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Magazine For Living
Supplemento al numero odierno di MF/Mercati Finanziari. Spedizione in abbonamento postale L. 46/2004 art. 1 C. 1 DCB Milano
n. 40. dicembre 2017. Solo in abbinamento con MF/Mercati Finanziari - IT Euro 5,00 (3,00 + 2,00) Bimestrale
mansion/vivere in una wonder house a bel air ARTe/obiettivo MARRAKECH per scoprire il nuovo museo yves saint laurent fashion/nelle atmosfere siderali di stranger things
superheritage eroi e icone 3.0 tra coming back d’autore, citazioni fantasy e spirito handmade. per il nuovo ultra potere del design
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RIMADESIO.IT
THE SPIRIT OF PROJECT LIBRERIA COVER FREESTANDING, TAVOLO MANTA, MADIA SELF BOLD DESIGN G.BAVUSO
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Openview
Super heritage Coming back d’autore. Citazioni fantasy e spirito handmade. Icons and heroes che tornano a farsi sentire. Non basta nascondersi in una bat-caverna per essere immuni al nuovo Zeitgeist. Quel vintage 2.0 che invade l’immaginario odierno. Super modelle in passerella da Versace. Super eroi che tornano prepotenti protagonisti delle ultime produzioni cinematrografice. Serie tv che rileggono quegli anni 80 dalle tinte più mistery. E il design che torna prepotente con il suo super heritage come racconta il nuovo numero di MFL-Magazine For Living, progetto nato per indagare nel lifestyle contemporaneo e nell’arredo di lusso. Guardare indietro per andare avanti. Con i suoi protagonisti, con la loro energia. Nuovi per le young generation, pezzi di cuore per chi ha qualche anno in più. Il museo d Marrakech dedicato a Yves Saint Laurent, super designer che al mondo fashion ha regalato un sogno senza tempo. La super mansion di Bel Air per vivere da tycoon a Los Angeles, la città degli angeli e dei sogni. E quella moda che sposa manga e dark style, per suggellare la passione very Netflix di Stranger Things, diventato un cult dei tv movie essendo girato come se si fosse in un film eighties. È vero, a volte ritornano. Per fortuna. Stefano Roncato
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01. RIMADESIO Wind, libreria con struttura e ripiani in alluminio nero. Elemento terminale in mdf rivestito di alluminio. Design Giuseppe Bavuso
02. FLEXFORM Zeus, divano con schienale obliquo, struttura in poliuretano e cuscini di seduta in piuma. Design Antonio Citterio
03. BAXTER Matera, tavolino con base, struttura e piano in marmo Palladiana. Design Paola Navone
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Evergreen/Woodylicious
di Marco Martello
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Follie/Splendido serpente
di Silvia Malinas
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Atmosfere/Super power
di Ludovica Tofanelli
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Automotive/Missione futuro
di Francesca Manuzzi
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Television/Misteri irresistibili
di Angelo Ruggeri
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Art/Voyeurismo 3D
di Francesca Manuzzi
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Architecture/Il mondo sottosopra
di Francesca Manuzzi
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Object/La valigia ad arte
di Angelo Ruggeri
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Movie/Orient Express mania
di Angelo Ruggeri
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Museum/Un'anima senza tempo
di Angelo Ruggeri
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Exhibition/100 anni di scatti
di Ludovica Tofanelli
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Heritage/Inedito d'autore
di Francesca Manuzzi
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Design/Tappeto volante
di Cristina Cimato
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Projects/Roaring hub
di Ludovica Tofanelli
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Game/Back to the 90s
di Angelo Ruggeri
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Art/Universi tra le righe
di Cristina Cimato
50 a 54
Bel Air 2.0
di Angelo Ruggeri
56 a 62
Time lapse
di Silvia Malinas
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Retro-futurismo
ricerca di Silvia Malinas
artwork Giorgio Tentolini
70 a 78
Stranger things
servizio Stefano Roncato
foto Simone Battistoni
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Product/Punk, Zia Mame, Rothko
ricerca di Silvia Malinas
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Story teller/A textile affair
di Marco Martello
Artwork Giorgio Tentolini
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Per chi ama il benessere e la raffinatezza un materasso Simmons è di casa. Lo straordinario comfort e l’incomparabile fascino assicurano un riposo impareggiabile. La cura meticolosa dei dettagli, la scelta dei materiali più nobili e la manifattura artigianale più scrupolosa, esclusivamente made in Italy, sono gli elementi caratterizzanti dell’indiscussa qualità Simmons. Perchè i materassi non sono tutti uguali e per dormire bene c’è bisogno di Simmons.
Simmons. Nient’altro.
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Evergreen
Woodylicious Bellezza, qualità, naturalezza. Questa, la vocazione dell’azienda Cp parquet (ex Crespano parchetti), che da più di 30 anni realizza, con risorse rinnovabili, pavimenti di legno di alta gamma. La realtà trevigiana, fondata nel 1982 dagli imprenditori Angelo Tonella e Nino Gasperini, mette in atto il “cradle to cradle”, ossia un ciclo virtuoso che (ri)definisce, per un abitare sostenibile, il processo creativo-produttivo in chiave ecologica. Le essenze, provenienti dall’Europa così come da destinazioni esotiche, sono lavorate in Italia da maestri dell’artigianato che trattano e rifiniscono, con esperta manualità, parquet e pavimenti certificati Pefc-Programma per il riconoscimento di schemi nazionali di certificazione forestale. Con un controllo tanto preciso quanto responsabile, l’utilizzo di vernici ad acqua, materiali pregiati e oli a bassa emissione di Voc (sostanze volatili nocive) consente, nella filiera produttiva, il rispetto dell’uomo e dell’ambiente circostante. Grazie al suo costante impegno, nel festeggiare il suo 30° anniversario Cp parquet è stata omaggiata, dall’associazione internazionale Greenpeace, di una medaglia-legno che ha sancito il suo ruolo di leader italiano per numero di specie legnose ecologicamente trattate. Alla fiera Cersaie 2016, la Cp parquet ha inoltre presentato, con la collezione battezzata Matita, la sua ultima e raffinata proposta di parquet in legno di noce americano. Con una larghezza di 65 millimetri e una lunghezza che spazia da 1200 a 1800 millimetri, i listoni a due strati di 14 millimetri di spessore (spazzolati e verniciati), conferiscono agli ambienti una dinamica contemporaneità, esaltando la naturale venatura dell’essenza legnosa. Così facendo, l’azienda di Crespano del Grappa (Treviso) ha creato un prodotto di bellezza inalterabile, che acquisisce il suo iconico status nel tempo e nel suo inesorabile scorrere. Marco Martello
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Follie
Splendido serpente
La sua pericolosità e la sua doppiezza hanno sedotto il mondo del design, che si ritrova a lottare contro le paure collettive. E trasforma una poltrona anni 50 in un covo di serpi o piccoli oggetti d'arredo in ambigui giardini e boscaglie Il 2017 è stato senza dubbio l’anno del serpente. La fascinazione maggiore è derivata dalla paura inconscia e collettiva della sua pervasività e della capacità di aggredire prede molto più grandi di lui, ma in questa riproposizione dell'animale preistorico non è mancata neppure la simbologia più classica, legata al concetto di doppiogiochismo. Il serpente è stato capace di influenzare anche il mondo dell'arte e dello spettacolo, tanto che per lanciare il nuovo album Reputation Taylor Swift ha postato su Instagram short video con ammassi di code e teste pronte a mordere. Era dunque solo questione di tempo affinché le squame diventassero anche un affare di design, a dispetto di un principio cardine associato ai rettili, ossia la loro storica ri-
pugnanza. E invece, l’invito dell’arredamento contemporaneo è di essere coraggiosi. Riuscire cioè a ideare e realizzare una poltrona il cui rivestimento è caratterizzato da un incredibile groviglio di bisce (nella foto sopra). Ci sono riusciti Seletti wears Toiletpaper, in collaborazione con l'eclettico e provocatorio artista Maurizio Cattelan e il fotografo Pierpaolo Ferrari. Questo progetto insinuante gioca su un doppio fronte capace di spiazzare: la forma invitante e materna anni Cinquanta incontra la sensazione sgradevole di stare su un precipizio, il cui fondo è popolato da brulicanti serpenti. Perché saranno pure stampati su stoffa, e perciò innocui. Eppure sembrano più vivi degli esemplari in libertà. Altro che gli occhiali per le versioni 3D al cinema.
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Kingsnake. Accanto all’ape, il motivo chiave del giardino Gucci e del nuovo corso della griffe sotto la direzione di Alessandro Michele è il serpente, simbolo di saggezza e potere. Dopo i successi sulle passerelle, lo stilista, capace di dettare moda con la sua estetica visionaria, amplia la sua visione abbracciando l'interior design. Quella di Gucci Décor è una collezione sorretta dall’idea di fornire una serie di accessori che, così come il romanticismo un po’ vintage, pop e contemporaneo degli abiti di Alessandro Michele, dia la possibilità di caratterizzare gli ambienti della propria casa. Kingsnake è il serpente ricamato sul fondo di velluto al centro di questo cuscino (nella foto a destra), circondato da un variopinto bouquet. Non un semplice decoro, tuttavia, ma un vero manufatto applicato a mano sull'oggetto stesso, frutto di un lavoro artigianale e manuale che dura circa dieci ore, a cui seguono imbottitura e profilatura con nastro. Re serpente, d’altronde.
Forze della natura. Un serpente si snoda nella sterpaglia, il corpo è una spirale rosso fiammante ed è lo stesso dei fiori e degli uccellini che ne osservano i movimenti. Perché il mondo è un luogo di relativa tranquillità, almeno finché non spunta un pericolo. E in effetti questo vaso (a sinistra), che appartiene alla collettiva Vasi di Vivi e Visi Diversi, in mostra alla galleria L’affiche di Milano, è molto più di un semplice complemento d’arredo. È l’unione di più forze: la fantasia della designer Sofia Paravicini, la manualità dei disabili della Fondazione Istituto Sacra Famiglia e la visione dei curatori Alessandro Guerriero e Alessandra Zucchi. Ma è anche un monito alla precarietà dell’esistenza, messa in luce attraverso l’applicazione di una «normale meraviglia»: quello stupore che subentra quando la creatività arriva dai posti più impensati. Contro la fragilità di chi, da solo, farebbe fatica a esprimersi.
Insinuante. L’omaggio di questo tappeto è piuttosto inequivocabile. Anche se per alcuni, nonostante la fama del film da cui prende ispirazione, non così automatico. Si tratta della scena in cui Indiana Jones, una volta sceso nel pozzo delle anime ne I predatori dell’arca perduta (1981), affronta una distesa di serpenti. Snake di Studio Job per Nodus (nella foto a destra) vuole ricreare quella sensazione. Di farsi largo cioè, torcia alla mano come Indiana, attraverso una miriade di bestie striscianti. Oppure di contemplare con ammirazione e rapimento così come si fa con un mandala, poiché restano creature eleganti, che nel decorare la superficie tonda di un tappeto in lana si organizzano in una composizione simmetrica di sinuose contorsioni. Con alcuni serpenti più protagonisti di altri, che con la testa rivolta verso il centro sembrano conversare tra loro. A progettare chissà cosa. a cura di Silvia Malinas
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Il finale della sfilata p-e 2018 di Versace
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Atmosfere
Super power L’eterno ritorno in versione 2.0. Quello di cui raccontava il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, parlando della ripetizione ciclica degli eventi. Un concetto quasi necessario del comeback che oggi abbraccia insieme l’universo fisico e digitale. Il ritorno di ciò che ha animato il passato è più attuale che mai. È il vecchio che diventa nuovo. Così tornano super modelle e super eroi, figure che si portano dietro una loro eredità storica e culturale, trasformandola in qualcosa di irresistibile anche agli occhi delle nuove generazioni. Donatella Versace, in occasione della sfilata primavera-estate 2018 di Versace, quella con cui ha celebrato il 20° anniversario della morte di suo fratello Gianni, ha riportato in vita il retaggio di ciò che lo stilista aveva lasciato. Ha aperto il suo archivio e lo ha portato in passerella con una veste rinnovata e capace di conquistare anche i millennials che non hanno conosciuto Gianni Versace. Ma soprattutto ha fatto rivivere al pubblico la grandezza delle top model. Claudia Schiffer, Naomi Campbell, Helena Christensen, Carla Bruni e Cindy Crawford.
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Atmosfere
Nomi capaci di risvegliare la coscienza collettiva. Fasciate nei loro abiti dorati e in pose statuarie, le cinque super modelle hanno dimostrato di essere imbattibili, insieme. Come i super eroi. E come dice il famoso detto, l’unione fa la forza. Anche le icone storiche dei fumetti, un altro retaggio del passato, si sono unite tra loro in versione cinematografica. Sui maxi schermi sono arrivati i personaggi tratti dai fumetti di DC Comics pronti a salvare il mondo, tornati come protagonisti del film Justice League, distribuito da Warner Bros. Pictures. Batman, Wonder Woman, Cyborg, The Flash e Aquaman, interpretati rispettivamente da Ben Affleck, Gal Gadot, Ray Fisher, Ezra Miller e Jason Momoa. Un ritorno che cavalca la nuova passione dei millennials per le serie fantasy e per la fantascienza, per un mondo un po’ vintage che oggi viene citato secondo nuove configurazioni. E che rappresenta il sogno immutato di un universo fantastico, quello dei super eroi ma anche quello delle super modelle. Ludovica Tofanelli
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Una scena del film Justice League. Foto Clay Enos/ TM & © DC Comics
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La Lamborghini Terzo millennio progettata in tandem con l’Mit di Boston
Automotive
Missione futuro Il futuro ha nuove regole. A scriverle è l’automotive. Questo accade quando Automobili Lamborghini collabora con l’Mit di Boston, l’istituto universitario più tecnologico del globo. Il frutto è la Terzo millennio, una concept car che ridisegna il domani della mobilità. Una supercar elettrica tutta muscoli e tanto cervello. Un’innovazione radicale pensata con due laboratori del Massachusetts institute of technology, il Dinca research lab, coordinato dal professor Mircea Dinca del dipartimento di chimica, e il Mechanosynthesis group del professor Anastasios John Hart, di ingegneria meccanica. Ha la silhouette della Batmobile e l’ingegneria delle migliori astronavi interstellari da film. Ci si immagina un uomo vestito Collezione Automobili Lamborghini dalla testa ai piedi, che parte in missione come James Bond. Ma il cuore del progetto è che Lamborghini mira a trasformare i sistemi di immagazzinamento dell'energia e i materiali compositi, concepire un nuovo sistema di propulsione, spingere l’acceleratore sempre più sul design visionario e sull’e-
mozione di guida. «Esattamente un anno fa abbiamo siglato un accordo con il Mit-Italy program presso il Massachusetts institute of technology», ha spiegato Stefano Domenicali, chairman e ceo di Automobili Lamborghini. «Il patto ha segnato l'inizio di una collaborazione tra due realtà eccezionali per la definizione di un progetto che intende scrivere una pagina importante nel futuro delle supersportive del Terzo millennio. Per dare vita ai sogni delle prossime generazioni». A bordo, quattro motori interamente elettrici, uno per ruota, dei supercondensatori, sull’asset del V12 dell’Aventador, che dovrebbero garantire un’alta velocità di ricarica delle batterie e uno scarico di potenza senza eguali, oltre a nuovi materiali compositi intelligenti che consentiranno di rilevare eventuali anomalie dell’intera struttura in fibra di carbonio e autoripararsi. Fantascienza? Proprio no, anche perché il rombo del motore che la casa automobilistica di Sant’Agata bolognese sta studiando riporterà con i piedi per terra. Francesca Manuzzi
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Television
Misteri irresistibili
Il 6 novembre 1983 ad Hawkins, una remota e tranquilla cittadina dell'Indiana, il dodicenne Will Byers, membro di un ristretto gruppo di quattro amici fraterni, sparisce in circostanze misteriose. Contemporaneamente, in un laboratorio segreto nei dintorni della stessa cittadina, un ricercatore è vittima di un'inquietante creatura. Questi strani episodi danno il via a una delle serie tivù più amate e seguite degli ultimi dieci anni, Stranger Things, giunta oggi alla seconda stagione. Ideata dai fratelli Matt e Ross Duffer e prodotta da Camp Hero Productions e 21 Laps Entertainment, in esclusiva per la piattaforma di streaming Netflix, la serie è stata accolta molto positivamente dalla critica, che ha lodato la caratterizzazione dei personaggi, il cast (soprattutto gli attori giovanissimi) e l'atmosfera che omaggia il cinema di fantascienza degli anni 80, amato dai nerd di tutto il mondo. Un successo a dir poco monster. A inizio del novembre 2017, poco dopo la pubblicazione della seconda stagione, la Nielsen ha stimato un'audience di circa 15,8 milioni di telespettatori statunitensi per il primo episodio nei soli primi tre giorni di distribuzione (di cui circa 361 mila avevano vi-
sto tutti i nove episodi nelle prime 24 ore). Anche il mondo della moda è impazzito per Stranger Things. Fra tutti, Nicolas Ghesquière, direttore creativo del womenswear di Louis Vuitton, che ha celebrato la serie tivù con una T-shirt esclusiva presentata sulle passerella primavera-estate 2018 della maison di Lvmh. Sulla maglietta era presente il quartetto di protagonisti: Will (interpretato da Noah Schnapps), Mike (Finn Wolfhard), Lucas (Caleb McLaughlin), e Dustin (Gaten Matarazzo), stampato sullo sfondo iconico e inquietante della serie. Non solo, lo stilista francese ha passato i giorni seguenti con gli attori, in giro per Parigi, scattando selfie in pose divertenti e postandole sul proprio profilo Instagram. La serie tivù è inoltre piena di continue citazioni e riferimenti al mondo del cinema. Le scene cult, infatti, si ispirano a pellicole famose come Incontri ravvicinati del terzo tipo, Indiana Jones e Il tempio maledetto, l’horror Poltergeist, I Goonies (grazie anche alla presenza dell'attore Sean Astin, ormai adulto, che aveva interpretato Mikey alla ricerca del tesoro di Willy l’Orbo) e Ghostbusters. Angelo Ruggeri
Nell'immagine in alto, un frame della seconda stagione di Stranger Things
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Voyeurismo 3D
«Story teller par excellence». Sono le parole che Teneues utilizza per descrivere David Drebin. La casa editrice tedesca ha appena editato l'ultimo libro dedicato all'artista e fotografo canadese, che accompagna la mostra «Love & lights» alla Cwc gallery di Berlino. In scena fino a gennaio 2018 nel Mitte, cuore pulsante dell'arte ai piedi del Muro, la personale custodisce i masterpiece di Drebin e porta sotto i riflettori il nuovo capitolo della sua narrativa. L'artista, capace di comporre opere dall'alto tasso di sensualità, lavora su un nuovo piano. Nella galleria prendono posto installazioni di neon e foto-sculture che lasciano cantare le sue sirene ammaliatrici, figure sinuose signature della sua estetica. Le femme fatale che abitano normalmente le opere del fotografo di studio a New York, s'infiammano di luci blu, porpora e giallo, rivelando il loro fascino più intimo e viscerale. Le silhouette flessuose delle sue muse si stagliano davanti a paesaggi
urbani notturni in un lavoro dal massimo effetto scenico. Il volume va ad aggiungersi a una serie di altri quattro coffee tabe book, sempre firmati Teneues, sul lavoro del creativo con una formazione alla Parsons school of design. Tensione, passione, drama fanno parte da sempre del suo pensiero, che con i precedenti titoli The morning after, Beautiful disasters, Chasing paradise e Dreamscapes aveva mostrato al pubblico opere gremite di fascino e acuti carnali. Love & lights, in edizione deluxe da collezione e con un'introduzione curata dall'esperto d'arte Magnus Resch, va in profondità, buca lo schermo e tocca la terza dimensione. A ristabilire il contatto con la realtà una cover materica di velluto, con un'immagine lenticolare, che urla le parole chiave del racconto di Drebin, come un mantra illuminante. Per una combinazione unica di voyeurisimo, intrighi e surrealismo. Francesca Manuzzi
L’opera Golden dream di David Drebin, contenuta nel libro Love & Lights di David Drebin, edizioni Teneues (al centro, la copertina)
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La Pyramid solo house alle porte di Barcellona
Architecture
Il mondo sottosopra Nell'immensità di una natura punteggiata di ulivi a perdita d'occhio, si innesta una gigantesca piramide piantata nel terreno a testa in giù. È il progetto Pyramid solo house a Matarrana, in Spagna. Pensato dagli architetti giapponesi Makoto Takei e Chie Nabeshima dello studio Tna di Tokyo, è un'imponente edificio integrato nella natura grazie al suo potere simbolico. Il triangolo solido rappresenta le radiazioni solari raffigurate da un fascio di raggi provenienti dal Sole e permette alla piramide di concentrare il calore e la luce divina. Nell'antico Egitto, addirittura, si pensava che i corpi posti all’interno di questi grandi mausolei beneficiassero dei raggi catalizzati e potessero auspicare nella rinascita al momento della fusione di Osiride. Con lo stesso spirito, l'energia della Pyramid solo house è immensa. Un mondo sottosopra à la Stranger things, dove i magnetismi permettono di vivere in un universo parallelo. L'area, non servita da gas
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ed elettricità, offre all'abitazione il luogo ideale per un'escapade confortevole, in cui beneficiare dei ritmi lenti, lontani dalla città, nonostante l’abitazione si trovi a solo tre ore di macchina da Barcellona. La costruzione ha piccole fondamenta, per via della forma piramidale, e una grande finestra che si apre sul cielo e regala un bagno di luce agli ambienti candidi. La struttura, costruita al 100% in cemento armato utilizzando esclusivamente la sabbia locale, razionalizza gli spazi e cesella i metri quadrati. Le pareti diagonali diventano scaffalature, scale, sezioni auree dell'equilibrio domestico. A sovrastare e refrigerare gli spazi, la piscina sul tetto, che permette di nuotare e ammirare il bosco mediterraneo incontaminato nella sua interezza, assieme alla sua gemella, posta a pochi metri. Per una casa che offre una nuova forma di esperienza della terra. Francesca Manuzzi
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Object
La valigia ad arte
Ottant’anni e non sentirli. Anzi, risultare agli occhi del consumatore ancor più moderna e avanguardista di sempre. Rimowa celebra l’importante anniversario di Topas, la sua valigia iconica in alluminio, in grandissimo stile, con un progetto deluxe e una collaborazione da sogno. La maison del gruppo Lvmh ha coinvolto negli scatti della campagna, firmati da Frank Hülsbömer, alcuni amici e celebrity che, per l’occasione, hanno svelato al pubblico la propria suitcase. Fra tutti, il regista David Fincher, il designer Virgil Abloh, il profumiere Frederic Malle, lo chef Massimo Bottura, il curatore d’arte Hans Ulrich Obrist e lo stilista Karl Lagerfeld (che ha scattato da sé la foto della propria valigia). La storia di questo accessorio cult ha inizio negli anni 30, quando l’azienda Rimowa di Colonia andò in fiamme e l’unico materiale che si salvò fu l’alluminio. Nel 1937, la società rivoluzionò il mondo dei viaggi iniziando la produzione di bauli leggeri proprio in questo materiale. Prima, con l’inconfondibile struttura a righe parallele. Poi, nel 1976, con la creazione della prima valigia waterproof di metallo pensata per l’equipaggiamento fotografico. Anno dopo anno, le dimensioni, gli interni, gli angoli, i manubri e le ruote sono stati costantemente migliorati e modificati in base delle segnalazioni dei clienti, fino ad arrivare al modello Topas, rifinito a mano attraverso un processo che rende la sua superficie liscia in una struttura lucida a righe parallele. Un vero e proprio accessorio d’alta ingegneria e artigianalità. Per realizzarlo, infatti, occorrono 205 singole parti e oltre 90 processi di lavoro, per un totale di 117 minuti precisi. La ciliegina sulla torta, però, ora è rappresentata dalla collaborazione esclusiva con Fendi. Per l’importante anniversario, la maison romana ha personalizzato la cabin suitcase con logo a doppia F, manici in cuoio romano nero, cinghia in tessuto tricolore, sticker adesivi ed etichetta deluxe per il nome. Angelo Ruggeri Nell'immagine, la cabin suitcase Fendi realizzata con Rimowa
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Una scena del film Assassinio sull’Orient Express
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Orient Express mania «Ognuno di voi è sospettato», urla Hercule Poirot, indicando i passeggeri del treno Orient Express, bloccato per una tormenta di neve, dopo il macabro omicidio di Edward Ratchett (interpretato da un bravissimo Johnny Depp), avvenuto la notte precedente. Il più famoso investigatore del mondo è pronto a indagare e a svelare l’arcano nel remake cinematografico (la prima riduzione per lo schermo, a dir poco leggendaria, risale al 1974, con Lauren Bacall e Sean Connery) di uno dei libri più letti di Agatha Christie. La versione di Assassinio sull’Orient Express del regista Kenneth Branagh arriva nei cinema di tutto il mondo, per la felicità degli adulti appassionati di gialli cult, e per soddisfare la curiosità dei giovani millennial che, forse, non hanno mai letto un libro della grande scrittrice e drammaturga britannica. Né visto il primo film, considerato uno dei migliori (e più costosi) degli anni 70. La nuova pellicola annovera un cast straordinario, da cinque stelle. Il regista Branagh interpreta anche il protagonista del thriller, l’investigatore belga, che sorprende
soprattutto per il look. Ha sempre i baffi (che diventano più folti e grigi), è più in forma rispetto a quello che abbiamo sempre visto o immaginato, ma rimane il Poirot del libro, sia nei toni che nello stile, più che dandy. Inconfondibile, il suo accento francofono. Johnny Depp, invece, è un malvivente affascinante in fuga dalla giustizia. La sua interpretazione è cupa, sinistra, ma con un tocco divertente e ironico. C’è Michelle Pfeiffer nei panni della vedova Caroline Hubbard, mangiatrice di uomini e a caccia di marito, con una personalità irritante e un po’ troppo sopra le righe. Mentre Penélope Cruz è la missionaria Pilar Estravados, che porta in viaggio il suo fervore per migliorare questo mondo imperfetto, con l’aiuto della Bibbia e del crocifisso. Infine, la grandissima Judi Dench (M negli ultimi film di 007). Lei, per l’occasione, veste i panni della principessa russa Natalia Dragomiroff, arrogante, imperiosa, che sfoggia ricchi gioielli e pellicce in visone, ideate ad hoc dalla costumista premio Oscar Alexandra Byrne. Angelo Ruggeri
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Un’anima senza tempo Nel cuore di Marrakech, il nuovo museo dedicato a monsieur Yves Saint Laurent, progettato dallo Studio KO di Parigi. Tra linee cubiste, pizzi di terracotta, fotografie timeless e una collezione di abiti che hanno fatto la storia della moda
«Era il 1966 quando Yves scoprì Marrakech. Rimase talmente commosso dalla città che decise di acquistare una casa e tornarci regolarmente. Sembra perfettamente naturale, cinquant’anni dopo, costruire un museo dedicato al suo lavoro, così ispirato da questo Paese». A parlare è Pierre Bergé, compagno di vita e business partner storico di Monsieur Saint Laurent, proprio qualche mese prima della sua morte, avvenuta lo scorso 8 settembre. L'omaggio postumo per lo stilista algerino, il Musée Yves Saint Laurent Marrakech (in rue Yves Saint Laurent), s’innalza nel deserto della città marocchina ed è visibile al pubblico. Un progetto, creato e diretto dagli architetti Karl Fournier e Oliver Marty dello Studio KO, immenso sia per il suo valore intrinseco che per le sue dimensioni. Un palazzo color ocra, con una cornice in pizzo di mattoni costruito su 4 mila metri quadrati, suddivisi tra spazi
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Nelle foto, due stanze del Musée Yves Saint Laurent Marrakech. In apertura, l'ingresso del museo. Foto di Nicolas Mathéus
per l’esposizione permanente e le mostre temporanee, un caffè-ristorante, un bookstore, una biblioteca di libri rari e l’auditorium da 130 posti. Uno spazio in bilico tra passato e futuro, fra tradizione e tecnologia. Tutte le stanze, infatti, sono impreziosite da sistemi hi-tech di ultimissima generazione che, oltre a garantire temperature ottimali, contro quelle desertiche appena fuori, sono in grado di anticipare, prevenire e ostacolare il deterioramento naturale che potrebbe danneggiare i capi conservati. I quali sono custoditi come dei veri e propri cimeli preziosi di un museo egizio, tra sacro e profano, super-umano e concreto. Vestiti a trapezio (fra tutti, quello realizzato in jersey di lana con le iconiche geometrie artistiche di Mondrian), cappotti, cappe con fiori ricamati e altri capi d’alta moda francese. Accanto a essi, opere d’arte moderna e fotografie di amici e momenti molto cari a Monsieur Yves. A impreziosire il tutto, oltre all’allestimento interattivo dello scenografo Christophe Martin nella main hall e l’esposizione dedicata a Jacques Majorelle, in occasione dell’opening, è in programma anche la mostra di André Rau, che negli anni 90 fotografava Catherine Deneuve per le vie di Marrakech con indosso le icone del couturier. Indimenticabile. Angelo Ruggeri
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Nana di Christer Strömholm (© Christer Strömholm Estate 2014)
Exhibition
100 anni di scatti Un patchwork visivo che dagli anni 20 arriva alla contemporaneità, raccontando la storia della fotografia firmata Leica. Fino al 18 febbraio 2018, il Complesso del Vittoriano - Ala Brasini di Roma ospiterà la mostra itinerante «I grandi maestri. 100 anni di fotografia Leica», un percorso a immagini che raccoglie gli scatti realizzati attraverso l’iconica camera tedesca da rinomati fotografi nel corso dell’ultimo secolo. Con oltre 350 stampe d’epoca originali, l’exhibition è arrivata nel cuore della capitale nella sua unica tappa italiana, raccontando l’evoluzione della fotografia Leica in un percorso tematico e cronologico che si snoda in 16 sezioni. Un excursus storico e culturale a partire dalla nascita stessa della Ur-Leica, la prima fotocamera per il formato 35 mm messa a punto nel 1914 da Oskar Barnack, nonché la compatta che ha rivoluzionato il modo di scattare aprendo a nuove e inesplorate possibilità espressive. «Le altre macchine fotografiche che ho provato mi hanno sempre convinto a ritornare a lei… Finché
farò questo lavoro, questa è la mia macchina fotografica», affermava Henri Cartier-Bresson parlando del suo inseparabile strumento. Il fotografo francese è tra i protagonisti della mostra, assieme ad altri interpreti del bianco e nero come Robert Capa, Sebastião Salgado, Elliott Erwitt e Gianni Berengo Gardin. Oltre al binomio black and white, il percorso espositivo ripercorre gli scatti cromatici di nomi come William Eggleston, Fred Herzog e Joel Meyerowitz, includendo anche un focus particolare su interpreti italiani quali Piergiorgio Branzi, Paolo Pellegrin, Valerio Bispuri e Lorenzo Castore. Un continuum di autori dagli stili differenti, ma uniti dall’utilizzo dello stesso strumento, declinato nei diversi usi e costumi che la mostra stessa analizza. Il fotogiornalismo di guerra, con l’esempio di Erich Salomon, ma anche la propaganda e l’interpretazione in paesi come la Spagna e il Portogallo, passando anche per la fotografia umanista e quella di moda. Ludovica Tofanelli
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La Grande Arche © 2016 Johan Otto Von Spreckelsen, architettura simbolo di Parigi
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La facciata di Casa Vicens su Carrer de les Carolines
Heritage
Inedito d’autore Abita da sempre a Barcellona, ma non è mai stata vista prima. Non è la descrizione di una persona che vive nella capitale della Catalogna, ma le caratteristiche di uno dei suoi monumenti di maggior pregio. Si chiama Casa Vicens ed è la prima commissione affidata all'architetto modernista Antoni Gaudí, più celebre per Casa Batllò, Casa Milà al secolo La Pedrera, l'imponente e mai ultimata Sagrada Família o il Parc Güell. Dichiarata Patrimonio mondiale dell'umanità dall'Unesco nel 2015, è un gioiello segreto che ha aperto per la prima volta quest'anno dopo 130 anni di storia. Un mix di azulejos e mattoni rossi, di legni e pietra grezza, con il privilegio di essere un luogo inedito nello skyline della metropoli catalana. All'epoca della costruzione, tra il 1883 e l'85, il distretto di Gràcia, dove si trova, era solo un villaggio rurale. La villa è stata concepita proprio in questo senso, come una casa di villeggiatura. Commissionata dal broker Manuel
Vicens i Montaner, è un edificio dalla potente energia e impatto visivo. Casa Vicens è rimasta per oltre un secolo un'abitazione privata per poi essere stata acquistata nel 2014 dall'istituto bancario MoraBanc di Andorra e trasformata in un museo. Fuori, le facciate poste su Carrer de les Carolines, sono punteggiate da ceramiche colorate contrapposte a motivi decorativi mudéjar d’influenza araba ed elementi gotici illuminati dalla luce potente dello stile mediterraneo. Dentro, vivono una serie di pezzi d'arredo in legno, disegnati dallo stesso Gaudí e una collezione di dipinti dell'artista Francesc Torrescassana. Come al Parc Güell, lo schema architettonico si mixa al paesaggio circostante in un rincorrersi di motivi floreali e ramage arborei, oggi restaurati dagli studi di architettura Martínez Lapeña-Torres arquitectos e Daw office. Una tappa in più da aggiungere alle rotte di Barcellona. Francesca Manuzzi
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Design
Tappeto volante
La conservazione delle abilità artigianali come il disegno, la ricerca di materiali che abbiano una storia e qualcosa da tramandare ha portato il designer madrileno Jaime Hayon nel cuore dell'artigianato spagnolo, in occasione dei 30 anni di Nanimarquina, azienda di arazzi e tappeti su misura, creata a Barcellona nel 1987. In questi pezzi unici si incontrano virtuosamente manualità, tecniche tradizionali e disegno contemporaneo. Nelle mani e nella creatività di Jaime Hayon, Nanimarquina diventa un viaggio dentro la fanciullezza, pieno di umorismo e magia. A primo sguardo appare un caotico incontro di colori e linee, ma poi si svela essere un tuffo in una natura popolata di tartarughe, mani, bocche, pesci, tritoni e sirene. Un mondo surreale, ricreato attraverso un’antica tecnica di lavorazione e scaturito da uno schizzo fatto a mano da Hayon. «L’importanza del disegno per me è assoluta», ha spiegato il designer, «mi permette di sviluppare le mie idee, esplorare la mia creatività e condividerla. Anche l’uso di materiali che siano invecchiati bene nel tempo è fondamentale. Danno sensazioni speciali
al tocco e anche il modo in cui si ambientano nello spazio è particolare». La sua ispirazione trae linfa non solo dalla tradizione, ma anche da pezzi iconici di design. Nel 2015 per Cassina ha realizzato la Réaction poetique, ossia una collezione di oggetti ispirati alle forme delle architetture e dei lavori di Le Corbusier, in occasione dei 50 anni dalla sua morte. Questo corpus di opere ha incontrato la volontà di riscoperta dei maestri storici da parte dell’azienda italiana (ora parte di Poltrona Frau Group), ed è stato coerente verso ciò che di meglio è stato tramandato dalla storica realtà di design, ossia la manualità unita all’innovazione industriale. «Il passato per me rappresenta l’abilità, il dettaglio, la tradizione e la conoscenza. Capire come e perché qualcosa è stato fatto permette uno sguardo nella nostra cultura. Il futuro del design sarà dunque strettamente legato a quello delle persone e a come esse saranno capaci di vivere le proprie vite. Ci saranno innumerevoli frontiere da esplorare perché le nostre vite cambiano continuamente». Cristina Cimato
Nella foto, Jaime Hayon con il tappeto disegnato per Nanimarquina, Palette table per &Tradition e il divano Favn per Fritz Hansen
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Il primo piano di Garage Italia Milano
Projects
Roaring hub
Uno spazio storico milanese riprogettato per accogliere un hub creativo. È l’ex stazione Agip di Piazzale Accursio, un edificio 50s dal fascino retrofuturistico in disuso da anni, che Enrico Mattei fece costruire nel 1952 su progetto di Mario Baciocchi. Oggi questo luogo simbolico ospita la nuova sede di Garage Italia. Dall’esterno ricorda un'astronave, mentre al suo interno, ora, c’è il nuovo progetto diretto da Lapo Elkann, che occupa 1.700 metri quadrati di superficie, restaurati in chiave 2.0 dallo studio aMDL di Michele De Lucchi. Un luogo pensato per celebrare le eccellenze italiane, dove trova posto Garage Italia customs, l’hub creativo dedicato alla personalizzazione di gioiellini a motore come auto tailor made e yacht d’autore, personalizzati per la clientela da esperti attraverso accurate lavorazioni artigianali e tecnologiche. «Ho voluto realizzare uno spazio per condividere, creare e assaporare il meglio del nostro Paese, riunendo sotto lo stesso tetto le eccellenze italiane nel settore della creatività, design, motion e food», ha spiegato Elkann. Lo spazio ospita, infatti, anche un bar e un ri-
storante, dietro ai quali si cela lo chef stellato Carlo Cracco. «Garage Italia è un contenitore magico in cui convivono il divertimento, la creatività, la buona cucina, la passione, il sogno», ha raccontato lo stesso Cracco. «La cucina che proponiamo è all’insegna del Made In Italy, con piatti semplici e accessibili a tutti, con l’assoluta qualità e ricerca delle materie prime, che parte dalla grande ricchezza delle ricette italiane e regionali, presentate al pubblico in un’ottica più innovativa e creativa dallo chef Gabriele Faggionato con la mia diretta supervisione». Ad animare gli ambienti una serie di pezzi iconici, oggetti disegnati da realtà storiche come Frau, Cassina, Riva 1920, Ferrari e Fca. La carrozzeria di una Ferrari 250 Gto prende così la forma di una cocktail station, mentre un allestimento ispirato al motoscafo Aquarama diventa uno spazio Riva privée su prenotazione. Ogni dettaglio collabora nel ridare vita a quel tempio dell'automobile che negli anni 50 riuniva gli appassionati di motori e torna in versione reloaded. Ludovica Tofanelli
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La consolle Sega Genesis flashback
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Back to the 90s Qualche mese fa, quando la notizia è apparsa sui blog più famosi in fatto di videogiochi, i geek più accaniti (e non solo) sono letteralmente impazziti. E hanno iniziato a postarla su Facebook, Twitter e Instagram, generando traffico e indicizzazione da record. Sega Mega Drive is back. L’iconica consolle degli anni 90 ritorna sul mercato nella versione Sega Genesis Flashback, prodotta e firmata da AtGames. Il modello a 16 bit a cui si ispira, creato da Sega, fu messo in vendita in Giappone il 29 ottobre 1988, negli Stati Uniti d'America il 14 agosto 1989 e in Europa il 30 novembre 1990. In quegli anni la consolle era il secondo sistema dotato di lettore cd-rom, grazie alla distribuzione da parte della casa nipponica di un dispositivo esterno, il Sega Mega cd, che aggiungeva non solo una maggior capacità di memorizzazione ma anche potenza di calcolo al sistema, permettendo di avere velocità maggiori, grafica più accurata e, naturalmente, colonne sonore di qualità.
Oggi, dopo quasi 30 anni, la consolle torna nelle wishlist natalizie di tutti i nerd millennial. Il motivo principale? Gli 85 game, che hanno fatto la storia dei videogiochi, già inclusi nella box. E la straordinaria possibilità di utilizzare le cassette originali dei giochi acquistati negli anni 90. Fornito di attacco Hdmi e supporto alla risoluzione 720p, questo gioiellino tecnologico da collezione permetterà ai giocatori di salvare, mettere in pausa e riavvolgere in qualsiasi momento il gioco. Il bundle contiene due controller wireless ma, va detto, sarà possibile utilizzare anche i pad originali, venduti separatamente. Tra i giochi inclusi nella lista di Sega Genesis flashback, troviamo grandissimi grandi classici dal mondo dei videogiochi, come Golden axe, Mortal kombat, Sonic the hedgehog, Vectorman, Cross the road, Wall-breaking warehouse keeperm e Shining force. Per veri intenditori. Angelo Ruggeri
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Universi tra le righe
Il progetto e la geometria. Così si potrebbe sintetizzare l'estetica di Sol LeWitt, che a dieci anni dalla sua morte viene ricordato attraverso la mostra Beetween the lines, alla Fondazione Carriero fino al 23 giugno 2018. L'esposizione, curata dall'archistar Rem Koolhaas e da Francesco Stocchi, vuole offrire uno sguardo che valica i confini dell'arte di LeWitt, una ricerca a lungo concentrata sulle opere in due dimensioni e, poi, verso i volumi tridimensionali. Le opere in esposizione ripercorrono l'intero arco della sua lunga carriera. Ci sono sette celebri Wall drawings, o muri dipinti, di cui si ricorda quello per il Centro Luigi Pecci del 1993, e 15 sculture come Complex form e Inverted spiraling tower, fino alla serie fotografica Autobiography. Gli spazi della Fondazione permettono uno sguardo ulteriore sul lavoro dell'artista statunitense in relazione all'architettura. Per LeWitt ciò che prevaleva sull'opera era il concetto dell'opera, la sua idea fondante e quindi, come scrisse
nel suo manifesto Paragraph on conceptual art pubblicato nel 1967 su Artforum, l'esecuzione dell'opera poteva poi essere affidata a chiunque. L'artista, per lui, è colui che genera l'idea. «Per la realizzazione di un wall drawing in un determinato luogo, non sono gli oggetti a viaggiare, bensì le persone», ha commentato in una nota il curatore Francesco Stocchi, «per quanto riguarda la concezione di strutture, LeWitt adotta forme semplici mediante l'impiego di sottili elementi lineari». Una delle riflessioni dell'artista concettuale e minimalista, derivante dalla conoscenza delle opere di Alberto Giacometti, conosciute anche attraverso gli scritti di Sartre, riguarda sicuramente il rapporto tra la figura umana e lo spazio e quella scultorea e il modello. Nello spazio si sperimentano il senso di presenza così come di assenza. «Le mie griglie sono giungle acrobatiche per i miei gatti», scriveva. Cristina Cimato
Nella foto, 8x8x1, scultura in alluminio smaltato a forno, 1989, e Wall drawing #1104, pennarello nero su specchio, 2003
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A pochi passi da Downtown Los Angeles, è stata creata The one, la mansion dedicata ai super ricchi amanti del bello. Tra tecnologie di ultima generazione, home design made in Italy ed entertainment di altissimo livello Testo Angelo Ruggeri
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In queste pagine, una selezione di interni della mega mansion The one. In apertura, una foto scattata dall'esterno della villa. Foto courtesy by Christie's International real estate
Una mansion da sogno, a pochi chilometri dal centro di Los Angeles. Potrebbe essere la nuova casa del futuro James Bond o del prossimo protagonista di un film diretto da Tom Ford. Lussuosa, tecnologica, a tratti futuristica, esagerata, ma allo stesso tempo riservata, vista la posizione nascosta sulle colline di Bel Air. Si chiama The one ed è la casa, in vendita negli Stati Uniti, più costosa di sempre. Situata al 924 di Bel Air road, è acquistabile per circa 250 milioni di dollari, spese escluse. Quasi 10 mila metri quadrati di spazio vitale (per capire la proporzione, la camera da letto principale è ampia più di 500 metri quadrati), sviluppati su sei piani, divisi da pareti in cristallo per garantire una vista a 360 gradi su Downtown. Il tutto pronto per l’uso. Sì, perché la nuova tendenza del paradiso immobiliare californiano è quella di predisporre la casa all-inclusive. Ovvero, tutto incluso, non solo i mobili. Nel prezzo, infatti, è compresa una collezione di auto del valore di 30 milioni di dollari già parcheggiate in garage, più di 7 mila film pronti da vedere nel cinema privato e sette persone addette al mantenimento della house e al benessere del proprietario e della sua famiglia (tra cui uno chef, un autista e una massaggiatrice)
con contratto di lavoro già firmato per due anni. Il genio produttore della villa monster è Bruce Makowsky, nel passato imprenditore nel settore degli accessori moda, oggi immobiliarista per ultra ricchi senza budget. «Non esiste oggi nessun’altra mansion al mondo simile a questa», racconta. Anche se a qualche decina di chilometri ne stanno costruendo un'altra che, secondo stime di mercato, potrebbe essere quotata per mezzo miliardo di dollari. «Ogni singolo centimetro quadrato della dimora è curato con i migliori prodotti di sempre. È proprio un gioiello immobiliare». E, senza dubbio, tutto ciò è confermato dalle sue caratteristiche più che deluxe, partendo da quelle esterne. La casa, infatti, si affaccia su una piscina a sfioro con solarium. Fin qui, nulla di speciale, se non fosse per la sua tecnologia. Con uno swipe sull’iPad e l’inserimento di un codice a cinque cifre, è possibile far comparire, grazie a un sollevatore idraulico automatizzato, un maxi schermo professionale (simile a quelli utilizzati negli studi televisivi) della grandezza di ben 2 metri quadrati con una risoluzione 4K, perfetto per ammirare concerti live (visti i 16 altoparlanti sotterranei presenti) o partite di football con gli amici. Poco più in là e sem-
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Sopra, un'immagine del garage privato della villa The one
pre bene in vista dalla strada, è presente il garage con 30 posti auto. Entrando nell’abitazione, la prima cosa che si nota è la luce naturale presente in tutte le stanze. Grazie alle maxi vetrate, aiutate dalla vernice color bianco con la quale è completamente ricoperta la casa, è possibile godere del sole fino alle ultime ore del pomeriggio. A impreziosire ciascuna room, pezzi firmati da interior designer d’élite (tra tutti, i mobili di Roberto Cavalli home, di Fendi casa e di Louis Vuitton objects), opere d’arte moderne e contemporanee, e oggettistica kitsch, tanto in voga in America, soprattutto in questi ultimi anni. Per i momenti di tempo libero e divertimento, inoltre, non può mancare una sala da bowling professionale, realizzata completamente in legno lucido, con divani e pouff in cavallino e birilli laccati in oro, che abbelliscono le pareti. E la sala dedicata al gioco del calcio balilla, biliardo e ping pong, con postazioni di design in cristallo e legno, più di 35 distributori verticali di caramelle gommose multicolor e un salotto privé per gustare un buon whisky e un sigaro cubano, con coperte in pelliccia e gigantografie di foto artistiche alle pareti. O,
ancora, il cinema arredato con poltrone, cuscini e coperte griffati Hermès home, videoproiezione di ultima generazione e stampe a tema James Bond sul wall d’ingresso. E la palestra con sala massaggi dall’allure zen-orientale. Per i buoni amanti del vino, anche la cantina è importante. E The one non poteva non averla, completamente colma di bottiglie di vino e champagne di annate importanti. Anche lo studio è una stanza della casa da non sottovalutare. Infatti, da una porta di cristallo è possibile accedere alla piattaforma di decollo dell’elicottero privato (quest’ultimo però non incluso nel prezzo di acquisto della dimora). «Questa è la casa perfetta per il multi-miliardario che vuole il meglio di tutto ciò che esiste nella vita», continua Makowsky. «Fino a oggi, il mercato dell'ultra-lusso era privo di case che si avvicinassero al livello di prezzo dei mega yacht e dei jet privati. Ogni anno, ci sono centinaia di nuovi miliardari che decidono di spostarsi in California per vivere o passare alcuni mesi ogni stagione». E conclude: «Sta a noi svelare tutto ciò che di bello c’è, nel nostro Stato, da offrire. Proprio come questa super villa».
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La curva spazio-temporale, il viaggio a ritroso con il quale approdare nel contemporaneo. Il presente attinge, con ritmo sincopato, dalle grandi icone del passato, riportando al qui e ora il fascino delle forme pure, che incontrano i colori primari. Questo è l’oggi nel design, scritto da complementi d’arredo che traggono ispirazione da elementi disparati, dall’opera mozartiana alle suggestioni dei primi anni 2000
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Punk
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L’’acciaio diventa materiale plasmabile, asimmetrico, d’intersezione. E dall’incontro con il vetro e le forme pure come il cerchio nasce un’estetica eccentrica 01-cassina. Crossing paths, specchio collezione Deadline. Design Ron Gilad. 02-opinion ciatti. Principe Galeotto, mobile contenitore ricoperto di borchie. Design Lapo Ciatti. 03-lee broom. Crescent light, sospensione a sfera disassata e disco in ottone. 04-ILLULIAN. Wallpaper, tappeto collezione limited edition. 05-Cappellini. Adaptation, divano asimmetrico. Design Fabio Novembre.
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06-poliform. Ilda, tavolini in fusione di ottone bronzata, piano in marmo. Design Jean Marie Massaud. 07-jcp. Perflect, mobili con superficie specchiata. Design Sam Baron. 08-mogg. Sing sing, tavolini in metallo con la base a forma di catena. 09-paradiso terrestre. Fiori futuristi, sculture decorative in acciaio satinato. Design Giacomo Balla. ricerca di Silvia Malinas
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Zia Mame
Il mitico personaggio della zitella del New England, protagonista del romanzo di Patrick Dennis, ispira un design floreale e vintage. Con una palette verde e cipria 01-ÉLITIS. Sintra, trapunta in cotone stonewashed stampato a motivi grafici. 02-ASTIER DE VILLATTE. Country cat, piatto in ceramica con serigrafia. 03-GEBRUDER THONET VIENNA. Wagasa, sospensione in tessuto e dettagli in paglia di Vienna. Design Servomuto. 04-richard ginori 1735. Teiera in porcellana collezione Primavera. 05-kartell. Largo, divano con tessuto a fiori Sanderson. Design Piero Lissoni.Â
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06-fritz hansen. RoTM, poltrona con base e piedini realizzati in metallo. Design Jaime Hayon. 07-lapitec. Dune, color Avana. Pietra sinterizzata a tutta massa, disponibile in grandi lastre, tre spessori e sette finiture. 08-HALIFAX. Serena, poltrona con pouf. Girevole, con tessuto patchwork. 09-luisaviaroma. Couture, pouf in velluto e frange. Design Lorenza Bozzoli. ricerca di Silvia Malinas
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Rothko
Le emozioni profonde legate alle cromie, espresse dal pittore statunitense, vengono rilette e amplificate con sfumature che esaltano i tre colori fondamentali 01-coin casa. Coppia di vasi in vetro con sfumature di colore. 02-arflex. Papillon, applique a luce led in vetro colorato tagliato a mezzaluna. Design Bernhardt & Vella. 03-rive roshan. Colour dial table, tavolo con supporto di sfere in vetro e piano a spicchi di colore. 04-fendi casa. Six shades of palmer, divano con rivestimento sfumato in diverse gradazioni di rosa. Design Toan Nguyen.
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05-germans ermics. OmbrĂŠ glass chair, sedia in vetro colorato e sfumato. Tribute to Shiro Kuramata. 06-cc-tapis. Rotazioni, tappeto in lana himalayana annodata a mano. Design Patricia Urquiola. 07-mepra. Natura, posate in metallo trattato con effetto cangiante. 08-roche bobois. Wabi sabi, specchio in vetro dicroico semi colorato. Design Denis Guidone. ricerca di Silvia Malinas
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A textile affair
Collaborazioni esclusive con partner come Armani/Casa, una storia centenaria e progetti di lifestyle. Nicolò Favaretto Rubelli, a capo dell'azienda di famiglia leader nel tessile, guarda avanti con una serie di nuovi complementi d'arredo In un tempo in cui si riscopre il valore dell’heritage, «l’essere contemporaneo non significa dimenticare la tradizione. Ci sono capisaldi imprescindibili, valori che oltrepassano il tempo nel suo inesorabile scorrere. Oltre la moda, nel tessile come in altri settori, ci sono motivi e modelli senza tempo. Oggi, la tradizione, ossia l’avere una storia, ancor meglio se di lunga data, è un valore aggiunto, nonché garanzia di qualità». Lo ha raccontato a MFL-Magazine For Living, Nicolò Favaretto Rubelli, chief executive officer dell’azienda tessile Rubelli che, da realtà veneziana, è diventata un gruppo internazionale da 81 milioni di euro di fatturato nel 2016. Domanda. Quali valori costituiscono le fondamenta del vostro marchio? Risposta. Tradizione, che sta per Venezia. Qualità, tan-
to fondamentale quanto imprescindibile. Esperienza, che viene da oltre 150 anni di attività. Innovazione, ossia fare ricerca e guardare oltre. Etica, che sta per il rispetto del lavoro. Made in Italy, ovvero prodotti sia disegnati sia realizzati in Italia. Estetica, che sta per la vicinanza al mondo del bello in tutte le sue forme. D. Come avete diversificato la vostra offerta produttiva? R. Nel 1889 è nata l’azienda tessile. Nel corso degli anni, Rubelli è diventato un gruppo internazionale, a cui fanno capo un marchio in licenza e due marchi di proprietà. A questi, si è aggiunta Donghia, azienda non solo di tessuti ma anche di mobili, luci e complementi d’arredo. Nel 2015 l’offerta si è ampliata ulteriormente con Rubelli casa e Rubelli wallcovering. Tutto ciò, per offrire un lifestyle. D. Il segreto di un family business alla quinta generazione?
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Nelle immagini, alcune creazioni firmate Rubelli. In apertura, il ritratto di Nicolò Favaretto Rubelli e il divano Palazzo sofa della divisione casa
R. Ovviamente, la passione. Un amore, forse innato, ma comunque trasmesso di generazione in generazione. Chiaramente, l'innovazione. Migliorare e intraprendere nuovi percorsi. Rubelli casa è un chiaro esempio. D. In che modo la storia e tradizione del marchio dialogano con la contemporaneità? R. Essere contemporaneo non significa dimenticare la tradizione. Ci sono capisaldi imprescindibili, valori che oltrepassano il tempo nel suo inesorabile scorrere. Oltre le mode, nel tessile come in altri settori, ci sono motivi e modelli senza tempo. Oggi, la tradizione, ossia avere una storia, ancor meglio se di lunga data, è un valore aggiunto, nonché garanzia di qualità. D. In quanto museo aziendale, Rubelli ha stretto la partnership con Museimpresa, associazione italiana promossa da Confindustria e Assolombarda. Ci può introdurre al vostro museo-archivio, spiegandone l’importanza? R. Desideriamo valorizzare il nostro patrimonio culturale, esibendo una collezione di 6000 documenti tessili e cartacei. In archivio, è conservata la produzione storica, ossia i frammenti che documentano la nostra attività, come i velluti realizzati per la famiglia reale e i tessuti di Giò Ponti e altri designer illustri. Per noi, è una fonte d’ispirazione per la realizzazione di pezzi esclusivi e la ricostruzione di tessuti antichi come, per esempio, quando abbiamo operato nel Teatro La Fenice di Venezia. D. Qual è il prodotto di punta di Rubelli? R. Il Palazzo sofa, un divano ispirato ai modelli degli anni 50, e la poltrona tessile Pila-47, che nasce da un progetto in cui il materiale è stato reso il vero protagonista. Tra i tessuti, al primo posto metto il nostro damasco classico, San Marco. Infine, i prodotti di trevira, ignifughi e dalle elevate prestazioni tecniche. D. In che modo l’azienda si relaziona con l'attenzione a una maggiore sostenibilità? R. Di recente abbiamo ultimato, nel rispetto dell’ambiente, i lavori di ampliamento della nostra tessitura di Cucciago (Como), che ora presenta una nuova e moderna sala telai. Grazie all’installazione di pannelli solari e all’adozione di un sistema di recupero delle acque piovane, lo spreco di risorse è stato ridotto al minimo. Possiamo quindi parlare di uno stabilimento green. D. Quali novità presenta quest’anno Rubelli? R. A gennaio, alla fiera parigina Déco off, Rubelli presenterà la nuova collezione Rubelli Venezia, che si compone di una ventina di tessuti decorativi e tecnici. Oltre a una linea di cinque carte da parati firmata Rubelli wallcovering, sarà inoltre proposta una serie di tessuti di una bellezza imperfetta, Kieffer by Rubelli. Ad aprile, al Salone del mobile, sarà la volta di Rubelli casa. D. Rubelli collabora spesso con produzioni sia televisive sia cinematografiche, fornendo tessuti e complementi d’arredo. In tal senso, vi sono nuovi progetti dei quali ci può dare un’anticipazione? R. Ad esempio, la 2a stagione di una serie Netflix, The crown. Al progetto, Rubelli ha partecipato con il suo jacquard Rousseau. Marco Martello
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MF
il quotidiano dei mercati finanziari
Direttore ed Editore Paolo Panerai Direttore ed Editore Associato Gabriele Capolino
MFL
Magazine For Living
Caporedattore Stefano Roncato (sroncato@class.it)
Redazione Chiara Bottoni (caposervizio, cbottoni@class.it) Cristina Cimato (ccimato@class.it) Grafica Valentina Gigante (vgigante@class.it) Hanno collaborato testi
Francesca Manuzzi, Marco Martello, Angelo Ruggeri, Ludovica Tofanelli, Silvia Malinas foto
Simone Battistoni, Beth Davis, Clay Enos, Andrea Ferrari, Nicolas Mathéus, Christer Strömholm, Francisc Ten, Giorgio Tentolini, PierrickVerny
Presidente Giorgio Luigi Guatri Vice Presidente e Amministratore Delegato Paolo Panerai Vice Presidenti Pierluigi Magnaschi, Luca Panerai Consigliere Delegato Gabriele Capolino Consigliere per le Strategie e lo Sviluppo Angelo Sajeva Consigliere (Chief Luxury Coordinator) Mariangela Bonatto Concessionaria Pubblicità Class Pubblicità spa Direzione Generale: Milano, via Burigozzo 8 - tel. 02 58219522 Sede legale e amministrativa: Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 Sede di Roma: via Cristoforo Colombo 456 - tel. 06 69760887 - fax 06 59465500 Presidente, Angelo Sajeva Vice Presidenti, Mariangela Bonatto, Andrea Salvati, Gianalberto Zapponini Vice Direttore Generale Stampa e Web, Business, Stefano Maggini Vice Direttore Generale TV e TelesiaTv, Consumer, Giovanni Russo Per Informazioni Commerciali: mprestileo@class.it Class Editori spa Direzione e Redazione 20122 Milano, via Burigozzo 5 - tel. 02 58219.1 - fax 02 58317429 Amministrazione e abbonamenti: 20122 Milano, via Burigozzo 5 tel. 02 58219285 - 02 5821929 - fax 02 58317622 Registrazione al Tribunale di Milano n. 210 del 19/4/86 Distribuzione Italia: Erinne srl - via Burigozzo 5, 20122 Milano - tel. 02 58219.1 Responsabile Dati Personali Class Editori spa, via Burigozzo 5, 20122 Milano Stampa: G. Canale & C. S.p.A. viale Liguria 24, 10071 Borgaro (To) Supplemento a MF - Spedizione in a.p. 45%, articolo 2, comma 20/b, legge 662/96 - Filiale di Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 266 del 14/4/89 Direttore responsabile Paolo Panerai
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