANCOLINI di Fabrizio Migliorati

Avvicinarsi alla pittura di Edi Brancolini significa avere il coraggio di entrare nello spazio formato dalla luce dell’incanto. Fare l’esperienza di questa immersione darà luogo ad una sorta di catarsi straniante e magica, dove anche il peggiore degli incubi possiede una forma estatica e sublime. Violento, senza dubbio, sarà il ritorno al nostro mondo quotidiano e al suo impetuoso movimento. E l’interpretazione critica non potrà che essere tremolante, costituita dalla stessa esitazione che la fa esistere e che la significa. Edi Brancolini possiede la rara capacità di costruire un mondo erudito e raffinato, dove la sostanza culturale e vitale della materia assume una forma visiva ricercata ed incorruttibile. Le sue figure sono bagnate nella storia dell’arte, riemergendo con un quid che le rende uniche, personali. Atemporali, intoccabili. L’artista sembra raccogliere delicatamente le proprie anime artistiche per adagiarle sul fiume della Storia, battezzandole ma facendo sempre attenzione a che esse non anneghino. Gesti materni e paterni, familiari e rituali, che rifuggono il riduzionismo per accogliere le tradizioni e i tradimenti, il mito e la storia, il sogno e l’incubo. Figure che sono portatrici di se stesse e delle loro significazioni, che si coricano su meteore come nel caso degli Stiliti, o rintanate su rocce con le quali si confondono e si fondono, oppure incastonate in alberi che diventeranno la loro stessa sostanza. Avere cura delle proprie anime artistiche per consegnarle alla storia. Entrare nel mondo delle opere di Brancolini significa fare l’esperienza di una metafisica della sospensione, dove il segno si muove verso l’antico ma dichiara, contemporaneamente, una discrasia temporale, attraverso un anacronismo che si fa immagine. L’artista riesce a creare un tempo al di fuori del tempo, un tempo che si affranca dal continuum cronologico e che si fa intrinsecamente intangibile. Sospeso poiché non cade mai, indeterminabile poiché etereo. È in questa atmosfera incorporea e limpidissima che le figure brancoliniane vivono la loro speciale vita. Esse emergono, appaiono per un istante senza tempo ma senza dare luogo ad una serie di eventi. Il loro essere è puntuale, particolare, limitato ad un’apparizione che non passa mai. La pittura cólta di Edi Brancolini resiste alle definizioni e al passare del tempo e, impregnata di cultura e di tradizioni, vive direttamente all’interno della storia dell’arte. La mitologia classica, le fonti bibliche e la vita del Cristo, il tema della pedofilia e la vanitas artistica sono le concrezioni di uno stile che balena di luci rinascimentali, neoclassiche, preraffaellite, nazarene, romantiche, fino a giungere ad un simbolismo estremamente personale e contemporaneo che nega ogni passatismo per ribadire la supremazia della storia dell’arte, l’unica vera tradizione italiana alla quale dobbiamo riferirci. Un lavoro certosino che richiede tempo ed attenzione, cura ed una grande sapienza lavorativa. Le opere di Brancolini richiedono un lungo lavoro preparatorio ed una stesura che non concepisce né sbavature né improvvisazioni. Ed il tempo donato dall’artista alle proprie creature fornisce il contrappeso del tempo fissato à jamais proprio delle scene che emergono sulla pellicola pittorica. Il tempo del lavoro e il tempo di un’azione che non si compierà mai. Le scene vivono una vita bloccata, trattenuta all’interno dei meandri temporali che ne impediscono il proprio finalizzarsi. Si tratta di figure in attesa, sospese nella loro nudità erotica che mai diviene pornografica. L’elegante veste umana rifugge qualsivoglia volgarità e declina il mondo attraverso un linguaggio fatto di simboli e di sensibilità, dove la carnalità lascia il passo alla purezza, ed il pensiero non può che correre alla Venere celeste tizianesca. L’Amor Sacro, infatti, è nudo. Erotizzare il mito significa ridonare una valenza profondamente sensuale alla storia, ripercorrendone la storia e offren-

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dole l’opportunità di non essere trascendente. Un compito arduo ma che il Nostro persegue con indomita coerenza. Tra i lavori che rappresentano un luogo ricco di scambi, di impressioni e di eleganti influenze, un posto privilegiato merita Le Poème de l’âme (1835-1855), il grande ciclo costituito da diciotto pitture e da sedici disegni del lionese Louis Janmot, per il quale Eugène Delacroix e Charles Baudelaire spesero parole assai lusinghiere. Questo corpus visivo rappresenta l’opera di una vita, “L’Œuvre”, come direbbe Zola, che ogni grande artista costruisce con la propria vita, senza averne pienamente coscienza e che costituisce tanto la tensione quanto il testamento di quella particolare e straordinaria esistenza. Tra Janmot e Brancolini si instaura un rapporto fatto di vicinanza e di libertà, dove le fonti storiche e culturali del primo attraversano e impregnano l’opera del secondo, mentre il trattamento estetico riluce i movimenti simili ma anche profondamente distanti. La leggerezza aerea delle figure di Janmot possiede un’eco ben calibrata in quelle del Nostro. Trascurando il movimento degli angeli e focalizzandosi su quello delle figure limbiche, possiamo notare che sono proprio queste anime incarnate a possedere la più grande e libera leggerezza: pur trattandosi di anime incarnate, il loro peso rimane del dominio dell’infinitesimale, del “presque rien”. La peculiarità delle figure brancoliniane risiede proprio in questa capacità di librarsi in aria mantenendosi integre, attraverso un sistema sincretico che annulla la separazione tra fisica e metafisica, destituendo il potere significante delle logiche terrene e di quelle ultraterrene. Se le ginocchia e i piedi dei fanciulli di Janmot non fendono né piegano gli steli d’erba, allo stesso modo, le figure di Brancolini non lacerano i rami e le spade e le pale non graffiano alcuna roccia (l’Homo faber diviene quasi la personificazione della sospensione del pensiero, dove la στάσις del filosofo si sostituisce al ποιειν di colui che agisce e crea). Brancolini costituisce un mondo incorruttibile, figé, avvolto in una patina intemporale che lo protegge dalle cause esterne. Ma il vaso di Pandora è stato scoperchiato e quella patina, quella protezione contro ogni corruttibilità potrebbe non essere purtroppo più sufficiente per proteggere quel mondo. Forse è proprio questo il pensiero ultimo dell’artista: insinuare il dubbio, l’atavica paura della fine imminente, dell’apocalisse finale. Non ci rimane che lasciare, dunque, essere queste opere. Vivendo nell’attesa.

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TUTTI I DONI DELLA CURIOSITÀ di Paolo Capelletti

Non è soltanto un caso lessicale a rendere facile dire, del tema di questa mostra, che sia “curioso”. Curiosità è la qualità distintiva che Ermes infuse nell’animo di Pandora. Curiosità era ciò su cui Zeus certamente contava, tutt’altro che ignaro del fatto che Pandora avrebbe rotto il suo voto e il sigillo del vaso. Liberati i mali del mondo e destinato gli umani al loro mortale vagare, per mano della fanciulla, fu Curiosità, ancora, a farsi carico di questa decisiva tappa cosmogonica. Curiosità, ci dice allora il mito, è il peccato originale. Evento eminente la cui comprensione è del tutto avulsa dal rimpianto ma che, anzi, porta su di sé l’essenza stessa dell’umanità e della sua realtà: senza quel peccato l’uomo e il mondo non sarebbero gli stessi. Pandora, la curiosità, è spirito erotico che insuffla sulla vita per alimentarla e, a maggior ragione, il suo soffio insiste sull’arte, su questa arte. Come un filo rosso, spericolato e temerario, essa esplora gli atavici templi tematici, li attraversa, li intesse di sé, e obbedisce alla tecnica di Edi Brancolini per portare fino a noi il diario, i frutti, le visioni di queste esplorazioni. Tanta e tale la ricchezza che ne ereditiamo, di cui godiamo qui davanti ai nostri occhi, da svelare per immagini il senso letterale del nome della fanciulla: Pan-Dora, da παν δωρον, tutti i doni. La fonte dei doni, inestimabile cornucopia di immagine e immaginazione, è il mito. Per essere più precisi, vien fatto di dire che a farsi teatro delle scene qui ritratte sia la dimensione mitologica: il mito, in esse, è spesso esplicitato ma, in numerose altre occasioni, si riconoscono solo i suoi tratti, se ne intravedono le forme, le luci, una sorta di set cinematografico, così che i dipinti si ammantino di esso – del mito, appunto – dando alla luce quelli che potremmo chiamare miti contemporanei. Ciò che consente a queste opere di attraversare il tempo e le storie senza abbandonare quell’atmosfera ieratica è la dedizione con cui Brancolini manipola i simboli, se ne appropria ma solo per ridisporli, li diffonde ma senza che si disperdano, in una parola: li possiede. Il simbolo sa essere vuoto contenitore che ben si presta, per la sua riconoscibilità, all’interpretazione decisa da chi lo propone. Lungi da questa sottigliezza ideologica, qui i simboli pittorici si rincorrono e ricorrono, portano in scena innanzitutto questa stessa loro caratteristica, la ricorrenza. A rendere immediatamente familiare il simbolo, nella storia dei concetti e delle immagini, è proprio questa sua abilità metamorfica, il suo tornare e ritornare, in forme diverse eppure identiche. Fare del simbolo ciò che è, questo è l’incarico ricoperto dalla ricorrenza. E quando c’è la ricorrenza c’è il dono. Riecco Pandora, circolarità dell’occasione rispettata e del suo significato simbolico che ritorna. Le forme si ripetono, i paesaggi si rimandano, i corpi si somigliano. Questo rimbalzo armonico e accogliente proposto all’occhio è capace di fargli percepire l’eleganza della pittura, eleganza che è quella del tratto, a sua volta risultato della straordinaria definizione con cui le figure vengono fatte venire alla luce, e all’ombra. Ombra e luce, qui e altrove, ora e ieri, perché è dal contrasto che sprigiona la differenza, la sua energia vitale e vitalizzante, quella che nelle opere di Brancolini definiremo “potenza ironica”. Pressoché in nessuna misura pudore o morale sono chiamati in causa, qui, o anche soltanto solleticati; viene convocato, invece, e prepotentemente, il nostro senso dell’ironia. Vedremo il cosmo costruirsi, mondo dopo mondo, quadro dopo quadro, se vorremo indulgere nella tentazione più dolce, quella del riso, che nulla toglie alla serietà ma piuttosto ne è l’attivazione. Siamo arrivati al cuore dell’incantesimo compiuto da quest’arte. Essa ci invita con insistenza ripetuta a un viaggio nello

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spazio e nel tempo per il quale, nel bagaglio, metteremo l’ironia ma, nonostante il suo ingombro, saremo autorizzati a non rinunciare all’incanto. Esso, insieme alla consapevolezza dell’impossibile, dell’irreale, alle lenti che tale consapevolezza ci offre per leggere il nostro mondo attraverso questi e per sorriderne con acume, lascia che sopravviva e continui a prudere il desiderio di visitarli, questi stessi mondi, questi intensi sogni. Onirica è in effetti la Costellazione Brancolini, nel sogno di ciascuno esiste L’isola felice, e con essa il bisogno di immaginarsi abbracciati laggiù; qualunque Homo faber vorrebbe accompagnare Tobia in viaggio tra angeli e demoni e arrivare a provare, una volta per tutte, un Metamorfismo che lo ponga in completa simbiosi con la Natura. L’equilibrio è precario, certo, si basa su un accordo delle parti, sulla sintesi dei molteplici, sulle fondamenta di una Torre di Babele. Eppure, non è all’ineluttabile catastrofe che guarderemo, ma alla meraviglia della prospettiva, alla convivenza unica e unificata di fallimento e miglioramento: di nuovo, è il matrimonio di ironia e incanto. Dalla loro alchimia, che chiude questo cerchio infinito, Pandora trarrà l’ispirazione per il suo trionfale lascito, quando la figlia di quell’unione la chiamerà ad aprire nuovamente il vaso e a liberarla al mondo sotto il nome di Speranza. L’equilibrio che ne scaturisce ci trattiene lì, nel tempo di uno sguardo e, mentre restiamo, godiamo dei doni di Brancolini, lasciandoci abbracciare dal sogno, speranzosi. Curiosi.

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RISCATTARE I CORPI di Luca Cremonesi

Il corpo è il grande tema della contemporaneità. Non solo nell’arte. Tuttavia, è proprio nell’arte che il corpo inizia ad essere pensato come problema e, pertanto, come luogo. Nel luogo che è il corpo si condensano molte esperienze, dalla politica alla pura e semplice (come modo di dire) questione estetica. Qui, e cioè a partire dal nostro corpo, siamo chiamati a pensare, nuovamente. La necessità di questa ricerca parte dalla banale immagine del corpo promossa dai media, nei media e sui media. Nell’arte, invece, per fortuna, ci viene insegnato a pensare in modo diverso. Prima di tutto perché l’arte ci insegna a vedere ciò che guardiamo; poi, come ben argomenta Paolo Capelletti nel suo saggio, nel suo essere territorio del simbolo e del simbolico. In secondo luogo l’arte è esperienza dove tutto ciò che viene rappresentato è, in realtà, presentato. Nell’arte, insomma, il corpo si (mette) in mostra. Ecco che i corpi presentati da Edi Brancolini sono di certo simbolo del necessario riscatto che la nostra epoca deve attuare sul corpo, ma diventano territorio vergine di ciò che deve ancora essere pensato: la dignità del corpo. Non più oggetto dunque, e neppure luogo di consumo, il corpo deve tornare ad essere parte del mondo in cui con-vive con altri corpi. Il corpo, allora, e torno alla riflessione di Capelletti, diventa simbolo perché significa una ri-scoperta del naturale far parte di un mondo che ci coinvolge tutti. Corpi, il mondo è fatto di corpi; il mondo è popolato da corpi. Ne è fatto, ne è costituito. Se c’è un’anima, se c’è uno spirito, c’è perché è presente un corpo che, secondo la tradizione, è la sede in cui vive. Senza corpo, in poche parole, non ci sarebbe anima. Non solo simbolicamente parlando, ma come presenza. I corpi, e il corpo umano in particolare, si presentano al mondo e nel mondo e, insieme, ne diventano paesaggio, ambiente. Relazione, e non dominio, questo insegna il pensiero del corpo. Edi Brancolini non colloca, infatti, i corpi sopra uno sfondo, caso mai li fonde, anzi, li con-fonde in un rapporto di relazione diretta, non mediata. Riscattare i corpi, dunque, è fra i compiti principali dell’arte e, dunque, del pensiero, contemporaneo. Il figurativo non è solo un ritorno all’antico ma, a ben guardare, quello che serve per riscoprire che la figura, e cioè il corpo, è la vera novità che dobbiamo incontrare. Nella pulizia delle forme di Edi Brancolini si percepisce la passione per il corpo quale luogo di pensiero. I corpi di Brancolini non sono consumati e neppure si consumano. I corpi di Brancolini godono, gioiscono e sono sereni nella natura. I corpi di Brancolini, infine, consumano chi vorrebbe un corpo semplice oggetto di consumo. Se il corpo si consuma, si consuma l’umanità e, di conseguenza, l’arte che necessita di un corpo (singolo) per accadere, per presentarsi.

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OPERE

(in copertina)

Homo faber, 2011 olio su tavola cm. 120x80

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Mia madre, 1983, olio su tela, cm. 120x80

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Terzetto di flauti, 2004, olio su tavola, cm. 50x70

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Ritrovamento del corpo di Abele, 1996, olio su tela, cm. 90x200

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Irraggiungibile, 2011, olio su tavola, cm. 25x25

Irraggiungibile, 2011, olio su tavola, cm. 45x25 18


L’ape regina, 2011, olio su tavola, cm. 105x50 19


Nudo femminile, 2010, olio su tavola, cm. 30x40

Nudo femminile, 2010, olio su tavola, cm. 30x40

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Amor sacro e amor profano, 2012, olio su tela, cm. 90x140

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Homo faber, 2011, olio su tavola, cm. 120x80

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Vana vanitas, 2011, olio su tavola, cm. 120x80

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Cassandra, 2007, olio su tavola, cm. 34x44

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Le frecce tricolore irrompono nel mito dell’homo faber, 2011, olio su tavola, cm. 100x70

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Bacchino ubbriaco, 2009, olio su tavola, Ă˜ cm. 63

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Il dottor Purgone, 2006, olio su tavola, cm. 40x50

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Istruzioni di volo sincronizzato, 2012, olio su tela, cm. 150x300

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Le frecce tricolore irrompono nel mito di Dafne, 2006, olio su tela, cm. 280x180

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Endimione e la Luna, 2011, olio su tela, cm. 60x80

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Strani incontri alla fonte Aretusa, 2015, olio su tavola, cm. 89x99

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Stilita, 2009, olio su tavola, cm. 40x30

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La vallata degli stiliti, 2011, olio su tavola, cm. 160x95 43


Ammaestratore di cigni, 2011, olio su tavola, cm. 30x60

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Disgelo, 2014, olio su tavola, cm. 70x50

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Malinconia, 2014, olio su tavola, cm. 33x33

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Arcipelago della solitudine, 2014, olio su tavola, cm. 85x90

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Metamorfismo 1, 2014, olio su tavola, cm. 70x50 50


Metamorfismo 2, 2014, olio su tavola, cm. 70x50 51


Metamorfismo 3 (studio), 2014, olio su tavola, cm. 50x50

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Metamorfismo 3, 2014, olio su tavola, cm. 70x50 53


L’alcova di Pasifae, 1993/2007, olio su tela, cm. 125x160

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La nascita del nuovo giorno, 2006, olio su tela, cm. 125x160

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Ladro di bambini, 2012, olio su tavola, cm. 175x80

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Pan e Siringa, 2012, olio su tavola, cm. 175x80

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Giove e la ninfa Io, 2012, olio su tavola, cm. 70x105

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Per la piĂš bella, 2014, olio su tela, cm. 70x100

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Stilita, 2009, olio su tavola, cm. 40x30 64


Metamorfismo, 2014, olio su tela, cm. 110x80 65


Pan e Siringa, 2011, olio su tela, cm. 90x140

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Prometeo, 2014, olio su tela, cm. 160x90 67


L’isola felice, 2014, olio su tavola, cm. 89x99

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Ritratto di Horino Masugoro, 2003, olio su tavola, cm. 50x40 70


Pastorale (ritratto di R. Negri), 2005, olio su tavola, cm. 50x40 71


Specchio delle mie brame (ritratto di V. Viviani), 2002/2007, olio su tavola, cm. 70x50

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La sorgente (trittico), 2013, olio su tavola, cm. 73x25 73x31 73x25

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Torre di Babele (studio), 2009, olio su tavola, cm. 50x35 76


Torre di Babele, 2011, olio su tela, cm. 150x90 77


Narciso alla fonte, 2011, olio su tavola, cm. 30x40

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Narciso alla fonte, 2011, olio su tela, cm. 100x70 79


Mater creaturarum omnium, 1999, olio su tavola, cm. 260x186

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La moneta del giusto, 2001, olio su tela, cm. 180x120

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Fitogenesi (trittico), 2013, olio su tavola, cm. 73x25 73x31 73x25

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Il potere di Matilde, 2015, olio su tela, cm. 150x100

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Il viaggio di Tobia, 2014, olio su tela, cm. 80x140

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Odio le notti senza luna, 2015, olio su tela, cm. 80x60

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Horror vacui, 2014, olio su tela, cm. 70x100

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Homo faber, 2011, olio su tela, cm. 100x70

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Deposizione, 1989/1991, olio su tela, cm. 188x360

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Foto di Ivano Di Maria

BIOGRAFIA

Edi Brancolini è nato a Rovereto s.S. (Mo) il 12 settembre 1946 , vive e lavora a Carpi; ha superato il cinquantesimo anno di attività. Da subito sono state la ricerca e la curiosità a guidarlo, il talento ad assecondarne le esigenze espressive e la determinazione ad arricchirne un bagaglio culturale in continua crescita; importanti, in tal senso, gli anni della “scuola libera del nudo” a Venezia ed in particolare gli insegnamenti di Luigi Tito, che lo educa alla pratica assidua e costante del disegno dal vero e forse ne orienta la successiva virata figurativa, dopo una breve esperienza informale. I dipinti degli anni ’70 conoscono un’ambientazione socio-esistenziale che talvolta sconfina nell’allucinazione onirica, il suo vocabolario simbolico poi si complica suggerendo nella narrazione tante possibili chiavi di lettura in uno stratificarsi semantico surreale e destabilizzante. La pittura si fa dunque ermetica ed incalza interrogativi nello spettatore, le cromie agiscono compartecipi dell’azione raffigurata nella pantomima di questa società edonistica osservata dall’artista con ironico distacco. Edi Brancolini è un pittore del profondo e del mistero ma le immagini che porta in luce hanno una loro esplicita chiarezza, sottolineata da un segno pittorico estremamente puntuale e fortemente narrativo. In modo personalissimo attraverso una stesura cromatica meditata e sensuale, riprende il linguaggio dei preraffaelliti decodificandone gli universali significanti. Nella fase esecutiva dell’opera è uno scrupoloso continuatore delle tecniche antiche come l’uso dei colori alla caseina, una sorta di arcaica tempera dagli straordinari effetti cromatici che in fase di rifinitura arricchisce con soluzioni grasse per dare la consistenza del colore ad olio. Le opere sono il frutto di un lavoro incessante di velature e finiture, tocchi di pennello e sfumature e come Rossetti e Klinger, Brancolini ritorna ai soggetti del passato, della mitologia e della religione, calati nei ruoli del quotidiano; un recupero quindi dell’iconografia popolare senza intenti polemici, né di denuncia. I suoi sono simboli del percorso catartico dell’umana specie che reggono la volta della fede e della ragione : la perfezione, la terra, l’uovo, l’origine. Le certezze materiali si definiscono con la luce dell’alba. Ed è con la luce, con la luce della ragione, che si eclissano le parvenze. Le sue opere sono di grande nitidezza sia pittorica che esplicativa: il gioco della gestualità si accompagna ad una poetica ridente, allo scambio dei ruoli tra passato e presente, alla distribuzione di simbologie iconiche preziose ma non pretenziose. Sono sipari che si aprono su finzioni esplicite, rivelazioni di segreti, ironie dissacratorie, ma anche riflessioni etiche sommesse, senza pretese moralistiche. I primissimi lavori risalgono al 1959. Dal 1969 inizia un’intensa attività espositiva in italia e all’estero in sedi pubbliche e private. 99


BIOGRAPHY Edi Brancolini born in Rovereto S.S. (Mo) the 12th September, 1946, lives and works in Carpi; his career has spanned over fifty years. From the very beginning research and curiosity have guided his talent to meet the needs of expression and determination to enrich his cultural knowledge, which continues to grow. Important, in this sense, the years of the ‘school of the free nude’ in Venice and in particular the teaching of Luigi Tito, who instructed him in the assiduous practice of constant drawing from life and perhaps in the successive guidance towards a career veering towards the figurative, after a brief informal experience. The paintings of the 1970’s showed a socio-existential setting that sometimes crossed the border of oneiric hallucination. His symbolic vocabulary then complicated, suggesting in the narrative many possible literal interpretations in both a surreal and unsettling semantic layering. The paintings as well as being obscure, ply questions to the audience, the shades of colour taking effect by sharing the representational influence in the pantomime of this hedonistic society observed by the artist with an ironic detachment. Edi Brancolini is a painter of depth and mystery, but the images that he brings to light have their explicit clarity, underlined by extremely punctuated and strong narrative. In a personal way, through chromatic thinking and sensual drawing, he is bringing back the language of the Pre-Raphaelite decoding of universal significance. During the under-painting phase he is a scrupulous follower of ancient techniques as in the use of casein colours, a kind of ancient tempera giving extraordinary chromatic effects, which in the refinement phase are enriched with oily solutions to give a consistence of colour to the oil. The works are the fruit of incessant work such as glazing, finishing, brush strokes and shades of colour like Rossetti and Klinger. Brancolini returns to subjects of the past, of mythology and religion, reduced into daily roles. Thus leading to a recovery of popular iconography without argumentative intent or complaint. His are symbols of the cathartic routes of man that support the vault of faith and reason: perfection, the earth, the egg, the origin. Certain materials defined with the dawn light. And it is with the light, the light of reason, which is eclipsing appearances. His works are of great sharpness both pictorially and explanatory, a game of gesticulation accompanied by poetic laughing, to the exchange of roles between past and present, to the distribution of iconic symbolism precious but not pretentious. These are curtains that open onto explicit fictions, revelation of secrets, desecrating irony, but also subdued ethical reflections, without moralistic pretences.

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INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE RECENTI “Edi Brancolini: lettura iconologica di un diario del conscio profondo” Renzo Margonari. “Edi Brancolini: due punti sull’infinito” Edizioni Ghirlandina.“Brancolini, Fusi, Gerico e Nigiani: quattro pittori dello sguardo cristallino” Giorgio Di Genova. “I vizi capitali” Giorgio Seveso. “Di fronte alla figura” Michele Fuoco. “Rane, ranuncoli e belle addormentate” N. Miceli, D. Pasquali, G. Segato. “Gli inganni della pittura” M. Sciaccaluga. “Navigazione ultima” G. Segato. “Melancholie und Eros”, “Kinder des. 20. Jahrhunderts” A.H. Murken. “La vita nuova” C. Gizzi, C.F. Carli. “Phantastische Welten , von Surrealismus zum Neosymbolismus” A.H. Murken. “Contrappunto” G. Ghidoni. “Storia dell’arte italiana del ‘900” Giorgio Di Genova. “Un classico contemporaneo” F. Martani.

Indirizzo studio: EDI BRANCOLINI Via Andrea Palladio 6/CD - 41012 Carpi MO - Italia E mail: edibrancolini@gmail.com - www.edibrancolini.it Tel. 0039 333 3956030 101




Quaderno medolese d’Arte XVIII

Finito di stampare nel dicembre 2015 presso la NOVA LITO

Carpenedolo (Bs) Grafica: Ermanno Bergamini - Giovanni Magnani

978-88-97730-44-6 104


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