ALBERTO BERTINI -GEOMORFOSITI E RISCHIO GEOMORFOLOGICO SUI SENTIERI DI MONTAGNA: ESEMPI IN AGORDINO

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GEOMORFOSITI E RISCHIO GEOMORFOLOGICO SUI SENTIERI DI MONTAGNA: ESEMPI IN AGORDINO

In questi ultimi anni è aumentato l'interesse per l'ambiente naturale di alta montagna e le sue risorse (Roccati et alii, 2009), in particolare per l'area dolomitica diventata dal 2009 patrimonio UNESCO per i suoi valori di unicità geologico-geomorfologica e spettacolarità. La frequentazione del territorio è andata quindi aumentando sia per merito di un turismo scientifico-culturale che per la pratica di nuove discipline sportive, oltre a quelle tradizionali come alpinismo, escursionismo e sci, come ad esempio la mountain bike, il parapendio, il base-jumping, il torrentismo, ecc. Tutto questo ha portato ad una interazione tra il fruitore dei luoghi montani ed il territorio che ormai si protrae per l'intero anno con aumento dei rischi derivati dal clima e dalla dinamicità dell'ambiente stesso. Si rende allora necessario rivalutare i rapporti tra la pericolosità geomorfologica e la vulnerabilità della rete escursionistica senza tuttavia dimenticare il rischio legato a fattori climatici che, specialmente ad alta quota, può variare in tempi relativamente brevi. Per quanto riguarda l'Agordino si è cercato di stimare, in base a ricerche bibliografiche del settore, il rischio geomorfologico di alcuni sentieri, tutti segnati dal CAI e molto frequentati nella stagione estiva, valutandone tratto per tratto i pericoli legati alla natura del terreno e la vulnerabilità in base alla loro struttura, ubicazione e conservazione. I percorsi scelti possono essere definiti come "sentieri geologici", ovvero itinerari che permettono di apprezzare le peculiarità geologiche e geomorfologiche dei principali gruppi dolomitici agordini (Civetta, Pelmo, Pale di San Martino, Marmolada). E' da rimarcare che per essere definito come geologico un sentiero non è necessario che sia sempre segnalato sul luogo come tale: in pratica qualunque percorso di montagna, con o privo di cartellonistica specifica, permette l'osservazione di strutture geologiche e geomorfologiche, meglio comprese se supportate da guide cartacee o conoscenze geologiche anche basilari di geologia. Come detto precedentemente il turismo scientifico-culturale ha portato numerosi escursionisti nell'area dolomitica attratti dalle bellezze e particolarità del territorio: assume allora molta importanza comprendere quella forma di turismo collegato alla visita e frequentazione dei geositi e geomorfositi di alta montagna di notevole valore scenico e culturale. Ne deriva una variazione del rischio gomorfologico in quanto geositi e geomorfositi possono costituire, in alcuni casi, pericolo a causa della loro natura per i fruitori dei percorsi (ad esempio il Còr, nel gruppo delle Pale di San Martino che, pur molto frequentato per la sua particolarità scenica, può costituire un pericolo in caso di terreno ghiacciato o bagnato con rischi di cadute o scivolate).

1) Frana di crollo dalle pareti del Monte Pelmo in data 30 agosto 2011. 2) Frana di crollo dalla Cima Su Alto nel gruppo del Civetta avvenuta il 16 novembre 2013. 3) La frana del grande diedro della Cima Su Alto con i detriti caduti sui sottostanti ghiaioni messi in evidenza dal colore della roccia.


Con il termine "geosito" si intende un'area o una località "che rappresenta in modo esemplare eventi geologici, geomorfologici e regionali; la storia, lo sviluppo e i rapporti geologici, rivestendo la funzione di modelli per un'ampia fascia di territorio o a livello globale. Un geosito è di eccezionale importanza primariamente in base al contesto scientifico e culturale (in quanto in grado di fornire un contributo indispensabile alla comprensione della storia geologica di una regione, stato o continente) ma esso riveste grande interesse anche in relazione al paesaggio, alla biodiversità , all'educazione, alla ricreazione, così come per motivi economici". Da questa definizione, tratta dal sito dell'Associazione Italiana di Geologia e Turismo, si capisce quanto importanti siano i geositi di alta montagna, in particolare quelli che dall'anno 2003 vengono classificati con il termine "geomorfosito" ,introdotto nella letteratura geologica da Panizza e Piacente ad indicare una particolare " forma del paesaggio con particolari e significativi attributi geomorfologici che la qualificano come componente del patrimonio culturale di un territorio". I geomorfositi di alta montagna sono caratterizzati da una notevole geodiversità, da variabilità e dinamica, fattori legati alla elevazione e alla esposizione di zone di rilievo: queste aree hanno la pecularietà di trovarsi relativamente vicine , tali da costituire un vero e proprio laboratorio open-air (Giusti, 2013) per studi a carattere geologico-geomorfologico. I geomorfositi di alta montagna possono essere classificati in due categorie, i geomorfositi attivi, caratterizzati da forme e processi tutt'ora in atto, e passivi costituiti da forme ereditate tipiche di processi non più attivi. Entrambi rivestono un ruolo fondamentale per la definizione del sistema morfoclimatico di una determinata regione: in particolare i geomorfositi attivi sono utili per comprendere e descrivere i processi in atto nel quadro dell'evoluzione paesaggistica, mentre quelli passivi sono di estrema importanza per la ricostruzione climatica del passato. Come controparte i geomorfositi di alta montagna sono caratterizzati da una elevata vulnerabilità, legata a processi di degradazione fisica come, ad esempio, il crioclastismo e le frane, testimonianza di cambiamenti climatici. Nel loro insieme i geomorfositi servono per la ricostruzione della storia geologica di una determinata zona in quanto, per loro definizione, tengono in conto gli aspetti stratigrafici, strutturali, geomorfologici e paleontologici, senza trascurarne la climatologia: il riscaldamento globale porta, come ad esempio nelle Dolomiti, alla fusione del permafrost alterando anche l'aspetto di una determinata risorsa, con crolli di porzioni di roccia che accrescono la quantità di detriti lungo i fianchi delle montagne con incremento della pericolosità dei sentieri frequentati dagli escursionisti.E' interessante notare che catastrofi naturali del passato (es. frana del monte Piz che ha dato origine al Lago di Alleghe ) possiedano oggi elevato valore paesaggistico (Coratza-De Waele, 2012) e costituiscano beni geomorfologici legati ad un alto rischio naturale. I geomorfositi di alta montagna, d'altra parte, possiedono un alto potenziale per lo sviluppo di attività legate al geoturismo per il loro elevato valore estetico per l'importanza storica che rivestono nella storia delle scoperte geologiche nel settore delle Scienze della Terra: si pensi ad esempio alle Dolomiti che hanno rappresentato un laboratorio per la nascita di teorie geologiche nell'arco di oltre due secoli (es. scoperta e studi sulla dolomia, teorie sulle scogliere coralline, teorie sulla dolomitizzazione, ecc.). Da tutto questo si ricava come i geomorfositi di alta montagna possiedano un elevato valore educativo e costituiscano un laboratorio open-air per studenti, ricercatori, turisti.

IL CONCETTO DI GEOMORFODIVERSITA' In questi ultimi anni sono state molte le pubblicazioni scientifiche in cui si è discusso il concetto di geodiversità; non è sicuro quando questo termine venne introdotto per la prima volta nella letteratura


geologica, ma dopo varie descrizioni risalenti anche al XIX secolo sulla conservazione dei beni geologici da proteggere, si arriva al 2002 quando la Australian Heritage Commission descrisse la geodiversità in questo modo "‘‘the range or diversity of geological (bedrock), geomorphological (landform) and soil features, assemblages, systems and processes’’. L'anno successivo è la volta del Nordic Council of Ministers che interpreta il concetto come "‘‘the complex variation of bedrock, unconsolidated deposits, landforms and processes that form landscapes . . . Geodiversity can be described as the diversity of geological and geomorphological phenomena in a defined area’’. Murray Gray (2004), riprendendo le parole della commissione australiana, definisce la geodiversità come " ‘‘Geodiversity: the natural range (diversity) of geological (rocks, minerals, fossils), geomorphological (land form, processes) and soil features. It includes their assemblages, relationships, properties, interpretations and systems’’. Questo concetto viene successivamente espresso da Panizza (Geoheritage, 2009) che introduce il termine "geomorfodiversità" intesa come : "Valutazione critica e specifica delle caratteristiche geomorfologiche di un territorio, paragonandole in senso estrinseco (con quelle di altri territori) ed intrinseco (fra quelle del territorio stesso) tenendo in considerazione la loro qualità scientifica, la scala e lo scopo della ricerca". Con questa definizione assumono molta importanza i cosiddetti valori geologici, a loro volta divisi in estrinseci (spettacolarità, rarità, emblematicità) ed intrinseci (geologia, paleontologia, geomorfologia, paleogeografia e petrografia). E' questo il significato più completo a cui si fa riferimento in questo articolo.

VALORI GEOLOGICI ESTRINSECI

VALORI GEOLOGICI INTRINSECI

SPETTACOLARITA' RARITA' EMBLEMATICITA' GEOLOGIA PALEONTOLOGIA GEOMORFOLOGIA PALEOGEOGRAFIA PETROGRAFIA

FORMAZIONI E PERIODI FOSSILI FRANE, MORENE, CIRCHI SCOGLIERE ROCCE

Tratto da "Progettare le Dolomiti: suggestioni ed esegesi geomorfologiche". Trentino School of management 2011. (modificato) RISCHIO GEOMORFOLOGICO Con l'aumento delle attività turistiche in ambiente di alta montagna (alpinismo, escursionismo, torrentismo, ice climbing, mountain biking, ecc.) legate all'osservazione e frequentazione dei geositi e geomorfositi, assume molta importanza il concetto di RISCHIO: esso è dato dal prodotto della PERICOLOSITA' e VULNERABILITA' e deriva dalle caratteristiche fisiche del territorio: R=H*V dove H = Hazard (pericolo) e V = Vulnerability (vulnerabilità) Panizza (1987, 1988) esprime il concetto di PERICOLOSITA' GEOMORFOLOGICA come "la probabilità che un certo fenomeno di instabilità geomorfologica si verifichi in un certo qual territorio, in un determinato intervallo di tempo". A questo contribuisce l'aumento delle opere ad impatto turistico legate ad esempio allo sci (rifugi, piste, strade e piste di servizio, impianti di risalita, ecc.) costruite anche in zone del terriorio più fragili. Alla pericolosità geomorfologica sono legati gli eventi climatici che influenzano i pericoli


geomorfologici: nell'ambito delle Dolomiti e quindi dell'Agordino, tra questi si ricordano le frane, in particolare quelle di crollo, le colate detritiche (debris flows), le valanghe, l'inondabilità legata ad esondazioni, il crollo di cascate di ghiaccio e gli incendi boschivi che possono alterare il suolo con aumento dei pericoli (crolli di massi o detriti) lungo determinati tratti di sentieri. FRANE Esistono in natura vari tipi di movimenti franosi la cui classificazione, modificata nel corso degli anni, risulta ancora molto complessa. Il principale fattore coinvolto nel movimento di roccia o terra da un versante è la forza di gravità a cui si oppone la resistenza legata all'attrito meccanico e alla coesione che al contrario tende ad unire le particelle, dal singolo granulo agli strati rocciosi veri e propri. Fattori naturali o interventi antropici possono modificare l'equilibrio tra le forza in campo, innescando frane e cedimenti. Abbiamo tre tipi di materiale coinvolto nei movimenti franosi, la ROCCIA, che può essere compatta o interessata da fratture e piani di discontinuità (es. superfici di strato), la TERRA, considerata un mezzo granulare multifase tra le cui particelle ci può essere o non essere acqua, ed il DETRITO, costituito generalmente da materiale grossolano (debris) o più fine (earth). Come specificato precedentemente, esistono vari tipi di frane classificate con metodi diversi: la classificazione più comune è quella di Varnes, risalente al 1978, che conta cinque tipi di movimento: 1) CROLLO 2) RIBALTAMENTO 3) SCIVOLAMENTO (rotazionale e traslazionale) 4) ESPANSIONE LATERALE 5) COLAMENTO (compresi i debris flows) In Agordino, proprio per la complessità geologica del territorio, abbiamo esempi di ciascun tipo. Tutti i fenomeni possono interessare i sentieri modificandone la pericolosità geomorfologica (H=Hazard). Inoltre sono stati presi in considerazione quei pericoli geomorfologici che hanno un ruolo importante nella fruizione dei sentieri escursionistici e dell'ambiente dolomitico, le VALANGHE e le CASCATE DI GHIACCIO. 1) CROLLI (Falls) Appartengono a questa categoria i numerosi crolli che interessano le pareti dolomitiche, aumentati in frequenza in questi ultimi anni a causa delle variazioni climatiche e relativo scioglimento del permafrost. Un meccanismo di fondamentale importanza in ambiente periglaciale dolomitico è il crioclastismo, causato dalle variazioni di temperatura giornaliere e stagionali, che porta al distacco di detriti di dimensioni variabili tendenti ad accumularsi ai piedi delle pareti rocciose con formazione di pendii con accumuli che vengono definiti con il termine talus: possono essere coni di detrito se presentano un apice verso il canalone di alimentazione, o falde di detrito se il deposito interessa l'intera base della montagna. E' proprio da questi accumuli che possono innescarsi le colate detritiche (debris flows), come si vedrà successivamente. Altre cause di fenomeni di crollo sono da imputare allo scalzamento al piede di un versante dovuto ad erosione legata a fenomeni esogeni: questo diventa evidente quando una massa calcareo-dolomitica poggia su un substrato marnoso, gessoso, arenaceo o argilloso facilmente degradabile e dal comportamento plastico. Esempi di questo tipo sono i numerosi crolli che interessano le pareti del Pelmo, della Civetta e della Moiazza, costituite da Dolomia Principale e Calcari Grigi giurassici poggianti sulle erodibili rocce terrigene


della Formazione di Travenanzes: i versanti più tenaci tendono ad arretrare nel tempo in seguito ai fenomeni di crollo con la formazione di cenge (es. Val Civetta), pendii detritici (es. Pelmo) o addirittura veri e propri franamenti di massa (es. Le Stamere nel gruppo della Moiazza).

Crollo dal Monte Pelmo in data 11 settembre 2014 con i detriti caduti sul sottostante ghiaione. Frana di crollo dalla parete del Monte Lastìa del Framont avvenuta nell'ottobre del 2015: si nota come i detriti recenti siano arrivati al corpo di frana, costituito da grossi blocchi, del 1882 nota con il nome Roa de Framont.

2) RIBALTAMENTO (Topple - Toppling) Simili ai fenomeni di crollo, si osservano in versanti rocciosi interessati da fratture e discontinuità strutturali (giunti di stratificazione, fessurazioni, faglie, ecc.). Questo fenomeno è stato osservato anche in detrito e nelle terre e le cause sono le stesse descritte per i crolli, crioclastismo e scalzamento al piede con un ruolo importante esercitato dalla pressione dell'acqua: non costituiscono i tipi di movimento di versante più numerosi in area dolomitica ed agordina in particolare dove si possono osservare alla base delle pareti dolomitiche (come ad esempio ai piedi dell'Agnèr). 3a) SCIVOLAMENTI ROTAZIONALI (Slumps) Interessano sia le rocce che le terre e sono legati alla presenza di una superficie di rottura, in particolare in presenza di terreni a grana grossolano-media o con poca coesione. Con particelle più fini la coesione aumenta per cui la superficie di rottura può raggiungere anche una certa profondità: è questo il caso di fenomeni che interessano le coperture ed i sedimenti sciolti ad alto contenuto argilloso. Esempi di questo tipo di fenomeno sono i dissesti che in occasione di eventi meteorici particolarmente intensi interessano i versanti della Val Fiorentina (Zanuòl, Colmarce). 3b) SCIVOLAMENTI TRASLAZIONALI (Slides) Come nel caso precedente, anche qui sono presenti superfici di rottura che tendono a far scendere il materiale verso valle. Questi tipi di scivolamento sono caratteristici dei versanti a franapoggio, ovvero dove gli strati hanno la stessa inclinazione del pendio, anche se bisogna sottolineare che in particolari situazioni di reggipoggio, ovvero con strati e versante inclinati nel verso opposto, possono verificarsi crolli legati a fratturazione. Esempi di questo tipo sono numerosi in tutto l'Agordino e spesso hanno interessato versanti con infrastrutture con danni alla viabilità, come ad esempio le frane di La Valle, Canale d'Agordo, Laste e la frana che nel 1771 ha dato origine al Lago di Alleghe.


Il Pizèt, nel gruppo delle Pale di San Lucano, è quanto resta dell'enorme frana che nel 1908 ha causato la catastrofe di Pra e Lagunàz nella Valle di San Lucano. Si tratta di un enorme piramide rocciosa in equilibrio precario, destinata a crollare in futuro. Frana per scivolamento traslazionale interessante i calcari della Formazione di Livinallongo (Località Colle Fauzei - La Valle Agordina, aprile 2002). Particolare della nicchia di distacco della frana di ottobre 2015 dalla parete del Monte Lastìa di Framont con la fessura da cui si nota fuoriuscita di acqua. Frana per scivolamento traslazionale in località Digonera avvenuta il 17 marzo 2012 interessante i calcari della Formazione a Bellerophon e le rocce della sovrastante Formazione di Werfen. Frana per scivolamento traslazionale a Canale d'Agordo (anno 2000)


4) ESPANSIONE LATERALE (Lateral Spreads) Si verifica quando masse lapidee fratturate o disarticolate poggiano su un substrato meno resistente causando una subsidenza della roccia sovrastante. Anche in questo caso è importante la presenza di acqua che può causare una variazione delle pressioni neutre all'interno dell'ammasso roccioso. Un esempio classico è dato dalle 5 Torri, in territorio ampezzano, dove la massa fratturata costituita da Dolomia Principale poggia sulle rocce terrigene della Formazione di Travenanzes. 5a) COLAMENTI (Flows) Sono tipici di terreni ad alta componente arenacea o limoso-argillosa come la Formazione di San Cassiano o di La Valle (Wengen). Le masse instabili tendono a scendere lungo solchi erosivi per depositarsi dove la pendenza diminuisce, spesso con un deposito dalla forma a ventaglio. Possono essere presenti più superfici di taglio che, in molti casi, hanno breve durata. La velocità dipende dalla quantità di acqua presente e dal tipo di litologia: anche le dimensioni sono molto variabili. In Agordino frane di questo tipo sono tipiche della parte alta della vallata, come ad esempio la zona di Arabba dove gli affioramenti delle due formazioni sono abbondanti. 5b) COLATE DETRITICHE (Debris Flows). "Miscuglio d'acqua e sedimenti miscelati insieme come se si trattasse di un'unica massa fluida che si muove verso valle guidata dalla forza gravitazionale raggiungendo un'elevata mobilità grazie alla saturazione degli spazi vuoti da parte di acqua e fango". E' questa la definizione che nel 2007 il geologo giapponese Takahashi ha coniato per definire le colate detritiche e che ancora oggi, in maniera semplice ma rigorosa, viene usata dal mondo accademico. Le proprietà dei debris flows sono intermedie tra quelle di un flusso costituito da sola acqua e quelle di una valanga di roccia (rock avalanche) totalmente priva della frazione liquida. Il ruolo dell'acqua è quindi fondamentale in quanto la sua presenza contribuisce ad aumentare la velocità anche in presenza di pendenze del versante non elevate: la velocità può variare da circa 0,5 a 10 m/sec. Nelle colate detritiche si assiste spesso ad ondate successive di durata ed ampiezza variabile: in ognuna di esse si distingue un fronte dove si concentrano i detriti di dimensioni maggiori, un corpo più fluido, spesso saturo con superficie libera e più o meno parallela al fondo dell'alveo (Davies, 1986) ed una coda sottile con accumuli ridotti. Possono essere presenti argini la cui genesi è legata alle tracimazioni dei canali, specialmente in corrispondenza di riduzione della pendenza. Per la formazione di un debris flow occorrono alcuni fattori che devono verificarsi contemporaneamente: Ferro (2006) cita la presenza di materiale detritico non consolidato, acqua in seguito a precipitazioni abbondanti e concentrate, scioglimento della neve ed un versante che possieda una certa pendenza. Si capisce quindi come l'acqua eserciti un ruolo predominante per l'innesco di un debris flow. Le colate detritiche vengono classificate in Hillslope Debris Flows (di versante) e Channelized Debris Flows (canalizzati): i primi si verificano generalmente su versanti non incisi da corsi d'acqua o fossi di ruscellamento caratterizzati da sedimenti poco consolidati, scarsa vegetazione e ripidi pendii. I debris flows canalizzati, invece, si innescano in versanti già incisi da solchi che possono diventare percorsi obbligati per torrenti o valanghe detritiche. Queste caratteristiche diventano quindi importanti per definire il canale e la zona di deposito dei detriti. In Agordino sono numerose le zone soggette a potenziali colate detritiche, in particolare al piede di versanti calcareo-dolomitici dove l'accumulo di detriti dalle pareti soprastanti, legati al crioclastismo e a frane di crollo, dà origine a coni e falde di detrito. Nel gruppo della Civetta-Moiazza i principali sono localizzati nella Val di Vie, in Val dei cantoni, ai Giaroi de le Palanzin (Val Corpassa), ai piedi della Torre Trieste, al Pian della


Lora. Importanti anche gli accumuli lungo i canaloni delle Pale di San Martino-San Lucano, i cosiddetti Borai, in Val di Garès, , nei pressi della Casera Cavallera: infine da ricordare quelli ai piedi del Monte Pelmo e Val d'Arcia,tra cui quello del settembre 1994 che ha portato alla riesumazione del ghiacciaio del Pelmo, e quelli della Valle Ombretta nel gruppo della Marmolada-Cime d'Auta.

Debris flow, colata di detriti, ai piedi del Monte Framont (Listolade) in data 11 gennaio 2016: si nota come sia ingente la quantità di acqua che ha provocato un vero e proprio flusso detritico che ha raggiunto il Torrente Cordevole Colata detritica con materiale recente alla confluenza nel Tegnàs del canalone del Van de Mèz. (Valle di San Lucano) Testata della Valle di Angheràz con vasti accumuli detritici attraversati dal sentiero n. 767 che sale alla Forcella dell'Orsa Versante destro del Van de Mèz (Agnèr) con l'evidente accumulo di versante dalla cui erosione proviene gran parte del debris flow che arriva fino al Torrente Tegnàs (Valle di San Lucano).


Valanga allo sbocco della valle di Mezzocanale tra Cencenighe e Listolade

Valanga allo sbocco del canalone del BorĂ l del Kaval in Valle di San Lucano: qui la neve rimane anche a stagione inoltrata.


VALANGHE - CORRIDOI DI VALANGA Un fenomeno gravitativo che riveste notevole importanza nell'ambiente montano e contribuisce ad aumentare il valore del pericolo e conseguente rischio geomorfologico è sicuramente la valanga. Quando la neve caduta ed accumulata lungo un pendio non è più in equilibrio, la forza di gravità tende a far scendere la massa nevosa lungo i pendii o canaloni rocciosi: nel suo moto verso il basso la neve può trasportare blocchi di ghiaccio, roccia, alberi e manufatti per depositarli a valle nella zona di accumulo. La velocità di discesa di una valanga dipende dal tipo di neve: in presenza di neve bagnata si possono avere velocità di circa 70 km/h, mentre con neve polverosa la velocità aumenta fino a superare, in determinate condizioni, anche i 250 km/h. Per quanto riguarda la morfologia del versante valanghivo, si distingue a quote elevate la cosiddetta nicchia di distacco (starting area) corrispondente di solito a conche modellate a imbuto, a catino (circhi glaciali) o canaloni. Segue il corridoio di valanga (avalanche track) che influisce sulla velocità della massa nevosa e nel quale la neve può rimanere fino a stagione primaverile-estiva inoltrata. A quote inferiori si trova il cono da valanga (avalanche cone) in cui oltre alla neve si deposita il materiale "strappato" al versante durante la discesa della valanga. I sentieri di montagna dell'Agordino, come del resto quelli dolomitici in generale, possono attraversare i versanti corrispondenti a tutti e tre i tipi di morfologia per cui molta attenzione va prestata quando si progetta un itinerario sci-alpinistico o con ciaspe. Anche a tarda primavera o all'inizio della stagione estiva alcuni sentieri possono essere interessati dalla presenza di neve o ghiaccio , con conseguente aumento della vulnerabilità del percorso. Le carte delle valanghe edite dall'ARPAV contribuiscono ad individuare le zone in cui le valanghe sono ricorrenti, per cui dovrebbero essere consultate prima di intraprendere escursioni in certe zone a seconda della stagione. In Agordino numerose valanghe sono ubicate in corrispondenza dello sbocco di canaloni impostati su fratture della roccia in tutti i massicci dolomitici (es. Borai della Valle di San Lucano) o in corrispondenza di versanti con esposizione e pendenza tali da permettere un accumulo notevole di neve (es. Livinallongo del Col di Lana). CASCATE DI GHIACCIO Come in altre zone dell'area alpina, anche nell'area dolomitica lo sport conosciuto come ice climbing, ovvero le scalate su cascate di ghiaccio, si sta sempre più diffondendo in questi ultimi anni. La formazione di queste cascate è influenzata dalle condizioni meteorologiche che fanno sì che ogni anno siano diverse le caratteristiche delle forme che il ghiaccio può assumere: se da un lato questa condizione contirbuisce ad aumentare le "variabili" in gioco della scalata, dall'altro il rischio geomorfologico intrinseco tende ad aumentare in quanto in ogni stagione diversi saranno i percorsi da salire. Comune a tutte le cascate di ghiaccio sono comunque i fattori che ne influenzano la formazione: Motta & Motta (....) ne individuano almeno quattro, la disponibilità di acqua allo stato liquido, forti escursioni termiche per la fusione ed il ricongelamento della neve, una temperatura media inferiore a 0° C. e versanti particolarmente ripidi. In Agordino condizioni ideali per la formazione di cascate di ghiaccio si manifestano in molte aree, in particolare nei Serrai di Sottoguda (Rocca Pietore), la Valle di Garès, ecc. La struttura di una cascata di ghiaccio è molto complessa e deriva da più forme semplici che tendono a riunirsi per dare origine ad una struttura complessa ed articolata (Motta & Motta, ...): tra queste ricordiamo le stalattiti, di varie dimensioni, che, analogamente a quelle delle grotte, tendono a scendere da un bordo di una parete strapiombante. Meno comuni sono le stalagmiti che si formano invece se la sommità del salto roccioso è più calda e non permette l'accumulo di ghiaccio. Esistono poi le colate concrezionate, spesso molto spettacolari, che si formano in corrispondenza di interruzioni del velo d'acqua con gradini o salti rocciosi. L'elevato numero di persone dedite alla pratica dell'ice climbing ha avuto come conseguenza


l'aumento di vulnerabilità e pericolosità di questi luoghi: basti pensare ai recenti incidenti, purtroppo anche mortali, accaduti sulle cascate di ghiaccio dei Serrai di Sottoguda ed è per questo motivo che, anche se questa pratica non riguarda il comune escursionista, sono state inserite anche le cascate di ghiaccio tra i rischi geomorfologici dell'Agordino.

FORRE Si tratta di gole rocciose, spesso impostate su fratture del versante roccioso, legate ad azione erosiva e regressiva delle acque. In Agordino le principali sono il cosiddetto "Orrido delle Comelle", nel gruppo delle Pale di San Martino ed i Serrai di Sottoguda nel gruppo della Marmolada. La prima, collegando l'Altopiano della Rosetta con la Valle di Garès, costituiva durante l'ultima glaciazione una via di deflusso di una lingua glaciale. La gola incide le rocce calcareo-dolomitiche della Dolomia dello Sciliar ed è attraversata da un sentiero ferrato che sale da Capanna Cima Comelle in prossimità delle Cascate di Garès e porta nel lungo solco della Valle delle Comelle. I rischi geomorfologici connessi sono essenzialmente di due tipi: pericolo di crolli dalle pareti rocciose e rischio di esondazione durante periodi particolarmente piovosi in quanto il sentiero scorre sul letto del torrente. A tal proposito si ricorda l'incidente accaduto alcuni anni fa quando un sacerdote, a capo di una comitiva di giovani escursionisti, venne travolto da un'improvvisa onda di piena trovando la morte nei dirupi sottostanti. I Serrai di Sottoguda sono impostati lungo una frattura nel Calcare della Marmolada e sono percorribili da escursioniti o ciclisti che si avvalgono della vecchia strada asfaltata che costeggia il Ru d'Arei. Anche qui i rischi maggiori sono dovuti al distacco di massi e blocchi rocciosi, specialmente nel periodo tardoprimaverile. I Serrai sono frequentati anche in pieno inverno per le numerose cascate di ghiaccio che ne fanno, come si è visto nel paragrafo precedente, una meta di prim'ordine nel campo dell'ice climbing. Altre gole rocciose sono ubicate nelle montagne tra Agordo e Belluno: in particolare la Val Clusa è percorsa da una mulattiera che sale dalla Val Cordevole per diventare un vero e proprio sentiero scavato nella roccia, protetto però da una ringhiera metallica che scende alle opere di captazione dell'ENEL. Altre gole sono quelle della Val Vescovà, il cui fondo è raggiungibile in più punti con sentieri non del tutto agevoli e segnalati, e la Val di Piero percorribile in assenza di acqua fino la punto dove le pareti sembrano toccarsi: qui il rischio di esondazioni da piene improvvise è alquanto elevato.

VULNERABILITA' La vulnerabilità di un sentiero dipende da molti fattori tra cui, comune a tutti, quello legato alle condizioni climatiche: è ovvio che su un sentiero bagnato aumentano i rischi legati a scivolate o cadute ed in particolare, in zone ombrose specialmente nelle ore fredde, la presenza di vetrato su roccia può rendere impossibile anche un'escursione non particolarmente impegnativa. ACCLIVITA' L'acclività di un sentiero fa aumentare la vulnerabilità in base alla pendenza: ai rischi legati alle cadute si sommano i fattori dipendenti dalle condizioni fisiche dell'escursionista. Un ruolo fondamentale è dato dalle condizioni del sentiero, in particolare del suo fondo. Molti sentieri attraversano falde detritiche che, anche se non attive, possono produrre un aumento della vulnerabilità per la presenza di radici esposte con


relativo rischio di inciampare o di scivolare: questo rischio aumenta ovviamente in presenza di tratti esposti (es. sent. su cengia che dalla cascata delle Comelle arriva all'imbocco Orrido omonimo). FONDO DEL SENTIERO Può essere costituito da roccia in posto, detrito grossolano o fine oppure paludoso in corrispondenza di affioramenti di formazioni geologiche ad alta frazione argillosa come la Formazione di Travenanzes o di San Cassiano. Questo fattore influisce sulla vulnerabilità del sentiero quando la pendenza aumenta, come ad esempio nel caso della Forcella dell'Orso, impostata su una faglia che causa una frammentazione dei detriti rendendo il tratto sommitale alquanto scivoloso. Sul fondo del sentiero la presenza di neve o fango può modificarne la sicurezza per cui occorre informarsi delle condizioni meteorologiche prima di percorrere tratti che possono risultare pericolosi. ESPOSIZIONE I tratti esposti di un sentiero possono bloccare l'escursionista che può essere impossibilitato a seguire. Nell'intraprendere un'escursione occorre quindi informarsi preventivamente sulla presenza o meno di passaggi che richiedono assenza di vertigini ricordando che la percezione del vuoto cambia in funzione della pendenza del tratto a valle del sentiero: esempi sono le cenge interposte tra tratti di pareti verticali che, seppur larghe senza ausili artificiali od attrezzate con corde metalliche, possono incutere timore per la sensazione del vuoto. AUSILI E PROTEZIONI Spesso una semplice corda metallica in tratti scivolosi può contribuire a superare le difficoltà di attraversamento in tratti esposti che comunque non vanno affrontati con superficialità. In molti sentieri per superare posti fangosi, piccoli gradini rocciosi o semplicemente per fermare l'erosione degli agenti meteorici o del calpestio degli escursionisti, sono stati inseriti gradini e scale di legno che ne facilitano l'attraversamento in qualsiasi condizione meteorologica: va comunque prestata attenzione in quanto, se bagnati, possono risultare scivolosi. Scale metalliche o pioli in ferro possono aiutare a superare tratti pericolosi (es. Orrido delle Comelle).

Salita al Rifugio Falier verso la Val Ombretta: la comoda e larga traccia risulta qui coadiuvata da protezioni metalliche che permettono di superare questo tratto che potrebbe comunque risultare esposto.

Segnaletica CAI molto comune in tutta l'area dolomitica: essa permette di orientarsi facilmente diminuendo la vulnerabilità dei sentieri.


VEGETAZIONE La presenza di vegetazione contribuisce a limitare l'erosione di un versante in quanto diminuisce l'energia delle gocce d'acqua e le radici tendono a stabilizzare il suolo: dalla decomposizione delle piante derivano poi i nutrienti che lo arricchiscono per cui i vegetali assumono un ruolo fondamentale anche dal punto di vista ecologico. Le principali tipologie vegetazionali sono costituite da alberi, arbusti o erba. La copertura vegetale è utile per gli escursionisti anche in caso di giornate soleggiate e afose. In caso di venti molto forti gli alberi possono venire scalzati dalla loro posizione con sollevamento di terra ed esposizione di radici: questo fenomeno è chiamato sradicamento (in inglese uprooting) e può costituire un fattore di instabilità per i versanti specialmente in tempi lunghi anche se l'asportazione di sedimento è, nel complesso, limitata. PRESENZA DI ACQUA Nell'intraprendere un'escursione in montagna è importante sapere se lungo il sentiero ci si può rifornire di acqua: esistono infatti numerosi percorsi in cui essa manca aumentando il rischio di disidratazione. E' il caso dell'Altopiano delle Pale di San Martino dove, a causa della natura calcarea della roccia e delle numerose fratture che lo solcano, l'acqua si infiltra in profondità per uscire a quote inferiori in corrispondenza di formazioni geologiche impermeabili, come ad esempio nella Valle di San Lucano o di Angheràz. Non bisogna dimenticare che anche eventuali sorgenti lungo il sentiero possono risultare secche o inquinate durante stagioni secche o addirittura siccitose. Per quanto riguarda poi la vulnerabilità connessa al rischio geomorfologico vanno tenuti in debito conto ruscelli, neve fresca che, se da un lato possono essere sfruttati in emergenza, d'altra parte possono costituire un pericolo in caso di abbondanti precipitazioni. STATO DI CONSERVAZIONE DEL SENTIERO Si è adottata una apposita simbologia per rappresentare lo stato di conservazione del sentiero che può essere integro e quindi con un buono stato di conservazione (1 = buono), mediamente buono (2= discreto) o cattivo quando il fondo può presentare rischi elevati come ad esempio un percorso su falde di detrito soggette ad erosione (3= pessimo): quest'ultimo caso può essere dovuto anche a mancata manutenzione o ad eventi meteorici intensi per cui la traccia risulta malagevole o addirittura mancante. ANDAMENTO Il tracciato di un sentiero di montagna dipende anche dal suo andamento: come insegnano le strade militari o le mulattiere si può assecondare la topografia del versante con lunghi tratti quasi rettilinei alternati a tornanti, oppure si possono tracciare percorsi a zig-zag che portano al superamento del medesimo dislivello con tratti più ripidi. Esistono poi sentieri ad andamento sinuoso che attraversano pendii più o meno ripidi assecondandone la morfologia, come ad esempio il sentiero che sale dalla Baita Col Mont (Falcade) alla Forcella dei Negher.

LARGHEZZA La larghezza di un sentiero rappresenta un parametro della vulnerabilità molto importante: seguendo i criteri adottati da Faccini et alii (2007) per zone montane sono state individuate tre categorie di larghezza corrispondenti al transito di una o due persone. La larghezza minima è stimata attorno ai 50 cm. corrispondenti al passaggio di un solo escursionista; da 50 cm. ad un metro la vulnerabilità diminuisce in quanto aumenta la sicurezza legata alla stabilità della persona. Oltre il metro di larghezza, come ad esempio


nel caso di piste di servizio, strade forestali, ecc., il transito è possibile anche a più escursionisti con un maggior fattore di sicurezza anche con pendenze elevate (non bisogna tralasciare però i casi di strade costruite in prossimità di pericoli geomorfologici come scarpate, debris flows, ripe di erosione che ne aumentano il rischio). TIPOLOGIA La vulnerabilità di un itinerario di alta montagna è influenzata dal tipo di percorso : l'apertura di strade e piste di servizio per raggiungere rifugi o appezzamenti di terreno boscoso per la raccolta del legname ha contribuito a diminuire il rischio legato alle difficoltà soggettive degli escursionisti, anche se in alcuni casi i margini delle strade possono essere sede di fenomeni franosi con detrito o crolli se la strada è incisa nella roccia. A volte, al contrario, alcuni sentieri abbandonati sono difficilmente individuabili per la presenza di vegetazione e possono provocare difficoltà di orientamento.

Il sentiero che risale la Val di Frèla da Agordo fino a Don attraversa le testate verticali dei calcari della Formazione di Livinallongo che possono risultare scivolosi in caso di terreno bagnato e ghiacciato. Tra l'abitato di Collàz e Bastiani (Cencenighe) il sentiero si riduce a traccia molto pericolosa in caso di pioggia

Il sentiero che da Piasènt (Agordo) porta a Case Dugon scorre sotto le rocce della Formazione di Werfen che qui affiorano con la classica struttura a reggipoggio (inclinano cioè verso il pendio). Nonostante questa condizione sia indice di stabilità, non bisogna trascurare la presenza di fratture, giunti e litologia che possono provocare crolli e cedimenti.


Frana lungo la Sp. 20 della Val Fiorentina (Bus del Diaol) caduta il, 3 giugno 2006.

Frana nei pressi di Digonera interessante le rocce della Formazione a Bellerophon e Werfen (17 marzo 2012)


Monte Pelmo con la frana che ha causato la morte di due soccorritori intervenuti in aiuto di due alpinisti tedeschi (30 agosto 2011)


GEOMORFOSITI E SENTIERI DI ALTA MONTAGNA : ESEMPI IN AGORDINO Tenendo in considerazione le osservazioni precedenti, si è cercato di individuare zone in cui siano presenti emergenze naturalistiche di particolare interesse geologico-geomorfologico e culturale, tutte possibilmente vicine e quindi osservabili nell'arco di una o più brevi escursioni, una sorta di laboratorio ope-air in cui sviluppare ed aumentare le proprie conoscenze del territorio: la prima scelta è caduta sul gruppo CivettaMoiazza, meta di turismo escursionistico e alpinistico concentrato nei mesi estivi. Il secondo itinerario permette di osservare l'imponente gruppo del Pelmo, attraversandone le estese falde detritiche ai suoi piedi, per arrivare alla Forcella Ambrizzola in territorio ampezzano. Il terzo percorso sale dalla Val di Garès costeggiando il bordo dell'Altopiano delle Pale di San Martino percorrendo il bordo dell'antica scogliera ladinica omonima al contatto tra le vulcaniti triassiche ed i bianchi calcari in zone famose per il ritrovamento di minerali. Di ciascun itinerario sarà calcolato il rischio geomorfologico tenendo in considerazione i pericoli geomorfologici e la vulnerabilità dei sentieri seguendo le indicazioni precedentemente illustrate.

ITINERARIO N1 - DAL PASSO DURAN AL RIFUGIO VAZZOLER

BREVE INQUADRAMENTO GEOLOGICO DEL GRUPPO CIVETTA-MOIAZZA. Il gruppo dolomitico Civetta - Moiazza è ubicato in una zona di estremo interesse paleogeografico, al contatto tra la zona dolomitica occidentale, sede nel Triassico Medio di deposizione di potenti serie carbonatiche depositatesi su una zona di "paleoalto" (Dorsale Badioto-Gardenese) e una orientale, il cosiddetto "Truogolo Cadorino" in cui prevaleva una sedimentazione terrigena detritica, vulcanica e vulcanoclastica legata a condizioni pelagiche (Sudiro, 2016). La linea corrispondente alla Val Badia (Torrente Gadera) e alla Val Cordevole costituisce ancora oggi il limite tra le Dolomiti Orientali e quelle Occidentali. Dal punto di vista geologico il Monte Civetta appartiene alla grande piattaforma delle Pale di San Martino, Pale di San Lucano, Monte Pelsa e Monte Moiazza, riuniti probabilmente un'unica grande struttura a sedimentazione carbonatica. La serie stratigrafica permotriassica parte dalla Formazione a Bellerophon, affiorante solo in poche località a sud del massiccio (Agordo, Torrente Rova) costituita da gessi, dolomie cariate, calcari scuri ricchi in alcuni livelli (T. Rova) del gasteropode Bellerophon. Segue la Formazione di Werfen che consiste in una potente successione di rocce diverse (calcari, marne, siltiti, dolomie, brecce), recentemente suddivisa in dieci membri, affiorante estesamente lungo il fondovalle agordino, in particolare nelle zone di Agordo, Alleghe e Cencenighe. L'Anisico è conservato nella zona meridionale del Gruppo Civetta-Moiazza, in quanto le rocce afferenti a quel piano non sono state interessate dall'emersione e successivo smembramento legato alla Dorsale Badioto-Gardenese, come invece accade per le formazioni coeve del settore settentrionale: la Dolomia del Serla Inferiore forma un esteso bancone che borda il fianco del Monte Framont e termina per contatto tettonico al Pian della Meda: costituisce la prima vera e propria piattaforma carbonatica delle Dolomiti. Nella stessa zona troviamo poi le rocce calcarenitiche della Formazione di Agordo. Seguono i Calcari Scuri di Morbiach classificabili come biomicriti, più o meno arenacee, con tracce di dolomitizzazione: essi rappresentano il passaggio da


condizioni di mare poco profondo, a carattere quasi lagunare, a facies di bacino più profondo in relazione al rapido aumento, durante l’Illirico Superiore, del livello marino. Nel settore settentrionale del gruppo Pelsa e Civetta ricoprono direttamente le rocce della Formazione di Werfen, da cui sono separate dal Conglomerato di Richthofen deposto ai bordi della Dorsale Badioto-Gardenese (es. Val Caldera, Cencenighe, ecc.). La sequenza medio-triassica prosegue con la deposizione della Formazione di Contrin che in questo gruppo assume molta importanza dal punto di vista paleotettonico: infatti a nord della Val Corpassa lo spessore raggiunge quasi cinquecento metri, per poi annullarsi immediatamente a sud di questa valle corrispondente forse ad un grande lineamento strutturale anche se la differenza di spessore potrebbe essere stata causata anche dalla capacità della della piattaforma di produrre carbonato in una zona tettonicamente attiva (Neri & Stefani, 1998). La Formazione del Contrin è costituita da dolomie grigio biancastre o giallastre, dalla struttura microcristallina nella parte bassa della formazione. Verso la sommità aumenta la porosità e le dolomie si presentano meno stratificate che alla base. Fossili caratteristici di questa formazione sono le alghe calcaree dei generi Diplopora e Teutoporella ( Dasycladacee), Tubiphytes (alghe blu-verdi) e Sfinctozoi del genere Olangocoelia. Verso la sommità la Formazione di Contrin mostra i segni di annegamento dovuto a cause di tipo eustatico o a movimenti di tettonica distensiva che hanno interessato una vasta porzione delle Dolomiti: l'evento è testimoniato dalla deposizione dei calcari anossici della parte basale della Formazione di Livinallongo, il cosiddetto Membro dei Plattenkalke: a questo si sovrappongono i calcari nodulari appartenenti al Membro dei Knollenkalke che presentano livelli di rocce tufitiche dal caratteristico colere verde (Pietra Verde). Nell'area del Civetta seguono quindi i depositi di piattaforma carbonatica della Dolomia dello Sciliar (Anisico-Ladinico) e della Dolomia Cassiana (LadinicoCarnico). Nel gruppo del Monte Alto di Pelsa sono stati individuati (Sudiro, 2016) quattro fasi di crescita di queste piattaforme, ognuna evidenziata da sedimenti bacinali, depositi pelagici e superfici di esposizione subaerea. L'età della Dolomia dello Sciliar varia da 242,3 a 237,1 m.a. e dal punto di vista biostratigrafico, la formazione viene divisa in 5 zone a cui corrispondono diverse faune ad ammoniti: affiora, nel gruppo del Civetta-Pelsa soprattutto lungo il fianco occidentale del massiccio (versante agordino), dalla zona del Monte Coldai fino alla Val Corpassa. La Dolomia Cassiana, chiamata un tempo "Dolomia dello Sciliar superiore", è caratterizzata dal fatto che,a causa di un cessato movimento di subsidenza del fondo marino, i corallari e gli altri organismi biocostruttori ripresero a produrre abbondante carbonato di calcio accrescendo così queste piattaforme carbonatiche che si espansero in senso laterale con progradazione laterale: la Dolomia Cassiana affiora, nel gruppo del Civetta-Moiazza-Pelsa-Framont al Monte Coldai, al Monte Crot e al Framont. Sopra i depositi di piattaforma affiora, in una fascia pressochè continua che parte dalla Val Civetta(Forcella di Col Rèan) fino alla Busa del Camp nel gruppo del Framont, la Formazione di Travenanzes: si tratta di rocce litologicamente differenti tra cui prevalgono alternanze di argille, marne, arenarie, gessi, dolomie e selci. Spesso sono presenti dei conglomerati ( es. Passo Duran) con elementi della sottostante serie dolomitica fino alle rocce del Basamento Metamorfico Sudalpino, ad indicare una tenace opera di erosione fluviale. Questa formazione geologica riveste un ruolo fondamentale nell'evoluzione del paesaggio del gruppo del Civetta-Pelsa-Moiazza, in quanto, essendo facilmente erodibile dato l'elevato contenuto argilloso, crea le condizioni favorevoli per l'innesco di crolli e frane dalle soprastanti pareti di dolomia e calcare ed in alcuni casi, come ad esempio nella zona detta Le Stamere ai piedi della Moiazza, genera frane di notevoli dimensioni. Nell’ arco di tempo compreso tra 223 e 215 milioni di anni fa nella zona dolomitica, a seguito di una vasta trasgressione che interessò l’intero bacino mediterraneo, il mare iniziò a sommergere le precedenti formazioni e vennero ad instaurarsi condizioni di acque poco profonde: le vaste piane di marea che si vennero a creare furono l'ambiente ideale per la deposizione della Dolomia Principale che oggi affiora nella parte inferiore delle grandi pareti del Civetta, Cantoni di Pelsa, Moiazza al di sotto delle ripide pareti calcaree che formano la sommità di questi gruppi. Nella dolomia cristallina si rinvengono con estrema facilità fossili di bivalvi appartenenti ai generi Megalodon e Dicerocardia e di


gasteropodi del genere Worthenia. Alternate a queste dolomie si rinvengono nella Dolomia Principale livelli di fanghi ormai trasformati in roccia che conservano ancora le tipiche strutture poligonali tipiche del sedimento in via di essiccamento, a testimoniare fasi di emersione in queste piane di marea. La serie stratigrafica del gruppo del Civetta si chiude con i Calcari Grigi giurassici: la Dolomia Principale verso la sommità diventa più friabile e, in corrispondenza di piccoli livelli di brecce indicanti un parziale arresto delle condizioni di sedimentazione, passa gradualmente ai soprastanti calcari, suddivisi in due parti sovrapposte (Retico la parte inferiore della successione, di età più difficile da determinare, forse Domeriano quella superiore). Oltre alle brecce affiorano livelli marnosi di colore verdastro e calcareniti contenenti foraminiferi: spesso si rinvengono breccioline che indicano locali e brevi emersioni del rilievo, antichi isolotti erosi dalle tempeste. Si tratta quindi di rocce carbonatiche che indicano condizioni di acque poco profonde, formatesi per compattazione delle ooliti in zone prossime alla battigia. Affiorano nella parte alta dei massicci del Civetta e della Moiazza e spesso sono interessati da fenomeni di sovrascorrimento .

GEODIVERSITA' estrinseca

FORME DEL PAESAGGIO

SUDDIVISIONE FORME Morfotettostatica

Forme strutturali

intrinseca

ESEMPI Parete N.O. Civetta Cantoni del Pelsa Torri del Civetta Graben del Framont Faglia Forcella de l'Ors

Morfotettodinamica (energia del rilievo)

Forcella dell'Ors

Morfolitologia

Pian de la Lora La Lora Val Civetta Morene Val Civetta, Van delle Vasse, Piani di Pezzè. Circhi glaciali (Van delle Sasse) Val Civetta

Passato

Forme climatiche

Presente

Giazèr Ghiacciaio Cristallo Le Stamere, Col di Pass

Passato Fenomeni franosi Presente

Torre Su Alto, Torre Venezia, Debris Pian de la Lora, Giaroi del Palanzin


UNITA' DI SENTIERO U.S.1 Da Passo Duran al bivio strada forestale per Rifugio Carestiato U.S.2 Dal bivio strada forestale al Rifugio Carestiato U.S.3 Dal Rifugio Carestiato alle Stamere U.S.4 Dalle Stamere al bivio per Casera Camp U.S.5 Dal bivio per Casera Camp alla Forcella Camp U.S.6 Da Forcella Camp ad innesto Alta Via n.1 U.S.7 Da innesto Alta Via n.1 a Forcella Torretta dell'Orso U. S. 8 Da Forcella Torretta dell'Orso a Col Palanzin (forcella) U. S. 9 Da Col Palanzin ai Giaroi del Palanzin U.S.10 Dai Giaroi del Palanzin al bivio con strada forestale per il Rifugio Vazzoler U.S. 11 Dal bivio con strada forestale per il Rifugio Vazzoler al Rifugio Vazzoler.

SENTIERO PASSO DURAN - RIFUGIO VAZZOLER

Punteggio VulnerabilitĂ

Rischio H*V

Valore del Rischio

Punteggio Hazard

UnitĂ Sentiero

U.S.1

2

3

6

Medio

Ruscellamento diffuso e concentrato nella Fm. Di San Cassiano

U.S.2

4

1

4

Basso

Debris Flows e valanghe alla testata della Val di Vie

U.S.3

5

3

15

Medio

Crolli dalla Pala del Belia, colate detritiche, valanghe alle Stamere

U.S.4

4

3

12

Medio

Debris Flow e valanghe in Val dei Cantoni

U.S.5

2

3

6

Medio

Coperture detritiche non attive e valanghe localizzate

U.S.6

5

3

15

Medio

Crolli in roccia, orli attivi di scarpate, valanghe diffuse

U.S.7

4

5

20

Alto

Debris Flows e valanghe

U.S.8

4

4

16

Alto

Debris Flows e valanghe

U.S.9

2

3

6

Medio

Passaggi fangosi nella Fm. Di Travenanzes

U.S.10

5

3

15

Medio

Debris Flows estesi, valanghe

U.S.11

4

1

4

Basso

Debris Flows sotto la Torre Trieste, valanghe

Pericoli geomorfologici


1420

153

590

US.6

1860

-73

560

US.7

1761

-100

1060

X

X

US.8

1700

-61

530

X

X

US.9

1460

-240

880

US.10

1430

-30

1230

X

US.11

1714

284

2190

X

Vegetazione

0

1933

Inc. versante

1780

US.5

2,3

5

2

1

1

1,2

2

3

1,2,3,4

2

1,2

2

3

1

1,2

1

3

3

5

2

1

1

2

2

3,4,5

Vegetazione

4

Acqua

US.4

2

X X X

3,4

Materiali

560

Conservazione

-54

Protezioni

1834

3

Esposizione

US.3

1,2

Larghezza

1800

Acclività

54

Andamento

1780

1,2,3

Tipologia

US.2

1,2

Ruscellamento

Lunghezza (m) 540

Valanghe

Dislivello (m) 179

Debris Flows

Quota (m) 1601

Frane

Unità Sentiero US.1

1

X

X

4,5

X

X

4

5

2

1

2

2

1

2,4,5

3,4

2

2,3

X

4

4,5

2

1

2

2

1

4

1,2

2

2,3

X

4

5

2

1

2

2

1

4,5

2

4

5

3,2

1

3

3

1

4,5,1

2

4

4,5

3,2

1

2

2

1

3,4,5

2

4

4,5

2

1

2

2

2

3,4

2,3,4

X

4

5

2

1

2

2

1

4,5

3,4

X

2

2

2

3

1

1,2

1

3

3

X

Cantoni di Pelsa e Busazza (gruppo del Civetta)

2

1,2,3

2

2

3

3

1,2

2,3


TAVOLA 1

7

1

2

3

4

5

6

8


TAVOLA 2

5 1

1

2

3

4

6


TAVOLA 1 1. Accumulo detritico capace di generare fenomeni di debris flow in caso di piogge particolarmente intense. Sullo sfondo si notano il monolite del Campanile dei Pass e la Croda Spiza. 2. Dai pressi del Rifugio Carestiato si ha una visuale completa sul vecchio sentiero n.554 che scorre sugli accumuli detritici ai piedi dei contrafforti della Pala delle Masenade e della vasta frana detta Le Stamere: si notano i numerosi fenomeni di crollo e dovuti alle differenti litologie delle pareti rocciose. La Dolomia Principale poggia sulle rocce più friabili ed erodibili della Formazione di Travenanzes, qui evidenziata dal colore rossastro e netta stratificazione. Questo tratto può essere evitato con il sentiero, segnalato anche nei pressi del Rifugo Carestiato, che aggira gli accumuli franosi. 3. L'accumulo detrito del Col dei Pass su cui è ubicato il Rifugio Carestiato: si nota il sentiero che taglia le pendici detritiche. 4. Il sentiero n.554 ai piedi della Pala delle Masenade tra grandi accumuli franosi, con grossi massi nel tratto in cui è richiesta particolare attenzione. Oggi è possibile aggirare questo settore con il percorso che dal Rifugio Carestiato porta alle Stamere attraverso il bosco eliminando il rischio di crolli dalle pareti sovrastanti il vecchio sentiero. 5. Superata la Forcella del Camp, il sentiero taglia le pendici detritiche della Pala del Camp per addentrarsi nella Val Corpassa: sono evidenti i fenomeni di crollo che interessano le ripide pareti in Dolomia Principale. 6. Panoramica del sentiero n. 554 che dalla Forcella del Camp (a destra) attraversa la zona detritica delle Risine per arrivare alla Forcella del Col d'Ors: si nota la Pala del Camp ed il caratteristico Tridente del Camp. 7. Una corda metallica facilita il passaggio su roccia prima della breve salita alla Forcella del Col de l'Ors: risulta molto utile in caso di neve o roccia bagnata. 8. Questo passaggio del sentiero, pur non essendo molto esposto, può scoraggiare a prima vista, ma la corda metallica e la solidità della roccia permettono di superare agevolmente il tratto prima della Forcella del Col de l'Ors.


TAVOLA 2

1. In vista della Forcella del Col de l'Ors: si osserva molto bene il sentiero n.544 che attraversa la vasta cengia alla base della Torretta dell'Ors con il passaggio ferrato evidenziato nel cerchietto. Sullo sfondo si nota la Torre Venezia. 2. Dalla Forcella del Col Palanzin si ha una panoramica del tratto dell'Alta Via (sent. n. 544): si nota la Forcella del Col de l'Ors con la faglia che mette a contatto le rocce della Formazione di Travenanzes con le dolomie ladiniche. 3. La Forcella del Col de l'Ors, impostata su una frattura: in questo tratto il rischio di scivolare è legato al tipo di suolo ghiaioso soggetto anche a fenomeni di ruscellamento superficiale. 4. La zona dei Giaroi del Palanzin: si nota la grande quantità di detriti che possono essere messi in movimento in occasione di fenomeni atmosferici particolarmente intensi. 5. Particolare della falda detritica alla testata dei Giaroi del Palanzin. 6. La strada che risale la testata della Val Corpassa porta al Rifugio Vazzoler risalendo lungamente il pendio denominato La Mussaia. Sullo sfondo i Cantoni di Pelsa.


ITINERARIO n.2 DA FORCELLA STAULANZA ALLA FORCELLA DI AMBRIZZOLA

BREVE INQUADRAMENTO GEOLOGICO DEL MONTE PELMO E ZONE LIMITROFE Il massiccio del Monte Pelmo è costituito principalmente da rocce carbonatiche (Dolomia Principale e Calcari Grigi) e rocce terrigene (Formazione di Travenanzes) di età compresa tra il Triassico ed il Giurassico. Il percorso qui descritto attraversa anche rocce più antiche nella zona del Col de la Puina, rappresentate dalla Formazione del Monte Fernazza, una successione vulcanoclastica, ovvero derivante dallo smantellamento ed erosione di edifici vulcanici (Predazzo e Monzoni) ubicati nel Ladinico nell'attuale area dolomitica occidentale. Quando, durante il Carnico, cessarono definitivamente i movimenti tettonici, le acque, tornate limpide, permisero la produzione di sedimenti carbonatici: nacquero così nuove piattaforme di mare poco profondo costituite dalla Dolomia Cassiana. Nella zona dell'itinerario questa formazione geologica costituisce il Monte Crot e le pareti ai piedi del Monte Pelmetto chiamate Croda Toronda. Alternati a queste piattaforme di mare basso si formarono bacini più profondi in cui si depositarono le rocce della Formazione di San Cassiano. Nell'area della Val Fiorentina affiora anche un'altra unità carbonatica, la cosiddetta Formazione di Heiligkreuz, un tempo chiamata Formazione di Dürrenstein, interpretata come una formazione geologica che, a causa dell'abbassamento del fondo marino, contribuì al riempimento dei bacini cassiani. Molto importante per la geologia del Monte Pelmo e zone limitrofe è la Formazione di Travenanzes, la vecchia Formazione di Raibl, costituita da diversi litotipi, calcari, dolomie, gessi, arenarie e siltiti, affiorante alla base del massiccio montuoso: indica un ambiente non più francamente marino, ma una zona caratterizzata da acque poco profonde con locali episodi di emersione con lagune tipo sabka. Tra la fine del Norico ed il Retico l'ambiente tende ad uniformarsi e, in zone tidali (piane di marea simili all'attuale Wattemeer tedesco) si deposita la Dolomia Principale la cui sedimentazione, organizzata in cicli ripetuti, rispecchia le fluttuazioni del livello del mare. La parte inferiore del Monte Pelmo è costituita da queste rocce ricche, in alcune zone, di fossili caratteristici come il Megalodon e la Worthenia: in questo massiccio la potenza è stata stimata in circa 500 metri (Del Longo et alii, 2000). Con il Retico si depositò in questa zona il Calcare di Dachstein che, con uno spessore di circa 100 m (Del Longo et alii, 2000), costituisce la fascia mediana del Monte Pelmo. La serie stratigrafica si chiude con il Gruppo dei Calcari grigi che affiorano sul Pelmo nella parte sommitale solo con la Formazione del Monte Zugna (Neri, 2007). La deposizione di quest'ultima unità è legata all'apertura, già evidenziata nel Giurassico Inferiore, dell'Oceano Atlantico e dell'Oceano Ligure-Piemontese che porterà alla formazione di grandi bacini e piattaforme di mare meno profondo tra cui quella di Trento, sulla quale si depositarono le rocce del Monte Pelmo.


GEODIVERSITA' estrinseca

FORME DEL PAESAGGIO

SUDDIVISIONE FORME Morfotettostatica

Forme strutturali

ESEMPI Parete del Pelmo La Fisura Col de la Puina Forcella Ambrizzola Forcella della Puina

Morfotettodinamica Morfolitologia Passato

intrinseca

Forme climatiche

Rock Glacier Malga Prendera Rock Glacier Bec de Mezodì Ghiacciaio Pelmo

Presente

Passato Fenomeni franosi Presente

UNITA' DI SENTIERO U.S. 1 Forcella Staulanza - Inizio ghiaioni del Pelmo U.S.2 Falde detritiche del Monte Pelmo U.S. 3 Fine ghiaioni - Rifugio Città di Fiume U.S. 4 Rifugio Città di Fiume - Forcella della Puina U.S.5 Forcella Puina - Forcella Roan U.S. 6 Forcella Roan - Malga Prendera U. S. 7 Malga Prendera - Forcella Col Duro U. S. 8 Forcella Col Duro - Forcella Ambrizzola

Falde detrito Pelmo Debris Flow Pelmo 1994


Medio

Radici esposte

U.S.2

4

3

12

Medio

Debris flows, falde detritiche instabili, valanghe

U.S.3

2

3

6

Medio

Radici esposte

U.S.4

2

1

3

Basso

Mulattiera con piccolo fenomeno franoso, valanghe

U.S.5

3

3

9

Medio

U.S.6

2

3

6

Medio

Frane superficiali, ruscellamenti diffusi e concentrati nella Fm. di La Valle, valanghe Traccia segnalata sicura, nessun pericolo, valanghe

U.S.7

2

3

6

Medio

Sassi, sentiero ciottoloso, valanghe

U.S.8

4

3

12

Medio

Rock Glacier e falde di detrito attive, valanghe

Frane

3,4

1

3

2,4,5,6

1

2

1

4

2,4,5

2

1

1

1,2,

1,2

3,4

2,3,4

2

1,2,3

3,4

5

1,2

1,2,3

1

2

1,2

2,4

2,3,4

2,3

1,2,3

4

5

1,2

1,2

1

2

1,2

3,4

1,2

2

1,2,3

X

4

5

2,3

1

2

2

2,3

1,2,3,4,6

1,2

2

1,2,3

X

4

2,4,5

2,3

1

1,2

2

2,3

4,5,6

1

2

1

X

4

5

1,2

1

2

2

2

4,5,6

1

2

1

US.3

118

760

US.4

116

1620

X

X

US.5

-35

500

X

X

US.6

149

1370

US.7

142

830

US.8

-13

690

X

X

2

1

Vegetazione

Vegetazione

4,5

2

Inc. versante

1,2

2

Acqua

1,2

1,2

Materiali

1

1

Larghezza 1

2

1200

Acclività 2

5

1100

20

Andamento 4,5

4

17

US.2

Tipologia 4

US.1

Ruscellamento

Conservazione

X

Protezioni

X

Pericoli geomorfologici

Esposizione

Valanghe

6

Debris Flows

3

Dislivello (m)

Rischio H*V

2

Unità Sentiero

Punteggio Vulnerabilità

Valore del Rischio

Punteggio Hazard

Unità Sentiero U.S.1

Lunghezza (m)

SENTIERO PASSO STAULANZA - FORCELLA AMBRIZZOLA


TAVOLA 3

1

2

3

4

5

6

7

8


TAVOLA 4

1

2

3

4

5

6


TAVOLA 5

1

2

3


TAVOLA 3 1. Il sentiero n. 472 attraversa le imponenti falde detritiche ai piedi del Monte Pelmo, sede di debris flows e fenomeni di instabilità. 2. Si nota come questo tratto di sentiero possa essere soggetto a fenomeni di instabilità, in particolare colate detritiche anche di ampie dimensioni. 3. Prima di risalire verso il Rifugio Città di Fiume il sentiero supera una vecchia frana costituita da grossi blocchi dolomitici. 4. Il Rifugio Città di Fiume. 5. Superato il Rifugio Città di Fiume, il sentiero n.467 diventa una comoda mulattiera pianeggiante ai piedi del Col de la Puina. 6. Piccolo fenomeno franoso lungo la mulattiera n. 467 prima di arrivare alla Forcella de la Puina. 7. Forcella de la Puina con l'omonima montagna sullo sfondo. Chiude lo scenario il Monte Pelmo. 8. Tra la Forcella Roan e la Forcella de Col Roan la Formazione di La Valle è sede di fenomeni franosi superficiali che interessano il sentiero n. 467.


TAVOLA 4 1. Particolare del sentiero prima della Forcella de Col Roan con un tratto franoso interessante le rocce della Formazione di La Valle. 2. In vista della Malga Prendera con il Beco de MezodĂŹ e la Forcella Col Duro sullo sfondo. Si notano fenomeni di creep (movimento superficiale lento del terreno) sul dosso in primo piano. 3. Il sentiero n. 467 con il Col de la Puina ed il Monte Pelmo sullo sfondo: anche in questo tratto si osservano fenomeni di creep. 4. Salendo alla Forcella del Col Duro si nota il Rock Glacier della Casera Prendera attraversato dal sentiero n. 467. 5. Forcella Col Duro. 6. Il sentiero n.436 ai piedi del Beco de MezodĂŹ attraversa estese pendici in cui la copertura detritica si sovrappone alle rocce della Formazione di Travenanzes.


TAVOLA 5 1. Forcella Ambrizzola, impostata sulle rocce rossastre della Formazione di Travenanzes. 2. Particolare del sentiero nei pressi della Forcella Ambrizzola in cui è evidente la componente argillosa della Formazione di Travenanzes, causa di fenomeni di erosione e ruscellamento superficiale. 3. Il Monte Pelmo.


ITINERARIO N.3 GIRO DEL SASS NEGHER (PALE DI SAN MARTINO) BREVE INQUADRAMENTO GEOLOGICO DEL GRUPPO PALE DI SAN MARTINO (SETTORE NORD) Con una superficie di circa 200 km2, gruppo delle pale di San Martino-San Lucano costituisce uno dei massicci di scogliera più estesi dell'intera area dolomitica. E' ubicato in una zona estremamente interessante dal punto di vista geologico, al contatto di tre aree ben distinte: la scogliera vera e propria rappresentata dalle Pale, le zone bacinali giurassiche e cretaciche delle Vette Feltrine e la zona metamorfica della Cima d'Asta (Lucianetti et alii, 2016). Sopra il basamento metamorfico, affiorante estesamente nel settore meridionale delle Pale (Agordo, Cereda, Vanoi) poggia la serie stratigrafica che va dal Permiano in facies continentale (ignimbriti, Arenarie di Val Gardena) a quello caratterizzato dalla Formazione a Bellerophon indicante l'inizio della trasgressione marina: essa affiora con gessi e calcari della cosiddetta Facies Fiammazza estesamente nel fianco occidentale del gruppo (Passo Valles, San Martino di Castrozza, Passo Rolle, ecc.). Segue la Formazione di Werfen che nel massiccio delle Pale di San MartinoSan Lucano affiora con tutti i suoi membri ed orizzonti: è questo un aspetto molto significativo in quanto in altre aree delle Dolomiti la formazione werfeniana è stata erosa in più parti a causa del sollevamento di una grande isola, la cosiddetta Dorsale badioto-gardenese. In Val Badia, nella zona del Sassongher, l'erosione ha intaccato la sottostante Formazione a Bellerophon. E' proprio dallo smantellamento di questo grande rilievo che derivano gli accumuli di ciottoli che danno origine al Conglomerato di Richthofen,anisico, affiorante con diversi spessori in molte parti del massiccio come ad esempio in Valle di Garès o Val Focobòn. A questa fase erosiva seguì una serie di movimenti tettonici che portò alla deposizione dei calcari scuri di Morbiach, di aspetto nodulare,che oggi vediamo affiorare in molti settori delle Pale tra cui la Valle di San Lucano, la Valle del Torrente Bordina , in Valle di Garès, nella zona di San Martino di Castrozza, ecc. Con la successiva Formazione del Contrin inizia la sedimentazione carbonatica con piattaforme che si fratturarono in seguito a movimenti tettonici: nacquero così piccoli bacini in cui si depositò la Formazione di Moena, caratterizzata da brecce di pendio (es, Pònt in Val Bordina). La Dolomia dello Sciliar è la formazione geologica che costituisce l'ossatura principale del gruppo: in realtà non tutte le Pale di San Martino e San Lucano sono costituite da dolomia: esistono infatti delle zone calcaree che sono sfuggite alla dolomitizzazione sulle cui cause ancora oggi non tutti gli scienziati sono concordi. Anche il sentiero qui proposto, alla testata della Valle delle Comelle attraversa quello che un tempo era il bordo della scogliera con il pendio originario ancora ben conservato (es. Pale dei Balconi) verso il mare aperto: qui le rocce sono calcaree, probabilmente anche in relazione alla vicinanza di zone vulcaniche come Campo Boaro ed il Sass Nègher. Altri lembi calcarei non dolomitizzati sono evidenziati dalla presenza di fenomeni carsici quali grotte, campi solcati, doline (altopiano Rosetta, Miel, Le Larghe, ecc.). Nella zona dell'altopiano della Rosetta, a est di San Martino, è da segnalare la presenza di Dolomia della Rosetta, ben stratificata e con giunti stilolitici evidenti, interpretata come facies interna di scogliera.


GEODIVERSITA' estrinseca

FORME DEL PAESAGGIO

SUDDIVISIONE FORME Morfotettostatica

ESEMPI Pale di San Lucano Pale di Balconi

Forme strutturali

Morfotettodinamica Morfolitologia

intrinseca

Passato

Forme climatiche

Campo Boaro (lave e scogliera) Conche glaciocarsiche Marùcol Testata Valle di Garès Morena Pian delle Comelle Terrazzo di Kame di Malga Stia

Presente

Solchi carsici (Rillenkarren, Karren) tra Campo Boaro e Passo Antermarùcol

Passato

Accumuli di frana di Campo Boaro

Presente

Canaloni di Valanga nei pressi di Casera Valbona

Fenomeni franosi

UNITA' DI SENTIERO

U.S. 1 Capanna Cima Comelle - Forcella Cesurette U.S. 2 Forcella Cesurette - Campo Boaro (innesto sent. 756) U.S. 3 Campo Boaro - Passo Antermarùcol U.S. 4 Passo Antermarùcol - Casera Valbona U. S. 5. Casera Valbona - Innesto sent.756


U.S. 6 Innesto sent. 756 - Capanna Cima Comelle

SENTIERO CAMPO BOARO Valore del Rischio

3

1

3

Basso

Piccoli orli di scarpata, mulattiera

U.S.3

2

1

2

Basso

Mulattiera in roccia, ponte di legno, un breve tratto un po’ esposto

U.S.4

2

3

6

Medio

Sentiero ciottoloso, radici affioranti

U.S.5

4

3

12

Medio

Debris Flow, canalone valanga

U.S. 6

2

2

4

Medio

Bosco, sentiero zig-zag, ponticello in legno

US.5

-103

1010

US.6

-347

1320

1

1

1,2,4

1,2

3,4

3,4

2850

3

2,3

2

2,3

1,2

4

2

1,2,3,6

1,2

-67

1660

3

2

2

2

1,2,3

2,4

1

1,6

1

-551

2650

4

2,3,5

2

1

1,2

2

1,2

1,3,4,6

1,2,3

4

5

1

1,2

1

2,4

2

3,4

1,2,3

4

3

2

1

1

2,4

1

3

3,4

X

X

Vegetazione

2

Materiali

4

X

Ruscellamento

4

Valanghe

Conservazione

US.4

Protezioni

US.3

Esposizione

466

Larghezza

US.2

Acclività

1980

Andamento

468

Tipologia

US.1

Vegetazione

U.S.2

Inc. versante

Bosco, sentiero zig-zag, ponticello in legno

Debris Flows

Medio

Frane

6

Lunghezza (m)

3

Dislivello (m)

2

Unità Sentiero

U.S.1

2

3

2,5

2

1,2

5

2,3

1

2

1,2,3

2

1,2,3

2

3

Acqua

Rischio H*V

Punteggio Vulnerabilità

Punteggio Hazard

Unità Sentiero

Pericoli geomorfologici

2


TAVOLA 6

1

2

3

4

4

5

7

6

8


TAVOLA 7

1

2

3

4

5

6


TAVOLA 6 1. Forcella Cesurette con la Casera Campigat dalla mulattiera n.761 che sale a Campo Boaro. Sullo sfondo il gruppo della Marmolada. 2. Il pendio delle Pale dei Balconi con le originarie clinostratificazioni salendo a Campo Boaro. Questo è un ottimo luogo per osservare la geologia delle Pale di San Lucano (in secondo piano) con la Val di Gardès impostata al contatto tra la scogliera delle Pale e le rocce bacinali ricoperte da lave rocce vulcanoclastiche del Monte Prademur. 3. La mulattiera n. 761 taglia le rocce calcaree delle Pale dei Balconi verso il Marùcol. 4. Particolare della mulattiera tagliata nella roccia clinostratificata 5. Rocce calcaree su cui passa il sentiero n. 761 verso il Marùcol. 6. La mulattiera procede sempre in sicurezza scavata nella roccia calcarea verso il Passo AnterMarùcol. 7. Prima di arrivare al Passo AnterMarùcol la mulattiera n. 761 taglia in quota il pendio delle Pale dei Balconi: è larga e sicura e, anche se sembra molto esposta, non presenta particolari problemi. Sullo sfondo la Valle di Garès. 8. Un piccolo ponte di legno aiuta nel passaggio di un ripido canalone, spesso pieno di neve e ghiaccio anche a stagione inoltrata, impostato su una frattura della roccia.


TAVOLA 7 1. La mulattiera n. 761 dai pressi del Passo AnterMarùcol: si osserva come essa tagli in quota le rocce clinostratificate delle Pale dei Balconi, corrispondenti all'originario pendio sottomarino della piattaforma settentrionale mediotriassica delle Pale di San Martino. Il ponte di legno facilita notevolmente il passaggio dello stretto canalone spesso pieno di neve e ghiaccio. 2. Il Passo AnterMarùcol. 3. Dal Passo AnterMarùcol il sentiero n. 756 scende verso la Malga Valbona alla testata della Valle di Garès con tornanti ed andamento sinuoso. 4. In discesa verso la Malga Valbona dominando la Valle di Garès. 5. Sentiero n. 756 con tornanti e fondo costituito da detriti di piccole e medie dimensioni. 6. Il discutibile bivacco costruito nella piana di Malga Valbona nei pressi dell'omonima malga ai piedi del Sass Négher.


LEGENDA TABELLA RISCHIO GEOMORFOLOGICO SENTIERI - VULNERABILITA' CARATTERISTICHE SENTIERO TIPOLOGIA 1)Strada asfaltata 2) Strada sterrata 3) Mulattiera 4) Sentiero 5) Tracce ANDAMENTO 1) Rettilineo 2) Sinuoso 3) Tornanti 4) Zig-zag 5) Forme miste ACCLIVITA' 1) Nulla 2) Bassa 3) Alta LARGHEZZA 1) < 50cm. 2) Tra 50 cm. e 1 metro 3) > 1 metro ESPOSIZIONE 1) Nessuna 2) Non esposto 3) Esposto PROTEZIONI - ELEMENTI ANTROPICI 1) Strutture turistiche 2) Indicazioni turistiche 3) Strutture protettive ausiliarie 4) Elementi in muratura, legno, acciaio, ecc.

CONSERVAZIONE 1) Buono 2) Discreto 3) Pessimo


MATERIALI FONDO, TIPOLOGIA 1) Roccia coerente 2) Roccia fratturata 3) Materiali sciolti fini 4) Materiali sciolti medi 5) Materiali sciolti grossolani VEGETAZIONE SENTIERO 1) Erba 2) Arbusti 3) Alberi 4) Radici affioranti PRESENZA DI ACQUA 1) Sorgenti 2) Ruscelli 3)Torrenti 4) Laghi 5) Neve o ghiaccio CARATTERISTICHE VERSANTE INCLINAZIONE VERSANTE 1) 0° - 30° 2) 30° - 60° 3) > 60° VEGETAZIONE VERSANTE 1) Erba 2) Arbusti 3) Alberi


BIBLIOGRAFIA Bollati I. et alii. - Geomorphological mapping for the valorization of the alpine environment. A methodological proposal tested in the Loana Valley (Sesia Val Grande Geopark, Western Italian Alps). J. Mt. Sci, 14, 6: 1023-1038, 2017. Bozzoni M., Pelfini M. - Pericolosità geomorfologiche e vulnerabilità lungo i sentieri turistici dell'ambiente alpino: proposta metodologica per la loro individuazione e rappresentazione. In "Piccazzo, Brandolini e Pelfini, Clima e rischio geomorfologico in aree turistiche, Patròn Editore, Bologna 2007. Brandolini P. et alii - La valutazione della pericolosità geomorfologica. In "Piccazzo, Brandolini e Pelfini, Clima e rischio geomorfologico in aree turistiche, Patròn Editore, Bologna 2007. Brandolini P. et alii - Valutazione del rischio geomorfologico lungo un percorso di grande valenza geoturistica: la "Via dei Tubi" nel parco di Portofino. In "Piccazzo, Brandolini e Pelfini, Clima e rischio geomorfologico in aree turistiche, Patròn Editore, Bologna 2007. Coratza P., De Waele J. - Geomorphosites and Natural Hazards: Teaching the Importance of Geomorphology in Society, GEOHERITAGE, 4(3), pp. 195 - 203, 2012. Davies T. R. H. - Large debris flows: a macro-viscous phenomenon. Acta Mechanica 63, 161-178, 1986. De Fino G. e Morelli U. a cura di - DOLOMITI. Paesaggi in rete. Per una vivibilità attiva delle Dolomiti. Materiali di Lavoro|tsm, Trentino School of Management, 2011.

Del Longo M. et alii - Geomorfologia Del Monte Pelmo. Centro Valanghe di Arabba, 2001b. Ferro V. - La sistemazione dei bacini idrografici. Mc Graw Hill, Milano, 2006. Giusti, C., Reynard, E., Bollati, I., Cayla, N., Coratza, P., Hoblea, F., Ilies, D., Martin, S., Megerle, H., Pelfini, M., Regolini, G., Sellier, D., Zorn, M. A new network on mountain geomorphosites. Geophysical

Lucianetti G. et alii - Preliminary conceptual model of an Alpine carbonate aquifer (Pale di San Martino, Dolomites, Italy). Modello concettuale preliminare di un aquifero carbonatico alpino (Pale di San Martino, Dolomiti, Italia). Acque Sotterranee - Italian Journal of Groundwater - AS17- 199: 27 - 36, 2016. Motta L. e Motta. M. - La valutazione del rischio geomorfologico negli sport all'aria aperta. In "Piccazzo, Brandolini e Pelfini, Clima e rischio geomorfologico in aree turistiche, Patròn Editore, Bologna 2007. Murray Gray - Geodiversity: Valuing and Conserving Abiotic Nature, John Wiley & Sons, 2004.

Neri C et alii - Carta Geologica d'Italia alla scala 1:50.000 foglio 029 Cortina d'Ampezzo, 2007


Panizza M. - Geomorphological Hazard Assessment and the Analysis of Geomorphological Risk, Intern. Geomorph., 1, J.Wiley & S., London, 1987. Panizza M. a cura di – Manuale di Geomorfologia applicata. Franco Angeli Editore, Milano, 2005. Panizza M. - The Geomorphodiversity of the Dolomites (Italy): A Key of Geoheritage Assessment. Geoheritage, Volume 1, 1, pp 33–42, 2009. Panizza M. Progettare le Dolomiti: suggestioni ed esegesi geomorfologiche. Università di Modena e Reggio Emilia. In DOLOMITI. Paesaggi in rete. Per una vivibilità attiva delle Dolomiti. Materiali di Lavoro|tsm, Trentino School of Management, 2011. Pelfini M. et alii - Pericolosità geomorfologiche ed elementi di vulnerabilità. In "Piccazzo, Brandolini e Pelfini, Clima e rischio geomorfologico in aree turistiche, Patròn Editore, Bologna 2007. Pelfini M., Smiraglia C. - Incremento del rischio geomorfologico e turismo naturalistico. Il caso del "Sentiero Glaciologico" della Valle dei Forni. In "Piccazzo, Brandolini e Pelfini, Clima e rischio geomorfologico in aree turistiche, Patròn Editore, Bologna 2007. Reynard E., Coratza P. - The importance of mountain geomorphosites for enviromental education: examples from italian Dolomites and the Swiss Alps. Acta geographica Slovenica, 56-2, 2016, 291–303, 2016. Roccati A. et alii - (2009) – Geomorphological hazards in mountain touristic environment: the case of Mt. Penna and Mt. Aiona areas (Ligurian-Emilian Apennine, Italy). Epitome Geoitalia 2009. VII Forum Italiano di Scienze della Terra. Rimini, 9-11 settembre 2009, vol.3, 419, 2009. Takahashi, T. - Debris flows; mechanics, prediction and countermeasures. s.l.:Balkema, 2007. Sudiro P. - Middle-Triassic carbonate platforms sequence at Monte Alto di Pelsa (Dolomites, North East Italy). 83a Riunione Estiva Società Geologica Italiana, At Chieti, 2006.



ESEMPIO DI LEGENDA (SEMPLIFICATA) PER CARTE DEL RISCHIO GEOMORFOLOGICO

RISCHIO BASSO

RISCHIO MEDIO

RISCHIO ALTO

UNITA' DI SENTIERO

PUNTO DI ARRIVO E PARTENZA


ESEMPIO DI SIMBOLOGIA PER CARTE DEL RISCHIO GEOMORFOLOGICO

PERICOLO DI CADUTA ROCCE

PRESENZA DI DETRITO SUL SENTIERO (SCIVOLOSO!)

DEBRIS FLOW (COLATA DI DETRITO)

CANALONE DI VALANGA

PRESENZA DI RADICI SUL SENTIERO (SCIVOLOSO!)

STRADA LARGA E COMODA CHE PERMETTE IL PASSAGGIO A PIÙ PERSONE

FRANA SUPERFICIALE CON PRESENZA DI TERRA, FANGO E CIOTTOLI


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