Mff 80 - The wowness

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Magazine For Fashion

Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano

n. 80. febbraio/MARZO 2016. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) trimestrale

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Kris Van Assche e otto modelli vestiti con look Dior homme. Foto Willy Vanderperre

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the wowness Kris Van Assche @ dior homme

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the wowness Marcelo Burlon @ county of milan

Marcelo Burlon e i suoi amici in abiti Marcelo Burlon County of Milan. Foto Luca Campri

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Silvia Venturini Fendi e quattro modelli vestiti Fendi. Foto Paolo Fichera e Daniele La Malfa

Silvia Venturini Fendi @ FENDI

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Foto Stefano Roncato

Hedi Slimane @ Saint Laurent

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MFF-Magazine For Fashion | 21

Helen Anthony

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the wowness by STEFANO RONCATO

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Watch your back... Perché spesso è proprio nell'inatteso a nascondersi il dettaglio speciale, l'oggetto di culto, il plus capace di trasformare la normalità in meraviglia. E questo numero di MFF-Magazine For Fashion, dedicato alle collezioni maschili dell'autunno-inverno 2016/17, è proprio costruito intorno alla sorpresa. Quella sorpresa che nascondono le parole di Kris Van Assche, anima creativa di Dior homme, che è pronto a dare un nuovo volto al suo progetto estetico per la maison di avenue Montaigne. Quella sorpresa che torna nel racconto di Marcelo Burlon, che ha trasformato la sua Marcelo Burlon County of Milan in un fenomeno dell'oggi. Quella sorpresa che avvolge il dialogo di Silvia Venturini Fendi, riuscita a regalare all'uomo di Fendi un carattere preciso e definito. Sono loro gli attori delle tre diverse cover di questo numero, che continua il percorso THE WOWNESS battezzato lo scorso anno: hanno il wow factor, quella dote magica che li rende speciali e pronti a leggere il contemporaneo con uno sguardo acuto. A completare il racconto di stagione, Hedi Slimane, profeta di Saint Laurent, e il suo diario musicale di immagini che sta collezionando da dieci anni a questa parte. Ma anche il pensiero di Kim Jones che, collezione dopo collezione, ha plasmato il menswear di Louis Vuitton, rivoluzionandolo. In comune una caratteristica: una libertà estrema nel creare il nuovo. Senza paura. Osando. Sfoderando un verbo irriverente e provocatorio. Tenendo ben in mente una lezione di vita di Candy Darling, superstar della factory di Andy Warhol e musa dei The Velvet Underground: «Devi sempre essere te stesso, non importa a quale prezzo... È la più alta forma di moralità».

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contents fall-winter 2016/17

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Stefano Roncato

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francesca manuzzi e angelo ruggeri

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openview facecool DOLCE & GABBANA

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giampietro baudo

bienvenew francesca manuzzi

kean etro ludovica tofanelli

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AU REVOIR

il finale di comme des garรงons

francesca manuzzi

kris van assche @ dior homme

giampietro baudo e stefano roncato FOTO willy vanderperre

marcelo burlon @ county of milan stefano roncato FOTO luca campri

silvia venturini fendi @ fendi

stefano roncato FOTO Paolo Fichera e Daniele La Malfa

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contents fall-winter 2016/17

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louis vuitton by kim jones

stefano roncato FOTO Matthieu Dortomb 74 a 81

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the sound of music in

the hedi slimane diary hedi slimane

il verbo del contemporaneo the shop five

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diane pernet e sonny vandevelde francesca manuzzi e michela zio

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quick chat

il finale di ermanno scervino

angelo ruggeri

top of the tops angelo ruggeri

video awards

angelo ruggeri

a-venue

francesca manuzzi 96 e 97

accessor-hype

angelo ruggeri

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contents fall-winter 2016/17

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groom service

il finale di adidas by white mountaineering

francesca manuzzi 100 a 109

the best

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nella foto sopra, il finale di sibling

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contents fall-winter 2016/17

kris van assche e modelli vestiti dior homme. servizio giampietro baudo e stefano roncato foto willy vanderperre

marcelo burlon e i suoi amici vestiti marcelo burlon county of milan. servizio stefano roncato foto luca campri

silvia venturini fendi con modelli vestiti fendi. servizio stefano roncato foto Paolo Fichera e Daniele La Malfa

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facecool people

edward crutchley WORK: fashion designer / FOR: himself / WHERE: london Kim Jones anfitrione della sua prima collezione stand-alone. Perché Edward Crutchley milita alla corte del direttore creativo del menswear di Louis Vuitton da anni e ora arriva a London collections men con capi che rendono omaggio alle sue radici dello Yorkshire. Un camouflage di foglie di quercia si stampigliano sulle sete, i grembiuli da fattore raccontano i panorami inglesi ed evocano la britishness del designer, in coat di cashmere pressato realizzati nella sua terra natale, lane intrecciate in Scozia e nel Kent. A ribadire il suo know-how in textile design, che annovera consulenze anche per Pringle of Scotland e Kanye West.

SUKET DHIR WORK: FASHION DESIGNER / FOR: suketdhir / WHERE: NEW DELHI Un premio a sorpresa l'ha proiettato nell'empireo del menswear internazionale. Perché Suket Dhir, designer indiano di base a Nuova Delhi dove ha fondato nel 2008 il brand di menswear SuketDhir, è diventato una star dopo aver vinto l'International Woolmark prize 2016 per il menswear. A incoronarlo una giuria blasonata che durante l'edizione numero 89 di Pitti Immagine uomo lo ha scelto tra 70 designer upcoming di tutto il mondo. Le sue creazioni, confezionate utilizzando fibre naturali e materiali sostenibili, riceveranno un premio di 100 mila dollari australiani e la possibilità di sbarcare in department store nel mondo.

erik ellington & jim greco WORK: founder / FOR: bakerboys distribution / WHERE: hollywood Sono gli ideatori di Deathwish skateboard, uno dei marchi californiani più famosi di skateboard. Amato anche dalla popstar Justin Bibier che, prima dello show di Saint Laurent al Palladium di Los Angeles dello scorso febbraio, si è divertito a cavalcare tra le celebrity sul red carpet. Erik Ellington e Jim Greco sono due skateboarder che nel 2007 hanno fondato la Bakerboys distribution, divenuta in pochi anni un'azienda leader nel settore dello streetstyle. Oggi, le loro tavole sono vendute in tutto il mondo e sono diventate dei veri e propri accessori must-have da sfoggiare e personalizzare.

diego fragoso WORK: model & rapper / FOR: himself / WHERE: nyc Tutti lo conoscono come modello. E lo hanno visto sulle passerelle più esclusive (tra tutte, Dolce & Gabbana, Givenchy e Giorgio Armani) e negli scatti patinati del duo Mert & Marcus. Oggi si presenta al pubblico sotto una veste nuova, quella del rapper. Brasiliano d'origine, Diego Fragoso ha recentemente dato vita all’etichetta discografica Maceyork che produce musica hip-hop emergente. E ha registrato e pubblicato sui blog di settore due videoclip (5star e Black Everything) nei quali canta, balla e improvvisa versi a ritmo di musica, mentre guida auto deluxe decappottabili e flirta con donne bellissime e super sexy.

candy ken WORK: rapper & artist / FOR: himself / WHERE: berlin Flashy, technicolor e gender-bending. Amante degli stickers di Hello Kitty, del rosa e della palestra. Jakob Kasimir, in arte Candy Ken, è il rapper e performer austriaco più amato dai designer Jeremy Scott e Nicola Formichetti. Così apprezzato, da essere considerato una vera e propria icona di stile e una musa. Che ha trasformato il proprio corpo in un'opera d'arte con cui trasmettere emozioni e sensazioni, grazie ai post inusuali (e spesso osé) su Instagram, oltre ai video funny su YouTube, visti da più di 500 mila persone. Il suo sogno nel cassetto? Lanciare una linea di abbigliamento e diventare così un brand. Come Hello Kitty.

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Dieci personaggi cool, hot names italiani e internazionali. Giovani imprenditori, designer eclettici, it-people e nuovi creativi, finiti sotto i riflettori. Da tenere d’occhio, perché stanno mettendo la loro firma nel fashion business. Un giro del mondo alla ricerca dei volti più interessanti dell'universo della moda. Francesca Manuzzi e Angelo Ruggeri

Azuma Makoto WORK: flower artist / FOR: various brands / WHERE: tokyo Giapponese, classe 1976, ha lanciato un bonsai nella stratosfera, protetto da un parallelepipedo in carbonio e inseguito da un GPS, in collaborazione con John Powell di JP aerospace. Con il suo team Amkk, ha clienti nel fashion da sempre. Tra gli ultimi progetti può vantare l'installazione di un enorme albero con radici e infiorescenze furry all'interno dello store Fendi di Ginza, a Tokyo, e la Petal box, un muro composto da 10 mila vasetti di marmellata riempiti con petali colorati, poi piazzato nelle due vetrine di Colette durante l'ultima settimana della moda maschile parigina. Un vero fiorista couturier, super desiderato dai brand.

RICHARD MCKENZIE WORK: artist / FOR: various brand / WHERE: london Artista, creativo e globe-trotter. È londinese ma vive tra l'Austria, la Germania e la Sicilia. All’ultima sfilata menswear di Marcelo Burlon County Of Milan, lo scorso gennaio, tutti hanno potuto ammirare una delle sue ultime creazioni realizzata ad hoc e montata direttamente in location, in tre giorni: uno stargate, formato da numerosi blocchi di elementi luminosi, che rappresenta il varco verso un’altro mondo e unisce i simboli dei Mapuches della Patagonia con tecnologie futuriste, creando un nuovo codice esoterico 3.0. È il numero uno dell’organizzazione Starseed E.D.S.A. che vuole connettere l'umanità alla famiglia galattica delle luci.

paolo nieddu WORK: costume designer / FOR: MOVIE & TV SERIEs / WHERE: nyc È uno dei costume designer più quotati di New York (è stato nominato anche per un Emmy), dove vive e lavora. Ma è facile anche incontrarlo per le strade di Rodeo Drive a Los Angeles, dove fa lo stylist di numerose celebrity di fama internazionale, tra tutte Vanessa Williams. Dopo Sex & The City, Ugly Betty e I love shopping, recentemente ha curato i look della serie televisiva di grande successo Empire, soprattutto quelli dell'attrice Taraji P. Henson, che nel telefilm veste i panni di Cookie Lyon, la protagonista femminile ex galeotta e sexy, che ama vestire attillato e animalier di Saint Laurent, Balmain, Lanvin e Tom Ford.

Cally Russell WORK: founder / FOR: Mallzee / WHERE: edinburgh Come sarebbe poter acquistare dai negozi delle migliori strade dello shopping mondiali utilizzando un'unica app? Con il Tinder della moda si può. Mallzee, l'applicazione studiata da Cally Russell, 27enne conclamato tra i 30 migliori imprenditori del 2016 sotto i 30 anni impegnati nel retail e nell'e-commerce secondo Forbes, permette proprio di fare acquisti con un solo click, switchando tra uno store e l'altro proprio come surfando su Tinder. Lanciata nel 2012, questa app personalizzabile, ha stretto negli anni partnership con oltre 100 store per correre a un monte di 300 brand, suggerendo abiti secondo le preferenze del singolo utente.

Andrea Stanley WORK: set & creative designer / FOR: streeters / WHERE: Nyc Steven Klein, Raymond Meier, Annie Leibovitz, Miles Aldridge o Mert Alas e Marcus Piggott, potrebbero confermare le sue capacità straordinarie. Andrea Stanley ha collaborato con il jet set della fotografia di moda internazionale, tornendo il palcoscenico di campagne e editoriali, cambiando la faccia del racconto. Il suo background in fine art e cinema è approdato sulle edizioni Usa, italiane e francesi di Vogue, W, Interview, Pop e Love magazine. Di recente ha collaborato alle scenografie di Louis Vuitton, Versace e Dolce & Gabbana. Oltre ad aver curato l'art direction di film come Boys Don’t Cry o Party Monster.

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backstage

dolce & gabbana Per il loro progetto di Alta sartoria, Domenico Dolce e Stefano Gabbana immaginano un racconto haut de gamme tra icone intramontabili come Bing Crosby e Fred Astaire, discipline atletiche lussuosamente raffinate e citazioni all’arte classica. «Vogliamo lavorare intorno a un concetto che oltrepassa le stagioni... È un'idea che va oltre la moda e diventa stile». Giampietro Baudo

Il classicismo che diventa sinonimo di sartoria maschile. O meglio di quell'alta sartoria che Domenico Dolce e Stefano Gabbana stanno raccontando stagione dopo stagione evocando certe regole couture e certe atmosfere da atelier. In un percorso che punta all'alto di gamma con un'attitude sfacciatamente moderna. E con un cuore che batte sotto gli affreschi di Palazzo Labus, a Milano in corso Venezia, diventato il laboratorio dove nascono i sogni a etichetta Dolce & Gabbana Alta sartoria grazie a un piccolo esercito di oltre 30 sarti. «La nostra più grande gioia è vedere la reazione dei clienti che acquistano gli abiti subito dopo lo show... Quello che cerchiamo di raccontare collezione dopo collezione è un concetto che va oltre le stagioni. È un'idea che va oltre la moda e diventa stile», ha spiegato il duo. «Pensiamo a un uomo internazionale, che vive nell’oggi... Un cittadino del mondo raffinato che indossa abiti classici ma che osa anche qualche tocco di stravaganza, che gioca a golf o che ama il tennis. È un uomo che anche noi scopriamo poco per volta confrontandoci con i clienti. Perché cerchiamo di raccontare un universo di classicità ma con un linguaggio differente». Figlio di una pluralità di voci che influenzano il lavoro dei due stilisti. «Come abbiamo già fatto nella precedente collezione abbiamo aperto il cuore dell’alta sartoria alle culture del mondo. Unendo suggestioni estetiche che arrivano da universi differenti... Abbiamo cercato di esprimere un racconto di multietnicità eccezionale, regale e sontuosa. Sottolineando l’unicità del singolo». Che veste un tailoring neoclassico, pronto a sottolineare le architetture del corpo. Perché il mantra di stagione è uno solo: Mens sana in corpore sano. In un tourbillon di sport lussuosamente raffinati. Che si tratti del tennis, indossando in campo una polo di ermellino. Dell’equitazione, vestita di ricamature, crest e motivi araldici. O del golf, indossando sul green un caftano di seta stampata e sfoggiando una racchetta personalizzata e un porta palline di coccodrillo mat. «Abbiamo sempre amato la cultura greco-romana, che in questa collezione ci ha ispirato», hanno poi aggiunto, «è un classico eterno, senza tempo. Come vogliamo che siano gli abiti di questa collezione». Che predica un’eleganza sofisticata chiamando sul palcoscenico icone del passato come Bing Crosby e Fred Astaire. Dove lo swing aristocratico incontra un gusto di atletismo opulento e una certa vena ipervisia. Con le stampe affresco ispirate proprio agli interni di Palazzo Labus. O i mosaici di micro-paillette che ricreano disegni figli dell’antichità classica. Perché: «Tutti i pezzi che raccontano questo mondo devono essere tasselli di stile con la S maiusola...». Uno stile che sceglie un linguaggio classico, tradizionale. Proiettandolo in un domani di modernità.

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QUI sopra, il runway order della sfilata DOLCE & GABBANA ALTA SARTORIA

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James Long @ iceberg Peter Dundas @ roberto cavalli Dopo la donna dello scorso settembre, è il momento del menswear che nasce dalla matita di Peter Dundas, da poco tornato alla guida di Roberto Cavalli. Il designer proveniente da Emilio Pucci, a cui è affidata la creatività delle linee di prêt-à-porter donna e uomo e della collezione di accessori, oltre alla direzione artistica delle licenze Just Cavalli, Roberto Cavalli Class, Junior e Home, arriva in pedana con rockstar dall'animo opulento. Uomini teatrali, memori dei primi passi del designer norvegese, mossi come costumista alla Comedie Française, per poi militare negli uffici stile di Jean-Paul Gaultier, Christian Lacroix o Emanuel Ungaro.

«Come azienda abbiamo una storia di scouting di nuovi talenti, siamo una piccola X-factor, e credo di non sbagliarmi dicendo che James Long è un’altra perla». A parlare è Paolo Gerani, numero uno del gruppo Gilmar a cui fa capo l'etichetta. E lo stilista di Northampton, alla guida del menswear, si fa subito riconoscere. Con un nuovo logo, a forma di triangolo arcobaleno, che clicca nella mente il tasto Pink Floyd e The dark side of the moon. Ma soprattutto evocando quel Mickey mouse, icona di Jean-Charles de Castelbajac ai tempi della direzione artista di Iceberg 40 anni fa.

Federico Curradi @ peuterey Studio Nuova linea, nuovo designer. Nasce sotto il segno dell'innovazione l'approdo di Federico Curradi da Peuterey studio, la neonata linea premium del gruppo Peuterey da 75 milioni di euro di ricavi. Il designer toscano, con un passato tra le fila creative di Ermanno Scervino e Iceberg e all'attivo un progetto personale appena varato e presentato a Pitti immagine uomo numero 89, immagina per il lancio un prodotto: «Super urban, per un uomoe una donna che vivono e lavorano in città... Ho creato una collezione facile da indossare, che ha comunque una sua voglia di normalità, ma con un twist fashion e una certa desiderabilità dei singoli capi».

Davide Marello @ boglioli Davide Marello, per nove anni designer dell'uomo di Gucci e prima di Giorgio Armani, ha scelto di raccontare la storia di Boglioli partendo dagli elementi su cui è stato costruito il cuore del marchio sartoriale. Primo step, la passerella con la collezione maschile e con alcuni look della pre-collezione donna. Concetto base? Un soft tailoring destrutturato, su cui si posa una patina di stratificazioni temporali. Con l'iconica KJacket in versione extra light, da indossare come un delicato cardigan.

Maurizio Modica e Pierfrancesco Gigliotti @ piermau Nuovo progetto per Pierfrancesco Gigliotti e Maurizio Modica. I Frankie, come il fashion system era solito chiamarli, tornano nell'arena fashion con una nuova idea. Per il debutto della neonata Piermau si affidano alle suggestioni multimediali di Mustafa Sabbagh. Come in una galleria d’arte. Il fotografo-artista giordano, ferrarese d'adozione e formatosi al fianco di Richard Avedon, porta in via Colletta 22 una serie di videoinstallazioni per raccontare la collezione .zero di Piermau, che sarà prodotta e distribuita dalla App di Faenza. A esibire un guardaroba astagionale, stratificato sul corpo, in silhouette scevre di genere.

FASHION MOMENTS

BIENVENEW Un pool di designer, una nuova squadra di sette nomi pronta a raccontare i debutti del menswear di questa stagione. L'autunno-inverno 2016/17 si anima di un nuovo ruggito, tra giri di poltrone, binomi creativi e cool kids. Battesimi che regalano una scossa al fashion business. Francesca Manuzzi

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Jason Basmajian @ cerruti 1881 Simon Spurr volerà a Londra alla guida di Gieves & Hawkes, raccogliendo il testimone che Jason Basmajian ha detenuto negli ultimi due anni. Intanto il designer di Boston ha già sostituito Aldo Maria Camillo al timone dell’italiana Cerruti, in un vorticoso giro di poltrone nel gruppo Trinity. E lo stilista di Savile row, con un passato da Brioni e S.T. Dupont, per ricreare il nuovo ha scelto: «L'eleganza di Nino Cerruti, un understatement lussuoso e affascinante, privo di decori senza funzione... un minimalismo raffinato, precursore di Jil Sander e Giorgio Armani».

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kean etro

interview by ludovica tofanelli Condividere. Scambiarsi idee, opinioni, esperienze. E da qui trovare quella linfa creativa che anima gli intelletti vivaci. Così nasce The Circle of Poets, il progetto di Etro volto a creare un nuovo spazio culturale, dove i giovani creativi possano dar vita al loro immaginario. L’agorà di oggi, un luogo dove l’agire si lega alla pluralità, per realizzare in fondo quella Vita activa di cui parlava Hannah Arendt. Gli 11 under 30 a immergersi nella selezionata cerchia della maison sono Adalberto Lombardo, Alan Borguet, Andrea Zardin, Catherine Leo, Cesare Rimini, Edoardo Tabacchi, Federico Signorelli, Jacques Leo, Matteo Ciabattini, Niccolò Basso e Nicolò Gialain. Tasselli di un progetto voluto dal direttore artistico del menswear del marchio, Kean Etro. Un dialogo tra moda e arte alimentato da giovani menti creative... Da dove nasce l'idea? E quale ruolo gioca Milano sullo sfondo di questo circolo? L’idea scaturisce da un incontro. Ho conosciuto i ragazzi nello studio di uno di loro in Brera, l’idea di condivisione ci ha travolti, le energie che si attraggono hanno fatto il resto. Per me loro sono la nuova dimensione culturale, rappresentano 11 sfaccettature della stessa sostanza. Una sostanza che desidero divulgare, allargare, dando la possibilità a chiunque lo desideri di farsi avanti, generando così possibilità di espressione. Una visione moderna di quello che accadeva tra gli artisti scapigliati dell’Ottocento milanese. Milano è il genius loci, incarna i due aspetti chiave del progetto: la vita di quartiere, fatta di scambi, abitudini, dialogo e condivisione, e l’anima internazionale, cosmopolita, che attinge dalle infinite culture che la popolano. L’idea è quella di aprire un dialogo che parta da Milano ma che si possa diffondere nel mondo. Quale sarà il risvolto concreto del progetto? Gli 11 poeti del Circolo sono un inizio, un’ispirazione, rappresentano i valori che il progetto desidera esprimere. Il dialogo ora è aperto, per me sono fonte di ispirazione e riflessione. Questo progetto rappresenta un’azione concreta attraverso la creazione di una piattaforma dedicata

ai giovani per offrire la possibilità di diffondere la propria arte, raggiungendo ampia visibilità attraverso i canali digitali. Abbiamo celebrato il circolo con un evento per condividere l’energia spontanea dei ragazzi, il dinamismo delle loro idee. Montenapoleone, omphalos della città, si è acceso nella notte, riappropriandoci degli spazi del centro. Sono già in programma altri happening nelle principali capitali internazionali, come Parigi e Londra, e questo potrebbe essere un primo momento concreto per allargare il cerchio coinvolgendo i poeti locali. Cosa si aspetta da questa circolazione di idee? La nostra è una chiamata alle armi per i poeti di tutto il mondo. Qualcosa mai fatto prima… Non ho aspettative definite, ma trattandosi di un progetto inedito attendo una reazione del tutto nuova. Sono certo che tanti altri poeti si nascondano in tutto il mondo, in attesa di qualcosa che possa dargli voce. In un mondo in cui tutto scorre velocemente, fermarsi, ascoltare, instaurare un rapporto di scambio, mettendo un freno per guardare da vicino e con l’anima è per me un approccio alla vita da riscoprire. Gli strumenti digitali sono preziosissimi, ci permettono di arrivare in tutto il pianeta e di parlare a tutti, ma è fondamentale non perdere il contatto. Per questo The Circle of Poets è attuale e circolare, parte da un incontro, si sviluppa digitalmente ma invita all’incontro, a una dimensione di contenuto e non di contenitore. Che ruolo gioca l'arte nel suo processo creativo? L’arte è da sempre per Etro molto di più di una semplice connessione. È parte stessa dell’identità del marchio, sentire ed essere, un vero motto di appartenenza: Faithful to love and beauty. Questo progetto è un naturale sviluppo di iniziative che seguiamo da anni, come la presentazione di artisti al Frieze di Londra. The Circle of Poets esprime perfettamente questo incontro. Il mio processo creativo è sempre stato focalizzato sullo story-telling, ho sempre preferito definirmi un poeta piuttosto che uno stilista: come un Griot racconto storie attraverso le mie collezioni.

in ALto, un ritratto di kean etro

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FASHION MOMENTS

au revoir Una tripletta di addii importanti, guidati da cambi strategici di business e creatività, preannunciano blasonati giri di poltrone nella prossima stagione. Francesca Manuzzi

Berluti by alessandro sartori foto sonny vandevelde Alessandro Sartori scrive sul suo account Instagram: «Caro Antoine (Arnault, ndr), grazie per aver reso possibile questo sogno e per aver trasformato questi cinque anni nei giorni più felici della mia vita». Poi, una fotografia, che ritrae i due abbracciati nel backstage dell'ultima sfilata Berluti al Musée des arts décoratifs di Parigi. Così il direttore artistico annuncia l'addio al brand parigino dell'orbita Lvmh, dopo una

collaborazione che, dal novembre 2011, ha visto il lancio della prima collezione prêt-à-porter di Berluti e la trasformazione di un brand accessori in un vero lifestyle. Dal canto suo, Arnault, oltre ad aver regrammato la foto, ha voluto: «Ringraziare Sartori per il suo eccezionale contributo. Sono sicuro avrà successo nelle sue attività future». Futuro che vedrà Sartori alla direzione artistica di tutti i brand e le linee di Zegna.

Da sinistra, Max Barczak @ elite paris, Ty Ogunkoya @ premium, Oliver Dewhurst @ mp, Senne Laureys @ Rebel. Hair, Matt Mulhall; Make-up, Lloyd Simmonds

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ERMENEGILDO ZEGNA COUTURE by STEFANO PILATI foto Lattuada/Onphrame Un addio sussurrato da tempo e avvenuto step by step. Prima con l'uscita di scena dalla direzione creativa di Agnona. Poi con l'addio al gruppo e all'etichetta da lui fondata. Stefano Pilati, head of design della collezione Ermenegildo Zegna couture, si separa dal gruppo Ermenegildo Zegna dove era arrivato subito dopo la fine della liaison con il gruppo Kering per Yves Saint-Laurent. Dopo tre anni dalla nomina, lo stilista dice addio al

progetto alto di gamma dell'azienda di Trivero con la collezione per l’autunno-inverno 2016/17, andata in scena durante Milano moda uomo. E Gildo Zegna, ad del gruppo, si dice pronto ad affrontare nuove sfide: «Volevamo rafforzare la nostra presenza nel fashion e diventare sfilata di riferimento nel calendario milanese. Con Stefano abbiamo raggiunto l'obiettivo... E ora siamo pronti a nuove sfide».

Da sinistra, Norman Grossklaus @ INDEPENDENT, Anders Budolfsen @ DIVA, Elijah Brocklin @ TOMORROW IS ANOTHER DAY. Hair, Guido Palau; make-up, Pat Mcgrath

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brioni by brendan mullane foto Jason lloyd-evans In pedana, per l'inverno 2017, un uomo vestito di tutto punto, intabarrato come un alpino, camminava in mezzo a un foresta asserragliata da una tempesta di neve. Un preambolo per raccontare gli sconvolgimenti dei giorni a seguire. Perché poco dopo lo show, Brendan Mullane, direttore creativo di Brioni dal 2014, ha annunciato la decisione di lasciare la poltrona della maison controllata dal gruppo Ke-

ring. «Voglio ringraziare Mullane per il suo contributo alla storia creativa di una blasonata maison di couture maschile come è Brioni, che vanta un passato blasonato», ha spiegato Grita Loebsack, ceo della divisione Luxury-couture & leather goods emerging brands di Kering. In attesa di un successore, perché la collezione p/e 2017 che sarà presentata a giugno a Milano, sarà disegnata dal team creativo interno.

Da sinistra, BEN JORDAN e JASON ANTHONY @ D'MEN, DIMITRI KROMMENHOEK @ iNDEPENDENT, Demy Matzen @ I LOVE. HAIR, Anthony Turner @ Art Partner; MAKE-UP, Lynsey Alexander @ Streeters

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dior homme Kris Van Assche

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nella foto, al centro, kris van assche con alcuni modelli in look dior homme winter 2016/17

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«Questa stagione è una sorta di turning point... La collezione precedente era un omaggio alla borghesia, al sole e ai fiori. Quest'ultima è più dark, con un sapore di new wave. E devo dire che mi piace molto perché è l'inizio di una nuova storia». Kris Van Assche, all'alba dei suoi 40 anni (li compirà il prossimo 12 maggio) sembra aver scoperto una nuova libertà. Estetica e di pensiero. Maturata in quasi dieci anni alla direzione creativa di Dior homme. Un periodo intenso, iniziato nell'aprile del 2007 nel post Hedi Slimane, di cui era stato a lungo braccio destro da Yves Saint Laurent, prima, e da Dior homme, dopo. Un decennio in cui ha costruito e dato un'anima nuova al menswear della griffe di Lvmh. Con quella semplicità pragmatica, che gli deriva dai suoi natali e dai suoi studi alla Royal academy of fine arts di Anversa. «Per ispirarmi, la base di partenza è osservare come si veste la gente per strada... Penso che un aspetto tipico di noi creatori belgi sia l'avere un forte senso della realtà, la ricerca costante di un equilibrio fra la nostra fantasia e quello che si può realmente indossare». Che lo sta portando a compiere la sua piccola rivoluzione. Perché iniziare ora questo nuovo step? Diciamo che è arrivato in un momento particolare della mia vita... Fino ad ora ho sempre lavorato in doppio su Dior homme e sulla mia collezione personale. È sempre stato un processo continuo di creazione ed evoluzione. E poi nell'ultima stagione ho cercato di portare a termine una riflessione su come ridefinire il lusso contemporaneo, una domanda che ho cercato di pormi soprattutto in una maison importante come questa, con un background couture e una divisione uomo importante. Una domanda nata anche considerando i marchi del fast fashion e tutto il contorno del sistema. Oggi tutto va veloce, ogni cosa è fruibile a tutti nel secondo stesso in cui finisce lo show. Un'idea vincente arriva nei negozi delle grandi catene nel giro di poche settimane. Per comprare un capo a marchio Dior homme, invece, un cliente deve aspettare sei mesi... Perché e che cosa lo può motivare all'attesa? E che risposte si è dato? Che Dior è una maison atelier, ha una produzione di alto livello, handmade, compie una grande ricerca sul prodotto e sul tessile... Ecco nelle passate stagioni ho cercato di fare tutto questo: costruire uno storytelling. Ora che tutto questo è chiaro è arrivato il momento di tornare davvero alla moda, a quella con la M maiuscola. Cosa è per lei la moda? È uno statement, sociale ed estetico. Una riflessione sull'oggi trasformata in oggetti. Per esempio, in un momento come quello attuale credo che non ci siano troppe ragioni per poter essere incondizionatamente ottimisti. Nelle ultime stagioni ho raccontato di uomini che andavano a raccogliere fiori, di uomini che si divertivano andando all'Opera. Oggi il feeling è più dark; qualcosa è cambiato e soprattutto per un designer che lavora in Francia, a Parigi, questo è un momento particolare avvolto da una certa negatività. Credo che oggi occorra essere più radicali, anche la moda deve essere più radicale proprio perché il mondo è diventato più radicale. E la moda deve essere un manifesto del sociale! Come inizia a lavorare su una collezione? Parto da un'idea che può essere una foto, il video di una canzone o un semplice ricordo di un viaggio, di una vacanza. Oppure dalla voglia di un oggetto che non ho nel mio guardaroba... È quello che chiamo il mio personal order (ride). Poi iniziamo a lavorare tutti insieme in una factory

creativa. E sono molto fortunato nell'avere a disposizione un atelier in house che nel giro di pochissimo riesce a darmi un’idea concreta di come poter realizzare un pensiero. Quale è stato il punto di partenza di questa stagione? Il nero, avevo voglia di tanto nero… Ed è stato chiaro fin dal primo momento in cui ho iniziato a lavorare sullo show. Questa era anche la prima vera stagione in cui creavo Dior homme senza avere in testa la mia collezione. Prima ho sempre dovuto avere due idee fantastiche da sviluppare, ricordando che Krisvanassche aveva un'anima young & street mentre Dior homme era più established. Oggi ho messo tutte le energie in un solo progetto, e sono stato libero di dire e fare quello che avevo voglia... Questa è una delle mie collezioni che amo di più. Che cosa c'è del guardaroba di Monsieur Christian Dior? Diciamo che questa stagione non è stato lui il punto di partenza. In passato ci sono stati riferimenti al suo stile, ricordando che Dior non ha mai disegnato abiti da uomo. Le reference sono al suo universo personale, al suo guardaroba. Questo percorso ha cementato una visione che in questa stagione è esplosa con la certezza che ora da Dior homme possiamo anche parlare di street culture. Ma à la Dior, senza creare confusione con i codici estetici del marchio. Il suo spirito aleggia comunque sempre... In questo show c'erano quattro abiti fiorati che sono nati da un pezzo di tessuto che ho trovato negli archivi. Era in seta e l'abbiamo fatto rifare in un cotone tecnico, sportivo. C'è sempre un po' di couture in questa collezione. Quanto è importante l’archivio nel suo lavoro? Come si rapporta al suo passato e a quello della maison? Conosco gli archivi alla perfezione, sono un amante della storia della maison. Ogni volta che entro in quel mondo chiedo di poter vedere qualcosa che non conosco, che non ho ancora visto. Amo curiosare nella vita privata di monsieur Dior alla ricerca di suggestioni che spesso arrivano in maniera casuale. Come quando abbiamo trovato alcune sue lettere e siamo partiti dalla sua firma, dalla sua calligrafia per sviluppare un motivo decorativo. Questa stagione, di proposito, non sono andato a curiosare negli archivi. Se dovesse definire oggi Dior homme che parole sceglierebbe? Contemporary. I miei abiti non sono futuristici. Amo pensare che non siano nostalgici e mi piace pensare siano un codice dell’oggi, per interpretare l'adesso. Molte fashion house in un momento come quello attuale sono tentate nel proiettare il cliente in un momento passato felice. Io voglio che sia calato nel reale, nell'oggi quotidiano! Io amo dire che mi ha ispirato il presente. Presente reale e un passato importante, ma con un approccio senza nostalgia... Mi piace il passato, quello vero e importante, ma non amo guardare agli archivi del mio lavoro. Ho un magazzino dove conservo tutto alla periferia di Parigi ma non so neanche come fare ad arrivarci. Non mi piace osservare il mio passato, continuerei a vedere solo gli errori. Preferisco i ricordi, le sensazioni positive che evocano. Non sono un nostalgico, cerco di proiettarmi nell'oggi e nel futuro prossimo. E quindi che cosa augura al suo uomo per il futuro? Voglio adattarlo alla realtà. Voglio che sia meno classico e più legato alla moda. Voglio che si diverta di più rispetto al passato. Voglio che mantenga un legame forte con l'artigianalità. Voglio che continui a dialogare con l'atelier e le sue

logiche. Per definire una nuova idea di modernità. Nei suoi discorsi torna spesso la parola couture... Quanto è importante per lei questo aspetto e quanto l'atelier Dior homme l'ha aiutata a costruire questo mondo? Prima di tutto ci tengo a dire che non faccio couture ma che Dior homme è la divisione uomo di una maison d'alta moda. Questo aspetto di handmade estremo è quello che caratterizza questo mondo e lo differenzia da qualsiasi altro street brand. Qui anche un paio di jeans viene dipinto a mano e cucito come se fosse un suit sartoriale. È una parte fondamentale della storia che racconto. E poi c'è l'atelier. Un mondo fatto di una decina di persone dietro le macchine da cucire e di una decina di sarti. Un piccolo gruppo in rapporto all'universo donna, ma un tesoro di mani che danno vita reale alle idee, anche più folli, che mi vengono in mente. Logiche lontane anni luce dal modello imperante del see now buy now... Su questo argomento non ho una visione precisa ancora. E credo che ogni decisione in merito sia più strategicomanageriale che di semplice creatività e design. Quello che succederà sarà un’altra evoluzione/rivoluzione del fashion system come ce ne sono state tante. Credo però che sia un po' utopistico voler mantenere certe regole europee di produzione e creazione cambiandone la tempistica. Forse tutto diventerebbe troppo matematico senza emozione, togliendo alla moda un po' di quel sogno che arriva dallo show e dall'attesa di un oggetto. Come pensa sia cambiato l'uomo Dior nei suoi anni alla direzione creativa? In primis non è più solo un uomo ma è una pluralità di figure. E di questo ne sono molto fiero. Perché essendo Dior una maison radicata nel mondo femminile, l'uomo avrebbe dovuto vivere in una piccola nicchia. E invece siamo riusciti a creare un universo che abbraccia tanti e diversi tipi di uomo. Il classico. L'artista. Il borghese. Lo studente. L'alternativo. E tutto può convivere perché negli anni abbiamo cementato un'idea, un messaggio preciso. Che oggi ci permette di portare in scena uno skateboard senza tradire i fondamentali estetici della maison. Dior è una maison francese, parigina, con clienti in tutto il mondo. Che vuol dire diversi tipi di uomo e diversi modi di essere uomo. Il nostro approccio al guardaroba è open mind... Non mi piacciono i ghetti ma preferisco un interscambio di sensazioni e idee, da cui non può che nascere qualcosa di positivo. In tema di barriere e confini, quale è la sua idea in merito al fenomeno del genderless? Credo che sia qualcosa di vecchio, un dibattito che la moda ha già affrontato in passato e ha già analizzato. Ieri era il lavoro sull'androginia, poi sul quarto sesso, poi sul metrosexual e oggi sul genderless. Se è un ragionamento interessante, a livello estetico e sociale, allora è positivo. Ma se resta soltanto una discussione per gettare fumo negli occhi ali clienti allora non mi interessa. E quello che ho visto fino a ora mi sembrava andasse nella seconda direzione. Io amo il menswear per le sue restrizioni, per le sue regole e i suoi codici. Amo che ci siano dei limiti, che diventano stimolo per scardinarli e abbatterli. Ma I like boys to be boys... Anche questo è un discorso di libertà. Ognuno è libero e deve essere libero di essere quello che vuole senza per forza attaccarsi addosso l'etichetta genderless. Altrimenti torna a far parte di un ghetto. E non è mai bello. Full translation at page 127

in tutto il servizio, abiti e accessori Dior Homme Winter 2016/17 styling: MAURICIO NARDI @ ATOMO MANAGEMENT models: DYLAN roques, ETIENNE martinet, PAULIUS meskauskas, Otto-Valter Väinaste @ 16MEN; TRE SAMUELs, STAN VONK @ BANANAS; SIMON Julius jØrgensen @ ELITE paris; JOHAN GAVELIN, KOEN VERDURMEN, NATHAN DIONISIO @ SUCCESS; WILLOW @ ULLA hair: ANTHONY TURNER @ ART PARTNER; make up: LYNSEY ALEXANDER @ STREETERS

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marcelo burlon county of milan Marcelo Burlon

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«Stasera cena tra argentini. Solo lingua spagnola». L’atmosfera è quanto di più conviviale si possa pensare. Suona il citofono, qualcuno sta arrivando a cucinare. Con amore, porta in dote un sorriso. Marcelo Burlon e la sua casita, ovvero casetta in quello spagnolo che addolcisce tutto. Un porto sicuro per gli amici, che si mettono a loro agio. Buona musica, i rumori del traffico spariti, niente scarpe, un po’ di sole in terrazza. Una casita che si affaccia sui tetti di quella Milano che compare anche nel nome del suo brand, County of Milan, nato nel 2013. Il luogo ideale per scattare delle immagini con alcune persone speciali per lui. Per raccontare una storia che è diventata una case history, studiata anche nelle università blasonate. Dalla Patagonia alla Bocconi, per dirla in modo solenne. In realtà una storia dalla naturalezza disarmante, fondata sull’amicizia. Un’attrazione naturale di persone che spesso si sono rivelate talenti in diversi campi. Una collisione di passioni. Una crescita personale e professionale. Difficile è scindere ciò che qui è ben amalgamato. «Non sono uno stilista, ma un direttore creativo, unisco le persone», ha spiegato lo stesso Burlon, «pioniere del multitasking», un’espressione che ama ricordare. Argentino di nascita, milanese d’adozione. Pronto a saltare dal mondo clubbing a quello dell’editoria, dello styling, della musica. E della moda con la sua linea di abbigliamento, blockbuster di vendite che racconta il suo Dna. Forte di quel mondo social innamorato della sua estetica, del suo sound e della sua vita. Una fusione web-bohemien che riecheggia in una semplice verità. «Quando arrivi alla gente, è lì che c’è la svolta». Un primo bilancio? Sono stato un po’ il pioniere del multitasking, come mi aveva chiamato il New York Times. Editoria, styling, djing eventi lavorando con tutti gli stilisti per anni, promuovendo i marchi degli altri. Tutte esperienze che ho riversato su County of Milan. Sono vent’anni che lavoro nel settore clubbing e da 18 sono qui a Milano. Dove ho iniziato a lavorare ai Magazzini Generali. In quel momento era il punto di riferimento del clubbling per la moda e il design. Ero la faccia di quel club e ho iniziato a costruire una mia agenda. Com'è cambiata la moda? Sono cresciuto con marchi come Jean Paul Gaultier, Margiela e Helmut Lang. Con stilisti che hanno sempre raccontato una storia intensa, designer concettuali e di spessore. La sensibilità l’ho maturata verso quel tipo di moda super unconventional, fuori dagli schemi e dai sistemi. Poi ho iniziato a lavorare con gli stilisti, a portare il mio mondo a casa loro, la mia musica, la mia visione di evento da loro. E questo prima ancora dei social media, una sorta di precursore. Prima si affidavano al clubbing come mezzo più efficace e veloce per comunicare a un certo tipo di persone. Come si definisce? Un indipendente che non è mai sceso a compromessi pur di raccontare i propri ideali, attraverso una maglietta, un disco, uno shooting. Ho sempre fatto tutto quello che mi andava di fare anche andando contro sistemi, contro la società, contro una certa Milano. In questo shooting è circondato da alcune persone speciali per lei… Ognuno mette del proprio, non è solo che l’unione fa la forza, ma è identificarsi in un gruppo. Chi compra le mie magliette, veniva alle mie feste. C’è voglia o interesse di appartenere a qualcosa. Partecipi della mia vita, sei parte di un gruppo anche se non ci conosciamo. C’è un’estetica che ci accomuna. C’è questo rapporto che crei con le persone

nella totale naturalezza del comunicare. C’è Fedez che è un caro amico, ha milioni di followers. O Paolo Farcic che non ha neanche l’iPhone. E con Rossana Orlandi, di cosa parlate? Dell’Argentina, della Patagonia. Di figli, di tutto tranne che di lavoro, di quanto ci vogliamo bene. Con lei mi emoziono. Non avrei mai pensato. Nel corso degli anni ha avuto molti amici che si sono rivelati dei talenti… Ci siamo trovati per caso a condividere delle cose, momenti storici. Siamo cresciuti insieme professionalmente, ma anche come persone. È l’amicizia che ci tiene legati fortemente. Penso a Edward (Buchanan, creative director di Sansovino 6, ndr) che si merita il suo successo. Lea (T, ndr) è modella, ma soprattutto modello di persona. Porta avanti una cosa importante, ha educato tanta gente che vedeva il transessualismo come una cosa dell’altro mondo. È stata forte, ho camminato con lei nelle strade di San Paolo, dai ragazzini alle nonne la ringraziano. Con la sua condizione, ha aperto un mondo. Macs Iotti, un grande art director che lavora per i marchi internazionali più importanti. Ilaria Norsa era la mia assistente e adesso ha in mano lo styling delle mie sfilate. Ada Kokosar mi conosce da più tempo di tutti e siamo cresciuti insieme quando lei era la stylist di Mtv ed io pr di Nose (Fornarina). Chiara Biasi è una blogger che si è distaccata da tutte le altre per il suo stile e cerca di creare un contenuto più interessante. Michele Lamanna ha sempre lavorato alla porta delle mie feste, insieme a Paolo Farcic, ed è diventato un bravissimo artista 3D. Franco Gobbi, hair stylist per tutte le copertine e le sfilate o Gianluigi Gargaro che fa i capelli da Armani. Adrian Appiolaza, un amico argentino che disegnava da Miu Miu e Louis Vuitton con Marc Jacobs e ora è da Loewe. Come è nata County of Milan? Essendo nato come dj, in tutto il mondo la gente veniva a sentire i miei set. C’era interesse, venivano a conoscermi. Con i social media ho costruito una rete internazionale potente. Volevo raccontare la mia storia con le grafiche, con un marchio di magliette. Era un progetto come un altro. Tutto è partito con naturalezza, non costruito a tavolino. Poi, con il passaparola tra i buyer, è diventato un caso di mercato. Oggi è una case history, oggetto anche di tesi. Mi chiamano a parlare in università come la Bocconi. Giorgio di Salvo, il mio grafico, è la persona che ha tradotto la mia idea. Mi sono immerso in biblioteche e musei in Argentina. Lui ha avuto la visione di tradurre in grafiche le mie ispirazioni. Natura. Gli animali di potere. Simbologia esoterica dei nativi della Patagonia. Simbologia che ricorda dei rave e clubbing. Sono elementi che appartengono alla mia vita. E chi ha pensato il nome? County of Milan l’ha inventato Macs Iotti. Macs aveva fatto ricerca sulle spie russe, sul Kgb e aveva ritrovato lettere e documenti dove compariva questo nome. All’inizio c’era la Marcelo Burlon enterprise. Enterprise come una grande nave, che seguiva eventi e styling e aveva il suo blog. Sotto il nome c’era scritto «office of the director». Ma ero solo io, come una spia russa… Volevo comunque raccontare come ci fossero cose belle a Milano, la città che mi ha accolto, permesso di esprimermi come individuo e persona. Cos’ha provato alla prima sfilata? In realtà mi sentivo tranquillo. La sfilata è una festa. Arrivano amici da tutto il mondo per sfilare, per lavorare nella produzione, sulle musiche. Ritrovi ogni sei mesi amici che hanno

cose da scambiarsi. Le piace fare i nomi di chi le sta vicino… Questo è un lavoro di squadra. Io metto faccia e nome ma ci sono diversi elementi che compongono. Come i miei soci, Claudio Antonioli e Davide De Giglio. Se non fossero arrivati loro due a supportarmi continuerei a fare quattro magliette. Mi hanno dato una struttura, commerciale e di produzione. Hanno messo le loro conoscenze professionali a disposizione di questa azienda. È contento? Molto felice anche perché non me lo aspettavo. Dal supporto della stampa a quello dei buyer e al traffico che creiamo nei negozi. Vado a Napoli, mi ferma la gente comune, il popolo, anche il barista. E quando arrivi al popolo è lì che vedi che c’è la svolta. Qual è il segreto? Tutti capiscono la mia storia e questo fa sí che piaccia a questa gente. Sentono il mio percorso. Sono argentino, nato in Patagonia durante la repressione militare. Papà italiano, mamma argentina ma di origini libanesi, lui era tornitore e lei era titolare di un’agenzia viaggi. Nel ’90 decidono di lasciare l’Argentina per ricominciare tutto da capo in Italia, per dare un futuro degno a me e mio fratello Gianni visto che la situazione economica stava crollando. Qui feci la terza media e andai a lavorare anche io come operaio. E a 16 anni iniziai nei club. Prima a Riccione negli anni in cui tutti venivamo lì. Per poi arrivare a Milano nel ’98. In realtà già organizzavo sfilate a otto anni nel cortile della casa della mia amica in Patagonia e feste nei garage in Argentina. Qualcosa era già nell’aria. Si ritiene uno stilista? Non sono uno stilista e non faccio lo stilista. Non ho studiato per quello. Faccio una direzione creativa, unisco le persone. Una soddisfazione che si è tolto? Quando tre anni fa uscì per la prima volta la collezione in showroom, qualcuno tappezzò Milano con alcune foto del lookbook senza le grafiche ma con la scritta «Marcelo Burlon ha rotto il cazzo». E io cos’ho fatto? Una T-shirt e l’ho regalata a tutti i miei amici. Questo spiega la testa delle persone che non sopportano quando fai qualcosa di diverso. Io rispondo e ci guadagno. I soldi cambiano le persone? Possono migliorare la qualità di vita. Se sei una persona coerente, se hai principi sani, i soldi non possono cambiarti. A me piace condividerli. Casa mia, la mia casita, la mia fattoria Hacia El Sur che sto costruendo in Argentina sono da condividere con gli amici. E continuerò con i progetti di beneficenza come quello con Sos Villaggi dei bambini Onlus per costruire villaggi per i bambini orfani in tutto il mondo. Un sogno? Avere dei figli con il mio compagno Manuel e tornare in Argentina per poterli crescere nella mia sconfinata Patagonia. I social servono oggi? Servivano anche ieri. Ho iniziato con i miei eventi con quelli, i social media sono il centro del mio lavoro. Oggi è cambiato perché tutte le aziende hanno capito che devono passare di lì se vogliono promuovere le loro cose. Pagano i blogger. Gli amministratori delegati delle aziende vogliono capire la strategia. Ma non c’è nessuna strategia, io vivo. Il segreto? Tutto quello che ho fatto è nella piena naturalezza delle cose. Non sono stilista ma una persona come le altre. Una persona che però è diventata marchio. Full translation at page 127

nella pagina accanto, marcelo burlon. in apertura di servizio, da sinistra, Paolo Farcic, Chiara Biasi, Michele Lamanna, Rossana Orlandi, Fedez, Marcelo Burlon e Ilaria Norsa

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Qui sopra, paolo farcic. a destra, fedez

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Qui sopra, ilaria norsa. nella pagina a fianco, rossana orlandi

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Qui sopra, chiara biasi. Nella pagina a fianco, michele lamanna In tutto il servizio, abiti e accessori della collezione fall-winter 2016/17 di Marcelo Burlon County of Milan Creative Direction, Marcelo Burlon Hair, Gianluigi Gargaro @ Coppola Make-up, Cristiana Ceccarelli @ Coppola Hanno collaborato Francesca Manuzzi e Angelo Ruggeri Photo assistant, Riccardo Oggionni

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fendi Silvia Venturini Fendi

servizio stefano roncato - foto paolo fichera & daniele la malfa Parlare con Silvia Venturini Fendi è illuminante. Si sa dove si vuole iniziare, poi la curiosità prende il sopravvento. E si spazia in un domino di pensieri, assetati di vedere un po’ con i suoi occhi. Quegli occhi che hanno creato oggetti-feticcio, che hanno lavorato fianco a fianco con Karl Lagerfeld, che stanno tracciando la nuova era Fendi. «Il 2015 è stato un anno importante, che ci proietta verso un nuovo futuro», aveva detto lei qualche mese fa. E dopo la lunga serie di Fendi moments che hanno costellato lo scorso anno, ecco che i riflettori ora sono puntati sul successo crescente e silenzioso del menswear, di cui è mente creativa assieme ad accessori donna e bambino. Tradizione plus innovazione. Con un approccio fun. E con l’abbattimento di alcune barriere mentali, molto in voga oggi ma già Dna della maison. Come racconta una foto storica: la prima collezione disegnata per la maison romana da Lagerfeld e indossata da Silvia Venturini Fendi a tre anni. «Uomo, donna e bambina sono vestiti identici. Tre fotocopie. Era la prima parità dei sessi».

Come vive questo momento del vostro menswear? Sono molto contenta, di come è andata la sfilata, di un uomo Fendi che sta avendo una forte crescita. Sono più che soddisfatta dello staff che stiamo mettendo a disposizione e dello spazio anche nelle boutique più importanti. È un uomo che è cresciuto in maniera silenziosa, con forza propulsiva data dalla collezione. Senza pubblicità, ma con un passaparola. Può essere un modo nuovo di comunicare. Come definisce il suo uomo? Rispecchia e rispetta la storia del nostro marchio. Siamo sempre stati innovatori nella tradizione. Innovare senza essere troppo modaioli. Senza essere cool, parola che rifuggo. È un uomo sofisticato, con materiali meravigliosi, tecniche avanzate. Sono spiriti liberi, eclettici, aperti mentalmente ma con rigore. Questa è una collezione complessa da fare, mai da una parte o dall’altra. Un gioco di equilibrismo. Non riesco a pensare a come connotarla. Confluisce anche

nella pagina a fianco, silvia venturini fendi con alcuni modelli in look fendi fall-winter 2016/17

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quello che definisco normale, da tutti i giorni. Ma esasperato. Indoor e outdoor presi dalla vita quotidiana, vestaglia pigiama, vestiti comodi in maglia ma edgy. E nella sua storia, ha avuto diverse mutazioni… Prima era una licenza. Abbiamo accresciuto la nostra cultura dell’uomo. E come è cambiata Fendi, si è rafforzato con collezioni sempre forti. Abbiamo avuto il coraggio di cambiare molto, di smettere di sfilare, di trovare formule alternative come il cortometraggio che era sempre una sperimentazione. Oggi il fatto che cresca con un tam tam più misterioso, mi piace. Basta che vai online e la vedi comunque. C’è un club privé di persone che sanno che Fendi ha l’uomo. Sono gli altri a decretarne il successo. Ci facciamo trasportare. Da dove nasce la sua ispirazione? Sono una donna che si veste spesso da uomo. Oggi si parla tanto degli uomini che rubano alle donne. Mi capita di partire da canoni che seguirei io. Sperimento ma ho voglia di funzionalità, lavoro sui volumi, vengo dall’accessorio, penso al design. Ci sono tante cose di cui ho voglia e guardo tutto. Non è un uomo che esiste, è una mia fantasia, immagino come vivrebbe e cosa farebbe. Mi faccio delle domande e mi do delle risposte. Non parto dal creareun trend, ci sono invece risvolti che mi vengono dalla vita di tutti i giorni. Questa collezione per esempio era una moda indoor. Tutti noi abbiamo voglia di ricevere gli amici in casa… Cosa pensa della gender fluidity di cui si parla tanto? Mi sembra una cosa meravigliosa. Dire che qualcosa sia per uomo o per donna è limitante. Una camicia è una camicia. Mi piace la mancanza di definizione e mi piace l’unisex che rispecchia molto il momento. Questa liberta totale senza quelle catalogazioni che non mi appartengono. È bello togliere le barriere. Da piccola non mi hanno mai vestito di rosa, questo ha fatto si che avessi una visione aperta. Grazie, mamma. Trovo allucinante chi cresce i figli con la

logica della bambole alla femmina e soldatini al maschio. All’epoca già sfidavate le regole. Vestivate Gunter Sachs in pelliccia, oggi non è più uno shock… Abbiamo sempre fatto cose eccentriche che hanno precorso i tempi. E le persone si avvicinavano a Fendi perché sperimentatori. C’è una foto ormai famosa in cui sono ritratta anche io a tre anni. Era la stagione autunnoinverno 1967/68, la prima collezione disegnata da Karl Lagerfeld per Fendi. Ci sono lui, lei e la bambina vestiti identici, tre fotocopie. Era la prima parità dei sessi. Tutto era cominciato da lui, Karl, che è stato sempre importantissimo in questo. Uscendo dal coro. Senza paura. Senza rischi non si arriva da nessuna parte. Parole come cool non le piacciono… Le detesto. Ciò che è bello, è bello anche tra vent’anni. Si deve sostenere la sfida del tempo. Una cosa cool è per quel momento mentre si deve dare un’emozione senza tempo. Per questo lavoro su forme semplici, con il massimo della qualità. E delle lavorazioni, atemporali o molto avanti, per mantenere l’equilibrio. Da dove nasce questo nuovo concetto di uomo evoluto? Oggi tanti uomini soprattutto orientali sono molto più aperti e liberi di noi. Sono loro che hanno riportato centralità nell’uomo. Forse hanno meno preconcetti nei colori, nell’osare, forse non hanno tutta questa tradizione di sartorialità. Hanno portato fermento in noi occidentali, a spingere a essere più liberi. E il boom degli accessori? Sono rimasta piacevolmente colpita dal successo immenso della Peekaboo da uomo. Ancora una volta nel vedere che cose della donna stanno su uomo e viceversa. Ricordo un mio amico scrittore che comprò una baguette da regalare a sua volta a una sua amica. Mi disse: «Ci metto le mie cose sulla scrivania, tutto quello che mi serve per scrivere. Non ce l’ho fatta a dargliela, è troppo bella».

nella foto in bianco e nero sopra, silvia venturini fendi da bambina, nella campagna pubblicitaria fendi autunno-inverno 1967/68

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Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli di Valentino. Alessandro Michele di Gucci. Giambattista Valli. Marco De Vincenzo. Frida Giannini. Tutti che sono gravitati da voi, un po’ tutti figli di Fendi? Siamo un po’ la scuola romana. Quella che un tempo era dedicata all’arte. Da Fendi abbiamo tenuto a battesimo e allenato tanti creativi. Lo dico con molto orgoglio. Mi sento felice quando vedo i loro successi. A Roma ci sono tre Maison che stanno avendo un grande riscontro. Sono aziende molti forti, in espansione, direzionali. Apparteniamo a gruppi diversi ma siamo grandi amici, tutti legati da un filo comune. Un’alchimia creativa. Quest’ondata creativa ha fatto bene anche alle sfilate di Milano? Sì, mi piace questo fermento e trovo che ci siano più riferimenti anche per la stampa internazionale. In generale una città può organizzare più eventi, serate. Ma quello che serve sono delle belle collezioni con tanta creatività, che rispettino la personalità di chi le realizza, non tutte uguali, non tutte appiattite. E i social network sembrano premiare il carattere e la personalità. Tra i più postati, ci sono quegli occhi penetranti dei Fendi monster. Come sono nati? Con Karl stavamo lavorando a un concetto fun della collezione, con tante pellicce colorate. Io ero appena stata in vacanza in Brasile e avevo negli occhi questi colori incredibili, di uccelli e pappagalli tropicali che colleziona una mia amica. Tornata, abbiamo disegnato un piccolo pappagallo che poi è diventato una specie di mostro esotico. Così sono nati i Bag bugs che tutti chiamano Fendi monster. Ci siamo resi conto immediatamente che divertivano, con questo touch di pelliccia. Cartoon terapeutici. Ti fanno fare un risata. La moda deve anche alleggerirti la vita. Cosa pensa della ventata del see now buy now? Penso che sia un concetto molto interessante e che forse sia necessario rivedere anche le dinamiche delle collezioni. Per la collezione donna primavera-estate 2016 abbiamo fatto un esperimento mettendo in vendita 50 Strap you di sfilata il giorno successivo, nello store di Montenapoleone. Il risultato è stato straordinario: tutte le tracolle sono state vendute nel giro di pochissimi giorni. Ma il vostro uomo e la vostra donna possono uscire insieme? Sono complementari. Sono cresciuta con un maestro come Karl. E con Pietro (Beccari, presidente e ceo di Fendi) siamo un bel team. Lo spirito Fendi lo conosciamo. Non è una maison che sta ferma e le collezioni crescono e piacciono. Nel backstage della sfilata uomo, ho anche visto molte donne che guardavano con grande, grande interesse i pezzi del menswear. Ma non diciamolo troppo…. Full translation at page 127

in tutto il servizio, abiti e accessori fendi fall-winter 2016/17 models: Thibaud Charon, Winslow Hager @ 16MEN; Max Barczak @ 2MORROW; Boyd Gates @ D'Men; Zhao QINGHE, Victor Ndigwe, Eduard Badaluta, Frederik Kaltoft, Serge Rigvava @ ELITE; Timur Muharemovic @ I LOVE; Roch Barbot @ IMG; Allen Ye @ INDIPENDENT; Tre Samuels @ RE:QUEST; Matthieu Villot @ SUCCESS; Dominik Hahn @ tomorrow is another day; Johannes Spaas, Lemmie van den Berg @ ULLA hair: Matt Mulhall @ STREETERS; make up: Ninni Nummela @ STREETERS casting director: Piergiorgio Del Moro @ EXPOSURE NY

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louis vuitton by kim jones testo stefano roncato foto Matthieu Dortomb

Kim Jones e i cinque anni alla guida di un menswear importante, quello firmato Louis Vuitton. Quello di una fashion house che si muove tra heritage e futuro. Quello della maison per eccellenza legata al viaggio. E il designer, direttore artistico dell’uomo per la maison di Lvmh, sceglie di raccontare questa pietra miliare tracciando un percorso affascinante tra ricordi e ispirazioni per raccontare anche le sue passioni. E un suo sogno. Qual è il suo bilancio di questi cinque anni da Louis Vuitton? Appena terminato il college, la prima cosa che feci fu andare a Parigi, dove ho realizzato delle stampe per l’allora capo del menswear Louis Vuitton. Mi sembrava all’epoca qualcosa di fantastico e ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto fare proprio questo lavoro. Dieci anni dopo circa sono qui. Sono sempre stato libero di far volare la mia immaginazione e di poter lavorare esattamente come volevo. E il suo best moment? Il più bel momento è sempre l’ultima sfilata, fino all’arrivo di quella successiva. In generale, direi che la mia prima sfilata per la maison è stato in assoluto il mio ricordo più bello. La collezione Masai era molto personale, racchiudeva tutta la mia vita: i miei primi anni in Africa, il mio profondo amore per questo continente che è continua fonte di ispirazione per me, la mia passione per il viaggio, la mia visione della sofisticatezza di Louis Vuitton, la scoperta dell’incredibile savoir faire della maison e gli incredibili archivi. Chi sono le sue icone? Fortunatamente ne ho persino incontrato alcune. Per citarne alcune. Sir David Attenborough, David Bowie, Giorgio Moroder, Niles Rodgers e Leigh Bowery. Cosa rappresenta per lei oggi la maison? La storia di Louis Vuitton è legata indissolubilmente al viaggio che è anche la mia più grande passione. Io viaggio moltissimo in tutto il mondo per osservare le persone. Sono stato in tutto il mondo, dall’Artico alla foresta Amazzonica, dalla Scozia alla Cina, ho girato quasi tutta l’Africa, il posto in cui mi sento a casa e in cui torno almeno una volta l’anno per ricaricare le batterie. È dove sono cresciuto: Etiopia, Kenia, Botswana. Gli inglesi hanno il viaggio nel Dna. Quali sono gli elementi del menswear? Capi versatili, che gli uomini possono indossare in occasioni formali e non, che li facciano sentire speciali, che siano eleganti, ma anche pratici. Penso che questo sia il futuro dell’abbigliamento maschile. Quali sono i ricordi più forti di questa avventura? Risalgono al mio ingresso nella fashion house. Avevo speso i 20 giorni precedenti il mio arrivo da Louis Vuitton facendo un'incredibile ricerca. Ho spedito 40 scatoloni nel mio nuovo ufficio prima di arrivare. Ho passato il primo giorno a spacchettare tutto e il secondo a brieffare il team perché avevamo solo due mesi e mezzo per preparare tutta la sfilata. Ho chiesto se avessero abbastanza informazioni e mi hanno risposto che non ne avevano mai avute così tante. Cosa vuol dire lavorare per un grande gruppo internazionale? Si può essere cool e innovativi anche senza dimenticare l’aspetto commerciale.

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Come approccia la collezione? Che cosa la ispira? Raccolgo di tutto, sono un collezionista. Osservo continuamente con sguardo professionale, come se scattassi fotografie, raccolgo tutto e assimilo. M’ispira il mondo che ci circonda, un creativo deve toccare le cose dal vero. Voglio vedere tutto quello che c’è su questo pianeta. Com’è cambiato il ruolo dello stilista in questi ultimi anni? Se guardi alla moda oggi ti rendi conto di come la strada influenzi ogni cosa. Devi vedere che cosa succede nella realtà, le persone, come si comportano, come acquistano, i negozi oltre ai musei, e ai paesaggi. Solo in questo modo puoi dare al consumatore qualcosa di molto speciale, che sia autentico e differente dai competitors. Ci sono barriere tra creatività e business? Un designer deve essere anche manager?

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Non credo che essere commerciali sia un compromesso, piuttosto penso che significhi essere reali, rispondere ai bisogni dei nostri clienti è cruciale. È per questo motivo che la ricerca e sviluppo dei tessuti diventano sempre più importante di stagione in stagione. Fortunatamente amo il mio lavoro e il mio lifestyle combacia perfettamente con il Dna della maison. Il viaggio è nel mio sangue e sono molto fortunato di poter viaggiare in tutto il mondo e ammirare cose meravigliose, incontrare persone incredibili che alimentano la mia ispirazione per la creazione di ogni mia collezione. Come avviene il suo processo creativo? Con chi lavora? Amo il mio team, lavoriamo insieme dal primo giorno in cui sono arrivato da Louis Vuitton. Loro mi conoscono, viaggiano con me il più possibile e questo è molto importante per com-

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prendere il mercato direttamente sul campo così come conoscere in prima persona i clienti. Come descriverebbe l’ispirazione per la collezione che ha appena sfilato? È un tributo a Parigi, la Ville Lumière. Dopo aver viaggiato con le ispirazioni in moltissimi luoghi nel mondo, ho voluto rendere omaggio a Parigi e alla sua energia creativa attraverso la vita stravagante del Barone de Redé vissuto negli anni 50. In questo periodo ci sono molti giovani brand emergenti francesi, una subcultura interessante e stimolante. Dopo gli orribili attentati dello scorsco novembre, ho pensato che fosse importante celebrare l’eleganza parigina. Ha un portafortuna? Non ne ho uno in particolare. Forse la mia prima coperta Masai che possiedo da quando ero un bambino e vivevo in Africa. Ha ispirato la mia prima collezione per Louis Vuitton.

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Come si vede in un lontano futuro? Quando andrò in pensione, vorrei vivere in una fattoria in Africa o in Nuova Zelanda, circondato da animali selvaggi. Un po’ come Karen Blixen. Full translation at page 127 in tutto il servizio, look della collezione fall-winter 2016/17 di Louis Vuitton models: Andrew Westermann @ IMG, Arthur Gosse @ VNY, Bom Chan Lee @ Success, Elias de Poot @ Rebel, Jonas Boons @ MP Hair: Guido Palau @ Art + Commerce; Make up: Peter Philips @ Art + Commerce Casting director: Shelley Durkan @ D+V Management

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servizio e foto hedi slimane

the sound of MUSIC in the hedi

slimane diary

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ARIEL PINK, ritratta nella sua casa, indossa il suo costume di scena da cosmonauta, completo di casco

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ZOE REIGN, del gruppo NO PARENTS, indossa un gilet di pelliccia bianca firmato saint laurent e la sua salopette in denim; la foto è stata scattata ai LOLIPOP RECORDING STUDIOS. nella pagina accanto, PASCAL al RAMONE RANCH

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clementine creevy, amica di hedi e musicista dei CHERRY GLAZERR, indossa un look saint laurent by hedi slimane

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KIM AND THE CREATED indossa costumi di scena firmati saint laurent by hedi slimane con un suo catsuit

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hedi ha documentato rex dei rexx nel suo diaro per gli ultimi tre anni. è comparso nelle campagne saint laurent e negli show. ALL PHOTOS © HEDI SLIMANE DIARY - HEDISLIMANE.COM

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Rick Owens

Gucci

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il verbo del contemporaneo

Le sfilate di stagione hanno testimoniato come la moda sia una cassa di risonanza delle grandi questioni globali, grazie a collezioni dal messaggio intellettualmente profondo e a passerelle capaci di evocare il sogno. ricordando quello che diceva Candy Darling: «Devi sempre essere te stesso, non importa a quale prezzo... È la più alta forma di moralità». Testo Diane Pernet. Foto Sonny Vandevelde

Sacai

Candy Darling aveva una saggezza che i comuni mortali si possono solo immaginare. «Devi sempre essere te stesso, non importa a quale prezzo. È la più alta forma di moralità», dichiarò in un’occasione. Musa di Warhol, l'attrice transgender era per molti aspetti in anticipo sui tempi, ma questa affermazione sottolinea quanto arguti possano essere i pionieri come lei per il resto dell’umanità. Uno stilista ha il dovere di proporre qualcosa di più dell’ennesimo dignitoso prodotto commerciale se vuole lasciare un segno nel cuore e mente. Se non riesce a essere fedele a se stesso nel suo slancio creativo, allora la sua opera diviene l’equivalente di una gigantesca menzogna. E a nessuno piace essere ingannato. Grazie al cielo esistono stilisti come Rick Owens, che comprendono questo imperativo morale e rimangono fedeli alle proprie emozioni, tanto quanto alla loro visione sul futuro del pianeta. In questa stagione Owens ha scelto di concentrarsi sulla sindrome da spopolamento degli alveari, un fenomeno che ha portato al forte calo del numero di api in tutto il mondo. La produzione alimentare globale dipende dall'impollinazione delle api e Owens ha utilizzato questo spunto per una riflessione sulla preoccupazione ecologica che stiamo tutti vivendo. Il fatto che la sua partner, Michele Lamy, abbia iniziato ad allevare api sul tetto della loro bella casa in cemento è stato senza dubbio il punto di partenza. Ma Owens si è spinto oltre nella sua collezione Mastodon, che includeva parka, tute, bomber, abiti da uomo con pelle di montone in evidenza ad avvolgere il corpo, e giacche aderenti e di taglio allungato, oppure corte e indossate sopra a pantaloni voluminosi. Con tutti quegli strati protettivi, era come se stesse dicendo al mondo: «Sperate per il meglio, ma preparatevi al peggio». Chitose Abe, la forza creativa che sta dietro al brand Sacai, invece deve aver ritenuto che fosse un buon momento per diffondere il concetto di amore attraverso la mescolanza di materiali e tessuti che portano la sua firma, con indumenti ibridi che includono giacche rivoltate arricchite da inserti in maglia e trapuntati. C'era un chiaro riferimento ai giubbotti americani da motociclista, e poi felpe, stampe da bandana e strisce collegiali in pelle di montone. Il senso

Louis Vuitton

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Lanvin

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Christian Dada

Vivienne Westwood

Dries Van Noten

di Abe per l’amore può anche non essere stato particolarmente romantico, ma era intenso, come lo è questa parola di cinque lettere. Se c’è stato qualcuno capace di dimostrare un reale coinvolgimento nei problemi dei nostri tempi così tormentati, quella è stata Miuccia Prada, che ha dato l’impressione di avere confezionato la sua collezione per uomo con tutta l’apprensione possibile per la causa di rifugiati, migrazioni, carestie, stermini e visioni pessimistiche. Nonostante alcuni vestiti fossero sgualciti e inzaccherati, un tema trasversale legato all’escursione alleggeriva una collezione altrimenti gravata da un messaggio piuttosto pesante. I look erano multistrato, multi-texture. I pantaloni lunghi fino al pavimento, i maglioni avevano il collo alla marinara e, naturalmente, i cappelli erano onnipresenti. Si potrebbe affermare che la sfilata di Prada fosse un'ode al superstite che c’è dentro di noi. Da parigina, mi è stato difficile non cogliere anche un fugace riferimento agli attacchi terroristici di Parigi e a come i sopravvissuti abbiano continuato a vivere, un po' segnati dagli eventi, ma in ogni caso sopravvissuti. Il viaggio, al cui patrimonio futuro si è dedicato Kim Jones, ha giocato un ruolo importante anche da Louis Vuitton. Sicuramente sentiamo tutti il bisogno di collocare il futuro nel contesto del passato, di tanto in tanto. Anche Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, ha interpretato il patrimonio della casa in modo memorabile, traendo ispirazione dal punto più alto raggiunto dal marchio negli anni 70, anche se questa sua espressiva collezione è stata piuttosto un allontanamento dai seventies, che non una riedizione di quella fase. Nel frattempo, in Lanvin, anche Lucas Ossendrijver era in vena di presentare una narrazione a due facce. Ossendrijver ama suscitare emozioni tramite la sua collezione, creando un duplice effetto di perfezione e decadimento attraverso una serie di fluidi capispalla dalla forte personalità, rappresentanti ideali del marchio. La collezione Givenchy firmata da Riccardo Tisci ha invece proposto un'interpretazione dell'America attraverso l'Africa. Con le sue gang di strada in tenuta da Marlboro Man, la collezione ha fatto ampio ricorso a metallo e decorazioni. Masanori Morikawa, lo stilista dietro al marchio Christian Dada, ha sotGivenchy

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Raf Simons

totitolato la sua collezione Love on the left eye, ispirandosi al fotografo giapponese Nobuyoshi Araki. Ha inserito tra le sue creazioni esplicite immagini di soggetti semisvestiti e di nudi legati. Il tema del bondage è stato ripreso anche nell’uso di strati di vestiti legati come cinture, di corde avvolte intorno alla vita e di cinture di cuoio oversize. Nel presentare la sua collezione offrendo al pubblico solo posti in piedi, Raf Simons ha infranto ancora una volta la gerarchia consolidata della moda costringendo tutti allo stesso livello di attenzione. La colonna sonora della sua collezione Nightmares and Dreams è stata affidata al compositore Angelo Badalamenti, cresciuto accanto al regista David Lynch, che ha creato uno sfondo inquietante per maglioni XXL, piumini e cappotti sotto ai quali il corpo era letteralmente sepolto. Lo stilista poetico, Dries Van Noten, ci ha condotto per le scale di servizio che portano dietro le quinte di uno dei più importanti teatri lirici del mondo, il Palais Garnier. Con il pubblico ad affiancare il palco su entrambi i lati, il sipario si è alzato rivelando ai fotografi, l’avanscena, l'oro e il velluto della platea dietro a questi, e infine i modelli in attesa di sfilare. C'erano trench, abiti oversize a quadri, giacche a doppiopetto, bomber ispirati al mondo militare, leggings e cappotti con i galloni. Facendo collidere la psichedelia con il regimental, ci ha lasciati sbigottiti mentre tentavamo di capire che cosa fosse realtà e che cosa sogno. Lasciamo che sia Dries, il profeta poetico, a far volare in alto i nostri sogni. Se si cerca il filo conduttore che attraversa le collezioni di questa stagione, questo potrebbe essere il pensiero che la moda non stia veleggiando in un mare a sé stante, del tutto slegata dalle grandi questioni globali. È evidente che le questioni sociali e umanitarie riguardano tutti e che il forte desiderio di diffondere amore è tanto pressante quanto il nostro bisogno di sognare. Ma se qualcosa di apparentemente frivolo riesce a catturare con onestà lo spirito di questi concetti universali, allora a tutto questo va almeno riconosciuto il merito di ricondurre la nostra attenzione al quadro generale. Siate fedeli a voi stessi e al mondo che vi circonda. Non male come messaggio, per trattarsi solo di qualche vestito in passerella. Prada

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Sei domande a chi può misurare il polso della stagione; il punto di vista esclusivo di chi si muove a cavallo tra business cool-hunting e marketing. Buyer nazionali e compratori worldwide raccontano le impressioni su quello che hanno visto in passerella. E svelano i loro pezzi più venduti. Francesca Manuzzi e Michela Zio Thanks to: Claudio Antonioli @ Antonioli (Milano), Tonino Asselta @ Asselta (Bari), Angelo Pio Cammalleri @ Cammalleri (Caltanissetta), Marzio Torcianti @ Coltorti (Jesi), Mario Dell’Oglio @ Dell’Oglio (Palermo), Marco Cateni @ Divo (Pisa), Massimo Fiacchini @ Fiacchini (Forte dei Marmi), Daniela Kraler @ Franz Kraler (Cortina d’Ampezzo), Gianni Peroni @ G&B (Brescia), Raffaele Galiano @ Galiano (Napoli), Annalisa Di Siervi @ Gibot (Roma), Federico Giglio @ Giglio (Palermo), Luca Italiani @ Italiani (Pescara), Jacopo Tonelli @ L’Inde les palais (Bologna), Angela e Amos Adani @ La boutique di Adani (Modena), Bruna Roccato @ Lungolivigno (Livigno), Paolo Mantovani @ Mantovani (Arezzo), Benne Nugnes @ Nugnes 1920 (Trani), Giordano Ollari @ O boutique (Parma), Roberta Valentini @ Penelope (Brescia), Francesca Marchionni @ Ratti (Pesaro), Vincenzo Sinagra @ Sinagra (Palermo), Claudio Betti @ Spinnaker (Alassio), Manuel Marelli @ Stefania mode (Trapani), Flaminio Soncini @ Tony Magenta (Magenta), Giacomo Vannuccini @ Tricot (Chianciano Terme), Angela Vitale @ Vitale (Crotone), Paolo Locati @ Wise (Cremona)

The best look

The best new names

dolce & gabbana

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Un'intervista doppia ad alta velocità. Cinque battute rapide con una coppia di big player del sound design applicato al fashion. Per scoprire quali sono i punti chiave del loro lavoro creativo. Angelo Ruggeri

matteo ceccarini

michel gaubert

sound designer

sound designer

1_definisca il suo lavoro con un concetto Associo esperienze vissute, immaginate, racconti e li trasformo in suono.

1_definisca il suo lavoro con un concetto Il mio compito è quello di associare suoni a immagini, preferibilmente a immagini in movimento.

2_È LEI CHE HA SCELTO LA MUSICA O È LA MUSICA CHE HA SCELTO LEI? È stato reciproco. Ho sempre amato immergermi nella profondità delle cose e la musica è il miglior strumento per farlo.

2_È LEI CHE HA SCELTO LA MUSICA O È LA MUSICA CHE HA SCELTO LEI? È stato un amore a prima vista reciproco: ci siamo scelti ed è stata subito sintonia e armonia.

3_UNO DEI MOMENTI PIÙ BELLI DELLA SUA CARRIERA? L'aver creato musiche per lo show di Christian Dior all’Operà di Parigi nel 1995 e il dee-jay set privato per il compleanno di Mick Jagger.

3_UNO DEI MOMENTI PIÙ BELLI DELLA SUA CARRIERA? La composizione delle musiche per la sfilata della maison Fendi sulla Grande Muraglia cinese.

4_QUAL È IL VALORE AGGIUNTO CHE LA MUSICA DONA ALLA MODA? La musica rende una sfilata meravigliosa o modesta, esprime quello che non si può dire, scrivere o vedere. Esprime l’essenza della collezione.

4_QUAL È IL VALORE AGGIUNTO CHE LA MUSICA DONA ALLA MODA? La musica regala alle collezioni che sfilano in passerella una nuova dimensione, una dimensione parallela. È comunicazione creativa a 360 gradi.

5_ Se dovesse definire con uno o più generi musicali il fashion business di oggi, quali potrebbero essere? Hardcore e techno. Troppa velocità, troppo stress, nessuno più si gode nulla. Un detto cinese dice: «Se hai fretta, rallenta».

5_ Se dovesse definire con uno o più generi musicali il fashion business di oggi, quali potrebbero essere? Un genere astratto, che crei nella mente immagini, situazioni e definisce, con la sua forza, un momento.

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90 | MFF-Magazine For Fashion

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tops 3

Erik van Gils boglioli

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Piero Mendez etro

Le esclusive. I volti più richiesti della fall-winter 2016/17 oltre ai nomi più nuovi, pronti al boom, da tenere d’occhio per le stagioni che verranno. Secondo il parere esperto di una selezione di casting director italiani e internazionali. In una classifica che rivela quali sono stati i modelli più caldi visti sulle passerelle worldwide. Angelo Ruggeri

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sol goss j.w.anderson

THANKS TO: Maria giulia azario Maurilio Carnino @MTC Casting INC. Maria Vanessa Contini e giusy natale @VANESSA CONTINI+ NAT Danilo Di Pasquale gisella genna bethann hardison Adam Hindle @ADAM HINDLE CASTING Caterina Matteucci @Random Production daniel peddle e DREW DASENT @the secret gallery inc. Ardea PEDERZOLI @Marabini Baiocchi Barbara Pfister

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tre samuels valentino

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92 | MFF-Magazine For Fashion

video-award fashion movie

The players: i migliori cortometraggi di moda, che comunicano scegliendo l'estetica dei new talents. Da guardare online, sull'esclusiva piattaforma di Mffashion.com e Nowfashion.com. Angelo Ruggeri

miglior sceneggiatura Welcome To the factory Jean Paul Gaultier presents A film by: Dvein

miglior PROTAGONISTA The New Generation Persol presents A film starring: Scott Eastwood

miglior regia Dolce Rosa Excelsa Dolce & Gabbana presents A film by: Giuseppe Tornatore starring: Sophia Lauren Music by: Ennio Morricone

miglior soggetto Shaping the future of space access Y-3 and Virgin Galactic presents A film starring: first ordinary uniform for the Space

MIGLIOR sequel The Good Italian II ÂŤThe Prince goes to MilanÂť CARUSO PRESENTS A FILM Starring: Giancarlo Giannini

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94 | MFF-Magazine For Fashion

a-venue set design

Fashion architecture. Ecco i migliori progetti d'interior realizzati per sfilate iconiche, gli spazi trasformati in scenografie cinematografiche da veri master degli allestimenti deluxe. Francesca Manuzzi

miglior architettura versace

conceived by versace

miglior scenografia dries van noten DESIGNed & produced by Villa Eugénie

miglior light design Dior Homme «The art of falling apart» DESIGNed by Etienne Russo / Villa Eugénie

miglior installazione Louis vuitton art installation «Liminal Air Space-Time» by SHINJI OHMAKI

miglior produzione damir doma designed & produced by Outfit Milano di Luca Dolci

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96 | MFF-Magazine For Fashion

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I pezzi cult, che restano impressi nella memoria. I migliori dettagli dalle sfilate, destinati a essere desiderati in tutto il mondo. Dieci borse, dieci scarpe, dieci tips: trenta must-have saliti in passerella tra New York, Londra, Milano e Parigi. Angelo Ruggeri

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98 | MFF-Magazine For Fashion

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Personal beauty. Reale e virtuale. Un racconto di bellezza che si muove con una nuova velocitĂ digitale. Mixando attitudine selfie e acuti da show. Francesca Manuzzi

boy with dragon tattoo white horror story Berluti

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warrior mask Moncler gamme bleu

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100 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

gucci

Una Wunderkammer. La maison della doppia G, dall'incipit del regno di Alessandro Michele, si è trasformata in una camera dei segreti. Dalle pareti rosse, come la sala sfilata, pronta a custodire le passioni del designer. Le tappezzerie d'antan delle magioni d'Italia. I dÊcor botanici di certi erbari da museo di storia naturale. Le chinoiserie dei vasi di porcellana di una ricca cabana. Poi, ricordi antropomorfi, con cappelli dalle orecchie d'animale e le trecce lunghe. O ancora i piccoli Woodstock e Snoopy, che campeggiano su T-shirt poste sotto casacche d'Oriente o bomber tartan. In un racconto poetico e no gender, che ispeziona i codici eccentrici di Walter Albini, e rende omaggio a David Bowie, evocato sul retro di una giacca.

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MFF-Magazine For Fashion | 101

The Best

raf simons Nightmares and dreams. La visione di Raf Simons per il prossimo inverno evoca le atmosfere di intrigo dark di David Lynch, citato proprio nell'anno in cui il regista festeggia il suo 70esimo compleanno. Ma anche il lavoro disturbante di Cindy Sherman e le musiche ansiogene di Angelo Badalamenti. Punto di partenza? La sua adolescenza vissuta tra Belgio e America, guardando Twin Peaks e girovagando tra le strade bohemiÊn di Detroit. Sfilano pull semplici con grandi lettere, felpe sporty e piumini rasoterra black con ricami porpora, frutto della nuova collaborazione tra lo stilista e il marchio sportivo adidas. Il tutto però ingigantito, zoomato, riletto in proporzioni esagerate. Dal coat in tessuto brit al bomber sportivo. Mentre i pantaloni rimangono striminziti e sbrindellati alle estremità .

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102 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

dries van noten Una vera e propria sinfonia d'orchestra. Al posto degli strumenti, i vestiti. Che raccontano «una nuova forma di mascolinità, grazie all'utilizzo di tessuti pesanti con décor preziosi che citano l’esercito e le uniformi. E che si trasformano in elementi iconici del guardaroba maschile arricchiti da simboli araldici resi democratici». Sulla passerella di Dries Van Noten, allestita tra gli stucchi e i fregi del palcoscenico del Palais Garnier, sfilano silhouette dalla morbidezza perfetta e voli di gros grain come orpelli. Insieme a peacoat e cappotti dai tagli apparentemente rigorosi, che si ispirano a grafiche psichedeliche e ai disegni sognanti di Wes Wilson. Con tocchi street e regalità. Con sovrapposizioni di stile Liberty e di libertà vanitosa, declinata in pavoni ricamati e pellicce wild di ispirazione punk.

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MFF-Magazine For Fashion | 103

The Best

prada «È un excursus tra l’oggi e la storia, in una mescolanza di vari momenti... Eroici, guerrieri, infami o rivoluzionari. Umani ed emozionali». Nella parole di Miuccia Prada è racchiusa la chiave per leggere la nuova collezione della maison. Un viaggio verso l'ignoto fatto di scontri epici, un'Odissea creativa. Dove le stampe disegnate dall'artista Christophe Chemin vengono applicate con forza su maglie e camicie, diventando affreschi di un sociale contemporaneo e onirico. Sulla piazza di legno spoglio che ricorda l’Auto da fé, il rituale di pubblica penitenza degli eretici condannati, si accalcano visioni romantiche di marinai e capitani, di gentleman nostalgici e studenti. Di viaggiatori dal retrogusto brit e di artisti dal profumo bohémien.

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104 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

iceberg

Somewhere, over the rainbow. Iceberg con il nuovo direttore creativo James Long si tinge dei colori dell'arcobaleno. E riscopre una vena pop. I modelli indossano maschere incrostate di Swarovski a comporre il volto di Mickey Mouse, icona di Jean-Charles de Castelbajac per la Iceberg di 40 anni fa. Indossano parka con tasche XXL e giacche utility peso piuma dal profumo militare, appoggiate su jeans dal maxi risvolto. Il mio mantra? Editare un look contemporary, mostrando ciò che Iceberg rappresenta... Divertimento, allegria e spirito pop, ha spiegato lo stilista. Svelando un urbanwear evoluto con tocchi di underground british. Senza dimenticare Topolino, riproposto in chiave moderna e scelto come mascotte del new look.

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MFF-Magazine For Fashion | 105

The Best

lanvin Lucas Ossendrijver balla da solo. Dopo dieci anni di militanza tra le fila stilistiche dell'uomo di Lanvin, il designer va in pedana a battesimo senza la supervisione di Alber Elbaz. Un cambio di rotta, che arriva nel segno di una rielaborazione dell'uomo. Non pi첫 solo patinatissimi parigini efebici o baby face super trendy, ma visi dai tratti pi첫 duri, che celano un racconto. Vestono cappotti morbidi, lasciati aperti a mostrare il petto nudo, su cui scivola una collanina e si posano i lunghi capelli. Ogni pezzo appare figlio di un vissuto turbolento. I pantaloni sono soft e lasciano sbucare le camicie solo su un lato. I serafino a manica lunga scappano fuori da giacche e coat, sempre, un po' imperfetti. Come le sneakers, pittate con vernice spray. O le sacche di rete mutate in zaino.

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106 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

calvin klein collection Un messaggio universale e transgenerazionale, raccontato grazie a un catwalk abbagliante, punteggiato di elementi iconici. In prima fila, Cameron Silver, icona delle new generation digitali. E in passerella un mix & match di icone calvinkleiniane, a partire dall'elastico parlante degli slip che diventa banda-décor del nuovo smoking. La nuova collezione di Calvin Klein collection firmata da Italo Zucchelli è un trionfo di streetstyle 3.0 e un omaggio al: «Potere universale del tailoring», ha spiegato il designer, che in pedana porta anche uno stuolo di super model in suit maschili. «Volevo un tocco di sensualità... Di sexyness». Il resto è un urbanwear illuminato da fodere laminate, un jeanswear invecchiato con tocchi gold. Per un racconto di mascolinità basic che profuma di futurismo.

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MFF-Magazine For Fashion | 107

The Best

valentino «La libertà individuale di poeti, scrittori e cantanti... che credevano nell’esperienza come benzina della loro creazione. Perché l’esistenzialismo è ricerca di se stessi e di verità. Quello che ci interessa oggi è l’espressione e non la rappresentazione», parola di Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli. Per raccontare la passione che anima la tribù libera firmata Valentino. Un gruppo eterogeneo, che aggrega, come in una comune, il darkettone nichilista, l'uomo grunge ma con il completo scozzese, il rocker ammantato di cenni folkish Navaho o di denim ricamato, l'hippie dipinto tie-dye. Poi, pearly kings, l’arte dei kitsugi o certi frammenti di sterotipi da Northwest pacific. In una Babele di personaggi di carattere. E cuore.

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108 | MFF-Magazine For Fashion

The Best

dolce & gabbana Uno spaghetti western, digitale e siciliano, à la Dolce & Gabbana. Cowboy e gringo, camminano tra cactus, facendosi selfie con tablet alla mano. Fotogrammi di film di Sergio Leone, quel sornione The Hateful eight di Tarantino e i fumetti di Tex Willer scorrono davanti agli occhi. E Domenico Dolce e Stefano Gabbana raccontano i loro ricordi di un selvaggio West, made in Italy, cucito di abiti sartoriali, denim e pigiami decorati con rivoltelle, cavalli da rodeo e ruote di carretto. «È un omaggio a quel western, che negli anni 60 ha fatto grande l’Italia, girato in Sicilia, naïf e hi-tech», ha spiegato il duo. I cowboy incarnano quella bellezza à la Gian Maria Volonté di Per qualche dollaro in più, con pelliccione da mandriano, gessati da saloon e bandane al collo.

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The Best

SAINT LAURENT Justin Bieber fa trick con lo skate sul tappeto rosso. Lady Gaga, riccia, abbraccia Courtney Love in abito di raso. Poi, arrivano Lenny Kravitz, Milla Jovovich e una lunga lista di celeb. Il Palladium, locale monumento losangelino, ospita le celebrazioni per i 50 anni della collezione Saint Laurent Rive gauche e tutti i ragazzi delle band californiane che Hedi Slimane ha fotografato nel suo diary si accalcano nelle prime file. In pedana i lost angels di Saint Laurent citano Brian Jones dei Rolling Stones, Janis Joplin e i 70s, con panta-gonne in pelle, stivali dai riflessi metallizzati, marab첫 e ricami all over. Poi, gli omaggi a monsieur Yves Saint-Laurent, agli anni 90 dello stesso Slimane. Animalier couture, marsine militari, tapestry, cappe severe. Per una nuova Woodstock.

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Roberto Cavalli

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112 | MFF-Magazine For Fashion

Federico Curradi

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114 | MFF-Magazine For Fashion

Roberto Cavalli

Dries Van Noten

Boglioli

Haider Ackermann

Katie Eary

Dolce & Gabbana

Craig Green

Louis Vuitton

Damir Doma

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MFF-Magazine For Fashion | 115

Emporio Armani

Valentino

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Lucio Vanotti

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116 | MFF-Magazine For Fashion

Salvatore Ferragamo

Giorgio Armani

Prada

Richmond

Christian Pellizzari

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Junya Watanabe

Thom Browne

Etro

Canali

Antonio Marras

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118 | MFF-Magazine For Fashion

Diesel black gold

Givenchy

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Dries Van Noten

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Nicopanda

Yohji Yamamoto

Y/project

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bondage Emporio Armani

Comme des garรงons

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Dirk Bikkembergs

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120 | MFF-Magazine For Fashion

Y/project

Versace Gosha Rubchinskiy

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denim battle General idea

Ann Demeulemeester

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Antonio Marras

Rag & Bone

Dirk Bikkembergs

Topman

Jeremy Scott

Perry Ellis

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MFF-Magazine For Fashion | 121

Gucci

Dsquared2

Angelos Frentzos

Tim Coppens

Dolce & Gabbana

Miharayasuhiro

Moschino

White Mountaineering Loewe

Roberto Cavalli

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122 | MFF-Magazine For Fashion

Hood by air

Henrik Vibskov

Maison Margiela

Moschino

Versace

Astrid Andersen

Rick Owens

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Yohji Yamamoto

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Nautica

Narciso Rodriguez

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celebrates

Sguardo in camera e copione alla mano. È Scott Eastwood il volto della nuova campagna pubblicitaria di Persol. Scelto dal brand per celebrare lo stretto legame con il cinema, rivolgendosi allo stesso tempo a un pubblico young, il giovane attore californiano, figlio di Clint Eastwood, è stato chiamato come protagonista del progetto Meet the new generation. A incorniciare il viso, due modelli iconici: i Persol 649 e i Persol Cellor, Occhiali che hanno fatto la storia del brand, scelti dalle star di Hollywood negli anni 50 e che oggi vengono reinventati in chiave moderna, in un'inedita versione metallica (avendo un alto tasso artigianale, occorrono otto giorni e 30 step per creare un solo modello, A ritrarlo in un portfolio di immagini in black & white, il fotografo Mathieu Cesar. Mentre a dirigere il cortometraggio che ha accompagnato il progetto è stato il regista australiano Andrew Dominik. www.persol.com/international/icons-collection/meet-the-new-generation

Special advertorial. Tutti i dati e le informazioni contenuti in queste pagine sono stati forniti dall’Azienda che ne garantisce correttezza e veridicità, a soli fini informativi.

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international

english

analysed in the past. Once it was androgyny, then the fourth sex, then metrosexuality, and now genderless. If the reasoning is interesting at an aesthetic and social level it is a positive thing. But if it is nothing more than a discussion to pull the wool over customers’ eyes then I’m not interested. And what I’ve seen until now seems to me to be heading in the direction of the latter. I love menswear because of its restrictions, rules and codes. I love that there are limits, which then push people to demolish them and break them down. But I like boys to be boys... This too is about freedom. Everyone is free and should be free to be who they want without having to wear the genderless label. Otherwise it goes back to being part of a ghetto. And that is never beautiful.

Dior Homme - Kris Van Assche article by Giampietro Baudo and Stefano Roncato. Photos Willy Vanderperre “This season is a sort of turning point… The previous collection paid homage to the middle classes, the sun and flowers. This latest collection is darker, with a new wave flavour. And I must say I like it a lot, because it marks the beginning of a new story”. Kris Van Assche, who turns 40 on 12th May this year, seems to have discovered a new freedom, both aesthetically and in terms of his thinking. A freedom that has developed over the course of his almost ten years as artistic director at Dior Homme, an intense period that began in April 2007 following the departure of Hedi Slimane, for whom Assche had long worked as an assistant, first at Yves Saint-Laurent and then at Dior Homme. In this decade he has built the LVMH menswear brand and given it a new soul, with pragmatic simplicity that stems both from his genes and his studies at the Royal Academy of Fine Arts in Antwerp. “My starting point for gaining inspiration is watching how people on the street dress… I think a trademark feature of us Belgian designers is having a strong sense of reality, constantly searching for balance between our creativity and what can actually be worn”. And it is this that is driving his mini revolution. Why are you taking this new step now? Let’s say that it has arrived at a very significant moment in my life… Up to now I have always worked on two fronts, for Dior Homme and on my own personal collection, in an endless process of creation and evolution. Then, in the most recent season, I tried to conclude my reflection on how to redefine contemporary luxury, a question that arises particularly strongly in an important fashion house like this one, with a couture background and a major menswear division. The question also stemmed from my thoughts on fast fashion brands and the overall shape of the system. Today everything happens quickly, everything is accessible to everyone the second the show finishes. A good idea makes its way into the shops of the large chains in just a few weeks. Meanwhile, to buy a Dior Homme garment, customers have to wait six months... What is it that motivates them to wait? And what conclusions did you draw? That Dior is an atelier, which produces high-level, handmade products and carries out painstaking research into its products and fabrics… And so in past seasons I tried to do all of this: to foster storytelling. Now that everything is clear, it is time to really return to fashion, with a capital F. How do you see fashion? It is a social and aesthetic statement. A reflection on the present, transformed into objects. For example, at the moment I don’t believe there are many reasons to be unconditionally optimistic. In recent seasons I have described men who go out picking flowers and who enjoy going to the opera. Now the feeling is darker: something has changed, and especially for a designer who works in France, in Paris, this is a unique moment, shrouded by a particular negativity. I believe that today we need to be more radical. Fashion has to be more radical precisely because the world has become more radical, and fashion has to represent the social sphere! How do you start working on a collection? I begin with an idea, which could be a photo, a music video or simply a memory of a trip or holiday. Or a craving for something that I don’t have in my wardrobe… That’s what I call my ‘personal order’ [laughs]. Then we all begin to work together in a creative factory. I’m very fortunate to have an in-house atelier that in no time at all can provide me with a specific concept of how an idea could be turned into reality. What was the starting point for this season? Black. I wanted a lot of black… and this was clear from the very moment I started working on the show. This was also the first season that I was really creating pieces for Dior Homme without my own collection weighing on my mind. Previously I always had to have two fantastic ideas to develop, and had to remember that Kris Van Assche had a young, ‘street’ spirit whilst Dior Homme was more established. Now I have channelled all my energy into a single project, and I was free to say and do whatever I wanted… This is one of the collections of mine I love the most. What does the wardrobe of Monsieur Christian Dior contain? Let’s just say that he was not the starting point for this season. In the past there have been references to his style, bearing in mind that Dior never designed men’s clothes. The references are to his personal world, and to his wardrobe. This journey led to the development of a vision that exploded this season with the certainty that at Dior Homme we can now also talk about street culture. But it is street culture à la Dior, without creating confusion with the brand’s aesthetic rules. However, his spirit always continues to linger on… In this show there were four floral suits that stemmed from a piece of fabric I found in the archives. It was made of silk, and we re-made it in technical, sporty cotton. There is still a bit of couture in this collection. How important is the archive in your work? How do you relate to your past and to that of the fashion house? I know the archives inside out; I love the history of the fashion house. Each time I enter that world I ask to see something I don’t know, something I haven’t seen before. I love to pry into the private life of Monsieur Dior in search of inspiration, which often arrives at random. Like when we found some of his letters, and used his signature and his handwriting to develop a decorative motif. This season I deliberately chose not to look around the archives. If you had to define Dior Homme today, which words would you choose? Contemporary. My clothes are not futuristic. I like to think that they are not nostalgic, and that they are a code for today, to interpret the here and now. Many fashion houses at times like this are tempted to transport their customers to a happy time in the past. I want them to be lowered into reality, into everyday life! I like to say that I draw inspiration from the present. The real present and the important elements of the past, but without being nostalgic… I like the real, important past, but I don’t like looking at the archives of my work. I have a warehouse on the outskirts of Paris where I store everything, but I don’t even know how to get there. I don’t like observing my past, as I would continue to see nothing but mistakes. I prefer memories and the positive feelings they evoke. I am not nostalgic; I try to project myself into the present and the near future. So what do you hope the future holds for your Dior man? I want to adapt him to reality. I want him to be less traditional and more closely tied to fashion. I want him to enjoy himself more than in the past. I want him to retain strong ties with craftsmanship. I want him to continue to enter into dialogue with the atelier and its thinking. To define a new concept of modernity. The word ‘couture’ crops up frequently in discussions with you... How important is this aspect for you, and how much has Dior Homme helped you to build this world? First of all I should stress that I do not do couture myself, but that Dior Homme is the menswear division of an haute couture fashion house. This extreme take on handmade is what sets this world apart and distinguishes it from any other streetwear brand. Here even a pair of jeans is hand-painted and sewn as if it were a tailored suit. It is a fundamental part of the story I’m telling. And then there is the atelier. A world that comprises a dozen or so people with sewing machines and a dozen or so tailors. A small group with ties to womenswear, a treasure trove of pairs of hands that can turn even the most deranged ideas that come into my mind into reality. Reasoning that is light-years away from the dominant model of see now, buy now… I haven’t yet made up my mind fully on this subject. And I believe that it relates more to strategy and management then simple creativity and design. There will be another evolution/revolution of the fashion system, like the many that have gone before. However, I believe it is a bit utopian to want to maintain certain European production and creation rules whilst at the same time changing the timescales. Perhaps everything would become too mathematical and drained of emotion, depriving fashion of part of the dream that comes from the show and from waiting for an item. How do you think the Dior man has changed in your years as artistic director? First of all, it is no longer one man, but many different characters. And that’s something I am very proud of. Since Dior Is a fashion house rooted in the female world, menswear could have had to make do with a small niche. But instead we’ve managed to create a universe that embraces many different types of men. The traditional man. The artist. The middle-class man. The student. The alternative man. And they can all coexist because over the years we have developed an idea, a precise message, which means we can now bring a skateboard on stage without betraying the underlying aesthetic principles of the fashion house. Dior is a French company, based in Paris, with customers all over the world. This means different types of men and different ways of being a man. We have an open-minded approach to the wardrobe… I don’t like ghettos; I prefer an interplay of sensations and ideas, which is bound to lead to something positive. Talking about barriers and borders, what are your thoughts on the genderless phenomenon? I think it is an old concept, a debate that fashion has already tackled and

MARCELO BURLON COUNTY OF MILAN - Marcelo Burlon article by Stefano Roncato. Photos luca campri «Dinner with Argentines tonight. Spanish only.» The atmosphere is almost too convivial to imagine. The intercom sounds – someone has arrived to cook. With love and an ever-present smile. We are with Marcelo Burlon at his casita – his little house, though it sounds so much sweeter in Spanish. A safe haven for friends to be at ease. Good music replaces traffic noise, shoes are kicked off, a warm sun bathes the terrace. The flat looks out on the roofs of Milan, that city that gave its name to his brand, County of Milan, in 2013. It’s the ideal place to capture images of some of the people that are special to him, to tell a story that has been transformed into a case study and analysed in well-known universities. From Patagonia to the Bocconi, you might call it. In reality it is a disarming story based around the simplest of things: friendship. A natural attraction between people that in many cases have gone on to reveal their talents in a range of different fields. A collision of passions. Personal and professional growth. An amalgamation of qualities that are difficult to separate. «I’m not a designer but a creative director – I unify people,» explains Burlon himself. «I’m a pioneer of multitasking,» he adds – it is a phrase he likes to repeat. Born in Argentina, Burlon is an adopted son of Milan, having turned his back on the world of clubbing in favour of publishing, styling, music and fashion, with his clothing line generating blockbuster sales figures thanks to its fiercely personal style. He is a darling of the social-media generation, which can’t get enough of his look, his sound and his life as a whole. A fusion of web phenomenon and bohemian spirit, Burlon sums his ethos up with a simple mantra: «When you get through to real people, that’s the turning point.» Tell us a bit about yourself In a way I was the pioneer of multitasking, as the New York Times called me. Publishing, styling, DJing at events, working with designers for years, promoting other brands. I’ve poured all of this experience into County of Milan. I’ve been working in the clubbing sector for 20 years and I’ve been here in Milan for 18. My first job here was at Magazzini Generali, which was the go-to club for the fashion and design industries at the time. I was the face of the club and it was there that I started to build up my own thing. How has fashion changed? I grew up with brands like Jean Paul Gaultier, Margiela and Helmut Lang. Designers that have always told an intense story – conceptual designers with depth to them. I developed a love for that kind of super-unconventional fashion, far removed from the regular frameworks and systems. Then I started to work with designers, taking my world to them, my music, my vision. This was before the age of social media – a kind of precursor. At that time, people trusted clubbing as the most effective, quickest way of communicating with a certain type of person. How do you define yourself? An independent person who has never compromised in trying to convey his ideals – be that via a t-shirt, a track or a shoot. I’ve always done what I wanted to do, even if it went against the system, against society, against a certain side of Milan. For this shoot you’re surrounded by people that are special to you… Everyone gives a little of themselves – it’s not just unity that brings strength, but being able to identify with a group. The people that buy my t-shirts used to come to my parties. People want to belong to something. You participate in my life – you’re part of a group even if we don’t know each other. We have a common look. There’s a rapport you create with people when you communicate. There’s Fedez, who’s a close friend of mine and has millions of followers. But then there’s Paolo Farcic, who doesn’t even have an iPhone. What do you talk about with Rossana Orlandi? About Argentina, about Patagonia. We speak about children, about how much we love each other – everything except work. It’s so exciting to be around her. I would never have imagined I would have that chance. Over the course of the years, many of your friends have shown themselves to be talents in their own right… We’ve found ourselves sharing things – historic moments – by chance. We grew up together, both professionally but also on a personal level. Friendship keeps us tightly bound together. I’m thinking of Edward [Buchanan, the creative director of Sansovino 6], who deserves all of his success. Lea [T] is a model but above all she’s a model person. She’s doing something really important, educating many people who thought transgenderism was something from another world. She stayed strong – I walked with her through the streets of Sao Paulo and there were people thanking her, young girls and grandmas alike. She has used her condition to open another world. There Macs Iotti too, a great art director who works for some of the biggest international brands in the world. Ilaris Norsa was my assistant and she now takes care of the styling for my catwalk shows. Ada Kokosar has known me for longer than anyone else – we grew up together when she was a stylist of MTV and I was a PR at Nose (Fornarina). Chiara Biasi is a blogger who’s ensured she stands out from the crowd on account of her style and the way she tries to create more engaging content. Michele Lamanna has always worked on the door for my parties together with Paolo Farcic, who’s become a fantastic 3D artist. Franco Gobbi is a hair stylist for all the big magazines and shows, while Gianluigi Gargaro does hair for Armani. Adrian Appiolaza is an Argentine friend of mine who used to design for Miu Miu and Louis Vuitton with Marc Jacobs – he’s now at Loewe. How was County of Milan born? Being a DJ, people came to listen to my sets all over the world. People were interested in me – they came to meet me. I was able to build up a potent international network thanks to social media. I wanted to tell my story through graphic design, with a t-shirt brand. It was a project like any other. It came about organically rather than being drawn up around a table. As word of mouth among buyers gathered pace, it became a real market player. Now it’s a case study and people even write their theses about it. They call me to ask me to go to speak at universities like the Bocconi. My graphic designer, Giorgio di Salvo, is the one that brought my ideas to life. I immersed myself in libraries and museums in Argentina and he had the vision to translate my inspiration into graphics. I was inspired by nature. By powerful animals. By the esoteric symbolism of native Patagonians. Symbolism that reminds you of raves and clubbing. They’re all elements that have a place in my life. Who came up with the name? County of Milan was dreamt up by Macs Iotti. Macs had done some research into Russian spies – the KGB and that sort of thing – and he’d come across letters and documents where this name appeared. In the beginning it was the Marcelo Burlon Enterprise. Enterprise was supposed to signify a great ship covering events and design on its own blog. The phrase “office of the director” stood just under the name. But it was just me, like a Russian spy… In any case I wanted to spread the word about all the amazing things going on in Milan, the city that welcomed me and allowed me to express myself as an individual and as a person. How did you feel when you organised your first catwalk show? In actual fact I felt calm. A catwalk show is a celebration. Friends from all over the world come to walk the catwalk, to work on the production side of things, to help make music. Every six months I meet up with friends to exchange ideas. You like talking about people you hold dear… This is a team game. I’m the face and the name but there are a series of elements that make up the whole, such as my partners Claudio Antonioli and Davide De Giglio. If those two weren’t there to support me I’d still be turning out four or five t-shirts a time. They gave my commercial and production operations a structure, putting their professional expertise at the service of this company. Are you happy? Very much so, especially because I never expected this – the support we get from the media and the buyers, plus the amount of footfall we’re seeing instore. If I got to Naples, regular people stop me in the street, even the baristas recognise me. When you get through to real people, that’s the turning point. What’s your secret? Everyone can relate to my story and that makes people like me. They get my journey. I’m Argentine, born in Patagonia in a time of military repression. My dad was Italian, my mother Argentine of Lebanese origins. He was a lathe turner and she owns a travel agency. In 1990, they decided to leave Argentina to start over in Italy, to give my brother Gianni and I a proper future given that the economic situation was deteriorating. I got to the third year of secondary school here and went to work in the factories too. And then at 16 I started in the clubs. Initially I played in Riccione, when we all used to go there, and then I arrived in Milan in 1998. In reality I was already organising fashion shows at the age of eight in the yard of my friend’s house in Patagonia, then it turned into garage parties. There was something in the air. Do you see yourself as a designer? I’m not a designer and I don’t design. I didn’t study for that. I go in a creative direction – I unite people. What’s been your highlight? Three years ago, when my first collection came out in showrooms, somebody plastered photos of the look book – without the graphics – all over Milan with the heading “Marcelo Burlon fucked it up”. What did I do? I made a

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t-shirt of it and gave it away to all my friends. It shows how people who can’t bear seeing things done differently think. I reply and make money from it. Does money change people? Money can improve your quality of life. If you’re a balanced person with healthy values then money can’t change you. I like sharing money. My home – my casita, my Hacia El Sur farmhouse I’m building in Argentina… it’s all to share with my friends. And I’ll keep doing charity projects like SOS Villaggi dei Bambini ONLUS [Children’s Villages Foundation], which helps build villages for orfans all over the world. What’s your dream? To have children with my partner Manuel and then return to Argentina for them to grow up in my limitless Patagonia. How important are social networks today? They were important yesterday too. I began organising my events thanks to social media – it’s at the centre of all my work. Things have changed now because all companies have cottoned on to the fact that they need to be on social media if they really want to promote what they’re doing. They pay bloggers. Company CEOs want to understand social media strategy, but there is no strategy – for me it’s just living. My secret is that everything I’ve done has been entirely natural. I’m not a designer, I’m a regular person just like anyone else. But I’m a person that’s become a brand. Fendi - Silvia Venturini Fendi Article by Stefano Roncato. Photos Paolo Fichera & Daniela La Malfa Talking to Silvia Venturini Fendi is an enlightening experience. You know where you want to start, then your curiosity takes over and your desire to see things through her eyes leads you down a path of interconnected thoughts. Those eyes are responsible for the birth of cult items and they have worked alongside Karl Lagerfeld. They are helping to shape a new era for Fendi. As she said a few months ago, “2015 was an important year that has paved the way to a new future.” After a whole year packed with Fendi moments, the spotlight has now turned on the stealthily growing success of the menswear, which she designs along with the women’s accessories and childrenswear. She combines tradition and innovation in a fun way, as she breaks down mental barriers. While outlooks of this kind are very much in vogue right now, they have always been part of Fendi’s identity. This is proved by an old photo of Lagerfeld’s first collection for the Roman fashion house, which features a three-year-old Silvia Venturini Fendi. “The man, woman and child are wearing exactly the same thing, like carbon copies of each other. It was an early form of gender equality.” How do you feel about your menswear right now? I am very happy both about how the fashion show went and the significant growth in Fendi menswear. I am extremely pleased with the staff and space that are being provided for it everywhere, including in the biggest stores. Our menswear is growing quietly, with impetus that comes from the collection itself. There is no advertising, just word of mouth. It could be a new way to communicate. How would you define your man? He reflects and respects the history of our brand. We have always been innovators of tradition. We innovate without striving too hard to be on-trend and “cool”, which is a word that I shun. Our men are sophisticated and they can count on marvellous materials and cutting-edge techniques. They are free, eclectic spirits who are open-minded but exacting. It is a complex collection to create because you need to get the balance right without straying too far in any direction. I can’t think how to convey the idea. It includes what I would call everyday normality, but in an extreme form. Indoor and outdoor looks from everyday life, pyjama dressing gowns, knitted suits that are comfortable but edgy. Over the years, it has undergone a number of changes… It used to be licensed out. We built up our menswear culture. As Fendi has changed, it has been bolstered by ever stronger collections. We have been bold enough to make many changes, stop doing fashion shows and find alternative options such as short films, which were always an experimental approach. I like the fact that it is now growing as word secretively spreads on the grapevine. After all, you only have to go online to see it. There is an exclusive club of people who know that Fendi does menswear. The success is down to others. We let it carry us away. Where do you get your inspiration? I am a woman who often dresses like a man. Nowadays there’s a lot of talk about men borrowing from women. I tend to start with rules that I would follow. I experiment but I also want practicality. I work with volumes. I come from the field of accessories and I am design-oriented. There are lots of things that I want and I look at everything. My man doesn’t actually exist: he is a figment of my imagination. I picture how he would live and what he would do. I ask myself questions and give myself the answers. Rather than trying to start a trend, I take input from daily life. For example, this collection looked at indoor fashion. Everyone loves to play host to friends at home… What do you think of the gender fluidity that everybody’s talking about? I think it’s wonderful. It’s restrictive to specify that something is for men or women. A shirt is a shirt. I like the lack of clear definitions and I like the way that the unisex approach reflects the spirit of the times. We are completely free from classifications that are alien to me. It’s nice to break down barriers. I have to thank my mother because she never dressed me in pink when I was little and that helped me to have an open mind. I find it astonishing that there are people who bring their children up to think that girls should have dolls and boys should have toy soldiers. You were already pushing the boundaries back then. You dressed Gunter Sachs in fur. That would no longer be shocking today… We have always done eccentric things that were ahead of their time. People were attracted to Fendi because they liked to experiment. There is a now famous photo of me at the age of three. It was the Autumn-Winter 1967/68 season, the first collection designed by Karl Lagerfeld for Fendi. The man, woman and child are wearing exactly the same thing, like carbon copies of each other. It was an early form of gender equality. It all started with Karl, who has always played an extremely important part in these things. He is not afraid to stand out from the crowd. You won’t go anywhere if you don’t take risks. You are not fond of words like “cool”… I hate them. If something is beautiful, it will still be beautiful 20 years from now. You need to stand the test of time. Cool things are conceived for here and now, whereas we want to offer everlasting delights. That’s why I work with simple shapes and maximum quality. The workmanship tends to be either timeless or very innovative, to preserve the balance. Where does the new idea of the progressive man come from? Lots of men today are much more open and liberal than us, especially in the Far East. They are the ones who have got men back in centre stage. Perhaps it’s because they are not as prejudiced about colours and being bold. Maybe there is less of a sartorial tradition. They have got us Westerners buzzing and are pushing us to be more liberal. What do you make of the accessories boom? I was pleasantly surprised by the huge success of the Peekaboo for men. Once again it was nice to see men with women’s things and vice versa. It brings to mind a writer friend of mine who bought a Baguette to give to a friend of his. He said to me: “I put all of my writing things in it on my desk. I just couldn’t give it to her, it’s too beautiful.” Maria Grazia Chiuri and Pierpaolo Piccioli from Valentino, Alessandro Michele from Gucci, Giambattista Valli, Marco De Vincenzo and Frida Giannini have all gravitated to you over the years. Are they all products of Fendi in some respects? To a certain extent, we represent the Roman school, which was once dedicated to art. I am very proud to say that at Fendi we have launched and nurtured many creative talents. It makes me happy to see them prosper. There are three fashion houses in Rome that are enjoying huge success. There are lots of strong, executive-run labels that are expanding. We are in different groups but we are great friends and we are all bound together by our creative alchemy. Have the benefits of this wave of creativity also been seen on the catwalks of Milan? Yes, I like the effervescence that we are seeing and I think that there is more on offer for the international press. In general, cities can always organize more events and happenings, but what they really need are great collections with lots of creative input. They must also reflect the personalities of the people behind them, rather than all being the same and standardized. Character and personality seem to be appreciated on social networks. Some of the most frequent things to pop up in posts are the piercing eyes of Fendi monsters. How did they come about? We were working with Karl on fun concepts for the collection, with lots of colourful furs. I had just been on holiday in Brazil and my head was full of the incredible colours of the tropical birds and parrots that a friend of mine collects. When I got back, we designed a little parrot that eventually turned into a sort of exotic monster. That’s what led to the creation of the Bag Bugs, which everyone calls Fendi monsters. We immediately realized that these little balls of fur amused people. They are cartoonish and therapeutic. They make you laugh. After all, fashion should brighten up your life. What do you think of the “See now, buy now” craze? I think that it is a very interesting concept and we may need to rethink the dynamics of the collections. We experimented with the Spring-Summer 2016 women’s collection by putting 50 items from the Strap You range in the Via Montenapoleone store the day after they appeared in the fashion show. The results were remarkable: all of the straps were sold in just a few days. Can your man and your woman go out together? They complement each other. I grew up with a master like Karl. Together with

Pietro (Beccari, the chairman and CEO of Fendi), we make a great team. We are familiar with the Fendi spirit. It is not a fashion house that sits still. Its collections are growing and people like them. Backstage at the men’s show, I saw lots of women looking at the menswear with enormous interest. But let’s not go shouting that from the rooftops… LOUIS VUITTON BY KIM JONES Article by Stefano Roncato. Photos by Matthieu Dortomb Kim Jones has been at the helm of the prestigious Louis Vuitton menswear line for five years. It’s the quintessential travel label and it does plenty of moving itself, between its heritage and the future. The men’s style director of the fashion house from the LVMH group discussed his milestone and led us on a fascinating journey through his memories and inspirations, as well as his passions and one of his dreams. What are your thoughts as you look back on the last five years at Louis Vuitton? Straight after I finished college, the first thing that I did was go to Paris, where I produced some prints for the head of menswear at Louis Vuitton at the time. Back then it seemed absolutely amazing to me and I immediately thought that I would like to do this very job. Roughly ten years later, here I am. I’ve always been free to let my imagination run wild and work exactly how I want. What has been your best moment? The greatest moment is always the last fashion show, until the next one comes along. In general, I would say that my first fashion show for Louis Vuitton is my best memory of all. The Maasai collection was very personal and encapsulated my whole life: my early years in Africa, my profound love for the continent, which continues to be a source of inspiration for me, my fondness for travelling, my vision of the sophistication of Louis Vuitton, the discovery of the incredible know-how of the company and its remarkable archives. Who are your icons? I’ve actually been lucky enough to meet some of them. To name a few: Sir David Attenborough, David Bowie, Giorgio Moroder, Nile Rodgers and Leigh Bowery. What does the fashion house mean to you today? The story of Louis Vuitton is indissolubly tied to travel, which is also my greatest passion. I do a lot of travelling all over the world in order to watch people. I’ve been across the globe, from the Arctic to the Amazon rainforest and from Scotland to China. I’ve been almost everywhere in Africa. It’s the place where I feel at home and I go back at least once a year to recharge my batteries. I grew up there, in Ethiopia, Kenya and Botswana. The English have travel in their blood. What are the key elements in menswear? Versatile garments that men can wear on both formal and informal occasions. They must make them feel special and be elegant and practical at the same time. I believe that is where the future of menswear lies. What are your strongest memories of your time at Louis Vuitton? My arrival at the fashion house. I spent 20 days before I started at Louis Vuitton doing research. I sent 40 boxes to my new office before I got there. I then spent the first day unpacking everything and the whole of the second day briefing the team because we only had two and a half months to get the fashion show ready. I asked if they had enough information and they said that they had never had so much. What is it like working for a big international group? You can be cool and innovative without forgetting the commercial side of things. How do you approach the collections? What inspires you? I am a collector and I horde all sorts of things. I am constantly observing with a professional eye. It’s almost like I’m taking photos. I collect and assimilate everything. I am inspired by the world around us. Creative people always have to touch things for themselves. I want to see everything that this planet has to offer. How has the role of designers changed? If you look at fashion today, you realize that the street influences everything. You have to see what’s happening in the real world, how people act and what they buy. You need to look at shops as well as museums and landscapes. It’s the only way to give consumers something very special that’s authentic and stands out from its rivals. Are there barriers between creativity and business? Does a designer also have to be a manager to a certain extent? I don’t think that being business-oriented is a compromise. It just means that you’re being realistic because it’s essential to cater to customers’ needs. That’s why fabric research and development gets more and more important every season. Fortunately, I love my work and my lifestyle perfectly matches the DNA of the company. Travelling is in my blood and I’m very lucky to be able to go all over the world, see wonderful things and meet incredible people who help to inspire me as I create each of my collections. How does your creative process unfold? Who works alongside you? I love my team. We’ve been working together since my first day at Louis Vuitton. They know me and they travel with me as much as possible. That’s a very important aspect because it enables you to understand the market directly in the field and get to know customers in person. How would you describe your inspiration for the collection that you have just shown? It’s a tribute to Paris, the City of Light. After travelling and looking for inspiration in numerous places all over the world, I wanted to pay tribute to Paris and its creative energy with a glimpse at the eccentric existence of the Baron de Rédé in the 1950s. There’s an interesting, stimulating subculture and there are lots of up-and-coming brands in France right now. After the awful attacks in November last year, I thought that it was important to celebrate the elegance of Paris. Do you have a lucky charm? I don’t have anything in particular. Perhaps my first Maasai blanket, which I’ve had since I lived in Africa as a child. It inspired my first collection for Louis Vuitton. Where do you see yourself in the distant future? When I retire, I’d like to live on a farm in Africa or New Zealand, surrounded by wild animals. A bit like Karen Blixen.

Pycckий Dior homme — Крис Ван Аш Репортаж: Джампьетро Баудо и Стефано Ронкато Фотографии: Вилли Вандерперре «Этот сезон — своего рода поворотный момент... Если предыдущая коллекция была данью буржуазному стилю, солнцу и цветам, то последняя — более темная, в стиле new wave. И я должен заметить, что очень доволен, так как она является началом новой истории». Крис Ван Аш в преддверии своего 40-летия, которое он отметит 12 мая, кажется, обрел новую степень свободы — эстетики и мышления — ставшую результатом почти 10 лет работы в качестве арт-директора Dior homme, напряженного периода, начавшегося в 2007 году, когда Крис Ван Аш сменил Эди Слимана, чьей правой рукой являлся в течение долгого времени — сначала в Yves Saint-Laurent, а затем в Dior homme. За это десятилетие со свойственной ему прагматической лаконичностью, которой он обязан своему происхождению и образованию, полученному в Королевской академии изящных искусств в Антверпене, дизайнер создал и вдохнул новую жизнь в мужскую линию марки Lvmh. «Отправной точкой в поиске вдохновения для меня служит наблюдение за тем, как одеты люди на улице... Я думаю, что нам, работающим в мире моды бельгийцам, присуще очень сильное ощущение реальности, мы находимся в постоянном поиске равновесия между нашим воображением и тем, что можно носить в действительности». Полученный опыт ведет его к свершению собственной маленькой революции. Почему Вы решились сделать этот шаг сейчас? Можно сказать, что в моей жизни наступил особый момент... До сих пор я всегда работал над двумя коллекциями: для Dior homme и для моего собственного бренда. Это всегда был непрерывный процесс созидания и развития. Затем, в прошлом сезоне, я попытался найти ответ на вопрос о новом видении современной роскоши, который я поставил перед собой, особенно исходя из того, что работаю в таком именитом модном доме, как Dior, с традициями couture, модном доме, в котором мужской одежде уделяется большое внимание. Данный вопрос логично вытекает в том числе из наблюдения за марками fast fashion и всем тем, что окружает эту систему. Сейчас наступило время скорости: любая вещь доступна сразу по окончании модного показа. Доминирующие идеи достигают магазинов крупных сетей за несколько недель. При этом, чтобы приобрести предмет одежды марки Dior homme, клиенту придется ждать шесть месяцев... По какой причине это происходит и что может являться мотивацией для такого ожидания? И к какому заключению Вы пришли?

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Dior — это модный дом-ателье, ведущий огромную работу в области исследования конечного продукта и текстильных материалов и создающий изделия высочайшего уровня, производимые вручную... В коллекциях прошлых сезонов я как раз постарался донести это: создать соответствующую метафору. Теперь, когда всё стало на свои места, пришло время вернуться к самой моде, с большой буквы F(ashion). Чем для Вас является мода? Это — заявление, социальное и эстетическое. Размышление о современности, выраженное в предметах. Например, переживаемый сейчас период, думаю, не дает нам много оснований для безусловного оптимизма. В коллекциях последних сезонов я представил мужчин, собирающих цветы, мужчин, получающих удовольствие от оперы. Сейчас настрой более мрачный; что-то изменилось, и дизайнеры, работающие во Франции, в Париже в этот момент особенно остро ощущают витающие в воздухе негативные настроения. Я считаю, что сейчас имеет смысл быть более радикальными — мода также должна стать более радикальной, потому что более радикальным стал мир, и именно в моде должны выражаться происходящие в обществе изменения! Как начинается работа над коллекцией? Всё начинается с идеи, которую я могу почерпнуть из фотографии, музыкального видеоклипа или просто воспоминания о путешествии, впечатлений, полученных в отпуске. Идею может подсказать предмет гардероба, которого у меня нет, но я хотел бы его иметь... Это то, что я называю «мой личный порядок» (смеется). Затем мы начинаем совместную работу в одной из наших творческих мастерских. Мне очень повезло, что модный дом имеет собственное ателье, способное за короткое время дать мне конкретное решение для воплощения идеи в жизнь. Что послужило отправной точкой для создания коллекции этого сезона? Черный цвет, жажда черного... Это стало ясно с самого начала работы над модным показом. В этом сезоне я также впервые создавал Dior homme, не держа при этом в голове коллекцию для своего бренда. Раньше я всегда должен был найти две интересные идеи для создания коллекции, учитывая то, что Kris Van Assche была молодой маркой одежды уличного стиля, в то время как Dior homme — бренд с мировым именем. Сейчас я направил всю свою энергию на один единственный проект, и у меня была возможность говорить и делать то, что хотел... Это одна из моих самых любимых коллекций. Что находится в гардеробе месье Christian Dior? Надо сказать, что в этом сезоне отправной точкой был не он. В прошлом мы обращались к его стилю, не забывая о том, что Диор никогда не создавал мужскую одежду. Ориентировались на его личное окружение, его гардероб. На этом пути мы пришли к видению, которое в этом сезоне со всей очевидностью вырвалось наружу, того, что теперь в Dior homme есть место и для уличной культуры, но непременно à la Dior, в согласии с эстетическими канонами марки. Дух Dior по-прежнему парит над подиумом... В этом показе были представлены четыре костюма с цветочным рисунком, источником вдохновения для которых послужил отрез ткани, найденный мной в архивах модного дома. Это был рисунок на шелке, а мы его воссоздали в варианте из технического хлопка для спортивной одежды. Немного couture неизменно присутствует и в этой коллекции. Насколько важны архивные материалы в Вашей работе? Какое место они занимают в Вашем прошлом и в истории модного дома? Я очень хорошо знаком с архивами, так как являюсь поклонником исторического наследия модного дома. Каждый раз, когда я попадаю в этот мир, я прошу, чтобы мне показали что-нибудь, чего я еще не знаю, что еще не видел. Мне нравится узнавать детали личной жизни месье Диора, из которых я могу почерпнуть идеи, зачастую приходящие в голову совершенно случайно. Когда мы обнаружили некоторые из его писем, то его подпись и почерк стали для нас источником вдохновения для создания декоративного орнамента. Кстати, в этом сезоне я не заглядывал в архив. Какие слова Вы бы выбрали, чтобы охарактеризовать Dior homme сегодня? Актуальность. Моя одежда не футуристическая. Я предпочитаю думать, что она не ностальгическая, мне нравится думать, что она выражает настроения сегодняшнего дня, является толкованием современности. Многие модные дома в наше время поддаются искушению и уводят клиента в безмятежное прошлое. Я хочу, чтобы клиент погрузился в реальность повседневной жизни сегодняшнего дня! Мне нравится заявлять о том, что я черпаю вдохновение в настоящем. Осознание реальности настоящего и важности прошлого, но без налета ностальгии... Мне нравится прошлое, действительно значимое прошлое, но я не люблю заглядывать в архивы с моими работами. У меня есть склад на окраине Парижа, где я храню свои прошлые коллекции. Я не знаю даже, как можно туда доехать. Мне не нравится оглядываться назад. Делая это, я бы продолжал думать об ошибках. А я предпочитаю брать из прошлого приятные воспоминания и положительные эмоции. Не люблю ностальгию, стараюсь сосредоточиться на сегодняшнем дне и ближайшем будущем. Что бы Вы пожелали мужчине в будущем? Я хочу, чтобы он адаптировался к реальной жизни. Хочу, чтобы он немного отошел от классического стиля и внимательнее следил за модными тенденциями. Хочу, чтобы он наслаждался жизнью больше, чем делал это в прошлом. Хочу, чтобы большое значение в изготовлении одежды по-прежнему имела ручная работа. Хочу, чтобы продолжался диалог с ателье и присущей ему логикой работы. Всё это — ключ к современности. Вы часто используете слова «высокая мода». Насколько для Вас важен данный аспект работы и в какой степени существование ателье Dior homme помогло Вам в создании этого мира? Прежде всего, считаю нужным отметить, что я не создаю высокую моду. Dior homme — мужская линия Дома высокой моды. Процесс создания одежды, в котором максимально используется ручная работа, является характерной чертой этого мира и отличает его от любого другого уличного бренда. Даже джинсы окрашиваются вручную и шьются также, как и костюм в ателье. Это — важнейшая часть той истории, которую я стараюсь донести. И конечно, существует ателье. Это — мир, состоящий из десятка людей, работающих на швейных машинах, и десятка портных. И хотя по сравнению со всем женским населением мира эта группа кажется совсем небольшой, для нас их мастерство —сокровище, благодаря которому становится возможным воплотить в реальность даже самые смелые из приходящих мне в голову идей. Логика, очень далекая от доминирующей на рынке модели «увидел и сразу купил»... У меня пока не сложилось четкого мнения по этому вопросу. Я считаю, что любое решение здесь имеет большее значение с точки зрения управленческой стратегии, чем с точки зрения творчества и дизайна. То, что нас ожидает, станет очередной эволюцией/ революцией системы моды, которых было уже немало. Поэтому я думаю, что желание оставить неизменными определенные европейские правила создания и производства одежды, изменив затрачиваемое на них время, является утопичным. В этом случае, возможно, всё превратилось бы в математически выверенную модель, лишенную эмоций, отняв у моды ту неотъемлемую ауру мечты, которую нам дают дефиле и ожидание желаемого предмета. Как на Ваш взгляд изменился мужчина Dior за годы Вашей работы в качестве арт-директора? В первую очередь это не один мужчина, это много

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разных лиц. И этим я очень горжусь. Поскольку модный дом Dior — это изначально женский мир, мужчине должно было быть отведено очень небольшое пространство. Нам же удалось создать целый мир для разных типов мужчин: предпочитающих классический стиль; людей из мира искусства; представителей буржуазии; студентов; придерживающихся альтернативных взглядов. И все они могут сосуществовать, так как за годы нашей работы мы пришли к пониманию идеи, которую хотим донести. И теперь наш мужчина в дефиле может спокойно пройтись со скейтбордом в руках, не нарушая этим главных эстетических принципов модного дома. Dior — это французский модный домом со штаб-квартирой в Париже, имеющий клиентов во всем мире. А это означает, что его клиенты-мужчины принадлежат к различным типам и имеют различное видение того, что значит ощущать себя мужчиной. Мы придерживаемся непредубежденных взглядов на мужской гардероб... Я не люблю изолированных сообществ, а предпочитаю взаимное обогащение впечатлениями и идеями, в котором рождается только позитивная энергия. Говоря о границах и преградах, что Вы думаете о феномене genderless? Я думаю, что ничего нового здесь нет. Этим вопросом мода уже занималась в прошлом, уже был проведен его анализ. Вчера речь шла об андрогинности, затем о четвертом роде, потом о метросексуалах, а сегодня о бесполости. Если эти размышления представляют интерес с социальной и эстетической точек зрения, тогда они полезны. Но если это лишь пустое обсуждение с единственной целью напустить туману в глаза клиентам, тогда оно меня не интересует. И то, что я вижу на сегодняшний момент, мне кажется, развивается по второму сценарию. Я люблю мужскую моду за существующие в ней ограничения, ее правила и законы. Мне нравится, когда есть ограничения, которые становятся стимулом для их преодоления и устранения. Но я предпочитаю, чтобы мужчины оставались мужчинами... Это тоже вопрос свободы. Каждый из нас свободен и должен обладать свободой быть тем, чем хочет, без обязательного приклеивания ярлыка genderless. В противном случае он снова станет частью гетто. А это никогда не приводит к хорошим результатам. MARCELO BURLON COUNTY OF MILAN - Марсело Бурлон Автор текста: Стефано Ронкато. Фотограф: Лука Кампри «Сегодня ужин с аргентинцами. Разговоры только на испанском». Более дружескую и праздничную атмосферу трудно себе представить. Звонит домофон, кто-то пришел помочь на кухне. С любовью и улыбкой на лице. Марсело Бурлон и его «casita», или «домик» в переводе с испанского — языка, на котором всё становится мягче. Тихая гавань для друзей, которые чувствуют себя здесь как дома. Хорошая музыка, стихший шум за окном, отсутствие обуви, освещенная солнцем терраса. Из окон открывается вид на крыши Милана — города, который фигурирует и в названии бренда — County of Milan, основанного Марсело Бурлоном в 2013 году. Идеальное место, чтобы запечатлеть моменты с дорогими его сердцу людьми на фото, чтобы рассказать реальную историю жизни, которая стала предметом изучения и анализа студентов даже в престижных университетах. Из Патагонии в Боккони — подходящее начало для торжественной презентации. На самом деле эта история, обезоруживающая своей простотой, основа на дружбе. Естественном сближении людей, у которых зачастую обнаруживались таланты в самых разных областях. Смешении увлечений. Личностном и профессиональном росте. Трудно разъединить то, что так хорошо амальгамировалось. «Я не стилист, а креативный директор. Я объединяю людей», — объясняет сам Бурлон, «пионер-многостаночник», как он часто себя называет. Аргентинец по месту рождения, миланец по собственному выбору, с легкостью переключающийся с клубной жизни на мир журнальных изданий, стайлинга, музыки и моды, выпускающий собственную линию одежды, ставшую хитом продаж и раскрывающую его творческое ДНК. Эксперт в мире социальных сетей, влюбленный в его эстетику, звук и жизнь. Слияние богемы и виртуальной паутины, которое находит отражение в простой истине. «Когда ты становишься ближе к народу, всё в корне меняется». ПОДВЕДЕМ ПЕРВЫЕ ИТОГИ? Я был в некотором роде «пионероммногостаночником», как меня назвали в New York Times. Редакция, стайлинг, диджейство, организация мероприятий. Я много лет работал со стилистами, продвигая бренды других людей. Весь этот опыт я использовал в County of Milan. Вот уже двадцать лет я работаю в клубах, 18 из них — здесь, в Милане, где я начал в Magazzini Generali. В то время этот клуб был главным трендсеттером в области моды и дизайна. Я был лицом этого клуба. Там же я начал налаживать связи. КАК ИЗМЕНИЛАСЬ МОДА? Я вырос на таких марках, как Jean Paul Gaultier, Margiela и Helmut Lang. Стилистах, которые всегда вкладывали в моду глубокий смысл, концептуальных и выдающихся дизайнерах. Поэтому именно к такой моде — неординарной, выходящей за привычные рамки и схемы, — я питаю особую слабость. Позднее я начал сотрудничать со стилистами, знакомить их со своим миром, своей музыкой и видением событий. И всё это — еще до социальных сетей, можно сказать, в преддверии их появления. Раньше самым эффективным и быстрым способом донести идею до определенного круга лиц считались клубные вечеринки. КАК БЫ ВЫ СЕБЯ ОХАРАКТЕРИЗОВАЛИ? Независимый человек, который никогда не шел на компромисс, чтобы рассказать другим о своих идеалах с помощью футболки, диска или фотосъемки. Я всегда делал то, что хотел, даже если для этого мне приходилось идти против системы, общества или целого Милана. Во время этой фотосъемки Вы стоите в окружении важных для Вас людей... Каждый вкладывает частицу себя. Сила не только в единстве, но и в способности идентифицировать себя с группой. Тот, кто покупает мои футболки, приходил на мои вечеринки. Люди хотят и стремятся стать частью чего-то большего. Ты участвуешь в моей жизни, становишься членом группы, даже если мы лично не знакомы. Нас объединяет общее эстетическое восприятие. Существуют отношения, которые ты устанавливаешь с другими людьми в своем естественном стремлении к общению. Например, у рэппера Fedez, моего хорошего друга, миллионы последователей в социальных сетях. А у Паоло Фарчика нет даже iPhone. А о чем Вы разговариваете с Россаной Орланди? Об Аргентине, о Патагонии. О детях, обо всем, кроме работы, о том, как мы хорошо к друг другу относимся. С ней я становлюсь эмоциональным. Никогда бы не подумал. За эти годы у Вас появилось много талантливых друзей... Так получилось, что нас что-то объединяет, какие-то вещи, исторические моменты. Мы выросли вместе не только профессионально, но и в личностном плане. Нас крепко связывает дружба. На ум приходит Эдвард (Бьюкенен, креативный директор Sansovino 6, примечание редакции), полностью заслуживший свой успех. Леа (T, примечание редакции) — не только манекенщица, но и модель для подражания. Она занимается важным делом. Леа подтолкнула многих людей, рассматривавших транссексуализм как нечто противоестественное, к его переосмыслению. Она проявила силу духа. Я гулял с ней по улицам СанПаулу, и все — от мала до велика — выражали ей свою благодарность. Своей историей она открыла мир.

Макс Иотти, великолепный арт-директор, работающий с ведущими международными брендами. Илария Норса, которая была моей ассистенткой, а сейчас отвечает за стайлинг моих показов. Ада Кокосар, которая знает меня дольше всех. Мы знакомы с тех пор, когда она работала стилистом МТВ, а я занимался PR в Nose (Fornarina). Fashion-блогер Кьяра Биази, выделяющаяся на фоне других своим оригинальным стилем и пытающаяся сделать материал как можно более интересным. Микеле Ламанна, который всегда работал на входе на мои вечеринки вместе с Паоло Фарчиком и стал превосходным 3D-художником. Франко Гобби, парикмахер-стилист глянцевых журналов и модных показов, или Джанлуиджи Гаргаро, парикмахер Дома Armani. Адриан Аппиолаза, мой аргентинский друг, создававший эскизы в Miu Miu и Louis Vuitton с Марком Якобсом, а сейчас работающий в Loewe. Как появился бренд County of Milan? Поскольку я в первую очередь диджей, во всем мире люди приходили послушать мои сеты. Им было интересно, и они приходили, чтобы узнать меня получше. С помощью социальных медиа я создал свою мощную международную сеть контактов. Я хотел рассказать свою историю с помощью графики, марки футболок. Это был проект, как любой другой. Всё получилось само собой, никто над ним специально не сидел, не раздумывал. Потом благодаря «сарафанному радио» среди байеров проект превратился в рыночный «кейс». Реальный практический пример, который изучают даже в дипломных работах. Меня приглашают с выступлениями в университеты, такие как Боккони. Джорджо ди Сальво, мой графический дизайнер, стал тем человеком, который воплотил мою идею в жизнь. В поисках материалов я окопался в библиотеках и музеях Аргентины. Ему же удалось придать графическую форму тому, что меня вдохновляло. Это природа. Животные силы. Эзотерические символы коренных жителей Патагонии. Символы, ассоциирующиеся с рейвом и клубными вечеринками. Все эти элементы являются неотъемлемой частью моей жизни. А кто придумал название бренда? Идея названия County of Milan принадлежит Максу Иотти. Макс искал информацию о русских шпионах, КГБ и нашел письма и документы, в которых упоминалось это имя. Сначала бренд назывался Marcelo Burlon enterprise. Enteprise — как огромный корабль, следующий по курсу событий и стайлинга и ведущий свой блог. Под названием было написано «Office of the director» («Кабинет директора»). Но я ведь был один, как русский шпион... Тем не менее мне хотелось рассказать о том, что красивого есть в Милане, городе, который стал моим домом, позволил выразить себя как личность и человек. Что Вы испытывали во время первого показа? На самом деле я был спокоен. Модный показ — это праздник. Со всего мира съезжаются друзья, чтобы принять участие в дефиле, помочь с его подготовкой, с музыкой. Каждые шесть месяцев ты встречаешься с друзьями, которым есть, чем с тобой поделиться. Вы часто упоминаете имена тех, кто Вам близок... Это командная работа. У бренда мое имя и лицо, но он состоит из множества различных элементов. Это и мои компаньоны, Клаудио Антоньоли и Давиде Де Джильо. Без их помощи я по-прежнему выпускал бы всего пару-тройку футболок. Они дали мне структуру, коммерческую и производственную, предоставили в распоряжение этой компании свои профессиональные знания. Вы довольны? Я очень счастлив, отчасти потому, что и сам того не ожидал. Начиная с поддержки прессы и байеров до ажиотажа и товарооборота в наших магазинах. Я приезжаю в Неаполь, а там меня останавливают обычные люди, простой народ, например, бариста. А когда ты становишься ближе к народу, всё в корне меняется. В чем же секрет? Всем понятна и знакома моя история, именно поэтому она так нравится людям. Они сопереживают мне. Я аргентинец, родился в Патагонии в эпоху военных репрессий. Мой отец — итальянец, мама — аргентинка, но с ливанскими корнями. Он работал токарем, у нее было свое туристическое агентство. В 90-х годах они решили уехать из Аргентины и начать с нуля в Италии, чтобы обеспечить достойное будущее мне и моему брату Джанни, поскольку экономическая ситуация стремительно ухудшалась. Здесь я закончил третий класс средней школы и тоже устроился рабочим, а в 16 лет начал играть в ночных клубах. Сперва в Риччоне, куда все мы приезжали в те годы. Затем в Милане, куда я перебрался в 1998 году. На самом деле я уже в восемь лет устраивал показы во дворе дома своей подруги в Патагонии и гаражные вечеринки в Аргентине. Что-то назревало уже тогда. Вы считаете себя стилистом? Нет, я не стилист и не работаю им. У меня нет для этого специального образования. Я креативный директор, я объединяю людей. Вы когда-нибудь брали реванш? Когда три года тому назад коллекция впервые была представлена в шоу-руме, кто-то обклеил Милан несколькими фотографиями из лукбука, без графики, но с надписью «Marcelo Burlon ha rotto il cazzo» («Марсело Бурлон достал»). И что же сделал я? Футболку и подарил ее всем своим друзьям. На этом примере прекрасно видно мышление людей, которые терпеть не могут, когда ты делаешь что-то нестандартное. Я им отвечаю и зарабатываю на этом. Меняют ли людей деньги? Они улучшают уровень качества жизни. Если вы человек последовательный, со здоровыми принципами, деньги не могут вас изменить. Мне нравится ими делиться. Мой дом, мой «casita», ферма Hacia El Sur, которую я строю в Аргентине, — всем этим я делюсь с друзьями. Я также продолжу работу над благотворительными проектами, например, SOS Villaggi dei Bambini ONLUS, для строительства школ в нуждающихся странах. Ваша мечта? Завести детей с моим любимым человеком, Мануэлем, и вернуться в Аргентину, чтобы растить их на бескрайних землях моей Патагонии. Нужны ли сегодня социальные сети? Они были нужны и вчера. Именно с их помощью я начал организовывать мероприятия. Социальные сети занимают центральное место в моей работе. Сегодня ситуация несколько изменилась, потому что компании осознали значимость социальных сетей для продвижения своей продукции. Они платят блогерам. Директора компаний хотят разобраться в стратегии. Но никакой стратегии нет, я просто живу. В чем секрет? Всё, что я делал, было абсолютно естественным. Я не стилист, а человек, как и все другие. Человек, который, однако, стал маркой. Fendi — Сильвия Вентурини-Фенди Интервью: Стефано Ронкато. Фото: Паоло Фикера и Даниэла Ла Мальфа Общаться с Сильвией Вентурини-Фенди невероятно интересно. Знаешь, с чего следует начать, но затем любопытство берет верх. И тебя затягивает в водоворот мыслей, появляется стремление взглянуть на мир ее глазами. Глазами человека, создавшего культовые предметы моды, работавшего бок о бок с Карлом Лагерфельдом и положившего начало новой эре развития бренда Fendi. «2015 год стал для нас важным рубежом, обозначившим начало пути в новое будущее», — заявила г-жа Фенди несколько месяцев назад. Сегодня, после длинной череды звездных моментов Fendi, которыми был усеян весь прошедший год, внимание публики приковано к растущему успеху мужской линии, творческой душой которой является Сильвия Вентурини-Фенди, руководящая

также разработкой коллекций женских и детских аксессуаров. Это слияние традиций и инноваций с несколько ироничным подходом и разрушением ментальных барьеров, что стало модно в наши дни, но уже давно является отличительной чертой Дома моды. На архивной фотографии запечатлена первая коллекция, созданная для римского Дома моды К. Лагерфельдом. В этом показе приняла участие и Сильвия Вентурини-Фенди, в ту пору еще трехлетняя малышка. «Мужчина, женщина и ребенок в одинаковой одежде. Три копии. Это было началом эры равноправия полов». Как Вы воспринимаете этот звездный час мужской линии? Я очень довольна тем, как прошел показ, и самой стремительно развивающейся мужской линией Fendi. Я более чем удовлетворена персоналом, который с нами сотрудничает, и местом, которое мы занимаем в самых известных бутиках. Мужская линия создавалась постепенно, и новая коллекция дала ей мощный импульс. Мы не размещали рекламу, сами клиенты прославили ее. Это может стать новым способом общения. Как бы Вы определили суть мужской линии Вашего бренда? Она отражает и уважает историю фирмы. Мы всегда были прогрессивными, не отказываясь при этом от традиций, но и не делая упор на остро-модные тенденции. Наш бренд никогда не был «клёвым», я не приемлю этого слова. Изысканная мужская коллекция предполагает использование материалов исключительного качества и передовых техник. Это одежда для мужчин эклектичных, свободных духом, с открытым менталитетом, но, в то же время, строгих. Это сложная в исполнении коллекция, которая не терпит однобокости. Своего рода игра в равновесие. Я не могу дать ей однозначное определение. В нее органично вписываются элементы нормальной, повседневной жизни, возведенные в высшую степень. В коллекции представлены предметы гардероба для дома и выхода в свет, навеянные повседневностью (халат, пижама и т. п.), удобная, но стильная трикотажная одежда. С течением времени бренд затронули перемены… Раньше царила вседозволенность. В ходе развития Fendi мы четко определили наше видение мужской линии и усилили его в неизменно ярких коллекциях. Мы решили рискнуть и внедрить множество изменений: перестали устраивать показы, нашли альтернативные варианты представления, такие, как короткометражный фильм, ставший настоящим экспериментом. Сегодня мне нравится, что развитие бренда окутано флером загадки. В Интернете можно легко найти сведения о нас, а в частных клубах уже говорят о том, что Fendi выпустили мужскую линию. Публика заявляет об успехе нашего творения, а мы лишь следуем за ней. Что служит источником вдохновения для Вас? Я — женщина, которая зачастую облачается в мужскую одежду. Сегодня много говорят о том, что мужчины крадут моду у женщин. Мне доводится исходить из принципов, которым бы следовала я сама. Я экспериментирую, но жажду функциональности, работаю над объемами, исхожу из конкретного аксессуара, обдумываю дизайн. Я желаю многое, поэтому рассматриваю всё. Мужчина Fendi живет не наяву, а в моем воображении, и я стараюсь представить себе его образ жизни и занятия, задаю себе вопросы и получаю на них ответы. Я не исхожу из необходимости создания модного тренда, некоторые элементы навеяны повседневностью. К примеру, источником вдохновения для новой коллекции послужила домашняя одежда. Всем нам нравится принимать дома друзей. Что Вы думаете о гендерной идентичности, о которой так много говорят? Я считаю, что это замечательно. Разделяя предметы на предназначенные лишь для мужчин или лишь для женщин, мы сильно ограничиваем мировоззрение. К примеру, сорочка — это сорочка. Мне нравится отсутствие определенности и стиль унисекс, который очень точно отражает современность. Эта полная свобода не предусматривает разделения на категории, что мне не свойственно. Разрушать барьеры — это прекрасно. В детстве меня никогда не одевали в розовое, и это позволило мне развить открытость мировоззрения. Спасибо, мама. Ужасаюсь логике людей, которые растят девочек в окружении кукол, а мальчиков заставляют играть с солдатиками. В свое время Вы уже нарушали правила, одевая Гюнтера Сакса в меха. Сегодня это уже никого не шокирует... Мы всегда изобретали эксцентричные вещи, опережающие время. Fendi был точкой притяжения для экспериментаторов. На знаменитой фотографии я запечатлена в возрасте трех лет. Это был сезон осеньзима 1967/68, первая коллекция, созданная Карлом Лагерфельдом для Fendi. На фото — мужчина, женщина и девочка, одетые совершенно одинаково, три копии. Это было началом эры равноправия полов. Все началось с него, Карла, который всегда был очень важен в этой роли. Выходя за рамки. Не испытывая страха. Двигаясь к цели. Такие слова, как «клёвый», Вам не нравятся... Терпеть их не могу. Все красивое останется таковым и через двадцать лет. Следует принимать вызов, который тебе бросает время. «Клёвая» вещь актуальна лишь в определенный момент, тогда как следует создавать эмоции вне времени. Именно по этой причине я работаю с простыми формами и материалами высочайшего качества, а также применяю классические или авангардные способы обработки, чтобы сохранить равновесие. Как зародилась концепция современного мужчины? В наши дни многие стилисты-мужчины, в особенности восточные, стали гораздо более открытыми и свободными по сравнению с нами. Именно они вновь сделали акцент на мужском облике. Возможно, у них меньше предубеждений в отношении цветов, больше желания дерзать, возможно, у них нет традиции индивидуального пошива одежды. Они внесли оживление в ряды западных стилистов, подтолкнули нас к более свободному самовыражению. Каким Вы видите взрыв популярности аксессуаров? Я была приятно удивлена невероятным успехом модели сумки Peekaboo, созданной для мужчин. Это очередное доказательство тому, что предметы женского обихода могут использоваться мужчинами, и наоборот. Мне вспоминается один мой друг, писатель, который приобрел сумку Baguette, чтобы подарить ее подруге. Он признался: «Я держу эту сумку на письменном столе, в ней прекрасно помещаются все предметы, необходимые мне для работы. Я просто не смог подарить ее, она прекрасна». Мария Грация Кьюри и Пьерпаоло Пиччоли для Valentino. Алессандро Микеле для Gucci. Джамбаттиста Валли. Марко Де Виченцо. Фрида Джаннини. Все они притягивались к Вам, в определенном смысле все они — «дети» Fendi? Мы олицетворяем римскую школу, которая в свое время уделяла значительное внимание искусству. В Fendi прошли крещение и подготовку многие дизайнеры, и я говорю об этом с гордостью. Я счастлива, когда вижу их успехи. В Риме находятся штаб-квартиры трех домов моды, которые завоевывают все большую известность. Это крупные бренды с сильным руководством, находящиеся в постоянном развитии. Мы принадлежим к разным группам, но очень дружны между собой, поскольку нас объединяет общая цель. Это своего рода творческая алхимия. Эта творческая волна оказала позитивное влияние и на показы в Милане? Да, мне нравится это волнение, которое также весьма стимулирует международную прессу. В целом, город может предлагать множество культурных событий и вечеров, но то, что для этого нужно, — это красивые,

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творческие коллекции, отражающие личность их создателя, не одинаковые и не равно-безликие. Создается впечатление, что в социальных сетях также ценятся характер и личность. Среди наиболее популярных публикаций «монстры Fendi» с пронизывающим взглядом. Как родился этот аксессуар? Мы с Карлом работали над яркой частью коллекции, содержащей множество разноцветных мехов. Незадолго до этого я побывала в Бразилии, и в глазах все еще мелькали невероятные расцветки экзотических птиц, попугаев, которых коллекционирует одна моя подруга. По возвращении мы создали эскиз маленького попугайчика, который вскоре превратился в некого экзотического монстра. Так родилась коллекция аксессуаров для сумок Bag bugs, которые все называют «монстры Fendi». Мы тотчас же осознали, что эти забавные меховые существа очень понравились публике. Они способны развеселить, как терапевтические мультфильмы. Мода также должна вносить нотку беззаботности в нашу жизнь. Что Вы думаете о тенденции «see now buy now» (приобретения элементов коллекции сразу же после показа)? Я считаю, что это очень интересная концепция, и, возможно, необходимо также пересмотреть ход показа. При демонстрации коллекции весна-лето 2016 мы провели эксперимент, выставив на продажу в нашем бутике на Виа Монтенаполеоне пятьдесят сумок модели Strap you на следующий же день после показа. Результат был ошеломляющим: все сумки кросс-боди были проданы в течение нескольких дней. Возможно ли организовать совместный показ мужской и женской коллекций Fendi? Они дополняют друг друга. Я выросла с таким учителем, как Карл. А Пьетро (Пьетро Беккари, Президент и Генеральный директор бренда Fendi) является частью нашей невероятной команды. Нам хорошо знаком дух Fendi, Дом моды не стоит на месте, коллекции находятся в постоянном развитии и нравятся публике. В кулуарах показа мужской коллекции я видела многих женщин, которые с огромным интересом рассматривали мужскую одежду. Но не будем слишком активно об этом распространяться... Louis Vuitton by Kim Jones Автор текста: Стефано Ронкато. Фотограф: Матьё Дортом. Ким Джонс и пять лет на посту руководителя мужской линии знаменитого модного бренда Louis Vuitton, развитие которого обусловлено культурным наследием и тенденциями будущего. Элитного Дома моды, сама суть которого неразрывно связана с путешествиями. Он, дизайнер, художественный директор мужских коллекций LVMH, повествует об этом этапе своей жизни, набрасывая эскиз своего жизненного пути, делясь воспоминаниями и моментами вдохновения, рассказывая о своих увлечениях и мечте. Каков итог этих пяти лет, проведенных в Доме моды Louis Vuitton? После окончания колледжа я сразу же отправился в Париж, где создал несколько принтов по заказу руководителя мужской линии Louis Vuitton. В ту пору это показалось мне чем-то фантастическим, и я сразу же понял, что именно этим хочу заниматься. Спустя десять лет я снова здесь. Я всегда был волен дать полет своему воображению и работать в точности так, как мне хотелось. Каков наиболее яркий момент, пережитый Вами? Самый прекрасный момент — это всегда последний показ, до тех пор, пока не начнется следующий. В целом я бы сказал, что ярчайшим воспоминанием стал мой самый первый показ в этом Доме моды. Коллекция Masai была очень личной. Она вобрала в себя всю мою жизнь: мои первые годы в Африке и глубокую привязанность к этому континенту, ставшему для меня неиссякаемым источником вдохновения, мою страсть к путешествиям, видение изысканности Louis Vuitton, открытие уникального ноу-хау, которым славится этот бренд, и его потрясающих архивов. Кто является Вашими кумирами? К счастью, я даже имел честь познакомиться с некоторыми из них. Могу назвать лишь несколько имен: сэр Дэвид Аттенборо, Дэвид Боуи, Джорджо Мородер, Найл Роджерс и Ли Бауэри. Что олицетворяет для Вас Дом моды сегодня? История Louis Vuitton неразрывно связана с путешествиями, которыми я также очень увлечен. Мне нравится странствовать по свету и наблюдать за людьми. Я повидал весь мир: от Арктики до дождевых лесов Амазонии, от Шотландии до Китая, а также практически всю Африку. Мое детство прошло в Эфиопии, Кении и Ботсване, там я чувствую себя как дома и возвращаюсь туда как минимум раз в год для подзарядки. Страсть к путешествиям у англичан в крови. Что из себя представляют элементы мужских коллекций? Это универсальные предметы гардероба, которые мужчины могут носить в формальных и неформальных ситуациях. Элегантная и в то же время практичная одежда, позволяющая им почувствовать свою неповторимость. С моей точки зрения, в этом заключается будущее мужской одежды. Что Вам больше всего запомнилось за время работы? Несомненно, это мое появление в Доме моды. В течение двадцати дней, предшествующих моему вступлению в должность в компании Louis Vuitton, я был занят исследованиями. Перед переездом я отправил 40 коробок материалов в свой новый офис. Первый день я провел за их распаковкой, а в течение второго дня общался с командой, поскольку в нашем распоряжении было всего два с половиной месяца для подготовки показа. На мой вопрос, достаточно ли им информации, сотрудники ответили, что им никогда не предоставляли сведения в таких количествах. Что значит работать в крупном международном концерне? Можно быть стильными и прогрессивными, не оставляя при этом без внимания коммерческий аспект дела. С чего Вы начинаете разработку коллекции? Где черпаете вдохновение? По натуре я коллекционер и собираю всё подряд. Я постоянно наблюдаю, охватываю профессиональным взглядом, как будто запечатлевая на фото, всё накапливаю и ассимилирую. Я черпаю вдохновение в окружающем нас мире, творческий человек должен лично ко всему прикоснуться. Я хочу увидеть всё, что существует на нашей планете. Какие изменения претерпела роль стилиста? Взглянув на современную моду, убеждаешься, как велико влияние, оказываемое на нее улицей. Ты должен видеть, что происходит в действительности, как ведут себя люди, как они делают покупки, видеть магазины, музеи, пейзажи. Лишь так ты сможешь дать потребителю нечто особенное, настоящее и отличающееся от продукции, предлагаемой конкурентами. Существует ли барьер между творчеством и бизнесом? Должен ли дизайнер обладать деловой хваткой? Я не думаю, что коммерческие навыки являют собой некий компромисс. Это скорее дань реальности, поскольку для нас жизненно важно отвечать потребностям клиентов. Именно по этой причине исследования и разработки в сфере текстиля становятся всё важнее из года в год. К счастью, я люблю свою работу, и мой образ жизни идеально соответствует принципам Дома моды. Страсть к путешествиям заложена во мне природой, и я считаю себя очень удачливым человеком, поскольку могу странствовать по миру, восхищаться его многообразием и встречаться с невероятными людьми, подпитывающими мое вдохновение, которое выливается в создание каждой новой коллекции. Как протекает Ваш творческий процесс? С кем Вы работаете? Я люблю свою команду, мы работаем вместе с моего

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первого дня в Louis Vuitton. Они меня понимают и стараются путешествовать со мной как можно больше, что очень важно, поскольку это помогает непосредственно почувствовать рынок и лично познакомиться с клиентами. Как бы Вы описали истоки создания коллекции, показ которой недавно состоялся? Это дань уважения Парижу, «Городу света». После многочисленных путешествий, послуживших источником вдохновения, я пожелал отдать дань уважения Парижу и его творческой энергии посредством аллюзии на экстравагантную жизнь барона Де Реде, знаменитого персонажа середины ХХ века. В наше время на сцену вышло множество молодых и перспективных французских модных брендов, которые являются частью интересной и живой субкультуры. После ужасных терактов, произошедших в ноябре прошлого года, мне показалось важным прославить парижскую элегантность. У Вас есть талисман? Какого-то особенного амулета у меня нет. Хотя, возможно, это мое первое покрывало племени масаи, которое я храню еще со времен детства, проведенного в Африке. Это покрывало вдохновило меня на создание первой коллекции для Louis Vuitton. Как Вы себя видите в далеком будущем? После ухода на пенсию мне бы хотелось жить как Карен Бликсен — на ферме в Африке или Новой Зеландии, в окружении диких животных.

中文 迪奥·桀傲 - Kris Van Assche 采访:Giampietro Baudo和Stefano Roncato 摄影:Willy Vanderperre “这一季可谓是个转折点……前一个系列是对中产阶级的馈赠,对阳光和 鲜花的礼赞。最新的系列则是暗色系的,带有新浪潮的风范。而我必须说 我很喜欢这一系列,因为这意味着新的历史的开端。”Kris Van Assche 似乎在他快满40岁的时候(下一个5月12日便是他的生日)发现了新的自 由。关乎审美和思想。在他担纲迪奥·桀傲男装创意总监的近十年中得以 成熟。自2007年4月接替Hedi Slimane以来的岁月总是忙碌紧凑的,作为 Slimane助理的他曾在伊夫圣罗兰工作,又随之来到迪奥。10年里他建立 了在路威酩轩旗下的个人品牌,并赋予其新的灵魂。实用主义的简洁风格 来自他的成长经历以及在安特卫普皇家艺术学院的学习。 “为了获得灵感,我常从观察街头的人们的穿着入手……我认为我们比 利时设计师的一个特点就是对现实拥有强烈的认知,始终在幻想的服饰 和真正可供穿着的服饰间寻求平衡。”他正以这样的特质完成自己的小 小革命。 为何选择现在来迈出新的一步? 这么说吧,因为我进入了生命中的特殊时刻……迄今为止我一直同时为迪 奥·桀傲男装和自己的品牌工作。这一直都是创造和演进的过程。在上 一季我试图完成对于如何定义当代奢华的反思,这是一个我试图对如迪奥 这样重要的品牌提出的问题,因其拥有深厚的高级定制背景以及重要的 男装部门。这个问题的提出也因为考虑到快餐时尚品牌以及时尚体系的所 有周边现象。如今的一切都以高速行进,在走秀结束的同时,就可以被 所有人享用。一个令人信服的构思可在短短数周内遍布大型连锁店。而 为了购买迪奥·桀傲男装,每位客户则需要等待六个月……是什么促使 人们甘愿等待? 对这个问题您找到了哪些答案? 迪奥是工作室模式的品牌,提供高品质的手工制作,并在作品和布料上投 入大量的研究……在过去的几季中我致力于进行所有这些工作:从而建立 一种叙事。如今一切都已清晰,是时候回到时尚本身,回到这个用大写的 F开头的单词了。 那么对您来说,时尚意味着什么? 是社会和审美层面的宣言。是转化为物件的对今日的反思。例如,在当下 的时刻,我认为没有太多理由来保持无条件的乐观主义。在前几季,我描 绘了去采摘鲜花、去歌剧院作乐的男性。而如今的感受则转向暗色调;有 些事情变了,尤其是对于一个在法国、在巴黎工作的设计师而言,这是一 个包含着相当负面性的特殊时刻。我相信今天需要持更激进的态度,时尚 也应当更加激进,因为世界变得更加激进了。时尚必须是社会的宣言! 怎样开始设计一个系列? 我从一个念头开始,可以来自一张照片,一段音乐录像,或仅仅是旅行、 度假的一些回忆。或者是来源于对我衣橱中没有的物件的渴望……我将之 称为我的个人订单(速递)。然后我开始和一个创意工坊内的所有人一起 工作。我很幸运地在家里拥有一个工作室,在很短的时间里就可以马上获 得具体的构思来实现一个想法。 这一季设计的起点是什么? 黑色,我想要许多黑色……我开始着手于时装秀的一刻就明确了这个想 法……这也是我首次真正脱离自己的设计印象来为迪奥·桀傲男装进行创 作的一季。之前我总是带着两个想象的概念,认为Kris Van Assche拥有 年轻的灵魂,而迪奥·桀傲男装则更为成熟。如今我把所有的能量都放到 一个设计中,我的言行都更为自由,可以说是从心所欲……这是我对自己 最满意的设计系列之一。 克里斯汀·迪奥先生的衣橱里有些什么? 这一季不再以他为起点。过去以他的风格为参照,须知迪奥本身从未设计 过男装。因此参照的对象是他的个人世界和衣饰。这样的过程强化了一种 视角,在这一季得到格外的肯定和张扬,即对迪奥·桀傲男装我们也可以 讨论街头文化了。向迪奥致敬,同时不扰乱品牌固有的审美法则。他的精 神无处不在……在这一场秀里,有四件花卉图案的衣服脱胎于我从品牌历 史档藏里寻获的布料。那是一块丝绸,我则用运动风格的新科技棉布面料 对之仿制。这一系列中总有些高级定制的影子。 对您的设计而言,品牌的历史档藏有怎样的重要性?您如何将自己的过往 和品牌的过往相联系? 我对品牌的历史档藏了然于心,我热爱品牌的历史。每次我进入那个世 界,就希望看到一些自己尚不了解、还未看过的东西。我喜欢对迪奥先生 的私人经历好奇探寻,来获得偶然触发的暗示和灵感。例如当我们发现了 他的一些信件时,就从他的签名和字体出发,来创作装饰图案。不过这一 季我并没有去档藏中寻找灵感。 如果现在您要界定迪奥·桀傲男装,会使用哪些词汇? 当代性。我设计的衣服并不属于未来主义。我喜欢思考怀旧范畴之外的 那些东西,探索属于今天的时尚密码,进行当下的解读。许多时装品牌 在一些时刻比如现在,都尝试将顾客引入一个令人愉悦的过往年代。而 我则期待发生在现实的、在当下的日常生活中的事情!我爱说是当下给 了我灵感。 当下的现实和重要的过往,但使用一种和怀旧无关的方式…… 我喜欢过去,那些真实而重要的过去,但我并不喜欢观察我自己的过往设 计。在巴黎的郊区我有一个保存所有东西的仓库,但我都不知道怎样才能 去那儿。我不喜欢观察自己的过去,我只会不断挑出错误。我更倾向于记 忆,以及记忆所唤起的正面情绪。我不是一个怀旧者,我希望将自我投射 到当下和不远的将来。 那么您希望您的男装设计在未来具有怎样的前景? 我希望使之适应现实。我希望经典的元素少一些,而与时尚的联系更紧密 些。我希望相比于过去能够更具娱乐性。我希望能够和手工技艺建立更强 烈的纽带。我希望能够持续和品牌的工作室及其设计理念对话。从而确立 对现代性的新认知。 您的谈话中经常提到高级定制这个词……对您来说,这个方面有多重 要,而迪奥·桀傲男装的工作室在怎样的程度上帮助您建立了现在的时 尚王国? 首先,我想说我并不从事高级定制,而是负责迪奥·桀傲男装这个品牌的 高档成衣部门。对手工制作的极致追求是这个时尚王国的特点,并使之 区别于街头品牌。在这里,即便是一条牛仔裤,也是经过手工染色和缝制 的,如同对待定制西服那样。这是我们所叙述的历史的最根本部分。然后 才有了工作室。一片由十来个终日在缝纫机后工作的人们和十来个手工裁 缝构建的天地。一个和女人的世界密切相关的小团队,用如同珍宝的双手 让我即便是最荒诞的构思也能变为现实。 问一个一直以来很突出的问题,如何看待如今占主导的随看随买(see now buy now)模式…… 对于这个问题我还没有形成确切的看法。我相信每个有关的决定都是策略经营性的,而不仅仅基于简单的创意和设计。将要发生的是时尚体系内的 又一场演变/革命,如同过去发生的许多次那样。不过我觉得期望在维持欧 洲的制造和创作规则之余缩短时间进程的想法有些乌托邦。可能所有的一 切都会变得过于算计而缺乏情感,把从时装秀订购以及对物件的等待这些 梦幻的过程从时尚中剥离开来。 您怎样看待迪奥男装在您担任创意总监的过程中所经历的变化? 首先这不再仅仅涉及男装,而是涵盖了一系列多重形象。为此我十分自 豪。因为迪奥作为女装领域根基最为深厚的品牌,男装本应当局限于小小 的天地。而我们却成功地为之开拓了广阔的宇宙,容纳了许多不同类型的 男装。经典款。艺术家气质。中产阶级风格。学生装。休闲装。所有这些 都可以共存,因为我们在过去的几年内共同巩固了一个理念,一个精确的 信息。让我们如今能够在走秀场景中引入滑板主题,而不违背品牌的审美 基调。迪奥是一个法国巴黎的时尚品牌,在全世界都拥有顾客。不同类型 的男人,和不同的作为男人的方式指的是什么?我们设计的根本思路便是 开阔的视野……我没有门户之见,而是推崇交流感觉和想法,从中必然会 产生一些积极的东西。 说到屏障和界限,您对中性现象的看法是什么? 我认为这是陈词滥调,是时尚界早已经历过和分析过的讨论。曾经推出的 概念包括雌雄同体,之后是第四性,都市花美男,如今则轮到无性别。如 果是审美和社会层面上的有趣的思考,那么就是积极的。但如果只停留在 讨论的层面用来迷惑顾客的眼睛,我可不感兴趣。目前为止我所看到的似 乎更倾向于后者。我热爱男装的紧束感、规范感和独特的编码法则。我喜

欢一些界限的存在,能够成为颠覆和打破的对象。但我认为男孩就该是男 孩……这涉及到自由。每个人都有自由也必须自由地以自己期望的方式生 活,不必给自己贴上无性别的标签。否则就会在一个小圈子里固步自封。 这可并不是什么好事。 MARCELO BURLON 的 COUNTY OF MILAN Marcelo Burlon 撰文:Stefano Roncato。图片:Luca Campri “今晚跟阿根廷人共聚晚餐,只讲西班牙语。”气氛比你能想象的更欢 乐。门铃响了,有人要来做饭。怀着爱,面带微笑。Marcelo Burlon 和他的小屋,或者说小房子,这位西班牙男子让一切都变得甜美。对朋友 们而言这里是一个温暖港湾,让人宾至如归。曼妙的音乐,隔绝了外界 的烦嚣,赤足行走,阳台上洒着一点阳光。小屋面朝米兰老城的连绵屋 顶,“米兰”这个词也出现在他的品牌里: County of Milan,诞生于 2013年。对他来说,这里是拍摄特别人物的理想地点。他要讲述的故事已 经成为历史事件,名门学府研究对象,可以煞有介事地说:从巴塔哥尼亚 大学到博科尼大学。事实上,故事只是建立在友谊之上,毫无戒备,自然 而然。天然人格魅力,常常在不同的领域里发挥才华。这是热情的碰撞。 个人与事业的成长。将浑然一体的东西分开是很难的。“我不是设计师, 而是一名创意总监,让人们团结在一起。”Burlon说,“我是多任务管 理的先锋。”这是他喜欢引用的表达。他生于阿根廷,在米兰长大,已经 准备好从夜场进入出版、设计与音乐界。他推出的时装系列一炮而红,无 不散发着他的DNA。他的美学,他的声音,与他的生活,在社交网络上大 受欢迎。网络-波希米亚的结合,让人想起一个简单的事实。“当你走进人 群,转折就在那里发生。” 第一年的财务业绩? 套用《纽约时报》的说法,我有点像是多任务管理的先锋。出版,设计, 晚会DJ,多年来一直跟所有设计师合作,推广别人的品牌。一切的经验, 我都倾注到County of Milan里面。我在俱乐部工作已经有20年了, 我在米兰已经18年。我的第一份工作是在Magazzini Generali。那是 当年时尚设计圈里最红的俱乐部。我是俱乐部的红人,在那里建立起我 自己的事业。 时尚发生了什么变化? 我是伴随着Jean Paul Gaultier, MargielauHelmut Lang成长起 来的。这些设计师一直在讲述深邃的历史,是具有厚度的概念设计师。我 由此培养起对那种时尚的敏感度,非常脱俗,非常出格。然后我开始跟设 计师们一起工作,将我的工作带到他们的品牌,我的音乐,我对于晚会的 眼光。这一切都发生在社交媒体出现之前,算是某种先驱。以前,人们相 信俱乐部是认识某类人群最有效迅速的途径。 您如何定义自己呢? 我是一个独立的人,从来不会妥协,一直坚持自己的理念,透过每件T恤, 每张唱片,每段影片。我做了所有想做的事,即使跟系统,跟社会,跟某 种程度上的米兰格格不入。 在那段影片里,您被一些特别的人所包围…… 每个人都有自己的东西,不仅是集体发挥力量, 也是在集体中识别自己。买 我衣服的人会来我的派对。他们有意愿和兴趣属于某个派别。参与我的 生活,成为一个团队的一部分,即使我们素昧平生。但我们有着共同的 审美。我与人们之间,存在着这种建立了自然交流之上的关系。Fedez 是我的好朋友,他在网上有几百万粉丝。而Paolo Farcic就连Iphone 手机都没有。 跟Rossana Orlandi呢?你们会说什么? 说阿根廷,说巴塔哥尼亚。说孩子,什么都说,就是不说工作,说我们有 多么互相喜欢。跟她在一起我总是很兴奋。这个真是出乎意料。 这些年来,您有过很多才华横溢的朋友…… 相遇都是缘分,共同经历了一些事情,一些历史性的时刻。我们在事业上 共同发展,个人也得到了成长。友谊让我们紧密地联系在一起。我觉得 Edward(Buchanan,Sansoviono 6的创意总监——编者按)的成 功是他应得的。Lea(T,编者按)是一位模特,更是一位模范。她推动了 一样很重要的东西,她教育了很多视变性人为怪物的人。她很厉害,我曾 经跟她在一起在圣保罗的街道上散步,从小孩到老奶奶都向她致谢。她以 她的资质开辟了一个世界。Macs Iotti,一位伟大的艺术总监,为全球 最知名度品牌工作。Ilaria Norsa曾经是我的助理,现在负责我的时装 秀造型。Ada Kokosar认识我的时间最长,我们是一起长大的,她当时 是Mtv的造型师,我是Nose(Fornarina)的公关。Chiara Biasi是 时尚博主,风格与众不同,一直在追求创作最有趣的内容。Michele Lamanna与Paolo Farcic一直是我的派对门面,现在Michele是一位非 常出色的3D艺术家。Franco Gobbi是发型师,为所有时尚杂志封面和时 装秀做发型,还有Gianluigi Gargaro,为Armani做发型。Adrian Appiolaza是我的阿根廷朋友,曾经是Miu Miu和Louis Vuitton的设 计师,跟Marc Jacobs共事,现在是Loewe的设计师。 County of Milan是如何诞生的呢? 我是做DJ出身的,全世界的人都来听我的音乐。他们有兴趣来认识我。凭 借社交媒体,我建立了一张强有力的国际网络。我希望用图像说话,通过 我的T恤品牌。这个项目跟别的项目一样。一切都是自然而然,不说在桌 上谈出来的。随着买家们口口相传,就变成了一个市场案例。现在它已经 变成了历史案例,论文题目。像Bocconi这样的大学都邀请我去做演讲。 我的图形师Giorgio di Salvo,是将我的想法翻译成作品的人。我沉浸 在阿根廷的图书馆和博物馆里。他则拥有将我的灵感变成图像的眼光。大 自然。凶猛动物。巴塔哥尼亚的土著宗教象征。让人想起锐舞派对和俱乐 部。这些都是属于我的生活元素。 名字是谁起的呢? County of Milan是Macs Iotti的创作。Max对俄国间谍与克格勃做 过调查,在一些书信和文件里找到了这个名字。一开始,我有我的企业 Marcelo Burlon。企业就像一艘大船,跟踪活动和造型,有一个自己 的博客。在这个名字下面,有总监办公室。但其实只有我一个,就像一名 俄国间谍……我想说的是,米兰有多少美妙的东西,这座城市接纳了我, 让我可以表达我的个人。 第一次时装秀您的感受如何? 事实上我很平静。时装秀就是一场派对。朋友们从世界各地来参加,参与 制作和音乐。每隔六个月,就与朋友们重聚,互相交流。 您喜欢提到朋友们的名字…… 这是一项团队工作。我出面,出名,但组成的元素是方方面面的。例如我 的合伙人,Claudio Antonioli和Davide De Giglio。如果没有他们 的加入支持,我只能继续做几件T恤。他们为我带来了生产与销售的架构。 他们为公司带来了他们的专业知识。 您快乐吗? 我非常快乐,也是因为这超越了我的期待。媒体和买手的捧场,商店里的 客流量。我去那不勒斯,普通人都会跟我打招呼,路人,咖啡店的伙计。 当你走进人群,你会在那里看到转折。 秘密是什么呢? 大家都知道我的故事,并喜欢它。他们知道我的成长历程。 我是阿根廷人,在巴塔哥尼亚出生,当时是军事高压时期。我的爸爸是意 大利人,妈妈是祖籍黎巴嫩的阿根廷人,爸爸是一名车工,妈妈有一家旅 行社。在90年代,阿根廷经济衰退,他们决定离开阿根廷,在意大利重新 开始,让我和我的哥哥Gianni能够有更好的未来。在这里我度到了中学三 年级,就去当了一名工人。16岁开始在夜场工作。一开始在Riccione, 早年人人都去那里。98年我来到了米兰。事实上,我8岁时就开始组织时装 秀了,在我的巴塔哥尼亚小女生朋友家的院子里,在阿根廷的车库里开派 对。有些东西已经在酝酿了。 您觉得自己是设计师吗? 我不是设计师,我不当设计师。我没有学习过设计。我只是做创意总监, 让团队团结在一起。 有什么得意的事情吗? 三年前,第一个系列进入陈列室,有人在米兰贴了几张造型册里的照片, 没有图形,上面写着“Marcelo Burlon是什么鬼东西!”而我怎么应 对呢?一件T恤,然后我把它送给了所有朋友。这个故事说明了,有的人就 是看不惯别人做点出格的东西。我对此作出了回应,也赚到了钱。 金钱会改变人吗? 可以提升生活质量。如果你是一个立场坚定的人,恪守一定的道德原则, 那么金钱并不能改变你。我喜欢分享金钱。我的家,我的小屋,我在阿根 廷建的Hacia El Sur农场,我都与朋友们一起分享。我将会继续进行慈善 项目,非盈利的SOS儿童村,为有需要的国家建学校。 您的梦想是什么呢? 与我的男友Manuel收养儿女,回到阿根廷,让他们在巴塔哥尼亚成长。 今天来说,社交媒体还有用吗? 对过去也有用。我是借助社交网络开始策划活动的,社交媒体是我的工作 重心。今天已经发生了改变,因为所有企业都明白了,他们必须借助社 交媒体做推广。他们会给博主付钱。企业的CEO们希望懂得这项策略。 但其实没有任何策略,我只是生活其中。秘诀是什么呢?我所做的一切都 是顺其自然。我不是设计师,跟别人没什么不同。我只是一个个人,却成 为了一个品牌。 芬迪 - Silvia Venturini Fendi 采访:Stefano Roncato - 摄影:Paolo Fichera & Daniele La Malfa 和Silvia Venturini Fendi谈话是一件富于启发的事。她知道什么时候 应该开始,如何引人好奇然后占据上风。有时又会神游片刻,从她的眼 睛中透露出思索。正是这样一双眼睛创造了无数人的拜物对象,她与老 佛爷卡尔·拉格斐(Karl Lagerfeld)的亲密合作,为Fendi开启了新 纪元。“2015是重要的一年,为我们照亮了新的未来”,几个月前她如是 说。当Fendi在过去的一年中创造了许多熠熠生辉的时刻后,人们开始关 注该品牌男装长足而低调的成长,其背后的创造精神也表现在为女性和儿 童设计的配件里。传统加上创新。有趣的手法,对一些思维屏障的冲破, 这在今天格外活跃,但事实上早已存在于品牌的Dna中。正如一张老照片 所呈现的:当时三岁的Silvia Venturini Fendi穿着拉格斐为这个罗马品 牌设计的第一个系列。“男人,女人和孩子穿着一模一样的衣服。如同三 个复印件一般相似。这是第一次性别平等的宣告。” 您旗下的男装目前情况如何? 我对时装秀的收效非常满意,表现了芬迪男装有了长足的进步。我更满意 的是如今为最重要的精品店里为止配备的员工以及提供的空间。我们的男 装低调成长,设计为之赋予了推进力。不用广告,却有口皆碑。这会是一 种新的宣传模式。 您如何定义您品牌的男装? 能够反应并延续我们品牌的历史。创新是我们的传统。创新,但并不过分

追赶潮流。不刻意追求“酷”,这是一个我拒绝的词。我们的男装是成熟 世故的,采用最令人赞叹的面料和最先进的技术制作。表现自由、精英、 开放的精神却不失严谨风度。这是我们在复杂的设计中要做到的,从不顾 此失彼。这是一种平衡的游戏。我想不到如何去进行注解。其中还融入了 我定义为来自日常的常规元素。但又高于日常。从日常生活中提炼的居家 和外出服,长睡袍,舒适而个性鲜明的针织衫。 在您的生涯中,曾经历过各种蜕变…… 首先是一份许可。我们大大提升了品牌的男装文化。一如芬迪品牌的蜕 变,不停以更有力的设计来推动。我们有勇气去改变许多事情,停止走 秀,寻找其他的模式例如短片,一直进行实验。如今的成长如同追随神 秘的导航,我喜欢这样。只要上网就可以了解。有一小部分人不知道 Fendi有男装。而其他人则宣布了Fendi男装的成功。我们就要让这些 信息流通。 您的灵感来自何处? 我是一个常常作男性打扮的女人。今天我们常说,男装从女装那里偷了许 多东西。我需要建立自己愿意追随的的经典。我进行实验性尝试,但我从 不忽略功能性,我在剪裁层面工作,从配件入手,并思考设计。有许多我需要 的东西,我观察一切。我所设计的并不是已经存在的男士形象,而是我的幻 想,由我来想象他会如何生活,做些什么。我自问自答。我并不企图创造 潮流,而是从日常生活中汲取。例如这个系列就是一种居家时尚。我们每 个人都想在家里招待朋友…… 对于您常说的性别流动,您的想法是? 对我来说是件美妙的事情。说一样东西男女通用是不够的。一件衬衫就是 一件衬衫。我喜欢定义的缺失,喜欢性别统一,这能够很好地反映当下。 这种完全的自由是超过任何归类的,我也不属于任何归类。去掉屏障是非 常美好的。从儿时起我就从不穿粉色衣服,这让我拥有一种开阔的视野。 感谢我的母亲。我觉得用固定的逻辑培养孩子是件荒唐的事情,例如女孩 必须玩娃娃,男孩必须玩打仗。 规则在上一个时代已经不再被信奉了。你们让Gunter Sachs穿上皮草, 现在看来不再是惊人之举…… 我们总是在做着对每个时代来说离经叛道的事情。这也就是热衷尝试的人 们热爱芬迪的原因。有一张现在已经很出名的照片,里面有当时三岁的 我。这是1967/68年的秋冬季,卡尔·拉格斐为芬迪设计的第一个系列。 照片里有一个男人,一个女人和一个孩子,穿着如同三个复印件般一模一 样的衣服。这是第一次性别平等的宣告。所有一切都从卡尔开始,他在 这些尝试中始终有举足轻重的地位。卓尔不群。无所畏惧。没有冒险, 就会裹足不前。 您不喜欢“酷”这一类词…… 我厌恶这些词。美丽的事物再过二十年都是美丽的。必须能够经得住时间 的考验。酷的事物只是对当下而言,而我们需要的是激发能够穿越时空的 情感。提供给这项在简单形状上创造的工作,保障最高的品质。应当展现 永恒经典或非常超前的设计,来保持平衡。 关于进化的男士的新概念从哪里产生? 如今许多男性,尤其是东方男性,比西方男性更为开通和自由。他们让男 装重回核心地位。可能他们对色彩没有观念定式,更有勇气尝试,也可能 因为他们没有我们这样的制衣传统。他们为西方带来了新的热情,推动业 界进行更自由的设计。 配件方面的快速发展呢? 我对 Peekaboo男士系列的巨大成功觉得惊喜万分。这再次证明了女 士设计可以为男士所用,反之亦然。我记得我的一位作家朋友买了一个 baguette手袋想送给他的一位女性朋友。他告诉我:“我把自己写字 台上所有用来写作的工具放在里面,最后我没舍得把包送给她,因为太 美了。” 华伦天奴的Maria Grazia Chiuri和Pierpaolo Piccioli。古琦 的Alessandro Michele。Giambattista Valli。Marco De Vincenzo。Frida Giannini。所有这些设计师都从你们的品牌成长, 他们或多或少都像芬迪的孩子一样吗? 我们有点像是座罗马式的学院。一座专注于艺术的学院。在芬迪那里我们 得到了最初的洗礼,并在无数创意中汲取营养。我对此非常自豪。我很 高兴看到他们的成就。在罗马有三个时装品牌相映成辉。都是非常强大, 在持续扩张的业界领导者。我们属于不同的企业,但彼此之间是很好的朋 友,通过共同的纽带联系。那就是创作的魔力。 这样的创意热潮对米兰的时装秀也同样适用吗? 是的,我喜欢这样的创意勃发,对于国际媒体来说也将因此有更多参照。 一般来说,一座城市可以组织更多活动和晚会。但最需要的是凝结了许多 创意的美丽设计,能表现设计者别具一格、毫不扁平化的个性。 社交网络好像对个性和个人色彩崇尚有加。曝光频率最高的就有芬迪小怪 物的犀利眼神。这一设计是如何诞生的? 我们和卡尔一起致力于表现设计的趣味概念,采用了许多彩色皮毛。我当 时刚从巴西度假回来,眼睛里装满了一位朋友所驯养的鸟类和热带鹦鹉的 令人惊艳的色彩。回来后,我们设计了一只小小的鹦鹉,之后变化为一种 异域小怪物。如此便诞生了所有人称为芬迪小怪物的皮包挂饰。我们立刻 想到采用一点皮毛能使之具有娱乐效果。如同一种治愈系的卡通片。让你 忍俊不禁。时尚必须能为生活减负。 您又是如何看待随看随买(see now buy now)的风尚的? 我认为这是种很有趣的概念,可能会促使人们重新审视设计的运作机制。 对于2016春夏女装,我们进行了一项实验,在蒙特拿破仑大街的门店出售 五款前一天走秀发布的Strap you。其效果非同凡响:所有挎包都在短短 几天内被抢购一空。 你们的男装和女装可能一起推出吗? 它们之间是互相补充的。我跟随卡尔这样的大师成长。和Pietro (Beccari,芬迪的主席和ceo)一起组建了非常棒的团队。我们了解芬迪的 精神。这不是一个止步不前的品牌,而是不断推陈出新,并获得人们的喜 爱。在男装秀的后台,我也看到了许多女性在充满兴趣地观赏男装。但我 们现在且不要透露太多…… 由Kim Jones设计的Louis Vuitton系列 撰文:Stefano Roncato。图片:Matthieu Dortomb Kim Jones和他担纲路易威登男装设计的五年时光。一个在传承和未来间 穿梭的品牌。一个与旅行密不可分的时尚豪门。一位设计师,路威酩轩的 男装艺术总监,选择将一条记忆和灵感之间的魅力之路刻上品牌的里程 碑,从而诉说自身的激情。以及他的一个梦想。 您怎样总结在路易威登的这几年? 当我大学毕业后,第一件事就是来到巴黎,在这里我为当时的路易威登男 装总监设计了印花。当时我觉得这是非常美妙的事情,所以我立即认定自 己会很喜欢这份工作。十年之后我仍在这里。我总是任自己的想象力自由 飞翔,并能够完全按照自己的想法工作。 对您来说最美妙的时刻是? 最美妙的一直是刚完成的那次时装秀,直到被下一个秀取代。总体而言, 我的第一个品牌秀是我最美妙的记忆。Masai系列是非常个人化的,其中 凝结了我的一生:早年在非洲的经历,对这个大洲的深深爱恋一直是我灵 感的源泉,还有我对旅游的激情,对路易威登的成熟气质的见解,对品牌 令人惊异的秘诀和令人惊艳的过往设计的发现。 您的偶像是谁? 很幸运我遇到了一些堪为偶像的人。这里我想提到以下几位。David Attenborough爵士,David Bowie,Giorgio Moroder,Niles Rodgers和Leigh Bowery。 您认为如今代表品牌的是什么? 路易威登的历史和旅行密不可分,这也是我最热爱的事业。我经常在世界 各地旅行,从而观察不同的人们。我到过世界上的每一个角落,从北极 到亚马逊雨林,从苏格兰到中国,我几乎走遍了非洲,这是一个让我有家 的感觉的地方,至少每年我要回那儿一次来为自己充电。那是我成长的地 方:埃塞俄比亚,肯尼亚,博茨瓦纳。旅行存在于英国人的Dna里。 男装的元素有哪些? 用途多样的服饰,可以让男士在正式和非正式的场合穿着,让他们觉得自 己与众不同的服饰,优雅而实用的服饰。我认为这是男装的未来。 这一职业生涯之旅中给您印象最深刻的是? 这得说到我加盟品牌的时候。来到路易威登之前我花了20天的时间来做研 究。到达前我往办公室寄了40个大箱子。最初的几天我用来拆所有的行 李,第二件事则是向团队解释为何我们只有两个半月来准备时装秀。我问 他们是否有了足够的信息,他们回答说,从来没有过这么丰富的信息。 为一个大型国际集团工作意味着什么? 可以很酷,可以充满革新,而不忽略商业方面。 怎样进行设计?从那些事物获得灵感? 我收集所有东西,我是一个收藏家。我一直用职业的眼光来观察,如同在 摄影那样,收集所有并将之内化。周围的整个世界都给我灵感,一个创造 者必须去接触活生生的事物。我想领略地球上的一切。 设计师的角色如何演变? 如果你观察如今的时尚,就会发现街道如何影响每件事。你必须注意现实 中发生的所有事,不同的人们,他们的行为举止,怎样购物,还有博物 馆,风景和商店。只有这样,你才能够给消费者一些非常特别的东西,不 同于其他竞争品牌的原创作品。 创意和商业间有隔膜吗?一位设计师是否也多少得像个经理人? 我不认为商业化是种妥协,而是更倾向于考虑什么是真实的,关键的是如 何应对我们客户的需求。正因此,纺织品的研发在每一季都越来越重要。 很幸运,我热爱我的工作,我的生活方式也和品牌的dna结合得天衣无 缝。旅行存在于我的血液中,我很幸运能有机会环游世界,以欣赏美妙的 事物,遇到不可思议的人,他们为我的每个设计都带来灵感。 您的创作过程是怎样进行的?和谁一起工作? 我爱我的团队,从我来到路易威登的第一天起我们便并肩作战。他们了解 我,尽可能多地跟我一起旅行,这对于直接了解业内市场来说是非常重要 的,如此才能亲身认识我们的客户。 如何描述最近走秀的系列的灵感来源? 这是对巴黎作为“光城”的礼赞。当我在世界上的许多地方旅行和汲取灵 感后,我想向巴黎奉上一份礼物,通过表现Barone de Redé在五十年代 的唯美浮华的生活,向巴黎和她的创造力致敬。在这个阶段,有许多年轻 的法国新生品牌,代表了一种有趣而刺激的亚文化。去年11月可怕的恐袭 事件后,我认为宣扬巴黎式的优雅是很重要的。 您有幸运物么? 我没有什么特别的幸运物。我小时候在非洲生活时拥有的第一套Masai被 子可能算得上。它为我的第一个路易威登的设计带来灵感。 您对遥远未来的看法是什么? 我退休后,希望生活在非洲或是新西兰的农庄里,周围都是野生动物。和 Karen Blixen的想法有点像。

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Direttore Giampietro Baudo (gbaudo@class.it)

Responsabile Moda e Design Stefano Roncato (sroncato@class.it) Grafica Valentina Gigante (vgigante@class.it) Hanno collaborato moda & testi Francesca Manuzzi, Angelo Ruggeri, Diane Pernet, Ludovica Tofanelli, Michela Zio foto

Ryan Aguilar, Luca Campri, Adrien Dirand, Matthieu Dortomb, Paolo Fichera, Giovanni Gastel, Donald Gjoka, Greg Kessler, Daniele La Malfa, Lattuada/Onphrame, Jason Lloyd-Evans, Patrick Marks, Matteo Prandoni, Mathieu Ridelle, Mustafa Sabbagh, Paolo Santambrogio, Shiinoki / AMKK, Kevin Tachman, Francisc Ten, Willy Vanderperre, Sonny Vandevelde

Presidente Victor Uckmar Vice Presidente e Amministratore Delegato Paolo Panerai Vice Presidenti Pierluigi Magnaschi, Luca Panerai Consiglieri Delegati Gabriele Capolino, Andrea Mattei Consigliere per le Strategie e lo Sviluppo Angelo Sajeva Concessionaria Pubblicità Class Pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 Presidente, Angelo Sajeva VP Sales, Gianalberto Zapponini Vice Direttore Generale Stampa e Web Business & Luxury, Stefano Maggini Per Informazioni Commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1 Responsabile Dati Personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: G. Canale & C. S.p.A. viale Liguria 24, 10071 Borgaro (To)

Supplemento a MF - Spedizione in a.p. 45%, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Filiale di Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 14/4/89 Direttore responsabile Paolo Panerai

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