Valentino haute couture f/w 2013/14
Dicembre 2012 - WEB Album N°2
GLOBAL LUXURY DOSSIER MFGS 2012_FIRENZE
Dossier speciale di MFF dedicato all’analisi dei mercati internazionali del lusso in occasione dell’edizione di Firenze dell’MFGS-Milano fashion global summit di dicembre 2012. Sotto i riflettori il Giappone, gli Usa, il Brasile, la Russia e la Cina
II
MF fashion
venerdì 30 novembre 2012
in ediCola Con MF Un grande POrTFOlIO Per SVelare Il FUTUrO della creaTIVITà made In ITaly, rITraTTa neI SUggeSTIVI SPazI dI VIlla necchI camPIglIO nel cUOre dI mIlanO
women spring/summer 2013 interview
trend
hit list
the best
alexander wang tomas maier @Bottega veneta damir doma anna molinari @Blumarine isaBel marant
smoKing Please! ChiC PlexiFiCato lady oP art-à-Porter vedo nudo
il risiKo del made in italy Brand new duelli di moda Buyer, le Pagelle
Calvin Klein tom Ford Fendi dolCe & gaBBana Prada valentino dries van noten
Il primo e unico magazine che racconta la moda In diretta è un progetto
una divisione di
venerdì 30 novembre 2012
MFF w w w. m f f a s h i o n . i t
III
MF fashion
Magazine For Fashion
Nella foto, da sinistra, Margherita Missoni, Delfina Delettrez Fendi, Bianca Brandolini d'Adda, Andrea Incontri, Anna Dello Russo e Fausto Puglisi in uno scatto di Stefano Roncato
INTERNATIONAL
EDITION
UN GRANDE PORTFOLIO PER SVELARE IL FUTURO DELLA CREATIVITÀ. NEW ICONIC. FIGLIA DEI CONTEST. OSANNATA DAL WEB. RITRATTA NEI SUGGESTIVI SPAZI DI VILLA NECCHI CAMPIGLIO. NEL CUORE DI MILANO, DOVE TUTTO È INIZIATO
VI
MFGS-Milano Fashion Global Summit
Convegni
Firenze porta in scena il nuovo lusso globale
Dopo l’evento dedicato alla Cina lo scorso settembre, oggi l’MFGS-Milano Fashion Global Summit accende i riflettori su tre realtà fondamentali per i luxury goods: Usa, Giappone e Brasile. Grazie alle testimonianze di numerosi manager e personalità internazionali. Pagine a cura di Natalia Chebunina e Fabio Gibellino
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re big per tre diverse dinamiche. Oggi a Firenze, nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, è di scena l’edizione 2012 del MFGS-Milano Fashion Global Summit, evento organizzato da Class editori con The Wall Street Journal, Cnmi-Camera nazionale della moda italiana, Bank of America Merrill Lynch, intitolato «La conferma degli USA, il ritorno del Giappone e la promessa del Brasile». Dopo la Cina, protagonista del summit di Milano dello scorso autunno (vedere MFF dell’8 e dell’11 settembre), il nuovo MFGS ha cercato quindi di prendere in considerazione tre realtà fondamentali per i luxury goods, che hanno costruito e che alimenteranno il mercato dell’alto di gamma. Così, dopo l’introduzione ai lavori che sarà affidata a Paolo Panerai (direttore e ceo di Class editori), Mario Boselli (presidente di Cnmi-Camera nazionale della moda italiana), Marco Morelli (vicepresidente Emea Gcib–Italy country executive di Bank of America Merrill Lynch Italy) e Gaetano Marzotto (presidente di Pitti Immagine), saliranno sul palco
i principali esponenti del mondo del lusso. Punta di diamante dell’edizione sarà Valentino Garavani, che dall’alto della sua formidabile carriera spiegherà come sta cambiando il mondo dell’haut de gamme. Ma non solo, perché allo stilista seguiranno altri pezzi da novanta dello stile, come Yves Carcelle, vicepresidente della Fondation d’Entreprise Louis Vuitton pour la Création, che farà il punto sul monogramma alla conquista del mondo, o la maison Salvatore Ferragamo, che per bocca del suo ceo, Michele Norsa, racconterà il savoir-faire italiano alla conquista del mondo. E poi ancora Brunello Cucinelli, presidente e fondatore dell’omonima griffe, che illustrerà i segreti di un modello di impresa etica e responsabile, e Renzo Rosso, presidente di OTB-Only the brave, che svelerà i segreti di un modello di imprenditoria senza confini. Mentre Marco Tronchetti Provera, presidente di Pirelli, parlerà di the Cal, iconico calendario che per l’edizione 2013 ha scelto proprio il Brasile come cornice alle sue immagini raffinate. La tornata del made in Italy avrà poi protagonisti Michele Tronconi (pre-
sidente di Smi-Sistema moda Italia), che parlerà dello scenario italiano del tessile, e Franco Penè (presidente e ceo della italo-giapponese Gibo) che discuterà su come possono convivere la produzione made in Italy e la creatività globale. Per la parte finanziaria del dibattito, invece, saranno di scena prima Lisa G. Clyde (head of Americas retail investment banking managing director di Bank of America Merrill Lynch), che illustrerà i cambiamenti del mercato internazionale del lusso. Poi toccherà a Eno Polo (presidente Emea di Alpargatas), a Stefano Sacchi (ceo di Giuliano Fujiwara) e a Paola Durante (direttore di Investment banking division e Head of the corporate broking Italy di Bank of America Merrill Lynch) spiegare gli investimenti globali e il valore del brand. Mentre come approcciare i mercati del lusso sarà un tema affrontato da Luca Arnaboldi (senior partner di Carnelutti studio legale associato) e Chiara Altomonte (general manager di CONSEA executive search). I protagonisti del simposio invece, cioè Stati Uniti, Giappone e Brasile, saranno raccontati in pri-
Un’immagine della sfilata Salvatore Ferragamo primavera/estate 2013
fashion
Tutti i protagonisti del MFGS 2012
Valentino Garavani
Chiara Altamonte
sul sito WWW.MFFASHIon.com un web album speciale dedicato ai mercati del lusso: giappone, stati uniti, Brasile, Russia e cina
mis da Claudio Piovesana (associate publisher Europe, WSJ Magazine), che svelerà il mercato del lusso negli Usa, Brasile e Giappone visto dal Wall Street Journal. Soprattutto ora che al di là dell’Atlantico non esiste più il consumatore puro di lusso: perché chi può permettersi di spendere mille dollari per un paio di stivali, infatti, vuole anche acquistare magliette a 20 dollari (fonte: American research centre affluenza). Quindi si aggiungeranno le esperienze di Mark Lee, ceo di Barneys New York e Stephen Sadove, anima si Saks. I due saranno protagonisti di un faccia a faccia sulla distribuzione, due colossi a confronto per capire come questo ambito sta cambiando. Laddove per la fascia di gamma più alta, occorre fornire un’esperienza legata anche ad aspetti propri dell’arte e del design, cioè qualcosa di unico. Perché il lusso esperienziale oggi vale il 55% circa dell’intero mercato mondiale ed è in ra-
pida crescita: il 50% più veloce (fonte: Boston consulting group Luxe Redux: Raising the bar for Selling of Luxuries, 2012). Quindi Pedro Lourenço (stilista) accompagnerà gli ospiti nell’avanguardia di moda che arriva dal Brasile, mentre Mônica Mendes (presidente di Mônica Mendes Communications) illustrerà i confini potenziali del mercato brasiliano. Infine lo sguardo sul futuro, il nuovo mondo digitale tra fiere, musei ed entertainment, verrà dibattuto da Francesco Bottigliero (ceo di FieraDigitale/e-Pitti.com), Antonio Tomarchio (fondatore e ceo di Beintoo) e da Giancarlo Giammetti (Fondatore del Valentino Garavani virtual museum). Perché oggi l’online, secondo una ricerca di Altagamma–McKinsey observatory, vale il 3,3% del mercato del lusso globale e sta crescendo a un ritmo tre volte più rapido rispetto al totale del mercato del lusso personale. (riproduzione riservata)
Laureata in psicologia all’Università degli studi di Torino, nel 2004 entra in Consea aprendo la prima filiale estera e iniziando il processo di intenazionalizzazione della società di headhuntig. Dal 2009 gestisce anche la nuova divisione Fashion&Retail, focalizzata nella ricerca di talenti nel settore della moda, in Italia e all’estero.
Mario Boselli Presidente della Cnmi-Camera nazionale della moda italiana, ha cominciato la sua attività nel 1959 nell’azienda di antica tradizione serica del padre, la Carlo Boselli di Garbagnate Monastero. Oggi è il punto di riferimento per la moda italiana nel mondo, ambasciatore e nume tutelare del made in Italy, cura i rapporti internazionali della Cnmi e ha sviluppato una solida rete di legami per le passerelle italiane.
Stilista, fondatore dell’omonima casa di moda da cui si è ritirato nel 2008. Considerato tra i maggiori creatori del mondo, celebre per il suo rosso e per aver vestito attrici, celebrities e icone mondiali, è stato insignito dei titoli di Cavaliere di Gran Croce in Italia e Chevalier della Légion d’Honneur in Francia e riconosciuto con numerosi premi. In questi giorni è protagonista di una grande mostra a Londra, «Valentino: Master of couture» alla Somerset house, che racconta proprio la sua maestria nell’universo dell’alta moda.
Luca Arnaboldi Avvocato, senior partner di Carnelutti studio legale associato. Si occupa di finanza nei settori lusso, immobiliare, media. È tesoriere dell’American chambers of commerce in Italia dal 2010. Luca Arnaboldi è professore a contratto di diritto industriale e della concorrenza presso la LIUC, Università Carlo Cattaneo di Castellanza.
Francesco Bottigliero È amministratore delegato di Fiera Digitale, società fondata e controllata assieme a Pitti Immagine, con cui ha creato e lanciato e-Pitti.com. Ovvero ha trasportato nella realtà digitale la fiera toscana dando la possibilità ai singoli marchi di potersi raccontare attraverso web-stand in grado di mostrare la collezione senza vincoli di tempo e di location. Il progetto ha raccolto grandi consensi di pubblico.
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MF fashion MFGS-Milano Fashion Global Summit
Yves Carcelle Oggi è vicepresidente della Fondation d’enterprise Louis Vuitton pour la création. È stato presidente e ceo di Lvmh Fashion Group.
Lisa G. Clyde Responsabile della divisione Retail investment banking di Bank of America Merrill Lynch; ne presiede il Global diversity committee Usa.
Brunello Cucinelli Presidente e ad di Brunello Cucinelli e del Teatro Stabile dell’Umbria; è consigliere di Pitti Immagine Firenze e della Fondazione Altagamma.
martedì 4 dicembre 2012
fashion
Paola Durante Managing director della divisione banking di Bank of America Merrill Lynch è anche responsabile in Italia del dipartimento di corporate broking.
Giancarlo Giammetti
Mark Lee Ceo di Barneys New York dal 2010. In passato è stato dirigente da Gucci, Yves Saint Laurent, Jil Sander America, Giorgio Armani e Saks Fifth Avenue.
Marco Morelli È vicepresidente EMEA e country executive Italy di Merrill Lynch International-Milan branch e Merrill Lynch international bank.
Claudio Piovesana Editore associato per l’Europa del Wsj magazine, la rivista sul lusso del Wall Street Journal, è anche direttore direttore vendite multimedia.
Stephen Sadove Laurea all’Hamilton College e MBA con lode presso la Harvard business school, è presidente e amministratore delegato di Saks incorporated.
Pedro Lourenço Stilista brasiliano. Con un passato insieme ad Alber Elbaz da Lanvin; nel 2010 ha lanciato il suo brand. Ha collaborato con Swarovski e Melissa.
Michele Norsa Dal 2006 è amministratore delegato e direttore generale di Salvatore Ferragamo. In precedenza aveva diretto Valentino fashion group.
Eno Polo Dal 2008 è presidente di Alpargatas EMEA, responsabile del business di Havaianas e Dupé per Europa, Medio Oriente e Africa del Nord.
Antonio Tomarchio Laurea in ingegneria matematica al Politecnico di Milano e in Scienze dell’ingegneria a l’école centrale de Paris, è fondatore e ceo di Beintoo.
Gaetano Marzotto Presidente di Pitti Immagine e del gruppo Santa Margherita, è anche vicepresidente di J.Hirsch & Co. Milano e figura nel cda di Zignago Vetro.
Paolo Panerai È ceo di Class editori Spa, da lui fondata nel 1986. Oltre che azionista di controllo è anche direttore responsabile di tutte le testate giornalistiche.
Renzo Rosso Fondatore di Diesel è presidente del gruppo OTB-Only the brave, al quale fanno capo Maison Martin Margiela, Viktor&Rolf e Staff international.
Marco Tronchetti Provera Maggiore azionista, presidente e ad di Pirelli, è anche vicepresidente del Cda di Mediobanca-Banca di Credito Finanziario.
Mônica Mendes
Storico socio di Valentino Garavani sin dalla fondazione della maison valentino, ha fondato e creato il Valentino virtual museum.
Esperta nel settore delle pubbliche relazioni e communications strategy in Brasile, è presidente di Monica Mendes communications.
Franco Penè Insieme a Onward Kashiyama ha fondato la Gibo, di cui è anche presidente e amministratore delegato, specializzata in produzione moda deluxe.
Stefano Sacchi Dal mese di aprile 2012, e dopo oltre un decennio trascorso in azienda, è amministratore delegato della maison Giuliano Fujiwara.
Michele Tronconi Laureato in Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano, oggi è presidente di Smi-Sistema moda Italia. (riproduzione riservata)
Un look Pedro Lourenço
venerdĂŹ 30 novembre 2012
MF fashion
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Il Giappone mostra i muscoli Il Sol Levante, colpito nel 2011 da una serie di calamità, ha rialzato la testa e continua a essere il punto di riferimento per il mercato mondiale dei luxury goods
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emmeno uno dei più disastrosi terremoti della storia è riuscito a fermare il Giappone. Eppure quando l’11 marzo 2011 arrivò il sisma del Tohoku, seguito da uno tsunami che distrusse la centrale nucleare di Fukushima, il colpo di grazia sembrava inferto senza pietà. E l’arcipelago del Sol Levante sembrava ormai destinato ad abbandonare il grande palcoscenico del mondo che conta, già provato da una profonda crisi economica interna, quella del 2005, da quella planetaria del 2008 e a cui andava sommato un debito pubblico enorme. Invece nulla di tutto questo, perché la patria dei samurai, come aveva detto Armando Branchini, segretario di Altagamma: «Ha dimostrato una reattività incredibile, emozionale, psicologica e ricostruttiva. È riuscito in pochissimo tempo a mettere a posto i danni causati dalla tragedia come prima e meglio di prima». Ma non solo, perché, a fronte di un dramma nazionale non ancora del tutto risolto, stiamo parlando della radioattività nella zona di Fukushima, tre settimane dopo il disastro, anche i consumi d’alto di gamma riprendevano vigore contro ogni previsione. E a sottolinearlo sono proprio i dati che Altagamma e Bain&Company hanno presentato in occasione del 2012 Luxury goods worldwide market study. Numeri che raccontano di come il Giappone, dopo aver compiuto un piccolo balzo tra il 2010 e il 2011, segnando un passaggio da oltre 17 miliardi a 18 miliardi di euro, ha risposto allo tsunami con una crescita superiore al 9% per un valore assoluto di 19,7 miliardi di euro. E di questo si parlerà al prossimo Mfgs-Milano fashion global summit che martedì 4 dicembre, nella cornice di Palazzo Vecchio a Firenze, analizzerà: La conferma degli Usa, il ritorno del Giappone e la promessa del Brasile (vedere altro box in pagina). Durante l’evento, l’evento organizzato da Class Editori con The Wall Street Journal, Cnmi-Camera Nazionale della Moda Italiana e Bank of America Merrill Lynch, si parlerà di come il Giappone, nonostante tutto, rappresenti ancora il 9% del valore globale espresso dal segmento dei luxury goods e di come Tokyo resti, sempre e comunque, una metropoli chiave per il mondo della moda, come hanno attestato le continue iniziative che le griffe hanno dedicato alla capitale. Perché se è vero che il paese vale il 9% del mercato globale, i suoi abitanti, travel-shopper perfetti, e ne sanno qualcosa i duty free coreani, valgono ben il 14%. Certo, nel 1995 il loro peso specifico era al 31%, ma bisogna tenere conto di come nelle ultime due decadi, sul mondo si siano affacciati nuovi mercati e nuovi clienti, diluendo inevitabilmente ogni sorta di percentuale. E ancor di più va tenuto conto di come non si stia parlando di un paese normale, ma di un arcipelago poco più grande dell’Italia ma con più del doppio degli abitanti, e che di fatto è ancora il secondo mercato per valore nell’alto di gamma, dove i suoi 19,7 miliardi di euro sono secondi solo ai 59 miliardi degli Stati uniti. Il tutto con poco più di un terzo della popolazione Usa e addirittura un decimo se il paragone è fatto con la Cina. Questa è la fotografia di un paese che è ancora oggi un mercato fondamentale per i bilanci dei player del lusso, ma che può riservare ancora molte sorprese. Come quella di tornare ai fasti del 2005-2008, quando l’arcipelago vale oltre 20 miliardi di euro, con punte oltre i 22 miliardi. (riproduzione riservata) Fabio Gibellino
un look yohji yamamoto primavera 2013
fashion
Protagonisti Da Fast retailing a Onward, tutti i colossi del fashion nipponico Sono pochi gli attori davvero importanti nel frastagliato panorama moda giapponese. Pochi ma pesanti. I gruppi, le holding della moda, infatti, sono coloro che fanno la voce grossa. Al di là dei nomi più importanti, delle maison più acclamate, il mondo fashion giapponese si muove attraverso grossi gruppi di wholesale e retail, che hanno creato col tempo un sistema stabile e che ha avuto successo anche in terra Occidentale. Mediante acquisizioni intelligenti e movimenti mirati. Il nome che guida la lista è quello di Fast retailing, compagine che controlla tra gli altri anche il colosso del fast fashion Uniqlo (nella foto un adv). Un gigante della moda, che vanta al suo interno anche Comptoir des cotonniers, Helmut Lang e Theory, solo per citarne alcuni. Nell’anno chiuso ad agosto 2012, il gruppo ha superato gli 11 miliardi di dollari di vendite, attestandosi come una delle super potenze dell’estremo oriente, che ieri ha annunciato di aver acquisito un altro piccolo gioiello made in Usa: il marchio J Brand (vedere altro articolo a pagina II). Di diverso valore, o almeno, che si è mosso su strade differenti è la Onward holding. Nota in Europa per l’acquisizione di Jil Sander nel settembre del 2008, accompagnata dalla sua sussidiaria europea, la Gibo co. spa, Onward è tra i nomi più in forma del panorama moda giapponese. La chiusura di esercizio di febbraio 2012 riporta quasi 3 miliardi di dollari di vendite. Altro nome con interessi, almeno in passato, in Europa è Renown. Negli anni 90, il marchio era proprietario di Aquascutum. Ora, le acque non sono più così tranquille: la chiusura dell’anno 2011 segna un rosso di quasi mezzo milione di dollari. Questo nonostante l’acquisizione del 40% delle quote da parte del gruppo cinese Shandong Ruyi nel 2010, per cercare di salvarla dal periodo non felice che il gruppo stava attraversando. Più piccola, ma con grandi potenzialità di sviluppo, la World co. ltd. I marchi che gestisce sono più che altro locali, con una distribuzione consolidata attorno al Giappone, occupandosi direttamente sia di retail che di wholesale. Il suo risultato 2011 è un utile consolidato di 143 milioni di dollari. (riproduzione riservata) Matteo Zampollo
Overview La creatività avantgarde guarda sempre più a Oriente La moda volge con più attenzione il suo sguardo verso Oriente. Ed è proprio la terra del Sol Levante a ospitare dal 2005 e per due volte l’anno, a marzo e a ottobre, uno degli appuntamenti più importanti per il Giappone, la MercedesBenz fashion week Tokyo. Che ha portato in passerella lo scorso mese di ottobre oltre 30 marchi di prêt-à-porter e un carnet di eventi social oltre a sostenere, come di consueto, una nuova generazione di talenti nipponici a livello internazionale. Un paese in continuo fermen-
to, grazie alla creatività dei designer dei brand come Facetasm, Beautiful people, Dresscamp, Fur Fur, Whiz Limited, Etw Vonnegvet ed Everlasting Sprout. In una carrellata di collezioni dedicate alla primavera-estate 2013, che hanno accesso i riflettori su tre nomi made in Japan. Occhi puntati sul marchio Alice Auaa, nato nel 1995 con lo stilista Yasutaka Funakoshi, grazie alla sua visione avantgarde, a metà tra fiaba e decadentismo (nella foto un look primavera-estate 2013). Sotto le luci
hanno marciato creature animate arrivate direttamente dal mondo di Alice in wonderland, riletto in chiave gotica e vicino alla visione di Tim Burton. Che ha preso forma nelle regine nere avvolte negli abiti scultorei, nei coat destrutturati, nelle crinoline destroyed, nei pizzi e accostamenti black & white fedeli all’ultimo decennio dell’800. Dal 1993 anche Ato entra nel girone fashion, per approdare nel 2000 alle passerelle di Parigi. Il marchio fondato dal nipponico Ato Matsumoto si è contraddistinto
Dossier MFGS 2012_Giappone Big player
IV
Interviste
Il pensiero globale di Bpi cresce Comme des garçons a 470 milioni
La società beauty, che fa capo Il marchio di Rei Kawakubo e di Adrian Joffe rappresenta alla giapponese Shiseido, continua l’eccellenza nipponica. Che crea un lifestyle doc utilizzando la moda come un mezzo per sviluppare, inconsapevolmente, a svilupparsi grazie ai profumi deluxe pi-Beaute prestige international prosegue nello sviluppo serrato dei propionieristiche idee di fashion marketing. Matteo Zampollo
«S
e pensassi solo ai vestiti, la mia differenza col tempo. Inconsapevolmente, mente sarebbe troppo ristret- pare. «Non so cosa sia il marketing», aveva ta». Forse mai una frase ha così dichiarato Adrian Joffe in una recente interviben riassunto la filosofia che c’è sta a MFF. Pionieri inconsapevoli, quindi. Con dietro a un brand. Rei Kawakubo è la men- una ventina di marchi differenti, tra quelli disete, assolutamente non ristretta, e l’anima del gnati dalla stessa Kawakubo, quelli diretti da marchio Comme des garçons. Di più, è sua Junya Watanabe, quello (dopo la sospensione fondatrice e amministratrice, assieme al marito dell’etichetta Tao, avvenuta l’anno passato, ndr) curato da Tao Kurihaera Adrian Joffe, ceo della maison/ e le linee accessori. Un magruppo. Una realtà fondata ormai re di collaborazioni, da Nike quasi 40 anni fa, ma a cui la desiad H&M, da Louis Vuitton a gner aveva già iniziato a lavorare Fred Perry e Lacoste. E ultinel 1969. Da allora, Comme des ma quella firmata con Hermès garçons ha rappresentato l’eccel(vedere MFF del 27 novembre), lenza del design jap, prendendo che porterà a unire i due marchi sotto la sua ala anche il marchio in una collezione di sciarpe limiJunya Watanabe, il quale colted edition chiamata a marchio labora in prima persona anche Comme des carrés. In più, i alla creazione di alcune linee propri negozi, su tutti il Dover targate Cdg. Ma oltre ai vestistreet market a Londra, multi, additati da più designer come tibrand cool diventato meta di tra le creazioni più visionarie e pellegrinaggi per shopping adaccattivanti dell’intero panorama moda, Comme des garçons Sopra, Rei Kawakubo dict. Oltre ai Guerrilla shop, anticipatori dei pop-up store hisi è saputa costruire negli anni un alone di interesse e coolness, anche ge- gh fashion, aperti dal 2004 in poi un po’ in stendo nel migliore dei modi la struttura del tutto il mondo. E poi il magazine, Six, uscito marchio. Un business famigliare, per un fattu- tra il 1988 e il 1991, e ora tramutato in un’app rato che nel 2007 (da dichiarazioni dello stesso per iPad (vedere MFF del 2 novembre), col Adrian Joffe) si attestava attorno ai 180 milioni nome di Moving six. Un universo illimitato e di dollari. Una rigidità assoluta, ma necessaria, in continua espansione. Che sembra avere un di cui Rei Kawakubo è direttamente respon- solo modo di finire. Quando Rei Kawakubo disabile. E grazie alla quale ha saputo battere rà basta, allora si fermerà anche Comme des sul tempo tutti i colossi del lusso del mondo garçons. Ma il team, come da più parti hanno Occidentale. Con decenni di anticipo, infat- fatto sapere, continuerà a esistere. Anche perti, ha saputo racchiudere sotto il suo ombrello ché, tutta l’energia visionaria, tutta la tensione marchi e linee differenti, gestire i monomar- creativa che regge la maison non si può troca, i concept store e affrontare tutta una serie vare in altri luoghi. Ma soltanto nella testa di di trovate business che hanno saputo fare la Kawakubo sensei. (riproduzione riservata)
Ricerche/Gli Usa scelgono il cross shopping Negli Stati Uniti non esiste più il consumatore puro di lusso: chi può permettersi di spendere mille dollari per un paio di stivali, infatti, vuole anche acquistare magliette a 20 dollari. Questa tendenza sta influenzando la domanda di beni di moda e di lusso negli Usa, dove ora la partita si gioca tutta sul cross shopping, dai jeans ai diamanti. Con l’obiettivo di conquistare sempre più quote di un mercato stimato in 11,4 milioni di famiglie della fascia definita affluent e in 1,4 milioni di famiglie, considerando la parte ultra ricca. È quanto emerge dallo studio sulle nuove frontiere dello shopping che il The Wall Street Journal presenterà martedì 4 dicembre a Firenze, in occasione dell’MFGS-Milano Fashion Global Summit 2012, l’evento organizzato da Class Editori con The Wall Street Journal, Cnmi-Camera Nazionale della Moda Italiana e Bank of America Merrill Lynch.
da sempre per il suo appeal giovane e fresco, legato a una sartoria dal tocco urban. Che viaggia con boys in passerella muniti di zaini in raso e comode sneakers, nelle giacche a intarsi scamosciati e nelle camicie in seta, nei giubbini e nei pants dal taglio morbido. Ravvivati dai colori sabbiati, lilla, amaranti e turchesi. L’eleganza si fonde invece con l’arte da Fur fur, il marchio disegnato da Koichi Chida. Abiti superlight diventano tele dipinte da effetti acquerellati. Un inno alla leggerezza, di spirito e di stile. Che sottolinea la necessità di un contatto con la natura e con l’essenza più profonda dell’essere umano nella cultura metropolitana di oggi. (riproduzione riservata) Alice Merli
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dotti derivanti dalle quattro licenze in portafoglio, Jean Paul Gaultier, Issey Miyake, Narciso Rodriguez e, ultimo arrivato due anni fa, Elie Saab. Il tutto mentre si avvicina il probabile termine della liaison per la produzione e la distribuzione delle fragranze firmate dalla maison dell’ex enfant prodige d’Oltralpe, partnership iniziata nel 1990, alla naturale scadenza a metà 2016 e che presumibilmente andrà in house allo spagnolo Puig, dal 2011 possessore del 45% della griffe. Un vuoto che i vertici si preparano a colmare in tempo con la ricerca di un nuovo partner che risponda alle esigenze e alle modalità di creazione dell’azienda franco-nipponica, con base a Parigi ma che finanziariamente riporta alla nipponica Shiseido, azionista unico Bpi. Come ha raccontato in questa intervista a MFF Rémy Gomez, ceo worldwide del gruppo da 470 milioni di euro di fatturato. Il vostro portafoglio fragranze è costituito da quattro marchi molto differenti tra loro. Sono stati scelti per soddisfare ogni tipo di target? Non si tratta semplicemente di una strategia consumistica. I criteri di scelta portano all’interno del portafoglio licenze soggetti non in concorrenza tra loro. Questo vuol dire stringere legami con partner non in conflitto per quanto riguarda mercato, creatività, stile e posizionamento, sviluppandone il business in maniera diversa. Il rapporto che si viene a creare tra il mio gruppo di management e l’equipe dello stilista è di affectio societatis, che non è solo volontà di essere soci, ma volontà creativa, un piacere e una fiducia di lavorare insieme per offrire un prodotto ma soprattutto un’esperienza unici. Un rapporto emozionale, perché ciò che è in grado di creare gioia, produce fatturato. Nel 2012 il giro d’affari del gruppo si è attestato intorno ai 470 milioni di euro, in crescita del 10% rispetto l’anno precedente, con Francia, Germania, Spagna, Italia e Inghilterra in testa. Negli Stai Uniti le performance sono migliorate negli ultimi tre anni, e andiamo bene anche in Medio Oriente e Russia. Mentre l’Asia non rappresenta al momento per noi una priorità, in quanto propone un mercato profumi ancora poco sviluppato. Qual è il link che si instaura nella fase di creazione? Stiamo parlando di una vera e propria co-creazione attiva. Tra le due parti esiste un rispetto mutuale profondo, che sopravvive giorno dopo giorno in un dialogo co- Il profumo mune. L’obiettivo si raggiunge nel momento in cui, Classique di all’interno del prodotto, non è più distinguibile chi ha Jean Paul Gaultier fatto cosa. La voce diventa una, la storia si fa comune, ed ecco che il sogno si materializza. Proprio per la fede in questo processo relazionale, la ricerca di nuovi mondi al quale legarsi diventa molto esclusiva. Nel 2016 scadrà il contratto di licenza con Jean Paul Gaultier. Puig porterà in house la produzione? La probabilità è alta. Quella di Jean Paul Gualtier è per noi una licenza molto importante, sicuramente non sostituibile nel proprio territorio di espressione. Ci impegneremo a farlo invece in termini di business. La ricerca riguarderà brand di largo appeal e con un posizionamento alto, capaci di un potenziale internazionale e con una bella presenza in Europa, che siano forti almeno in un altro continente. E, non da ultimo, che abbiano una storia, un immaginario e un mercato che non entri in collisione con i brand già in portfolio. Nella nostra storia non si era mai giunti al termine di un rapporto: ma strutturalmente questa è la vita delle licenze. I risultati ottenuti negli anni hanno comunque dimostrato la nostra credibilità, il nostro particolare know how e una ricezione creativa che permettono ai nostri partner di risplendere nel mondo piuttosto noioso della profumeria moderna. Quali sono le novità per Elie Saab, Narciso Rodriguez e Issey Miyake? Per Elie Saab, ultimo arrivato in ordine temporale, è in programma un’estensione nella gamma dei prodotti. Data la recente nascita, la fragranza è ancora in fase di crescita e sviluppo. Dopo la prima concentrazione, l’eau de parfum, pochi mesi fa è stata lanciato in Europa l’eau de toilette, mentre per l’anno prossimo è prevista l’espansione verso un’ulteriore diversificazione di concentrazioni. Narciso Rodriguez rappresenta, ancora dopo più di otto anni dal lancio, una case history di vendite, in continuo aumento. Infine, anche per l’Eau d’Issey di Miyake, a 20 anni dalla nascita della prima fragranza, continueranno le variazioni olfattive. Inoltre, appena due mesi fa è stato presentato in Francia e Spagna un nuovo femminile, questa volta completamente diverso, ispirato alla moda dello stilista giapponese, Pleats please. Avete pensato di investire in altre categorie beauty? Le nostre due esperienze, il make up per uomini firmato Jean Paul Gaultier e lo skin care di Issey Miyake, rappresentano prodotti derivati più che linee autonome. La priorità di sviluppo, va sicuramente al nostro core business: le fragranze. (riproduzione riservata) Elisa Rossi
Stati Uniti,
la vera Mecca dei luxury goods La Cina è sulla bocca di tutti ma intanto l’America vale il 27,8% del mercato e fra il 2009 e il 2012 è passata da 41,8 a 59 miliardi di euro di prodotti di lusso acquistati
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a bene, la Cina è sulla bocca di tutti, è costantemente sotto i riflettori dei media e tra i sogni degli attori del mondo del lusso è quello più d’oro. C’è un però. La Cina sarà anche la grande manna dal cielo ma non è ancora (e ci vorrà ancora un bel po’ di tempo prima di esserlo e se mai lo sarà), il più grande e importante mercato del luxury goods. Prima di lei ci sono gli Stati Uniti che senza tanti clamori, esclusi i servizi di costume sul black friday, rimangono l’unica vera piazza in grado di determinare il successo, la sopravvivenza o la morte commerciale di un vero big player. Tanto per mettere le cose nero su bianco, e con l’aiuto dei dati prodotti da Altagamma e Bain&Company per il 2012 Luxury goods worldwide market study, si scopre che al di là dell’oceano Atlantico il mercato vale da solo il 27,8% dei 212 miliardi di euro che tutto il mondo porta nelle casse delle maison (inteso come beni di lusso personali). Il che, tradotto in numeri assoluti, significa una cifra che per il 2012 è stimata in 59 miliardi di euro. Ma non è solo questo; perché il dato veramente più interessante, soprattutto visti i tempi, è che quello americano è un mercato in forte crescita e che per l’anno che sta per concludersi porterà con sé una variazione sull’anno precedente in positivo del 13%, bissando così il +10% del 2011, per un totale di oltre 53 miliardi di euro, cioè il 27,6% del totale worldwide. E se questi numeri sono incredibili, ancora di più lo diventano se si analizza il valore di crescita del mercato a stelle e strisce partendo dall’anno horribilis 2009, quando il lusso, dalle parti di Washington, si era fermato a 41,8 miliardi di euro. Oggi, quattro anni più tardi, il volume stimato toccherà i 59 miliardi di euro, per un differenziale di ben 17,2 miliardi di euro, cioè molto più dei 15 miliardi del valore che la Cina registrerà al 31 dicembre di quest’anno. Il progresso è stato notevole, repentino e figlio dello spirito americano. Perché dopo le crisi di Wall Street il sistema, pragmaticamente, si è organizzato, sistemato e a ricominciato a camminare. Così nel 2010 il balzo in avanti vale già 6,3 miliardi, nel 2011 si aggiungono altri 4,5 miliardi e quest’anno, in previsione, ce ne saranno altri 6,2 di miliardi. D’altronde si sta parlando del paese in cui la sua città simbolo, New York, da sola varrà, a fine esercizio, circa 20 miliardi di euro, questo perché gli americani non sono tanto un popolo di spendaccioni, quanto gli Usa sono una nazione in cui ci si va anche per comprare. Infatti, se il mercato vale il 27,8% del totale mondiale il peso specifico degli americani sugli acquisti arriva solo al 20%, cioè 42,4 miliardi di euro, compresi quelli effettuati all’estero. I restanti 16,6 miliardi provengono dunque dai turisti internazionali che, oltre alla Grande Mela, guardano soprattutto alla Florida, alla California e alle Hawaii come mete dello shopping, da effettuare nei grandi department stores. In conclusione, nonostante l’Europa sia attanagliata da crisi e incertezze, negli Usa ci sono liste d’attesa per i capi più esclusivi, come nel caso dell’abito di paillette da 9 mila dollari firmato Chanel da Nordstrom, e i grandi magazzini esauriscono le scorte degli oggetti cult, come la Bianca di Christian Louboutin da Neiman Marcus. Questa è l’America. E anche di questo si parlerà al MFGS-Milano fashion global summit 2012; intitolato La conferma degli Usa, il ritorno del Giappone e la promessa del Brasile andrà in scena martedì 4 dicembre nella cornice di palazzo Vecchio a Firenze. (riproduzione riservata) Fabio Gibellino
un look victoria beckham spring-summer 2013
fashion
Protagonisti Rosen, l’imprenditore che sogna di diventare l’Arnault d’America Andrew Rosen (nella foto a sinistra) è uno di quei nomi che in Europa si ignorano, a patto di non essere degli addetti ai lavori nel segmento del lusso. A casa sua invece, negli Usa, quel nome ha un suono speciale, tanto da aver condotto la famigerata Anna Wintour, potente direttore di Vogue America, a dire di lui: «In questo paese non abbiamo un Gucci o un Lvmh, ma a modo suo Andrew sta cercando di creare qualcosa di simile anche qui». D’altronde in Rosen, emulo di François Henri Pinault o di Bernard Arnault, la moda scorre nelle vene. Suo padre Carl infatti era proprietario di una grande sartoria a New York. Alla guida dell’attività di famiglia dal 1982, il suo primo vero passo è avvenuto nel 1997 quando insieme a Elie Tahari ha fondato Theory (sotto un look della linea Theyskens’ Theory). Marchio che, grazie alle sue geometrie confortevoli e lineari e all’utilizzo in massa di fibre come la Lycra, conquistò in breve tempo il mercato americano e, soprattutto, nel 2003 le attenzioni di Fast retailing, già proprietaria di Uniqlo, che ne ha acquistato l’89% delle quote per poi salire al 100% due anni dopo. Oggi Rosen è ancora presidente di Theory (700 milioni di dollari di fatturato pari a circa 540 milioni di euro), che nel frattempo (era il 2005) ha acquistato Helmut Lang da Prada. Ma possiede anche il controllo di una manciata di marchi della moda a stelle e strisce tra cui Proenza Schouler, acquisita nel 2011 da Permira, Rag & Bone, Alice+Olivia, Griphon, Kiki de Montparnasse e Aiko. Ma soprattutto è riconosciuto come un talent-scout il cui sogno è quello di riportare a New York city anche la produzione della moda e non solo gli uffici stile. (riproduzione riservaFabio Gibellino ta)
Overview
Le designer-celebrity ridisegnano il fashion system americano Victoria Beckham, Mary-Kate e Ashley Olsen, ma anche Katie Holmes. Da celebrità a designer di moda il passo è breve, ma negli ultimi tempi anche sempre più credibile. E dimenticati gli esperimenti disastrosi, e spesso semplicemente mass-market, delle linee moda firmate da Jennifer Lopez, Madonna e Gwen Stefani, arriva alla ribalta una nuova generazioni di creative celebri consacrate da stampa e buyer internazionali. «Quando questi volti noti si sono affacciati alla moda, era in fase discendente la tendenza delle stiliste-star, naufragate con i loro progetti fashion.
Per questo motivo gli addetti ai lavori erano scettici inizialmente. Ma oggi nomi come Beckham o le Olsen sono la nuova linfa vitale del sistema delle sfilate newyorkese», ha raccontato a MFF Linda Fargo, vicepresidente del visual merchandising di Bergdorf Goodman. Non è un caso se dopo aver mandato sold out nei negozi la sua collezione di abbigliamento e accessori, Victoria Beckham (foto 01) è stata insignita lo scorso anno del premio designer brand 2011 all’interno dei Bfa-British fashion awards, organizzati dal British fashion council. Stesso registro per le gemelle più famo-
se d’America, Mary-Kate e Ashley Olsen, (foto 02) osannate dai department store per la loro linea The Row, premiate dalle vendite degli accessori blockbuster e nominate dal Cfda-Council of fashion designer of America come Best womenswear designer of the year nel 2012. Per un incredibile connubio di moda avante-garde e senso del business. Dopotutto, le biondissime sorelle sono a capo di un impero da 1,5 miliardi di dollari di fatturato annuo, dove al vertice si trova la collezione divertissement che però fa sul serio, The Row, e alla base la linea per bambini Mary-Kate
Dossier MFGS 2012_Usa
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Interviste
Von Furstenberg, potere alle donne Stilista di successo e numero uno del Cfda, la designer è entrata nella classifica di Forbes tra le donne più influenti del mondo. «Ho scelto di vivere la mia vita giorno per giorno». Fabio Maria Damato
Sopra, un grande magazzino Usa durante il black friday
Shopping
un 2012 record per black friday e cyber monday
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a donna più potente del mondo della moda secondo la rivista americana Forbes. Diane Von Furstenberg, classe 1946, scalza di ben 18 posizioni il temutissimo direttore di Vogue America Anna Wintour, ferma solo al 51° posto nella classifica delle personalità più influenti, e si aggiudica il primato nel fashion system. Belga di nascita, cittadina del mondo per definizione, Diane ha vissuto 100 vite, tra il matrimonio con il principe Egon Von Fürstenberg, passando attraverso le notti scatenati allo Studio54, ai successi del Qui sopra, tre look Diane Von Furstenberg suo wrap dress. Fino al ruolo di presidente primavera-estate 2013 dal backstage della sfilata. del Cfda-Council of fashion designers of In alto, la stilista insieme a Sarah Jessica Parker America ricoperto dal 2006. Una vita al potere, la sua, raccontata a MFF nel backstage della sua detengono il potere, ma è più facile farlo nell’ombra. Ci sono alcune cose che non cambiano mai, e ultima sfilata newyorkese. Come si finisce nella classifica delle per- il vedere in maniera diffidente una donna al potere è una di queste. sonalità più potenti di Forbs? Non lo chieda a me... non lo so davvero! Nella vita Qual è il traguardo più ambizioso che ha spesso non sai dove stai andando fino a quando non raggiunto? ci sei arrivata. Io la mia vita l’ho vissuta giorno per Spesso alcune persone ferme solo all’immagine giorno, scegliendo quello che mi sembrava giusto esterna mi dicono: «Sei una donna forte, un modelfare in quel determinato momento. Avere istinto e lo di riferimento per tutti, hai successo, popolarità, una buona posizione economica». Ma sono certa che seguirlo spesso è l’unica scelta da fare. È ancora difficile per le donne arrivare il successo più grande di tutti sia la mia famiglia. E questo è un traguardo che nessuna classifica può anaal potere? Assolutamente sì. O almeno per quanto riguarda lizzare, forse per tale motivo è ancora più prezioso. posizioni alla luce del sole, perché spesso le donne (riproduzione riservata)
and Ashley prodotta e distribuita da Macy’s, Olsenboys etichetta mass market in collaborazione con J.C. Penney e la label di enorme successo per ragazzi, Elizabeth and James, posizionata nel mid-market. E se non dovesse bastare, a fare il suo debutto super-blindato con un mini-show riservatissimo durante la scorsa New York fashion week, arriva l’ex signora Cruise, Katie Holmes (foto 03). Pronta a prendere il timone creativo, in tandem con l’amica stylist Jeanne Yang, di Holmes & Yang, già forti di una collaborazione con il marchio di pelletteria alto di gamma Valextra. (riproduzione riservata) Fabio Maria Damato
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Il 57,7% degli americani che hanno partecipato al venerdì di vendite ha acquistato un capo di moda
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orse gli analisti si aspettavano di più, ma alla fine il black friday 2012 è stato ancora una volta il motore delle vendite pre-natalizie. Questo perché 89 milioni di americani si sono riversati nei negozi di tutto il paese alla ricerca dell’affare, 3 milioni in più di quanti lo avevano fatto lo scorso anno. Poi tra questi, il 57,7% (51,4% nel 2011) ha scelto di compare un capo di moda o un accessorio, soprattutto cashmere e capospalla, mentre il 15,2% (13,8%) ha optato per le gioiellerie. Questi sono i dati forniti dalla National retail federation che nel computo dello scorso weekend lungo (le promozioni erano iniziate giovedì, ndr) ha ratificato in 59,1 miliardi di dollari la somma che i 247 milioni di americani scesi in strada hanno lasciato nei registratori di cassa di boutique e grandi magazzini. Una cifra che è cresciuta del 13% rispetto a quanto ottenuto l’anno scorso ma, come hanno sottolineato alcuni analisti, più bassa del +16% che il 2011 aveva catturato sul 2010. Aspettative che, ad onor del vero, non hanno tenuto conto di Sandy, l’uragano che poche settimane fa aveva messo in difficoltà New York e parte della East coast, ferendo quella parte d’America generalmente più propensa all’acquisto. Quello che invece ha destato maggior interesse è stato il grande passo compiuto dagli acquisti online, che grazie ai 57,3 milioni di internauti sono cresciuti del 26%, tanto da superare, per la prima volta nella storia, il miliardo di dollari nel solo Giorno del ringraziamento, secondo le stime fornite da CamScore. Record che però è ancora saldamente nelle mani del Cyber monday che nella sua edizione 2012 ha chiuso con vendite per 1,63 miliardi di dollari, cioè il 30,3% in più di quanto fatto 12 mesi fa. E questa volta gli analisti, che avevano fissato l’asticella a un miliardo e mezzo di dollari, saranno decisamente soddisfatti. (riproduzione riservata) Fabio Gibellino
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MF fashion
venerdì 30 novembre 2012
Dossier MFGS 2012_Usa
Interviste
Stuart Weitzman verso 100 opening Il marchio di Jones group punta a più che raddoppiare l’attuale rete di 85 monomarca e shop-in-shop. Nuove vetrine anche a Milano. Intanto si espande l’e-commerce nel mercato europeo, come hanno spiegato il designer e il vicepresidente Wayne Kulkin in questa chiacchierata a due voci. Alice Merli
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n focus a 360 gradi sul retail internazionale e una strategia ad hoc basata sul rafforzamento del canale e-commerce. Stuart Weitzman ha tracciato con decisione le direttrici di sviluppo per il proprio futuro. Il brand di calzature di lusso che fa capo alla statunitense Jones group aprirà un centinaio di negozi nel mondo, che andranno a più che raddoppiare l’attuale network di 85 boutique, tra monomarca e shop in shop. A partire da 50 store in Cina e nel Sudest asiatico, insieme a un nuovo monomarca italiano che aprirà i battenti a Milano entro la fine del prossimo anno. «Il nuovo spazio di via Sant’Andrea a Milano è uno step fondamentale dei nostri piani di sviluppo. Triplicheremo la nostra area rispetto alla location di via della Spiga. Con il lusso di avere una vetrina in uno dei luoghi più ambiti, mostreremo prodotti esclusivi e avremo più spazio per creare una top location», ha raccontato a MFF il vicepresidente del marchio Wayne Kulkin. «Non abbiamo un piano preciso di quanti punti vendita apriremo. Questo dipende da ciò che è meglio per il marchio e dai migliori servizi che possiamo creare per il nostro cliente, ma pensiamo di arrivare a un totale tra 75 e 100 negozi monomarca e shop
in shop nei prossimi tre anni». Un progetto audace per l’azienda di calzature deluxe, che verrà accelerato dal canale e-commerce, in questo momento ai primi posti negli obiettivi del marchio. «Possiamo migliorare il nostro brand grazie a mirate strategie
shopping mall vicino a casa». Il canale interattivo è infatti appena sbarcato in Europa ed è pronto a toccare l’Asia nel 2013. «Il nostro obiettivo è quello di offrire un’ampia scelta di prodotti su tutto il territorio europeo in oltre 50 paesi e in 5 lingue di-
Da sinistra: Stuart Weitzman, Wayne Kulkin e un modello del brand
tecnologiche», ha continuato Kulkin, «l’eshop è sicuramente il gemello siamese del retail off-line. E il suo punto di forza è proprio quello di non avere orari e limiti, dal momento che può raggiungere un’enorme porzione di popolazione che non ha la possibilità di acquistare nello store o nello
verse, per poter collegare più consumatori. Grazie all’on-line possiamo anche raccontare la storia della nostra azienda e creare una comunità globale nei forum dei social media». Un percorso guidato dalla passione e dalla creatività del fondatore e designer Stuart Weitzman che ha sempre studia-
to un prodotto legato non solo al design, ma soprattutto alla comodità stylish. «In generale, ho sempre pensato che una scarpa deve farti sentire a proprio agio, perché stai indossando qualcosa di speciale che non è solo stile ma anche comodità a tutti gli effetti», ha aggiunto lo stilista. Una filosofia condivisa dal vicepresidente Kulkin, salito alla guida dell’azienda lo scorso agosto. «Al primo posto della nostra impresa c’è un’estrema cura nel realizzare un prodotto dinamico con un alto contenuto stilistico, che sappia unire un’attenzione hi-tech a comfort e vestibilità», conferma il manager. Quanto all’andamento economico: «Il nostro business continua a crescere a doppia cifra anno su anno, ma c’è sicuramente da parte nostra un atteggiamento più cauto. Cercheremo di trovare un giusto prezzo finale da offrire al consumatore». Nel prossimo futuro, infine, c’è una top celebrity: «Sto collaborando con una della più importanti star al mondo, questo contribuirà a fortificare l’immagine del marchio e a rendere la nostra maison ancora più forte», ha poi concluso Weitzman. (riproduzione riservata)
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MF fashion
venerdì 30 novembre 2012
dal 6 DICEMBRE in EDICOLA con
MF Magazine For Living
MFL w w w. m f f a s h i o n . i t
HOUSE/VIVERE A TAIPEI E SHANGHAI, FRA TRADIZIONE E AVANGUARDIA D’ARTE
DESIGN/LE ARCHITETTURE DI AI WEIWEI E I NEW NAMES DELL’EX CELESTE IMPERO
FASHION/FATE BAROCCHE NELLA PECHINO IMPERIALE E STREET BOY IRRIVERENTI
ASIANCULT
CINA, COREA, GIAPPONE. UN COLLAGE ESTETICO MADE IN FAR EAST, PER DIPINGERE UN ORIENTE SEMPRE PIÙ ESTREMO
Il nuovo MAGAZINE di DESIGN, LIFESTYLE e ARREDAMENTO È UN PROGETTO
UNA DIVISIONE DI
fashion
Il Brasile cresce veloce
Iniziative Nasce Smb per tutelare il tessile verde-oro
Con consumi per 32 miliardi e 155 mila milionari il mercato carioca è uno dei più corteggiati. Ma mostra un difetto: gli alti dazi doganali
UN LOOK PEDRO LOURENçO s/s 2013
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olido, silenzioso e con un unico grande difetto. Il Brasile sta lasciando la categoria di mercato emergente per passare al gradino superiore. Dove la novità lascia lo spazio alla certezza e dove la crescita non è più una lieta sorpresa di fine anno, ma una voce di bilancio sulla quale contare già da gennaio. D’altronde stiamo parlando di un paese che, nonostante le revisioni al ribasso del suo pil 2012 a +2,5%, continua comunque a crescere, e nel 2013 tornerà persino a correre. Perché secondo le stime del Fondo monetario internazionale la sua economia compirà un balzo in avanti del 4,5%. Lo farà perché il paese è ricco di risorse naturali, perché può contare su un’industria agroalimentare in continua espansione, favorita anche da clima e dimensioni del territorio, sulle nuove scoperte di giacimenti di gas e petrolio, che a oggi ne fanno il nono produttore mondiale di greggio, e su un’industria manifatturiera che continua a espandersi. Non c’è quindi nulla da stupirsi quando si scopre che oggi il Brasile ha superato la Gran Bretagna al sesto posto tra le nazioni più industrializzate del mondo e, non solo, sta persino mettendo la freccia per scalzare la Francia dalla quinta posizione. Anche di questo si parlerà al prossimo MFGSMilano fashion global summit 2012 che, nella cornice di palazzo Vecchio a Firenze, sarà intitolato La conferma degli Usa, il ritorno del Giappone e la promessa del Brasile. Si discuterà, per l’appunto, di come il gigante sudamericano stia diventando sempre più un riferimento per il segmento dei luxury goods. Non a caso, Mauro Ponzé, capo di Coletivo Frescobol, nel corso di un convegno organizzato da Smi-Sistema moda Italia in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e l’agenzia per la Promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, aveva snocciolato numeri per «26 miliardi di euro di consumi di abbigliamento nel 2010, 30 miliardi nel 2011 e 32 alla fine di quest’anno. Le stime degli addetti ai lavori sul mercato della moda in Brasile sono da capogiro». Dati ancor più interessanti se si considera che il 30% dei consumi di abbigliamento è concentrato in 27 città, che oltre il 50% della popolazione è di età compresa tra gli 11 e i 44 anni, con un’età media di 28 anni, e che nonostante la ancora forte diseguaglianza, negli ultimi dieci anni la metà dei brasiliani meno agiati ha visto il proprio reddito crescere del 68%. Il tutto considerando una popolazione di circa 190 milioni di abitanti: «105 milioni dei quali ora appartenenti alla classe media», aveva sottolineato Michele Tronconi, presidente di Smi. Uno scenario che si traduce per il mondo del lusso in 155 mila milionari, cioè più che in Russia e India, e 5 mila ultramilionari, a cui fanno da contorno altri 10 milioni di potenziali acquirenti moda della classe media-superiore con capacità di acquisto. Il tutto concentrato per il 70% a San Paolo e per il 25% a Rio de Janeiro, il che significa un bacino d’utenza provetrina estremamente vantaggioso per le griffe. E che si traduce, secondo i dati prodotti da Altagamma e Bain&Company per il 2012 Luxury goods worldwide market study, in 2,7 miliardi di euro di valore, per l’1,3% del totale mondiale, e per una prospettiva di crescita nel prossimo quinquennio compresa tra il 15 e il 25%. Senza dimenticare che con la coppa del mondo di calcio del 2014 e con le Olimpiadi di Rio del 2016, queste previsioni potrebbero anche essere riviste al rialzo. Scritto questo non si può non ricordare l’unico grande difetto, significativo per i brand del lusso mondiale, che è rappresentato dai dazi doganali. Che uniti alla complessa forma di burocrazia, obbligano i brasiliani a pagare i beni d’alta gamma molto di più di quanto non avvenga in occidente e costringono le griffe a correre, per ora, con il freno a mano tirato. (riproduzione riservata) Fabio Gibellino
Fare sistema. Per far diventare grande in made in Brasil. Questo l’obiettivo primario della moda verde-oro. Smb-Sistema moda Brasil è il primo passo, a seguito della trasformazione degli schedule sfilate. Un’operazione istituzionale, sostenuta da Abit e messa in atto dai maggiori esponenti del Governo federale, in particolare il Mdic-Ministero per lo sviluppo, l’industria e il trade internazionale, Apex-Brasil, agenzia brasiliana per la promozione d’investimento e trade, il Ministero della cultura e l’associazione calzaturiera brasiliana. Un varo ormai obbligato. Per fronteggiare lo sbarco sul mercato dei brand internazionali. «I cambiamenti che stiamo apportando sono fondamentali per rendere il mercato più competitivo», ha spiegato a MFF Paulo Borges (nella foto), presidente di Luminosidade, la società che gestisce le fashion week di San Paolo e Rio de Janeiro, «perché è solo ripensando le strategie di management che potremo espandere le possibilità di performance». Il progetto va a integrare il Plano Brasil maior presentato nel 2011 dal Presidente Dilma Rousseff e mira a fortificare i segmenti della moda, incentivando il coordinamento tra pubblico e privato, al fine di sviluppare una catena produttiva delle fashion industry brasiliane. Si articola in otto asset: brand, design, innovazione, trade promotion, sostenibilità, organizzazioni locali (APLs), struttura legale e capacity-building. Un’intesa tra le aziende leader del tessile e abbigliamento, pellami e calzature, gemme e gioielli, volta a potenziare l’industria locale, incrementare l’export e fortificare micro e macro imprese, scommettendo a livello economico su risorse umane e modernizzazione tecnologica. Tutto ciò coadiuvato da un piano economico che riguarda le industrie con varie esenzioni d’imposta volte ad alleggerire il carico fiscale per le imprese. Poi l’istituzione di un margine preferenziale del 20% sulle commesse di prodotti locali destinati ad appalti del Governo (un esempio, le divise per il Ministero della difesa vengono prodotte da aziende locali, ndr). Tra gli obiettivi anche il lancio del Programma nazionale di cultura dell’export, oltre alla difesa del commercio con misure antielusione e dichiarazione del made in. (riproduzione riservata) Francesca Manuzzi
Overview I designer brasiliani corrono per guadagnarsi un posto al sole Brazilian vs Brazilian. Questo il dilemma dei brand verde-oro. Che si trovano tra due fuochi decisamente ardenti. Un customer locale, super estero-oriented, che desidera prodotti europei e statunitensi e riversa il suo potere d’acquisto nelle nuove boutique pauliste di Cicade Jardim o Jk Iguatemi e carioca di Shopping Leblon. Poi, il contraltare. Rappresentato da tutti quei consumatori che dal Vecchio continente approdano in Brasile e pretendono di trovare abbigliamento e accessori che abbiano quel quid
riconoscibile worldwide e una specificità tropical maggiore. La soluzione si trova in brand come Neon. Marchio super cool di São Paulo, ideato da Rita Comparato e Dudu Bertholini, che fa dello stereotipo brasiliano il suo punto di forza. Con imprimé esclusivi creati in partnership con artisti del territorio per un esprit playful e shocking. Ma a gente trasforma, come si dice in portoghese. Cambia per seguire il cambiamento delle esigenze. E sorgono realtà come Amc textile. Una holding, fondata nel 2004 dal-
la famiglia Menegotti (oggi maggiore realtà del Sud America, con cinque poli industriali, 2.600 dipendenti, una produzione annuale di 10 mila tonnellate di tessuto e 2,8 milioni di pezzi, ndr), che nella sua orbita vanta il TF group, proprietario di brand come il big Forum o Tufi Duek, designer formatosi all’Istituto Marangoni di Milano e ora hot name del panorama brasiliano. Con creazioni che sublimano le architetture del corpo in stretto accordo a un trait cosmopolita e materie prime d’alta qualità. Poi, Ellus
Dossier MFGS 2012_Brasile
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Analisi
Brand
Nel 2011 gli shopping center hanno registrato vendite a +18,2% per un totale di oltre 40 miliardi di euro. Barbara Rodeschini
Il marchio entrato nell’orbita di Alpargatas è presente in tutto il mondo ma vende il 95% in patria
Gli shopping mall danno fiato al retail
È
corsa agli spazi retail in Brasile. La sesta economia al mondo (le previsioni dicono che entro il 2015 supererà anche l’Inghilterra, ndr) continua a crescere e con il 50% della popolazione di età compresa tra i 14 e i 45 anni è la meta numero uno per chi vuole fare retail nel mondo. Secondo l’ultima edizione del Global retail development index condotto annualmente da A.T.Kearney, il Brasile è alla
ter, si prepara ad accogliere, tra gli altri, di Prada e Balmain. «Il Brasile è sostanzialmente diviso in due macro aree: quella del SudSudest più ricca, che comprende città come San Paolo, Rio, Belo Orizonte e Puerto Alegre, con una media di income mensile compresa tra i 700 e i 1.400 dollari e dove si prediligono gli shopping mall per gli acquisti sia di grocery che di altri beni e poi l’area del NordNordest meno benestante dove sono i negozi su strada a farla
osklen, è l’ora di accelerare sull’estero
center carioca, il settore è cresciuto costantemente e oggi si contano 430 strutture capaci di generare nel 2011 un giro d’affari pari a 108 miliardi di real (circa 40,18 miliardi di euro), con un incremento del 18,2% rispetto all’anno precedente, pari al 18,3% dell’intero segmento retail e al 2,7% del pil. A fine 2012 saranno 28 i nuovi mall aperti mentre in cantiere ci sono già 48 nuove realtà per il 2013. «A oggi le città chiave sono sicuramente San Paolo e Rio
Da sinistra, una veduta del department store Citade jardim e un interno di Iguatemi
guida della classifica, per il secondo anno consecutivo, seguito a ruota da Cile, Cina e Uruguay. A determinare il successo carioca e soprattutto la continua crescita della capacità di spesa della middle-class che rispetto al passato è più preparata e orientata allo shopping anche nei confronti delle marche internazionali. Così se multinazionali come Walmart e Carrefour operano attraverso il canale tradizionale ma anche quello on-line, nuovi player come il colosso di vendite tv Usa Qvc sono pronte a debuttare sugli schermi carioca. Sul fronte beni di lusso è soprattutto l’area di San Paolo a interessare alla maison di primo piano. Così si attende l’arrivo di Topshop, Sephora, Lanvin, Miu Miu e Gucci nel nuovo JK Iguatemi mall mentre Cidade Jardim, un altro shopping cen-
da padrone», ha spiegato a MFF Matteo Bertolucci, principal di A.T. Kearney. «Riteniamo che il Brasile si confermerà una destinazione chiave per gli investimenti diretti di big player tanto statunitensi quanto inglesi ed europei con la Francia che precede Italia e Germania. E se sul fronte grocery big del calibro di Carrefour e Walmart si muovono già da tempo, non sono da meno le altre realtà dello shopping internazionale anche grazie agli opening di grandi shopping center nelle aree più interessanti». Le grandi cattedrali dello shopping sono una caratteristica tipicamente carioca, di strada e metriquadrati se ne sono fatti tanti. Dal 1966, anno di apertura del primo centro commerciale, secondo le proiezioni effettuate da Abrasce, l’associazione che riunisce gli shopping
ed Ellus 2nd floor. In corsa dal 1977, grazie a Nelson Avarenga e Adriana Bozon, coniano una moda edgy e rock, tra denim e must-have da it girl. Party people anche per Auslander e non è un caso che il party del marchio sia il più atteso di tutta la settimana della moda carioca. Poi, i grafismi siderali di Gloria Coelho o le donne bcbg del pluripremiato Vitorino Campos. Il giovane designer di Salvador è entrato nelle hit list worldwide come uno dei migliori stilisti dell’America Latina, con un futuro assicurato nella scena inter-
de Janeiro ma il Brasile ha almeno 230 città con una popolazione compresa tra i 100 mila e i 600 mila abitanti che nel breve medio termine si affacceranno sul mondo dello shopping», ha poi sottolineato Cristina Cristovão, associate director retail division Jones Lang LaSalle in Brasile, «gli acquisti si effettuano soprattutto nei grandi shopping center, si pensi che a fronte di 200 milioni di abitanti totali in Brasile esistono solo due factory outlet e non ci sono retail park né leisure center di un certo livello. Le strade a più alto tasso commerciale sono solo a San Paolo e Rio, va da sé il potenziale di questo paese. Un potenziale che riguarda sia l’area Sudest ma anche e soprattutto il nord che per il 2015 registrerà vero exploit». (riproduzione riservata)
nazionale. E tutto è cominciato proprio dall’hub di talenti Rio moda hype solo quattro anni fa. Idem per Juliana Jabour. Il brand, nato nel 2005, con il suo logo cherry e i tratti baby è nei guardaroba di tutte le addicted. Da non dimenticare brand che le passerelle madre le hanno in parte abbandonate alla volta di realtà internazionali, come Pedro Lourenço a Parigi, Osklen e Alexandre Herchcovitch a New York. Per far del Brasile il Paese sulla bocca di tutti. (riproduzione riservata) Francesca Manuzzi
Qui sopra, due look Osklen. In alto, Oskar Metsavaht
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nico marchio fashion di un paese Bric ad avere boutique anche in tutti i continenti, un export che raggiunge 30 Paesi, ma un turnover ancora al 95% generato in patria: Osklen, nata verde-oro nel 1989, oggi scommette sull’internazionale. Da un bimestre nell’orbita di Alpargatas, il colosso brasiliano da 980,9 milioni di euro di fatturato, forte di una chiusura di esercizio 2011 a 140 milioni di dollari di ricavi (circa 110 milioni di euro) e tassi di crescita a +20% nell’ultimo biennio, si affaccia con decisione sul mercato worldwide. Con 63 boutique che da San Paolo e Rio de Janeiro, si spingono verso Tokyo, New York, Miami, Milano e Roma, tutto lascia presagire un focus sempre più attento sull’espansione globale. Partendo dalla serie di showroom aperti a Parigi, Barcellona, Porto e Atene, passando all’esordio sulle passerelle della Grande Mela lo scorso settembre, per un posto in prima fila nella conquista degli Usa. Fino alla collezione autunno-inverno 2013, presentata alla Sao Paulo fashion week, che mixa Europa e Sud America. Tra essenzialismi dai ricami barocchi, pochi colori e materiali sostenibili, accorgimento catching per la stampa worldwide. Infatti, alpaca, pelliccia di pecora, pelle e mohair portano tutti la sigla E-Fabric, progetto dell’Istituto E fondato da Oskar Metsavaht, l’ex medico e poi stilista che ha creato il brand, istituto che si occupa di promuovere una cultura di produzione e consumo consapevoli nel tessile, per trasformare il Brasile in ambasciatore di questa causa nel mondo. Il brand di sportswear haut de gamme, posizionato nella fascia di prezzo medio-alta (borse con pricing sul migliaio di euro e T-shirt che non scendono sotto ai 150), mira a spostare la tacca dal 95% di turnover generato in patria verso l’estero. Con comunicazione e controllo di stile ancora nelle mani di Oskar Metsavaht e del suo team, e il 30% controllato dal gruppo cui fa capo anche Havaianas e detentore delle licenze per il mercato brasiliano di Mizuno e Timberland. Per l’acquisizione, Alpargatas (vendite nel primo semestre 2012 in crescita del 16,2%) ha versato 67,5 milioni di reais (circa 25 milioni di euro) e a un anno dall’acquisizione corrisponderà la differenza tra la somma già data e 13 volte l’ebitda della griffe per l’anno a venire. Dopo la seconda tranche, il gruppo verde-oro, potrà esercitare entro sessanta giorni l’opzione di acquisire un ulteriore 30% e passare quindi in maggioranza. (riproduzione riservata) Francesca Manuzzi
fashion
I consumi dell’ex Repubblica sovietica rialzano la testa, prevedendo un +7% per la fine dell’anno. E si confermano particolarmente attenti all’haute de gamme italiano
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na certezza per i luxury goods mondiali. Se i mercati emergenti sono destinati a salvare l’economia globale gli acquisti di beni di lusso in Russia sono attesi in aumento del 7%. Si risveglia così il paese, che si conferma un Eldorado per gli enologi e i calzaturieri. Dopo le turbolenze degli anni scorsi, la Federazione Russa torna sulla via della crescita registrando i più veloci tempi di sviluppo (tra il 15 e il 20% all’anno), insieme a India e Cina. L’economia russa è la nona al mondo in valore nominale e la sesta per purchising power. Infatti, gli acquisti nel 2012 saliranno a 5,5 miliardi di euro, dei quale 4 miliardi di euro generati solo a Mosca, la città più popolata d’Europa con circa 12 milioni di abitanti. Questa dato è ancora più importante se confrontato con i numeri del 2009 quando la Russia, diminuita del 5% a 4,5 miliardi di euro, è uscita dalla top ten dei consumatori di lusso. Dopo aver recuperato la perdita, l’anno scorso il mercato è salito del 12%. Secondo uno studio elaborato da McKinsey a spingere la ripresa sono soprattutto il segmento spirit: circa il 45% dei consumi totali corrisponde all’alcol, il 36% all’abbigliamento, il 3% a gioielli, orologi, elettronica e altri prodotti premium class. In termini assoluti, la Russia è ancora molto indietro rispetto all’Europa e la Cina. Gli esperti russi, invece, affermano che valutare correttamente fashion&luxury nel paese è quasi impossibile, perché i player principali non rivelano interamente le loro performance. Di conseguenza le stime delle vendite annuali fluttuano da 5 a 7 miliardi di euro. I clienti russi, infatti, preferiscono ancora fare shopping all’estero e l’Italia rimane la preferita in assoluto. Ma esiste la tendenza a spendere di più «in casa» guadagna terreno e a favorire il tutto è anche il disgelo doganale, dopo l’ingresso della Russia nel Wto a giugno 2012 (entro sette anni saranno ridotte le tasse sui prodotti di fascia alta e secondo le previsioni locali saranno i settori automobilistico e calzaturiero a risentirne maggiormente, ndr). Secondo uno studio di Bain & Company proprio il segmento di accessori è destinato a spingere i beni di lusso. Il mercato russo rimane dunque un boccone ghiotto per il made in Italy, visto lo scambio commerciale nel 2011, aumentato del 31,2%, a 82,5 miliardi di euro. (riproduzione riservata) Natalia Chebunina
un look s/s 2013 di BASHARATYAN Vpresentato a Milano moda donna
La Russia è sempre più di lusso
Interviste
ora è tempo di USCIRE Dagli ATELIER Ha detto Shumsky, numero uno della Mbfw Russia tracciando il futuro del sistema fashion del Paese
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a moda russa vive negli atelier e sta lavorando per uscire a conquistare il mondo». Parola di Alexander Shumsky, presidente dell’agenzia Artefact, che da 25 stagioni organizza la Mercedes Benz Fashion Week Russia, alla ricerca di nuovi talenti e con la sfida di costruire una piattaforma di fashion professionals, per un’industria con grandi potenzialità. Come ha raccontato a MFF in questa intervista. Come si è evoluto il mercato e la moda russa in questi ultimi anni? Il mercato è in divenire e il consumo è un importante tassello di self-identification. Abbiamo fatto tante ricerche per capire perché il compratore dell’Est-Europa non spendeva per il prodotto made in Russia. E fino a 2009 la risposta è stata sempre che non lo conosceva. Dopo la crisi, invece, nel centro c’è la scelta personale e il consumatore richiede identità. Non è più kitsch, ma cerca un vero lusso, qualità ed eleganza, invece dei soli noti brand da show off. E quel fermento nei gusti ha influenzato il settore, per questo ora anche i designer locali cercano di soddisfare queste esigenze. Che cosa rappresenta oggi la fashion industry russa? Il sistema della moda non è ancora maturo. Ci sono i grandi talenti e anche grandi ambizioni. E il problema più grave è il prezzo. Per il momento la maggior parte degli stilisti realizzano le collezioni nella cornice di un atelier, che garantisce, oltre a un approccio semi-couture, anche la quasi inaccessibilità dei loro creazioni. E mentre i buyer e i retailer sono pronti, gli stilisti, spesso per la sfida finanziaria o per poca esperienza, non sanno ancora organizzare la produzione e offrire una tiratura. Anche se i giovani cominciano di adottare processi operativi mutuati dell’estero. A proposito dei designer emergenti, sono loro il punto di riferimento della Mbfw Russia? Loro sono il futuro del made in Russia. Noi facciamo una selezione molto rigorosa per elevare l’asticella della qualità. L’obiettivo è formare le prossime generazioni professionali. Per questo abbiamo tanti concorsi e l’iniziativa di sponsorizzazione, e per questo abbiamo deciso anche di limitare i nomi internazionali nel calendario, per sviluppare di più i talenti russi. Quali sono i nomi da tenere d’occhio? Ci sono tanti bravi creativi nella moda russa di oggi. E di questi per il momento solo il trenta per cento sarà capace di crescere e potenziarsi. Il futuro è nelle mani di ragazzi come, ad esempio, Maria Golubeva, che in poche stagioni riuscirà a presentare un prodotto maturo e competitivo a livello internazionale. (riproduzione riservata) Natalia Chebunina
Overview
I talenti degli Zar alla conquista delle passerelle internazionali Un’estetica in divenire. Un istante storico in cui il passato si intreccia con il futuro, quando le radici diventano un’ispirazione piuttosto che il diktat di turno. Cambiano i ritmi, i sistemi e cambiano anche i gusti. Viene archiviata l’opulenza zarina, che cede posto a una femminilità pulita o a un’atmosfera minimal. Salgono in passerella i maestri del secolo scorso, ma è arrivato il momento d’oro per le nuove generazioni, pronte a conquistare il mondo. La moda in Russia accumula le sue esperienze, focaliz-
zandosi sulla qualità deluxe, lavorazioni cut edge e un approccio quasi aggressivo. Ci sono già creativi, che, portando i loro uffici di stile fuori dei confini euroasiatici, svelando una sinfonia worldwide. Tra di essi spuntano il georgiano, allevato sul terreno sanpietroburghese, David Koma (foto 2), che oggi è un favorito londinese di numerose icone pop. O ancora Veronica Basharatyan con la sua Basharatyan V, uscita dalla Central Saint Martins e arrivata al recente debutto durante Milano moda donna.
Mentre i talenti, fedeli alla loro residenza russa, scelgono il palcoscenico della Ville Lumière per mostrare la loro evoluzione stilistica. Così nell’ultimo calendario dell’haute couture parigino è emerso il nome di Ulyana Sergeenko (foto 1), una nota socialite moscovita, che per la sua collezione very russian & very luxury ha raccolto un gran numero di pareri positivi. Ma tutti i riflettori del mondo in vogue puntano su l’altra stilista-fashionista, Vika Gazinskaya (foto 3) che, essendo già una style icon anche fuori del
Dossier Russian style Exhibition
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Celebrazioni
Il lusso del made in Italy conquista la città di Mosca
Società Italia si prepara per i suoi primi 20 anni La ripresa economica, lo sviluppo stilistico, il gusto maturato e un perpetuo amore per Italia: la Russia ha tutti gli ingredienti per incoraggiare Società Italia e dargli ulteriore sprint in vista del 20° anniversario. Lo showroom milanese, uno dei più importanti b2b per l’area post-sovietica, tifa la fashion evolution e attraverso un evento doc si prepara a festeggiare. Come rivelano a MFF Tatiana Souchtcheva e Roberto Chinello, soci e fondatori dell’azienda.
Con un boom di presenze si chiude «Nation of fashion» organizzata da Exhibitaly per raccontare il savoir faire italiano. Alessia Lucchese
Come si è evoluto il sistema della moda in Russia?
In questo ultimo decennio la Russia si trova in continua evoluzione. Prosegue uno sviluppo socio-economico importante e questo processo coinvolge anche sistema della moda: tantissime province si stanno ampliando e innovando a grande velocità. Tutti paesi post-sovietici stanno raggiungendo vette altissime di trasformazione della loro economia, ma anche il proprio volto urbanistico. Quindi il mercato è in ripresa?
Il mercato è stato influenzato fortemente dal 2008 in poi. Ma già nel 2010 ci sono stati i primi segnali di ripresa e la Russia è uscita prima di altri paesi dalla crisi. Oggi i consumatori dopo anni di euforia hanno avvertito la necessità di porre un freno ai consumi e adottare un atteggiamento diverso, più maturo e equilibrato, ma nel 2011 e 2012 i budget degli ordinativi comunque non si sono contratti.
Quale sono l’ultime tendenze dell’export made in Italy verso la Russia?
Un grande incremento dell’export nel settore tessile-abbigliamento, nell’enogastronomia e nell’interior design e, tendenzialmente, in tutto quello che rappresenta l’eccellenza del made in Italy. L’Italia continua a rappresentare il mito assoluto per i russi; tutto ciò che è italiano è amato, benvoluto, desiderato e ammirato con profondo rispetto.
In alto, da sinistra in senso orario: l’esterno del Krany Oktyabr, un abito Versace a/i 2012/13 e un look Valentino p/e 2013, la Baguette e la Peek a boo di Fendi, un long dress della collezione a/i 2012/13 di Alberta Ferretti, una veduta d’insieme della mostra e una creazione storica di Fernanda Gattinoni
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a grande mostra «Nation of fashion» chiude i battenti a Mosca e conferma la Russia come principale piazza per il made in Italy. L’exhibition dedicata al sistema moda italiano inaugurata lo scorso 7 novembre all’interno di Exhibitaly-Eccellenze italiane d’oggi, la manifestazione promossa dalla presidenza del Consiglio dei ministri in collaborazione con i ministeri dello Sviluppo economico e dei Beni culturali e con l’Ice (vedere MFF del 20 novembre) inaugurata lo scorso settembre, ha chiuso ieri i battenti registrando un grande successo in termini di affluenza. Come ha raccontato a MFF Beniamino Quintieri, coordinatore del programma Exhibitaly: «Il grande suc-
cesso di «Nation of Fashion» conferma due importanti tendenze: da un lato che la moda made in Italy non conosce crisi sul mercato russo, dall’altro che la creatività dei designer dell’Europa dell’Est è in continua evoluzione e attinge quasi ed esclusivamente dal nostro gusto. Sono stati tantissimi, infatti, i designer emergenti russi che hanno visitato gli spazi di Krany Oktyabr, abbigliati dalle nostre griffe più importanti e ritengo che il connubio tra l’estro e la manualità italiana con la creatività di questi stilisti emergenti potrebbe aprire nuove strade di collaborazione. La moda è un polo d’attrazione senza eguali, all’inaugurazione c’erano più di novecento persone e l’affluenza durante i giorni in cui la mostra era aperta al pubblico hanno re-
paese, dopo cinque anni di intense fatiche ha presentato a Parigi la sua primavera-estate 2013 con lavorazioni raffinatissime e un’allure un po’ birichino. Intanto, il pubblico post-sovietico inneggia anche i sofisticati abiti ladylike firmati Alexander Terekhov (foto 4), un talento fresco, che gode della benevolenza delle dive locali. Tuttavia la sfida fashion è ancora dura. Il format di un atelier privilegiato spesso rimanda l’incontro con il consumatore finale. Ma nascono già i primi creativi che puntano, oltre a svilupparsi esteticamente, anche sulla produzione professionale, come dimostra, ad esempio, l’ucraina Poustovit o Leonid Alexeev con il suo cool menswear dai tratti sartoriali. (riproduzione riservata) Natalia Chebunina
Nel 2013 Società Italia compirà i suoi primi vent’anni di attività. Come pensate di celebrare?
gistrato numerosi picchi, soprattutto nei week end». Un successo che conferma l’importanza che la Russia riveste per il made in Italy in termini di export. Nei primi cinque mesi del 2012 le esportazioni di abbigliamento hanno generato un giro d’affari di 324 milioni di euro (+7%), così come la maglieria è cresciuta del 27% a quota 129 milioni di euro; a doppia cifra anche l’export di calzature e borse, rispettivamente a +14% e +22%. Dopo l’ottimo riscontro di «Nation of fashion» e della prima mostra dedicata all’arredo «Welcome to design» Exhibitaly si prepara a bissare con l’ultimo appuntamento dedicato alla tecnologia «Tech me to future», in calendario dal 5 dicembre al 6 gennaio 2013. (riproduzione riservata)
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Abbiamo aperto infatti nel 1993; 20 anni di Russia, ci hanno resi testimoni e protagonisti di tantissimi eventi di carattere epocale che hanno interessato i territori dell’ex Urss. Per noi essere arrivati a questo traguardo è un risultato davvero grande e siamo certi che il segreto del nostro successo sia legato al nostro team che ha raggiunto ottimi livelli di professionalità. Stiamo ancora studiando il calendario di eventi commemorativi. Ma sicuramente Società Italia vedrà radunare in grande stile tutti i designer che hanno partecipato alle sei edizioni del nostro Festival. (riproduzione riservata) Natalia Chebunina
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SAVE THE DATE
Milano Fashion Global Summit
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venerdĂŹ 30 novembre 2012
MF fashion
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4 Dicembre 2012 Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento Firenze, Piazza della Signoria
La conferma degLi USa, iL ritorno deL giappone e La promeSSa deL BraSiLe USa momentum, the return of Japan and the promise of Brazil
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