ALBERTO BERTINI - IL "MARMO NERO" DI RUCAVA'

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IL “MARMO NERO” DI RUCAVÀ

Abstract - An ancient limestone quarry is described. The quarry is located at Rio Pignazza ( Colle Santa Lucia and Livinallongo del Col di Lana) and is named “black marble quarry”. Building stones are part of Livinallongo Formation (Plattenkalke Member).

Key words: quarry, black marble, limestone, Livinallongo Formation, Plattenkalke, Contrin Formation.

Riassunto - In questo breve contributo viene presentata una ricerca su una vecchia cava, ormai non più attiva dagli anni ‘40 del secolo scorso, utilizzata per l’estrazione di calcari scuri, molto tenaci, appartenenti al membro dei “Plattenkalke” della Formazione di Livinallongo. La cava è ubicata sul versante destro del Rio Pignazza, che segna il confine tra i comuni di Colle Santa Lucia e Livinallongo del Col di Lana. In passato ha fornito lavoro a decine di operai provenienti da varie località dell’Agordino. Lo scopo di questa nota è quindi di recuperarne il valore storico, prima che questo vada perduto con il passare degli anni.

Parole chiave: cave, marmo nero, calcare, Formazione di Livinallongo, Plattenkalke, Formazione di Contrin.

* Alberto Bertini - viale Sommariva, 38 - I - 32021 Agordo - e-mail: claraia@libero.it

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Frammenti Conos C ere e tutelare la natura bellunese N. 2 91 - 97 2010

Introduzione

Le attività estrattive hanno rappresentato un aspetto economico molto importante per l’Agordino.

Mentre per quanto riguarda le miniere esistono numerose testimonianze e documentazioni che permettono di approfondirne lo sviluppo e l’evoluzione storica, per le cave la ricostruzione delle loro attività passate non è altrettanto ben documentata. E’ questo il caso di alcune località da tempo conosciute per la loro attività legata all’estrazione di materiale da costruzione e di cui oggi restano solo poche attestazioni, perlopiù legate a tradizioni orali di poche persone. Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, nel secolo scorso, era in funzione una piccola cava nei pressi dell’abitato di Rucavà, frazione di Colle Santa Lucia: era nota ai locali come la cava da cui si estraeva il cosiddetto “Marmo Nero”. Ovviamente il termine marmo non ha lo stesso significato che i geologi attribuiscono alla parola, ovvero una roccia metamorfica derivata dalla trasformazione di un calcare: la popolazione voleva invece indicare una roccia tenace di colore scuro utilizzabile come materiale adatto ad usi edilizi.

La memoria di questo lavoro rivive oggi nei racconti del sig. Agostini Lorenzo, di Rucavà, e della moglie, figlia di Isidoro Codalonga, un lavoratore impiegato in quell’attività: ed è grazie alla loro sensibilità che è stato possibile ricostruire le vicende di questa piccola realtà locale.

Inquadramento geografico

La cava si trova nel versante destro del Rio Pignazza, affluente di sinistra del Torrente Cordevole (Fig. 1). Il corso d’acqua segna il confine tra il comune di Livinallongo del Col di Lana e quello di Colle Santa Lucia, sul versante sinistro. Per raggiungere la zona in cui si svolgeva l’attività estrattiva ci

si può avvalere della vecchia strada di collegamento tra Rucavà e Collaz, anche se, nei pressi della prima località, dopo l’attraversamento di un ponticello di legno, alcuni passaggi su terreno franoso richiedono prudenza ed attenzione. Più facile arrivare dalla mulattiera che parte a sud di Collaz per scendere, nei pressi di un grande prato ove il sentiero svolta a sinistra nella valle del Rio Pignazza in corrispondenza di un fienile ristrutturato, lungo una strada erbosa fino ad un valloncello: una traccia di sentiero porta quindi ad una calchera, in discreto stato di conservazione. Qui il sentiero scende costeggiando le ripide pareti del Rio Pignazza ed arriva in breve alla cava.

Inquadramento geologico

Il cosiddetto “marmo nero”, usato come materiale da costruzione, in realtà è un calcare appartenente al livello basale della Formazione di Livinallongo. Questa formazione ladinica affiora estesamente in tutto l’Agordino ed è stata studiata e descritta in numerosi studi pubblicati già a partire dalla fine del secolo XIX (Buchensteiner Schichten di Von Richthofen del 1860). Originariamente questa unità stratigrafica venne divisa in tre parti, chiamate rispettivamente Bänderkalke Inferiori, Knollenkalke e Bänderkalke Superiori: solo nel 1929 la geologa scozzese Oogilvie Gordon sostituì il termine del primo membro con quello, ancora oggi in uso, di Plattenkalke. Sempre nel 1929 il geologo austriaco Nöth nominò le rocce della parte inferiore della Formazione di Livinallongo come “Plattenkalke des oberen Muschelkalks”, facendo intendere che tali strati potevano essere datati alla fine dell’Anisico. I suoi studi si sono rivelati esatti in quanto oggi i Plattenkalke sono universalmente riconosciuti come il primo membro della Formazione anisico-ladinica di Livinallongo. Ed è proprio a quest’ultima unità che appartengono gli strati rocciosi

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da cui venivano estratte le pietre da costruzione. Si tratta di calcari micritici (a grana molto fine) scuri, a volte neri, spesso più chiari per alterazione, molto tenaci, con laminazioni parallele, alternati a marne o ritmiti bituminose (Viel, 1979). Queste rocce vengono classificate con il termine inglese Mudstone, ad indicare la tessitura fangosostenuta. Sono presenti piccoli fenomeni di “slumping” (franamenti sottomarini), visibili anche nei numerosi detriti ai piedi

della scarpata rocciosa della cava. I calcari si presentano frequentemente fratturati e suddivisi in blocchi geometrici abbastanza regolari. Alla percussione non si nota odore di bitume, come invece si osserva nei calcari scuri (Plattenkalke) della Valle di San Lucano, ma non sono da escludere livelli bituminosi che contribuiscono a rendere di colore ancora più scuro le rocce impregnate. Il valloncello su cui passa la traccia di sentiero che porta da Collaz alla calchera, cor-

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Fig. 1. Localizzazione geografica della cava.

risponde al limite stratigrafico tra la sottostante Formazione del Contrin, costituita da calcari e dolomie massicce, e la Formazione di Livinallongo: la presenza della più antica formazione anisica spiega come mai sia stata costruita una calchera in questa zona. Il limite tra le due formazioni è osservabile affacciandosi, con prudenza, sulla sottostante Valle del Cordevole. Il litosoma dei Plattenkalke testimonia l’annegamento subito dalla piattaforma carbonatica (Contrin), avvenuto circa attorno a 232 milioni di anni fa, al passaggio tra l’Anisico ed il Ladinico. Volendo attribuire un significato biostratigrafico a questi calcari, essi appartengono alle sottozone Hungarites Avisianus e Nevadites Crassus, dai nomi delle ammoniti che sono servite per la suddivisione dei tempi geologici (De Zanche et al., 1993).

Nei pressi del fienile ristrutturato da cui si scende per arrivare alla cava, affiorano anche, sotto gli abeti ai margini della stradina erbosa, calcari nodulari grigiastri, appartenenti ai cosiddetti “Knollenkalke” della Formazione di Livinallongo: si riconoscono facilmente le superfici bioturbate che donano alle rocce il caratteristico aspetto “bitorzoluto” (Knollen).

La Formazione di Livinallongo corrisponde ad un ambiente bacinale soprastante le piattaforme anisiche e circondante le future scogliere ladiniche (Dolomia dello Sciliar): dai pendii di queste ultime franavano blocchi calcarei che venivano risedimentati successivamente come brecce o conglomerati: queste rocce sedimentarie si trovano spesso associate ai calcari di Livinallongo. Scendendo lunga la strada che

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Fig. 2. La parete rocciosa con i “Plattenkalke” della Formazione di Livinallongo da cui venivano estratti i blocchi calcarei.

Fig. 3. Lo sbocco inferiore della galleria scavata nei calcari della Formazione del Contrin. Si nota anche la massicciata a sostegno della strada che conduceva al letto del T. Cordevole.

Da sinistra - Fig. 4. La galleria ostruita da blocchi rocciosi franati. Fig. 5. La punta del martello indica i segni lasciati su questo grande blocco calcareo dagli attrezzi degli scalpellini.

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da Collaz porta al fienile da cui si devia per scendere alla calchera, si osserva un bell’affioramento di queste brecce con clasti grossolani immersi in abbondante matrice calcarea.

Notizie storiche sulla cava di marmo nero

Come già detto, le notizie relative a questa cava non sono numerose e nemmeno facilmente reperibili. Si sa che questi blocchi di calcare scuro erano estratti dalla parete rocciosa per essere depositati in spiazzi antistanti la zona estrattiva (Fig.2). Da qui venivano calati attraverso uno scivolo naturale ricavato dal ripido pendio fino all’imbocco di una breve galleria scavata nelle rocce calcaree della Formazione del Contrin. Di questa struttura oggi restano l’imbocco superiore, difficilmente raggiungibile dalla cava con l’aiuto di corde, e

quello inferiore sul Rio Pignazza (Fig. 3). Quest’ultimo si raggiunge, con non poche difficoltà, da Rucavà, seguendo tracce di sentiero che scorre su una piccola cengia. La discesa è pericolosa in quanto molto esposta e, specialmente in caso di pioggia, molto scivolosa. E’ consigliabile, se non indispensabile, avvalersi di persone che conoscano bene la zona. La galleria da cui venivano calati i massi è ostruita da materiale franato negli anni passati (Fig.4), ma ancora oggi si può notare quanto sia ripida e quanta fatica debba essere costata agli operai. Davanti alla galleria era stata ricavata una strada che conduceva fino al letto del Torrente Cordevole: oggi rimane il muro a sostegno della stessa. Per trasportare i massi (Fig. 5) ci si avvaleva di tronchi usati come slitte: il carico era assicurato da grosse corde e, per evitare perdite di pietre ed incidenti, venivano infissi pali di legno lungo la strada ad intervalli regolari

6. Fotografia gentilmente concessa dal sig. Agostini Lorenzo: si può capire come venivano trasportati i blocchi di “marmo nero”. Sulla destra si nota l’imbocco della galleria. La foto risale al 1934 e gli operai lavoravano per impresa diretta dall’ing. Tebaidi. La sesta persona della foto, a partire da sinistra, è il sig. Isidoro Codalonga, suocero del sig. Agostini.

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Fig.

di qualche decina di metri attorno ai quali venivano fatte girare le corde di ancoraggio (Fig.6). L’attrito generato dallo scorrimento permetteva agli operai di regolare la discesa del carico, rallentando all’occorrenza in situazioni di pericolo. Il “marmo nero”, una volta raggiunta la strada che collegava Caprile con Pieve di Livinallongo seguendo il corso del Cordevole, veniva caricato su camion e trasportato in varie località italiane e straniere. Sembra che questi blocchi calcarei venissero esportati anche in America, come testimoniano oggi i discendenti di ex cavatori. E’ da ricordare che la strada attuale che sale a Digonera è stata costruita tra gli anni ‘50 e’60 in seguito alla costruzione, bloccata a causa dell’evento del Vajont, della diga sul Cordevole a monte di Saviner di Laste. Prima della realizzazione della suddetta strada, i collegamenti con la parte alta dell’Agordino venivano effet-

Bibliografia

tuati lungo la strada, oggi percorribile con breve passeggiata da Sopracordevole fino alla diga incompiuta, che costeggiava il Cordevole.

Oggi la cava e la galleria risultano in completo stato di abbandono e, specialmente gli imbocchi della galleria, possono riservare situazioni di pericolo per una visita: sarebbe quindi auspicabile un recupero di questa realtà locale, poco conosciuta, ma importante per la storia dell’Agordino.

Ringraziamenti

L’autore ringrazia la famiglia del sig. Agostini Lorenzo di Rucavà per le informazioni sulla cava e per l’indispensabile supporto logistico sul campo, il sig Moreno Kerer in qualità di rappresentante dell’Istitut Cultural Ladin Cesa de Jan di Colle Santa Lucia senza il cui apporto questa ricerca non sarebbe stata possibile.

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