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Magazine For Fashion
n. 87. novembre 2017. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale
international edition
Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano
Lorenzo Serafini e modelle vestite Philosophy di Lorenzo Serafini. Foto Davide Gallizio
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Stuart Vevers e modelli vestiti Coach 1941. Foto Tommy Ton @ theCollectiveShift
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Jonny Johansson e quattro modelle in Acne studios. Foto StÊphane Feugère
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11.30 PM CHIAKI HATAKEYAMA - NAKAMEGURO TOKYO
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Lulu wears the mid-blue denim trucker jacket. Photographed in Brooklyn, April 2017. calvinklein.com
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22 | MFF-Magazine For Fashion
Salvatore Ferragamo
Nina Ricci
Rick Owens
Jil Sander
Philosophy di Lorenzo Serafini
Green carpet fashion awards
Marques'Almeida
Alexander Wang
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Saint Laurent
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the wowness by STEFANO RONCATO
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Una volta si diceva che fosse New York la città che non dormiva mai. Ma ora sono tutte le città del mondo ad animarsi, a prendere vita, a raccontare le proprie bellezze esaltandone il colpo d'occhio. Diventano frammenti di ricordi futuri, cartoline da viaggi che raccontano una stagione in cui la moda ha riscoperto un suo elemento chiave, la strada. Non solo come fonte di ispirazione, ma come luogo di aggregazione di quelle persone con cui si vuole parlare. Un linguaggio moderno, un crash estetico che viene raccontato dal nuovo numero di MFF-Magazine For Fashion tracciando un fil rouge tra tre maison che stanno lasciando il segno e che con i loro creativi diventano protagoniste delle cover story. L'American dream vibrante immaginato da Stuart Vevers per la nuova direzione di Coach. Lorenzo Serafini, it-boy della scena italiana, che si è mosso con occhio attento per siglare il successo della linea Philosophy di Lorenzo Serafini. E quell'attitude avant-garde creata da Jonny Johansson per Acne Studios, dall'impronta di design nordico ma pronta a scaldare il cuore con i suoi messaggi visivi legati al contemporaneo. Un mondo che è in forte cambiamento, che cerca nuove vie da percorrere. Tra acuti di comunicazione, mission legate al green e alla sostenibilità. E a quel recupero delle tradizioni, dell'heritage e del Dna da comunicare alle next generation. Che forse non hanno vissuto l'âge d'or della moda ma ora ne hanno un assaggio. E che sono pronte a volare come in una nuova città degli angeli.
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22 e 23
openview Stefano Roncato
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drome. marianna rosati Roberta Maddalena
32 e 33 facecool Angelo Ruggeri
47 ERDEM MORALIOGLU Valentina Nuzzi
34 e 35 Moodboard Ludovica Tofanelli
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buyers picks Elisabetta Campana, Francesca Manuzzi e Valentina Nuzzi
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quick chat Angelo Ruggeri
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angela missoni Francesca Manuzzi
54 e 55 models Angelo Ruggeri
40 F.R.S FOR RESTLESS SLEEPERS. FRANCESCA RUFFINI Ludovica Tofanelli
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58 e 59 Accessor-hype Angelo Ruggeri
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fiorucci. JANIE E STEPHEN SCHAFFER Angelo Ruggeri
il finale dello show TOMMYNOW FALL 2017
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60 a 67 lorenzo serafini @ philosophy di lorenzo serafini Stefano Roncato Foto Adriano Cisani @ whatAstreet, Davide Gallizio, @indigitalimages.com, Luca Orsi 68 a 75 stuart vevers @ coach Stefano Roncato Foto Tommy Ton @ theCollectiveShift 76 a 83 jonny johansson @ acne studios Stefano Roncato Foto Stéphane Feugère 84 a 89 james long with Lucky Blue SMITH and pyper america smith @ iceberg Stefano Roncato Testi Francesca Manuzzi, Ludovica Tofanelli Foto Simone Battistoni
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90 a 101 First raw Stefano Roncato
il finale di dolce&gabbana p-e 2018
102 e 103 VINTAGE 2.0 Chiara Bottoni 104 e 105 think green Francesca Manuzzi 106 a 119 the best versace saint laurent comme des garçons chanel dolce&gabbana jil sander loewe balenciaga gucci louis vuitton
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ChloĂŠ fendi valentino prada 120 a 136 trends flow mirror foulard see through vinyl sauvage denim logo man artsy
il finale di moncler gamme rouge p-e 2018
in covers
30 | MFF-Magazine For Fashion
lorenzo serafini e modelle vestite philosophy di lorenzo serafini
stuart vevers e tre modelli vestiti coach 1941
jonny johansson con quattro modelle vestite acne studios
servizio: stefano roncato foto: Davide Gallizio
servizio: stefano roncato foto: TOMMY TON @ thecollectiveshift
servizio: stefano roncato foto: StÊphane Feugère
138 e 140 grooming Francesca Manuzzi 143 a 146 international & addresses
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PEOPLE
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Un racconto in dieci tappe tra arte e moda, musica e design. Alla ricerca di personaggi che stanno riscrivendo il concetto di creatività. Talenti con un cool factor da scoprire. By Angelo Ruggeri
Roberta Benaglia WORK: FOUNDER & CEO / FOR: STYLE CAPITAL SGR / WHERE: MILAN Mamma di due figli e top manager. Nel 2006, fonda la società Style capital sgr che gestisce fondi di private equity destinati a investire in piccole-medie imprese italiane, in settori di eccellenza del Made in Italy, come la moda e il lusso. È consigliere di amministrazione nella Damiani spa, amministratore delegato della Kickoff spa (di cui fa parte il marchio di beachwear Sundek) e presidente esecutivo del cda della Forte forte srl. Non solo. È stata amministratore delegato della Golden goose spa, che produce e commercializza scarpe, abbigliamento e accessori, per uomo e donna, sotto il marchio Golden goose deluxe brand.
Ronnie Fieg WORK: founder & designer / FOR: kith / WHERE: nyc Nel 2011 ha fondato il suo marchio e concept store Kith. Oggi il brand è stato definito dagli addetti al settore «il nuovo Supreme». Nato nel Queens, fin da piccolo Ronnie Fieg ha sempre amato l’universo delle calzature. A 12 anni, infatti, lavorava già come magazziniere per il marchio di footwear David Z. Con passione e determinazione, è riuscito a far conoscere la sua visione e i suoi gusti anche a colossi come Asics e Nike, con i quali ha realizzato recentemente capsule collection di sneakers, in edizione limitata, indossate dalle celebrity americane più famose.
Kaia Gerber WORK: model & actress / FOR: IMG / WHERE: los angeles Classe 2001, altezza 175 centimetri, bellissima. Figlia di Cindy Crawford e di Rande Gerber, un famoso uomo d’affari, impegnato nel ramo dei locali notturni e fondatore della Midnight oil, è una delle modelle di punta delle passerelle womenswear dello scorso settembre. Kaia Gerber, nelle ultime settimane, ha sfilato per Chanel, Miu miu, Valentino, Saint Laurent, Versace (con la madre), Moschino, Fendi, Burberry e Prada. Forse molti non sanno che è stata «scoperta» dallo stilista Marc Jacobs, che l’ha chiamata come testimonial in alcune campagne pubblicitarie, come quella del suo profumo Daisy.
Tiziano Guardini foto S.Cavalli
WORK: fashion designer / FOR: tiziano guardini / WHERE: rome Attualità, ecosostenibilità e originalità. Tre concetti per definire al meglio il lavoro creativo di Tiziano Guardini. Nato a Roma, fin da bambino è affascinato dal mondo della moda e decide di intraprendere il suo percorso di studi all’accademia Koefia nella capitale. Dopo aver conseguito il titolo di designer e il master in responsabile del prodotto, inizia alcune collaborazioni in diversi uffici stile romani. Oggi, dirige il suo marchio omonimo di eco-couture, che è stato premiato con il Franca Sozzani Gcc award for best emerging designer ai recenti Green carpet fashion awards di Milano.
Kira Lillie WORK: JEWELRY DESIGNER / FOR: VK LILLIE / WHERE: SANTA CRUZ Le sue clienti vip di Los Angeles la definiscono una «curatrice dell’anima» per le pietre speciali che inserisce nei suoi gioielli, che stimolano energia positiva nell’universo. Nata in Colorado, Kira Lillie si è appassionata fin da piccola alla spiritualità e alla cultura dei nativi americani, trasmessale dalla madre Vanessa. Le collane che realizza sono ispirate alle medicine bag indossate dalle tribù indiane come piccoli scrigni per oggetti preziosi, carichi di significato. Gioielli interamente realizzati a mano con pelle di guanti vintage, catene in argento puro o placcato in oro, perle giapponesi e pietre come ambra, onice, quarzo e turchese.
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ALEX PALL & ANDREW TAGGART WORK: DJ & PRODUCER / FOR: THE CHAINSMOKERS / WHERE: NYC Icone musicali e di stile. Alex Pall e Andrew Taggart (il primo di New York, il secondo di Portland), conosciuti da tutti con il nome d’arte The Chainsmokers, hanno raggiunto il successo nelle classifiche di musica elettronica con il singolo #Selfie nel 2014. Oggi sono considerati uno dei più importanti duo musicali di sempre. Anche grazie al loro stile e alla loro visione di moda, entrambi amati dallo stilista imprenditore Tommy Hilfiger che li ha chiamati per disegnare la capsule esclusiva Tommy x The Chainsmokers. E per farli diventare anche i protagonisti della campagna autunno-inverno 2017/18 del marchio a stelle e strisce.
Sciuragram WORK: founder / FOR: @sciuragram / WHERE: milan Di lui si sa solo il nome e la città dove vive, Milano. Angelo è il fondatore di uno degli account Instagram più cool di sempre, @sciuragram. Sul suo profilo, infatti, colleziona le foto delle signore over 60 (ossia le «sciure») più cool di Milano. Una più bella dell’altra. Tra i tanti post, c’è la #LaVeraNonnaBina, che indossa un favoloso abito vintage di Pucci, la sciura con il grande cappello giallo anni 50 e la signora che indossa l’ultima montatura firmata Gucci, con tanto di foulard e cappuccio di pelliccia. Tutte alla moda e tutte con una storia da raccontare, che hanno reso Angelo uno degli addetti al settore più innovatori del momento.
Francesco Torricella WORK: FILM DIRECTOR / FOR: HERSELF / WHERE: BERGAMO Francesco Torricella ha iniziato a lavorare nel mondo della moda prima come graphic designer e poi come film maker presso l’agenzia Nt next, collaborando con Costume national e con Etro. Nella sua carriera da regista ha realizzato spot, documentari e videoclip musicali spaziando tra generi e linguaggi diversi. L’ultima sua creazione, il film Infinite path, realizzato con il collega Arice, è stato insignito del premio Best Italian fashion film durante il Fashion film festival 2017, la kermesse ideata da Constanza Cavalli Etro con il sostegno di Krizia e il patrocinio di Comune di Milano e Cnmi-Camera nazionale della moda italiana.
DOUGLAS VANLANINGHAM WORK: FASHION stylist / FOR: HIMSELF / WHERE: LOs angeles Nella sua carriera ha curato il look di Beyoncé (nel famoso videoclip Run the world girls del 2011), Pamela Anderson, Daphne Guinness, Scarlett Johansson e Miley Cyrus. Oggi, oltre a essere fashion editor per Schön magazine e costume designer, è il personal stylist di Ricky Martin, che grazie al suo lavoro è tornato a essere uno dei cantanti più sexy e cool di sempre. Per questo successo, è stato chiamato come consulente per curare gli abiti della futura serie American crime story sulla vita di Gianni Versace, nella quale lo stesso Martin è protagonista nei panni di Antonio D’Amico, il compagno di vita dello stilista.
Natasha Zinko WORK: FASHION DESIGNER / FOR: NATASHA ZINKO / WHERE: LONDON From Ukraine with love. Dopo la laurea in legge, Natasha Zinko si trasferisce a Londra dove studia arte e design presso il Chelsea college of arts. E, successivamente, si specializza in jewelry design alla Central Saint Martins. Per pura passione, inizia a realizzare capi d’abbigliamento per le sue amiche che la aiutano a farsi conoscere nel mondo del lusso. Dopo il successo, nel 2011 decide di aprire la sua prima boutique nel cuore di Mayfair in Maddox street a Londra. Tutte le sue collezioni sono impreziosite da giochi di colore, volume e proporzioni, che raccontano la sua anima di donna a 360 gradi.
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backstage
MOODBOARD
gli anni 70 in versione romantica. da roma a new york, giambattista valli narra la storia d'amore tra mario schifano e nancy ruspoli. By Ludovica Tofanelli
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Love affair. Per la sua primavera-estate 2018 Giambattista Valli racconta una storia d'amore risalente agli anni 70, quella vissuta da Mario Schifano e Nancy Ruspoli. Un legame passionale che si è consumato tra la cornice eterna di Roma e l'atmosfera artsy di New York. «Ho immaginato l'incontro di queste due personalità opposte, lui intellettuale e lei aristocratica. Ciò che mi ha profondamente colpito è il modo in cui si sono fusi tra loro, ispirandosi a vicenda», ha spiegato lo stilista romano nel backstage del suo défilé parigino. A fare da sfondo al racconto, un moodboard di referenze dal sapore vintage, nel quale il designer ha raccolto frammenti di vita e frutti creativi dei suoi due protagonisti. «Ciò che mi attrae è il vissuto di una persona, è lì che c'è la cultura, come quel bruciarsi l'uno nell'altro di Schifano e Ruspoli. Dopo il loro incontro partono per New York, lei si mette i jeans, si taglia i capelli. Cambia completamente look per lui, cambia il suo stesso stato. Lui, dopo New York, si trasferisce da Trastevere a Palazzo Ruspoli,
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inizia a studiare francese e prende la r moscia. Questa generosità nell'ispirarsi è incredibile», ha continuato il creativo, la cui maison è oggi partecipata dalla famiglia Pinault. Un legame, quello tra Giambattista Valli e François-Henry Pinault, ispirato anch'esso da una figura femminile. A far nascere l'amicizia tra i due, come ha raccontato lo stesso magnate francese presente alla sfilata, è stata proprio la moglie e attrice Salma Hayek. «Trovo fondamentale il ruolo dell'artista, ma ancor più quello della musa. Che non a caso è sempre una donna», ha aggiunto Valli. La sua passerella racconta così d'amore e d'ispirazione, dando forma a quel mosaico di passioni condivise dai due amanti. Un patchwork romanti-
co e introspettivo, all'interno del quale si definisce la figura di una femminilità eterea, che si aggira per l'atelier d'artista indossando maxi nightgown dalle texture impalpabili. Un'estetica aristocratica interrotta dai bagliori boho dei 70s, dove i completi in denim esprimono l'essenza ribelle di una sensualità sottile. «C'è la Roma degli anni 70, quel momento storico della città che è stato incredibile per l'arte, l'aristocrazia, la politica. Anni importanti e anche estremamente internazionali, che coinvolgevano artisti come Andy Warhol, amico dello stesso Schifano», ha concluso Valli dietro le quinte. Ritraendo un'atmosfera passata senza nostalgia, con il desiderio di riviverla attraverso le girls di oggi.
sopra, il moodboard della sfilata di Giambattista Valli spring-summer 2018
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Family BUSINESS Q&A with Dean and Dan Caten
Un amore fraterno al quadrato quello di Dean e Dan Caten. Sono gemelli per nascita e per scelta. Dividono il cognome e la label Dsquared2, la loro creatura, fondata nel 1995. Canadesi di Willowdale in Ontario, con origini italiane e una vita con la valigia in mano, sono gli ultimi di nove figli e hanno costruito una favola fatta di sole e superpoteri da gemelli. Cosa significa essere i fratelli Caten? Dean: Creativi, con tanto intuito, innovativi, unici. E spesso in viaggio. Dan: È il legame più forte che possa esistere. Siamo gemelli, non una coppia ordinaria, più forte e divertente. Esiste quella connessione speciale tra gemelli? Dean: È qualcosa di incredibile, che non può essere descritta con le parole. Dan e io ci capiamo al volo, come potessimo leggerci nella mente. Ci ritroviamo a completare la frase dell’altro. È magico. Siamo fortunati. Dan: Siamo davvero sensibili alle emozioni dell’altro. Ci rendiamo immediatamente conto se c’è qualcosa che non va. Una volta abbiamo avuto un incidente nello stesso istante e ce ne siamo resi conto. Twin power. Chi è la star della famiglia? Dean: Io ovviamente. Scherzo, entrambi lo siamo… siamo identici. Dan: Siamo tutti stelle nella nostra famiglia. Anche se Dean ha l’opportunità di brillare un po’ di più… ha un audience più ampio. Cosa rappresenta il Canada? Dean: Sarà sempre casa nel nostro cuore. Il punto di partenza, la famiglia, i ricordi, le radici. Qualcosa di cui non si può fare a meno. Dan: Casa e squadra. Definisce il nostro carattere e la personalità. Siamo fieri di essere canadesi, onesti e gentili per natura. È un nostro tratto somatico nell’industria della moda, che ci dà unicità. Cos'avete in comune? Dean: La moda, la perseveranza, la passione. E prendere il sole. Dan: A parte il fatto che lui fumi e io no, il resto è praticamente identico. Qual è la più grande qualità di suo fratello? Dean: È un grande sostegno, protettivo e riflessivo.
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Dan: È essere creativo e super carefree. Io sono più razionale, lui ha la capacità di vedere sempre positivo, convincendomi che tutto andrà bene. Ha un'icona? Dean: David Bowie. Può averci lasciati, ma è presente con lo spirito. Dan: Della vecchia Hollywood, come James Dean e Joan Crawford. E sicuramente Linda Evangelista. Qual è la sua ossessione oggi? Dean: I viaggi e il sole, la mia ossessione senza fine. Dan: Fashion obsession. C'è un film o una canzone che le ricordi suo fratello? Dean: Tutti i film di 007. Guardiamo da sempre James Bond insieme. Dan: Io direi più Wonder woman. Una canzone è Castles in the sky. Mi ricorda noi piccoli che sognavamo di diventare qualcuno. E un oggetto che vi leghi? Dean: Siamo uno il portafortuna dell'altro. Dan: Non occorre. Lui è mio fratello, non c’è connessione più forte. Qual è il momento migliore insieme? Dean: Abbiamo da poco passato due giorni con i nostri fratelli e sorelle a Casalvieri, il paese d'origine di nostro padre e nostra nonna qui in Italia, rivivendo la storia della famiglia. Ci siamo molto emozionati ed è stata un'esperienza indimenticabile. Mi sono sentito ancora più vicino a Dan. Dan: Gli attimi migliori sono quelli in relax, guardando un film e rendendoci conto che siamo così simili che ci trasmette le stesse sensazioni. Qual è la forza del vostro successo? Dean: Think positive, perché la vita è troppo corta per preoccuparsi di cose futili. La nostra è una grande passione e poterla condividere con Dan è straordinario. Dan: Siamo noi due... gemelli che si guardano le spalle. Non siamo mai soli. C'è sempre qualcuno su cui contare, che non divorzierà mai da te, non ti lascerà. Non ci lasceremo mai. Francesca Manuzzi
da sinistra, Dean e Dan caten
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angela missoni interview by francesca manuzzi
#Angelasworld. È l'hashtag con cui convenzionalmente viene raccontano l'universo di Angela Missoni. Una cornucopia sgorgante di libero pensiero creativo. Una donna che ha fatto dell'heritage Missoni la musica a cui ispirarsi per aggiornarne il vocabolario con coraggio. Nelle sue vene scorrono sangue e artigianato in technicolor e nel 2017 ha compiuto vent'anni alla guida creativa del marchio fondato nel 1953. Il suo è un gene artistico ereditato dai genitorifondatori Tai e Rosita Missoni e costruito in anni da «grande curiosa», come si autodefinisce. Angela Missoni ci ha messo la faccia, il cuore e la mente per vent'anni, senza trascurare la responsabilità sociale e l'ardore di buttare gli innesti di un cooltura Missoni del futuro. Il primo ricordo di questi vent'anni? Ciò che non scorderò mai è quando mia madre mi ha detto: «Quello che stai facendo è ciò che vorrei per la prima linea di Missoni in questo momento». È una cosa così rara che un genitore che si è inventato un mestiere, così personale, decida di regalarlo alla seconda generazione. Una bella soddisfazione come professionista, ma soprattutto come figlia per la fiducia totale e il supporto che mi è stato dato. Qual è la soddisfazione più grande? Vent'anni di direzione creativa sono una vita per un designer. È tanto. Soddisfazioni e tappe faticose. Mi sono molto emozionata in questi mesi di celebrazioni. Non avevo realizzato quanto fosse l'affetto e la stima di cui godevo in questo mondo, il che è abbastanza singolare. Così com'è singolare Missoni, lo sono vent'anni di una seconda generazione e lo è ancor più essere rimasti vivi in questa decade in cui è cambiato il sistema. Restare nel tempo, adeguati e organizzati per quanto possibile è una cosa di cui vado orgogliosa. Successo che le è stato riconosciuto... Il Premio al coraggio all'ultimo Amfar mi ha resa molto fiera, soprattutto per il titolo del premio. O il Visionary award del Mad-Museum of arts and design di New York. È quando mi trovo a fare il discorso di ringraziamento che mi chiedo: «Ma stanno ascoltando veramente me?». È la stessa sensazione sconvolgente di quando esco a fine sfilata, io che vivo di backstage, e mi si parano davanti mille persone che apprezzano e seguono il mio lavoro. Qual è la sua idea più rivoluzionaria? Quella che nascerà domani. E oggi Missoni cos'è? Uno spirito, che non segue l'età, ma un modo di vivere. Libertà del vestire. Donna e uomo. E Angela Missoni? Sono molto curiosa di natura e il mio è un mestiere che spinge l'inventiva. Non solo di creare qualcosa che altri possano desiderare, ma soprattutto nelle soluzioni… da una cucitura a un'organizzazione. Potrei avere quel famoso banchetto con scritto: «Si trovano soluzioni». È una super collezionista. Ha dei portafortuna? Non posso dire di essere scaramantica, sono molto realista e mi rendo conto di essere fortunata. Ma mi piace custodire i simboli della fortuna. Ho una collezione di coccinelle? Sì. Una di quadrifogli? Sì. Di corni napoletani? Anche. Non mi sono mai interessati gioielli che avrei potuto vedere su qualcun'altra e trent'anni fa ho iniziato a raccogliere charms per assemblarli. Il gioiello dev'essere qualcosa di personale. Mi piacciono l'unicità e l'idea del riciclo creativo.
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Cosa sarà Missoni in futuro? Nella prima vetrina de La Rinascente nel 1958 c'era una maglieria con una riga verticale, qualcosa che in quel momento era il futuro. Per ottenerla mia madre aveva realizzato la maglia a metro, invece che a capo. L'aveva lavorata come fosse un tessuto, tagliata e girata. Oggi con i macchinari di maglieria si possono ottenere effetti incredibili. La tecnologia permette a una modellista di realizzare in un giorno quattro modelli e non soltanto uno in quattro giorni. Quale sarà l'uniforme Missoni di domani? Faccio sempre fatica a trovare le uniformi perché detesto l'uniformità… Le divise dei negozi, dei venditori sono un incubo. Il look deve far sentire coccolati, con un atteggiamento rilassato. Il mio sogno è che la persona porti l'abito e non si faccia portare dall'abito. Cosa la ispira oggi? Mi rendo conto di faticare a volte, ma di essere sempre alla ricerca dell'armonia. Cerco l'equilibrio nella costruzione delle collezioni, nel luogo in cui vivo la mia vita privata, nella mia cucina. E se fosse una musica? Il reggae è sempre stato qualcosa di irresistibile per una ragazza nata in quegli anni. Irresistibile come Instagram oggi? Lì si chiama Missbrunello invece di Angela… Inizialmente è stato un discorso di privacy, avevo anche l'account privato perché volevo vedere come funzionasse, senza espormi. Miss è Missoni e signorina in inglese. Brunello è il luogo dove vivo e il mio fidanzato si chiama Bruno. Poi il nome è rimasto. E se le dicono Missoni, cosa pensa? Al mio cognome. Al senso della famiglia che è fortissimo qua. Un orgoglio e una rete di supporto per tutti. Azienda e casa sono una cosa sola. Noi siamo una cosa sola. La creatività è ereditaria secondo lei? Non so se sia un gene ereditario, ma esiste sicuramente un'educazione, uno stile di vita e un modo di crescere i figli che può stimolare la curiosità. I miei sono tutti artisticamente talentuosi, ognuno a modo suo. Spero di averli lasciati liberi, senza paura di esprimersi, come sono stata cresciuta io. Ho sentito molto poco il giudizio dei miei genitori ed è il regalo più grande. I suoi figli si stanno avvicinando a Missoni? Teresa stamattina mi ha detto che desidera ricominciare a lavorare in atelier dopo la maternità. Qual è il momento migliore oggi? La mattina quando apro la finestra e vedo le montagne. La vista sul Monte Rosa e il lago di Varese sembrano un quadro in qualsiasi stagione e momento della giornata. Guardandoli respiro e mi elevo. Non faccio yoga, ma credo sia simile. La bella Italia… La moda di Milano è stata criticata duramente. Cosa ne pensa? Sono attacchi tout court che non si capisce a che pro vadano e che arrivano da chi è in una situazione di debolezza. New York è in una grande crisi, molti marchi hanno lasciato la città. E spero arrivino da noi, non ci farebbe male avere un'iniezione di brand. Dove si vede tra vent'anni? Spero di andare a passeggio e avere tanta energia. Vorrei una seconda opportunità come mia madre, continuando a lavorare per stimolare tutti i miei pezzi di cervello, ma con un ritmo che non sia quello della moda. A febbraio voglio essere in montagna e a settembre al mare.
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F.R.S FOR RESTLESS SLEEPERS FRANCESCA RUFFINI. interview by LUDOVICA TOFANELLI
È una dimensione intima quella immaginata da Francesca Ruffini, fatta di silhouette confortevoli, sete comasche e stampe oniriche. La fondatrice e anima creativa di F.R.S For restless sleepers, moglie del numero uno di Moncler Remo Ruffini, ha fatto del roomwear la sua chiave stilistica, conquistando il pubblico fashion con capi homy attraverso cui racconta se stessa. Un progetto di vita, le cui origini risalgono alla sua infanzia e al quale ha dato oggi nuova forma, portando l’abbigliamento da casa nei salotti e per le strade. Forte di oltre 150 clienti di rilievo, come Net-a-porter e Bergdorf Goodman, Ruffini continua a crescere mantenendo la sua identità di nicchia, mentre studia il lancio di un atelier online e di una capsule charity. Che storia c’è dietro i suoi pigiami? È qualcosa che mi porto dietro fin da bambina. Mia madre vestiva me e le mie sorelle come tre maschietti, quindi avevamo il tipico pigiama da uomo. Appena tornavo a casa, toglievo la divisa e me lo infilavo per passarci tutta la giornata. Crescendo ho continuato a fare la stessa cosa, per me la comodità è fondamentale ma anche il sentirsi bene ed eleganti. Così abitando a Como, circondata dai setaioli, ho cominciato a farmi fare dei completi a modo mio. Il pigiama da giorno è stato sdoganato anche dalle fashioniste… Come mai? Le fashioniste hanno aiutato molto. Una volta capito il comfort del pigiama, ci si affeziona. È un completo non stagionale, si può optare per uno styling più elegante ma anche più easy. A cosa si ispira per le sue stampe? Sono miei sogni mentali, cambiano, ma sono sempre out of the blue, non seguono tendenze. Parto da un foglio bianco e ci costruisco una storia con l'aiuto dei miei libri, ne ho oltre 3 mila. Com'è nata la sua ultima collezione? L’ho chiamata ordine nel chaos. Sono partita da un chaos di idee e l’ordine è stato quello di legarle attraverso una palette che desse un senso anche alla traslabilità dei capi.
Qual è il tipo di donna che la ispira? Il mio idolo è Marella Agnelli, sempre elegante a prescindere da ciò che indossa. Guardo a donne che emergono per il loro carisma, che sanno portare qualsiasi cosa. Come Jackie ‘O. E le giovani di oggi come si rapportano con il suo brand? È assolutamente inaspettato, ma si rapportano benissimo. I miei prodotti, per qualità e artigianalità, non hanno prezzi facilmente abbordabili, ma è emersa una nuova fascia tra i 20 e i 35 anni con un buon potenziale di acquisto e che si interessa a capi come i miei. A me piace vedere come li interpretano, magari una vestaglia che io ho immaginato per la sera loro la lasciano aperta, la indossano con un jeans e sono moderne. Mi fanno pensare. Con i social media che rapporto ha? Sto lavorando per trovare la mia direzione, i giovani li raggiungi solo con canali velocissimi. Il mio sogno è portare tutto su un mio sito. Ho già aperto il mio piccolo e-commerce, ma voglio creare un atelier online per rispondere come bespoke, senza perdere l’artigianalità. Il modo in cui presenta le collezioni è molto intimo, ha mai pensato a una sfilata? Con l’intimità di una presentazione a casa trasmetto la vera attitudine delle mie collezioni, le persone possono viverla e capirla. La sfilata non avrebbe molto senso. Un sogno nel cassetto? Estendere il roomwear all’homewear. Vorrei vestire la casa, adoro le tavole, i letti ben fatti, ho una passione per gli oggetti. Per esempio, colleziono stoviglie dei grandi vecchi hotel. E poi vorrei trovare un link tra il mio brand e le attività per cui sono volontaria come la Fondazione Umberto Veronesi. A sostegno di Gold for kids, un protocollo dedicato a bambini con malattie oncologiche, vorrei realizzare una capsule da vendere online per devolverne il guadagno in beneficenza. Credo molto in queste cose. Se si ha avuto fortuna bisogna anche renderla.
in alto, un ritratto di FRANCESCA RUFFINI
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FIORUCCI
JANIE E STEPHEN SCHAFFER. interview by angelo ruggeri Gli angioletti con gli occhi verso il cielo. Il nano dai colori pop. Maripol insieme a Madonna allo Studio 54 di New York. I jeans a vita alta che si allacciavano sdraiati sul letto. Andy Warhol e Keith Haring. Un marchio, tanti mondi da scoprire. Tutti scoppiettanti e funny. Fiorucci is back! Il marchio fondato a Milano il 31 maggio 1967 da Elio Fiorucci rinasce (dalle proprie ceneri o quasi) ben 50 anni dopo, con due nuovi proprietari, che lo hanno rilevato dal gruppo nipponico Itochu. Ex moglie ed ex marito. Janie e Stephen Schaffer. Lei bionda, sorridente e sparkling. Lui più silenzioso, ma molto riflessivo e deciso nelle sue scelte. Due carriere lavorative diverse. Lei ha un passato come creative director di Victoria’s secret. Lui ha creato una società di sviluppo architettonico con i principali architetti e designer d'interni. Insieme, qualche anno dopo, hanno fondato il marchio di lingerie Knickerbox e inaugurato 200 negozi monomarca. Cosa li accomuna? La passione per il proprio lavoro e per la creatività. Che li ha riuniti nuovamente in questo progetto ambizioso, con l’obiettivo di riportare il marchio Fiorucci al top. Proprio come lo era negli anni 80. Perché avete deciso di acquistare Fiorucci? Siamo sempre stati fan del marchio. C’è stato un momento in cui i suoi prodotti erano scomparsi dal mercato. Abbiamo così pensato di farli rivivere con la stessa intensità di 30-40 anni fa. Avete qualche ricordo speciale legato a Fiorucci? Moltissimi. Forse il più grande è il negozio Fiorucci di Milano, il primo posto che visitavamo ogni volta che giungevamo in città. Abbiamo amato le T-shirt nelle scatole multicolor e trascorso ore a scrutare ogni singolo centimetro dello store, sempre con grandi novità. Gli 80s sono stati gli anni più coraggiosi e intraprendenti di sempre. E Fiorucci è stato uno dei suoi leader. Cos’è per voi Fiorucci? È l’incarnazione dell'ottimismo, è un marchio così creativo che unisce la cultura della musica,
dell'arte e della moda. In un unico concetto, da trasmettere a tutti. Come avete detto, Fiorucci era anche «arte e musica». Com’è invece il vostro rapporto con la creatività? Meraviglioso. Installazioni d'arte e musicisti sono di casa. E il nuovo negozio di Londra (inaugurato a settembre durante la London fashion week, ndr) è stato concepito come uno spazio modulabile per concerti, eventi e vernissage. Proprio come i negozi Fiorucci negli anni 80. Qual è il vostro pezzo Fiorucci preferito? Oggi come allora è la T-shirt iconica con gli angeli. In una parola? Timeless. Avete mai conosciuto Elio Fiorucci? Il nostro più grande desiderio era quello di incontrarlo e di rassicurarlo di aver comprato il marchio perché era uno dei nostri preferiti. Purtroppo, però, è scomparso prima. Chi è stato Elio Fiorucci per voi? Colui che ha inventato il concept store, un pioniere che ha dato visibilità a numerosi marchi di design, oggi molto famosi. Merita un grande posto nella storia della moda e della creatività. Com’è il nuovo negozio Fiorucci a Londra? È meraviglioso. È accogliente, colorato e divertente. C’è perfino un bar, il Fioruccino’s. Abbiamo in progetto di aprirne uno analogo a Milano entro il 2018, ma non sappiamo ancora dove. Durante Milano moda donna, avete presentato il libro Fiorucci edito da Rizzoli NY… Esattamente. Era davvero importante per noi perché avevamo scoperto un archivio straordinario e volevamo condividerlo e parlare con alcune delle persone che sono state molto importanti per il marchio. Tra tutti, Marc Jacobs e Sofia Coppola. Ci siamo riusciti. Se Fiorucci fosse vivo oggi, sarebbe felice di questo nuovo capitolo del marchio? Sì. Sarebbe entusiasta di vedere quanto amiamo il brand e di quanto ne siamo appassionati.
in alto, un ritratto di janie e stephen schaffer
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drome
marianna rosati. interview by roberta maddalena Un amore, quello di Marianna Rosati per la moda, coltivato sin da bambina grazie ai preziosi consigli del padre Ferrero, founder del marchio Santacroce di cui è stata head designer. Ed è la storia di una stilista, oggi mente creativa del suo brand Drome, che il profumo della pelle, vero cuore della griffe, lo ha respirato tra gli stanzoni dell’azienda di famiglia e i paesaggi della sua amata Pescia, piccolo comune in provincia di Pistoia. Oggi Marianna vuole portare la sua label dall’anima punk sempre più in alto, fino alle terre calde del Medio Oriente. Da dove nasce il nome Drome? Il nome ha un duplice significato. Se togliamo la «e», nelle lingue scandinave questa parola indica il sogno. Nei canti gitani, invece, la parola Drome significava viaggio e accompagnava gli spostamenti dei nomadi. In fondo, il sogno e il viaggio sono le sue due anime. Ha imparato a conoscere la pelle sin da bambina lavorando a fianco di suo padre, Ferrero Rosati. Cosa ha imparato in tutti questi anni? Ricordo ancora i lunghi pomeriggi passati a fianco di mio padre in azienda. Di quegli anni porto dietro un bagaglio bellissimo fatto di tanta dedizione e passione, gli stessi ingredienti che oggi cerco di trasmettere alla mia giovane squadra. Grazie a questa lunga gavetta ho imparato soprattutto ad amare i lati meno patinati della moda e i suoi aspetti critici. Se non fosse diventata stilista, cosa sarebbe voluta essere? Me lo domando spesso. Probabilmente il mio amore per le arti performative mi avrebbe attirata verso il mondo del teatro o della danza ma non posso dirlo con sicurezza (ride, ndr). Anche se una cosa è certa: l’arte avrebbe sicuramente continuato a fare parte della mia vita. Ha una forte etica del lavoro che la porta a utilizzare pelli che derivano dall’industria alimentare. Quanto conta per lei sostenere la moda green? Moltissimo. Penso che i player della moda dovrebbero assumersi maggiori responsabilità su
questo tema. Oltre a usare pelli derivanti dal circuito alimentare, noi di Drome ci affidiamo solo a produttori certificati, cercando di rendere i procedimenti di tintura in linea con l’ambiente. Nelle sue collezioni si legge una forte ispirazione anni Ottanta e Novanta. Quali sono le sue icone di riferimento? Potrei rivedere milioni di volte L’uomo che cadde sulla terra (film di fantascienza del 1976 diretto da Nicolas Roeg, ndr). Sono ossessionata dall’estetica punk e dalla cultura brit underground. Per questo le donne che porto in passerella sono un po’ David Bowie, maschili e femminili allo stesso tempo, camaleontiche ma anche un po' dark inside. Oltre alla moda, ha molti altri interessi come il teatro e la fotografia. Riesce a trovare il tempo di coltivarli? Da piccola sviluppavo foto in bianco e nero nel garage di casa, l’idea di poter immortalare un frame o un colore per sempre mi incuriosiva. Suppongo che ad avvicinarmi invece al palco sia stato il mio amore per la danza. Inizialmente è partito come un gioco, poi quando ho incontrato la regista Firenza Guidi ho capito che la recitazione doveva diventare qualcosa di più. Parliamo del futuro. Potrebbe far sfilare un giorno il menswear? La proposta maschile rappresenta ancora una fetta marginale del nostro universo estetico, ma non mi sento di escluderlo. Il nostro focus si rivolge ora allo sviluppo di tessuti, maglieria e accessori, dopo aver presentato a settembre a Parigi la prima capsule collection di borse. È stato aperto da poco il primo monomarca a Milano. Quali i progetti futuri? Sicuramente la crescita del canale retail. L'obiettivo è rendere il marchio completo: non voglio si parli solo di pelle. Al momento siamo anche in trattative per sbarcare in Medio Oriente… Un sogno ancora da realizzare? Portare Drome ai vertici, dove merita di stare. E poter continuare a viaggiare per sempre.
in alto, un ritratto di marianna rosati
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ERDEM MORALIOGLU interview by VALENTINA NUZZI
Quella di Erdem Moralioglu è una fiaba contemporanea narrata attraverso cascate di tulle e preziosi ricami floreali. Perché le sue silhouette romantiche e impalpabili parlano un linguaggio universale, quello del sogno. Non è un caso che il colosso svedese H&M abbia scelto il designer canadese di origini anglo-turche, che ha fondato la sua label, Erdem, nel 2005, come nuovo guest per la sua annuale designer collaboration. Un’opportunità straordinaria per introdurre il suo lavoro al grande pubblico. Come ha spiegato lo stesso Erdem in questa intervista. Qual è stato il suo primo approccio con la moda? Sono sempre stato affascinato dai vestiti e da tutto ciò che avesse a che fare con la femminilità. Tecnicamente, però, ho disegnato il mio primo abito all'età di sette anni. Era un cocktail dress senza maniche creato per la Barbie della mia sorella gemella, Sara. Ce l’ho ancora. Chi è la donna per cui disegna oggi? Disegno per molti tipi di donne. Ciò che tutte hanno in comune è un senso dello stile innato e la fiducia in sé stesse. Da dove trae la sua ispirazione? Quando comincio a disegnare una collezione penso a una donna e alla narrativa dietro di lei. Penso a chi è, cosa le è successo, cosa le sta per succedere. Durante questo periodo l’ispirazione poi può arrivare da qualunque cosa: un quadro, una composizione musicale, una fotografia. Per la mia linea spring-summer 2018 sono stato ispirato da un meeting tra Duke Ellington e la Regina nel 1956 e il pezzo musicale che è scaturito da questo incontro. Lei è canadese ma basato a Londra. Che relazione ha con questa città? Ho sempre avuto una connessione molto forte con l’Inghilterra dato che mia madre è inglese e metà della mia famiglia vive nei Midlands. Mi sono trasferito a Londra nel 2000 per studiare al Royal college of art e ho sempre vissuto lì da quel momento. Amo Londra per la sua diversi-
tà, la sua storia e la sua ricca eredità culturale. Ci sono così tanti posti che mi ispirano qui. Chi erano le sue referenze quando ha cominciato? Ho sempre amato il lavoro di Yves Saint Laurent. Un vero sognatore e visionario. Chi inviterebbe al suo dinner party ideale? Diana Vreeland, David Hockney, Nina Simone e Rudolf Nureyev. È riuscito a farsi degli amici veri in quest’industria negli anni? Sì, ho stretto delle amicizie meravigliose. C’è un vero senso di comunità tra i designer che hanno cominciato nello stesso momento e sono fortunato di poterli chiamare amici. Come si è sentito quando H&M l’ha chiamato per la sua designer collection? È stato eccitante ed è fantastico per me seguire le orme di quelli che mi hanno preceduto. L’idea che anche le persone che non conoscevano il mio lavoro hanno potuto scoprirlo è straordinaria. Sono molto orgoglioso della collezione. Cosa ne pensa del fast fashion? Per la collezione Erdem x H&M volevo creare qualcosa che trascendesse il fast fashion. Per me l’abbigliamento dovrebbe sconfinare i trend e resistere al test del tempo. C’è un altro brand con il quale le piacerebbe collaborare? Ho sempre sognato di collaborare con il Royal ballet. E accadrà il prossimo marzo. Cosa vede nel futuro della moda? Credo che si debba tornare a creare capi che raccontino una storia in maniera personale. Ha un sogno? Al momento tutto mi sembra un sogno. Amo il mio studio, il mio team e il mio store di Mayfair. Dopo tutte le cose che ho sognato in questi ultimi dodici anni, credo che il mio sogno stia accadendo adesso.
in alto, un ritratto di ERDEM MORALIOGLU
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Un'intervista doppia ad alta velocità. Domande e risposte rapide con una coppia di big player dell’architettura e dell’interior design. Per scoprire quali sono i punti chiave del loro lavoro. By Angelo Ruggeri
Founder / DimoreStudio
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Tre parole per definire il suo lavoro. Stimolante, impegnativo e gratificante.
Puzzle, colore e concetto.
Com'è cambiato il mondo dell’architettura e del design rispetto a quando ha iniziato a lavorare? In generale, è tutto più accelerato. È necessario essere rapidi e reattivi per fornire le risposte e le soluzioni quasi in tempo reale.
L’architettura è sempre più legata alla tecnologia, allo sviluppo tecnologico. Quindi sta mutando sempre più velocemente.
I social media hanno cambiato il suo modo di lavorare? Se sì, come? Sì, perché danno la possibilità a un pubblico più allargato di accedere a un mondo in maniera istantanea. Per questo, bisognerebbe essere più originali in quello che si propone.
Sì, poiché le informazioni viaggiano in maniera sempre più veloce. In generale, tutto è diventato più rapido.
Come si fondono, oggi, i concetti di architettura e moda? Oggi, più che mai, architettura e moda convivono in armonia. Vi sono contaminazioni continue, entrambi i mondi usufruiscono di questa creatività.
Noto una maggiore disinvoltura nel modo in cui vengono utilizzati gli strumenti, sia nella moda che nell'architettura.
In che modo ricerca le ultime tendenze? Che strumenti usa? Con l’aiuto della moda, del cinema, dei libri. Visitando mostre, viaggiando, camminando e osservando ogni singolo momento.
Tutto è fonte di ispirazione. Un viaggio, un libro, la strada che percorriamo tutti i giorni, una mostra…
Cosa ama di più del suo lavoro? Il contatto con il pubblico.
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Cosa invece non le piace? La necessità, a volte, di dover discutere per poter far passare i propri concetti.
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Che consigli dà più spesso al suo team? Tutto deve essere impeccabile.
Bisogna applicarsi ed essere precisi.
Uno dei momenti più belli della sua carriera? Quando ho visto la copertina del magazine World of interiors con la nostra casa fotografata sopra.
Quando ho visto la copertina del magazine World of interiors con la nostra casa fotografata sopra.
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li occhi di Brooke Shields non si dimenticano. Neanche quando ti scrutano da una fotografia, quando ti raccontano di un mondo post Pretty baby in una di quelle immagini che si stagliano su un muro speciale nello studio di Lorenzo Serafini. Un wall in divenire, un tableau vivant nel vero senso della parola. Che cresce stagione dopo stagione, aggiungendo nuove suggestioni, frammenti visivi, icone, cover e recensioni di sfilata che abbracciano il designer in un cocoon emozionale. Quasi una proiezione mentale che racconta il suo triennio alla guida creativa di Philosophy del gruppo Aeffe. «Non so dire se solo o già tre anni», ha spiegato a MFF-Magazine For Fashion lo stesso Serafini. Sempre citato nei papabili nel gioco delle poltrone creative della moda. Corteggiato dalla stampa e dal web. Pronto però a giocare con le sue regole, ossia quello di lavorare in un gruppo pensando da maison indipendente. Piccola e couture. E in poco tempo è diventato un esponente di quella nouvelle vague di creativi internazionali da tenere costantemente sotto controllo. «Alla fine anagraficamente non sono un ragazzino, ma proprio questo fa parte dell’oggi. Non devi per forza essere ventenne. È un gender-free sull’età. Ageless. La cosa bella, che può accomunare, è una vera indipendenza. Nessuno è omologato a nessun filone». Lei è spesso al centro del toto-nomi nei di vari valzer di poltrone blasonate. Come si sente a essere uno degli it-name della nuova generazione? Indubbiamente è motivo di vanto, mi fa estremamente piacere, in qualche modo ti fa sentire la pressione di essere guardato e considerato. Io che sono una persona emotiva la sento ancora di più. È sempre un balance un po’ sbilanciato tra il godere di qualcosa e sentire comunque il peso della stessa. Non riesco mai a godere della situazione in modo leggero come probabilmente dovrei. Carico tutto di un peso piuttosto greve, ma è molto il mio carattere. Tendo a caricare le cose di intensità. Non può renderlo leggero? No, non riesco a tenere una positiva superficialità, purtroppo sono sempre un po’ pensieroso. E cosa ha in mente? Penso sempre. Il lavoro sicuramente catalizza tantissima parte dei miei pensieri, anche perché non puoi scindere. La linea di demarcazione tra la fine del lavoro e il resto della vita è talmente fusa. Incontrare le persone, parlare. È difficile dire non sto lavorando. La parte bella di questo lavoro è proprio che dici: «Ma sto lavorando?», quando invece è una cosa che sei contento di fare. Ed è una grande fortuna. Quando ha cominciato a capire che voleva lavorare nella moda? Fin da sempre, fin da bambino sono stato attratto dai giornali, dai vestiti.
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È una cosa estetica? Il movimento? Il fatto che una persona cambiasse? Cosa la attirava? Era sicuramente tutto quello che riguardava l’estetica ed era in me il sogno di un mondo che oggi è un po’ diverso magari. Negli anni 80 era veramente il miraggio di un mondo incantato. Miraggio svanito? No, non è che sia svanito, le condizioni sociali ed economiche non sono le stesse rispetto a quelle degli anni 80. Le strutture sono diverse, la velocità con cui bisogna fare questo mestiere è diversa, tutto è velocizzato all’estremo. È imparagonabile a quando sognavo io di poter fare parte di questo mondo. Come sia cambiato è fondamentalmente la velocità con cui il messaggio arriva e viene consumato. Prima c’erano due collezioni l’anno con sfilate che duravano un’ora almeno. Io mi ricordo l’epoca quando ho iniziato, sono uno che tiene tutto… Colleziona tutto? Fa parte di me, mi piace collezionare, archiviare… Fondamentalmente di moda. Quindi giornali, video…? Certo, anche videocassette, tutti i ritagli dei telegiornali. Io mi mettevo lì, come facevano in tanti della mia generazione. Ci si preparava con la cassetta dentro il videoregistratore aspettando il Tg1, il Tg2 poi arrivava il Tg5. Ho tutte queste cassette che poi abbiamo passato su dvd. Ma non si usano più nemmeno quelli. Faremo delle chiavette. Lei come hai iniziato? Qual è stato il suo primo lavoro? Ho vinto un concorso, Riccione moda Italia, nel ’96. Io sono di lì, sono di Misano. All’epoca studiavo a Milano alla Naba, ti obbligavano alla fine dell’ultimo anno a partecipare a questi concorsi, se ne facevano un po’. Ho partecipato con gli abiti che erano gli stessi di fine anno, quelli della sfilata di diploma. E lì, che devo dire che è stata la mia fortuna, c’era Giorgia Rapezzi di Linde le Palais. Ho vinto il primo premio che oltre a dei soldi prevedeva la possibilità di fare uno stage da qualche parte e Giorgia mi ha portato da Blumarine. Ho cominciato nel ’96. Le sfilate erano fatte da 120 uscite, non finivano più, erano interminabili, ma avevi due collezioni l’anno. Ora hai tante più uscite a stagione, gli abiti durano molto meno nei negozi. Come si trova con questo cambiamento? Alla fine è giusto. Il peccato è che questa velocità distrugga tutto in modo che non hai più tempo di apprezzare le cose belle. Non è una catena di montaggio per sfornare a profusione. Va a discapito della qualità delle idee e del prodotto, oggi sembra che conti più la quantità della qualità e mi chiedo se il fruitore finale si accorga di questa differenza. Non lo so, questo è il mio rammarico più grande, quello dove tutti quanti ci fermiamo meno a pensare e godere delle cose. Anche con Internet ormai non capisci più cosa sia nuovo e cosa vecchio… No. E cose nuove e cose vecchie forse sono anche un po’ l’aver annullato la ciclicità, quasi una linea continua. Già le stagioni non ci sono più, l’inverno e l’estate, non cambia nulla nella costruzione di uno show. Come lasciare un segno personale? Forse l’unica cosa che puoi fare è essere veramente te stesso, ascoltare veramente la tua voce. Riuscire a esprimere se stessi. Cosa vedono in lei? Questo non so se spetta a me dirlo, mi auguro che vedano in me un’onestà intellettuale che è assolutamente quello che cerco di portare avanti. E a livello di moda? Quello che riguarda la mia moda è una facilità. Non c’è niente da capire, è istintiva, ti piace o non ti piace a prima vista. Quello che ha dalla sua parte è sicuramente il fatto che sia una moda fatta per le donne, è assolutamente facile da portare senza sovrastare l’identità femminile. Leggerezza che non schiaccia… Esattamente, non sei sovrastata da un concetto stilistico. Sono abiti che esaltano chi li porta. Parla di donna, ma farebbe mai l’uomo? L’ho fatto in esperienze passate, quando ero da D&G, ma è qualcosa che non sento, non ho quest’esigenza. Mi piace fare la donna, è sempre stato il mio istinto primario. Dal suo percorso precedente cosa hai imparato? Sono state delle scuole favolose, sono stato fortunato a poter lavorare in determinati posti in un determinato periodo storico. Da Blumarine era bello il fatto che facevi tutto, dallo stilista, a seguire la campagna vendite a Milano, come andare alle spedizioni. Un primo approccio a 360
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gradi. Dopo c’è stato Roberto Cavalli, sono stati i dieci anni negli anni d’oro del marchio, dove è stato come entrare in una dimensione spettacolare. Tutto da Cavalli era possibile e questo forse era proprio ciò che trasmetteva Roberto stesso. Anche se non c’erano le vere possibilità in qualche modo si faceva. Non c’era un limite di budget, di timing, di creatività. Dopo sono andato da D&G, dove ho lavorato sulle ultime tre stagioni, uomo e donna. Poi sono passato da Dolce&Gabbana donna. La cosa meravigliosa è che Domenico e Stefano hanno una visione estremamente limpida, chiara di quello che vogliono. Con loro c’era un pragmatismo favoloso. Lei hai preso un po’ da tutti? Spero, me lo auguro. Da Dolce&Gabbana, la loro bravura sta nell’aver organizzato una struttura loro. C’è un atelier interno unico al mondo per capacità, qualità. È tutto lì dentro, non per niente hanno poi aperto anche l’alta moda. Pensiamo anche al coraggio della loro visione nel chiudere una cosa come D&G che andava benissimo. Poi è arrivata questa opportunità da Philosophy. Come si trova da Aeffe? Qui è un'altra dimensione ancora. Sicuramente più raccolta, dove devi rispettare dei timing facendo parte di una struttura produttiva dove sono incastonati altri marchi. Inizialmente è stato un po’ forte incanalarmi in una struttura più arginata, poi capisci che c’è del buono in questo. Devi crescere. Devi imparare a organizzarti e stare dentro le tempistiche. Vuol dire essere forzato ad avere una visione più globale e non step by step. Devi già avere il goal finale e per arrivare a quello giorno dopo giorno devi costruire un piccolo passo alla volta. Ma non è un modo moderno di fare il designer? Siamo passati dagli stilisti degli anni 70-80 no budget, gli anni 90 del minimalismo… Sicuramente è più etico, perché in teoria dovresti sprecare di meno e già questo ti mette in una condizione morale che capisci che sia moderna. Lo spreco oggi è immorale, non dovrebbe più esserci. Sicuramente con dei paletti così forti sei costretto a vivere nell’oggi di questo nuovo corso delle cose. Chi sono i nomi di oggi che ti piacciono molti? Ce ne sono tanti, apprezzo il lavoro di tanti, ho paura che se faccio un nome ne tralascio un altro. Sicuramente Balenciaga, con Demna Gsavalia. Ha veramente rotto degli schemi. E chi del passato? Sul wall del suo studio ci sono anche immagini di donne come le Hemingway o Brooke Shields… Sono donne con una personalità molto singolare, che non hanno mai seguito la moda ma messo la loro personalità in primis. Senza perdere il loro stile. Ce ne sono mille e tante sono in questo wall. Sono un collezionista della carta stampata. E la tengo tutta in una biblioteca. Nei miei traslochi mi sono reso conto che non possiedo niente se non una biblioteca, ho soltanto libri e giornali. E una pelle di zebra che mi ha regalato Eva (Cavalli, ndr). E la cosa bella è che questa biblioteca è anche nella mia testa. So esattamente dove andare a cercare ciò che ho in mente. Ha iniziato con una top come Hilary Rhoda. L’ultima sfilata il casting era più fresh… Sicuramente Hilary è stata la prima, il primo lookbook che abbiamo scattato. Brook Shields è stata l’icona con cui ho immaginato questa estetica Philosophy. Ho pensato fosse l’impersonificazione della ragazza che avevo in mente. Glamour innocente, una perversione innocente, mai volgare, però sempre naturale, ma pronta a trasformarsi. Brooke è stata la prima icona di questa avventura e Hilary Rhoda aveva quel carattere, mi piaceva poi come outing l’idea di essere un marchio fresco con un establishment. Le prima foto le ha fatte Ezra Petronio, avevamo fatto dei teaser, un processo che riguardandolo era solo tre anni fa. Non so nemmeno se pensare solo o già tre anni fa. Quanto è importante adesso Internet? Per me non puoi non essere cosciente che tutti i giochi si fanno su questo device (indica il cellulare, ndr). Oggi si comunica solo tramite questo, volenti o nolenti. Non è il mio mezzo favorito, io adoro la carta stampata, però capisci che devi stare a queste regole, non puoi non capirle o non usarle… Lei preferisce aumentare il fatturato o vestire la donna dei suoi sogni? Sono due cose così incatenate oggi. È già un grande traguardo vestire le donne. Era il motore della mia moda, il fatto di essere una moda da portare, godersi. Se sia una donna non famosa, una mia amica, piuttosto che una persona che stimo per il suo lavoro, il concetto è lo stesso. Lei dice di preferire una visione da maison piuttosto che crescere all’infinito…
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È vero, la mia prerogativa è mantenere un’intimità, come l’idea di una piccola maison che puoi controllare, facendo le cose che ti piacciono. Far parte di un gruppo ma sentirsi comunque una maison indipendente. Che poi è così, una cosa bellissima di Aeffe è che lasciano agli stilisti che scelgono di produrre una libertà che non è facile da trovare. Qui sono passati nomi che hanno segnato il tempo quando erano prodotti da Aeffe, come Narciso Rodriguez o Jean-Paul Gaultier. La cosa bella è che ti danno delle tempistiche da rispettare, ma assieme al timing ti lasciano opportunità. Ti senti libero. Né Massimo né Alberta (Ferretti, ndr) si sono mai intromessi. Anzi, ti spronano. Pensi ci sia una nuova generazione di stilisti, con una visione diversa? Alla fine io anagraficamente non sono un ragazzino, ma proprio questo fa parte dell’oggi. Non devi per forza essere ventenne per essere parte di questa vague. Una nuova vague intergenerazionale? C’è un abbattimento di tantissime barriere, un gender-free sull’età. Un ageless, secondo me è un flusso. Sicuramente la cosa bella, che può accomunare, è una vera indipendenza. Nessuno è omologato a nessun filone. Ognuno di noi ha una propria caratteristica ben precisa. C’è qualcosa che odi, una parola che ti disturba? Odio quando si usa l’aggettivo chic. Attribuita ai vestiti non ha veramente senso. Andrebbe attribuita alla personalità? Sì, il vestito chic era il rispecchiare uno stile di vita, un modo di comportarsi. Oggi trovo che sia completamente fuori contesto, mi suona uno schema che è senza senso. Una domanda che si dovrebbe fare all’inizio. Come sta? Sono molto contento. Soprattutto quando pensi che stai facendo il lavoro che hai sempre voluto fare, con persone che stimi e delle quali ti fidi. Ci sono le arrabbiature quotidiane e io sono uno che tende più al pessimismo che alla leggerezza. Poi ci sono dei momenti che mi ritrovo a pensare a casa e capisco di essere contento. Posso fare qualcosa che mi piace assieme alle persone che mi piacciono. E non è poco. Full translation at page 143
Hair: Sam McKnight; Make up: Tom Pecheux; Models: Estelle Nehring, Laurijn Bijnen @ A MODELS amsterdam; Alexandra Micu, Chu Wong, Mayowa Nicholas @ ELITE; Elibeidy Dani, Nadine Leopold, Taylor Hill @ IMG; Grace Elizabeth, Wangy Xin Yu @ NEXT; Rebekka Eriksen @ THEFABBRICA; Emm Arruda, Giedre Dukauskaite @ WOMEN; looks: Philosophy di Lorenzo Serafini primavera-estate 2018
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ualche secondo prima dello shooting, spuntano degli occhiali da vista. «Non ne ho bisogno. È solo per sembrare più intelligente nelle foto». In effetti non poteva mancare la ciliegina sulla torta dell’intervista a Stuart Vevers. Perché il designer, mente creativa di Coach, conferma il suo spirito veloce e attento, affilato e divertente. Ma anche estremamente ironico come può esserlo un inglese. Che in patria ha però lavorativamente vissuto poco tra i periodi trascorsi da Calvin Klein, Bottega Veneta, Givenchy, Louis Vuitton. E poi ancora Mulberry e Loewe. Sfoggia un portfolio di esperienze di primo livello che confermano quel momento dorato di Coach, dove è approdato nel 2013. Un momento all-that-glitters come l’allestimento della sfilata per la primavera-estate 2018, dove il setting riproponeva una New York immaginata tra frammenti di skyline, palazzi, scale, finestre, una macchina dalle linee d’antan. Tutti rigorosamente coperti di cristalli sbrilluccicanti. Che riflettono le luci anche sui quei capi speciali, omaggio al lavoro di Keith Haring, pensati per la next generation. Ma non solo. «Per me è più un’attitude, la ragazza Coach può avere 16 o 60 anni. Non c’è età». Era felice alla fine dello show? Non dirò di no. Come tutto quello che faccio, semplicemente lo mostro al mondo. Sono nervoso, un po’ ansioso, ma ultimamente sono anche felice e orgoglioso. La collezione sta crescendo…. È più self-confident? Sì, assolutamente. Sento di aver stabilito una direzione chiara. Adesso so chi sono la ragazza e il ragazzo Coach. E cerco nuove cose per espandere il guardaroba. Abbiamo avuto una risposta così buona con la nuova visione.
servizio stefano roncato foto TOMMY TON @ thecollectiveshift
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E lei come si sente? Cosa prova quando la gente dice che ama il suo lavoro? Non sono mai soddisfatto, voglio sempre di più. Sono sempre stato molto ambizioso sia per me sia per Coach. E la cosa che ha più importanza per me è quando vedo qualcuno in strada che indossa Coach e che sta bene. È davvero il complimento finale. Sembra avere una buona relazione con la gente… Sì, assolutamente. Cerco di lavorare il più possibile con le persone che mi piacciono. A volte s’immagina che queste relazioni dipendano da un corporate thinking, ma a volte no. È più spesso personale. Lei ama lavorare con chi le piace. E quindi quali persone le piacciono? Artisti, talenti creativi…? Sono quelle che mi stimolano. Il modo in cui pensano, il modo in cui fanno pushing su di te. E mi piacciono le persone che si divertono, che amano ridere e passare dei bei momenti. Questa è la mia filosofia di lavoro. Ottieni i migliori risultati quando il team si diverte e sta bene. E certamente io non lavoro in un ambiente troppo serio. Come portare degli elementi divertenti in un marchio americano? Lei è inglese. Come si sente a essere un inglese a New York? Io lavoro da 21 anni ma in realtà ho passato solo tre anni in Inghilterra. Ho vissuto in Italia, Francia, Spagna… Italia, Milano? Sì, da Bottega veneta. È vero che sono cresciuto in Inghilterra, dove sta la mia famiglia. Ma, vista la mia carriera passata all’estero, sono abituato a essere una sorta di outsider. A volte mi dà una prospettiva interessante. Quello è un fattore che aiuta. Ma qual è il segreto del successo? Seguire le tue intuizioni, lavorare duro e credere in quello che fai. Ma non penso ci sia un vero segreto. Quello che apprezzo dell’industria della moda è che sa perdonare. A volte si fanno degli sbagli, la gente ti perdona e tu vai avanti e cerchi di fare il meglio che puoi. Lei deve essere una persona molto positiva… I try, I try, I try. È un buon momento per la moda? Qualcosa sta cambiando… Sicuramente stimolante. Tutto sta mutando velocemente e devi tenere i piedi per terra. E ascoltare cosa accade, i cambiamenti, la nuova generazione. Dice di aver finalmente capito i suoi Coach boys and girls. Chi sono? Sono sognatori. Sono nostalgici. È sempre difficile definirli in poche parole ma c’è una disinvoltura nella loro attitudine verso la vita, verso quello che indossano. L’abito di una ragazza Coach deve sempre avere l’agio di una maglietta, che ti puoi gettare addosso e sentirti great. Mi piacciono le T-shirt, le sneakers, le felpe. Sono ragazzi che non seguono tutte le regole del lusso. Com’è il suo moodboard? Ne preparo uno ma quello che m’ispira di più sono le conversazioni. Quando lavoro con qualcuno del mio team o con chi non conosco ma che è interessante, quello provoca l’idea, la scintilla. Poi la puoi mettere su un moodboard ma parte dalla conversazione. Ascoltare e intervistare come faceva Andy Warhol. E si torna alla pop art. C’è anche questo omaggio a Keith Haring in sfilata… È una dedica, qualcosa di personale. È uno dei primi artisti che io ricordo da quando ero un bambino nello Yorkshire e il suo lavoro è come se mi fosse saltato fuori. Era un artista attivista, le sue opere sono appese nelle gallerie ma erano state disegnate nelle metropolitane. E anche il video che ha iniziato lo show parlava di lui che dipingeva nella subway, aspettando che i poliziotti lo venissero a prendere. E perché tutti questi glitters, tutto questo spazio shiny? Volevo esplorare il lato dressing up della Coach girl. Quindi shine, sparkle, glitter ma con quella attitudine di New York… Com’è questa New York attitude? Un po’ di grinta, individualità e carattere. Ci sono tante anime uniche a New York, è la città che davvero celebra lo stile e le differenze delle persone. E anche nel casting, volevo avere dei personaggi individuali. Gente di cui ti viene da dire qualcosa di interessante riguardo il loro look. Molte new faces e non troppo smaccatamente femminili… Sì, c’erano anche ragazzi che indossavano girls’ clothes. Penso sia moderno, è come pensa la next generation. Abbiamo un po’ mescolato le carte per vedere qualcuno di cool. Ovviamente c’erano hair and make up. Ma se si osserva bene, quattro o cinque di loro avevano proprio il loro stile.
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A proposito di personalità. Come è nato il link con Selena Gomez? Penso che ci fosse qualcosa di davvero autentico. Selena vive la sua vita in un modo vero, onesto. Avevo letto alcune cose che ha detto e ho pensato: «What a girl!». È intelligente, conosce se stessa e ho pensato che questo senso di onestà fosse very Coach. Penso sia anche molto inclusiva, riesce a portare le persone nel suo mondo in una maniera naturale. Ha 129 milioni di follower su Instagram e la ragione è che lei è autentica. E in molti modi, parla alla next generation. Le piace riferirsi alla next generation solo come millennials? Tutti ne parlano… Non saprei. Per me è più un’attitude, la ragazza Coach può avere 16 o 60 anni, non c’è età. Bisogna avere un atteggiamento youthful, ma non riguarda gli anni. La collezione sta crescendo tra abiti e accessori. Quale la differenza nel disegnarli? Il processo è molto differente. Con una collezione e una stagione come questa per esempio, inizio dagli abiti. M’immagino il personaggio, penso alla stagione passata e come fare il nuovo. Questa era una grande opportunità per Coach, una direzione completamente nuova. Tutto è legato all’evolversi. Le persone sanno che da noi possono trovare una bella borsa di pelle, scarpe cool ma anche un cappotto di shearling, una varsity jacket, una felpa interessante con le grafiche, un girly dress, cose che abbiamo fatto attraverso le stagioni. Gli stilisti sono sempre ossessionati dal trovare la nuova it-bag? Siamo sempre a caccia. Penso serva sognare e si avvera. Non c’è una formula nel realizzarla. Devi spingere la tua creatività, esplorare e forse a volte accade. C’è un designer del passato che ammira o che le è stato d’ispirazione? Sicuramente Bonnie Cashin per Coach è una grande referenza per me. Era una vera pioniera, ha trasformato Coach in questa leather goods house sofisticata e autentica. Si è divertita e ha giocato con colori, proporzioni e capricci. Nei nostri archivi capisci subito quando è arrivata e quando se ne è andata. E fuori da Coach? Penso ai valori di Gabrielle Chanel. I suoi riferimenti erano cosi avant-garde, ha veramente spinto le cose in avanti. Junya Watanabe ha reinventato gli archetipi degli abiti in un modo che è davvero interessante. Quali sono i prossimi progetti del marchio? Sicuramente le scarpe. Perché penso si possa fare molto di più. Non ci sono piani ad esempio per il childrenswear. Il ready-to-wear in qualche modo è ancora agli step iniziali e non voglio togliere troppo focus. È molto importante per Coach, vogliamo vedere gli abiti in strada. Per quello voglio un vero clothing business e penso di aver registrato dei buoni progressi. Dove producete? In tutto il mondo. Qualcosa in Europa, Italia, Portogallo. Molto shearling in Turchia e la maglieria anche in Asia. Dipende. Abbiamo appena iniziato a sviluppare un polo a New York. Ora facciamo già molta gioielleria qui. Quando sono arrivato nulla veniva realizzato nella Grande mela e abbiamo iniziato a trovare dei laboratori. Nel nostro headquarter ci sono due grandi workshop, uno per il ready-to-wear e uno per la pelletteria. Dove si creano in house molti dei nostri sample. Che differenza c’è tra lavorare per un brand americano e uno europeo? Ho passato gran parte della mia carriera nel mondo del lusso tradizionale europeo e questo è molto diverso. Questa è un’American house of leather. In molti modi è stato liberatorio, per avere un diverso punto di vista. Sentivo che c’era qualcosa di nuovo, di diverso da dire. C’è una disinvoltura nell’American style. Penso che il lusso oggi possa essere una maglietta, una sweatshirt, uno zaino e delle scarpe da ginnastica. E tutto questo viene da un heritage americano. Il cambio d’immagine ha funzionato, i numeri le danno ragione… Mi sento orgoglioso. Ma devo dire che non faccio tutto da solo. Interagisco con persone incredibili e questo fa molto. L’energia creativa dietro il brand, le persone con cui lavori, quelle con cui ti relazioni. Quello è importante. Come si sente quando dicono che lei è uno dei nuovi golden boy del momento? Lo dicono davvero? Full translation at page 143
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STYLIST: KARL TEMPLER @ Steeters; HAIR: GUIDO PALAU @ art + commerce; MAKE UP: PAT MCGRATH @ patmcgrath; Models: Erik van Gils @ DNA; Lea Julian @ Elite; Imari Karanja @ Metropolitan; SET DESIGNER: STEFAN BECKMAN; CASTING: ASHLEY BROKAW; PRODUCTION: KCD; LOCATION: Basketball city, New York; looks: Coach 1941 Spring 2018
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tregati dai monitor. Gli ultimi secondi della sfilata Acne Studios sono un momento di grande phatos per la famiglia del brand svedese. Il backstage diventa un momento di emozione corale, quasi liberatorio, quando le modelle rientrano dietro le quinte. Qualche lacrima, anche i duri piangono, anche se disegnano uno dei marchi dal graffio più contemporaneo e cool. Una reazione non attesa che racconta quel mondo interiore del marchio nordico. Che del suo motto ha fatto un acronimo nel nome. Ambition to create novel expressions. Con una prospettiva molto personale. «Ci sono i grandi fashion planets e noi siamo una sorta di luna che ruota attorno, quindi abbiamo una prospettiva esterna nei confronti della moda», ha spiegato a MFF-Magazine For Fashion Jonny Johansson, fondatore e direttore creativo di Acne Studios. Parla di ispirazioni, di amici, di surf, di madre e figli. La sua modern family.
Quale pensiero ha influenzato la collezione? Ho sempre visto Acne Studios come in un’outside position rispetto alla moda. Ci sono i grandi fashion planets e noi siamo una sorta di luna che ruota attorno, quindi abbiamo una prospettiva esterna nei confronti della moda. È qualcosa sulla quale ho voluto lavorare, ho voluto creare pezzi più individuali, con la spontaneità di un thrift store (charity shop). Ci sono piccole catene, paillette sui jeans... La collezione è più legata al concetto della complessità. Non è nulla di astratto. La scorsa stagione era un po' più artistica per quanto riguardava i pattern, i suits, mentre questa stagione è più spontanea. Parla del marchio come un satellite intorno al mondo del lusso. Qual è la sua idea del brand? La prospettiva outside è sempre positiva. A volte, quando incontro i design kids, sono così
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ossessionati dallo scenario moda che non possono esprimere se stessi. E quando questa self-expression ha un po' più di spazio, è sempre una buona cosa. Volevo celebrare proprio questo. Io amo la moda… Come ha deciso di cambiare la sua prospettiva? La storia del marchio è molto minimal e ha deciso di arricchirla in modo forte... Perché in questo momento? È una scelta egoistica, I wanted to have fun! Volevo divertirmi. Dopo un po' ci si annoia. Vedo alcuni di questi kids, loro non si curano della moda ma esprimono se stessi. Ora tutto riguarda i brand. Tutte le celebrities sono come brand. Si vedono marchi ovunque. Quindi ho pensato: possiamo uscire da tutto ciò e vedere come funziona? Come è arrivato a questo lavoro? Assieme ad alcuni amici abbiamo iniziato un collettivo creativo, Acne, nel 1996. Volevamo esplorare diversi sbocchi e interpretare e definire quello che fosse contemporaneo. Si occupava di moda, advertising, film e lì abbiamo realizzato il primo jeans nel 1997. E ammetto che ci siamo divertiti molto. E proprio il nome Acne Studios? La parte fashion è evoluta, è diventata un marchio separato e nel 2006 abbiamo cambiato nome in Acne Studios quando abbiamo deciso di essere una standalone fashion house. Ora sono il direttore creativo di questa grande azienda svedese, cosa che è sicuramente molto bella ma che comporta anche un gran lavoro (ride, ndr). Dentro di me c’è sempre quella parte che cerca di esplorare cosa ora sia contemporaneo e di come definirlo attraverso le mie ispirazioni, le mie esperienze. Ha un mentore o qualcuno che la ispira? Non proprio un mentore ma la mia famiglia e i miei amici mi ispirano molto. O artisti e musicisti che ammiro. E specialmente amici come Robin Kegel e Alex Knost che ho potuto conoscere mentre facevo surfing. State aprendo molti negozi, avete appena inaugurato a Milano. In che modo l'espansione impatta sul suo lavoro? Sta pensando a nuovi consumatori? I nostri negozi sono sempre importanti per me, perché mi piace essere nel negozio, mi piace incontrare le persone e lavorare in store. Penso sia davvero divertente vedere come le persone interagiscono con i nostri prodotti. Inoltre, ora naturalmente Internet è the big thing, tutti vanno in quella direzione, ma credo sia importante celebrare l’intero concept. Poi, sono interessato agli spazi, alle città... Che cosa dice questo spazio? Cosa devo fare? Penso all'ambiente e all'architettura. È anche un'espressione del design...
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Quali saranno i prossimi step? Continueremo a sviluppare quello che abbiamo già cominciato. Cercando di non essere troppo conformisti nel tradizionale modo fashion di essere. Ma assicurandosi di seguire il nostro cammino. Millennials and Generation Z, li teme o le piacciono? I miei bambini sono millennials e mi piacciono. E di fatto mi ispirano molto con tutti I loro interessi e con la loro vision del mondo. Hanno sicuramente un punto di vista diverso sulla vita rispetto alla mia generazione. La famiglia ricorre nelle sue parole. Da dove è nato il concetto della nuova campagna con la modern family? Per molto tempo mi sono interrogato sul concetto stesso di famiglia. Non solo in un senso ma in tutte le sue diramazioni. Mi piace molto anche quella sensazione di uniforme che ha la nostra collezione con il motivo a faccia ed è qualcosa che una famiglia intera può vestire, come i pezzi basici del loro guardaroba. Ecco perché il concetto di modern family era azzeccato per questa collezione. E abbiamo trovato questa coppia di Atlanta, Kordale Lewis e Kaleb Anthony e i loro quattro stupendi bambini Desmiray, Maliyah, Kordale junior and Kaleb junior. Abbiamo chiesto a Inez and Vinoodh di fotografarli nella stanza di un albergo di New York, dove stavano durante un weekend di vacanza. Qual è il suo primo ricordo legato alla moda? Posso raccontare una breve storia. Mia madre indossava sempre i flare jeans. Ho una mamma sexy, bionda e alta, con una bella silhouette. Indossava sempre i bell bottom jeans e io le dicevo che non poteva. Mi fece firmare un contratto in cui dichiaravo che non potevo indossare quel tipo di jeans e lei doveva mettere quelli straight, come me. «Ok, ti sottoscrivo un contratto», disse. Me lo fece firmare dichiarando che non avrei indossato bell bottom jeans e due anni dopo invece ho cominciato a portarli. Mi mette sempre di fronte a questa cosa. «Guarda Jonny!»… Ma nell’advertising non ha mai messo sua madre, ma suo figlio piccolo vestito da grande… Perché? Si! Una global family, no? Cerco sempre di essere contemporaneo in tutto ciò che faccio. Non è facile, quindi spero che questo porti a qualche storia per il futuro, che abbiamo fatto qualcosa che ha segnato i tempi. In quel momento ho avuto la sensazione che fosse importante dire «Hey, sai chi è fashionable?». Non c’è bisogno di essere una celebrità... Full translation at page 143
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Hair: Eugene Souleiman @ Streeters; Make up: Thomas De Kluyver @ Art Partner; Models: Bente Oort, Fernanda Oliveira @ FORD; Sarah Fraser @ GIRL MGMT; Aube Jolicoeur @ NEXT; Hannah Motler @ PREMIER; Adwoa Aboah, Marte Mei Van Haaster @ Viva; GIEDRE Dukauskaite, SAMANTHA Ellsworth @ Women; Casting director: Barbara Nicoli e Leila Ananna; Production: Eyesight; Looks: ACNE STUDIOS primavera-estate 2018
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iceberg james long with Lucky Blue SMITH and pyper america smith
Q
uando si parla di Iceberg, la mente corre alla maglieria deluxe e alle icone pop. Mickey mouse protagonista della creatività di Jean-Charles de Castelbajac nelle prime collezioni. E adesso Lucky Blue Smith e la sorella Pyper America Smith, influencer, modelli e musicisti, voluti da James Long, direttore creativo di Iceberg, per la nuova campagna del marchio. Il designer di Northampton parla assieme a loro il linguaggio del futuro, con la valigia sempre in mano e il sogno di bere un drink con Janis Joplin al Chelsea hotel, come ha raccontato in questa intervista a MFF-Magazine For Fashion. Mr. Long, qual è il suo primo ricordo della moda? Appesi ai muri della mia camera a Northampton avevo Naomi e tutte le supermodelle. Una volta cresciuto, nel grande momento di Alexander McQueen mi ricordo che pensavo: «Wow, è una persona autentica che sta facendo qualcosa d’incredibile… dovrei davvero andare al college a Londra». Sembrava tutto così lontano dalla mia realtà, poi ti rendi conto che ci sei dentro ed è abbastanza divertente. Com’è stato lavorare con Lucky Blue Smith e Pyper America Smith? C’era una grande energia. Così come lavorare con Samuel (Trotter, il fotografo dell’adv a-i 2017/18, ndr). Avere 19 anni, quell’occhio, quell’energia e riuscire a far vivere il mio senso creativo divertendosi e senza pressioni è straordinario. Per questo per presentare la collezione qui a Milano non volevo fare uno show, ma celebrare l'incontro tra me da Londra, la famiglia italiana di Iceberg e i ragazzi di LA, Lucky e Pyper, le star del marchio. Volevo che le persone scoprissero come mi sento. Poi io amo i private party. Qual è stato il momento migliore da Iceberg fino adesso? Incontrare per la prima volta Jean-Charles de Castelbajac. È stato così carino ed eccentrico, proprio come me l’aspettavo. Guardando il suo lavoro in questi anni sentivo di conoscerlo già. Mi ha lasciato un bigliettino sulla scrivania con scritto in blu, rosso e giallo: «Prendiamoci un caffè». Quando ci siamo visti ha raccolto una rosa rosa, me l’ha regalata, abbiamo fatto una foto insieme per rompere l’imbarazzo. È davvero dolce e rispetta il lavoro che sto facendo e voglio rendergli omaggio, perché è stato lui a creare tutto… è un eroe. Vi siete rivisti dopo quella volta? Abbiamo fatto questa cena d’estate nella casa di famiglia di Paolo Gerani e ha raccontato storie meravigliose sulle persone della sua vita e della carriera. È un vero storyteller. Quando parla lui, tutti ascoltano incantati. Sono persone come lui che le hanno fatto scegliere la moda? Onestamente non ho deciso, mi è capitato. Quando poi si ha successo è soltanto la
tua vita di tutti i giorni, una specie di vocazione. A volte molto dura, ma ci pensano i risultati a farti felice. Per esempio? Sono stato in Russia e le persone mi hanno raccontato un sacco di storie su Iceberg. E anche in America a New York e Los Angeles, la gente mi fermava perché indossavo una felpa ed erano fan del brand. Mi piace immaginare i ragazzi a scuola con la stessa felpa addosso… è una specie di rinascita. Viaggia molto? Sono in un momento della mia vita in cui mi piace essere ovunque. Amo decidere dove andare il giorno dopo, viaggiare solo con una valigia. Volare da Londra a Bologna, prendere la macchina e andare nel cuore dell’Italia, con l’ufficio sulla spiaggia. Tornare a Milano, che è più chiassosa e glamour, e andare altrove. È bello sapere di aver passato dieci anni a Londra e oggi poter conoscere nuove persone, tra giornalisti e designer. Mi sento a mio agio. Amo essere un vagabondo. Quale luogo preferisce quando crea? In un momento in cui i designer sono sempre sotto pressione, ho trovato persone che mi hanno lasciato spazio per lavorare sul marchio. Grazie a questo posso disegnare a Londra, con Sam (Twyford, head designer al fianco di Long da dieci anni, ndr), nel mio studio o appartamento, prendere tutti gli sketch e andare in ufficio stile per parlare con il team e interpretare la storia. Ma il lavoro principale è andare in giro, non si può fare il mio lavoro stando seduti davanti a un computer. La libertà e il colore sono fondamentali per me. Schizzo sempre con la stessa penna che compro nei miei colorifici di fiducia, poi fotocopio, ritaglio. I miei amici mi prendono in giro perché sostengono che il mio lavoro sia colorare. Cosa la ispira? Quando stavo a Northampton prendevo il treno con mia sorella per Camden; camminavamo guardando i punk e i goth e riportavamo a casa oggetti forse tremendi. Sicuramente anche le strade e la libreria del Royal college, il clubbing e i festival, quel lato di Londra. Tra le mie icone ci sono Patti Smith, Robert Mapplethorpe, gli artisti pop, John Waters e tutte le persone che mi fanno sentire vivo. Chi avrebbe voluto incontrare? A volte mi sembra di conoscerli ma sicuramente mi capita di guardare le foto di Basquiat e pensare che avrei voluto passare un’ora con lui. Sogno sempre di essere al Chelsea hotel negli anni 70 a bere un drink con Janis Joplin o a Londra al Colony rooms con Francis Bacon. I can talk forever.
servizio stefano roncato - testo francesca manuzzi foto simone battistoni
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Un ritratto di James long
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Un ritratto di lucky blue smith e pyper america smith
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a chat with Lucky Blue smith and pyper america smith
testo ludovica tofanelli
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guardi intensi, di un blu quasi glaciale. E una sicurezza in loro stessi che li rende due personalità avvolgenti e carismatiche. I fratelli Lucky Blue Smith e Pyper America Smith, rispettivamente classe 1998 e 1997, girano il mondo fianco a fianco conquistando copertine, campagne e palcoscenici. Iceberg li ha scelti come volti dell’adv autunno-inverno 2017, ma anche come protagonisti del maxi evento di lancio dedicato alla collezione primavera-estate 2017. Un party grafico e musicale per il quale sono volati a Milano e dove sono stati accolti come superstar. Dai loro sguardi e dalle loro parole emerge la complicità di un fratello e una sorella che oltre alla famiglia condividono l’amicizia, il lavoro e soprattutto i sogni. «Il nostro obiettivo è Hollywood, vogliamo entrambi recitare», hanno sottolineato in quest’intervista i due modelli, che quando non sono sui set o in passerella sono impegnati a fare musica. Assieme alle loro altre due sorelle, Starlie Cheyenne e Daisy Clementine, hanno infatti formato la band The atomics, con cui sono arrivati a suonare al Coachella. E Lucky Blue, solo pochi mesi fa, è anche diventato papà della piccola Gravity. Una vita no-stop che i due fratelli vivono insieme in sintonia. «A lot of fun», l’hanno definita loro. Siete i volti della campagna di Iceberg... Come è stato scattarla? Lucky Blue Smith: È la prima volta che lavoro con Iceberg, abbiamo scattato a L.A. river, Santa Monica, Venice, una serie di spot differenti a Los Angeles. È davvero una bella azienda con cui confrontarsi, è stato tutto super easy, fantastico. Pyper America Smith: Sì, abbiamo fatto i fitting il giorno prima e mentre guardavamo la collezione eravamo super excited di scattare tutti quegli incredibili colori e di poter creare storie attorno a quei capi proprio nella nostra città.
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Che significa per voi, in quanto fratelli, lavorare insieme? P: A lot of fun. Ci pizzichiamo l’un l’altro, ci comportiamo in modo un po’ stupido tra di noi e insieme ci divertiamo molto. È qualcosa che vi viene naturale? P: Sì, esattamente. Quali sono stati i vostri primi passi nella moda? P: Direi che è iniziata circa cinque anni fa ed è successo molto velocemente. Tutto si è susseguito in modo davvero rapido, ora sembra di vivere un crazy dream. Qual è il ricordo più bello che avete in questo settore? L: Uno dei ricordi più importanti è legato a uno shooting davvero cool. Eravamo all’Hollywood sign e si trattava di Levi’s, è stato uno dei primi grandi servizi fotografici che ho fatto da solo. È stato davvero incredibile essere in quella location, abbiamo letteralmente scattato sotto la scritta, ho dovuto anche toccarla. Very cool. P: Mi viene in mente quando siamo stati in Islanda, eravamo insieme io e Lucky. Un posto bellissimo, vorrei davvero tornarci. Abbiamo scattato con gli iceberg attorno, su questa incredibile spiaggia di sabbia nera. Poter lavorare viaggiando con la tua famiglia è stupendo. Tre parole per descrivervi a vicenda? L: Pyper è una persona premurosa, divertente e coraggiosa. P: Lucky è cool, sempre rilassato e super dolce con tutti. Entrambi fate molte cose oltre la moda, assieme alle vostre sorelle avete anche una band. Qual è il vostro sogno per il futuro?
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P: Il mio sogno è Hollywood, vorrei recitare e debuttare nel mondo del cinema. Per ora ho fatto solo silly video su Instagram, nulla di serio, ma vorrei davvero fare l’attrice. L: Per me il sogno è lo stesso. Magari potremmo ritrovarci a recitare insieme, sarebbe cool. Che cosa significa per voi essere considerati tra le hot faces del momento? L: Crazy! Tu che ne pensi Pyper? P: Io non penso di essere una delle hot faces, ma è bellissimo poter lavorare con brand incredibili come Iceberg, mi sento davvero fortunata. Qual è la vostra relazione con Iceberg? Come sentite il brand? P: Mi piace molto lo stile del marchio, mi ci rispecchio, è molto rock’n’roll ma anche pop. L’insieme è davvero fresh. L: Mi sento così anche io, mi piace molto lo stile del marchio e mi ci ritrovo. Come è stato lavorare con James Long?
L: He’s so nice! P: È davvero molto dolce, è una persona easy going. Ha voluto farci interagire con la collezione e interpretare ciò che abbiamo indossato, facendoci sentire sempre a nostro agio. E a Milano come vi trovate? L: È una delle mie città preferite, uno di quei posti dove ogni volta sono felice di tornare. Le persone qui sono molto socievoli e ti accettano, mi fa sentire a casa, come in famiglia. P: Amo essere qui, è una citta meravigliosa. Avete un lucky charm, un vostro portafortuna? P: Direi di no, non ho propriamente un portafortuna, anche se indosso sempre gli stessi gioielli. Ce n’è uno in particolare che per me è importante, era un ciondolo di mia nonna con cui ho fatto fare un anello e lo porto sempre con me. P: Credo che il mio portafortuna sia la sicurezza in me stessa.
Talents: Lucky Blue smith e Pyper America Smith; Photo assistant: Andrea Crisafulli; Looks, James Long: T-shirt bianca con logo, scritta ricamata Iceberg (continuativo), bomber primavera-estate 2017 e jeans neri. Tutto Iceberg; Lucky Blue Smith: T-shirt bianca con logo, scritta ricamata Iceberg (continuativo) e giacca in pelle nera con patch applicate e loghi Iceberg di archivio primavera-estate 2018; Pyper America Smith: giacca corta in denim con collo in pelo Iceberg autunno-inverno 2017
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portfolio
first rAw
BRIVIDI DIGITALI dalla prima fila. Tra MOMENTI ICONICI, ambientazioni spettacolari E NUOVE ossessionI VISIVE. Racchiuse nelle pagine di un diario-album. PER catturare lo zeitgeist. photo by stefano roncato
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alberta ferretti
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IN QUESTE PAGINE, DALL'ALTO IN SENSO ORARIO, alcuni look versace primavera-estate 2018 ispirati al lavoro di gianni versace; lo store kenzo memento nel marais a parigi; un look di helmut lang by shayne oliver; una creazione very valentino firmata da pierpaolo piccioli; un outfit kenzo memento spring-summer 2018 (foto Mohamed Khalil)
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vintage 2.0
Da Versace a Valentino, PASSANDO PER Helmut Lang E Kenzo, LE MAISON riscoprono il potere dei loro archivi per comunicare ai millennials attraverso CAPSULE COLLECTION E RIEDIZIONI CELEBRATIVE. By CHIARA BOTTONI Vintage, archivio, heritage sono parole che si sono udite spesso sulle passerelle delle collezioni primavera-estate 2018. L’amore per il passato è stato utilizzato in più occasioni come chiave di lettura del futuro. Un’operazione che si potrebbe definire attraverso un ossimoro: New vintage. È questa l’espressione che interpreta i desideri della generazione 2.0. Capi icona del passato si trasformano nei pezzi più ambiti da chi nemmeno era nato quando vennero creati. Un trend che le case di moda hanno fatto proprio e assimilato in occasione dell’ultima tornata di sfilate. Da Versace a Valentino, da Helmut Lang a Kenzo, tanti sono i marchi interpreti di riedizioni e capsule collection celebrative del loro stesso passato. Che la moda sia un: «Eterno ritorno del nuovo», come la definì Walter Benjamin, una sorta di universo circolare, in cui passato e presente instaurano un dialogo costante, è un’evidenza sotto gli occhi di tutti. Ma, in questo caso, le carte in tavola sono differenti. In questo caso, protagoniste sono delle vere e proprie riedizioni. Un trend che trova riscontri anche nel mercato. Il vintage di lusso è oggi un comparto il cui valore stimato si aggira intorno ai 143,5 milioni di euro a livello globale, di cui 5,17 milioni di euro generati in Italia. Un business in costante crescita nel corso degli anni. La fetta principale delle vendite deriva storicamente dal mercato americano, che vanta un giro d’affari di 71,35 milioni di euro, ma le performance più interessanti sono state quelle registrate da Asia e Middle east: i due mercati sono infatti cresciuti, rispettivamente, a 13,53 e 2,13 milioni di euro, mettendo a segno percentuali di aumento monstre per quanto riguarda l’Asia (+194%), colpita da una vera e propria febbre per il vintage. Più contenuta, ma sempre importante, la crescita del Medio oriente, dove il giro d’affari è salito del 35%. E, si sa, numeri e creatività procedono sempre su binari paralleli. Basta guardare a quanto fatto da Donatella Versace. Lo show, presentato in concomitanza con il 20° anniversario dalla morte del fratello Gianni, è stato a dir poco celebrativo. Un vero tributo a Versace. «Dopo vent’anni ho trovato il coraggio di andare nell’archivio», aveva raccontato la designer, «l’ho fatto per le nuove generazioni, per spiegare loro il suo genio». Nuove generazioni che hanno ben impressa nella mente l’estetica dirompente del marchio, riportata alla luce da Naomi Campbell, Cindy Crawford, Claudia Schiffer, Carla Bruni ed Helena Christensen, le supermodel che proprio Gianni Versace aiutò a consacrare nell’immaginario collettivo, chiamate
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a calcare la passerella, in un finale diventato fashion moment. Messaggio ribadito anche extra sfilata con la presentazione di una capsule collection di T-shirt Versace tribute e di un progetto speciale lanciato dall'e-tailer britannico Farfetch. Sono un omaggio alla storia della maison anche i sette capi firmati Very Valentino, presentati durante la sfilata parigina del marchio. Sei modelli corti e un dress lungo, caratterizzati da fiocchi, rouches e maniche a palloncino, autentiche riedizioni dell’archivio del couturier. «Dopo 18 anni in Valentino volevo tornare all’essenza del brand, al suo lato più glamour e leggero», aveva raccontato il direttore creativo Pierpaolo Piccioli. «E credo che le ragazze di oggi vogliano vestirsi così, con un touch più romantico, con abiti e tacchi alti. Per i giovani tutto questo è nuovo». Nuovo come la capsule collection d’archivio, presentata in concomitanza con rilancio di Helmut Lang ad opera di Shayne Oliver. O come l’operazione battezzata da Carol Lim e Humberto Leon, direttori creativi di Kenzo, con il progetto Memento, che ha sfilato a Parigi, in concomitanza con l’inaugurazione di un temporary event store di 120 metri quadrati nel cuore del Marais. Spazio che ospiterà una scelta attenta di pezzi delle collezioni di stagione, alcuni pezzi della linea Memento e pezzi originali Kenzo vintage. Per illustrare la potenza del brand nella sua essenza più originaria.
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Al via la nuova era del fashion con una filosofia sostenibile. la moda adesso sceglie la responsabilità etica e l’impegno di tutto il sistema verso le generazioni future. Tra progetti eco-oriented e bilanci ambientali. By Francesca Manuzzi
«Sarà l’inizio di una nuova era». Sono le parole di Gisele Bündchen durante il primo Green carpet fashion awards Italia, che le è valso il premio The Vogue eco laureate award. L’evento, andato in scena durante Milano moda donna e dedicato ai valori della sostenibilità, rappresenta la pietra angolare di un movimento green che urla a gran voce nel sistema moda globale. Quel tappeto verde, posato in Piazza della Scala e voluto da Cnmi-Camera nazionale della moda italiana, in collaborazione con Eco-Age di Livia Firth e il supporto del MiSe-Ministero dello Sviluppo economico, di Ice e con il patrocinio del Comune di Milano, è simbolo di una rivoluzione di pensiero votato ad azioni mirate a salvaguardare il mondo di domani. La filosofia etica si estende ulteriormente a Cnmi-Camera nazionale della moda con il Progetto sostenibilità, realizzato in tandem con UniCredit, che ha previsto un finanziamento di 30 milioni di euro rivolto alle aziende della filiera produttiva, fino a 250 dipendenti, dei marchi associati alla Camera. «Stiamo lavorando perché l’Italia diventi un hub green», ha sottolineato Carlo Capasa, presidente di Cnmi-Camera nazionale della moda italiana, ma la responsabilità si estende anche alle azioni dei marchi e colossi del fashion. Gli esempi si sprecano. Loro Piana produce internamente il 45% dell’elettricità che utilizza ogni anno, di cui il 4% proviene da fonti rinnovabili. Louis Vuitton, con il suo edificio logistico Eole, ha ridotto il proprio consumo di energia del 40% in quattro anni, così come grazie all’atelier nella Drôme, che dispone del tetto vegetale più grande mai realizzato su un edificio industriale francese. Queste opere s’inseriscono nell’impianto eco di Lvmh che, a sigillo dei 25 anni di fondazione dell’Environment department, ha ideato Life 2020, l’evoluzione di Life-Lvmh initiatives for the environment, il programma per l’integrazione dei fattori ambientali nei processi. Verrà anche consolidato il fondo interno sulle emissioni di carbonio, che dal 2016 a oggi ha visto investiti 6,7 milioni di euro grazie ai 15 per ogni tonnellata di CO2 emessa (30 dal 2018) che ogni maison deve donare per finanziare progetti eco-sostenibili. «Abbiamo pianificato di duplicare l'investimento il prossimo anno per poter ridurre ancora più velocemente le nostre emissioni di gas serra», ha spiegato Sylvie Bernard, environment director di Lvmh. Cercare soluzioni condivise quindi, perché quando si parla di sostenibilità, nel mondo della moda e del lusso sembrano cadere tutte le rivalità esistenti sulle passerelle o nei listini finanziari. Lo conferma il processo similare che colpisce il gruppo Kering, che s'impegna, nell’arco di dieci anni, a ridurre l’impatto e il conto economico ambientale del 40%, a sostenere il social welfare interno ed esterno al gruppo e a creare piattaforme rivoluzionarie. Ha anche fissato degli obiettivi strategici quantificabili per il 2025, tra cui ridurre le emissioni di CO2 del 50%, oltre a creare un Supplier index of sustainability e garantire l’aderenza agli standard in materia di processi e scelte di materie prime da parte dell’intera supply chain, così come istituire un laboratorio di innovazione sui materiali (Mil) incentrato sull’orologeria e sulla gioielleria, come successo per tessuti
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e abbigliamento. Il primo caso Kering che balza alla mente è Stella McCartney, le cui collezioni sono realizzate al 53% con materiali sostenibili, compresa l'ottica di Kering eyewear e il packaging eco realizzato dalla start-up israeliana Tipa. «Oggi credo esistano finalmente i presupposti per mettere in contatto tante aziende accomunate dall’intenzione di migliorare il nostro pianeta», ha precisato la designer figlia di Paul McCartney. «La moda rappresenta un’importante eredità culturale, ma a volte può risultare dannosa per l'ambiente, facendoci tornare indietro nel tempo, anziché guidare verso il futuro». Una rivoluzione copernicana ha anche trasformato Gucci, che è entrata a far parte della Fur free alliance e ha battezzato il piano di sostenibilità decennale Culture of purpose, che garantirà la tracciabilità al 95%. Il brand ha anche donato un milione di euro a Unicef per il progetto Girls’ empowerment initiative e farà parte della mostra «Fashioned from nature» dedicata alla moda sostenibile in scena al Victoria and Albert museum di Londra dal 21 aprile 2018 al 27 novembre 2019. «Il ripensamento del lusso e dell’idea di lusso è un passo necessario per adeguarci a un mondo che cambia, avendo a cuore le preoccupazioni delle nuove generazioni di clienti», ha spiegato Marie-Claire Daveu, responsabile della sostenibilità e delle relazioni istituzionali internazionali di Kering. «Negli ultimi anni abbiamo compiuto passi e miglioramenti importanti e continueremo a impegnarci nel perseguimento dei più elevati standard ambientali e sociali. Continueremo a divulgare le nostre soluzioni a sostegno della sostenibilità, condividendo ogni tre anni i progressi». Sia benvenuto così il secondo atto della moda, quello in cui la sostenibilità è l’impegno collettivo di lasciare il pianeta alle generazioni future almeno nelle condizioni in cui l’abbiamo trovato. A riprova di questo impegno una serie di progetti presentati proprio in concomitanza con i Green carpet, a partire dalla capsule in edizione speciale pensata da Sara Cavazza Facchini. La creative director di Genny ha realizzato una selezione di capi con tessuti eco nati dalla collaborazione con l’azienda Taroni, secondo quanto definito dalla campagna Detox di Greenpeace e nel rispetto dei severi requisiti richiesti dalla certificazione Gots-Global organic tessile standard. «Come donna e come designer credo che adottare un approccio alla vita e all’impresa ecosostenibile sia non una scelta ma un dovere», ha spiegato la stilista, «è un atto di responsabilità quotidiano».
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In queste pagine, dall'alto in senso orario, il centro logistico Eole di Louis Vuitton a Cergy-Pontoise (foto JEAN-PHILIPPE CAULLIEZ); Sara Cavazza Facchini con un abito della capsule eco p-e 2018 di genny; un'immagine dell'adv di Stella McCartney inverno 2017 scattata da harley weir; Gisele Bündchen e Livia Firth ai Green carpet fashion awards italia (foto Dave Bennett Getty Images) e Piazza della Scala allestita per l'evento
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foto Kevin Tachman
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The Best
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Un tributo di Donatella Versace a suo fratello Gianni, a vent’anni dalla sua scomparsa. «Ero pronta a condividere con il mondo i miei ricordi con lui», ha spiegato la stessa Donatella Versace. «Ho trovato il coraggio di andare nell’archivio e di raccontare il suo genio». Con una rilettura di pezzi iconici, repliche di capi storici ma con un touch più contemporaneo nelle linee. Il fil rouge è grafico e si snoda nel labirinto di stampe e fantasie che hanno reso famosa la maison nei primi anni 90. Le copertine di Vogue e il barocco con la medusa, Andy Warhol e la pop art, printed foulard e disegni di farfalle, le citazioni all’amico Elton John e gli abiti dalle scollature peccaminose, l’animalier e i native Americans. Fino ai disegni marini e all’immancabile metal mesh.
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The Best
saint laurent «La donna Saint Laurent è una viaggiatrice che riafferma la sua complessa personalità, piena di una sottile tensione. È un angelo nero con un’allure sensuale. E si avvolge di abiti dai ricami neri, sparkling come l’asfalto dopo la pioggia». Con queste parole il direttore creativo di Saint Laurent, Anthony Vaccarello, spiega il punto di partenza della collezione p-e 2018, presentata ai piedi del Trocadero, di fronte alla Tour Eiffel. Una collezione che celebra diversi amori. Quello per Parigi. Quello per Marrakech, per la legione straniera e per il mondo couture. Un universo di suggestioni che soffiano su quelle silhouette maledette. Tra pizzi vittoriani, trasparenze, ricami floreali sulle cappe, animalier e piume di struzzo che impreziosiscono mini dress e scarpe.
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The Best
comme des garçons Abiti come sculture. Opere d’arte in passerella, tra cenni artsy, fisicità e avanguardia. La nuova collezione p-e 2018 di Rei Kawakubo per Comme des garçons è un inno all’artigianalità proiettata nel futuro. E racconta di quell’espressione performativa delle fantasie umane e dei desideri infantili nel momento in cui si vogliono raccogliere e conservare le emozioni generate dall'oscurità e la paura. In passerella, sfilano angeli adornati da enormi cappotti di tweed imbottiti, impreziositi da piccoli cristalli qua e là. Seguiti da una parata colorata, surreale e cartoonish di maxi dress resi unici da graffiti tridimensionali con immagini di fumetti giapponesi e bambole di Hello kitty appese all’altezza del collo, e opere cinquecentesche dell’Arcimboldo riproposte all-over sul tessuto.
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foto Benoit Peverelli
foto Benoit Peverelli
MFF-Magazine For Fashion | 109
The Best
chanel Una visita alla scoperta della natura più selvaggia. Firmata ovviamente doppia C. Un viaggio pensato per un mondo di jet-setter che non rinunciano ai tailleur bouclé con le spalle segnate, coperte questa volta da mantelline in pvc ricamate con cristalli, con pietre sparkling effetto gocce d’acqua sospese nell’aria. Le modelle attraversano il pontile issato su un fiume verde, indossando orecchini e collier pendenti stile chandelier, collane di perle trasparenti, plastica per guanti civettuoli, per cappucci salva acconciatura, per stivaletti e alti cuissards da pescatore fashion. Sfoggiano jeans rivisitati, con fantasie tie and dye che ricordano laghi, con balze, sovrapposizioni, maniche a sbuffo come i getti e spruzzi d’acqua.
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The Best
dolce &gabbana
I’m in love. Come la regina di cuori. Tocchi di surrealismo e di ironia sottolineano le passioni di Domenico Dolce e Stefano Gabbana, menti creative a capo della griffe. Sul catwalk sfila un’anima mediterranea che parte dal cibo, con cannoli siciliani stampati sugli abiti e incastonati nelle bag. Mani sinuose sostengono i tacchi e avvolgono gli occhiali che non passano inosservati. Come quelli a fiore con petali che vibrano a ogni passo, come le lettere D e G per un logo-eyewear sfacciatamente pop. Guepière, sottovesti, trasparenze. Infine, le carte da gioco. Ricostruite enormi sullo sfondo, pronte a roteare e a muoversi. Ricamate sugli abiti, issate sui fermacapelli. Che regalano un tocco estroso a ciascun look.
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MFF-Magazine For Fashion | 111
The Best
jil sander Collisione. Dentro e fuori, solidità e leggerezza, natura e mano umana s’incontrano. La collezione parte rileggendo i codici della maison. La camicia bianca è il primo campo su cui lavorare. Allungata, dai tratti maschile-femminile, interrotta da plissettature, bombata sulle spalle con il retro arricchito da dettagli grafici ton sur ton che corrono ad arco da braccia e schiena. «È un tailoring sharp, netto, una tipologia minimale di approccio», hanno spiegato i designer Lucie e Luke Meier, alla loro prima prova ufficiale alla guida di Jil Sander. «C’è un sapore di Nord Africa, con scarpe basse e linee ampie». Come sacerdotesse vestite con colori basici, con piccoli monili che graffiano di misticismo.
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foto Manuel Braun
112 | MFF-Magazine For Fashion
The Best
Le silhouette morbide e materiche. Un elefantino come borsa, portata sulla maglia con il logo stampato e ricostruito su frange di tessuto. Il direttore creativo Jonathan Anderson regala una nuova vibrazione bohemien a Loewe, che prosegue con quel suo percorso di rilettura della figura femminile. Ripensata e semplificata. Lo stesso Anderson parla di un: «Sensual daywear», semplice, minimalista e raffinato. Niente red carpet style, più un’immagine naïf, da vacanza a Ibiza tra gli hippy. Con quei tocchi sognanti che si porta dietro. Patchwork di losanghe, bottoncini vittoriani per chiudere scollature, bluse mutanti che partono clean e s’innestano di frammenti di giacche. Da portare con abiti lunghi e morbidi.
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foto Kevin Tachman
loewe
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MFF-Magazine For Fashion | 113
The Best
balenciaga La rilettura di cose comuni con un linguaggio underground e dissacratorio. Un surrealismo che perde ogni patina di disincanto per esplorare le frontiere di un contemporaneo socialmente difficile. Animato da donne virago, dai volti normali. Il racconto parte da un presente wild animato di normalitĂ disturbante. Il trench e il giubbino di denim si sposano insieme in una crasi surreale. Gli abbinamenti folli sono di camicia e T-shirt, di suit jacket e gilet da motociclista, di sottoveste e accappatoio. I pantaloni nascono da stratificazioni progressive di modelli differenti. Le pagine di quotidiano diventano imprimĂŠ cosĂŹ come i tappeti di banconote. E le borse sono coperte da fodere antipioggia, effetto ombrello rovesciato.
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The Best
gucci foto Kevin Tachman
Uno spazio che racchiude tanti spazi. Tante anime. Disseminate come in un labirinto, in un percorso che trasforma il catwalk di Gucci. «Non voglio cadere nell’inganno di raccontare la storia», ha spiegato Alessandro Michele, mente creativa della griffe. «Vivere è sempre qualcosa di multiplo. Posso dire che nei look ci sono tracce di Los Angeles, di cose dimenticate, della provincia americana, del passato, del contemporaneo». In passerella, sfilano lo sportswear con riflessi di cristalli, le grandi spalline da nuova Dinasty, il clubbing meets rock. Con una spiccata propensione per l’edonismo e l’effetto bling bling. Le lunghezze corrono fino a terra negli abiti e le cuffie di cristalli diventano para-mento, nuovi accessori del futuro.
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foto Collier Schorr
foto Collier Schorr
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The Best
louis vuitton
L’eternità, quel crash tra passato e futuro. Tra abiti dal sapore storico e graffi hi-tech soprattutto negli accessori. Tra citazioni all’aristocrazia francese del XVIII secolo e the now coolness. Broccati preziosi, marsine e gilet dalle tracce militari mescolati a quella vena sportswear che ne diventa il contraltare. Nelle righe orizzontali dalle tinte squillanti, in borse e zaini dalla mano tecnica e nei richiami al running. Le modelle indossano sneakers dalle silhouette affusolate. Il frac si porta con i pantaloni stretti, la pelle nera intaglia abiti severi. Infine, la maglietta con l’effige di Stranger things, la serie tv americana che parla di extraterrestri e misteri. Come la Grande sfinge egizia del Louvre, che guarda severa a due passi dalla passerella.
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The Best
chloé Una maison che riparte dalle sue radici. Dalla sua fondatrice Gaby Aghion attraverso la sua nuova designer Natacha Ramsay-Levi. «Devi osare, diceva Gaby. La mia prima collezione è un tributo a lei e alla storia di Chloé», spiega la stilista. «La moda ha l’abilità di trasformare la realtà e instillare confidenza in quelli che abbraccia. Voglio che dia la possibilità alle donne di mostrare la loro forza, non il loro potere». In passerella, sfilano abiti vittoriani e piccole feritoie, gilet morbidi e giacche di pelle dalle linee affilate. Oltre a pantaloni dalle silhouette severe, fermi al ginocchio con stivali dalle cinghie sensuali che salgono, come quelli da schiava emancipata. Non mancano citazioni safari e incroci maschile con femminile. Irresistibili.
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The Best
fendi Il set dello show trasformato in un’opera d’arte. Geometrie di colore si rincorrono sugli abiti e si stagliano anche sui capelli. Un quadro surreale di creature in bilico, tra futurismo e freschezza tropicale. Surf girls iperaccessoriate from California. Tecno ladies in cuissards pop-chic. «L’idea è stata quella di creare un punto di contatto tra le grafiche futuriste, a partire dal lavoro dell'artista Giacomo Balla, ed elementi propri del Dna della nostra maison, dal logo alle righe», ha spiegato Silvia Venturini Fendi. «L’idea generale è quella di un’estrema leggerezza, fra tessuti trasparenti, reti, nylon e organza». Ottenuta grazie agli effetti see through e ai volumi che restano accostati sul corpo.
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foto Greg Kessler
foto stefano roncato
foto Greg Kessler
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The Best
valentino Slave to the rhythm. La voce di Grace Jones scalda l’atmosfera. Mentre il colore cipria apre la sfilata. Un piccolo chiodo lucido con collo-mantella, portato con una lunga camicia copre gli shorts. Per inaugurare quella vena sportiva che aleggia nell’aria, quella glamourizzazione di pezzi conosciuti. «È come guardare la Terra dalla Luna», ha spiegato Pierpaolo Piccioli, mente creativa di Valentino. «Ho capito che volevo rivedere anche le cose più ordinarie e renderle più straordinarie. È un racconto fantasy romantico». Cotone, nylon e seta si innestano nel giubbotto oversize. L’effetto patchwork personalizza il trench. I cargo sono impreziositi da velluto e ricami. Gli abiti fiorati sono resi meno pretty, per le nuove generazioni.
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The Best
Prada Prada underground. Affilata e con un ritmo androgino. Una marcia sonora amata da Indie band e dai Mods group in una scena di musica ribelle. Contrasto è la parola chiave dell’intera collezione. «È una femminilità un po’ tomboy», ha spiegato Miuccia Prada, mente creativa della maison, «un po’ militante e combattente, molto attiva. È un’istigazione a essere forte». Strong come gli abbinamenti decisi e come gli abiti, che su forme semplici scoprono anime iper-grafiche. Come i cartoon, ispirati al lavoro di fumettiste donne, in una ricerca dal contemporaneo alle epoche passate. Le nuances sono imprecise, svelate dalle pieghe di giacche dalle forme oversize, le cui spalline sono rinforzate da borchie metallare deluxe.
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Brunello Cucinelli
Dior
Moncler gamme rouge
Saint Laurent
Moschino
Alberta Ferretti
Maison Margiela
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Genny
Chanel
Jil Sander
Marco De Vincenzo
Nina Ricci
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Loewe
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Calvin Klein
Salvatore Ferragamo
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Alberta Ferretti
Michael Kors
Valentino
Erdem
Rochas
Bottega veneta
Dior
Coach 1941
Louis Vuitton Paco Rabanne
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PA R I S FEB. 13-15 | 2018
C L O U D
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F A S H I O N
YARNS | FABRICS | LEATHER DESIGNS | ACCESSORIES | MANUFACTURING PARC DES EXPOSITIONS, PARIS NORD VILLEPINTE
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Versace
foto Kevin Tachman
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Etro
Emilio Pucci
Dries Van Noten
Dolce&Gabbana
Lacoste Hermès
Versus Versace
Roberto Cavalli
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Louis Vuitton
Blumarine
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Salvatore Ferragamo
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foto sgp
foulard
Agnona
Michael Kors
Ermanno Scervino
Giorgio Armani
Erdem
Dondup
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Dolce&Gabbana
Dior
Calvin Klein
John Galliano
Missoni
Sonia Rykiel
Roberto Cavalli
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Fendi
Coach 1941
Blumarine
Giambattista Valli
Miu miu
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Paco Rabanne
Off-white c/o Virgil Abloh
Ermanno Scervino Delpozo
trends
Helmut Lang
Vionnet
see through Dries Van Notem
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Rochas
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Valentino
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128 | MFF-Magazine For Fashion
Msgm
Chanel
Balmain Marc Jacobs
trends
Jil Sander
Valentino
foto Benoit Peverelli
vinyl Fendi
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Byblos
Calvin Klein
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Elie Saab
Saint Laurent
N°21
Dior
Gucci
foto Ronan Gallagher
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Prada
Givenchy
Roberto Cavalli
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sauvage Salvatore Ferragamo
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Bottega veneta
ChloĂŠ
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Msgm
Alexander McQueen
Lacoste
Stella McCartney
Dondup
Marques' Almeida
Diesel black gold
Dior
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Dsquared2
trends
Fendi
denim
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Loewe
Jeremy Scott
Gucci Didascalia
Lanvin
Nina Ricci
trends
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Lacoste Max Mara
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Gcds
Fendi
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Balmain
Moncler gamme rouge
Moschino
Versace
Fenty x Puma
Philipp Plein
Louis Vuitton
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foto Lillie Eiger
Balenciaga
Giorgio Armani
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Michael Kors
Didascalia Gucci
foto Ronan Gallagher
Genny
Giorgio Armani
foto Matteo Scarpellini
Ermanno Scervino
Haider Ackermann Jil Sander
Dolce&Gabbana
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Etro
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Prada
Jeremy Scott
Emilio Pucci
Iceberg
Comme des garรงons
Marni
Versace
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artsy Dior
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Giorgio Armani
Junya Watanabe
Coach 1941
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makeover. Un racconto di bellezza che si muove dietro le quinte. Mixando effetti speciali, suggestioni da sfilata e tips backstage. by Francesca Manuzzi Jil Sander
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01. LANCÔME. Hypnôse palette Bain de minuit; 02. MAC COSMETICS. Bold & bad lash mascara; 03. HELENA RUBINSTEIN. Trattamento intensivo Re-plasty age recovery night; 04. TOM FORD BEAUTY. Blush Sheer cheek duo; 05. NARS. Matita Satin lip pencil Timanfaya; 06. GIORGIO ARMANI. My Armani to go The cushion
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beauty
grooming
makeover. Un racconto di bellezza che si muove dietro le quinte. Mixando effetti speciali, suggestioni da sfilata e tips backstage. by Francesca Manuzzi Versace
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01. JEAN PAUL GAULTIER. Eau de parfum Scandal; 02. CALVIN KLEIN. Fragranza unisex ck one gold; 03. DIOR. Profumo J’adore l’or; 04. BURBERRY. Eau de parfum intensamente femminile My Burberry blush; 05. PACO RABANNE. Eau de parfum edizione collector Lady million Monopoly; 06. GUCCI. Fragranza floreale Gucci Bloom
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international Philosophy di Lorenzo Serafini - Lorenzo Serafini Story by Stefano Roncato Photos by Adriano Cisani @ WhatAstreet, Luca Orsi, @ Indigitalimages.com, Davide Gallizio Brooke Shields' eyes are not forgotten. Not even when they scrutinize you from a photograph, when they tell you about a post Pretty baby world in one of those images that stand out on a special wall in Lorenzo Serafini's studio. A wall in progress, a tableau vivant in the true sense of the word. It grows season after season, adding new suggestions, visual fragments, icons, covers and fashion show reviews that embrace the designer in an emotional cocoon. Almost a mental projection that tells of his three years at the creative helm of Philosophy of the Aeffe group. «I don't know if I can say if only or already three years», explained to MFF-Magazine For Fashion the same Serafini. Always mentioned in the papable names in the game of creative fashion chairs. Courted by the press and the web. But ready to play with his rules, that is to say, to work in a group thinking as an independent maison. Small and couture. And in a short time he has become an exponent of that nouvelle vague of international creatives to keep constantly under control. «In the end, I'm not a young boy, but this is part of today. You don't have to be twenty years old. It is a gender-free age. Ageless. The beautiful thing that can unite people is true independence. No one is homologated for any strand». You are often at the center of the toto-names in various waltzes of emblazoned fashion chairs. How do you feel to be one of the new generation's it-name? Undoubtedly it's a source of pride, it gives me great pleasure, somehow it makes you feel the pressure to be looked at and considered. I feel even more emotive as an emotional person. It's always a little unbalanced balance between enjoying something and feeling the weight of it anyway. I can never enjoy the situation as lightly as I should probably. I load everything with a rather heavy weight, but it is very much my character. I tend to charge things of intensity. Can't you make it lighter? No, I can't keep a positive superficiality, unfortunately I'm always a bit thoughtful. And what do you have in mind? I always think. The work certainly catalyzes a lot of my thoughts, also because you can't separate. The dividing line between the end of work and the rest of life is so blurred. Meet people, talk, talk. It's hard to say I'm not working. The nice part of this work is that you say, «Am I working?», when it's something you're happy to do. And it's a great luck. When did you begin to understand that you wanted to work in fashion? Ever since I was a child I have been attracted to magazines and clothes. Is it an aesthetic thing? The movement? The fact that a person changed? What attracted you? It was certainly all about aesthetics and it was in me the dream of a world that today is a little different maybe. In the 80's it was really the mirage of an enchanted world. Mirage vanished? No, it is not that it has disappeared, social and economic conditions are not the same as those of the 80’s. The structures are different, the speed with which you have to do this job is different, everything is speeded up to the extreme. It's incomparable to when I dreamt I could be part of this world. How it changed is basically the speed with which the message arrives and is consumed. Before that, there were two collections per year with fashion shows lasting at least an hour. I remember the time when I started, I'm one who keeps everything.... Do you collect everything? It's part of me, I like collecting, archiving.... Basically fashion stuff. So newspapers, videos...? Of course, even video cassettes, all the clippings of newspapers. I put myself there, as so many of my generation did. You were getting ready with the cassette inside the VCR waiting for the Tg1, the Tg2 then the Tg5 arrived. I have all these cassettes that we then passed on dvd. But not even those are used any more. We will make usb drives. How did you start? What was your first job? I won a competition, Riccione fashion Italy, in 1996. I am from there, I am from Misano. At the
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time I was studying in Milan at Naba, at the end of the last year they forced you to take part in these competitions, there were quite a bit. I participated with the dresses that were the same as the end of year show. And there, which I must say was my luck, was Giorgia Rapezzi from L’Inde le Palais. I won the first prize, which in addition to money included the possibility of doing an internship somewhere and Giorgia brought me to Blumarine. I started in ‘96. The fashion shows were made up of 120 outfits, they were never ending, but you had two collections per year. Now you have many more outings per season, the clothes last much less in shops. How do you find yourself with this change? That is right in the end. The pity is that this speed destroys everything so that you no longer have time to appreciate the beautiful things. It is not an assembly line to churn out profusely. It is detrimental to the quality of ideas and products, but today it seems that the quantity is more important than quality and I wonder if the final consumer realizes this difference. I don't know, this is my greatest regret, that where we all stop less to think and enjoy things. Even with the Internet you no longer understand what's new and old... No. And new things and old things are perhaps even a little bit the result of the fact that we have cancelled cyclicality, almost a continuous line. Already the seasons are no longer there, winter and summer, nothing changes in the construction of a show. How to leave a personal mark? Perhaps the only thing you can do is to be truly yourself, really listen to your voice. Being able to express yourself. What do they see in you? I do not know if it is up to me to say so, I hope that they will see in me an intellectual honesty that is absolutely what I am trying to take forward. What about fashion? What concerns my fashion is an ease. There's nothing to understand, it's instinctive, you like it or don't like it at first glance. What it has on its side is certainly the fact that it is a fashion made for women, it is absolutely easy to carry without overwhelming the feminine identity. Lightness that does not crush... Exactly, you're not overwhelmed by a stylistic concept. These are clothes that exalt those who wear them. You speak of woman, but would you ever do the man? I have done it in past experiences when I was at D&G, but it's something I don't feel, I don't have this need. I like to do womenswear, it has always been my primary instinct. What did you learn from your previous path? They were fabulous schools, I was lucky enough to be able to work in certain places in a certain historical period. At Blumarine it was great that you did everything, from the designer, to follow the sales campaign in Milan, like taking care of shippings. A first 360-degree approach. After there was Roberto Cavalli, were the ten years in the golden years of the brand, where it was how to enter into a spectacular dimension. Everything at Cavalli was possible and this was perhaps what Roberto himself transmitted. Even if there were no real possibilities somehow we did it. There was no budget, no timing, no creativity. Afterwards I went to D&G, where I worked on the last three seasons, man and woman. Then I passed by Dolce&Gabbana woman. The wonderful thing is that Domenico and Stefano have an extremely clear, clear vision of what they want. With them there was a fabulous pragmatism. Have you taken a little bit from everyone? I hope, I hope so. At Dolce&Gabbana, their skill lies in having organized their own structure. There is a unique in-house studio in the world for its capacity, quality and expertise. It's all there inside, not for nothing they have also opened up haute couture. Let's also think about the courage of their vision in closing a thing like D&G that was going very well. Then came this opportunity from Philosophy. How do you feel in Aeffe? Here is another dimension again. Surely more intimate, where you have to respect timing as part of a production facility where other brands are set. Initially it was a bit strong to channel me into a more controlled structure, then you understand that there is some good in this. You have to grow. You have to learn how to organize yourself and stay within the deadlines. It means being forced to have a more global vision and not step by step. You already have the final goal and to get to that day after day you have to build one small step at a time. But isn't it a modern way of doing the designer? We've gone from the designers of the 70-80's no budget, the 90s of minimalism....
It is certainly more ethical, because in theory you should be wasting less money and this puts you in a moral condition that you understand is modern. The waste today is immoral, it should no longer be there. Surely with such strong poles you are forced to live in today's new course of things. Who are the names of today that you like the most? There are so many of them, I appreciate the work of so many, I'm afraid that if I make a name I miss another one. Certainly Balenciaga, with Demna Gsavalia. It has really broken the schemes. And who from the past? On the wall of your studio there are also images of women like the Hemingways or Brooke Shields.... They are women with a very unique personality, who have never followed fashion but put their personality in first place. Without losing their style. There are a thousand of them and many are in this wall. I am a collector of printed paper. And I keep it all in a library. In my removals I realized that I have nothing but a library, I only have books and newspapers. And a zebra skin that Eva (Cavalli, ed) gave me. And the nice thing is that this library is also in my head. I know exactly where to go looking for what I have in mind. You started with a top as Hilary Rhoda. During the last show the casting was fresher.... Surely Hilary was the first one, the first lookbook we shot. Brook Shields was the icon with which I imagined this Philosophy aesthetic. I thought it was the personification of the girl I had in mind. Innocent glamour, an innocent perversion, never vulgar, but always natural, ready to transform. Brooke was the first icon of this adventure and Hilary Rhoda had that character, I liked then the idea of being a fresh brand with an establishment. The first photos Ezra Petronio took of her, we had made teasers, a process that was only three years ago. I don't even know if I think only or already three years ago. How important is the Internet now? For me you can't help but be aware that all the games are made on this device (pointing his mobile phone). Today we communicate only through this, willingly or not. It's not my favourite medium, I love printed paper, but you understand that you have to stick to these rules, you can't help but understand them or not use them... Do you prefer to increase the turnover or dress up the woman of your dreams? These are two things so chained today. It's already a great goal to dress up women. It was the engine of my fashion, the fact of being a fashion to carry, to enjoy. If it's a non-famous woman, a friend of mine, rather than a person I respect for her work, the concept is the same. You say you prefer a maison vision rather than growing endlessly... True, my prerogative is to maintain intimacy, like the idea of a small maison you can control, doing the things you like. Being part of a group but still feeling like an independent house. That's how it is, one beautiful thing about Aeffe is that they leave it to the designers who choose to produce a freedom that is not easy to find. Here have passed names that marked the time when they were produced by Aeffe, such as Narciso Rodriguez or Jean-Paul Gaultier. The nice thing is that they give you timetables to meet, but together with timing they leave you with opportunities. You feel free. Neither Massimo nor Alberta (Ferretti, ed) have ever interfered. On the contrary, they spur you on. Do you think there is a new generation of designers with a different vision? In the end, I am not a young boy, but this is part of today. You don't have to be twenty years old to be part of this vague. A new intergenerational vague? There is a breaking down of so many barriers, a gender-free on age. An ageless, in my opinion it is a flow. Surely the beautiful thing, which can unite people, is the true independence. No one is homologated to any strand. Each of us has his own specific characteristics. Is there something you hate, a word that disturbs you? I hate when people use the adjective chic. When given to clothes, it doesn't really make sense. Should it be attributed to personality? Yes, the chic dress was to reflect a lifestyle, a way of behaving. Today I find that it is completely out of context, it sounds as a pattern that is meaningless. A question that you should ask at the beginning. How do you feel? I am very happy. Especially when you think you're doing the work you've always wanted to do, with people you value and trust. There are daily fights and I am one who tends more to pessimism than to lightness. Then there are some moments that I find myself thinking at home and I understand that I am happy. I can do something that I like together with the people I like. And that is no small thing.
COACH - Stuart Vevers Story by Stefano Roncato Photos by Tommy Ton @ TheCollectiveShift A few seconds before the shoot, the glasses appear. “I do not need them. It's just to look smarter in the pictures”. In fact, the icing on the cake of the interview with Stuart Vevers could not be missing. Because the designer, Coach's creative mind, confirms his quick and attentive spirit, sharp and funny. But also extremely ironic as an British person can be. But that in his homeland has, however, worked little between the periods spent at Calvin Klein, Bottega Veneta, Givenchy, Louis Vuitton. And then again Mulberry and Loewe. He has a portfolio of first level experiences that confirm the golden moment of Coach, where he landed in 2013. An all-that-that-glitters moment as the setting for the spring-summer 2018 show, where the setting proposed a New York imagined among fragments of skylines, buildings, stairs, windows, a car with the lines of the past. All rigorously covered with shiny crystals. They also reflect the lights on those special garments, a tribute to Keith Haring's work, designed for the next generation. But not only that. “For me it's more an attitude, the Coach girl may be 16 or 60 years old. There is no age”. Were you happy at the end of the show? I will not say no. Like everything I do, I simply show it to the world. I'm nervous, a little anxious, but lately I'm also happy and proud. The collection is growing... are you more self-confident? Yes, absolutely. I feel I have established a clear direction. I now know who the Coach girl and boy are. And I'm looking for new things to expand the wardrobe. We have had such a good response with the new vision. And how do you feel? What do you feel when people say they love your job? I'm never satisfied, I want more and more. I've always been very ambitious for myself and for Coach. And the most important thing for me is when I see someone in the street who wears Coach and who looks good in it. This is really the final compliment. You seem to have a good relationship with the people... Yes, absolutely. I try to work as much as possible with the people I like. Sometimes we imagine that these relationships depend on a corporate thinking, but sometimes not. It is more often personal. You love working with those who you like. So which people do you like? Artists, creative talents...? These are the ones that stimulate me. The way they think, the way they push on you. And I like people who enjoy having fun, who love laughing and spending good moments. That is my philosophy of work. Get the best results when the team has fun and feels good. And I certainly do not work in an environment that is too serious. How to bring amusing elements into an American brand? You're English. How do you feel being an Englishman in New York? I've been working for 21 years but in reality I've only spent three years in England. I lived in Italy, France, Spain.... Italy, Milan? Yes, at Bottega Veneta. It's true that I grew up in England, where my family lives. But, given my career abroad, I'm used to being a sort of outsider. Sometimes it gives me an interesting perspective. That is a factor that helps. But what is the secret of success? Follow your intuitions, work hard and believe in what you do. But I don't think there is a real secret. What I appreciate of the fashion industry is that it knows how to forgive. Sometimes you make mistakes, people forgive you and you go forward and try to do the best you can. You must be a very positive person... I try, I try, I try. Is it a good time for fashion? Something is changing... Surely stimulating. Everything is changing fast and you have to keep your feet on the ground. And listen to what happens, changes, the new generation. You say you finally understood your Coach boys and girls. Who are they? They are dreamers. They are nostalgic. It is always difficult to define them in a few words, but there is a sense of confidence in their attitude towards life, towards what they wear. The dress of a Coach girl must always have the comfort of a T-shirt, which you can put on and feel great. I like T-shirts, sneakers, sweatshirts. They're guys who don't follow all the rules of luxury. How is your moodboard? I prepare one but what inspires me the most are conversations. When I work with someone from
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my team or with someone I don't know but who is interesting, that generates the idea, the spark. Then you can put it on a moodboard but its starts from the conversation. Listen and interview as Andy Warhol did. And we go back to pop art. There was also this homage to Keith Haring in the fashion show... It is a dedication, something personal. He's one of the first artists I remember since I was a child in Yorkshire and his work just came out to me. He was an activist artist, his works hang in the galleries but were drawn in the subways. And even the video that started the show spoke about him painting in the subway, waiting for the policemen to catch him. And why all these glitters, all this shiny space? I wanted to explore the dressing up side of the Coach girl. So shine, sparkle, glitter but with that New York attitude... How is this New York attitude? A bit of grit, individuality and character. There are so many unique souls in New York, it is the city that really celebrates the style and differences of people. And even in the casting, I wanted to have individual characters. People whose looks you are told something interesting about them. Many new faces and not too much feminine... Yes, there were also guys who wore girls' clothes. I think it's modern, as the next generation thinks. We have a little mixed the cards to see someone cool. Obviously there were hair and make up. But if you look well, four or five of them had their own style. Talking about personality. How was the link with Selena Gomez born? I think there was something truly authentic. Selena lives her life in a true, honest way. I had read some things she said and I thought: "What a girl! She’s clever, she knows herself and I thought that this sense of honesty was very much Coach. I think she's also very inclusive, she manages to bring people into her world in a natural way. She has 129 million followers on Instagram and the reason is that she is authentic. And in many ways, she speaks to the next generation. Do you like to refer to the next generation only as millennials? Everyone is talking about them… I don’t know. For me it's more an attitude, the girl Coach can be 16 or 60 years old, there is no age. We need to be youthful, but it’s not about age. The collection is growing between clothes and accessories. What is the difference in designing them? The process is very different. With a collection and a season like this one for example, I start from the dresses. I imagine the character, I think about the past season and how to make the new one. This was a great opportunity for Coach, a completely new direction. Everything is linked to evolution. People know that with us they can find a nice leather bag, cool shoes, but also a shearling coat, a varsity jacket, an interesting sweatshirt with graphics, a girly dress, things we have done through the seasons. Are designers always obsessed with finding the new it-bag? We are always on the hunt. I think it’s useful to dream and come true. There is no formula for achieving it. You have to push your creativity, explore and perhaps sometimes it happens. Is there a designer from the past who you admire or has inspired you? Bonnie Cashin for Coach is definitely a great reference for me. She was a true pioneer, she transformed Coach into a sophisticated and authentic leather goods house. She enjoyed herself and played with colours, proportions and whims. In our archives, you can see when she arrived and left immediately. And apart from Coach? I think of Gabrielle Chanel's values. Her references were so avant-garde, she really pushed things forward. Junya Watanabe has reinvented the archetypes of clothing in a way that is really interesting. What are the brand's next projects? Surely the shoes. Because I think we can do much more. There are no plans for childrenswear, for example. The ready-to-wear is somehow still at the initial steps and I don't want to take out too much focus. It is very important for Coach, we want to see the clothes in the street. That is why I want a real clothing business and I think I have made good progress. Where do you produce? Worldwide. Something in Europe, Italy, Portugal. Much shearling in Turkey and knitwear also in Asia. It depends. We have just started developing a pole in New York. Now we already make a lot of jewellery here. When I arrived, nothing was done in the Big Apple and we started to find
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workshops. In our headquarters there are two large workshops, one for ready-to-wear and one for leather goods. Sos many of our samples are created in house. What is the difference between working for an American and a European brand? I have spent much of my career in the world of traditional European luxury and this is very different. This is an American house of leather. In many ways it was liberating, to have a different point of view. I felt that there was something new, different to say. There's a confidence in the American style. I think that luxury today can be a T-shirt, a sweatshirt, a rucksack and sneakers. And all this comes from an American heritage. The image change has worked, the numbers prove it... I feel proud. But I have to say that I do not do everything by myself. I interact with incredible people and this does a lot. The creative energy behind the brand, the people you work with, the people you relate to. That is important. How does it feel when they say that you are one of the new golden boys of the moment? Do they really say that? ACNE STUDIOS - JONNY JOHANSSON Story by Stefano Roncato Photos by Stéphane Feugère Bewitched by the monitors. The final seconds of the Acne Studios show are a moment of great phatos for the Swedish brand's family. The backstage becomes a moment of choral emotion, almost liberating, when the models come back behind the scenes. Some tears, even the tough ones cry, even if they design one of the brands with the coolest and most contemporary touch. An unexpected reaction which tells the interior world of the Nordic brand. That has made of its motto an acronym of its name. Ambition to create novel expressions. With a very personal perspective. “There are big fashion planets and we are a sort of moon that revolves around, so we have an external perspective on fashion”, explained to MFF-Magazine For Fashion Jonny Johansson, founder and creative director of Acne Studios. It's about inspirations, friends, surfers, mother and children. His modern family. Which thought influenced the collection? I've always seen Acne Studios as being in an outside position from fashion. There are the big fashion planets and we are a sort of moon that revolves around, so we have an external perspective on it. It's something I wanted to work on, I wanted to create more individual pieces, with the spontaneity of a thrift store. There are small chains, sequins on jeans, sequins... The collection is more linked to the concept of complexity. It’s nothing abstract. Last season was a bit more artistic concerning patterns, suits, while this season is more spontaneous. You talk about the brand as a satellite around the world of luxury. What’s your idea of the brand? The outside perspective is always positive. Sometimes, when I meet the design kids, they are so obsessed with the fashion scenario that they can't express themselves. And when this self-expression has a little more space, it's always a good thing. I wanted to celebrate that. I love fashion... How did you decide to change your perspective? The brand's history is very minimal and now you have decided to embellish it strongly... Why now? It's a selfish choice, I wanted to have fun! After a while you get bored. I see some of these kids, they don't care about fashion but they express themselves. Now it's all about the brands. All celebrities are like brands. You can see brands everywhere. So I thought: can we get out of this and see how it works? How did you get to this job? Together with some friends we started a creative collective, Acne, in 1996. We wanted to explore different outlets and interpret and define what was contemporary. We worked on fashion, advertising, film and we made the first jeans in 1997. And I admit that we had a lot of fun. And the name Acne Studios? The fashion side has evolved, it has become a separate brand and in 2006 we changed our name to Acne Studios when we decided to be a standalone fashion house. Now I'm the creative director of this great Swedish company, which is certainly very beautiful but also involves a lot of work (laughs). Inside me there is always that part that tries to explore what is now contemporary and how to define it through my inspirations, my experiences. Do you have a mentor or someone who inspires you? Not just a mentor, but my family and friends inspi-
re me a lot. Or artists and musicians I admire. And especially friends like Robin Kegel and Alex Knost, whom I knew while surfing. You are opening many stores, you just opened in Milan. How does this expansion impact your work? Are you thinking about new consumers? Our shops are always important to me, because I like to be in the shop, I like meeting people and working in store. I think it's really fun to see how people interact with our products. In addition, the Internet is, of course, now the big thing, everyone is moving in that direction, but I think it is important to celebrate the whole concept. Then, I'm interested in spaces, cities... What does this space say? What should I do? I am thinking of the environment and architecture. It is also an expression of design.... What will the next steps be? We will continue to develop what we have already begun. Trying not to be too conformist in the traditional fashionable way of being. But making sure we follow our path. Millennials and Generation Z, are you afraid of them or do you like them? My children are millennials and I like them. And in fact, they inspire me a lot with all their interests and their vision of the world. They certainly have a different view of life than my generation. The family is a recurring element in you words. Where did the concept of the new campaign with the modern family come from? For a long time, I have been wondering about the very concept of family. Not only in one sense but in all its branches. I also like very much that uniform feeling that our collection with the face motif has and it’s something that a whole family can wear, like the basic pieces of their wardrobe. That's why the concept of modern family was the perfect one for this collection. And we found this couple from Atlanta, Kordale Lewis and Kaleb Anthony and their four wonderful children Desmiray, Maliyah, Kordale junior and Kaleb junior. We asked Inez and Vinoodh to photograph them in a hotel room in New York City, where they stayed during a holiday weekend. What is your first fashion memory? I can tell you a short story. My mother always wore flare jeans. I have a sexy, blonde and tall mother with a beautiful silhouette. She always wore bell bottom jeans and I told her that she couldn’t. She made me sign a contract in which I stated that I couldn't wear that kind of jeans and she had to wear those straight ones, like me. «Okay, I sign a contract with you», she said. She made me sign it declaring that I wouldn't be wearing bell bottom jeans and two years later I started to wear them. She always put it in front of me: «Watch Jonny!»… But in advertising, you never put your mother, but your little son dressed up as an adult... Why? Yes! A global family, no? I always try to be contemporary in everything I do. It’s not easy, so I hope that this will lead to some story for the future, that we have done something that has marked the times. At that moment I had the feeling that it was important to say: «Hey, do you know who’s fashionable?» There’s no need to be a celebrity... Philosophy di lorenzo serafini -lorenzo serafini 设计工作室 Stefano Roncato采访 Adriano Cisani @ whatAstreet, Luca Orsi, @indigitalimages.com, Davide Gallizio摄影 布鲁克·希尔斯(Brook Shields)的眼睛 让人无法忘怀。它们透过照片观察着你,通过 Lorenzo Serafini工作室里专门的照片墙上展 示的照片,向你讲述着古典美女的世界。这面墙 逐渐成为真正意义上的有生命的画面墙。随着季 节更替,不断增添新的创意、视觉片段、标志、 封面和时装秀评论等,将设计师环绕在设计灵感 与激情之中。这面墙几乎就是讲述其担任Aeffe 集团创意总监三年经历的精神投影。“我不知道该 说是才只有三年啊,还是原来已经有三年了。” Serafini对MFF时尚杂志说到。作为时尚创意 交椅上经常被提名的人。他深受媒体和网络的关 注。可他却坚持自己,以经营独立工作室的态度 进入集团团队工作。小众和时装。在很短的时间 内,就成为无数新生代国际创意设计师的杰出代 表。“最后,从年级上讲我已经不是个小年轻了, 但这恰恰是现今这个时代的好处。你不一定要20 岁才能时尚。这个时代不再存在年龄差别。可以 永葆年轻。最好的一点是人在真正意义上独立起 来了。无须追随任何一个流派。” 您经常成为各种社交活动、华尔兹社交舞会的中 心。对于成为新一代意大利代表人物之一,您有 何感想? 毫无疑问,这是一件值得夸耀的事,这让我非常 高兴,但是这也让我倍感压力,因为我受到了更
多地关注和重视。我是一个情绪化的人,所以我 会思虑得更多。在享受某种事物和承受事物带来 的压力之间总是有点不平衡。我没有办法像大家 想象地那样轻松地享受这个事情。实际上,这件 事给我加上了一个相当沉重的负担,但这是我的 性格使然。我总是试图给自己强加一些沉重的 东西。 不能让这件事更轻松些吗? 不,我保持不了表面上的积极乐观,不幸的是我 总是思虑过重。 您会想什么? 我总是思考。工作当然占据了我的思考当中很大 的一部分,这也是因为离不开它。结束工作与享 受生活的分界线是如此难以界定。与人见面,交 谈。很难说我不是在工作。这个工作的好处就是 会问自己说:“我正在工作吗?”因为所做的事情 是你非常喜欢的。这也是件很幸运的事。 您什么时候开始意识到您想要在时尚界工作? 一直如此,从小时候起,我就被报纸,被衣服所 吸引。 对您来说是一种美呢?还是一项活动?还是可以 改变一个人的事情?是什么吸引了您? 这绝对是和美息息相关的,在我看来,如今这个 世界和梦想中的有点不一样。而以前的八十年 代,就是令人陶醉的魔法世界的真实投影。 而这个投影幻灭了? 不,不是幻灭了,只是社会和经济条件与20世纪 80年代的不一样了。社会结构是不同的,这种生 活的速度是不同的,现在一切都在高速发展。当 我想到自己是这个世界的一部分时,这种感觉是 无与伦比的。信息从接收到运用的速度从根本上 改变了。以前,每年推出两个系列,至少一个小 时的时装秀。我记得在我刚入行的时候,我收集 所有的东西…… 收集一切? 这是我性格的一部分,我喜欢收集,归档……基 本上都是时尚方面的。 所以也收集报纸,视频…? 当然,也有包含所有的电视新闻剪辑的录像带。 我等在那里,就像很多我这一辈的人会做的那 样。准备好录像机内的录像带,等着录Tg1,然 后是Tg2和 Tg5。我把所有这些录像带都做成了 DVD格式。但现在DVD也没人用了。之后会做 成优盘。 您是怎么入行的?您的第一份工作是什么? 1996年,我在意大利里乔内时尚大赛中获胜。那 里是我的故乡,我是米萨诺人。当时我正在米兰 的米兰新美术学院读书,在学习的最后一年期 末,要求学生参加这类的比赛,尽管当时这类 比赛还不多。我用毕设的服装参加了比赛,就 是毕业时装秀表演的那一组。那个时候,我必 须说我真的很幸运,当时有Linde le Palais 的Giorgia Rapezzi在场。我获得了一等奖, 除了一笔奖金外,还有机会在某个地方进行实 习,Giorgia把我带到了Blumarine。我从 1996年开始入行。当时的时装秀要准备120套服装 出场,似乎永远没有结束,好在一年只推出两个 系列。如今每一季都有要有很多新款,服装在店 内销售的时间大大减少了。 对这个改变您感觉如何? 最后都是好的。可惜的是,这个速度破坏了一 切,所以你没有时间欣赏美丽的事物。这不是条 盈利产业链。违背了产品和设计的质量理念,今 天看起来似乎更重视的是数量而不是质量,我有 时会怀疑最终消费者是否注意到这种差异。我不 知道,这是我最大的遗憾,我们希望所有人都能 停下来思考和享受这些美丽的事物。 如今在互联网上,也不知道什么是新的,什么是 旧的了…… 不是这样的。新事物和旧事物可能已经有点失去 了循环的概念,几乎成为一条延续下去的直线。 比如虽然冬夏时装季已经过去了,但是对时装秀 的筹备没有任何改变。 如何留下个人特有的标记? 也许你唯一能做的就是做你自己,真正聆听你自 己的声音。能够表达自己。 别人从您身上看到了什么? 我不知道这是否该由我来说,我希望别人从我身 上看到诚实与智慧,这是我一直努力展现给大 家的。 在时尚层面呢? 我的时尚是一件轻松的事情。没有什么需要理解 的,就是本能的表达,你第一眼就喜欢它,或 者你不喜欢。当然必须要说得一个事实是我的时 尚,那就是为女性所做的一种时尚,在这种意义 上说,绝对不能轻易忽略女性身份。 轻松,没有压力…… 是的,显然你不能被所谓的风格理念所左右。衣 服的作用是展现穿着者的优点。 您总说女性,您不想做男装吗? 我这么说是从个人经验出发,当我在D&G工作 时,我就没有这种感觉,没有这种需求。我喜欢 做女装,这一直以来都是我的首要本能。 在之前的经验中,您学习到了什么? 它们都是很棒的学校,我很幸运能够在一定的历 史时期在那些地方工作。比如在Blumarine, 你需要做所有工作,设计师,跟随销售团队去米 兰,如何去出货,这是非常棒的工作体验。一种 360度全方位的工作方式。接下来在Roberto Cavalli工作,是这个品牌最辉煌的十年黄金 时期,我在那里工作就像进入了一个巨大的秀 场。在Cavalli一切都是可能的,也许这正是 Roberto Cavalli自己要传递给大家的理念。 哪怕没有真正的可能性去实现他们要做的事。在
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预算、时间和创造力上都没有限制。后来,我又 去了D&G公司,参与了最近的三个男装和女装的 时装季。接着我就去了Dolce&Gabbana的女 装部。最奇妙的事情是,Domenico 和 Stefano对他们想要的东西有一个非常清晰、明确的认 识。与他们在一起有绝佳的实用精神。 您在他们身上都学到了一点东西? 是的,我希望如此。在Dolce&Gabbana公 司,我发现他们的杰出才华在于拥有一个自己的 组织结构。拥有一个世界上独一无二的,兼具高 能和优质的内部工作室。一切都在那里面,没有 什么隐瞒的,甚至高级时装也是开放的。想想他 们需要那么大的勇气来关闭像D&G那样好的东 西。后来,就有了Philosophy的机会。 在Aeffe,您觉得怎么样? 这又是另外一个环境了。当然有更多的收获,你 必须遵守时间,这是这个品牌内在产品生产结构 的一部分。起初,我费了很大的力气才让自己进 入这个有点封闭的结构;后来,你也知道这是一 件好事。你必须成长。你必须学会如何管理自 己,安排好自己的时间,并保持在时间轴上。这 意味着被迫有一个更整体性的视野,而不是一步 一步的。须要有最终的目标,并且一天天一点点 地达到它。 但难道不是一个现代化的设计师的方式吗?我们 经历过七十年代到八十年代没有预算的设计师, 九十年代的极简主义... 这当然更符合伦理,因为从理论上说,你应该少 浪费时间,这使你处于一种现代的伦理状态。在 今天,浪费是不应该的,应该不复存在。当然, 如此强大的伦理观念,使你被迫生活在今天不断 出现的新事物中。 如今这些代表人物,您最喜欢的是谁? 有很多人,我欣赏很多人的工作,恐怕如果让 我说出一个名字,我会说起这个人又想起另外 一个,很难抉择。当然肯定有Balenciaga和 Demna Gsavalia。他真的打破了传统模式。 那过去的人物呢,您最喜欢谁?在您的工作室墙 上还有像海明威或波姬小丝等女性的照片…… 她们是个性非常独特的女性,从不追随时尚,而 是把个性放在第一位。不失其风格。这面墙上有 一千多个女性形象。我是印刷品的收藏家。我把 它们放在我的收藏馆里。几次搬家让我意识到除 了这个收藏馆外我一无所有,我只有书籍和报 纸。Eva(Cavalli,编者注)送了我一张斑马 皮。更好的是,这个收藏馆也在我的脑海里。我 知道在哪里找到我想要的东西。 您开始用希拉里·罗达(Hilary Rhoda)这样 的顶尖人物。您最近一次的时装秀更加新潮…… 希拉里肯定是位列第一的,她是我们拍摄的第 一个人物。我认为布鲁克·希尔斯(Brook Shields)是具有这种Philosophy美学的偶 像。我以为这是对我脑海中曾经的那个女孩的模 仿。无辜的魅力,天真的偏执,不庸俗,原始自 然,却准备着改变。布鲁克是这次冒险的第一个 图标,希拉里·罗达也有这个特点,我喜欢这种 创意的想法,创造一个新鲜的品牌。最初的这些 照片是由Ezra Petronio拍摄的,曾在三年前 做过预告片,就是三年前的事。我也不知道只有 三年,还是已经三年了哪个说法更好些。 互联网现在有多重要? 对我来说,必须意识到所有的方式都是在这个设 备上运作的(他是指手机,编者注)。今天, 只有通过这个进行沟通,不管你是愿意还是不愿 意。这不是我最喜欢的媒体,我喜欢印刷的纸 张,但是你明白你必须坚持这些规则,你不能不 理解或不使用它们。 您喜欢增加您的销售还是装扮您理想中的女性? 现在这是两件连锁的事情。装扮女人已经是一个 伟大的事业。这是我的时尚引擎,穿着时尚,享 受时尚。即使对一个不出名的女性,我的一位女 性朋友,或者一个喜欢工作的人,这个概念也是 一样的。 您说,您更喜欢一个家庭的观念,胜过无方向地 成长…… 诚然,我特长是保持一种亲密感,就像管理一 个小工作室,做你喜欢的事情。作为一个群体 的一部分,但仍然感觉像一个独立的工作室。 而且,Aeffe特别好的一点是,他们给予时 尚设计师完全的自由,这是其他公司很难给 予的。Narciso Rodriguez和Jean-Paul Gaultier在Aeffe公司工作的期间,就为 公司创造出划时代的杰作。好的事情是,他们 尊重你,给你所需的时间,但是你也需要遵 守时间,抓住他们给你的机会。你会感觉到自 由。Massimo和 Alberta(Ferretti,编者 注)都没有干预过。事实上,他们主要是激励 你。 您觉得新一代的设计师有不同的视野吗? 最后,我从年龄上说不在是个小年轻了,但这恰 恰是现今这个时代的好处。你不一定只有20岁才 能时尚。 一个新的模糊的代际? 消除了很多障碍,这个时代不再存在年龄差别。 可以永葆年轻。最好的一点是人在真正意义上独 立起来了。无须追随任何一个流派。我们每个人 都有自己独特的个性。 有什么您讨厌的,一个让您感到不安的词? 我讨厌使用时髦这个形容词。对衣服没有任何 意义。 是否应该更有个性? 是的,别致的衣服反映了一种生活方式,一种行 为方式。今天,我发现它完全脱离了语境,让我 觉得没有这种意义。
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应该在最开始提出一个问题。您好吗? 我很高兴。特别是当你正在做你一直想做的工 作,与你欣赏和信任的人的一起工作。每天都 有生气的事,因为我是一个比较容易悲观的人, 不容易放松。然后有一些时刻,我自己在家里 思考,认识到我的确很欣慰。我可以做我喜欢 的事,和我喜欢的人在一起。这高兴得不止一 点点。 COACH - STUART VEVERS 采访 Stefano Roncato 摄影Tommy Ton @ thecollectiveshift 他在拍摄前的几秒钟,带上了眼镜。“我不需要 戴眼镜,带着是为了在照片里显得更有智慧。” 实际上,眼镜对Stuart Vevers的采访有锦上 添花的妙处。因为这位设计师,Coach的执行 创意总监,再次表现了他迅速谨慎,敏锐有趣 的精神。也体现出英国人特有的讽刺风格。在 国内时,他曾在Calvin Klein、Bottega Veneta、Givenchy、Louis Vuitton等公 司短暂工作过一段时间。之后在Mulberry和 Loewe工作。2013年进入Coach,在公司的黄 金时期,获得了顶级的工作经验。2018年春夏季 时装秀的布景亮光闪闪,断断续续的天际线,高 楼,楼梯,窗户,一辆古董车,再现了印象中的 纽约的场景。全部都覆盖着璀璨闪烁的水晶。灯 光在展示的服装上反射出来,是为了下一代精心 设计的,向基思·哈林(Keith Haring)致敬 的杰作。当然远不止如此。“对我来说更是一种态 度,Coach的女性客户年龄可以是16岁或60岁, 没有年龄的局限。” 在服装秀结束的时候高兴吗? 没什么不高兴的。我只是单纯地向世界展示我做 的东西。我很紧张,有一点儿焦虑,但是现在我 觉得很高兴也很自豪。 每季的产品变多了……是更自信了吗? 当然,绝对的。我觉得我确定了十分清晰的方 向。现在我知道Coach的男孩女孩都是谁。尝 试设计更多新品。我们的新设计方向也获得了很 好的回应。 您感觉如何?当听到人们说喜欢您的设计的时候 感觉如何? 我从不满足,我想要更多。无论对自己还是对 Coach我都非常有抱负。对我来说,最重要的事 情是,当我看到在街上有人穿着Coach,并且穿 的非常好看。这就是最好的赞美了。 看上去您和周围人有非常好的关系…… 当然是的。我尽可能地和我喜欢的人一起工作。 有时会认为这种关系来自同样的公司思维,有时 不会。更多的时候是非常个人化的。 您喜欢和喜欢的人一起工作。那么哪些是您喜欢 的人?艺术家,天才设计师……? 是那些会激励我的人,他们的思维世界,他们鼓 励你的方式。我喜欢那些能给自己找乐的人,那 些喜欢笑,喜欢享受美好时光的人。当团队充满 欢乐,非常和谐的时候,就可以取得非常好的成 果。当然,我不会在特别严肃的环境中工作。 如何将这些欢乐的元素带入到这个美国品牌中? 您是英国人。英国人在纽约的感觉如何呢? 我从21岁开始工作,实际上只在英国待了三年。 我住过意大利、法国、西班牙…… 意大利,米兰吗? 是的,在Bottega Veneta工作的时候。当然 我是在英国长大的,我的家人也在那里。但是我 过去的工作经历几乎都在海外,我已经习惯了作 为局外人的感觉。这种感觉有时也会带给我很有 趣的想法。 这是很有用的一点。您的成功奥秘又是什么呢? 跟随自己的直觉,努力的做事并且相信你所做的 事情。但我不觉得这称得上是个秘密。我很欣赏 时尚产业的一点就是这个产业很容易原谅。人们 有时会犯错,会被其他人原谅,然后继续努力, 尽力做到最好。 您是个很积极的人…… 我尝试,尝试,再尝试如此。 现在对时尚来说是个好时代吗?有些事情改变 了…… 当然是非常刺激时尚的时代。一切变化得都非常 快,这时必须脚踏实地。聆听发生了什么,改变 了什么,聆听新的一代。 您说您终于明白了Coach的男孩女孩。他们是 谁呢? 是梦想家。是怀旧者。很难用几句话定义,但是 他们对生活,对穿着的态度都很轻松自在。穿着 Coach服装的女孩要有件舒适的上衣,可以随便 穿上它,让自己感觉良好。我喜欢T恤、运动鞋、 运动衫。他们都是不追随任何奢侈潮流的人。 您的情绪板怎么样? 我有一个,但是谈话更能带给我灵感。当我同团 队中的某个人,或者某个我不认识但是很有趣的 人工作的时候,会产生很多的想法,激发火花。 然后就可以写在情绪板上,但是还是从谈话开 始的。 像安迪·沃霍尔(Andy Warhol)那样聆听和 采访。然后连接到波普艺术。在服装秀中也有对 基思·哈林(Keith Haring)的致敬? 是向他致敬,很个人的东西。在我还是住在约克 郡的小孩子的时候,他是我最早记得的艺术家之 一,他的作品都好像从内心深处跳出来那样。他 是非常活跃的艺术家,他的作品挂在画廊里面, 但最初是在地铁里画的。包括在视频中都提到他
在地铁里画画,等着警察过来抓他。 为什么这些都闪闪发光呢,整个空间都光芒璀 璨? 我想要探索Coach女孩的穿着打扮。所以采用 了很多闪耀,亮晶晶的元素,但是态度上非常纽 约…… 这种纽约态度是什么? 有些魄力,个性和风格。在纽约有很多独特的灵 魂,纽约推崇各种风格和差异。包括模特,我也 希望是很有个性的。可以说出他们的形象中有意 思的地方的人。 有很多新面孔,而且没有太甜心感的女性…… 是的,也有男生穿着女生的服装。我觉得这很现 代,是下一代人的想法。我们全都混在一起,为 了要展示些酷的东西。当然还有发型和化妆,但 如果你仔细观察,他们当中的四五个人都有自己 的风格。 提到个性。与赛琳娜·戈麦斯(Selena Gomez)之间的链接是如何产生的呢? 我认为有些真正独特的东西,赛琳娜以真诚的态 度面对生活。我读过她的一些言论,让我觉得:“ 这是个多么特别的女孩!”她很聪明,了解自己, 我认为这种真诚的感觉非常符合Coach。我认 为她也非常包容,可以让别人自然融入她的世 界。她在Instagram上有1,29亿追随者,就是 因为她非常独特。在很多方面都可以成为下一代 的代言。 您喜欢将下一代定义为千禧一代的说法吗?大家 都这么说…… 我不知道,对我来说更是一种态度。Coach女孩 可以是16岁或者60岁,没有年龄限制。需要有年 轻的态度,但和年龄无关。 新系列的衣服和配饰增加了。在设计的时候有什 么不同? 这个过程非常不同。像这样的一个系列和一个季 度,从衣服开始。我要想象人物,回想之前的季 度和如何做新的一季。这是Coach巨大的际遇, 全新的方向。一切都要进化。人们知道可以从我 们这里找到漂亮的皮包,很酷的鞋子,还有毛皮 大衣,棒球夹克,有图案的有趣的运动衫,充满 少女感的裙子,都是我们在各个季度中不断推出 的产品。 设计师总是沉迷于寻找新的it-bag? 我们总是在寻找。我觉得梦想是会成真的。不存 在实现它的公式。需要刺激你的创造力,不断探 索,有时就会实现了。 有没有一位您崇拜的,受其启发的过去的设计 师? 当然是邦尼·卡欣(Bonnie Cashin),对 Coach来说是我很重要的参考目标。他是真正的 先驱,将Coach转型成为精致独特的皮具公司。 他享受设计中的乐趣,运用颜色,比例和各种奇 思妙想。在我们的档案中,你可以一目了然地明 白他加入和离开的时间。 在Coach以外呢? 我觉得是加布里埃·香奈儿(Gabrielle Chanel)的设计观念。她的想法十分前卫,也的确 推动了设计。渡边淳弥(Junya Watanabe)也用 十分有趣的方式重塑了服装的原型。 品牌的下个项目是什么? 当然是鞋子了。我觉得我可以做更多。还没有儿 童服装的计划。成衣尚处于起步阶段,我不想过 多分心。因为其对Coach非常重要,我们希望在 街上看到人们穿我们的衣服。为此我希望做真正 的服装生意,我也认为已经取得了良好的进展。 在哪里生产呢? 在全世界。一些东西在欧洲生产,意大利,葡萄 牙。毛皮在土耳其生产,针织品在亚洲。看情 况。我们刚开始发展在纽约的生产中心。现在在 这里制作很多珠宝。在我刚来的时候,一切都没 有起步,我们开始寻找工作坊。我们的总部有两 个大型工厂,一个制作成衣,一个制作皮革。我 们也在这里制作很多样品。 为美国品牌工作和为欧洲品牌工作有什么区别? 我职业生涯的大部分在欧洲传统奢饰品界工作, 现在这里非常不同。这是美国的皮革品牌,在许 多方面,像是得到释放,可以有不同的观点。我 觉得有些新的东西,不同的表达。有种随和的美 式风格。我认为现在的奢饰品可以是上衣,运动 衫,背包和运动鞋。这些都是美国的传统。 形象改变起作用了,从数字上就能看出来…… 我很自豪。但是我要说这不是我一个人的功劳。 我和令人难以置信的人互动,对今天的成就贡献 颇大。品牌背后的创造力,同事的员工,与你有 关系的人。都非常重要。 人们说您是时下新晋金童之一,您怎么想? 他们真的这么说? ACNE STUDIOS 工作室 - Jonny Johansson Stefano Roncato采访 StéphaneFeugère摄影 被镜头施了魔法。Acne Studios工作室时装秀 的最后一刻成了这个瑞典家族品牌的感动时刻。 当模特们都退到幕后,后台迎来了情感迸发的时 刻。激动的泪水,最坚强的人也落泪,他们设计 出了这个世界上最现代最酷的时装品牌。这个 意想不到的反应,展现出这个北欧品牌的内心世 界。品牌的名字来自品牌座右铭的首字母缩写。 意思是“创造新颖表达的野心”。带有非常个性化 的视角。“有很多的时尚星球,我们只是一个像月 球一样围绕旋转的卫星,所以我们有一个外部的
时尚视角。” Acne Studios工作室创始人兼创 意总监Jonny Johansson对MFF时尚杂志解释 到。他还谈到灵感、朋友、冲浪、母亲和孩子。 以及他的现代家庭。 是什么想法影响了这个系列的时装设计? 我一直认为Acne Studios工作室在时尚方面处 于外围的位置。有很多的时尚星球,我们只是一 个像月球一样的卫星,围绕旋转,所以我们有一 个外部的时尚视角。这是我想要做的事情,我想 创造更多的个人作品,我的创作灵感来自一个旧 货店(慈善商店)。创作元素有小链子,牛仔裤 上的亮片……这个系列的时装设计更多地涉及到 复杂性的概念。不是抽象性的。上一季的时装设 计在款式和套装方面更具艺术性,而这一季的时 装设计更具灵感。 您把品牌说成是奢侈品世界的卫星。您的品牌设 想是什么? 外部的视角总是积极正面的。当我遇到一些设计 界的孩子时,我发现他们对时尚的痴迷,使他们 无法表达自己。而当这种自我表达有更多的空间 时,会一直是一件好事。我想颂扬这一点。我热 爱时尚…… 您是怎么决定改变您的观点的?品牌的故事非常 微小,您决定强力充实品牌故事……为什么在这 个时刻? 这是一个自我的选择,我想玩得开心!我想玩得 开心。过了一段时间,有点感到无聊。我看到一 些这样的孩子,他们不在乎时尚,只是为了表达 自己。现在是品牌时代。所有的名人都像一个品 牌。你看到处都是品牌。所以我想:我们是否能 脱离这些,从外部的角度看它怎么运转? 您是如何得到这份工作的? 和一些朋友一起,我们于1996年创办了一个创意 组合Acne。我们想探索不同的渠道,并解释和 定义什么是当代的。这个组合致力于时尚、广告 和电影方面,1997年我们制作了第一条牛仔裤。 我承认这期间我们很开心。 这就是Acne Studios工作室的名字了? 时尚部分已经得到长足的发展,成为一个独立的 品牌。在2006年,当我们决定成为一个独立的时 装设计工作室时,就改名为Acne Studios工作 室。我现在是这个伟大的瑞典公司的创意总监, 这当然非常漂亮,但也有很多工作要做(笑,编 者注)。在我的内心里,总有某个部分,试图探 索什么是当代的,以及如何通过我的灵感,我的 经验来定义它。 您是有导师还是有给您启迪的人呢? 算不上是真正的导师,但我的家人和我的朋友启 迪了我很多。或者我钦佩的艺术家和音乐家。特 别是像Robin Kegel和Alex Knost这样的朋 友,我在冲浪的时候认识得他们。 你们开了许多商店,在米兰的商店也刚刚开业。 品牌扩张会影响您的工作吗?您在思考新的消费 者吗? 我们的商店对我来说一直都是很重要的,因为我 喜欢待在商店里,我喜欢在那里和人们见面,在 那里工作。我认为能够看到人们如何与我们的产 品互动真的很有趣。另外,现在互联网当然也是 很重要的,每个人都朝着这个方向前进,但我认 为重视整个概念是更重要的。然后,我对空间感 兴趣,对城市感兴趣……这个空间怎么说呢?我 要做什么呢?我想到了环境和建筑。这也是一个 设计的表达…… 接下来的步骤是什么? 我们将继续发展我们已经开始的事业。不要固守 传统的时尚方式。而是要确保我们遵循我们自己 的道路。 千禧一代和Z世代的孩子,他们的主题和他们w 的喜好呢? 我的孩子是千禧一代,我喜欢他们。事实上,他 们激发了我所有的兴趣和对世界的看法。相对于 我们这一代人,他们对生活的看法绝对不一样。 家庭这个词在他的话里反复出现。现代家庭的新 运动概念是从哪里来的? 很长一段时间我一直在质疑家庭的这个概念。 不仅在某一种意义上,而且在所有的衍生意义 上。我喜欢制服的感觉,这也是我们这个系列时 装设计的要素。这是整个家庭可以穿的衣服, 就像衣柜里的基本衣物一样。这就是为什么现代 家庭的概念影响到这个系列的时装设计。我们 找到了Atlanta,Kordale Lewis和Kaleb Anthony品牌,以及他们四个杰出的童装品牌 Desmiray,Maliyah,Kordale junior 和Kaleb junior的一些服装。我们邀请Inez 和 Vinoodh周末度假时在纽约的一个旅馆房间 里拍照。 您关于时尚的第一个记忆是什么? 我可以讲一个简短的故事。我妈妈总是穿喇叭牛 仔裤。我有一个性感、金发、高挑的妈妈,她有 着美丽的身材。她总是穿着喇叭牛仔裤,我告诉 她,她不能那么穿。她就和我签了一份合同,我 在合同里声明我不穿这种喇叭牛仔裤,而她必须 像我一样穿直筒牛仔裤。“好吧,我签了合同。” 他说。她让我签字,声明我不会穿喇叭牛仔裤, 但是两年后我开始穿喇叭牛仔裤。她总是把那份 合同放在我面前。“Johnny看!”…… 在广告里,您从来没有安排您的母亲出镜,但是 您的小儿子却穿着大人的衣服,为什么呢? 是的!一个全球化的家庭,对吧?我总是在我全 部做的事情中,保持当代视角。这不容易,所以 我希望这能给未来打造一些历史,我们做了一些 标志着时代的东西。那一刻,我觉得最重要的, 也许是说:“嗨,你知道谁是最流行的吗?”不需 要成为名人……
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