Geomorfositi
Definizione
Il termine geomorfosito è stato introdotto nella letteratura geologica per indicare una particolare "forma del paesaggio con particolari e significativi attributi geomorfologici che la qualificano come componente del patrimonio culturale di un territorio". Questa definizione, tratta da Panizza & Piacente in un loro studio del 2003, ha costituito la base di una ricerca per valutare le potenzialità geoturistiche della V. del Bióis situata all'interno di un'area così importante come quella dolomitica.
Metodo di classificazione
Per ottenere questo scopo si è partiti dal metodo proposto da coratza e Giusti (2005) e riportato da Panizza (2005) per la valutazione e la quantificazione dei geomorfositi. Il metodo permette di ottenere una valutazione quantitativa di un Bene Geomorfologico, in particolare una valutazione della sua Qualità Scientifica. Con questo termine, indicato con Q, gli autori indicano un valore ricavato dalla somma di parametri che l'esperto, ovvero il conoscitore della zona da esaminare, riporta sulla base delle sue osservazioni.
La formula che permette di ricavare il valore di Q è la seguente:
Q = sS + dD + aA + rR + cC+ eE + zZ (1) dove per ogni geomorfosito:
S = valore per la Ricerca scientifica;
D = Valore didattico;
A = Area (in relazione all'area totale dei geomorfositi simili presenti nella zona considerata);
R = Rarità (in relazione alla quantità di geomorfositi simili presenti nella zona considerata);
C = Grado dei conservazione;
E = Esposizione;
Z = Valore aggiunto.
Sulla base dell’esperienza acquisita nell’analo-
go lavoro che l'autore ha svolto nella vicina Valle di San Lucano (testa et al , 2013), al fine di inserire i valori espressi in ottica prettamente geoturistica che tenga conto degli criteri stabiliti dall'UNESCO, il parametro Z (Valore Aggiunto) è stato a sua volta suddiviso in due valori, Z1 e Z2, corrispondenti rispettivamente al valore paesaggistico e alla fruibilità del sito. Z1 comprende l'aspetto scenico ed esteticoculturale, mentre Z2 mette in risalto il grado di accessibilità. Infatti un geomorfosito, per essere conosciuto ed apprezzato, deve essere facilmente raggiungibile dai visitatori. A tal riguardo si comprende come località molto interessanti dal punto di vista geologico e ambientale-scenico, non raggiungano valori di Q elevati a causa della loro posizione difficilmente raggiungibile se non da escursionisti esperti. Viene qui eliminato il parametro A in quanto un geomorfosito può assumere elevato valore anche se non esteso arealmente (es. un torrione, una frana, ecc.) e sostituito dal parametro G (Paleogeografia), ritenuto molto importante per la ricostruzione nel tempo di un determinato territorio in relazione alle variazioni climatiche della Terra.
La nuova formula per calcolare la qualità scientifica Q è allora la seguente: Q = sS + dD + rR + gG + cC+ eE + zZ1 + zZ2 (2)
Di ognuno di questi parametri vengono fornite le caratteristiche per l'attribuzione di un valore (Tab. 1) in base a determinate Linee guida di seguito indicate.
Linee guida per l'attribuzione del valore dei parametri
Per assegnare il valore Ricerca scientifica (S) si considera il numero e la qualità delle pubblicazioni scientifiche che riguardano il Geomorfosito, le attività di ricerca che lo coinvolgono; la sua importanza per la ricostruzione geomorfologica di un dato territorio e per la Storia della Geomorfologia in generale; nonché il valore aggiunto che il suo studio può dare alla ricerca scientifica.
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Tabella
Caratteristiche
Parametri
Valore=0
Valore=0,25
Valore=0,50 Valore=0,75
Valore= 1
S: ricerca scientifica - Basso Medio Alto Altissimo
D: valore didattico - Basso Medio Alto Altissimo
RaritàPresenza di molti elementi Abbastanza elementi simili Pochi elementi simili nel territori Esemplare unico
G: Paleogeografia - Scarso Discreto Alto Fondamentale
Conservazione - Cattivo Discreto Buono Ottimo
EsposizioneNascosto e poco accessibile Solo parzialmente visibile Visibile e visitabile Ben esposto
Z1 valore paesaggistico aggiunto
Z2 valore aggiunto: grado di fruibilità
Nessuno Scarsa importanza Discreta importanza Grande importanza Fondamentale
Nessuno Scarsa fruibilità Discreta fruibilità Buona fruibilità Facilmente fruibile
Per il Valore didattico (D) si considera se il Geomorfosito è rappresentativo di una particolare forma o processo, se è citato in testi di itinerari didattici come Bene di una certa importanza, se è conosciuto anche al di fuori dell'ambiente scientifico, se può avere valore didattico.
Per quanto riguarda la Rarità (R), essa varia in base alla quantità e frequenza di elementi simili nel territorio e raggiunge il massimo valore se il il Geomorfosito è un esempio unico nel suo genere.
Il valore (R) aumenta se il Geomorfosito è testimone di un ambiente morfoclimatico diverso dall'attuale e se la sua presenza è segnalata in piani territoriali.
Il valore dato al parametro Paleogeografia (G) dipende dalla significatività del sito nella ricostruzione della paleogeografia del territorio. Il Grado di conservazione (C) di un Geomorfosito dipende dalla degradazione naturale cui è soggetto, sia da fattori antropici che possono essere elementi che ne alterano o distruggono le caratteristiche o viceversa dalla presenza di strutture di protezione. Allo stesso modo, i valori attribuiti all'Esposizione (E) dipendono dalla difficoltà o meno di raggiungere il sito, dalla sua posizione più o meno dominante nel paesaggio, da elementi antropici che che ne disturbano la fruizione anche visiva.
Per quanto riguarda il Valore aggiunto (Z1) paesaggistico del Geomorfosito, che comprende il valore scenico e quello estetico-culturale,
le linee guida seguono il criterio della valenza ecologica, paesaggistica e naturalistica e della presenza, nell'intorno del Geomorfosito, di elementi geologici che lo arricchiscono ulteriormente.
Il Valore aggiunto (Z2) rappresenta il grado di fruibilità del geomorfosito. Esso tiene conto della accessibilità, del grado di manutenzione e segnalazione dei sentieri, la difficoltà legata all'ambiente di alta montagna, al dislivello, ecc.
Il valore della qualità scientifica Q viene normalizzato per ottenere valori compresi tra 0 e 1 con la formula:
Q norm = Q/Qmax dove
Q = Qualità scientifica del Geomorfosito Qmax = valore massimo che può avere un Geomorfosito (nel nostro caso = 8).
Dal punto di vista cartografico, i geomorfositi sono stati suddivisi in tre categorie in accordo con lo schema di carton, coratza & Marchetti (2005):
Areale (A) - presenta uno sviluppo bidimensionale, come ad esempio un accumulo morenico, un circo o anfiteatro glaciale; Lineare (L): si sviluppa in una singola direzione, come ad esempio un corso d'acqua, una cascata, una forra rocciosa; Puntiforme (P): si tratta di un elemento del
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1 -
per l'attribuzione di un valore ai parametri utilizzati per calcolare la Qualità Scientifica
paesaggio avente singola forma, come ad esempio un masso erratico, un torrione, una piccola cavità.
Alla Qualità Scientifica, ottenuta con il metodo fin qui esposto, viene infine affiancato un cosiddetto Valore Addizionale che non influenza il valore di Q ma fornisce un’ulteriore informazione qualitativa alla descrizione del sito.
Il Valore Addizionale è assegnato in base agli indicatori illustrati in tab. 2.
Il Valore Globale di un geomorfosito corrisponde quindi all’insieme di Q e del suo Valore Addizionale. L'attribuzione delle seguenti valenze è stata fatta secondo lo schema riportato in avanzini, carton, sePPi & toMasoni (2005),
VALORE ADDIZIONALE DESCRIZIONE
NR Rarità naturalistica
ME Modello evolutivo
DE Valore didattico
PE Importanza paleoambientale
EV Valore ecologico
SHV Valore storico scientifico
MV Interesse mineralogico
PV Interesse paleontologico
SCV Valore scenico
PRV Interesse preistoico
CRV Valore religioso e culturale
SEV Valore socio-economico
1 Frana Marmolade A 5,69 NR, ME,DE, PE,SHV, SCV.
2 Circo - Testata Val di Garès A 5,69 ME, DE, PE, SCV.
3 Circhi Sospesi Pale Di San Martino A 5,69 NR, ME, DE, PE, SCV.
4 Rock Glacier Valfrèda A 5,38 ME, DE, PE, SCV.
5 Piana Di Falcade A 5,31 ME, PE, SEV.
6 Cascata Di Garès P 5,25 ME, EV, SCV.
7 Col di Frena A 5,00 SHV
8 Forcella Cesurette P 4,94 ME, PRV.
9 Faglie Cime D'áuta - I Négher L 4,75 DE, SHV, SCV.
10 Cime D'áuta A 4,75 SCV
11 Campo Boaro A 4,75 MV, SCV, ME.
12 Torri del Négher P 4,75 NR, ME, SHV, SCV.
13 Scogliera Monte Mulàz A 4,69 ME, PE, SCV.
14 Sinclinale del Sas de Palaza A 4,63 ME, DE, SCV.
15 Sinclinale Di Vallesella A 4,63 NR, ME, DE, SCV.
16 Lach dei Négher P 4,63 ME, PE, SCV.
17 Terrazzo Di Kame di Malga Stia A 4,50 ME, PE, DE. SCV.
18 Morene Ghiacciaio Focobón A 4,50 ME, PE, DE, SCV.
19 Morene Ghiacciaio Val Strutt A 4,50 ME, PE, SCV.
20 Pian di Campído A 4,50 ME, PE, DE, SCV.
21 Frana Focobonite A 4,38 ME, MV.
22 Sassedél P 4,38 NR, ME, PE.
23 Terrazzo di Sappade A 4,38 ME, PE, SCV, SEV.
24 Pian delle Comelle A 4,38 ME, PE, SCV.
25 Buse del Col Alto A 4,31 NR, ME, DE, PE,EV, SCV.
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Tabella 2 - Indicatori del Valore Addizionale
N. NOME DEL GEOMORFOSITO TIPO QUALITÀ SCIENTIFICA VALORE ADDIZIONALE
Tabella 3 - Valutazione della Qualità Scientifica dei Geomorfositi della Valle del Biois (Belluno)
26 Frana di Montagna (Meseróz) A 4,31 ME, PE, SHV, SEV.
27 Morena del Pian di Giare - Garès A 4,31 ME, PE, EV, SEV.
28 Arco Morenico Sas de Palaza-Bosch Brusá A 4,31 NR, ME, DE, PE, SCV.
29 Conoide Gavon A 4,25 ME, SEV.
30 Circo e testata Val Focobón A 4,25 ME, PE, SCV.
31 Lastricati in porfido delle Laste di Pradazzo A 4,25 NR, ME, DE, PE.
32 Morene Ghiacciaio delle Ziroccole A 4,25 ME, PE, SCV.
33 Lagazón A 4,19 NR, ME, PE, EV.
34 Campanile dei Campidéi P 4,13 NR, ME, SCV.
35 Morene Casera Focobón A 4,13 ME, PE, SCV.
36 Sass Négher A 4,06 ME, SHV, MV.
37 Gola del Torrente Bióis L 4,06 ME, PE.
38 Punta Lazzera A 4,06 DE, SHV, SCV.
39 Scalón L 4,00 ME, PE.
40 Terrazzo di Cogúl A 4,00 ME, PE.
41 Cascata delle Barézze P 3,88 ME, EV, SCV.
42 Orrido delle Comèlle L 3,88 NR, ME, PE, SCV.
43 Glacis di Colmean A 3,88 ME, PE.
44 Terrazzo di Fregona A 3,88 ME, PE.
45 Glacionevato della Val dei Cantoni A 3,88 ME, PE, SCV.
46 Glacionevato della Valle delle Galline A 3,88 ME, PE, SCV.
47 Diapiro della Val di Forca A 3,82 DE, SCV.
48 Faglia del Monte delle Anime L 3,81 NR, DE, SHV.
49 Nivomorena di Foch A 3,81 ME, PE, SCV.
50 Frana Casera Pezza A 3,75 ME, PE, DE, SHV.
51 Conoidi detritiche della Crepa Rossa A 3,75 ME, PE, DE.
52 I Lach P 3,63 ME, DE, PE, EV, SCV, SEV.
53 Conoide di Vallada A 3,63 ME, PE, SEV.
54 Paleovalle di Cencenighe A 3,63 NR, DE, SHV.
55 Frana de i Piegn A 3,63 ME, SHV
56 Terrazzo delle Coste A 3,50 ME, PE, SCV.
57 Banca delle Fede L 3,44 NR, SCV.
58 Forcella di San Tomaso P 3,44 SHV.
59 Terrazzo Rifugio Bottari A 3,44 ME, PE.
60 Conglomerati di Valt P 3,44 NR, ME, PE.
61 Terrazzo di Carfón A 3,44 ME, PE, SHV, SCV.
62 I Marmoi A 3,38 ME, SCV.
63 Valle secca di Caviola L 3,38 ME, PE, DE.
64 Torcia di Valgrande P 3,31 NR, ME, PE, SCV.
65 Frane del Monte delle Anime A 3,31 ME, PE, SHV.
66 Frana dei Lastèi A 3,25 ME, PE.
67 Frana Cima Campido A 3,19 ME, SCV.
68 Frana di Canale d'Agordo A 3,13 ME, SCV
69 Viàz del Bus A 3,00 NR, SCV.
70 Morena Palafanchina A 2,94 ME, PE.
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71 Terrazzo orografico di Pian di Sais
A 2,94 MV, SHV.
72 Grotta di Franzéi L 2,81 ME, EV.
73 Circo e Morena Cima Pape A 2,75 ME, PE.
74 Morena di Molino A 2,56 ME, PE.
75 Ànder del Filón L 2,50 ME, EV
75 Frana delle Roe A 2,50 ME.
77 Rif di Valbona L 2,31 ME.
78 Meandro Martina
79 Fessura Crépa Rossa
L 2,31 ME, EV
L 2,31 ME, EV
80 Frana Val Bodin A 2,31 ME
81 Abisso Guido De Dea alle Comèlle
L 2,25 ME, EV
82 Fochetti Focobòn A 2,06 ME, PE, SCV.
83 Busa dei Zínghen A 2,00 ME, PE, SHV.
84 Grotta Casera Valbona L 1,81 ME, EV
85 Grotta Di Garès
modificandolo in base alle esigenze riscontrate per la V. del Bióis. Si è così ottenuta la lista dei geomorfositi elencati in tab. 3; la loro posizione geografica è invece indicata in fig. 2.
Attribuzione dei pesi
Il limite maggiore di un'analisi quantitativa come questa consiste nella soggettività del singolo operatore: le conoscenze personali sui singoli geomorfositi possono influenzare l'attribuzione di valori. Per cercare di dare maggiore obiettività sono stati attribuiti dei valori, detti Pesi, che hanno lo scopo di evidenziare l'importanza di certi parametri: in particolare, in questo lavoro, sono stati attribuiti pesi in funzione della relazione molto importante tra geologia e paesaggio, più consoni in ambito UNESCO (formula 2) rispetto alla semplice catalogazione di geomorfositi (formula 1). I pesi attribuiti ai singoli parametri sono i seguenti: S = 1; D = 0,75; R = 1; G =1; C = 0,75; E = 1; Z1 =1; Z2 =1. Il valore paesaggistico (Z1) e la fruibilitá (Z2) del geomorfosito assumono in questa analisi particolare significato: non bisogna infatti dimenticare che un'evidenza naturalistica, se non facilmente raggiungibile in quanto ubicata in zone impervie o pericolose, perde parte del suo "potenziale geoturistico".
L 1,56 ME, EV
Fig. 2 Mappa di ubicazione dei Geomorfositi elencati in Tab. 3, il numero corrispondente alla classificazione del geomorfosito nella tabella 3, in base al rispettivo valore di Q.
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Falcade
Canale d'Agordo TaibonAgordino ValladaAgordina San TomasoAgordino CencenigheAgordino Limite di comune ImmagineTerraItalyTM - © BLOM CGR 4 3 2 5 7 1 47 32 28 14 73 25 11 36 69 24 19 46 45 20 27 67 30 18 13 35 17 70 82 21 59 62 65 54 55 26 71 80 61 53 40 38 50 75 43 23 56 29 68 83 44 33 51 15 66 49 10 31 9 57 42 39 48 63 77 79 72 37 6 8 64 34 58 52 41 60 12 22 16 74 78 75 81 85 8 84 Geomorfositi lineari Geomorfositi puntuali Geomorfositi areali 01.0002.0003.0004.000 500 Meters Ubicazione dei Geomorfositi
LEGENDA
Rocca Pietore
di Tabella 3
Descrizione dei geomorfositi
1. Frana Marmolade. La parete meridionale del Col Bechèr è interessata da uno dei più vasti movimenti franosi delle Dolomiti: la frana delle Marmolade permette di osservare in tutta la sua potenza l'intera serie werfeniana sovrastante la Formazione a Bellerophon. L'intera montagna è interessata da strutture tettoniche (faglie, sovrascorrimenti) descritti in vari studi geologici e tuttora argomento di studio per tesi e ricerche. Questo giustifica l'elevato valore del parametro S della Valutazione Quantitativa di questo studio. Pur non potendo essere raggiunta dal basso, la frana risulta visibile dal fondovalle con ottima esposizione (E=1). Salendo al Passo di Fórca Rossa si possono osservare le fratture alla testata della frana, con belle vedute sulla nicchia di distacco e sugli orizzonti della Formazione di Werfen (Fig. 3).
2. Circo - testata Val di Garés. La V. di Garés conserva la caratteristica struttura a truogolo legata all'azione dei ghiacciai quaternari che erano ubicati sulla sommità dell'Altipiano delle Pale di San Martino: dal Pian di Giare si ha una visione completa della testata, con il gradino inciso nella Dolomia dello Sciliar e ripidi ruscelli che formano cascate (Fig. 4). Ottimamente servita da strada automobilistica che parte da Canale d'Agordo, la zona è meta turistica perfettamente attrezzata per pic-nic e passeggiate sia nel fondovalle che verso l'intero gruppo delle Pale di San Martino. Un ristorante aperto tutto l'anno completa l'offerta turistica.
3. Circhi sospesi Pale di San Martino. La traversata dell'Altipiano delle Pale offre spettacolari visioni sui circhi glaciali sospesi. Il sentiero n. 7561che da Garés porta al Rifugio Rosetta permette di osservarli con facilità: la loro magnifica esposizione (E=1) facilita la ricostruzione paleogeografica (G=1) legata all'azione dei ghiacciai UMG e tardoglaciali. Alcuni di questi sono percorribili da sentieri riservati ad escursionisti esperti (Val Strut, Val dei Canto-
Fig. 3. L'impressionante parete del Col Bechèr dal sentiero che dalle Barezze porta a Malga Ai Làch. In evidenza la frana delle Marmolade (1).
ni) o ad alpinisti che percorrono le numerose vie del gruppo della Vezzana.
4. Rock glacier Valfrèda. È questa una delle forme meglio conservate nonostante l'alta quota con i relativi fenomeni legati all'erosione: si tratta di forme ad archi concentrici con colline detritiche che possono esser facilmente raggiunte ed attraversate con il sentiero n. 670 che sale da Fuciade al Passo di Fórca Rossa: la magnifica esposizione (E=1) rende visibile il rock glacier anche da notevoli distanze che rappresenta nella sua interezza un notevole esempio didattico (D=1) per la ricostruzione climatica e paleoambientale (G=1) della zona.
5. Piana di Falcade. Oggi meta di numerose
Fig. 4. La testata della Valle di Garès (2) con l'altopiano delle Pale di San Martino (Foto R. Bortoli).
1Per quanto riguarda i numeri dei sentieri citati in queste descrizioni, si fa riferimento alla numerazione adottata dal CAI e riportati sulla Carta Topografica per escursionisti alla scala 1:25000 della casa editrice Tabacco.
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attività turistiche (sci di fondo e semplici passeggiate alla portata di tutti Z1 = 1, Z2 = 2), la piana di Falcade (Fig. 5). deve la sua origine allo sbarramento della grande conoide del T. Gavòn che, nell'arco di millenni in seguito a numerosi episodi franosi, ha sbarrato il corso del T. Bióis con formazione di un lago poco profondo successivamente interratosi. Rappresenta un buon esempio didattico (D=0,75) per la ricostruzione paleogeografica della V. del Bióis (G=1).
6. Cascata di Garés. Dal gradino glaciale che separa la V. di Garés dall'Altipiano delle Pale di San Martino precipita una cascata perenne che rappresenta un elemento caratteristico della zona (E=1) (Fig. 6). Con il facile sentiero che sale all'Orrido delle Comèlle si può raggiungere la base del salto d'acqua che precipita da una ripida frattura della dolomia ladinica. Nelle vicinanze si nota un profondo solco dovuto all'erosione di un filone vulcanico. È questa una meta turistica molto frequentata nei mesi estivi e si può raggiungere senza difficoltà anche dal paese di Garés con il sentiero n. 704 (Z1 =1, Z2 =1).
7. Col di Frena. Studiato in passato da Castiglioni in quanto costituente parte del nucleo dell'Anticlinale di Cima Bocche (S = 0,5), è un elemento che spicca dal fondovalle ben visibile da tutta l'alta V. del Bióis (E=1). Formato alla sommità dalla Fm. a Bellerophon e dalla Fm. di Werfen ai fianchi, presenta numerose doline verso la cima e resti di trincee risalenti alla Prima Guerra Mondiale: andrebbe quindi valorizzato anche per la sua importanza storica. La
strada della Forcella Lagazón permette di avvicinarsi alla montagna con facilità (Z1 = 1).
8. Forcella Cesurette. Il valico, situato a quota m. 1801, mette in comunicazione la V. di San Lucano con quella di Garés: è raggiunta dal sentiero n.756 che sale dal Pian delle Giare (Garés) e dal sentiero n. 761 che risale la V. di San Lucano. Dal valico partono poi itinerari per l’altopiano delle Pale di San Martino e Pale di San Lucano (Z2=1). La zona della forcella offre magnifiche visioni sulle montagne circostanti (Z1=1) ed è famosa per il ritrovamento di strumenti litici appartenenti al Mesolitico. Inoltre si osservano lave a pillows indicanti effusioni in ambiente sottomarino e si possono trovare minerali quali bornite, goethite, 9. Faglie Cime D'Áuta - I Négher. Da Falcade, osservando la catena delle Cime d'Áuta e della vicina Crépa Rossa, si notano faglie che interessano quest'ultimo gruppo roccioso (E=1) e che mettono a contatto le chiare dolomie ladiniche con le rocce vulcaniche. Legate alla tettonica medio-triassica, sono facilmente raggiungibili con il sentiero n. 687 che sale alla Forcella de I Négher e con il sentiero n. 684 che raggiunge la forcella Pianezze.
10. Cime D'Áuta. La catena delle Cime d'Áuta domina il versante sinistro della V. del Bióis:
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Fig.5. La piana di Falcade da Somór (5).
Fig. 6. Cascata di Garès. (6).
le pareti meridionali delle Cime Orientale ed Occidentale costituiscono un elemento fondamentale del paesaggio (E=1, Z1=1). sono state studiate anche dal punto di vista geologico (S=0,75) in quanto facenti parte del gruppo meridionale della Marmolada (D=0,75). La cima Orientale è raggiunta da una breve ferrata (Paolin-Piccolin) che, insieme al sentiero n. 696, riservato però solo ad escursionisti esperti, permette di apprezzarne i dettagli geologici. La formazione geologica che costituisce quasi l'intera catena è la D. dello Sciliar ladinica.
11. Campo Boaro. La località situata al margine settentrionale dell'Altopiano delle Pale di San Martino, è nota ai mineralogisti per il gran numero di specie minerali presenti: calcite, goethite. La zona si raggiunge facilmente dalla Forcella Cesurette per comoda mulattiera che sale al Rifugio Rosetta (Z2=0,75) e si trova in uno scenario grandioso (Z1=1): mancano però studi approfonditi sulla genesi dei minerali (S=0,50) essendo la località conosciuta specialmente da ricercatori locali.
12. Torri del Négher. Si tratta degli scuri torrioni che dominano la V. del Bióis (E=1) tra le Cime d’Áuta e le Crépa de la Mort – Crepe Rosse. Sono costituiti da rocce vulcanoclastiche nerastre appartenenti al Conglomerato della Marmolada poggianti, con netto contrasto cromatico, sul calcare della Marmolada. La parete sommitale supera la cinquantina di metri di dislivello. Le torri dei Négher sono raggiungibili con i sentieri n. 687 e n. 696 che ne percorrono le pendici: richiedono però buon allenamento per i notevoli dislivelli dal fondovalle e esperienza di montagna (Z2=0,50) in ambiente però spettacolare (Z1=1).
13. Scogliera Monte Muláz. Il Monte Muláz è ubicato nel settore settentrionale della catena delle Pale di San Martino e domina la conca falcadina (E=1) costituendo un avancorpo ben identificabile del gruppo dolomitico (Fig. 7). È stato studiato da Castiglioni nella sua opera monumentale sulle Pale di San Martino del 1939 e in studi geologici più recenti (S=0,75). Salendo al Passo Vallès appare dietro la dorsale della Cima Venegiotta con il caratteristico profilo legato alla conservazione
dell'originario pendio sottomarino: questo lo si osserva anche dai pressi del Rifugio omonimo, facilmente raggiungibile da Falcade (sentiero n. 722), dal Campígol della Vezzana (sentiero n. 7109) o dal passo Vallès (sentiero n. 751): la cima è raggiunta da un sentiero adatto solo ad escursionisti esperti (Z1=1, Z2=0,75).
14. Sinclinale del Sas de Palaza. Il gruppo del Sas de Palaza è stato descritto dal punto di vista geologico in vari studi del passato riguardanti la zona del Col Bechèr (D=1): dal fondovalle della V. del Bióis si nota la struttura costituita da una sinclinale con il nucleo ed i fianchi costituiti dalla Fm. di Werfen (E=1): anche da lontano la morfologia permette di apprezzare i vari orizzonti werfeniani (Mazzin, Andràz, Siusi, Campill) separati da evidenti cenge e colori diversi (D=1). L'intera zona del Sas de Palaza è raggiungibile da sentieri che ne raggiungono la sommità o permettono di percorrerne i fianchi osservando le varie formazioni geologiche, alcuni però non facilmente percorribili (Z2=0,5), ma comunque di elevato valore paesaggistico (Z1=1).
15. Sinclinale diapirica di Vallesella. Salendo alla Malga Bosch Brusà il facile sentiero permette di osservare la struttura particolarmente complessa del M. Vallesella (E=1), con i vari orizzonti werfeniani e la Fm. a Bellerophon qui affioranti a formare una complicata struttura tettonica complicata da faglie: studiata in passato in particolare da c. DoGlioni (1992) (D=1) e attualmente oggetto di ricerche e tesi a carattere geologico, può costituire un utile elemento
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Fig. 7. Il Monte Mulàz (Foto di Roberto Bortoli). (13)
per comprendere la complessa tettonica medio triassica con formazioni di diapiri formatisi per la presenza di orizzonti gessosi quali la Fm. a Bellerophon ed il membro di Andràz (D=1).
La struttura è esposta agli agenti del degrado atmosferico (C=05) e non risulta percorribile da vicino per la sua pericolosità (Z2=0,25).
16. Lach dei Négher. Il laghetto, ubicato a quota m. 2205, si raggiunge in circa 4 ore dal Rifugio Lagazón (m. 1354) con il sentiero n.687. Si può anche salire dalla Val Pettorina, dai pressi di Sottoguda, seguendo il segnavia n. 1688 che sale alla zona di Franzéi (m. 1762) ed arriva alla omonima forcella (m. 2009) per proseguire poi attraverso la Val Miniera, un tempo sede di attività estrattiva, intorno al 1300. Questi itinerari richiedono allenamento ed esperienza di montagna (Z2=0,5), ma lo sforzo è ripagato dalla zona in cui si trova il lago (Z1=1), in uno splendido ambiente dolomitico.
Lo specchio d'acqua, ubicato al contatto tra le rocce vulcaniche ladiniche ed il chiaro Calcare della Marmolada, giace in una conca modellata dai ghiacciai quaternari (G=1) si tratta quindi di un classico esempio di lago di circo (D=1). Inoltre, nei pressi del laghetto, si apre una profonda cavità, la Grotta di Franzéi, chiamata anche Buco della Miniera, profonda 158 metri.
17. Terrazzo di Kame di Malga Stia. La Malga Stia (m. 1785) è ubicata a quota m. 1785 su una vasta superficie sub pianeggiante corrispondente ad un terrazzo glaciale (terrazzo di kame), lungo il fianco orientale della catena Cimon della Stia-Punta dei Mar. La superficie terrazzata, incisa dall'erosione della Val di Creta e della Val Pissolot, si raggiunge con comoda e bella passeggiata su strada forestale che parte da Garés (Z2=0,75). Ben osservabile da molti punti della V. di Garés, ma non dal fondovalle (E=0,75), il terrazzo di kame della Malga Stia ha elevata valenza paleogeografica (G=1), notevole valore scenico (Z1=1) e buon valore didattico (D=1) inserito al fianco di una valle glaciale perfettamente conservata. 18. Morene ghiacciaio Focobón. Posto alla base della Cima di Campìdo, il piccolo ghiacciaio del Focobon risulta estremamente ridot-
to: formato da due placche isolate di glacionevato, era un tempo più grande, come dimostra l’apparato morenico che si estende ai piedi della montagna. Gli archi morenici sono ben visibili soprattutto dalla zona dei Fochetti di Focobón e sono percorsi dal sentiero n. 722 che sale da Casera Focobón (Z2=0,50) (Fig. 8). Hanno un elevato valore estetico (Z1=1), in ambiente dolomitico severo e maestoso e, vista la loro composizione e “freschezza” delle forme, vanno fatte risalire ad epoca storica, in corrispondenza della Piccola Età Glaciale: notevole, quindi, anche il loro significato paleogeografico (G=1).
19. Morene e ghiacciaio Val Strutt. Si tratta di un piccolo glacionevato situato alla testata della omonima valle del gruppo delle Pale di San Martino: esposto a NE, è alimentato dalle valanghe che scendono dalla sovrastante Cima delle Comèlle. Come per altri ghiacciai della stessa zona (R=0,50), l'apparato morenico frontale risale alla Piccola Età Glaciale e riveste notevole importanza per la ricostruzione paleogeografica del gruppo dolomitico (G=1). La sua ubicazione, ai piedi della Cima della Vezzana, non ne permette una facile fruibilità (Z2=0,25), ma l’ambiente stupendo, in una delle zone più belle e selvagge delle Dolomiti (Z1=1), ne giustifica il suo inserimento nei geomorfositi della V. del Bióis. Da segnalare le nivomorene ai bordi delle placche di ghiaccio. Una descrizione degli apparati morenici e della
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Fig. 8. L'apparato morenico del Focobón: nel cerchietto il Rifugio Mulàz (Foto di R. Bortoli). (18)
lingua di ghiaccio si trova nello studio di Castiglioni del 1925: questo può servire per una comparazione con le dimensioni attuali.
20. Pian di Campìdo. Ampio circo glaciale ai piedi della omonima cima dolomitica, si raggiunge con il sentiero n. 755 che parte dall'abitato di Garés (Z2=0,50). Ubicato a quota 2400 m. circa, è separato dalla val Grande dalla Cresta del Barba e dal sovrastante piccolo Pian dei Campidéi dall'ardita torre chiamata Campanile dei Campidéi che qui sorge isolata in mezzo a questo selvaggio e stupendo anfiteatro glaciale (Z1=1). Di notevole valore paleogeografico (G=1) assume anche notevole valore didattico per osservare l'azione erosiva dei ghiacci in questi angoli remoti del gruppo delle Pale di San Martino (D=1).
21. Frana Focobonite. La frana, ben visibile da Falcade (E=1), è ubicata sulla sinistra idrografica ai piedi del sottogruppo dei Fochetti di Focobón ed è facilmente raggiungibile in circa mezz'ora dal sentiero n. 722 che sale al Rifugio Muláz. Prima di arrivare alla gola rocciosa di Scalón, ove affiorano le potenti bancate del Conglomerato di Richthofen, si attraversa il Rio Focobón al piede del vasto corpo franoso. Si osserva la nicchia di distacco che mette in luce le seguenti formazioni geologiche: Fm. di Werfen, Conglomerato di Richthofen, Fm. di Dont, Fm. di Contrin. La zona è molto importante per il ritrovamento di una particolare forma di calcite, molto ricercata dai collezionisti, la cosiddetta "Focobonite" (R=1): essa risulta composta da cristalli compenetrati (geminati) di habitus romboedrico e scalenoedro, anche se quest'ultima geometria cristallina può non essere presente. Il risultato di questa geminazione è la morfologia "bombata". 22. Sassedél. L'accumulo franoso è ubicato a quote variabili da m. 2300 a m. 2100 ai piedi delle Cime d'Áuta (Fig. 9). Si tratta di un crollo di vaste proporzioni che, innescatosi probabilmente in epoca postglaciale, è proseguito fino ai nostri giorni in alcune parti del corpo franato. Le rocce coinvolte appartengono alla Fm. di Contrin e del Calcare della Marmolada. È stato studiato dal punto di vista geologico solo da alcuni ricercatori locali (S=0,50) e rappre-
senta un discreto esempio di crollo in massa (D=0,50), unico nel suo genere (R=1) nella V. del Bióis. La sua esposizione risalta soprattutto dai sentieri che si addentrano nel gruppo delle Cime d'Áuta (E=0,75) che richiedono però una certa esperienza su terreni di montagna (Z2=0,50).
23. Terrazzo di Sappade. La superficie sub pianeggiante su cui sorge l’abitato di Sappade corrisponde ad un terrazzo glaciale, tipo kame, legato progressive fasi di abbassamento della lingua del ghiacciaio della V. del Bióis, avvenuto in più fasi a partire dal Tardiglaciale: ciò è confermato dalle scarpate, alte pochi metri, che bordano la piccola frazione. La superficie pianeggiante, ben riconoscibile dal fondovalle (E=1), è occupata da depositi morenici di fondo. La presenza di questi terrazzi è molto utile per la ricostruzione paleogeografica della zona dolomitica (G=1).
24. Pian delle Comèlle. La Valle delle Comèlle si raggiunge abbastanza facilmente da Garés con il sentiero n. 704 o dal Rifugio Rosetta percorrendo lo stesso itinerario in discesa (Z2=0,50). Il piatto fondovalle si trova ad una quota di circa 1800 metri, molto più alto del prolungamento della valle a nord di Garés: questo fatto si spiega con la diversa litologia che contraddistingue i due settori, separati dall'orrido delle Comèlle. La V. delle Comèlle è stata infatti erosa nelle dolomie ladiniche che si oppongono all'erosione fluvio-glaciale, mentre la media e la bassa V. di Garés è incisa nelle più erodibili rocce werfeniane, anisiche e ladiniche. Il paesaggio stupendo (Z1=1) è legato all'azione erosiva di una lingua di ghiaccio ali-
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Fig. 9. Il Sassedél. (Foto R. Bortoli). (22)
mentata dai ghiacciai quaternari dell'Altipiano delle Pale di San Martino che ha agito lungo una dislocazione tettonica preesistente (G=1, R=1), trovando così una via di scarico verso il fondovalle. Ancora oggi le acque di fusione possono trovare ostacoli al loro deflusso con creazione di laghetti effimeri che tendono poi a svuotarsi in tempi brevi: da segnalare anche il deflusso sotterraneo in seguito a modificazioni dell'alveo dal fondo ghiaioso.
25. Buse di Col Alto. L'altopiano delle Pale di San Martino è costituito da una vasta superficie pianeggiante o debolmente ondulata, riferibile a cicli erosivi attivi già a partire dal Miocene Inferiore: su di essa hanno agito i fenomeni esogeni quali l'esarazione glaciale ed il carsismo superficiale, legato quest'ultimo alla natura calcareo-dolomitica del substrato ed alla presenza di numerose fratture. Frequenti le conche glaciocarsiche e le doline che, in casi particolari, possono raggiungere notevoli dimensioni: è il caso delle Buse di Col Alto, termine con cui si usa indicare una serie di grosse cavità ubicate al margine settentrionale dell'altopiano nei pressi dell'Antermarùcol. Sono osservabili dal sentiero n. 756 che sale al Rifugio Rosetta da Garés e rappresentano un sito di elevato valore didattico per la ricostruzione del clima e del paesaggio dolomitico (D=1, G=1): si trovano in ambiente grandioso (Z1=1) ed è proprio la relativa distanza dai principali siti turistici che ne ha mantenuto intatto il fascino (Z2=0,50). Si auspica quindi che l'idea di costruire un inutile bivacco nei pressi di questa zona venga definitivamente abbandonato. 26. Frana di Montagna (Meseróz). La zona alla confluenza della V. del Bióis con quella del Cordevole (Cencenighe) è interessata da un esteso movimento franoso di epoca postglaciale. La nicchia di distacco interessa la Fm. di Contrin che affiora sopra le formazioni anisiche dei calcari di Morbiac (es. Malós) e werfeniane. Il differente carico litostatico delle rocce calcareo-dolomitiche ha creato quindi una zona interessata da processi di "creeping profondo": gli spostamenti del terreno non sono uniformi e, come spiega il nome, possono arrivare a discrete profondità. Grossi bloc-
chi appartenenti alla Fm. di Contrin sono oggi franati ed isolati e vengono utilizzati dagli alpinisti come palestra di roccia (Z2=0,5), anche se il sentiero che porta all'attacco delle vie risulta malagevole. La zona riveste comunque importanza culturale in quanto sede in passato di attività estrattiva locale: da questi massi venivano infatti ricavati manufatti, lavorati sul posto, e portati a valle con slitte durante la stagione invernale.
27. Morena del Pian di Giare – Garés. La splendida conca a truogolo del Pian di Giare, alla testata della V. di Garés, costituisce un punto di attrattiva turistica di prim'ordine per quanto riguarda l'intero territorio dolomitico: nel fondovalle sono conservate morene costituite principalmente da enormi blocchi dolomitici. Un cordone arcuato è ubicato a valle dell'area pic-nic, mentre un bel percorso attrezzato con gradini in legno e passamano permette di addentrarsi nel vasto deposito caotico nei pressi di un piccolo specchio d'acqua. Le ottime potenzialità turistiche del posto rendono questa zona molto fruibile (Z2=1) in un ambiente spettacolare (Z1=1), anche dal punto di vista della ricostruzione paleogeografica della V. di Garés (G=1).
28. Arco morenico Sas de Palaza - Bosch Brusà. Salendo da Malga Bosch Brusà con il sentiero n. 631 che sale alla Forcella di Val di Fórca, a quota m. 2023 si incontra un piccolo arco morenico che presenta una particolarità interessante: è troncato dall'erosione operata alla testata del rio Gavon, avvenuta in epoca postglaciale. Tra i massi si nota un grosso blocco di Calcare della Marmolada, roccia che non affiora nel gruppo del Sas de Palaza: proviene infatti dal vicino gruppo delle Cime d'Áuta quando la testata del bacino non era stata ancora erosa dalle numerose frane. Ha quindi un elevato valore paleogeografico (G=1, D=1) e si raggiunge in maniera relativamente semplice (Z2=0,75). L'ambiente scenico è notevole (Z1=0,75). Questo accumulo era già stato segnalato da Castiglioni nei suoi studi sulla V. del Bióis del 1926 e da Bertini nel 2005 (S=0,50).
29. Conoide Gavon. Il torrente Gavon si getta nel Bióis all’altezza dell’abitato di Canés e for-
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ma la grande conoide su cui giacciono gli abitati di Tabiadon di Canés, Canés, Marmolada, Busin. Questa enorme conoide alluvionale ha sbarrato il corso del T. Bióis con il conseguente sovralluvionamento della zona su cui oggi sorge l’abitato di Piè Falcade con i suoi prati pianeggianti. Il giorno 7 dicembre 1011 una frana partita dalla zona di Meneghina precipitò nel T. Gavòn, travolgendo alcune abitazioni e sradicando parecchi alberi, modificando la morfologia della zona; il grande deposito gravitativo tolse per sempre la visuale tra gli abitati di Caviola e Falcade. Oggi i resti di questo franamento (alberi sepolti dal detrito) sono visibili lungo i fianchi del T. Gavon nei pressi della confluenza nel T. Bióis. 30. Circo e testata Val Focobón. La Val Focobón rappresenta uno dei paesaggi dolomitici più caratteristici delle intere Dolomiti Agordine: domina la conca di Falcade ai piedi dei Campanili dei Lastèi, Cima Campìdo e Cima del Focobón con le loro ripide pareti verticali (E=1). L'azione glaciale si evidenzia con il circo alla base di queste vette ove è ubicato il lembo residuo del vecchio ghiacciaio del Focobón, con morene nei pressi dell'omonima casera e con il gradino che separa la testata dal fondovalle verso Falcade. Il grandioso ambiente dolomitico (Z1=1), la facile accessibilità sia da Molino (sentiero n. 722), sia dal Passo Vallès (sentiero n. 751) e la presenza del Rifugio Volpi di Misurata al Muláz, ne rendono la percorrenza a molti turisti ed escursionisti che vogliono avventurarsi all'interno del gruppo delle Pale di San Martino (Z2=1). I depositi glaciali e le forme legate all'azione erosiva dei ghiacciai rendono questa valle particolarmente utile per indagini paleogeografiche legate all'ambiente periglaciale.
31. Lastricati in porfido delle Laste di Pradazzo. L'altopiano che si estende a NO del passo Vallès è costituito principalmente da ignimbriti appartenenti alla Piattaforma Porfirica Atesina: i porfidi rappresentano le rocce più abbondanti. L'azione dei ghiacciai quaternari è stata evidente e ancora oggi si osservano rocce montonate e striature in gran parte della zona. Il modellamento glaciale si è esplicato
anche con la formazione di terrazzamenti che formano piccoli ripiani tra le rocce debolmente inclinate, specialmente nella zona detta Laste di Pradazzo: i grossi blocchi di porfido sono disposti a formare veri e propri lastricati di roccia, spesso in prossimità di piccoli specchi d'acqua. Qui sono state rinvenute in passato incisioni su roccia dalla caratteristica forma sferica, secondo alcuni studiosi risalenti a culti religiosi antichi, secondo altri di età più recente. In ogni caso queste pavimentazioni naturali hanno un significato didattico notevole riguardo la morfologia glaciale e periglaciale (D=1) e importante è anche il loro ruolo per la ricostruzione paleogeografica di questo settore dolomitico.
32. Morene e ghiacciaio delle Ziròccole. Alla testata della Val Grande, nel gruppo delle Pale di San martino, giace il piccolo ghiacciaio delle Ziròccole: esposto a NE, si tratta di un piccolo ghiacciaio di circo, alimentato ormai solo da occasionali valanghe che scendono dai canaloni delle cime da cui è circondato, la cima delle Ziròccole e Cima di Val Grande. Ormai ridotto a piccole placche di glacionevato, possiede un piccolo apparato morenico, testimone di una piccola avanzata durante la Piccola Età Glaciale. La sua esposizione (E=0,25) non è evidenziata dal fondovalle e bisogna percorrere sentieri escursionistici di un certo livello per raggiungere l’ubicazione (Z2=0,25). L’ambiente dolomitico severo (Z1=1) ne giustifica comunque l’approccio e le morene rappresentano un elemento di elevato valore paleogeografico (G=1) per la ricostruzione dell’ambiente delle Pale di San Martino durante il Quaternario, come del resto testimoniato da altri piccoli ghiacciai nelle vicinanze (R=0,50). Descrizioni dettagliate sulle caratteristiche di questo piccolo accumulo sono riportate in un vecchio studio di castiGlioni (1925) e possono essere usate per un valido paragone con le dimensioni attuali.
33. Lagazón. Dove oggi sorge la zona paludosa nei pressi della Forcella Lagazón, esisteva, intorno alla metà del XVI secolo, un piccolo villaggio composto da poche semplici casette, per un totale di circa una quarantina di persone.
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Il terreno acquitrinoso cominciò a inghiottire le abitazioni per cui venne deciso di evacuare il villaggio smontando le case per poi ricostruirle nelle vicine frazioni di Carfón e Fregona. Oggi la torbiera del costituisce un biotopo di notevole valore scientifico che merita di essere tutelato.
34. Campanile dei Campidéi. Ardito torrione in splendido ambiente dolomitico (Z1=1), si erge isolato a separare il Pian di Campìdo (m. 2400 circa) dal piccolo circo glagiale sovrastante chiamato Pian dei Campidéi: la sua mole appare imponente se osservata dal sentiero n. 755 che da Garés sale al Passo delle Faràngole attraverso la famosa cengia detta "La banca delle Fede" (Z2=0,50) (Fig. 10). È alto 2658 m. ed è stato risparmiato dall'erosione glaciale (R=1) a vigilare sui sottostanti ripiani.
35. Morene di Casera Focobón. L'anfiteatro glaciale in cui è ubicata la casera di Focobón (m. 1894) si raggiunge facilmente con il sentiero n. 722 che sale dalla frazione di Molino di Falcade (Z2=0,75). Nella zona sono presenti molti massi dolomitici provenienti dalle apreti soprastanti e, ricoperti da vegetazione, due cordoni morenici appartenenti allo Stadio di Daun, incisi dal rio Focobón. La zona riveste grande importanza paleogeografica (G=1) ed è ubicata in splendido ambiente dolomitico (Z1=1) e meriterebbe di essere valorizzata e
studiata per comprendere l'evoluzione climatica e le fasi di avanzata e ritiro del ghiacciaio Focobón (S=0,25, D=0,75).
36. Sass Négher. Il Col Négher è l’alto sperone scuro formato da rocce vulcaniche che domina la testata della V. di Garés (E=1). Ai suoi piedi era attiva una miniera di rame nota con il nome di Miniera di Valbona. Sfruttata a partire dal 1450, venne abbandonata dopo la tremenda alluvione del 1748. Oggi la zona è alquanto impervia (Z2=0,5) in quanto solo un comodo sentiero permette di raggiungere la casera Valbona senza grosse difficoltà, mentre tutta la zona circostante è abbandonata e andrebbe sicuramente rimessa a posto essendo situata in un contesto scenico grandioso (Z1=1, C=0,25). Gli studi sulla zona sono legati soprattutto all'attività mineraria (S=0,5), ma tutta la zona meriterebbe di essere studiata dettagliatamente in quanto vi affiora in modo spettacolare il contatto tra le dolomie e le lave medio triassiche dolomitiche.
37. Gola del Torrente Bióis. Il T. Bióis nasce nei pressi del Passo San Pellegrino e si getta nel T. Cordevole nei pressi di Cencenighe. La sua testata non è sempre stata la stessa, ma ha subito modificazioni a causa dell'erosione regressiva operata dal corso d'acqua. L'antico spartiacque passava nei pressi del Col Margherita, Col di Mezzo, Mármoi, Sas de Palaza, Col Bechèr: in seguito ad arretramento la testata è stata erosa in corrispondenza dell'attuale gola percorsa dalla strada del Passo San Pellegrino a ovest di Falcade, fino a raggiungere la sella che collega il Bellunese con il Trentino e a catturare il Rio De Tomàs, prima affluente del rio che scende a Moena. La gola, scavata nel porfido permiano, costituisce un ottimo esempio sia di fenomeni geomorfologici che paleogeografici (G=1), sicuramente uno dei più significativi delle Dolomiti (R=1).
38. Punta Lazzera. Si tratta di una propaggine del versante meridionale del Piz Zorlét che scende verso la Forcella di San Tomaso: la sua struttura geologica venne descritta già da castiGlioni, (1926a, b), nel 1929 dal geologo luDwiG von nöth e ripresa nell'opera di leonarDi nel 1968 sulle Dolomiti: facilmente
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Fig. 10. Il Campanile dei Campidéi (Foto R. Bortoli). (34)
riconoscibile da molte località del fondovalle (E=1), appartiene alla cosiddetta "fascia di schiacciamento di Pezze" (Pezze - Quetschzone), una struttura geologica che contiene scaglie di rocce werfeniane incuneate tra i sedimenti anisici (D. del Serla Fm. di Contrin) e ladinici (Calcari della Marmolada). La zona possiede quindi elevato valore geologico. 39. Scalón. La mulattiera che dal parcheggio nei pressi di Molino di Falcade risale la Valle Focobon, arriva ad una presa dell'acquedotto nei pressi della gola detta Lo Scalón: essa costituisce parte del gradino che raccorda la bassa e l'alta valle glaciale (G=1, R=1)). Nella parte inferiore il Rio Focobón incide potenti bancate (oltre 90 metri di spessore totale) di Conglomerato di Richthofen. La zona meriterebbe di essere valorizzata per le sue caratteristiche geologiche e geomorfologiche, soprattutto in considerazione del fatto che la strada, una volta abbandonato il sentiero n. 722 che porta al Rifugio Muláz, passa vicino alla frana da cui proviene il minerale chiamato focobonite.
40. Terrazzo di Cogúl. L'abitato di Cogúl giace su un terrazzo glaciale a quota m. 1274: come altri terrazzi della V. del Bióis, la sua origine va ricercata nel progressivo ritiro e conseguente abbassamento del ghiacciaio del Bióis nell’UMG. Esposto anch'esso a sud, dove maggiore sarebbe stata l'azione solare, si è formato dall'accumulo di sedimenti deposti dalle acque dilavanti lungo il fianco del ghiacciaio. Data la sua elevata importanza paleogeografica (G=1) e la sua facile accessibilità e fruibilità (Z2=1), si ritiene di inserirlo tra i geomorfositi ad elevata valenza ambientale e didattica (D=1) nonostante la relativa frequenza di forme di accumulo simili nella zona (R=0,25).
41. Cascata delle Barézze. La Cascata delle Barézze precipita da un gradino inciso nei duri porfidi permiani che affiorano al nucleo di una blanda sinclinale i cui fianchi sono costituiti dalle Arenarie di Val Gardena paleozoiche (Fig. 11). La base della cascata, alta una decina di metri, si raggiunge con ripido ma breve sentiero alla destra del ponte sulla forra rocciosa. Tracce di sentiero sulla sinistra idrografica portano invece ad un punto panoramico da cui la
cascata appare in tutta la sua spettacolarità. I sentieri andrebbero sistemati e messi in sicurezza (Z2=0,75) per garantire una maggiore fruibilità del sito, comunque facilmente raggiungibile da Sappade.
42. Orrido delle Comèlle. Si tratta di una gola rocciosa particolarmente suggestiva che permette un comodo accesso all'Altopiano delle Pale di San Martino partendo dalla V. di Garés. Il sentiero che parte dalla capanna Cima Comèlle e sale alla cascata di Garés, continua con una traversata tra mughi, in parte esposta ma sicura, fino all'orrido che si attraversa con l'ausilio di ponticelli, scalette e brevi tratti attrezzati (Z2=0,5, Z1=0,75), in ambiente molto suggestivo. La stretta gola costituiva, nella sua parte superiore, la via di scarico della lingua di ghiaccio che scendeva dall'Altopiano della Rosetta (G=0,75): per la sua unicità (R=1) viene percorso ogni anno da molti escursionisti che qui hanno l'opportunità di osservare da vicino l'azione delle acque di fusione nivale e meteoriche sulle rocce dolomitiche (D=1) (Fig. 12).
43. Glacis di Colmean. Finita la glaciazione dell’UMG, gli estesi depositi morenici di questo settore della V. del Bióis, non ancora stabilizzati, sono stati rimobilizzati dall’erosione: anticamente doveva esistere un unico ripiano
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Fig. 11. Cascata delle Barèzze. (41)
debolmente inclinato (glacis) che comprendeva le attuali superfici di Iore, Fedèr, Costelle. Questi depositi hanno un grande significato paleogeografico (G=1) e paleoclimatico.
44. Terrazzo di Fregona. Interessa il versante occidentale del Col di Frena dove gli estesi depositi morenici sono stati interessati da una serie di terrazzamenti evidenziati da piccole scarpate. L'età del terrazzamento risale al Tardiglaciale con il ritiro progressivo della lingua che stazionava nella V. del Bióis: è per questo motivo che questa forma di deposito assume elevato significato paleogeografico (G=1) ed è facilmente osservabile in quanto interessato da nuclei abitati e strade di facile percorribilità (Z2=1, E=1). Il terrazzo continua nella vicina zona di Radizza con una serie di scarpate di modeste dimensioni che si osservano salendo alla Forcella Lagazón.
45. Glacionevato della Val dei Cantoni. Ubicato alla testata della Val dei Cantoni, a quota variabile da 2580 m. a 2950 m., viene alimentato da valanghe e possiede una superficie di circa 8 ha. (ZANON, 1990). È raggiungibile solo con il ripido sentiero n. 716 che sale al Passo di Travignolo, riservato però solo ad escursionisti esperti ed allenati (Z2=0,25).
46. Glacionevato di Valle delle Galline. La Valle delle Galline è una superba valle sospe-
sa sulla Valle delle Comèlle: alla sua testata, a quota variabile da m. 2700 a m. 3150, si trova questo piccolo glacionevato alimentato dalle valanghe che scendono dalle cime circostanti (Z1=1). È ubicato in zona difficile da raggiungere (Z2=0,25), ma possiede molta importanza per lo studio climatico e del massiccio delle Pale di San Martino e dell'area dolomitica (zanon, 1990).
47. Diapiro della Val di Forca. Il nome deriva dal greco e significa “perforo”: in Agordino sono legati alla presenza delle rocce gessose della Fm. a Bellerophon che sono risalite in superficie, in particolare lungo faglie che attraversano la Fm. di Werfen. Il diapiro della val di Forca è facilmente raggiungibile dal sentiero n. 631 che collega la Malga Bosch Brusà con il Rifugio Flora Alpina. La valle è impostata lungo le fratture che delimitano il diapiro e mettono a contatto la Fm. a Bellerophon con i membri werfeniani: l'intera struttura risulta apprezzabile se osservata dalla zona ai piedi della Cima Uomo e costituisce un valido esempio per comprendere l'origine della struttura geologica.
48. Faglia del Monte delle Anime. Se osservato da Cencenighe, il Monte delle Anime mostra la sua struttura geologica con la ripida parete sommitale costituita dalla Fm. di Contrin, che poggia sulle bancate anisiche dei Calcari di Morbiach e sul Conglomerato di Richthofen. Questa successione poggia sulle bancate calcarenitiche della Fm. di Cencenighe. La faglia (E=1) separa queste formazioni dalle rocce werfeniane che affiorano invece nella vicina zona di Balestier. Per la sua esposizione costituisce un buon esempio didattico (D=1) di struttura tettonica di età triassica, simile comunque ad altre ubicate, in particolare, lungo la Valle del Cordevole (R=0,5).
49. Nivomorena di Foch. Ubicato in località Foch, ai piedi delle pareti dolomitiche del Barbacin, è il cordone meglio conservato di un esteso deposito accumulato alla base di nevai sulla cui superficie scivolano i detriti. Le ondulazioni che si originano danno il nome alla località (Foch) che significa "Buca". La nivomorena si raggiunge con il sentiero n. 689
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Fig. 12. La Valle sospesa sopra l'Orrido delle Comèlle (Foto R. Bortoli). (42)
che sale da Colmean al Passo di Col Bechèr, dopo aver oltrepassato la baita Giovanni Paolo I (Z2=0,50): la conservazione della forma di accumulo (C=0,75) e l'ambiente spettacolare di questo settore delle Cime d'Áuta (Z1=1), ne giustifica l'inserimento nel catalogo dei geomorfositi della V. del Bióis.
50. Frana di Casere di Pezza. Tutto il versante meridionale delle Cime di Pezza è interessato da estesi fenomeni franosi: ben visibile dal fondovalle (E=1), il costone a nord di Cogúl è costituito da accumuli franosi che nella parte alta, verso la Forcella Valbona, danno origine a macereti con blocchi di grosse dimensioni, vere e proprie marocche, costituiti da rocce vulcanoclastiche, caratteristiche per il loro colore scuro. La grande frana continua fin verso il fondovalle dove, con il sentiero n. 685 si, risale ripidamente ai ruderi della Casera di Pezza, luogo tristemente famoso per gli avvenimenti bellici legati alla Seconda Guerra Mondiale. nei pressi di un bivio, a quota m. m. 1425, si trova un grosso masso aggettante, un tempo usato come riparo, conosciuto dagli abitanti di Vallada con il nome di Sas del Lof, il sasso del lupo, testimonianza dell'accumulo franoso.
51. Conoidi detritiche della Crepa Rossa. Si tratta di due distinte conoidi detritiche che scendono dal versante orientale della Crepa Rossa e rappresentano un elemento caratteristico facilmente osservabile dal fondovalle e da altre località dell'Agordino (Agordo) (E=1).
Le pareti di Calcare della Marmolada, pur non raggiungendo spessori elevati, sono qui molto fratturate ed alimentano una falda detritica in gran parte stabilizzata e le due lunghe conoidi che scendono fino alla zona detta I Fochet ai piedi della Forcella Pianezze. Sono facilmente raggiungibili dalla Baita Pianezze e sono attraversate dall'Alta Via dei Pastori (Z2=0,75), in ambiente montano altamente spettacolare (Z1=1).
52. I Lach. La Fm. a Bellerophon affiora nelle Dolomiti con due facies caratteristiche: la facies badiota, costituita prevalentemente da calcari scuri, a volte bituminosi, e quella fiammazza in cui prevale la natura evaporitica delle rocce. Nella zona a nord di Falcade i gessi
permiani affiorano con elevata potenza e sono interessati da numerosi fenomeni carsici: tra questi nella zona chiamata I Lach (Lac), nei pressi dell’omonima malga, si trova una profonda dolina sul cui fondo giace un piccolo laghetto (Fig. 13); si raggiunge facilmente con il sentiero n. 691 che sale da Le Coste o con quelli che partono da Valt o dalle Barézze: la dolina si raggiunge anche dal Rifugio Flora Alpina in provincia di Trento, per cui il sito risulta ben fruibile dal punto di vista turistico. 53. Conoide di Vallada. La grande conoide alluvionale su cui sorge l'abitato di Vallada Agordina deriva dalle alluvioni dei torrenti Pezza e Pianezza che confluiscono, nei pressi dell'abitato di Andrich, in un'unica grande forma che si estende fino al corso del T. Bióis. La superficie ondulata e ricca di cavità circolari fa capire quale sia il substrato roccioso preesistente i depositi alluvionali: nella zona, infatti, affiora estesamente la Fm. a Bellerophon, ricca di gessi dalla cui dissoluzione hanno origine le doline e le cavità sotterranee che creano spesso problemi di stabilità degli edifici in superficie. La conoide è intensamente antropizzata (Z2=1) e, nella parte superiore, sede di belle passeggiate e punto di partenza per escursioni nei vicini gruppi dolomitici.
54. Paleovalle di Cencenighe. Descritta per la prima volta nel 1976 da Farabegoli, Pisa e Ott, non è stata più studiata, anche a causa della sua inaccessibilità (S=0,25, Z1, Z2=0,25).
Pur costituendo un ottimo esempio di paleo-
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Fig. 13. Dolina in località I Làch. (52)
valle incisa nelle rosse rocce calcarenitiche del Membro di Cencenighe (Fm. Di Werfen) e colmata da grossi blocchi di Conglomerato di Richthofen (D=1, R=1, G=1), non risulta conosciuta al pubblico e andrebbe valorizzata nonostante la sua ubicazione al piede della zona impervia del Monte delle Anime nei pressi di Cencenighe. Tutta questa zona, oggi poco frequentata e in alcuni tratti pericolosa, dovrebbe rientrare in un circuito geoturistico in quanto, in uno spazio relativamente ristretto, si possono osservare più fenomeni geologici.
55. Frana de I Piegn. Ubicata nei pressi di Cencenighe alla confluenza della V. del Bióis in quella del Cordevole (E=1), è stata causata dalle abbondanti piogge che nel novembre 1966 hanno causato danni abbondanti in tutto l'Agordino (G=1). Le rocce che formano la nicchia di distacco appartengono alla Fm. di Werfen: si tratta di un classico fenomeno di "scalzamento al piede" (D=0,75) di un versante già predisposto ad instabilità per franamenti.
56. Terrazzo di Le Coste. Le Coste è il nome di una piccola frazione di Falcade raggiungibile da Tabiadon di Canès con strada asfaltata il cui accesso è riservato però solo ai residenti. L'abitato giace su un piccolo terrazzo glaciale (terrazzo di kame) delimitato da una ripida scarpata verso il fondovalle falcadino. Una breve passeggiata permette di arrivare a Somór (Z2=1) in ambiente molto panoramico su tutta la V. del Bióis (Z1=1). Questa superficie pianeggiante antropizzata riveste particolare importanza per la ricostruzione paleogeografica della zona (G=1).
57. Banca delle Fede. Si tratta di una marcata cengia, percorribile con il sentiero n. 755 che da Garés porta al Passo delle Faràngole (Z2=0,25), riservato solo ad escursionisti allenati e con pratica di percorsi di alta montagna, anche se ultimamente attrezzato con corde metalliche. È un elemento particolare noto fin dal passato, in quanto percorso dalle pecore (le fede) che si spostavano dalle montagne agordine a quelle trentine. Si propende per una sua origine sedimentaria, dovuta a interruzione della sedimentazione, ma non è da esclu-
dere una natura tettonica, legata ad una linea di sovrascorrimenti, già indicata da castiGlioni nel 1939 (S=0,50). Ben visibile da molte parti del gruppo delle Pale di San Martino (E=0,50), costituisce un elemento particolarmente significativo e raro (R=0,75) per la sua evidenza alla base della cima delle Fede e quella del Cacciatore (Fig. 14).
14. Il gruppo del Focobón con la evidente cengia alla base corrispondente alla Banca delle Fede (Foto R. Bortoli). (57)
58. Forcella di San Tomaso. La Forcella di San Tomaso costituisce il valico naturale per il transito tra la V. del Bióis e quella del Cordevole: impostata sui calcari permiani della Fm. a Bellerophon, costituisce il naturale prolungamento di altri valichi (Lagazón) impostati al nucleo della cosiddetta anticlinale di Cima Bocche (R=0,5). È un importante punto panoramico verso il massiccio del Civetta (Z1=0,75) ed è facilmente raggiungibile sia da San Tomaso Agordino che da Vallada: numerosi sentieri collegano poi la zona, meta di numerose passeggiate e piacevoli escursioni (Z2=1).
59. Terrazzo orografico Rifugio Bottari. Il Rifugio Bottari (m. 1573), costruito sfruttando le strutture della ex Casera Costazza e gestito dal CAI di Oderzo, giace su un terrazzo orografico appartenente al secondo ciclo del Pliocene Superiore: insieme ad altri presenti nella V. del Bióis (es. Carfón) rappresenta il livello di un antico fondovalle (G=0,75, R=0,25). Si raggiunge facilmente dalla frazione di Molino con il ripido sentiero n. 774 (Alta Via dei
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Fig.
Pastori) o con breve passeggiata dalla località Le Code nei pressi della casera di Valés bassa (Z2=0,50). Il terrazzo si nota da molte località della valle del Bióis (E=0,75).
60. Conglomerati di Valt. Lungo il corso del T. Gavon, nel tratto tra Marmolada e Valt, in sinistra idrografica affiorano lembi di conglomerati attribuibili ad una fase di riempimento della valle del Bióis antecedente la glaciazione dell’UMG. Si tratta di conglomerati tenaci, con grossi blocchi più o meno arrotondati, ben visibili dal sentiero che da Marmolada risale il corso d'acqua (Z2=0,75): di grande valore paleogeografico per la ricostruzione climatica e paesaggistica della zona (G=1), sono simili ad altri conglomerati che si trovano in varie località della V. del Bióis, come Andrich e Tegosa, (R=0,5). meriterebbero di essere inseriti in un percorso geoturistico che ne permetta di apprezzare il loro valore geomorfologico(S=0,25, D=0,75).
61. Terrazzo di Carfón. Si tratta di un terrazzo orografico impostato sulle rocce della Fm. di Werfen, ricoperto da abbondante materiale morenico ad indicare anche l'azione subita durante le glaciazioni quaternarie. Corrisponde ad un antico fondovalle del T. Bióis datato al secondo ciclo pliocenico e risulta ben visibile da molte località del fondovalle (E=0,75). Ha un alto valore paleogeografico (G=1) ed è facilmente raggiungibile sia in automobile che a piedi per la comoda strada che permette di osservare da vicino i vari membri della Fm. di Werfen (Siusi, Oolite e Campill su cui giace l'abitato di Carfón).
62. I Mármoi. Ben visibile da alcune località della conca di Falcade (E=0,75), l'affioramento detto "I Mármoi" è ubicato lungo il fianco destro della Val di Valés: costituito dai bianchi gessi della Fm. a Bellerophon, da cui il nome, è famoso tra i collezionisti di minerali per il ritrovamento di piccoli cristalli di zolfo tra le rocce evaporitiche permiane. È difficilmente raggiungibile per il normale escursionista (Z2=0,25), ma rappresenta un buon esempio didattico (D=0,75) come affioramento tipico della Fm. a Bellerophon sovrastante le Arenarie di Val Gardena. Il sentiero che parte dalla
località Le Code, nei pressi di Casera Valés bassa, permette comunque di osservare da vicino alcune caratteristiche dell'affioramento.
63. Valle secca di Caviola. Le valli secche si formano dall'unione di più doline allineate lungo pendii ed interessano le rocce della Fm. a Bellerophon che in V. del Bióis affiora al nucleo dell'anticlinale di Cima Bocche in varie località. La valle secca di Caviola è forse quella meglio visibile (Fenti et al., 2001) e si trova nei pressi della chiesa della Madonna della Salute (Z2=0,75). Altre valli secche minori si trovano nella zona a nord di Fedèr, nei pressi di Andrich, al Col di Frena, a nord di Cogúl, ecc. In particolare quella di Caviola costituisce, per la sua ubicazione e sviluppo, un buon esempio didattico per queste forme carsiche (D=1).
64. Torcia di Valgrande. Grosso torrione dolomitico che si erge alla testata della Val Strut, tributaria di sinistra della Val delle Comèlle, e della Val Grande (Altopiano delle Pale di San Martino). Molto spettacolare (Z1=1) nella sua unicità (R=1) (Fig. 15), è però difficilmente raggiungibile ed osservabile (Z2=0,25) se non con il sentiero n. 703 adatto ad escursionisti esperti ed allenati.
65. Frane del Monte delle Anime. Il Monte delle anime sovrasta l'abitato di Cencenighe alla confluenza della V. del Bióis in quella del T. Cordevole. La montagna è costituita da una grossa parete calcareo-dolomitica della Fm. di Contrin che sovrasta le grigie bancate della Fm. di Morbiach e le friabili rocce rossastre del Conglomerato di Richthofen. Numerosi crolli hanno interessato la zona: nel 1940 si staccò una grande frana che contribuì a modificare l’assetto geomorfologico della V. del Bióis alla confluenza col Cordevole, seppellendo la strada di accesso alla valle e ostruendo il corso del torrente. Probabilmente si staccarono circa 30.000 metri cubi di roccia. In seguito venne costruita la nuova galleria stradale. Oggi un breve sentiero lungo il corso del torrente permette di osservare da vicino i blocchi rocciosi franati, anche se la zona non è stata valorizzata a dovere per un'eventuale utilizzo a scopo didattico (d=1, g=1, z1=0,25, Z2=0,50).
66. Frana dei lastèi. Si tratta di una superficie
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di distacco di una grande frana per scivolamento corrispondente ai piani di stratificazione delle rocce afferenti il Membro di Campill della Fm. di Werfen. Ubicata nel versante orientale del Monte Vallesella, in località Tamaril alto a quote comprese tra 2050 m. e 2200 m., pur non essendo attiva, viene considerata tale in quanto esiste ancora una massa instabile al suo coronamento (Fenti et al., 2001). Costituisce un buon esempio didattico per quanto riguarda le frane di scivolamento piano (D=1): si osservano chiaramente le gradinature e le fessurazioni che portano al progressivo disfacimento del substrato roccioso. La frana è osservabile dal sentiero n. 689 che sale al Passo di Col Bechèr oltre che da vari punti della vallata del Bióis (E=0,75, Z2=0,50).
67. Frana di Cima Campìdo. La cima Campìdo (m. 3001) si eleva alla testata della Val Focobón e costituisce un elemento caratteristico della coca di Falcade. Formata da D. dello Sciliar clinostratificata, la sua parete settentrionale è stata interessata da numerose frane di crollo, tra cui la ben visibile staccatasi la mattina del 7 ottobre 2009. Come molte altre frane delle Dolomiti (R=0,25) la causa è da ricercarsi nei fenomeni legati al crioclastismo, particolarmente efficace in rocce calcareo-dolomitiche. La nic-
chia di distacco è ancora ben visibile anche dal fondovalle (E=1) e la cicatrice sulla parete costituisce un valido esempio per questo tipo di fenomeni (D=0,75).
68. Frana di Canale d'Agordo. Classico esempio didattico di come un versante strutturalmente predisposto a fenomeni franosi per il suo assetto (versante sud del Col di Frena con strati a franapoggio), possa essere interessato da frane per scalzamento al piede. (D=1). Ben visibile da Canale d'Agordo (E=1), la frana che coinvolge la Fm. Di Werfen (Oolite a gasteropodi) è stata innescata dai lavori di ampliamento della sede stradale nei pressi del ponte sul T. Bióis al bivio per il paese di Canale d'Agordo. Il cedimento del versante è avvenuto il giorno 8 gennaio 2001, interessando anche un edificio. La superficie della frana è stata messa in sicurezza il giorno 13 gennaio 2001 con macchinari specifici, i cosiddetti ragni, per mitigarne la pericolosità, anche se il problema non è stato ancora oggi del tutto risolto. La S.S. 346 venne riaperta il giorno 15 gennaio 2001 ristabilendo così i contatti tra la bassa e l'alta V. del Bióis.
69. Viàz del Bus. Il "Bus" è una piccolo arco roccioso naturale ubicato lungo una cengia, il cosiddetto Viàz, alla testata della V. di Garés. Si raggiunge con il sentiero n. 756a che collega la V. delle Comèlle con la Valbona. Si tratta di un breve percorso che permette di passare attraverso la cavità dopo aver superato un breve ma esposto passaggio su cengia attrezzata con cavo metallico (Z2=0,25). L'ambiente in cui si svolge la traversata è molto suggestivo (Z1=1) e offre scorci panoramici sulla V. di Garés e delle Comèlle.
70. Morena Palafanchina Malga Col di Prai. La V. di Garés ospitava durante l'UMG una lingua glaciale confluente nel ghiacciaio della V. del Bióis nei pressi dell'attuale paese di Canale d'Agordo. Una volta terminata la glaciazione, locali avanzate di piccole lingue di ghiaccio hanno depositato piccoli apparati morenici frontali lungo la valle: è il caso dell'arco che si osserva nei pressi della Malga Col di Prai, prima raggiungere la località Palafanchina: la strada asfaltata, dapprima rettilinea, risale
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Fig. 15. La Torcia di Valgrande (Foto R. Bortoli). (64)
questo accumulo con tornanti, permettendo di osservare i grossi blocchi dolomitici del deposito (Z2=0,75). Datata allo stadio di Gschnitz, possiede un elevato valore paleogeografico (G=1) per lo studio della valle: da segnalare, alle spalle dell'accumulo, la presenza di una zona pianeggiante (Prai) dovuta al sovralluvionamento del Torrente Liera ad opera dell'arco morenico stesso.
71. Pian di Sais. Ripiano ubicato a quota m. 1437 nel versante nord della Cima Pape (Col de i Bòi), si raggiunge dalla frazione di Soia (Canale d'Agordo) per ripido sentiero segnato con il segnavia n. 758. Riveste valore storico per la presenza di antiche miniere di ferro delle quali però oggi non resta traccia.
72. Grotta di Franzéi. Pur essendo ubicata in comune di Rocca Pietore, si raggiunge facilmente dalla V. del Bióis seguendo il sentiero che sale al Lach dei Négher: l'abisso è infatti ubicato nei pressi del piccolo specchio lacustre. Nota anche con il toponimo Buco della Miniera, raggiunge la profondità di 158 metri. (Mietto e sauro, 2000). La grotta è conosciuta da molto tempo ed è stata esplorata per la prima volta nel 1895 da Francesco Tissi e, successivamente, da alpinisti del calibro di Attilio Tissi, Domenico Rudatis, Giovanni ed Alvise Andrich.
73. Circo e morena di Cima Pape. Situato a quota di circa 2020-2040 m. nel versante nord della Cima Pape, questo piccolo arco morenico databile allo stadio di Gschnitz, è stato deposto dalla piccola lingua di ghiaccio alloggiata nelle pareti del circo conservato in rocce vulcaniche nei pressi della cima principale del gruppo e del Col del Nono. La visione migliore si ha dal versante destro della V. del Bióis (Fig. 16), mentre dal fondovalle il ripido versante settentrionale boscoso ne limita la visione (Z2=0,25).
74. Morena di Molino. La Valle del Focobón confluisce in quella del T. Bióis nei pressi di Piè Falcade e Molino: qui è presente una morena lasciata dalla lingua che occupava la valle tributaria sotto forma di grossi blocchi dolomitici, alcuni dei quali ancora ben visibile tra le case e le infrastrutture della zona (C=0,25).
Datata allo stadio Gschnitz (G=1) pur essendo
Fig. 16. Il gruppo di Cima Pape con evidenziato il circo glaciale e l'apparato morenico appartenente allo stadio di Gschnitz. (73)
particolarmente fruibile (Z2=1), non risulta particolarmente studiata se non da Castiglioni (S=0,25) nel suo studio sulla morfologia della V. del Bios pubblicato nel 1926.
75. Andèr del Filón. Situato nella zona delle Comèlle, alla sommità settentrionale dell'Altopiano delle Pale di San Martino, si tratta di una cavità ascendente lunga un centinaio di metri e con un dislivello di 60 metri. La sua particolarità è data dal fatto che si è originata dallo svuotamento di un filone vulcanico medio-triassico (R=0,75), comune in altre zone delle Pale, ma non in quest'area. (Mietto e sauro, 2000).
76. Frana delle Roe. Questa frana ha creato in passato danni notevoli alle frazioni del Comune di Vallada: in occasione di piogge particolarmente intense e nubifragi, la testata del bacino, inciso in tenere e friabili rocce werfeniane ed anisiche, va incontro a intensi fenomeni erosivi con deposito di materiale solido negli abitati. Il bacino si risale con la strada forestale che porta alla Baita Pianezze (Z2=0,5). Da ricordare è la frana scesa il 12 luglio del 1988 con gravi problemi per il fango depositato nelle frazioni di Toffol e Andrich. Si calcola che negli ultimi cinquanta anni si siano verificati almeno sette episodi franosi legati a questo bacino (ManFroi, 1998/a,b,c,D,e).
77. Rif di Valbona. Lungo il sentiero che parte dalla frazione di Le Coste per raggiungere
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Somór si osserva dal ponte che oltrepassa il Rif. di Valbona il passaggio tra le rocce rossastre delle Arenarie di Val Gardena (destra idrografica) ed i gessi permiani che formano il versante sinistro della valle. La località è facilmente fruibile (Z2= 0,75) con comoda passeggiata e qui il passaggio stratigrafico si osserva in dettaglio (D=0,75).
78. Meandro Martina. Situato in prossimità del Lach dei Négher, possiede una lunghezza di una trentina di metri ed è dotato di due ingressi. Riveste solo interesse speleologico. (Mietto e sauro, 2000).
79. Fessura Crépa Rossa. Si tratta di un crepaccio molto profondo e molto stretto: la massima apertura, infatti, non supera il metro e la cavità va restringendosi in profondità dove risulta ostruita da grossi blocchi calcarei. Finora la massima profondità raggiunta dagli speleologi è di 65 metri, anche se la grotta risulta essere molto più profonda. (Mietto e sauro, 2000). La piccola grotta venne esplorata per la prima volta dagli alpinisti Tissi, Rudatis e Andrich.
80. Frana Val Bodin. Grande frana che interessa il fianco nord-orientale del Monte Frena: ben visibile dalla strada che sale alla Forcella Lagazón e dalle frazioni più alte del comune di Vallada Agordina, risalta per il suo aspetto legato alla presenza dei gessi della Fm. a Bellerophon (E=0,75). Non costituisce pericolo per le frazioni di Vallada, anche se materiale detritico può scendere in occasione di eventi piovosi particolarmente intensi.
81. Abisso Guido De Dea alle Comèlle. Dedicata alla memoria dell'alpinista e speleologo agordino Guido De Dea, questa grotta è stata scoperta ed esplorata dagli speleologi del gruppo Proteo di Vicenza. È profonda 138 metri e possiede uno sviluppo spaziale di m. 345. Si apre a quota m. 1642 nel settore settentrionale delle Pale di San Martino (Comèlle). A 70 metri di profondità l'abisso si restringe per la presenza di massi crollati. La cavità ha interesse speleologico e richiede esperienza per essere esplorata. (Mietto e sauro, 2000).
82. Fochetti Focobón. L'altopiano dei Fochetti di Focobón si trova ad una quota media di cir-
ca 2170 metri e si differenzia dalle aspre cime del gruppo delle Pale di San Martino per la sua topografia più dolce. Deve la sua origine a due sovrascorrimenti che portano le rocce vulcanoclastiche della Fm. di La Valle (Wengen) a contatto con la Fm. di Livinallongo e la Fm. anisica di Contrin. Questo altopiano si raggiunge facilmente dal Passo Vallés con il sentiero n. 751 o con i più ripidi sentieri n. 753 e n. 774 che salgono rispettivamente da Casera Focobón e dal rifugio Bottari (Z2=0,75).
83. Busa dei Zínghen. La Busa dei Zínghen è il termine con cui si indica una frana complessa dovuta alla giacitura a franapoggio delle rocce della Fm. di Werfen, nei pressi degli abitati di Fregona e Pisoliva. Gli strati interessati appartengono al Membro di Siusi ed il Membro di Andràz e sono soggetti a fenomeni erosivi di scalzamento al piede. Il movimento è molto antico, come dimostra la vegetazione che ricopre i massi, e parte dell’accumulo è stato asportato dall’erosione del T. Bióis. La Busa dei Zínghen è stata sede di un giacimento di materiale ferroso sfruttato nei secoli scorsi, aumentandone così il valore storico. La zona non è molto conosciuta se non a livello locale (S=0,25) e anche il sentiero che permette di raggiungerla non è segnalato (Z2=0,25): non sono segnalati interventi di ripristino (C=0,25) in quest'area che appare abbandonata (Z2=0,25).
84. Grotta di Casera Valbona. Ubicata nei pressi della casera da cui prende il nome, la 3° cavità ad ovest è costituita da un vano ascendente di una trentina di metri. È indicata con la sigla 3255 V Bl nel Catasto Veneto delle Grotte. (Mietto e sauro, 2000)). L'imbocco è ubicato a quota 1895 metri e la cavità presenta un dislivello positivo ci una decina di metri. Nella zona sono presenti altre due cavità a quota 1890 metri.
85. Grotta di Garés. Si tratta di una emittente temporanea costituita da un meandro ascendente lungo 56 metri. (Mietto e sauro, 2000)
Conclusioni
Dall'analisi della tabella 3 sulla valutazione
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quantitativa dei geomorfositi della V. del Bióis emergono alcune considerazioni: pochi siti sono stati oggetto di studi approfonditi, come la frana delle Marmolade nella zona del Col Bechèr, studiata già da castiGlioni (1926) e descritta in dettaglio da DoGlioni (1992). A Bruno Castiglioni si deve la monografia del 1939 sulle Pale di San Martino in cui vengono fornite dettagliate descrizioni sulla Val di Garés e sul versante settentrionale del gruppo dolomitico. Altri studi sono frammentari e comprendono tesi di laurea inedite o di difficile reperibilità: si capisce quindi che la zona possiede ancora potenzialità per studi di dettaglio che potrebbero essere inseriti nell'ambito di ricerche specifiche. Si nota poi che molti geomorfositi sono localizzati in luoghi che richiedono allenamento e capacità escursionistiche di un certo valore, facendo così diminuire, come già accennato, parte del potenziale geoturistico: molte di queste evidenze geomorfologiche sono comunque ubicate in luoghi dall'alto valore scenico (Pale di San Martino, Cime d'Áuta) che compensano la fatica necessaria per il loro raggiungimento. Emerge inoltre un altro dato caratteristico dalla lettura della tabella; molti siti hanno elevato valore dal punto di vista della paleogeografia in quanto permettono di ricostruire l'evoluzione sia climatica che paesaggistica della zona in esame: tra questi le numerose morene (specialmente stadiali), i rock glaciers ed i terrazzi che spesso presentano una origine composita. Questi ultimi, infatti, corrispondono ad antichi livelli del fondovalle della Val del Bióis e sono stati successivamente sede di depositi morenici di fondo lasciati dall’UMG. La litologia e la tettonica, infine, influiscono sulla valutazione quantitativa dei geomorfositi: essendo la Val del Bióis ubicata in corrispondenza dell'Anticlinale di Cima Bocche, offre paesaggi legati alla presenza di porfidi permiani e gessi del-
la Fm. a Bellerophon nelle zone di Falcade e Vallada: a questa vanno annoverati i fenomeni legati alla solubilità delle rocce con formazioni caratteristiche quali doline e fenomeni franosi anche di notevole estensione. Il valore del potenziale geoturistico della Val del Bióis risulta quindi molto elevato, con zone in quota dove si concentrano evidenze geomorfologiche molto importanti (Pale di San Martino, Cime d'Áuta), anche se non mancano siti di interesse naturalistico e storico anche nel fondovalle: nasce quindi l'esigenza di non disperdere tale potenzialità con la sensibilizzazione degli enti pubblici (Comuni, Provincia, Comunità Montana, Pro-Loco, Fondazione UNESCO) che potrebbero intervenire con la creazione di sentieri "geoturistici" colleganti i vari geomorfositi, pubblicazione di guide e raccolte di dati a disposizione dei turistici che frequentano la vallata agordina. In quest'ottica sono stati inseriti anche siti come le grotte che, seppur raggiungibili solo da persone esperte con adeguate attrezzature, sono descritti nelle pubblicazione a carattere speleologico e sono raggiungibili almeno nei loro ingressi da sentieri escursionistici. Questa pubblicazione, che assume le caratteristiche di un database descrittivo, potrebbe essere usata come punto di partenza per la realizzazione di adeguati percorsi nel bacino della Valle del Bióis e vallate limitrofe.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare la dottoressa Barbara Aldighieri (CNR-IDPA di Milano) per aver contribuito alla realizzazione della Figura 2, Roberto Bortoli di Falcade per aver messo a disposizione parte del proprio materiale fotografico ed il Comitato di Redazione di Frammenti per aver accolto il presente lavoro nella rivista.
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