Coffeestitch natural fibers

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Coffeestitch

filati naturali attraverso forme essenziali e creativitĂ .


The whole thing starts with a single knot and needles. A word and pen. Tie a loop in nothing. Look at it. Cast on, repeat

the procedure till you have a line that you can work with. It’s a pattern made of relation alone, my patience, my rhythm, till empty bights create a fabric that can be worn, if you’re lucky and practised. It’s never too late to pick up dropped stitches, each hole a clue to something that might be bothering you,


though I link mine with ribbons and pretend

I meant them to happen. I make a net of meaning that I carry round portable, to work on sound

in trains and terrible waiting rooms. It’s thought in action. It redeems odd corners of disposable time,

making them fashion. It’s the kind of work

that keeps you together. The neck’s too tight, but tell me honestly: How do I look?

Gwyneth Lewis, How to knit a poem, 2007


1 2

capitolo

3 4 capitolo

capitolo

5

capitolo

capitolo

6

capitolo


Sommario

Premessa.

di Claudia Salvi

13

1. Cenno storico, i primi allevamenti di pecore.

15

1.1. Tessitura e i primi animali domestici: l’ evoluzione.

17

1.2. Simboli e religione.

19

1.3. Il Contesto Europeo: la fine del medioevo e la rinascita.

20

1.4. Le Corporazioni Artigiane: Introduzione

21

1.5. Le Arti: le Corporazioni dei Lanieri a Firenze.

22

1.6. L’ evoluzione delle razze ovine.

26

1.6.1. Le Razze Ovine: spagnole

26

1.6.2. Le Razze Ovine: inglesi e francesi.

27

1.6.3. Le Razze Ovine: tedesche e italiane.

29

2. La fibra di lana

31

2.1. Fibre animali: la lana.

34

2.2. Lana: struttura morfologica.

36

2.3. Lana: proprietĂ morfologiche.

37

2.4. Lana: struttura chimica della fibra di lana.

39

2.5. Lana: caratteristiche fisico-meccaniche

40

2.6. Razze Ovine: classificazione

43

2.6.1 Pelo di cammello

44 5


2.6.2 Lane di camelidi.

44

2.6.3 Lane di capre.

45

2.6.4. Lane di bovidi.

48

2.6.5. Lane da incroci.

49

2.6.6. Pelo di coniglio

49

3. La filatura 3.1. Introduzione alla filatura.

53

3.2. Preparazione alla filatura della lana da carda e da pettine.

53

3.3. Cardatura e pettinatura.

54

3.4. Tipologie di torcimetri.

56

3.5. La torcitura e le operazioni di finissaggio.

58

3.6. I prodotti della filatura.

60

3.7. Titoli dei filati

61

4. La maglieria.

63

4.1. I Cambiamenti del XIV secolo: sport e salute rivoluzionano la moda.

67

4.2. Storia della maglieria: il periodo tra le due guerre e la nascita del maglione.

68

4.2.1. Il contesto italiano.

6

51

71

4.3. Storia della maglieria: il simbolismo del twinset

76

4.4. La tecnica: la passione come strumento espressivo.

80

5. Il progetto.

85

5.1. Iter progettuale: sviluppo del progetto.

86


5.2. Branding: comunicazione e logo.

96

6. Glossario.

99

Bibliografia.

107

Indice delle immagini.

108

7


Premessa

8


premessa

Premessa. “La maglia è un materiale vivo. Per me è fantastico che da un filo, dopo tanto lavoro, esca un prodotto finito”. Giuliana Marchini Gerani L’argomento di questa tesi trae spunto da aspetti che caratterizzano la nostra società nel suo presente e passato. La maglieria non è soltanto un metodo o una produzione, ma ha anche un ruolo incisivo nella moda italiana. Emmanuelle Dirix, critica e storica della moda, sostiene che “ un capo in maglia è classico, ma ha anche la peculiarità di guardare al futuro, e questo valore è stato più volte confermato dalla storia”. L’obiettivo che mi sono prefissata è cercare di conferire al lavorare a maglia un concetto nuovo e moderno, lontano dai soliti cliché che vedono questa attività come passatempo da signore anziane. La maglieria permette di sperimentare e coniare un alfabeto espressivo, visivo e tattile attraverso la fibra di lana. Lo sviluppo del progetto si è consolidato nell’analisi di aspetti che rendono il nostro paese unico nel mondo. In primis, il Made in Italy, un termine che racchiude in sé arte, artigianalità, qualità e moda - caratteristiche per le quali siamo riconosciuti e ammirati nel mondo – l’architettura di Firenze e l’Umanesimo. Questi tre aspetti sono stati dunque i punti di riflessione e ispirazione per il progetto, rielaborati tramite una materia prima ricca di storia e significato, la lana. Il progetto ha previsto l’ideazione e la realizzazione di pattern che sapessero esprimere il connubio tra i dettagli di carattere dell’architettura fiorentina ed il mondo della maglia. Per ottenere questo risultato, è stato fondamentale sperimentare e saper ripartire dalla strutture classiche del know how, con un’ottica diversa, mescolando le conoscenze del passato con il presente, inserendone le suggestioni derivanti dai cambiamenti socio culturali. Arte, artigianalità, qualità e moda rappresentano il nostro essere ed è nostro compito quello di preservarle e tramandarle soprattutto oggi in una società sempre più digitale.

9


la storia della lana


01 capitolo



capitolo 1.

Cenno storico

i primi allevamenti di pecore in Europa

1.1.

i primi animali

domestici e la tessitura: lo sviluppo.

Durante il Neolitico si diffusero l’agricoltura e l’allevamento e furono messe a punto le prime tecniche di tessitura. La domesticazione delle capra e della pecora nel Vecchio Mondo e quella dei camelidi nella regione andina diedero origine all’invenzione della

tessitura, che avvenne in un secondo momento poiché il vello di questi animali si prestò ad essere filato e tessuto soltanto dopo alcune mutazioni seguite all’addomesticamento. Il ritrovamento di una statuetta d’argilla raffigurante una pecora con

vello lungo e fitto, databile 5000. a.C. circa, testimonia la presenza di pecore con vello idoneo a dare lana per filare e tessere. Progressivamente gli indumenti degli uomini primitivi in cuoio e pelliccia furono sostituiti da indumenti in lana e, in

seguito, in lino - una pianta oleosa coltivata in Asia Occidentale, in Egitto e in Europa. L’allevamento delle pecore e l’uso tessile della lana sono riscontrabili in altri ritrovamenti archeologici. Ad esempio, sappiamo che gli antichi Egizi erano maestri

nell’allevare greggi, dai quali ricavavano formaggio, alimento principale nella loro alimentazione, e lana. A differenza dei Sumeri, gli Egizi abbandonarono ben presto l’uso delle pelli per usare tipi di tessuto che ritenevano migliori per motivi

pratici o di fede religiosa. La lana poteva essere utilizzata per confezionare mantelli pesanti, ma non veniva sepolta con i morti perché considerata una fibra impura. Dalle raffigurazioni artistiche presenti nelle tombe e nei

Nel corso dei secoli la storia delle fibre tessili è stata strettamente legata all’evoluzione dell’uomo. La produzione tessile è nata con il bisogno dell’uomo di vestirsi allo scopo di proteggersi da elementi climatici. Parallelamente al desiderio di migliorare le condizioni di vita, la produzione di manufatti tessili si è estesa ad altri settori. Nel momento in cui è nata la società industriale, la produzione tessile si è ulteriormente affinata e sviluppata per soddisfare le nuove esigenze collegate con l’evolversi della società.

13


capitolo 1.

14

Nell’antica Grecia i greggi

la seta e il lino erano riservate

avevano un ruolo cardine; il paese

ai ricchi. I romani, come i greci,

era essenzialmente agricolo

avevano capito l’importanza di

e la proprietà era basata sul

selezionare le razze ovine al fine

possesso di greggi e non sulla

di migliorare le caratteristiche

terra. Omero, intorno all’ 800

tessili dei velli per ricavare fibre

a.C., chiama la Tracia ‹‹madre

di lana ancora più resistenti, più

di greggi›› e narra di re pastori

lunghe e morbide e dai colori

come Menelao e Agamennone;

più definiti ed omogenei. Per

mentre nell’Odissea si fanno

questa ragione importavano gli

cenni al formaggio di latte di

ovini con velli di pregiata qualità.

pecora. La lana rappresentava la

La lana era classificata in: molle

più importante materia prima per

o generosum (lana morbida);

la produzione di tessili; possiamo

hirsutum (lana ruvida dal pelo

riscontrare tale importanza dalla

lungo); colonicum (lana di tipo

ricca iconografica conservata

rustico). La lana ruvida era

fino a oggi. La filatura della

importata dalla Gallia. Era una

lana, a livello domestico, si è

lana molto pregiata che sembra

mantenuta attraverso i secoli

fosse ottenuta proteggendo il

inalterata nelle modalità e rituali.

vello delle pecore, durante la

Le antiche donne greche erano

crescita con delle pelli. Le lane più

a conoscenza che era possibile

ricercate erano quelle di colore

produrre filati con differenti

bianco, provenienti da Taranto;

caratteristiche, finalizzate a un

infatti la razza tarantina era il

diverso tipo di applicazione,

risultato di un incrocio tra pecore

facendo ruotare il fuso in senso

comuni con montoni importati

orario o antiorario. I lavori di

dalla Grecia. Le caratteristiche

filatura e di tessitura erano

di questa razza erano il colore

considerati lavori femminili

uniformemente bianco o nero,

ed erano piuttosto frequenti

con lunghe code pendule coperte

nell’iconografia greca; l’operosità

da una lunga lana arricciata.

delle donne era considerata un

Le lane scure provenivano

pregio a ogni livello della scala

dall’Apulia (lana di Canosa )

sociale.

e le rossicce erano importate

Nella società romana, la fibra

dall’Asia Minore. Il pelo di capra

più comune e usata tra quelle

era utilizzato dai romani solo

di origine animale era la lana,

per tessere stoffe grossolane,

in quanto fibre come il cotone,

mantelli, tappeti e pantofole.

1. Lekythos, attica a figure nere di Amasis, filatura e tessitura,540 a.C. circa, New York, Metropolitan Museum.

1.

Secondo gli storici il miglioramento della qualità della fibra di lana fu ottenuto, dai Greci e dai Romani, gradualmente con accorgimenti come: una maggiore cura di stalle (migliore areazione e illuminazione), un’attenta selezione dei pascoli e dall’introduzione di strumenti basilari. Le cesoie, introdotte dai romani, erano costituite da due lame ricurve, affilate e taglienti fissate da una molla elastica e resistente a forma di “U”. Le cesoie erano utilizzate per tosare il vello delle pecore, mentre prima

del loro uso i fiocchi di lana erano letteralmente sradicati dal vello delle pecore e montoni. Oggi la tosatura è praticata a mano usando delle cesoie in acciaio, molto simili a quelle degli antichi romani. Alcune immagini di cesoie provengono dagli scavi di Pompei. La città Pompei, prima della sua distruzione, era un’attiva e consistente “industria di lana”. A documentarlo sono le numerose officine in cui si svolgevano le varie fasi di lavorazioni della lana, tintura


e tessitura riprodotte in alcuni

affreschi ritrovati sulla facciata del famosissimo “pilastro dei Fullones” (conservato al museo archeologico nazionale di Napoli). La città poteva utilizzare, come materia prima, la lana derivante dai greggi transumanti, in quanto Pompei era strategicamente collocata allo sbocco della Valle del Sarno, che coincideva con il punto d’arrivo dei tratturi. Analisi effettuate da esperti su frammenti di fibre tessili, ritrovati nella città, hanno dimostrato la loro appartenenza a velli di capra anatolico o capra d’angora. Questo dimostra come al fine di confezionare stoffe sofisticate e costose, a Pompei, le lane più pregiate erano importate da paesi lontani. L’industria laniera si sviluppò durante l’impero romano, rimase florida fino alla sua caduta e si diffuse e instaurò in diverse città quali: Brescia, nell’Italia settentrionale, in alcune città dell’Asia minore e, come detto

in precedenza, a Pompei. Tali città controllavano la produzione, la lavorazione e la tessitura, il commercio della lana, dei filati e dei tessuti. Dopo la caduta dell’impero romano si susseguirono invasioni barbariche, che portarono, nella penisola, a una drastica riduzione nell’allevamento di pecore. Per un lungo periodo furono prodotti solo panni di lana di bassa qualità e in minime quantità.

1.2.

simboli e religione. Anche in ambito religioso, la pecora è figurata in modo rilevante sia nel rituale che nel culto. Nella Bibbia è citata numerose volte dimostrando come, nella vita dei patriarchi, questo animale fosse importante. La devozione del pastore per le sue pecore è dimostrata dal fatto, che nella Bibbia Dio è riferito come pastore e gli Israeliti come il gregge. Abbiamo dei riscontri anche nei Veda, antichi inni in sanscrito, dove il filo del sacrificio doveva essere di lana. Molti “Dei” africani sono simbolizzati sotto forma di un montone. Nel rituale ebraico, fin dai tempi biblici, lo sofar, corno incurvato di montone, ha un ruolo significativo ed è la più vecchia forma che sopravviva di strumento a fiato suonato nel giorno di Capodanno e in quello di dell’Espiazione.

capitolo 1.

Gli scavi hanno evidenziato anche la presenza di officine per la produzione di una particolare stoffa di lana: il feltro, una stoffa non tessuta che si ottiene dal coagulo e compressione di una sospensione di acqua, sapone, colla e residui della lavorazione della lana. Le stoffe di feltro erano utilizzate dai romani per la fabbricazione di copricapi, mantelli per cavalli, mantelli pesanti e

la trasumanza Gabriele d’annunzio - Alcyone da Sogni di terre lontane I pastori

Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono l’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natia rimanga ne’ cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d’avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh’esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l’aria. Il sole imbionda si la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquio, calpestio, dolci romori. Ah perché non son io co’ miei pastori?

15


capitolo 1.

1.3.

il contesto europeo: la fine del medioevo e la rinascita.

2. Fasi di lavorazione della lana dalla Cronaca di Giovanni da Brera, 1421.

2.

16

Dall’ XI al XIII secolo l’Occidente visse quello che molti storici hanno definito una “rinascita”. L’economia europea iniziò a decollare per evolvere nel corso del XIII secolo in un’economia internazionalizzata. La rinascita urbana aveva restituito alle città la loro energia, che era sembrata irrimediabilmente esaurita dopo la disgregazione dell’impero romano e il ripiegamento verso la campagna dall’età feudale. Molte splendide città antiche, quasi scomparse nella decadenza generalizzata dell’alto Medioevo, avevano riacquisito nuovo splendore trasformandosi in brulicanti laboratori sociali ed economici, in cui si sperimentavano originali forme di organizzazione del potere politico e dell’attività produttiva. A partire dal XII secolo, i mercati italiani, in particolare quelli genovesi e fiorentini, prevalevano su quelli del resto d’ Europa. La superiorità italiana era dovuta sia alla particolare posizione geografica dell’Italia, sia al fatto che le aziende italiane furono le prime a dotarsi di strumenti contabili e tecnici in grado di

tenerle aggiornate sull’andamento dei mercati e sulle prospettive di guadagno. Ben presto la figura del mercante itinerante fu sostituita dalle compagnie mercantili organizzate. Tali compagnie avevano, nelle principali città europee, delle filiali con cui erano costantemente in contatto; le informazioni che si scambiavano erano sempre aggiornate sul livello di domanda e offerta. Lo sviluppo economico del periodo favorì la nascita di manifatture che producevano oggetti di lusso di altissima qualità. Mercanti e merci iniziarono a circolare; si svilupparono le città, che divennero centri di scambi, nacquero fiere, si ebbero invenzioni e innovazioni tecnologiche. Il ritorno delle monete d’oro di valore internazionale e la creazione di società bancarie portarono alla formazione di un’Europa economica.


capitolo 1.

1.4.

corporazioni: la cultura economica dell’ artigianato. L’industria laniera iniziò la sua diffusione in Europa durante l’alto e basso Medioevo, contribuendo ad attuare e alimentare un commercio internazionale di materie prime, di sostanze coloranti, di macchine per la lavorazione e di manufatti. Produzione, lavorazione e commercio di lana ebbero un ruolo decisivo per la nascita e lo sviluppo di un’economia internazionale europea. Gradatamente, a partire dal XII secolo, si assistette a una ripresa dell’industria della lana; questo fenomeno coincise con la possibilità di poter importare lana pregiata. Un esempio è rappresentato dalle Fiandre, il maggior centro in cui si concentrò la più importante industria manifatturiera di panni di lana. Da questa regione erano esportate in tutto il mondo stoffe molto pregiate, sia per le caratteristiche della lana utilizzata, che per la qualità e le tonalità dei processi tintoriali. In Italia

i maggiori siti produttivi si concentrarono a Como, Brescia, Bergamo, Milano, Venezia, Monza, Lucca e Firenze. Fino al XIV secolo le Fiandre mantennero il primato nell’industria laniera, agevolato dalla particolare posizione geografica che le collocava: vicino ai mercati inglesi (da cui provenivano le migliori lane per qualità), in alcune città della Francia (sedi di importanti fiere in cui si scambiavano le merci) e vicini a città in cui si erano sviluppate importanti attività nel settore della tintoria, del fissaggio e della rifinitura delle stoffe in lana. In Italia, la nascita di una vera e propria industria laniera fu preceduta da una fase d’importazioni di panni e stoffe dei mercati della Francia e dei Paesi Bassi. Le crescenti importazioni di panni fiamminghi spinsero le industrie della penisola a vincere la concorrenza compiendo progressi tecnici. I tessitori italiani, sfruttando

3. Stemmi delle Arti fiorentine.

Arti maggiori Arte dei Giudici e Nota Arte dei Mercanti o Calimala Arte del Cambio Arte della Lana Arte della Seta Arte dei Medici e Speziali Arte dei Vaiai e Pellicciai

la centralità geografica della penisola nel cuore del mediterraneo e la sua insostituibile funzione di ponte tra Oriente e Occidente, assunsero ben presto il ruolo di leadership nell’intero continente europeo. A Firenze erano importate le migliori materie prime necessarie alla lavorazione ( lana inglese), prodotti semilavorati (come

la lana) e si producevano tessuti di eccezionale qualità apprezzati in tutti i mercati europei. L’arte della lana fiorentina, nel XIII secolo, era la più importante d’Italia. L’organizzazione del ciclo produttivo dell’industria laniera a Firenze e Padova, e in altre città italiane era ormai molto simile a quella delle città fiamminghe.

Arti medie Arte dei Linaioli e Rigattieri Arte dei Calzolai Arte dei Fabbri Arte degli Oliandoli e Pizzicagnoli Arte dei Beccai Arti minori Arte dei Vinattieri Arte degli Albergatori Arte dei Correggia, Tavolacciai e Scudai Arte dei cuoiai e Spadai Arte dei Chiavaioli Arte dei Maestri di Pietra e del Legname Arte dei Legnaioli Arte dei Fornai

17


capitolo 1.

1.5.

le arti: le corporazioni dei lanieri a firenze. Le “Arti” erano delle vere e proprie istituzioni di autogoverno dei più importanti ceti produttivi e commerciali, che per circa seicento anni controllarono l’economia delle più importanti città d’Europa. Le “Arti” erano associazioni tra mercanti, artigiani e, in generale, tra lavoratori che operavano nell’ambito di una stessa attività economica. Quasi tutte le associazioni possedevano sedi, più o meno prestigiose, secondo la loro ricchezza. Nel medioevo l’industria tessile rappresentava per molte città italiane la fonte dalla quale scaturiva gran parte della ricchezza prodotta. Nelle città tedesche e fiamminghe, e anche in quelle italiane, le arti partecipavano alla vita politica del governo. In particolare a Firenze le arti si suddividevano in: “maggiori”, “medie” e “minori”. La suddivisione dipendeva dal

18

prestigio sociale e dal peso economico e politico nella vita cittadina. Quelle che più ci interessano sono: l’Arte

Calimala e l’Arte della lana. L’Arte Calimala fu la più antica tra le Arti e quella che ebbe più rapporti con il mondo esterno, arrivando a rappresentare la città nella sua politica estera e favorendo gli sviluppi dei mercanti fiorentini. Inizialmente trattava solo i panni forestieri in una serie di fondaci posti nell’antico cardo romano. L’arte Calimala radunava i grandi importatori, ma anche semplici venditori a dettaglio, purché non mettessero in vendita panni prodotti localmente. La vera forza di quest’arte era la presenza delle grandi Compagnie d’importazione, che non limitavano la loro presenza nei mercati stranieri all’acquisto di panni, ma la estendevano alle più raffinate attività finanziarie tanto che gli

4. Stemma dell’Arte di Calimala raffigurato sulla montatura esterna di un mosaico bizantino. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo.

5. L’aquila di rame che artiglia il torsello, sulla sommità della facciata di San Miniato a Monte, Firenze, è l’emlema dell’ Arte dei Mercanti o Calimala del XIII secolo.


statuti della corporazione

passare degli anni, anche

parlavano genericamente

quelli specifici delle maggiori

di commercio di panni,

Compagnie.

depositi di merci, ma anche

L’Arte della Lana era

di cambio e di pegno. Era

una corporazione

chiaro che, in queste attività,

particolarmente unita e

l’Arte Calimala invadeva le

più forte delle altre, sia

competenze dell’Arte dei

sotto il profilo politico

Cambiatori ; fu questo uno dei principali motivi di attrito tra le due capitudini. Nel IV secolo il problema fu risolto concedendo a una stessa Compagnia di appartenere a due Arti. Si arrivò al punto in cui la stessa compagnia fosse iscritta contemporaneamente anche a quattro Arti; questo determinò la possibilità di esprimere un potere sempre maggiore. Per questo motivo molto spesso le famiglie più potenti poterono garantirsi la guida delle corporazioni; così avvenne per i Cavalcanti, i Bardi e i Frescolbaldi, i Mozzi e gli Spini, gli Scali, gli Amieri , gli Alfani, i Pucci, i Pazzi e gli Albizzi, i Pitti e i Portinari. Con l’aumentare dei rapporti con l’estero, i consoli di Calimala ebbero sede in Francia e si trasformarono, quindi, in corrispondenti della corporazione, ai quali si andarono ad aggiungere, col

che dell’organizzazione interna. Questo era dovuto all’imposizione di non accettare soci, se non quelli

capitolo 1.

6. Emblema dell’arte della lana, piazza del Mercato Nuovo, Frenze 7. Via Fibbiai, situata tra via degli Alfani e piazza Santissima Annunziata, nel quartiere di San Giovanni. 8. Corso dei Tintori, nel quartiere di Santa Croce.

che trattavano unicamente il prodotto: la lana. L’Arte della Lana era quella che vantava il maggior numero di dipendenti in Firenze. Agli inizi del XIV secolo si calcola fossero circa trentamila gli operai alle dipendenze della corporazione, fra cui, vi erano numerosissime donne. Per evitare contraffazioni di qualsiasi tipo, ogni azienda dell’Arte doveva avere come minimo quattro dipendenti, le sue porte si dovevano aprire sulla strada e ogni vendita essere immediatamente registrata sui libri contabili. Lo scopo evidente di queste norme garantiva che il lavoro di ogni azienda fosse facilmente controllabile e non potesse essere inquinato da privati, che tendevano a immettere, nel

19


capitolo 1.

in questa a pagina :

mercato materiale di scarsa qualità. L’arte della lana era quella che, più di altre, permetteva a chiunque fosse dotato di una gran voglia di lavorare e di un minimo di fondi per assicurarsi un telaio, di tentare la scalata verso una nuova condizione economica e sociale. Chiunque prendeva in mano il prodotto, fosse solo per trasportarlo sulle spalle da un luogo all’altro, ne diventava totalmente responsabile ed era obbligato a risarcire eventuali danni, oltre al furto e allo smarrimento. Stesse regole valevano per i filatori, ai quali veniva addebitato molto spesso una perdita del peso nella lana lavorata, senza che potessero minimamente opporsi. Ammende erano previste anche per eventuali difetti nella tessitura per garantire la qualità del

9. Stemma dell’Arte della Lana in una celebre robbiana conservata al Museo dell’Opera del Duomo, Firenze. 10. Andrea Pisano, Lanificium ( la tessitura), 1334-36 circa, Museo dell’ Opera del Duomo, Firenze.

prodotto lavorato. La corporazione si occupava anche dell’acquisto del materiale greggio, del suo ingresso in città e dei sacchi in cui contenerlo. Per evitare aggravi di spesa di mediatori, una delle sue norme prevedeva l’obbligo da parte dei produttori di vendere direttamente ai proprietari di aziende. Tra

20

le precauzioni principali dell’Arte della Lana vi era quella di difendersi dalla concorrenza della vicinissima Prato; gli statuti del podestà erano intervenuti più volte a imporre alla città del Bisenzio di non fabbricare panni se non di qualità scadente e fu inoltre vietato agli operai fiorentini

di andare a lavorare a Prato e di divulgare le tecniche e segreti della manifattura. Fra i compiti pubblici dell’Arte vi fu quello di sovrintendere all’amministrazione dell’ospedale di San Gallo e di partecipare in seguito alla costruzione del Duomo assieme ad altre corporazioni. Fu questa

Nella pagina a fianco: 11. Il Palagio dell’Arte della Lana, Firenze. 12. Le sedi delle Arti (cfr Fanelli 1980 pp 254 sg).


capitolo 1.

corporazione, tra tutte le altre, a rendere possibile la costruzione di Santa Maria del Fiore. L’influenza politica e l’importanza economica e sociale delle associazioni dell’Arte della Lana erano evidenziate dalla maestosità delle sue sedi; l’esempio più rappresentativo è l’elegante e famoso palazzo in Firenze. Questo edificio, nel quale risiedevano i venditori di panni di lana, fu edificato e ripristinato dall’architetto Lusini e inaugurato nel 1505. La rilevanza che ebbe

a Firenze l’Arte della Lana è visibile dall’iconografia conservata. Alcuni esempi sono: una miniatura del XV secolo conservata presso la Biblioteca Laureziana di Firenze che raffigura un tessitore che lavora a telaio, figura X; lo stemma dell’arte della lana di Firenze, figura X; l’emblema riprodotto opera di Giotto collocato nel campanile del Duomo di Firenze, figura X, e, infine, quello di Luca della Robbia conservato presso il museo dell’Opera del Duomo di Firenze.

21


capitolo 1.

1.6.

l’evoluzione delle razze ovine. 1.6.1.

razze ovine spagnole. Con il passare del tempo, si diffuse la pastorizia e da pochi capi, si passò a veri e propri allevamenti. Da alcuni di questi allevamenti provengono numerose razze di pecore allevate ancora oggi. La lana è una delle fibre più costose a prodursi, prima di diventare filato deve passare attraverso numerose operazioni. Quello che caratterizza le fibre è la specie di animale da cui proviene. Nel corso della storia la più importante razza è stata la Merino, che è stata esportata nei più importanti regni di Europa, dando origine alle razze odierne. La pecora Merino è la razza per

13. Merino.

22

eccellenza quanto a produzione di lana. Il nome Merino appare nel XV secolo, presumibilmente di origine araba, esso significa “giudice reale” o “soprintendente di pascoli”, oppure “pastore di pecore merino”. Le attuali merino sono discendenti dalla razza spagnola; esse furono infatti trasportate dal Marocco nella penisola Iberica. Tra le stirpi importanti di Merino spagnole vi sono: la Paular (antenata del tipo Vermont dell’America), l’Escurial, il Negretti e il Infantados. I principali greggi erano posseduti dalla Corona spagnola, mentre altri

appartenevano a ricchi nobili ed ecclesiastici. Nel 1273 il re Alfonso X costituì “l’onorevole consiglio dell’Associazione dei pastori del regno” che, per ben cinquecento anni, esercitò la propria autorità sui greggi di Merino in Spagna. L’intera economia spagnola era basata sulle pecore e sull’industria laniera, raggiungendo il suo culmine durante i secoli tra il XVII e il XVIII. La Spagna, famosa nel Mediterraneo per l’eccellenza delle sue stoffe di lana, pose un rigido embargo sull’esportazione di Merino dal paese, detenendo per un lungo periodo il monopolio

14. Particolare del vello.

del commercio della lana fine. Alcuni monarchi europei ottennero Merino solo attraverso doni della casata reale di Spagna, mentre altri contrabbandarono pecore attraverso il Portogallo. Il paese, con le guerre napoleoniche, dopo venticinque secoli, perse il monopolio come produttore della lana più fine del mondo.


capitolo 1.

1.6.2.

razze ovine inglesi e francesi. 16. Timbro postale con esemplare di Rambouillet.

15. France Wool Week, 2014 con esemplare di Rambouillet proveniente da Bergerie de Rambouillet.

Un altro paese in cui lo sviluppo dell’allevamento di pecore ebbe importanti riscontri sull’economia del paese, fu la Gran Bretagna. Gli esperti sostengono che le attuali razze di pecore sono il risultato dell’evoluzione di pecore selvatiche con incrocio di Ovis musimon o muflone. Tre sono le influenze: la prima, arrivata in tempi preistorici, che può aver dato origine alle razze moderne con corna e muso

bianco; poi vi fu il ceppo romano con muso bianco, senza corna; la terza, arrivata forse dai Danesi, un ovino con corna e muso nero. L’economia pastorale divenne importante in Britannia, i Sassoni costituirono una propria organizzazione laniera. Nel 1066, con la venuta dei Normanni, l’allevamento di pecore incrementò e, con esso, anche il commercio

di esportazione di lana e pelli. All’inizio l’interesse per la pecora era solo per la produzione del latte, mentre la lana era considerata come sotto-prodotto. Nel medioevo, grazie agli sforzi dei monaci cistercensi nel coltivare le terre delle abbazie, si sviluppò l’allevamento. Nel 1297, nel parlamento inglese, i baroni affermarono che “la lana rappresentava metà della ricchezza dell’Inghilterra”.

Re Giorgio III (1769-

fattoria di allevamento e

1820), avendo interesse

di riserva. Pecore Merino

per l’agricoltura e

procurate dalla Spagna

l’allevamento, chiese il

prosperarono e divennero

permesso al re di Spagna

una fonte di sangue

di importare alcuni

Merino per gli incroci;

loro montoni e pecore.

i francesi ottennero

Concesso il permesso, gli

una nuova stirpe

animali si ambientarono

chiamata Rambouillet,

bene al territorio inglese e

con risultati notevoli,

il risultato delle tose non

esportata inseguito in

fu inferiore a quello della

molti paesi. Durante il

Spagna.

periodo napoleonico,

Anche in Francia, grazie

Merino spagnoli furono

a Luigi XVI, furono

importanti in gran numero,

introdotte duecento

perché Napoleone voleva

pecore dal re di Spagna,

detenere un maggiore

le quali, incrociate con le

numero di pecore rispetto

pecore francesi, diedero

alla Spagna. La principale

lana di un solo grado

pecora francese fu Ile de

inferiore per finezza

France, notevole per le

a quella del gregge

sue qualità, un po’ meno

dell’Escurial.

fine della Merino ma con

Nel 1783 re Luigi XVI

una maggiore resa al

acquistò il dominio di

lavato.

Rambouillet e trasformò

Altre razze francesi sono

i 450 ettari a sud-ovest

la Lacaune, la Charmoise,

di Parigi in una vasta

la Berrichon du Cher.

23


capitolo 1.

razze ovine e caprine italiane iscritte nei libri genealogici.

Razze ovine (da latte) 1. Altamurana 2. Comisana 3. Delle Langhe 4. Leccese 5. Massese 6. Pinzirita 7. Sarda 8. Valle del Belice (da carne) 9. Appenninica 10. Barbaresca 11. Bergamasca 12. Biellese 13. Fabrinese 14. Laticauda (da carne e latte) 15. Gentile di Puglia 16. Merinizzata 17. Sopravissana Razze Caprine 18. Camosciata delle Alpi 19. Garganica 20. Girgentana 21. Jonica 22. Maltese 23. Orobica 24. Saanen 25. Sarda

24


capitolo 1.

1.6.3.

razze ovine tedesche e italiane. In Germania l’esistenza delle pecore risale al 220 a.C. circa quando, un’antica popolazione stanziata nel Basso Danubio, i Geti, conduceva una vita nomade e dedita alla pastorizia. La produzione di lana divenne di maggiore importanza dopo il XII secolo. La regione del Wurttemberg è quella che ha la più vecchia tradizione di allevamento di pecore e d’industria laniera. Nel 1741 Federico il Grande importò dalla Spagna i primi merino. Fu ottenuta in Sassonia una razza quasi uguale al tipo spagnolo con lana molto fine, di buone qualità, che fu riconosciuta come la migliore del mondo. Le lane superfini furono

17. Pascoli in transumanza

ottenute da pecore chiamate

Elettorali. L’arrivo dei nuovi paesi produttori di lana, quali l’Australia e la Nuova Zelanda, con i loro costi più bassi di produzione, alterarono il mercato e distrussero la prosperità della lana fine europea. In altri paesi europei si sviluppò l’allevamento di specie ovine. In Italia, la produzione di lana e gli allevamenti di pecore iniziarono

e si svilupparono grazie all’appoggio e alla protezione di re e papi. La più nota , tra le razze italiane, è quella della Gentile di Puglia, la cui lana è la più fine prodotta in Italia ed era rinomata all’epoca dei romani. Questa lana, una volta lavata, è particolarmente bianca e lucente. Vi sono altre razze italiane come la

Sovravissana, dalla lana robusta e resiliente derivata da un incrocio della pecora locale appenninica chiamata Vissana con Merino spagnoli importati nel 1792; la razza Sarda in Sardegna; quelle delle Langhe in Piemonte e la Barbaresca in Sicilia; le cui lane sono grossolane e utilizzate per riempire materassi.

25


la materia prima naturale


02 capitolo



capitolo 2.

La fibra di lana fibre naturali

fibre animali

da bulbo pilifero

secretive

fibre vegetali

da seme da libro

fibre tessili da foglia da frutto

fibre minerali fibre artificiali

tecnofibre fibre sintetiche

18. Classificazione delle fibre tessili.

introduzione alle fibre tessili.

L

lana alpaca mohair cashmiere seta bisso cotone kapoc lino canapa juta ramie kenaf abaca sisal cocco

amianto di origine animale

merinova

di origine vegetale

rayon

di origine minerale

fibra di vetro

polidieniche poliolefiniche poliviniliche poliacriliche polifluetileniche poliesteri poliammidiche policarbonate

A seconda della loro origine, le fibre

peli di animali, seta), fibre vegetali

fibre minerali (amianto). Le fibre artificiali sono prodotte dall’uomo partendo da materie prime polimeriche naturali; mentre le fibre sintetiche sono prodotte partendo da polimeri sintetici, ottenuti da materie prime non polimeriche mediante reazioni chimiche di

tessili si dividono in due macro-

(cotone, canapa, juta, lino ecc.) e

polimerizzazione.

’evoluzionedelle fibre tessili, da quelle naturali alle artificiali, per approdare a quelle sintetiche è stata

categorie: naturali e tecnofibre. Le tecnofibre si suddividano in artificiali e sintetiche. Le fibre naturali si trovano già in

dettata dalla crescente necessità di

natura sottoforma di filamenti più

soddisfare le mutevoli richieste del

o meno lunghi, a questa categoria

mercato e della moda.

appartengono: fibre animali (lana,

29


capitolo 2.

2.1.

fibre animali: la lana.

strato basale epidermide

muscolo erettore ghiandola sebacea

derma

fibra di lana

Le lane sono fibre naturali che si ori­ginano dal bulbo pilifero di animali ruminanti e si ricavano in particolare dai velli di pecora, capra, alpaca, lama, vigogna e cammello. La denominazione di lana dovrebbe essere riferita solo alle fibre che si ottengono dai velli degli ovini (pecore e montoni), riservando alle fibre derivanti dai velli di capre e dei camelidi il nome di peli. Un’altra distinzione importante è basata sulla lunghezza, per cui le fibre tessili possono presentarsi come: continue, filamenti o bave, se hanno una lunghezza illimitata (come seta, fibre artificiali e sintetiche non tagliate); o discontinue in fibre alla rinfusa o in fiocco, se hanno una lunghezza limitata (come cotone, lana, fibre artificiali e sintetiche tagliate).

30

strato basale

ghiandola sudorifera

papilla con vaso sanguigno

19. Sezione longitudinale di un follicolo di lana completamente sviluppato (ingrandito circa 150 volte).

La lana è una fibra tessile di origine animale ottenuta dal vello (o manto) di ovini, pecore, alcune capre e camelidi viventi in zone fredde e montagnose. Il vello è composto da due tipi di pelo: la giarra costituita da peli setolosi, lunghi e ispidi che hanno la funzione di impermeabilizzare l’animale; e la borra formata da peli sottili, ondulati, morbidissimi che isolano l’animale dal freddo. Il

vello è tolto dall’animale attraverso l’operazione della tosa, che si può eseguire una o due volte all’anno in primavera. La frequenza della tosa influisce sulla lunghezza della fibra, infatti, se effettuata una volta all’anno, si ottiene una lunga lana con fibre terminanti a punta, detta lana annuale o madre; se effettuata due volte all’anno, si ottiene una lana a fibra corta detta lana bistosa che presenta le


capitolo 2.

20. Suddivisione del vello, la qualità della lana decresce con il progredire della numerazione. 21. Fase della tosatura.

si staccano gli scarti detti

4

13

5

segue una classificazione che

3 12

pezzami. A queste operazioni

8

6 7

1 11

si basa sul grado di pulizia della fibra. Le lane tosate

2 10

14

possono essere classificate come: lana sucida (o grezza),

9

se sono tali e quali da come provengono dall’animale; lana 14

saltata, se sono state lavate addosso all’animale prima della tosa. Il nome “saltata” deriva dalla conseguenza

estremità tronche, a causa delle varie tosature. Generalmente, la tosa è effettuata a mano da tosatori esperti, che in pochi minuti riescono a tosare l’animale. Poiché la lana del vello presenta una scarsa omogeneità nei principali caratteri fisici, quali finezza e pulizia, prima delle lavorazioni industriali è necessario effettuare una cernita al fine di separare le diverse parti. Il vello è cernito su canoni di qualità maggiore o minore in base alle zone dell’animale da cui proviene; la qualità della lana decresce con il progredire della numerazione: al numero maggiore (riportato nella figura 20) corrisponde una qualità di lana inferiore. La lana più fine con lunghezze uniformi si trova nelle spalle; la parte centrale e i

di far saltare gli animali dentro fossi d’acqua prima di tosarli. In ogni caso, la lana saltata, pur perdendo gran parte del sudiciume sul vello, conserva pressoché inalterata l’untuosità caratteristica. Un’altra tipologia è la lana

lavata o scoured, cioè la lana lavata a fondo dopo la tosa, da questi lavaggi si ottiene, come sottoprodotto, la lanolina. Infine, l’ultima tipologia è la lana l.a.f., cioè la lana lavata a fondo. Esistono altre due varietà di fianchi forniscono una lana di media qualità ; la lana tosata dal collo, dalla nuca e dalla schiena è la più lunga, arruffata e grossa; la lana proveniente dalla zona ventrale e dalla parte inferiore della gamba è molto sporca e infeltrita mentre

quella della testa è corta e di qualità scadente; la lana proveniente dal femore è grossa e dura e infine la lana proveniente della zona della coda è sporca. Non appena il vello è raso si procede con la cernita detta sbordatura o skirting, da cui

lane come la lana di concia e la lana morticina. Le prime provengono dalla depilazione delle pelli da concia, le seconde sono asportate da animali morti per malattia, entrambe sono meno pregiate.

31


capitolo 2.

2.2.

lana: struttura morfologica. 22. Raffigurazione della struttura della fibra di lana.

ellisse destrorsa

corda sinistrorsa proteine a basso tenore di zolfo microfibrilla matrice

proteine ad alto tenore di zolfo e tirosina

macrofibrilla

membrana cellulare paracellula

nucleo

epicuticola esocuticola

corteccia

ortocellula

endocuticola

cuticola

La struttura morfologica della fibra di lana si presenta al microscopio come un tubulo cilindrico ricoperto da grosse scaglie. Esaminando in sezione la fibra, si possono distinguere gli strati più caratterizzanti: epicuticola, cuticola, cortice e midollo.

32

L’epicuticola è costituita da una membrana che protegge la fibra dagli agenti esterni, come un sottilissimo velo di cellofan che avvolge la fibra. La cuticola (o parte esterna) è composta da cellule piatte prodotte dal bulbo pilifero, dette scaglie, fra loro parzialmente sovrapposte e orientate tutte nel senso della punta della fibra; questo permette di limitare l’introduzione del terriccio o di altre sostante nel vello dell’animale. Lo spessore delle scaglie è utile per identificare le fibre dei diversi animali: nelle fibre di lana fine lo spessore varia da 8 a 10 µm, nel cashmere da 14 a 16 µm e nel mohair da 18 a 22 µm. Inoltre, la disposizione delle scaglie e il loro numero influenzano due aspetti importanti della fibra: il processo di feltratura e la lucentezza. Successivo è lo strato mediano, il cortice (cortex o strato interno) incluso nella struttura della cuticola; esso è composto

da milioni di cellule fusiformi e costituisce il 90% in peso della fibra. Le cellule del cortice sono avvolte e tenute insieme da un sottile complesso di membrane: le cellule dell’ortocorteccia e quelle della paracorteccia, che si distinguono e differiscono, sia pur se leggermente, nella loro struttura chimica. L’esistenza di questi due tipi di cortice è importante, perché porta alla spiegazione della caratteristica ondulazione della fibra di lana. Orto e paracorteccia, disposte nel cortice longitudinalmente tra loro, presentano una diversa reattività agli agenti esterni (umidità, calore, reattivi chimici ecc.) a causa della loro diversa composizione e struttura interna. Di conseguenza, si allungheranno o si retrarranno in maniera diversa e, poiché intimamente legate, creano la crettatura o ondulazione della fibra, che conferisce ai

prodotti di lana leggerezza, volume ed elasticità. L’ultima parte della fibra è il midollo, un canale interno presente solo nelle fibre più grossolane.

cellula cuticolare cellula corticale paracortex ortocortex

10 µm

22. Diagramma della struttura istologica di una fibra di lana.


capitolo 2.

2.3.

lana: proprieta’ morfologiche.

Le proprietà morfologiche della lana indicano com’è fatta una fibra e tra le più importanti vi sono: lunghezza, finezza, lucentezza, mano, densità o peso specifico, arricciatura e colore.

23. Raffigurazione delle ondulazioni presenti in un pollice inglese di diverse lane merino a confronto con il mohair.

Merino Superfine (24 ondulazioni per pollice)

Merino Fine (20 ondulazioni per pollice)

Merino Medio ( 16 ondulazioni per pollice )

La lunghezza delle lane varia moltissimo, i fattori da cui dipende sono: la razza dell’animale, il luogo d’allevamento e il periodo che intercorre tra una tosa e l’altra. La lunghezza di una fibra influisce sul valore commerciale, sulle caratteristiche del filato ottenibile e sulla filatura. In base alla lunghezza espressa in centimetri, le fibre si distinguono in: fibre corte (in generale quelle inferiore ai

6≈7 cm) da cui derivano i filati cardati dall’aspetto peloso irregolare e voluminoso, capaci di mantenere più calore; e fibre lunghe (superiori ai 7 cm, le migliori misurano da 12 a 24 cm) dalle quali si ottengono filati pettinati dall’aspetto pulito, poco voluminoso e omogeneo. La finezza indica il diametro della fibra, si misura in micrometri µm (unità equivalente a un millesimo di millimetro). La sezione della

fibra è raramente circolare e perciò difficile da misurare, per cui si fa riferimento al diametro medio. Il diametro medio varia a seconda della razza, si aggira dai 16-17 µm dei più fini merino, ad oltre 40 µm nei tipi di lane più grossolane. Il diametro medio è una qualità importante perché determina la misura del titolo (o massa lineare), che permette di misurare la finezza della fibra.

24. Diversi tipi di fibre naturali e capelli umani a confronto di finezza.

Merino Strong ( 12 ondulazioni per pollice )

Mohair ( 2 ondulazioni per pollice )

capelli umani 60 - 120 µm

lana 35 - 40 µm

lana fine

cotone

18 µm

15 - 20 µm

33


capitolo 2.

fibre

finezza (µm) lunghezza (mm) fibre paese produttore

25. Tabella con le caratteristiche delle fibre fini animali.

34

alpaca / lama

vigogna / guanaco

cammello

angora

mohair

cashmere

kaschgora

yak

22 - 25

10 - 20

18 - 26

11 - 15

24 - 40

15 -19

19 - 22

19 - 21

75

30 - 50

29 - 120

25 -50

75 - 100

25 - 90

50 - 60

30 - 50

Perù, Cile

Perù, Cile

Cina, Mongolia

Cina, Sud America, Francia

Sud Africa,Texas, Turchia,Australia, Argentina

Cina, Iran,Mongolia, Australia, Nuova Zelanda

Nuova Zelanda, Australia

Tibet, Cina, Mongolia

Nello specifico, il titolo esprime relazione fra il peso (o massa) espresso in grammi e la lunghezza del filo, espressa in metri. Esistono due sistemi di titolazione: la titolazione diretta, con cui si calcola quante unità di peso occorrono per formare un’unità di lunghezza (all’aumentare del titolo il filo aumenta di dimensione); e la titolazione indiretta, con cui si calcola quante unità di lunghezza occorrono per formare una unità di peso (all’aumentare del titolo il filo diminuisce di dimensione). In generale, più la finezza aumenta maggiore è il suo valore; su queste motivazioni la lana può essere classificata come extrafine (fino a 20 µm), fine (20-25 µm), comune (30-50 µm) e ordinaria (50-100 µm). La valutazione commerciale della fibra influisce anche sul grado o limite di filabilità, ossia l’indicatore di quanto filato si può ottenere da una determinata quantità di fibra. Il peso specifico (o densità) della lana è circa di 1,32gr/cm3 e indica

la massa, per unità di misura di volume, espressa in grammi per cm3. L’arricciatura è la forma caratteristica delle fibre di lana fini e prende origine nella regione di crescita del follicolo. L’arricciatura contribuisce a dare alla lana morbidezza, leggerezza, voluminosità, sofficità ed elasticità. Più la lana è fine, tanto più frequenti e regolari sono le ondulazioni. Il grado di arricciatura varia in modo considerevole nelle varie razze; massima nelle lane fini con circa 10 ondulazioni al cm. Se il colore della fibra si presenta chiaro ha maggiore pregio, in quanto è più semplice ottenere i risultati desiderati nelle operazioni di tintura. La lucentezza è la peculiarità dovuta alla rifrazione e alla riflessione della luce sulla superficie della fibra; più questa è uniforme maggiore sarà la sua lucentezza. Su di essa influiscono la disposizione delle

squamette: quanto più appiattite sono tanto più lucida è la fibra. Di base, le fibre naturali sono normalmente meno lucenti di quelle sintetiche e, per rendere queste ultime più simili alle naturali, spesso sono opacizzate con appositi trattamenti. I caratteri organolettici, cioè la sofficità e la voluminosità, si riassumono con il termine “la mano” della fibra. Una fibra ha una mano sostenuta se al tatto risulta rigida e poco soffice; ha invece una mano lenta se è morbida ed elastica alla pressione.


capitolo 2.

2.4.

lana: struttura chimica della lana. 26. Tabella componenti chimici della lana grezza.

componenti chimici

percentuale (%)

Carbonio

50 - 52

Idrogeno

6,5 - 7,5

Ossigeno

22 - 25

Azoto

16 - 17

Zolfo

3-4

Cenere

0,5

La lana, chimicamente, è una fibra proteica costituita principalmente da cheratina (una sostanza organica composta da carbonio, idrogeno, ossigeno e zolfo) e da grassi animali che, purificati prendono il nome di lanolina. La cheratina è il costituente essenziale della fibra di lana e di tutte le sostanze cornee animali (unghie, capelli, squame). Essendo una proteina insolubile in acqua e ricca di zolfo, essa è composta da 18 amminoacidi, che variano in percentuale sia da fibra a fibra e in relazione al tipo di alimentazione dell’animale che ha prodotto la lana. Tra questi amminoacidi bisogna notare la presenza di cistina e metionina, cioè di amminoacidi contenenti zolfo. La presenza di questo elemento, nella cheratina è del 3%, ed è causa dell’odore caratteristico di corno bruciato, che si libera dalla combustione della fibra. La lanolina si presenta come un grasso di consistenza semi-solida di colore bianco ed è il prodotto della purificazione del grasso della lana. ­Prima di raggiungere la filatura, la lana deve essere lavata. Il compito del lavaggio è di eliminare grasso, sudore e impurità vegetali o terrose.

Le impurità nel vello si possono distinguere in impurità naturali, applicate e acquisite. Le impurità naturali si depositano sulla fibra di lana durante la sua crescita e sono delle secrezioni di ghiandole della pelle della pecora; le impurità acquisite sono raccolte dall’animale al pascolo (polvere, sporcizia o vegetali come paglia, ramoscelli di erba); mentre le impurità applicate sono sostanze usate in trattamenti contro malattie e azione di insetti. Tutto il materiale estraneo alla fibra secreto dalla pelle della pecora e che aderisce al vello è indicato sotto il nome di yolk. Lo yolk comprende il suint e la cera di lana (o grasso). Il suint è secreto dalle ghiandole sudorifere (consiste in sali di potassio di acidi organici e inorganici) ed è la parte del yolk solubile in acqua fredda; mentre il grasso è la secrezione grassa delle ghiandole sebacee della pecora che è lasciata sul vello. Queste materie estranee e grasse sono eliminate per mezzo di ripetuti lavaggi in bagni alcalini tiepidi mentre le materie estranee residue sono tolte durante le operazioni di filatura (battitura, cardatura, pettinatura).

35


capitolo 2.

2.5.

lana: caratteristiche fisico - meccaniche.

La lana, chimicamente, è una fibra proteica costituita principalmente da cheratina (una sostanza organica composta da carbonio, idrogeno, ossigeno e zolfo) e da grassi animali che, purificati prendono il nome di lanolina. La cheratina è il costituente essenziale della fibra di lana e di tutte le sostanze cornee animali (unghie, capelli, squame). Essendo una proteina insolubile in acqua e ricca di zolfo, essa è composta da 18 amminoacidi, che variano

28. Tassi d ripresa ufficiali delle principali fibre animali.

in percentuale sia da fibra a fibra e in relazione al tipo di alimentazione dell’animale che ha prodotto la lana. Tra questi amminoacidi bisogna notare la presenza di cistina e metionina, cioè di amminoacidi contenenti zolfo. La presenza di questo elemento, nella cheratina è del 3%, ed è causa dell’odore caratteristico di corno bruciato, che si libera dalla combustione della fibra. La lanolina si presenta come un grasso di consistenza semi-solida di colore bianco ed è il prodotto

27. Grafico dell’ allungamento a rottura di lino, cotone, seta e lana.

Tenacità g/den

5

LINO COTONE SETA

20

10 0

36

A

B

Allungamento %

30

40 C

D

LANA

numero d’ordine

fibra tessile

tasso di ripresa %

1

lana pettinata

18,25

2

lana cardata

17,00

2

peli pettinati

18,25

3

peli cardati

17,00

3

crine pettinato

16,00

3

crine cardato

15,00

della purificazione del grasso della lana. ­Prima di raggiungere la filatura, la lana deve essere lavata. Il compito del lavaggio è di eliminare grasso, sudore e impurità vegetali o terrose. Le impurità nel vello si possono distinguere in impurità naturali, applicate e acquisite. Le impurità naturali si depositano sulla fibra di lana durante la sua crescita e sono delle secrezioni di ghiandole della pelle della pecora; le impurità acquisite sono raccolte dall’animale al pascolo

(polvere, sporcizia o vegetali come paglia, ramoscelli di erba); mentre le impurità applicate sono sostanze usate in trattamenti contro malattie e azione di insetti. Tutto il materiale estraneo alla fibra secreto dalla pelle della pecora e che aderisce al vello è indicato sotto il nome di yolk. Lo yolk comprende il suint e la cera di lana (o grasso). Il suint è secreto dalle ghiandole sudorifere (consiste in sali di potassio di acidi organici e inorganici) ed è la parte del yolk solubile in acqua fredda;


capitolo 2.

mentre il grasso è la secrezione grassa delle ghiandole sebacee della pecora che è lasciata sul vello. Queste materie estranee e grasse sono eliminate per mezzo di ripetuti lavaggi in bagni alcalini tiepidi mentre le materie estranee residue sono tolte durante le operazioni di filatura (battitura, cardatura, pettinatura). Il ciclo tessile di lavorazione della lana comprende una serie di operazioni (tosatura, lavaggio e sbianca, filatura e torcitura, cardatura e tessitura, tintura ecc.) durante le quali le fibre sono sottoposte a notevoli sollecitazioni termo-meccaniche. La lana è una fibra igroscopica,

indossa. La peculiarità della lana di essere igroscopica, fornisce al corpo umano la massima protezione contro repentini sbalzi di temperatura. Il tasso di ripresa è correlato a questa proprietà e rappresenta la massima percentuale d’acqua che una fibra può assorbire senza apparire bagnata. Nel caso della lana pettinata questo valore è al 18%, mentre nel caso della lana lavata è solo al 17%. La proprietà della lana di isolare il calore prende il nome di coibenza. Le fibre mantengono a lungo il calore grazie alla costituzione isolante di ciascuna di esse. Inoltre, la lana, per

cioè ha la capacità di assorbire l’umidità e di trattenerla al suo interno; può assorbire umidità fino al 33% del suo peso iniziale senza sembrare bagnata. La fibra si rigonfia e diviene meno rigida. Il vapor acqueo dell’ambiente, condensandosi sulla fibra, cede il suo calore latente di condensazione alla lana. Avviene dunque nella fibra uno sviluppo di calore che è tanto maggiore quanto più asciutta è la lana. Infatti, la lana umida assorbe meno il vapor d’acqua e il calore viene disperso dall’acqua già presente. Dalla coibenza della fibra deriva il senso di caldo, che la lana conferisce a chi la

la sua struttura arricciata, pelosa, parzialmente feltrata, racchiude un gran volume d’aria, impedendole l’uscita; essendo anche l’aria, a sua volta, un buon isolante termico ne deriva un ulteriore accrescimento di coibenza. La plasticità è un’altra grande caratteristica della lana; trattata con acqua calda o vapore e poi asciugata, mantiene per lungo tempo le forme o le pieghe impresse prima dell’asciugamento. Su questa proprietà si basa la

feltrabilità, fenomeno per il quale un ammasso di fibre di lana sottoposto all’azione meccanica di sfregamento e compressione, in ambiente caldo umido debolmente alcalino, si

29. Comportamento al calore delle principali fibre tessili.

trasforma in una massa compatta conosciuta sotto il nome di feltro,

FIBRa tessile

temperatura di transizione vetrosa

temperatura di rammollimento

temperatura di fusione

temperatura di decomposizione

lana

-

-

-

130° c

seta

-

-

-

150° c

cotone

-

-

-

150° c

scagliosa della fibra di lana. Le

lino

-

-

-

150° c

scaglie, sovrapponendosi ed essendo

canapa

-

-

-

150° c

nel quale le fibre risultano talmente intrecciate e saldate fra loro da rendere impossibile la separazione. La feltrabilità è dovuta alla struttura

orientate tutte nello stesso senso, cioè nel verso della fibra, fanno sì che le fibre scorrano liberamente fra

viscosa

-

-

-

170 - 220° c

acetato

170°- 180° C

190° -200° C

230° - 250° c

-

loro ma, nel senso opposto, sono

poliammidica 6,6

57° C

190° -200° C

230° - 250° C

-

ostacolate dalle loro stesse scaglie

poliammidica 6

50° C

170° -190° C

215° - 220° C

-

poliestere

80° C

220° -240° C

248° - 260° C

-

acrilica

85° C

200° -250° C

rayon

a 260° C Fonde Decomponendosi

che, alzandosi, favoriscono l’unione e l’aggrovigliamento. L’alzarsi delle scaglie è favorito oltre che dallo sfregamento anche dal calore.

37


capitolo 2.

Sul calore si deve sottolineare che, le fibre naturali sia vegetali che animali, sotto l’azione del calore, non fondono, ma si decompongono. La lana a 100°C diventa ruvida, a 130°C inizia a decomporsi, a 200°C imbrunisce e a 300°C si carbonizza. Le proprietà meccaniche della lana analizzate rappresentano il fattore fisico dominante, dal quale dipende il comportamento nei confronti di importanti processi di lavorazione (come filatura, tessitura, lavoro a maglia) e di manutenzione durante il loro ciclo di vita. Il comportamento delle fibre di lana, sia riguardo alla capacità di estendersi quando è applicato

38

un carico, sia a recuperare quando scariche, rientra nelle proprietà tensili della fibra di lana. Una tra le più importanti proprietà fisiche che deve avere una fibra è la tenacità. La tenacità, o resistenza unitaria alla trazione, indica il carico in grammi necessario per rompere un filo di finezza standard. In pratica, si misura il carico di rottura a trazione e si dividono i grammi ottenuti per il titolo. La lana non ha un’eccezionale tenacità, ma tra le fibre tessili ha un’elevata elasticità. L’elasticità è la capacità a lasciarsi deformare in modo reversibile, permettendo di valutate diversi aspetti come: l’attitudine che la fibra ha a essere filata, la resistenza all’usura e il

recupero elastico. L’allungamento per trazione varia moltissimo a seconda delle condizioni, in cui si effettuano le prove e il tipo di lana. Tenendo conto anche dell’allungamento iniziale, con il quale si ha l’eliminazione delle ondulazioni caratteristiche della fibra di lana, si raggiunge un allungamento dell’80%. Le fibre di lana in atmosfera umida o, comunque bagnate, si allungano ancor di più, comportandosi in maniera simile ai capelli. Un altro aspetto, che influenza l’elasticità, è la vitalità o nerbo, che indica la caratteristica antipiega della fibra tessile, da cui scaturisce l’indice

della sofficità della lana.


capitolo 2.

2.6.

razze ovine: classificazione. Le razze di pecora allevate per la produzione di lana si dividono in tre grandi gruppi: merino, incrociate e indigene.

La razza per eccellenza, quanto a produzione di lana, è la Merino, importata in Spagna in tempi remoti, forse dalla Siria, trovò in quel paese il clima adatto alla sua esistenza. La varietà più nota era l’Escuriale che, trasportata in Sassonia e in Slesia, fu selezionata accuratamente dagli allevatori tedeschi, dando origine all’Elettorale di Sassonia, la migliore razza del mondo, dotata di una lana brillante, soffice e sopraffina. La migliore merino ottenuta in Francia è la Rambouillet, presenta un maggiore sviluppo corporeo e, la lana raggiunge un altissimo grado di finezza. La Merino americana (o Vermont ) è stata ottenuta portando in America la Rambouillet e operando selezioni nella quali si tenne solo conto della finezza, come per l’Elettorale. La Vermont ha un vello sviluppatissimo a pieghe di grande resa. La merino australiana proviene da alcune merino Escuriali acquistate a Capo di Buona Speranza. Le merino

australiane superarono quelle spagnole e grazie alle successive importazioni della Rambouillet, della Vermont e della Elettorale portarono alla creazione di una razza di eccezionale resa. Le Merino del Capo discendono da alcune merino di razza Escuriale cresciute libere in grandi estensioni del Sud Africa. Ultimamente, queste, incrociate con le merino australiane, producono una lana di grande qualità. Le razze incrociate derivano da incroci fra merino e razze locali e sono destinate soprattutto per la produzione di carne fra le più importanti: la Cheviot e la Rommey (Inghilterra), la Frisia (Olanda) e la Vissana e Sopravissana (Italia). Altre tipologie di razza incrociata sono la Deccani (India), la Bucava (Persia), la Sarda e l’Altamura (Italia). Le razze indigene sono numerose e molto diffuse sul territorio e sono a loro volta classificate in differenti razze locali con la triplice funzione

di fornire lana, carne e latte. Tra le più importanti razze indigene troviamo la Shetland, che vive nelle omonime isole (situate fra l’Oceano Atlantico e il Mar del Nord), ed è dotata di una lana lucida elastica e leggera, particolarmente ideale per la maglieria. Al di là della più comune lana da pecora, esistono in natura altre lane o peli, spesso denominate “speciali”. Pur essendo fornite da specie diverse di animali, esse sono accomunate da una ridotta lunghezza e considerate per questo fibre discontinue. Sul mercato le lane più importanti per volume di produzione o valore economico sono quelle provenienti dalla famiglia dei camelidi (come cammelli, dromedari, vigogne, alpaca, lama e guanaco), dai caprini (come le capre di cashmere, d’angora e cashgora), dei bovidi (come gli yak) o dei roditori (come il coniglio di razza Angora). Le fibre di ogni specie hanno caratteristiche diverse e uniche.

39


capitolo 2.

2.6.1.

lana di cammello. Il cammello fa parte del genere camelus e comprende due specie: quello con una gobba, camelus dromedarius (dromedario o cammello arabo) e quello a due gobbe, propriamente detto cammello, cioè camelus bactrianus, dell’Asia orientale e centrale, che vive in climi molto freddi ed è utilizzato dai Tartari, Mongoli e Cinesi. Il vero pelo di cammello è ottenuto dal cammello bactriano, che sviluppa, durante l’inverno, un pelame molto lungo e folto. Il colore più comune è il rosso bruno, con varianti dal marrone al grigio. Il

pelame del cammello è di due qualità: quello di superficie più grossolano, che raggiunge i 37,5 cm di lunghezza; e quello sottostante, borra o duvet, simile a quello della capra cashmere, molto fine e morbido e con elevate proprietà termiche, ha una lunghezza di 2,5 – 12,5 cm. La borra è di colore rossastro o bruno chiaro. Il pelame non è tosato in primavera, ma si stacca a masse che pendono lungo il corpo, o strappato con le mani, o raccolto al suolo. Il migliore duvet è quello degli animali giovani. La finezza del pelame è di 17-23 µm.

30. Cammello

“ le fibre di ogni specie hanno caratteristiche

32. Lama 33. Alpaca

diverse

31. Dromedario

e uniche ” 2.6.2.

lana di camelidi.

Il lama (o camelidi sudamericani) sono molto differenti da quelli afro-asiatici, noti anche con il nome di Auchenidi, dal greco aukhén (collo) per il grande sviluppo del collo, che caratterizza il portamento di questi animali.

40


con pelo compatto e molto pregiato, setoso e lucido. Il vello è ordinario, mentre il sottopelo è fine ed ha una lunghezza che varia da 5 ai 20 cm e una finezza di circa 25 µm. I suoi colori sono il bianco, il grigio, il bruno e il nero. Il guanaco vive in Patagonia allo stato brado e non sopporta la tosatura, infatti, per ottenere il suo pelo, è spesso ucciso. Il guanaco è utilizzato principalmente in pellicceria poiché il suo pelo assomiglia a quello della volpe rossa. Il pelo presenta una lunghezza che varia tra 2 e 8 cm, con una finezza che si aggira ai 28 µm. La vigogna vive allo stato selvaggio sulle montagne quasi inaccessibili della cordigliera del Perù, della Bolivia e del Cile ad altezze dai 4000 ai 6000 mt. Non

capitolo 2.

Le forme viventi sono quattro e vivono nelle regioni andine: il lama e l’alpaca sono allevati, mentre la vigogna e guanaco vivono allo stato selvaggio. Il lama è un camelide molto simile al cammello che vive sulle Ande, tra Perù e Argentina; è utilizzato come animale da soma e per la produzione di carne e lana. La produzione pilifera del lama è meno pregiata, il sottopelo si presenta lucido e morbido ed è ottenuto dalla tosa. Il mantello può essere di quattro colori: bianco, marrone bruciato, grigio e nero. L’alpaca è il più diffuso del gruppo dei camelidi. In esso si distinguono due sottorazze: la huacayo, che assomiglia al lama ed ha il pelo ondulato; la suri (tipica del Perù) di mole minore

34. Vigogna

sopravvivendo in cattività, questi camelidi per essere tosati sono radunati ogni due anni in branchi e poi lasciati nuovamente liberi. Essi possiedono un vello ordinario e un sottopelo morbido, finissimo e leggerissimo. È molto

35. Guanaco

apprezzata la produzione pilifera biancastra della porzione inferiore del petto e del ventre; il pelo del collo è il più pregiato in quanto estremamente fine. Il pelo è lungo mediamente 4-8 cm, con un diametro che si aggira sui 14 µm. È

il pelo più costoso in assoluto, destinato a un mercato particolarmente di nicchia. Le tonalità cromatiche di questo animale sono cosi tipiche da caratterizzare il colore dei tessuti che si ottiene con esso (color vicuña).

2.6.3.

lana di capre. A questo gruppo appartengono la capra del Kashmir (dalla quale si ottiene la pregiata fibra del cashmere) e la capra d’Angora (dalla quale si ottiene la fibra del mohair ). 41


capitolo 2.

37. fibra Cashmere

36. Cashmere

In dettaglio, il pelo conosciuto con il nome di cashmere proviene dalle capre allevate soprattutto nell’Asia centrale: Tibet, Mongolia, India del nord, Cina, Iran e Afganistan. La più fine lana cashmere è prodotta in Mongolia e Cina del nord, quella meno fine in Iran. Ogni animale produce da 400 gr a 1 Kg di vello lungo e ruvido, le fibre lanose di

42

cashmere hanno una lunghezza da 2,5 ai 9 cm mentre per quelle setolose da 4 a 20 cm; la finezza delle fibre lanose varia da 7 a 28 µm, mentre quelle setolose varia da 4 a 45 µm. La fibra ottenuta dalla capra Kashmir è la più costosa che esista in commercio. È una fibra molto fine e delicata, ha poca resistenza e si usura facilmente. Spesso per diminuirne

il costo è mischiata con la seta, ottenendo comunque un prodotto con caratteristiche notevoli. Il nome cashmere venne dato in Francia ai pregiati scialli fabbricati con il duvet proveniente dalle località asiatiche. Il vello aperto ha pelame lungo e piuttosto ruvido; il sottovello o borra è invece liscio, morbidissimo, soffice quasi serico. Il colore bianco è maggiormente

diffuso ed è il più pregiato, anche se vi sono soggetti marroni, tendenti al grigio o al bruno rossiccio. La raccolta della borra avviene nel mese di giugno per pettinatura.

Il Mohair è il pelo della capra d’Angora, originari dell’Asia Minore. Questa capra deve il suo nome alla zona di Ankara (antica Angora, Turchia) dove era allevata migliaia di anni fa. Oggi il primo e il più importante produttore è il sud- Africa seguito dal Texas e dall’ Anatolia. Questa fibra è apprezzata per la sua lucentezza, perchè tiene

caldo ed è resistente all’uso. Il pelo è piuttosto lungo (15- 25 cm) con finezza che varia dai 15 ai 90 µm, di colore bianco, lucente quasi argento, poco arricciato e molto resistente all’usura. Il pelo, caratterizzato da un numero limitato di squame, favorisce la lucentezza e infeltrisce poco al lavaggio. Il capretto possiede il pelo più

pregiato (kid mohair). La capra è tosata due volte all’anno ottenuto dalla tosa dell’animale adulto, dai capretti non ancora adulti si ottengono due tipologie di mohair più fine: il kid autunnale, derivato dalla tosa di capretti di 5-6 mesi praticata in autunno, e il kid primaverile, che deriva dalla tosa praticata sugli animali di 10 mesi in primavera.


capitolo 2.

38. Mohair

39. Vello del mohair.

43


capitolo 2.

2.6.4.

lane di bovidi.

40. Coppia di esemplari di Yak.

Al gruppo dei bovidi appartiene lo yak. Lo yak vive sugli altopiani del Tibet ad altitudini tra i 4000 e i 6000 metri. Esso si differenzia dai bovidi per molteplici caratteri morfo-fisiologici; un esempio è la coda simile a quella del cavallo, con crini lunghi, folti, ondulati. Dello yak si sfrutta soprattutto il sottopelo (o borra), scarsamente provvisto di grasso. La raccolta del pelo, che avviene in primavera, si ottiene raccogliendo le masse

44

che si staccano spontaneamente, oppure strigliando il ventre, le spalle e i fianchi dell’animale. La fibra presenta una lunghezza di 3-5 cm e una finezza che vai dai 15 ai 19 µm. Di questa categoria fanno parte due fibre: il kinair e il cashgora. Il kinair, è una fibra ottenuta dall’incrocio fra una capra ibrida d’Australia e un maschio di capra d’Angora. Il nome kinair ha una duplice derivazione: kin è l’iniziale di Kinross, una

cittadina scozzese in cui ha sede Animal Fibres (che cura in Australia l’allevamento della nuova capra) mentre air è la parte terminale di mohair, ovvero la fibra prodotta dalla capra di Angora. Il kinair è il sottopelo dell’animale ed è raccolto mediante pettinatura. La sua finezza (di 21 µm) e la sua “mano” (che si pone fra il cashmere e il kid-mohair) collocano questa fibra fra le lane rare e pregiate.


capitolo 2.

2.6.5.

Lane da incroci. La fibra del cashgora è stata ottenuta dall’incrocio della capra con quella del mohair, ottenendo, così, una nuova capra dal vello pregiato, che produce una fibra forte e lunga come il mohair e morbida come il cashmere. La maggior parte della produzione di questa fibra proviene dalla Nuova Zelanda.

41. Cashgora.

42. Fibra di Cashgora.

43. Coniglio d’Angora.

2.6.6.

pelo di coniglio.

Molti sono gli animali che forniscono i loro peli al settore tessile. Tra questi troviamo il coniglio di razza Angora, roditore originario della Turchia ma oggi allevato in vari paesi. Il pelo è ottenuto o pettinando l’animale o per tosatura, praticata con le forbici ogni tre mesi circa che raccoglie ogni volta da 200 gr a 500 gr. Il pelo bianco e serico è tanto scivoloso da rendere difficili le operazioni di filatura e tessitura. Le finezze delle fibre lanose vanno dai 10 ai 30 µm e i prodotti ottenuti sono soffici, morbidi e ricercati. 45


Il processo di lavorazione


03 capitolo



capitolo 3.

La filatura. La filatura è un insieme di operazioni che trasformano un ammasso di fibre grezze in filato, ovvero in un filamento resistente, omogeneo e sufficientemente lungo da poter essere adoperato nella fabbricazione dei tessuti o nelle confezioni a maglia. La filatura si compone di numerose fasi di lavorazione, tra queste

3.1.

INTRODUZIONE: LA FILATURA

la torcitura è la fase di maggiore rilievo, questa avviene nei filatoi che conferiscono resistenza ai filati e uniscono fra loro le fibre.

3.2

PREPARAZIONE ALLA FILATURA: LANA DA CARDA E LANA DA PETTINE. A seconda l’origine della fibra, la filatura segue una successione di complesse operazioni. Le operazioni principali di preparazione alla filatura, valide per tutti i tipi di fibra sono: la cernita, la pulitura - suddivisa in apertura, battitura e lavaggio - e ultima l’ensimaggio. La cernita e la pulitura sono passaggi di classificazione delle diverse parti dei velli, i quali sono classificati in

base alla finezza, la lunghezza, il colore e la resistenza. La lana cernita viene liberata dalle scorie più grosse (come rametti, terra, foglie, ecc.) per passare poi alla fase di apertura e battitura. Nel processo di apertura la fibra è pulita e districata con appositi macchinari chiamati apritoi, i quali eliminano le impurezze, i nodi delle fibre e la peluria più corta. Qui ha

inizio la prima fase del processo di parallelizzazione, che comporta la disposizione delle fibre in un determinato orientamento. La fase successiva all’apertura è la battitura, effettuata con cilindri battitori che staccano le scorie aderenti alle fibre. Le fibre escono dalla battitura ammorbidite, separate, con poche impurezze e di lunghezza variabile e formano uno strato largo, irregolare,

44. vasca leviathan lavaggio lana da sinistra a destra: -rullo immersore -forche di avanzamento -rulli di trasportatori -cilindri spremitori

49


capitolo 3.

50

soffice simile all’ovatta, detto falda o tovaglia. La lana viene messa in apposite caselle e trasportata al reparto lavaggio. Nella fase di lavatura la lana è trattata con acqua calda, alcali e saponi (o altri detersivi) e passa attraverso cinque vasche, in cui si libera completamente da grasso e impurità terrose. Nella prima vasca non è immesso sapone, in modo che dall’acqua sporca di scarico si possa estrarre il grasso puro, la lanolina, che sarà poi impiegato nell’industria chimica e farmaceutica. La lavatura è una fase delicata; la lana sotto l’azione dell’attrito dell’acqua calda tende a feltrare con rischio di gravi danni. Il lavaggio eseguito in acqua con sapone e carbonato di soda, che riduce il colore giallogno della lana, oltre ad eliminare le impurità presenti nella massa fibrosa (come terra, sterco, sostanze grasse), dona alla lana un aspetto gonfio, morbido e un minimo grado di feltratura. Queste prime fasi privano la lana delle proprie sostanze naturali. Quando si tenta di separare e distendere le fibre, queste, a causa dell’andamento crespo e della loro caratteristica struttura a scaglie, tendono ad aggregarsi, a compattarsi ed ha spezzarsi facilmente. Pertanto, è necessario restituire alle fibre lavate le ideali

3.3.

CARDATURA E PETTINATURA.

45. Cardo del lanaiolo (Carduus). 46. Cardo essiccato e scadassi a mano.

condizioni di lavorabilità della fase iniziale di lavaggio. La lana, dopo essere stata asciugata, mediante essiccatoio ad aria calda, viene successivamente oliata. Questa fase di re-ingrassatura è detta oliatura (trattata con olio d’oliva o oleina). Un’emulsione di oli vegetali e animali (detto anche

oli di ensimage), distribuiti tramite spruzzatori, favoriscono lo scorrimento delle fibre per le successive fasi di lavorazione e non ne provocano la rottura. La lana riacquisisce una morbidezza simile a quella originaria, ma senza la presenza di nodi e di impurità.

Le fibre discontinue, dopo essere state sottoposte a pulitura, sono pronte alle preliminari operazioni di filatura. Ciò che determina il ciclo di lavorazione meccanica a cui le fibre sono sottoposte, nel contesto della filatura dipende dalla loro lunghezza, dalla loro finezza e dalla loro qualità. Infatti, le fibre più corte sono indirizzate a un ciclo di filatura breve (ciclo di filatura cardata), mentre quelle più lunghe affrontano un ciclo di filatura più complessa, che comprende sia la cardatura che la pettinatura (ciclo di filatura pettinata). In antichità, la era effettuata con le inflorescenze essiccate del cardo, le quali agganciavano le fibre con le loro spine legnose e tirandole, le districavano. Oggi, essa si ottiene invece grazie alla cardatrice, un macchinario composto da grossi rulli muniti di denti metallici con punta ricurva (scardassi), che apre le fibre, le districa le e orienta, rendendole parzialmente parallele. L’unione delle fibre costituisce un velo, detto velo di carda. Il velo ottenuto passa attraverso lo stiratoio dovendo essere assottigliato. Questo meccanismo si compone di coppie di cilindri rotanti


capitolo 3.

suddivise in: cilindri superiori (detti cilindri di pressione) e cilindri inferiori (detti cilindri di stiro ), che permettono di allungare e tirare le fibre, rendendo la struttura del semilavorato più sottile e omogenea. Per assicurare la presa dei cilindri sulle fibre, quelli superiori sono rivestiti con materiale elastico e vengono pressati fortemente su quelli inferiori, che invece hanno delle scanalature. In questa fase si ottengono una parallelizzazione e un assottigliamento delle fibre. Il velo di carda viene poi tagliato in strisce continue, detti nastri di carda. I nastri, sottoposti a leggere trazioni e torsioni formano un filamento cilindrico soffice e lanoso detto bindello, dal diametro di due centimetri. Il bindello dopo una successiva stiratura e torsione si assottiglia e acquista consistenza, le fibre, con la torsione, si legano maggiormente tra loro, dando origine allo stoppino. Gli stoppini sono pronti per essere filati. Il processo di pettinatura è eseguito per permettere la filatura di filati pregiati e molto fini. La pettinatura, rispetto alla cardatura produce filati più resistenti, con maggiore torsione e stiratura. Le bobine di nastro cardato arrivano nel reparto pettinatura dove subiscono un’operazione meccanica che elimina le residue parti vegetali, disponendo parallelamente le

01 - Ovatta da cardare 02 - Orfani di trascinamento 03 - Cilindro che spezza l’ovatta e la proietta contro il tamburo grande 04 - Tamburo grande che ruota ad alta velocità 05 - Ricci in catena con velocità inferiore a quella del tamburo grande

06 - Cilindro raccoglitore fibra cardata 07 - Pettine collettore 08 - Cilindri laminatori 09 - Stoppino 10 - Cilindri laminatori

47. 48.

47. Velo di carda, fasi di lavorazione. 48. Cardatrice con ricci in catena per lane e fibre corte. 49. Cilindro di stiro. La velocità di rotazione del cilindro di stiro è, nell’ordine progressivo, più elevato nel cilindro successivo rispetto al precedente tanto che nel quarto cilindro sarà sei volte maggiore che nel primo. 49.

fibre ed asportando quelle aggrovigliate o corte (detti cascami di pettinatura o blouses). Dalla pettinatura si ottiene un nastro regolare pettinato (o top). Prima di proseguire il suo percorso il nastro passa in una macchina detta lisciatrice,

dove sottoposto a lavaggio elimina l’olio applicato in precedenza nella cardatura. Gli ultimi passaggi prevedono la preparazione alla filatura tramite macchine di stiro e accoppiamento, che hanno il fine di dare la massima regolarità al

nastro. I nastri separati in bindelli e successivamente in stoppini, vengono avvolti in bobine pronti per affrontare le operazioni di filatura. La pettinatura produce un filato resistente a maggiore torsione e stiratura rispetto alla cardatura.

51


capitolo 3.

3.4.

TIPOLOGIA DI TORCIMETRI. Entrambi i cicli di lavorazione, sia che si tratti di fibre corte o di fibre lunghe, convogliano i loro stoppini nei filatoi (o torcimetri ), dove avviene la filatura vera e propria, ossia la torcitura degli stoppini, attraverso la quale si otterrà il filato. La filatura si esegue con il filatoio, attualmente in utilizzo. Nell’industria tessile esistono diverse tipologie di torcimetri, i più comuni sono: il filatoio intermittente (o self-acting ), il filatoio ad anello (o filatoio continuo o ring), il filatoio open-end (O.E.), il filatoio a getto d’aria e infine il filatoio a condensazione. Il filatoio intermittente è stato il primo filatoio ad essere inventato. La sua prima versione fu introdotta da James Heargraves nel 1765, poi migliorato e superato dalla versione meccanica di Samuel Crompton nel 1779. Il filatoio self-acting è caratterizzato da fusi, ossia da cilindri dotati

52

di rapido movimento rotatorio, che scorrono continuamente avanti e indietro per mantenere un costante stato di torsione del filo, sia prima sia dopo l’avvolgimento sul supporto. In questo modo, si evitano rilassamenti irregolari delle fibre, garantendo un’alta uniformità di avvolgimento. Il torcimetro self-acting attuale permette di realizzare un prodotto di ottima fattura, migliore rispetto al più utilizzato filatoio ad anello, ma la sua resa di produzione piuttosto bassa ha comportato un progressivo calo d’utilizzo. Il suo impiego è concentrato soprattutto nel ciclo cardato per la filatura di lana o di fibre pregiate come il cashmere. Il filatoio ad anello è il filatoio più comune e tradizionalmente noto anche come filatoio continuo o ring. Tale torcimetro consente un’alta velocità di filatura e una resa produttiva superiore a quella del filatoio

intermittente. È adatto alla produzione di filati di diverso spessore, anche molto sottili, e impiegato soprattutto per la produzione di filati pettinati di cotone, lana e fibre sintetiche. Lo stoppino, costantemente alimentato dalle bobine, passa attraverso una serie di cilindri per lo stiro e prima di essere avviato al banco dove sono fissati i fusi, ciascuno viene circondato da una ghiera (anello), sulla quale scorre ad alta velocità un anellino (cursore), entro cui passa il filo. La rotazione dei fusi e la velocità del cursore e del filo, consentono la torsione dello stoppino e l’avvolgimento (incannatura) del filato prodotto su appositi supporti. La regolarità della torsione e l’uniformità dell’avvolgimento sono garantite dai particolari movimento di fuso, di cursore e di ghiera: la rotazione del fuso provoca un avanzamento con trascinamento del cursore,


capitolo 3.

mentre la ghiera alzandosi

filo già prodotto. Al termine

e abbassandosi ne

delle operazioni il filato è

accompagna il movimento.

direttamente avvolto sulla

Il filatoio Open End, introdotto negli anni’ 60 è caratterizzato dalla presenza di un rotore. Esso è un torcimetro molto più veloce rispetto ai precedenti descritti, ma le sue torsioni sono meno regolari e costanti. Per questo motivo viene impiegato nella lavorazione delle fibre di qualità mediobassa, per esempio le fibre più corte di cotone, dando come risultato filati di spessore maggiore adatti

rocca . Il filatoio a getto d’aria è caratterizzato da una torsione impartita attraverso la rotazione di un flusso d’aria controllato. Il torcimetro è alimentato dal nastro e le fibre, attraversati i rulli di stiro, sono sottoposte all’azione di un vortice d’aria alternato nei due sensi, che ne ritorce le estremità libere sul filo già prodotto. Il risultato è un filato che, per struttura, è simile a quello derivante dal filatoio ad anello.

01 - Stoppino che entra nei cilindri di stiro 02 - Serie di cilindri di stiro 03 - Aspiratore Cascami 04 - Guidafilo 05 - Anellino 06 - 07 Rotaia circolare sulla quale scorre l’anellino; la rotaia è fissa al bancoe ha un movimento alternato continuato 08 - Tubetto avvolgifilo 09 - Fuso ruotante

soprattutto per lenzuoli e tessuti da lavoro. Il

Il filatoio a condensazione

filatoio Open End, essendo

corrisponde ad un analogo

alimentato direttamente

anello tradizionale, nel

da un nastro, non include

quale i cilindri di stiro sono

il passaggio attraverso i

affiancati da un sistema

cilindri di stiro e i fusi. Il

di aspirazione continua in

nastro di alimentazione

grado di condensare le fibre,

viene aperto interrompendo

ottenendo, cosi un filato

la continuità dello stoppino

caratterizzato da scarsa

e separando le fibre tra

pelosità, migliore regolarità

loro, per poi avviarle

e superiore tenacia. Il

verso il rotore – ovvero un

prodotto che ne deriva è,

componente meccanico

pertanto, utilizzabile nella

che ruota intorno al proprio

produzione di articoli più

asse ad altissima velocità

sofisticati.

50.

50. Schema di filatoio ad anello. 51. Schema del filatoio Open End. 52. Particolare del filatoio ad anello.

– e impartisce alle fibre una torsione non influenzata dal

51.

52.

53


capitolo 3.

3.5.

la torcitura e le operazioni di finissaggio. soffice

media

Z

Z

Z

S

forte o dura

S

Z

Z

la torsione dei singoli capi Z è quasi annullata da quella finale S.

Usi: per la maglieria esterna; per la trama di tessuti a navetta ; per orditi e trame di tessuto a navetta a pelo.

La torsione dei singoli capi è diversa uno è Z e l’altra è S. Con la torsione finale a Z si rinforzano tenacità e la stabilità del singolo a Z, mentre si detorce il singolo S conferendo pienezza, morbidezza ed elasticità. è il tipo più usato. Usi: per trame ed orditi nei tessuti a navetta; per la maglieria esterna a mano sostenuta e scattante.

Z

Z La torsione dei singoli capi a Z è accentutata da quella finale, acnora a Z, ottenendo l’effetto cordonetto.

Usi: per filati da cucire (cucirini); pe rgli orditi dei tessuti a navetta particolarmente resistente.

Il “capo” o i “capi” di un fialto sono l’insieme di fili discontinui che lo compongono, tenuti assieme da una torsione. Il filato può essere composto da un solo capo o da più capi ritorti tra loro. capo singolo

ritorto semplice

ritorto composto

filato accoppiato

Per ottenere un filato da uno stoppino è indispensabile impartire delle torsioni che leghino tra di loro le fibre. La torsione è il movimento a spire impartito alle fibre, ed è l’azione su cui ruota tutto il processo di filatura. In dettaglio la torsione si compone di due elementi che la determinano: il grado di torsione e il senso di torsione. Il grado di torsione è la quantità di giri o spire presenti in una determinata lunghezza. Il maggiore o minore grado di torsione incide, in modo rilevante, sulle caratteristiche del filato dalla resistenza sino al suo aspetto, passando alla formazione del pilling. Se il numero di spire è limitato (grado di torsione basso) si ottiene un filato gonfio, lanuginoso e morbido, mentre con l’aumentare del grado di torsione, il filato diventa più fine, sottile e più resistente. 53. Tabella,tipologia di filati ritorti semplice. 54. Tipologie di filati ritorti semplice.

54

Un numero elevato di spire permette di mantenere “cementate” le fibre più corte, riducendo il fenomeno del pilling. Oltre al grado di torsione il secondo elemento che incide sull’operazione di torcitura è il senso di torsione. La torsione dei filati sia semplici che ritorti è sempre relativa all’impiego a cui questi sono destinati: un filato con eccessiva torsione dà un tessuto rigido; un filato con torsione debole dà un tessuto a “mano” cascante e scarsa resistenza. Dopo la torsione i filati subiscono una ritorcitura fatta in senso contrario alla torsione, allo scopo di migliorare la resistenza del filato finale e uniformare maggiormente l’aspetto. Il risultato finale prende il nome di filato ritorto che può essere: filati ritorto semplice o filato ritorto composti.


di rilievo generati da torsioni particolati, nella tabella sono visibili le varie tipologie di questa categoria. Da qualsiasi fibra provenga il filato si eseguono delle operazioni di rifinitura (o finissaggi) come la ritorcitura, il candeggio, la tintura. La ritorcitura consiste nel ritorce insieme due o più capi, dando ad essi per lo più una torsione orientata in senso contrario a quella dei filati semplici. Il candeggio ha lo scopo di imbianchire i filati sia per migliorarne l’aspetto,

capitolo 3.

I filati ritorti semplici sono costituiti da uno o più fili ritorti insieme, mentre i ritorti composti sono quelli che risultano dall’unione di due o più ritorti. I filati possono essere distinti in base alla torsione che hanno subito durante la loro lavorazione e agli effetti derivati da essa. Si hanno, cosi, filati lineari più tradizionali sottoposti a una lavorazione meno complessa, l’esempio classico è quello del filato pettinato a tinta unita; e filati fantasia che presentano effetti di colore e

attenuando il colore giallognolo naturale, sia per renderli più idonei ad essere tinti in colori chiari. Si ottiene impiegando l’anidride solforosa per la lana. La tintura e la stampa hanno lo scopo di conferire le volute colorazioni ai filati quando ciò non è fatto sulla materia prima.

55. Tabella, tipologie di filati fantasia.

55.

denominazione e descrizione

schizzo

denominazione e descrizione strappato

Ondulato o Ondè Il filato si presenta ondulato regolarmente. Il filato d’effetto ha maggiore sviluppo ed è, generalemente, di grossezza superiore all’anima, mentre la legatura può essere assente. Si hanno ondulazioni ampiezza limitata e regolare.

anima

effetto

arricciato o frisè Il filato arricciato si presenta con aspetto più o meno crespato. Tecnicamente è un ritorto composto da tre capi in cui l’efffetto produce un percorso a zig zag, mentre la legatura finale presenta, molto spesso, senso contrario. L’aspetto finale saràdi superficie granulosa con mano leggermente crespa.

Il filato si presenta strappato con ciuffi di pelo di lunghezza elevata. Ottenuto da un filato anellato è, quindi, un ritorto composta da tre capi, in cui le grosse boccole sono state tagliate e cardate.

anima

effetto legatura

annodato o nappé o node anima

effetto legatura

anellato o bouclé Il filato arricciato si presenta con anelle o boccole ( anse a occhiello formate dalla torsione del filato di effetto) di grandezza variabile, distanziate piuttosto regolarmente e con tratti più o meno lunghi. Tecnicamente è un ritorto composto a tre capi di cui la legatura è indispensabile per tenere salde le boccole.

schizzo

Il filato arricciato si presenta con forti ingrossamenti (o nodi) a intervalli regolari. Tecnicamente è un ritorto composto da tre capi, in cui l’effetto è fortemente ritorto in un punto preciso, denominato nodo. La legatura, torta in senso contrario, permette di fissare il nodo.

anima

effetto legatura

ciniglia anima

effetto legatura

Il filato arricciato si presenta con un aspetto peloso e gonfio, morbido al tatto. Durante il processo di torsione, ciuffetti di pelo diritti e voluminosi sono immessi fra due capi attraverso particolari procedimenti. Si può anche ottenere tagliando un filato anellato fittissimo.

55


capitolo 3.

3.6.

i prodotti della filatura.

Al termine del tradizionale processo di filatura, si ottengono filati unici che possono essere classificati in base alla loro composizione e al ciclo di lavorazione. La composizione dei filati è un elemento determinante per la valutazione economica, in quanto le caratteristiche derivano direttamente dalle fibre da cui sono costituiti. I filati si distinguono in: filati puri, costituiti integralmente dalla stessa fibra, e filati misti, costituiti da filati da due o più fibre diverse. I filati che derivano da questo ciclo di lavorazione sono: filati pettinati, i filati cardati e i filati semipettinati. I filati pettinati presentano superiori caratteristiche meccaniche e fisiche, solitamente sono più regolari, più resistenti, meno pelosi e più sottili. Ciò che rende questa la categoria di maggior pregio è l’impiego di fibre fini, tenaci e soprattutto lunghe (non più corte di 5 cm nella lana). La lavorazione per l’ottenimento di questi filati richiede un maggior

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numero di operazioni ed è svolta in modo più accurato rispetto a quella dei filati cardati. In genere i filati pettinati si ottengono da fibre vergini, cioè da fibre che, non avendo subito alcuna lavorazione di filatura, sono integre in tutte le loro caratteristiche. I filati cardati sono composti da fibre corte disposte in modo disordinato; all’interno del filo l’aria contenuta tra le diverse fibre fa sì che la mano del prodotto sia gonfia,

voluminosa e leggera. Queste caratteristiche si sono volute mantenere attraverso una torsione più leggera, che comporta una maggiore formazione di pilling e una resistenza all’usura inferiore a quella dei pettinati. I filati semipettinati sono ottenuti da fibre di media lunghezza che subiscono un processo di filatura analogo a quello del pettinato, seppur la pettinatura cui sono sottoposte risulta meno intensa.


capitolo 3.

3.7.

titolo dei filati.

I filati in commercio si classificano in commercio in base alla grossezza. Non esistendo strumenti adatti per identificare la misura del diametro dei filati, che sono irregolari, si è arrivati a prendere in considerazione la relazione che intercorre tra la lunghezza del filato e il suo peso, relazione che può esprimersi con un numero ben definito, chiamato titolo. Il titolo di un filato è un sistema di misurazione convenzionale. Nel tempo sono stati ideati e utilizzati diversi sistemi di titolazione che variano da paese a paese e da fibra a fibra. L’Unione Europea introdusse nel 1980

un sistema internazionale, denominato Tex, che sarebbe dovuto diventare lo standard comune per la misurazione della grossezza dei filati ma, non avendo questo il successo immaginato si è continuato ad utilizzare i diversi sistemi di titolazione. I sistemi di titolazione più usati sono: il sistema diretto e il sistema indiretto. Nel sistema di titolazione diretto si mantiene costante la lunghezza del filato, andando a indicare le variazioni di peso. Questi sono considerati sistemi di titolazione diretti poiché alla crescita del titolo aumenta in modo direttamente proporzionale la grossezza del

filato. I sistemi di titolazione più usati sono il Tex e il Denari (Td). Il primo anche se non si è radicalmente diffuso indica il peso in grammi di 1000 metri di filato, mentre il sistema in Denari è applicato alla seta e ai filamenti di fibre chimiche. I sistemi di titolazione indiretta (detti anche di numerazione) mantengono costante il peso del filato, mentre a variare è la lunghezza. In questo caso all’aumento del titolo cala la grossezza del filato. I sistemi di titolazione indiretta più usati sono quello l’Inglese Cotone (Ne), il sistema metrico (Nm) e il sistema chilogrammetrico (Nkgm).

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knitwear fashion


04 capitolo


knitwear fashion

X.


capitolo 4.

knitwear fashion.

la maglieria nella moda, dal ventesimo secolo ad oggi.

‹‹La maglia ha un problema d’immagine […] l’apparente semplicità della lavorazione è profondamente radicata nella percezione collettiva. In genere si tende a sottovalutare il fatto che, una volta superata la fase da principiante, il lavoro ai ferri, può raggiungere alti livelli di complessità e significato››

Nella sua forma più essenziale lavorare a maglia consiste nel fabbricare un tessuto composti di colonne verticali intrecciando un filo continuo. Il lavoro può essere eseguito a mano, con due o più aghi da maglia, o con un apposita macchina. Ma lavorare ai ferri è più di un abilità o di un’attività, è un atto carico di significato culturale. Molti lo associano ad un’atmosfera

domestica e alle donne, spesso anziane a dire il vero. E nella nostra mente spesso l’associazione non è con indumenti di alta moda. In realtà questa visione è parziale ed errata, la maglieria occupa un posto importante nella moda, anche se alle volte il percorso per ottenere quel riconoscimento è stato lungo e tortuoso.

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capitolo 4.

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56.

57.

56. Ritratto del Dottore Gustav Jager, medico biologo tedesco, 1880. 57. Saggio, Normalizzare l’abbigliamento per tutelare la salute, 1880. 58. Cyclism Sportwear, 1896- 1898, Metropolitan Museum, New York.

62


capitolo 4.

4.1.

I cambiamenti nel XIV secolo. Sport e salute rivoluzionano la moda.

Nei primi del Novecento, grazie alla scoperta dello sport femminile, si afferma un tipo di abbigliamento informale, comodo e a buon prezzo. Protagonista indiscussa di questa rivoluzione è la MAGLIERIA.

59.

60.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento i dibattiti d’igiene e sugli stili di vita sani divennero d’attualità e fu cosi che nel 1880 la maglieria ricevette un inatteso sostegno dal mondo della medicina. Il dottor Gustav Jager, medico biologo tedesco, pubblicò un saggio ( Normalizzare l’abbigliamento per la tutelare la salute) nel quale sosteneva la necessità di indossare a diretto contatto con la pelle solo tessuti ricavati da fibre animali per ragioni di salute e d’igiene. L’azienda inglese che prese il suo nome si specializzò nella fabbricazione di indumenti intimi lavorati a maglia per uomini e donne. Questi articoli, presto furono soprannominati jaegers non erano alla moda ma alimentarono i dibattiti pubblici sui movimenti di riforma del periodo. Una volta ricevuto il sigillo d’approvazione della scienza, il lavoro a maglia riacquistò terreno arrivando ad essere considerato esempio di modernità tanto quanto di scienza. I dibatti sulla salute e sull’igiene contribuirono anche

alla nascita di vari movimenti di riforma, inclusa la Rational Dress Society fondata a Londra nel 1881, che invocava l’abolizione degli indumenti femminili che deformavano il corpo e si batteva per la partecipazione delle donne agli sport. Alcune delle sue seguaci iniziarono a praticare il ciclismo, adottando mutandoni legati al ginocchio. I tessuti lavorati a maglia si prestavano all’abbigliamento sportivo perché erano semielastici e non limitavano i movimenti del corpo. Al pari degli jaegers questi indumenti non erano alla moda ma mettevano in risalto la comodità dei tessuti di maglia, fattore questo che avrebbe catapultato la maglieria ai vertici della moda nei decenni futuri. Al momento tuttavia comodità e moda si escludevano a vicenda. Solo con la prima guerra mondiale i due aspetti avrebbero trovato una convergenza e la maglieria avrebbe finalmente ottenuto il posto che le spettava nell’ambito della moda.

59. Tipologia di vestiti sportivi, 1930. 60. Copertina Vogue, 1927. 61. Locandina indumenti Jaeger, 1920.

61.

63


capitolo 4.

4.2. Storia della maglieria:

Il periodo tra le due guerre e la nascita del maglione. legame tra maglieria e moda.

62. Maglioni e pullovers, in “La Femme de France”, 1925, circa.

Il periodo tra le due guerre fu teatro di grandi conquiste sociali, politiche ed economiche per le donne. Fu l’epoca della New Woman che

63. Jean Patou, disegno, abito sportivo 1920, circa.

poteva permettersi uno stile di vita più libero e attivo. Gli abiti da sport introdotti da Chanel durante la guerra furono alla basi di molti sviluppi della moda degli anni venti, incluso il maggior utilizzo del jersey. I capi di maglia delicatamente lavorati a macchina o a mano, in

62.

63.

64

Benché nel primo decennio del novecento la rivisitazione dello stile impero da parte di Paul Poiret avesse comportato una radicale semplificazione dell’abbigliamento femminile, le creazioni dello stilista francese erano comunque molto complesse, elaborate ed estremamente lussuose in termini di realizzazione, materiale e decorazioni. Nondimeno, l’idea di semplificare i vestiti delle donne fu adottata e portata a nuove altezze da Coco Chanel, stilista visionaria che comprese con chiarezza le idee e i nuovi bisogni introdotti dalla guerra e li trasferì nella moda. Chanel si rese conto che le esponenti delle classi agite che fuggivano a Biarritz e a Deauville per attendere la fine della guerra

avevano bisogno di abiti più comodi e pratici, ma pur sempre raffinati, per godere delle gioie delle attività all’aperto da poco scoperte. Chanel aprì la sua prima boutique a Biarritz nel 1915, proponendo eleganti indumenti per il tempo libero in jersey, un tessuto di maglia lavorato a macchina che fino ad allora era usato solo per gli abiti da lavoro e la biancheria intima. Ammise apertamente di essersi ispirata a domestiche e operaie e benché non fosse l’inventrice del jersey, ne elevò la condizione e lo rese popolare come tessuto alla moda. I suoi abiti ebbero un grande successo e le innovazioni e i cambiamenti che introdusse nell’ambito dello stile dei tessuti furono fondamentali per rafforzare il

particolare il maglione, diventeranno i preferiti delle donne di tutte le classi sociali e rimasero elementi fondamentali del guardaroba alla moda per tutti gli anni venti e trenta. Non è chiaro chi abbia introdotto la moda dei maglioni, ma il merito di averne sancito la popolarità e la longevità può essere di certo ascritto a due stilisti: Jean Patou ed

Elsa Schiaparelli. Patou aveva iniziato disegnando completi da tennis per le donne, pratici ma eleganti, che comprendevano i cardigan e i maglioni con lo scollo a V senza le maniche. Al pari di Coco Chanel, anche Patou riconobbe il fascino di quei capi, e in base alla nuova esigenza di comodità espressa dalla clientela femminile, iniziò


capitolo 4.

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64. Jean Patou costume da bagno, dalla linea sport et voyage, 1929 The Kyoto costume Institute.

65. Sonia Delaunay costumi da bagno,1928. 66. Gabrielle Chanel tailleur a strisce in jersey,1928. 67. Gabrielle Chanel maglia a strisce in jersey,1929 .

66.

a realizzare linee sportive da indossare al di fuori dei campi da tennis. Il maglione spesso era abbinato a una gonna di maglia e a un cardigan con la cintura e questo completo in tre pezzi che poteva essere indossato dal mattino alla sera diventò l’uniforme di moda, spesso indossata al lavoro dalla New Woman. La sua adattabilità rispecchiava la vita più varia e versatile di queste giovani donne. Mentre Patou preferiva l’estetica elegante dei capi di maglieria lavorati a macchina, Elsa Schiaparelli introdusse le élite ai deliziosi golf lavorati a mano, affermandone lo status di articoli da lusso. Benché

67.

avesse già lanciato una linea di abbigliamento sportiva che comprendeva i maglioni nel 1923-1924, la stilista è ricordata soprattutto per i suoi maglioni di kasha lanciati nel 1928-1929, realizzati a punto armeno e vivacizzati da disegni trompel’oeil, tra cui quelli classici in bianco e nero che riproducevano grandi fiocchi, sciarpe a pois o cravatte da uomo. Il maglione che all’inizio del secolo era stato un indumento pratico e non alla moda, e dunque usato per il lavoro e lo sport, adesso grazie al sigillo d’approvazione parigino era all’apice della moda. Come osservò giustamente una rivista:

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capitolo 4.

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68. Elsa Schiaparelli, costume da bagno,1928. 69. Jean Patou costume da bagno, pezzo unico,1928.

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‹‹Oggi la lana è di gran moda!››.

maniche di jersey di lana e seta

Quanto al lavoro ai ferri, persino

che ricordava i primi costumi

“Vogue” lanciò una propria rivista dedicata a questa attività e pubblicò un volumetto su maglia e uncinetto che conteneva decine di ‹‹modelli eleganti [...] disegnati dagli esperti di Vogue che conoscono bene le ultime tendenze di Parigi, Londra e New York e delle località della moda›› Un altro indumento iconico dell’epoca che merita una particolare attenzione è il costume da bagno. Durante il periodo tra le due guerre il nuoto godette di molta popolarità soprattutto tra le donne, alle quali fu consentito di partecipare alle gare di nuoto delle Olimpiadi del 1912. Da allora questo sport ebbe sempre maggiore successo e un numero crescenti di praticanti, in particolare dopo il 1926 anno in cui Gertrude Ederle attraverso il canale della Manica battendo l’allora record maschile di due ore. L’ammissione del nuoto femminile alle Olimpiadi agì da elemento catalizzatore per lo sviluppo di modelli più pratici e moderni di costumi da bagno da donna. Negli anni venti la tipica combinazione culottes e sottana d’epoca fu sostituita da un pezzo unico e senza

maschili. Questi indumenti semielastici erano più adatti al movimento in acqua rispetto al passato. La donna moderna con il suo costume da bagno diventò un’icona del periodo. La cosiddetta “bellezza al bagno”, si poteva ammirare dovunque, dai manifesti pubblicitari delle località turistiche ai film di

Hollywood. Incarnava un modello tanto ambito che persino i giornali dichiaravano ‹‹ La donna che vuole essere sulla cresta dell’onda[…] deve possedere un costume da bagno in maglia››. Nel 1939 maglioni, cardigan, gonne e costumi da bagno, calze colorate, guanti, cappelli e calzini erano parte integrante del guardaroba alla moda e la maglieria, lavorata a mano o macchina raggiunse il suo massimo successo. La seconda guerra mondiale colpi la moda e le sue industri in vari modi. A Parigi l’haute couture continuò la sua attività ma dopo l’occupazione della Francia poche notizie relative alle sue creazioni trapelarono fuori dei confini del paese. In quasi tutti gli stati coinvolti nel conflitto furono messe in atto misure d’austerità che regolamentarono la produzione e favorirono

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capitolo 4.

la tendenza a rammendare e riutilizzare i vestiti. In pratica, le donne furono incoraggiate a riciclare vecchi abiti e tessuti, inclusa la lana. L’aver imparato a lavorare ai ferri nei decenni precedenti per realizzare indumenti alla moda si rivelò un vantaggio per molte donne quando il fai da te diventò una necessità. L’associazione tra lavoro ai ferri e patriottismo fu sottolineata anche nelle campagne che incoraggiavano a sferruzzare per le truppe.

4.2.1.

il contesto italiano. In Italia, agli inizi degli anni trenta la rivista “Maglieria” fornisce un’interessante fotografia del settore: “Le aziende italiane sono specializzate soprattutto nella produzione di tipo industriale di sottovesti e calzetteria, Quella della maglieria italiana era un’industria affermata sul mercato nazionale, ma con una produzione essenzialmente tesa a soddisfare bisogni e bilanci familiari, i quali non consentono acquisti troppo impegnativi e frequenti. Tuttavia, già negli anni trenta, la maglieria da donna in angora di Luisa Spagnoli di Perugia e la maglieria di lusso per uomo di Avon Celli di

Milano conquistarono rinomanza anche nei mercati d’oltreoceano. A frenare il settore intervennero

Avon celli.

la maison di maglieria più antica in italia.

le sanzioni economiche del 1936, la politica autarchica del regime

Pasquale Celli nel 1922 fondò

fascista e le ristrettezze imposte

l’azienda a cui diede il nome di Avon,

dalla seconda guerra mondiale,

palindromo di Nova, nome scelto per

misero a dura prova l’industria

mantenere un’ assonanza a quello

nazionale costretta a usare filati prodotti con materie prime locali o rigenerate per rifornire l’esercito e la popolazione civile. Anche se negli anni quaranta la produzione in serie cominciò a orientarsi verso la meccanizzazione, lo sviluppo più significativo si riscontrò, ancora una volta, nella lavorazione

che a quel tempo era il simbolo dell’eccellenza nella maglieria. Negli anni ‘30 Pasquale Celli decise di rivoluzionare il costume da bagno che a quei tempi era costituito da maniche lunghe fino ai polisi e pantaloni lunghi fino alle caviglie. Tagliando maniche e pantaloni creò un modello rivoluzionario che destò molto scompiglio.

manuale. La maglia entrò nelle consuetudini di vasti strati di popolazione, conquistando a pieno titolo un ruolo specifico nell’abbigliamento maschile e femminile: tra il 1943 e il 1945 si utilizzò e si riciclò tutti i tipi di filati, e in casa si confezionavano abiti, maglie e accessori di ogni sorta. Gli atelier italiani e francesi proposero in questo periodo capi interamente realizzati in maglia, ma anche riadattamenti di vecchi abiti dei clienti attraverso rifiniture, colli, manopole e vari abbellimenti in tricot per adeguare cappotti, giacche e indumenti di vario genere alle fogge più moderne. Con la maglia si foderano anche le tomaie delle scarpe consumate:

Dopo la seconda guerra mondiale Pasquale Celli ebbe l’intuizione più importante: usare i telai delle calze per realizzare una maglieria finissima. All’epoca infatti oltre ai costumi e ai pullover Avoncelli fabbricava anche calze, su telai molto sottili. Grazie a questa intuizione nacque la maglieria ultra leggera, una grande innovazione nel campo della maglieria mondiale. Per ottenere questa leggerezza

67


capitolo 4.

con materiali pregiati come il

cashmere, AvonCelli si staccò dalla produzione classica inglese di cashemire cardato grosso ed inventò un filato composto da cashmere e seta che veniva tessuto su telai a 36 gauges, macchinari straordinari rimasti insuperati.

L’Italian look nella maglieria si fa strada fra il 1949 e il 1950, quando alcuni magnifici artigiani, ricchi di inventiva e creatività, riescono a instaurare solidi rapporti commerciali con i compratori di eleganti grandi magazzini del Nord Europa, degli Stati Uniti e del Canada.

nelle collezioni minori dei sarti stessi, da Mirsa e da Emilio Pucci. È dunque stato proprio Giorgini il promotore dello sviluppo industriale del settore in alcune zone del Paese, dove, nell’immediato dopoguerra, sono iniziati gli investimenti nelle piccole aziende artigiane di maglieria.

Negli anni ‘50 AvonCelli essendo stato un pioniere del

product placement, regalando maglie alle celebrities che alloggiavano a Villa d’Este, decise di lanciarsi nel mercato americano. Le sue creazioni che per eleganza e incredibile qualità divvenero, in breve tempo, uno status-symbol per diversi personaggi del cinema e dello spettacolo a Hollywood, cosi come nella cultura e nel

jet-set a New York. Durante il corso degli anni,

Il vero salto di qualità per il successo e la diffusione della moda italiana avviene tra il 12 e il 14 febbraio 1951 a Firenze, dove Giovanbattista Giorgini, agente di acquisto per noti magazzini americani, canadesi e inglesi, organizza una presentazione di alta moda e di moda-boutique nella sua casa. Il successo è immediato non solo per i capi “importanti” presentati, firmati da sarti innovatori romani e milanesi, ma anche peri capi in maglia da boutique esposti

Avon Celli conquistò nomi famosi del calibro di Frank Sinatra, Gary Cooper, Ronald Reagan, Clark Gable, Grace Kelly, Re Hassan II del Marocco, Sophia Loren e Gianni Agnelli. Grazie al prezioso archivio storico sembra che anche Picasso amasse dipingere indossando le polo a righe Avon Celli. 71.- 72. Pablo Picasso, Avon Celli, archivio. 73. Cary Cooper, Avon Celli, archivio.

68

70.

70. Sala bianca, Palazzo Pitti, Firenze, 1952.


capitolo 4.

Elsa Schiaparelli

trompe-l’oeil: illusioni della maglia.

La sua stravaganza e il suo anticonformismo e la straordinaria capacità di guardare sempre un po’ più avanti degli altri, le permettono di precorrere i tempi in modo brillante. Recatasi a Parigi nel 1924, conosce lo stilista Paul Poiret che la incoraggia a iniziare la carriera. La sua carriera ebbe inizio nel 1925 grazie a

un finanziamento che le permise di comprare una piccola sartoria dove realizzare le proprie creazioni, ma la prima e vera collezione fu lanciata due anni dipo nel suo appartamento, essa era composta di maglieria . a portarle il suo primo grande successo fu un golf realizzato a maglia, la sua grande idea fu

applicare su questo capo il disegno di un fiocco trmpe l’oeil. Questo maglione diventò ben presto di moda tra le signore dell’alta società parigina, arrivando perfino in America. Elsa scatenando la sua fantasia, creò molte varianti applicando disegni di cravatte da uomo, nodi, fazzoletti, scialli, tatuaggi, scritte, ecc.

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capitolo 4.

74. Abito da tennis,1920, Musee National du Sport, Nizza. 75. Suzanne Lenglen e Max Decugis, vestito da tennis di Patou, 1920.

Jean Patou maglieria sportiva. Patou amava creare abiti sportivi e i suoi completi da tennis per Suzanne Lenglen fecero storia, ma voleva anche realizzare completi sportivi per uso quotidiano e per questo motivo lanciò una collezione dedicata alla gente sportiva e moderna, che includeva anche costumi da bagno e abiti per il tempo libero. Fu uno dei primi stilisti a scegliere e far realizzare appositamente non solo tessuti ma anche i colori dei filati, e per il colore ebbe sempre una grande attenzione tanto da indicarne uno per ogni nuova collezione.

74.

75.

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capitolo 4.

Luisa Spagnoli maglieria italiana.

76. Interno reparto confezione, fine anni 40. 77. Manifesto mostra permanente, sede Santa Lucia a Perugia. 78. Duchessa Kate Middleton, indossa tailleur Luisa Spagnoli, 2011.

Luisa Spagnoli ebbe l’intuizione di selezionare esemplari di coniglio d’Angora (specie domestica mai allevata sistematicamente in Italia) per raccoglierne la lana e con essa mettere a punto un filato da utilizzare nell’abbigliamento.

Il successo di questi primi tentativi fu tale che i capi prodotti artigianalmente nel laboratorio di Luisa vennero presentati in mostre ed esposizioni, attirando quasi da subito l’interesse del governo. L’ “Angora Luisa Spagnoli”

conquistò nel 1943 i mercati italiani ed esteri, tanto da risultare la maggiore del continente suo settore, potendo contare 525 dipendenti e 8.000 allevamenti da essa controllati.

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capitolo 4.

4.3. Storia della maglieria: Il simbolismo del twinset.

tanto da aristocratiche e attrici quanto da casalinghe. Le versioni contemporanee del twinset continuano ad affermare ancora oggi il valore sociale e culturale, frutto delle strategie di aziende di maglieria di lusso, come la Pringle of Scotland, che nel dopoguerra lo promossero come capo di abbigliamento ambito dalle donne e indossato dalle attrici 78.

Il Twinset nasce dall’incontro di categorie apparentemente lontane come la biancheria intima femminile e l’abbigliamento maschile, il twinset è diventato un’icona dell’abbigliamento, benché sottovalutata, a cui sono stati attribuiti vari significati sociali. Può essere considerato un prodotto che ha seguito il cambiamento della condizione femminile nel Novecento. Il twinset è un capo flessibile e trasgressivo che sin dall’inizio ha rispecchiato il canone di bellezza dell’epoca e con il tempo ha contribuito ha definire quello stesso ideale di femminilità. Il 79. Illustrazione di abiti da golf, 1921 80. Bobby Jones e Alexa Stirling, 1923

72

twinset riassume in sé le regole

di Hollywood quali Lana Turner e Margaret Lockwood, non a caso soprannominate sweater girls, vale a dire “ragazze in golfino”. La sua storia inizia nei primi del Novecento nei circoli da golf, nei quali gli indumenti da golf per le donne erano condizionati da rigide convenzioni stilate dai circoli stessi. Obbligate ad aderire a questi codici d’abbigliamento si misero a saccheggiare dai guardaroba dei mariti e fratelli; sull’edizione americana di Vogue si leggevano commenti sprezzanti ‹‹ In Gran Bretagna, la maggior parte delle giocatrici di golf continua a indossare pullover sgualciti, gonne informi e cappelli e scarpe deplorevoli››. I capi di maglieria in tessuto di

contradditorie imposte alle donne:

lana erano scelti per motivi pratici

castigato e sexy allo stesso

e funzionali, perché garantivano

tempo, materno e seducente,

maggiore libertà quando si giocava,

elegante ma semplice indossato

mentre il duplice strato di maglione e

79.


capitolo 4.

81. Ritratto Grace Kelly Pringle of Scotland twinset, in Delitto perfetto,1954. 82 Ritrtatto Janet Leigh, Pringle of Scotland twinset, in Psycho, 1960

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cardigan forniva protezione contro il clima inclemente dei campi da golf britannici. Il periodo successivo alla prima guerra mondiale fu per le donne l’epoca del maglione e in nessun altro settore fu più appropriato come nel mondo del golf. Le signore spesso sceglievano un colore specifico per i propri abiti da golf e poi abbinavano a quello tutti gli accessori, creando cosi il prototipo del twinset che conosciamo oggi. Il golf essendo un’attività di svago riservata alle classi più abbienti, esso esercitò una certa influenza sulla società e sulla moda. Nacque cosi dal golf il primo indumento casual nell’abbigliamento comune, vale a dire il maglione che fu introdotto nel 1919. Nel 1934 Otto Weisz, allora direttore creativo della Pringle of Scotland, pubblicizzò il twinset come capo sportivo elegante per le “ragazze che amano stare all’aperto”. L’evoluzione

82.

del twinset da indumento per il golf di foggia maschile a capo di punta del guardaroba femminile fa del twinset un simbolo sartoriale dell’emancipazione e dell’autonomia femminile. Prima dell’invenzione del twinset l’unico altro indumento simile nel guardaroba femminile era un capo di biancheria intima chiamato spencer vest. Infatti in osservanza delle teoria promesse dal dottor Jaeger, eminente medico dell’Ottocento, la biancheria era in lana ed è possibile che questa maglia a maniche lunghe con i bottoni possa essere stata l’antenata del twinset. Dopo il secondo conflitto mondiale, il twinset da indumento sportivo fu scelto dalle giovani donne, e in particolare dalle attrici, come capo per accentuare la loro femminilità. Attrici come Lana Turner e Marilyn Monroe lo resero popolare tra le adolescenti; il fatto che fosse aderente , consentiva alla figura

73


capitolo 4.

“Gli sport hanno liberato le donne, e continuano a farlo, dall’abbigliamento, dai comportamenti, dalle leggi e dalle usanze vincolanti e soprattutto dalla convinzione che le donne non possono o non devono ottenere risultati importanti , competere o vincere”.

m. burton nelson

who we might become, nike is a godness, 1998

In questa pagina in alto: 83. Tag in tessuto del maglificio inglese Harris Tweed.

nella pagina a fianco in alto da sinistra: 84. Ritratto Brigitte Bardot Pringle of Scotland twinset, 1960. 85. Carla Sozzani indossa ‘untitled’ da lei disegnato per il 195° anniversario di Pringle of Scotland, 2010 86. Tilda Swinton indossa ‘twinset of my dreams’ a lei disegnato per il 195° anniversario di Pringle of Scotland, 2010. 87. Vivienne Westwood red label SS 2013 London Fashion Week. 88. Pringle of Scotland campagna pubblicitaria

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femminile di essere ammirata pur rimanendo coperta. Nel 1937 Lana Turner esordi sul grande schermo indossando un maglioncino aderente con cintura in vita, quello che era stato fino a quel momento un capo sportivo si carico di implicazioni sessuali, grazie anche ai metodi di produzione che ne variarono le taglie e i modello. Sul finire degli anni trenta, le“ragazze in golfino” il maglione divenne più corto e molto più stretto, valorizzando le forme “vere”. Sul finire degli anni quaranta il twinset iniziò a divenire antiquato e quando entrò a fare parte del guardaroba dei bambini il twinset era divenuto obsoleto, tanto che negli anni sessanta, nell’epoca di emancipazione femminile, venne associato a donne di mezza età. Tuttavia il twinset rimase popolare tra i registi e costumisti

grazie al suo ricco simbolismo. Nella scena del temporale di Marnie (1964) di Hitchcock, Edith Head fece indossare un twinset azzurro pallido a Tippi Hedren, che interpretava la problematica protagonista del film. Dalle recenti collaborazioni con Pringle of Scotland con Carla Sozzani e Tilda Swinton sono nate alcune reinterpretazioni del modello classico del twinset, mentre la Swinton si è ispirata al modello classico, ricordando il primo maglioncino Pringle of Scotland, mentre la versione della Sozzani rimanda a un uso personale di quando lei negli anni Ottanta indossava i twinset abbottonati sulle spalle. Nel corso del tempo il twinset è stato associato a concetti di classe, decoro e ricchezza e alle icone del conservatorismo come la regina

Elisabetta II, Mary Whitehouse e Margaret Thatcher. Il connubio tra twinset e destra conservatrice sono stati per un periodo molto forti e questi preconcetti hanno svolto un ruolo cruciale nel sovvertimento del twinset da parte della moda contemporanea. Vivienne Westwood, in collaborazione con John Smedley , ha disegnato un twinset su cui era ricamato il celebre Orb, il globo che fa parte del suo logo, per l’influente collezione di Harries Tweed (autunno inverno 1987). Il twinset per Vivienne Westwood è diventato un elemento fondamentale delle sue linee, espressione del suo desiderio di mettere in discussione i valori tradizionali della società britannica.


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capitolo 4.

4.4. la tecnica.

La passione come strumento espressivo.

L’entusiasmo dei creatori/ imprenditori ha nel corso del tempo rivoluzionato il knitwear, i più significativi esempi sono rappresentati da: i Missoni, Krizia, Laura Biagiotti, Sonia Rykiel, Versace e Benetton. I Missoni hanno il merito di essere stati i primi a liberare i lavori a maglia da un’immagine noiosa e convenzionale ancora prima di Sonia Rykiel. Con questa coppia straordinaria “la maglieria diventa moda insieme e arte applicata”, con il suo senso del colore Ottavio Missoni apre le porte delle gallerie per mostre inedite. Nel 1958 la Rinascente, dà ai Missoni l’onore della vetrina

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e nel 1970 passo dopo passo la loro fantasia viene liberata da ogni costrizione con il “put together”: mescolanze e sovrapposizione solo apparentemente casuali di punti di fantasie che con il patchwork, le righe technicolor e il fiammato bianco nero e colorato costituiranno il segno distintivo dei Missoni e delle loro fan, le missonettes. In quegli anni diversi sono gli stilisti che lasciano il segno nel campo dell’innovazione negli stili della maglieria; tra questi c’è Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, con i suoi esperimenti con la maglia. Nel momento in cui piacevano tanto i twinset inventa i pullover tricottati in un mix di filati

con cui subito scombina gli schemi tradizionali del vestire. È la sua grande passione per la maglieria, per la ricerca di punti e lavorazioni inconsuete a spingerla nel 1967 a dare vita a Krizia Maglia. Nascono cosi i suoi primi animali portafortuna: veri capolavori di artigianalità, sempre diversi l’uno dall’altro. Nel 1968 esordisce con una pecorella lavorata a jacquard, seguono il gatto, l’orso, la volpe per poi passare alle belve feroci come leopardo e tigre. Diventa poi, stilizzata, il suo simbolo, come usava negli anni venti. Insieme a lei anche Laura Biagiotti, figlia d’arte che ha assorbito il senso della professione e la conoscenza


capitolo 4.

della moda dalla madre Delia, proprietaria a Roma di un noto atelier, acquistato nel 1972 la MacPherson di Pisa. Si tratta di un’azienda specializzata nel cashmere, materiale fino ad allora utilizzato per capi molto classici, ma che stimola la fantasia della giovane Laura a sceglierlo come strumento di ricerca delle sue collezioni. Tanto che ancora oggi, con il bianco e le fantasie ispirate al pittore futurista Giacomo Balla del quale è una grande collezionista, rappresenta uno dei suoi simboli. ‹‹ Se qualcuno può rendere sexy la lana si sicuro Sonia sa come tirarlo fuori […] ›› Sonia Rykiel,

considerata la regina del tricot ha realizzato i suoi primi modelli mentre era incinta, infatti non riuscendo a trovare maglioni adatti alla sua nuova taglia che la facessero sembrare carina, decise di mettersi all’opera con i ferri e gomitolo. Da allora ha stupito il mondo con “quello che si può fare con un gomitolo”. Sonia trasse vantaggio dal desiderio di libertà delle giovani francesi, che non volevano rivolgersi alle tradizionali case di moda e che trovarono le creazioni in maglia della Rykiel comode e spiritose, soprattutto per il loro aspetto incompleto. La stilista ha anticipato la tendenza della

decostruzione eliminando cuciture e fodere e lasciando i punti visibili all’esterno. Strisce colorate e fiocchi sono diventati i marchi di fabbrica di Sonia. Le sue creazioni rappresentano l’ideale per chi ama lo stile casual come lo intendono i francesi: abiti per il tempo libero e il relax. Stanno molto bene indossati e di solito sono stretti, un’eredità degli abiti in jersey degli anni trenta inventati da Chanel, la quale come, Sonia partiva dalle proprie esigenze e dai suoi gusti per realizzare gli abiti. Il perfetto esempio di come un grande del Made in Italy abbia saputo sperimentare tutte le infinite possibilità della

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capitolo 4.

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maglieria, partendo dalla tradizione e traghettandola verso il futuro, è stato Versace. L’avventura del giovane Versace inizia nel 1972 quando disegna una collezione di maglieria per Florentine Flowers di Lucca. Il nome Versace inizia circolare tra le aziende di confezione che si stanno trasformando in case di moda. Nel 1973 dopo diverse collaborazioni lo stilista si trasferisce a Milano definitivamente per collaborare con la Callaghan. Proprio Callaghan, marchio fondato dalla Zamasport nel 1966 (ex Maglificio Augusto Zanetti) che costruisce la propria immagine sullo stilista fornendo un prodotto di moda e di tendenza, incentrato sulla maglieria, disegnata da Versace fino al 1986. Proprio all’inizio di questa collaborazione, la crisi

energetica mette al bando le fibre “intelligenti”, e si fa impellente il desiderio di vestirsi con abiti realizzati in tessuti naturali. Insieme ai tecnici, Versace studia dei punti in maglia presi dalle lane “rustiche” delle isole Aran in Irlanda. Il sapore delle antiche etnie viene accolto con particolare interesse, rinnovando l’immagine della Callaghan e lanciando Versace come designer d’avanguardia. Già nel 1976 la stampa italiana e quella internazionale salutano con entusiasmo le innovazioni di Versace per la maglieria. Ciò che realizza lo stilista è completo a due pezzi, pantaloni e calzamaglia lavorati a coste grosse color bianco lana; pullover con coulisse in vita lungo fino a mezza coscia, nello stesso colore. Il completo, che compare nel numero di settembre

di “Vogue Paris” dello stesso anno, è la perfetta espressione di un folk ripensato in chiave rustica, intriso di semplicità, sportivo e dinamico. Passano gli anni e lo stilista continuò le sue sperimentazioni, ciò che rendeva Gianni Versace unico è che andava ben oltre l’idea del concetto moda, era una figura geniale, conosciuto ed apprezzato anche dal mondo dell’arte come attento collezionista. Sapeva unire passato e presente con uno stile personalissimo. Il capitolo più sconvolgente della storia della maglieria lo ha creato Benetton. L’azienda esplode negli anni sessanta, fondata dai fratelli Luciano, Carlo, Gilberto e Giuliana. Una realtà che nasce già nel lontano 1957 a Ponzano Veneto (Treviso) come laboratorio artigianale specializzato in


la comunicazione dell’azienda come si nota già dalle prime campagne degli anni sessanta, momento in cui l’azienda si chiamava Maglierie Benetton con i marchi Dorval per l’uomo e Lady Godiva per la donna. Da queste prime campagne si punta su un concetto di maglieria per il tempo libero, un abbigliamento facile e pratico, ma senza rinunciare al colore e all’eleganza. Proprio il connubio con Oliviero Toscano e le sue campagne pubblicitarie ricche di provocazioni hanno reso noto il marchio al grande pubblico, ottenendo numerosi riconoscimenti. L’idea dei colori alla base del successo della maglieria Benetton è diventata una metafora dei giovani provenienti da diverse nazionalità: un concept vincente,

quello di United Colors, una maglieria democratica nel senso più profondo del termine, che racchiude i concetti di tolleranza, pace e rispetto della diversità.

capitolo 4.

maglieria, per diventare nel 1965 il Benetton Group. L’azienda parte dall’intuizione di Giuliana Benetton, che inizia giovanissima a tricottare per i fratelli cercando alternative alla maglia rasata e utilizzando per la prima volta il colore nei suoi maglioni. La sua esperienza si rivela fondamentale nella sperimentazione continua dell’azienda e nel fornire input ai costruttori di telai. Le maglierie Benetton producono così le prime collezioni in maglieria per il tempo libero, con numerose varianti e prezzo accessibile. I Benetton sono tra i primi a lanciarsi nella lavorazione delle trecce, a intarsi colorati dai suggestivi effetti ottici. Oltre alla varietà dei colori per tingere i capi, un altro aspetto che ha decretato il successo dell’azienda è stata

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progetto


05 capitolo


capitolo 5.

5.1.

Iter progettuale. Sviluppo del progetto.

Da qui inizia il percorso verso un progetto che cercherà di valorizzare la fibra di lana nella sua essenza più intima, mirando ad un’alta qualità che questo materiale offre nelle sue infinite sfaccettature riuscendo a dare importanza alla semplicità delle forme attraverso la sua sostanza.

“guardare l’eredità che il passato mette a disposizione e reinterpretarla in chiave moderna.” L’obiettivo che mi sono prefissata è cercare di conferire al lavorare a maglia un concetto nuovo e moderno, lontano dai soliti cliché che vedono questa attività come passatempo da signore anziane.

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capitolo 5.

FASI DI ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO. Prima fase:

polimoda inizio ricerca.

Sulla base di un’esperienza lavorativa nel campo della grafica per un’azienda di maglieria, ho voluto studiare in modo più approfondito il tema lana, per poterne sviluppare un progetto. Il primo passo è stato svolgere un’attività di ricerca presso la biblioteca del Polimoda, che mi ha permesso di trovare libri e magazine di un argomento cosi settoriale.

Seconda fase:

collaborazioni e partecipazione a Pitti Filati.

Dopo aver aver raccolto e rielaborato le prime informazioni,

ho partecipato alla fiera di Pitti Filati, che da sempre si distingue per l’elevata capacità di rappresentare l’eccellenza della filatura su scala internazionele: Visitarla è stato uno step importante perchè mi ha permesso di vedere dal vivo e toccare con mano la materia, valutando le differenze tra le varie fibre. Durante la fiera ho incontrato la sig.ra Simona Ciardi e la sig. ra Anna Faggi, con le quali sono entrata in contatto. Quest’incontro è stato prezioso in quanto entrambe lavorano da diversi anni nel settore maglieria, ed

mio percorso di studio. Mi hanno spiegato nei dettagli le differenze delle fibre e insieme abbiamo selezionato quale fosse la fibra più adeguata alle esigenze di progetto. Per i temi del moodboard e i dettagli stilistici mi sono confrotata con la sig.ra Ciardi, mentre per la realizzazione dei campioni e del prototipo mi sono appoggiata alla sig.ra Faggi, che attraverso la sua esperienza, mi ha aiutata a prendere confidenza con le fibre trasmettendomi le sue consocenze che, a poco a poco mi hanno permesso di acquisire autonomia e manualità.

hanno accettato di seguirmi nel

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capitolo 5.

terza fase:

concept moodboard e scelta delle fibre.

Sulla base delle informazioni apprese nel primo periodo di ricerca, ho deciso di deliniare i punti d’ispirazioni per indirizzare il percorso stilistico. Avendo fatto una ricca ricerca digitale, ho ritenuto necessario iniziare a mettere insieme tutti gli esempi di capi di abbigliamento, che mi avevano colpito per tecniche di lavorazione e colori. Gli esempi più rappresentativi che mi hanno colpito e ispirata sono state: le sfilate dell’ International Woolprize Competition, i capi di Christian Wijnants, insieme alle creazioni scultoriche di Sandra Backlund e infine i capi destrutturati delle stiliste Gudrun&Gudrun, ciò ha delineato il tema del moodboard.

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Le chiavi di lettura del moodboard sono diverse; ho deciso di ispirarmi all’architettura di Firenze, città simbolo dell’arte, e ai suoi colori e, di lavorare manualmente con i ferri realizzazando campioni, con nuovi punti mettendo, così, in correlazione archiettura e maglieria. Le fibre di lana che ho scelto per il percorso sono state, il mohair e il merino. La decisione di lavorare a mano è nata dall’ Umanesimo, un periodo di forte rinnovamento culturale ed artistico, in quel periodo si sono avuti i maggiori esempi di ingegno, artigianalità ed abilità manuale. Nel mio progetto ho voluto ricreare un rinascimento contemporaneo in cui il desgin e

architettura dialogano insieme in un nuovo linguaggio. Lo scopo del progetto è stato studiare le fibre e capirne i limiti e le peculiarità. Nel tempo ho imparato a conoscere ed apprezzare la sofficità e l’essere quasi etero del mohair e, la struttura, nel senso di stabilità, del merino, caratteristiche che ho voluto esaltare con colori e pattern mirando a creare un linguaggio comunicativo tra tecnica e tradizione.


capitolo 5.

quarta fase: incontro azienda del settore, igea. Attraverso la partecipazione a Pitti Filati, ho avuto la possibilità di mettermi in contatto con una manifatturia del settore, IGEA, a cui mi sono appoggiata e che mi ha fornito cartelle colore filati, per sviluppare i pattern e la realizzazione di un prototipo di studio. Il mio contatto presso l’azienda IGEA è stato il sig. re Leandro Franchi che mi ha spiegato la tipologia di filati con cui lavorano che si sviluppa in tre categorie: la prima, filati Igea studio, collezione di filati prodotti unicamente con fibre naturali pregiate (mohair, alpaca, cammello, seta e cachemire) di alta fantasia, molto ricercate nell’effetto maglia, di grande

impatto visivo, destinati ai clienti più rappresentativi nel campo del Prêt-à-Porter e agli stilisti di punta italiani e stranieri; la seconda tipologia si chiama Azimut racchiude collezioni di filati classici in pura lana merino, e in mischie pregiate, con una particolare attenzione ai filati merinos extra fine, alla lana-viscosa e alla lana-seta, con trattamenti delle lane anti-infeltrenti, specificità di produzioni di altissima qualità; e l’ultima collezione, Igea Lab, è composta di filati fantasia realizzati con mischie di fibre naturali e sintetiche. Alto contenuto moda e attenta valutazione del rapporto qualità – prezzo sono le sue caratteristiche. Prodotto sportivo

ma anche raffinato, comprende fra l’altro mohair garzati morbidi e leggeri.

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capitolo 5.

Colours history shapes

images inspiration

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Per lo sviluppo del brief mi sono ispirata all’architettura di Firenze, in particolare ho voluto rielaborare alcuni dettagli e tramutarli in pattern realizzandoli a maglia e creando nuovi punti. I pattern sono stati realizzati unendo fra loro due fibre diverse: mohair e merino, con le quali ho creato un filo di diverse consistenze e che avesse i colori di Firenze.

art • fibers • textures


capitolo 5.

Wool

is a fiber which starts on farms and goes on to catwalks all over the world.

luxury fibers • wool

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capitolo 5.

QUINTa FASE:

SVILUPPO DEi pattern.

Per lo sviluppo del primo pattern, mi sono ispirata a un dettaglio della cupola del Duomo di Firenze: la loggetta, ovvvero il ballatoio percorribile posto ai piedi cupola. La palette dei colori per la creazione del pattern unisce le tonalitĂ che si ritrovano nel complesso architettonico.

Per realizzare la tonalitĂ ho creato un filo composto da 5 capi in dettaglio: un capo di mohair marrone, un capo di mohair grigio, due capi di merino oro, un capo di merino ocra.

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capitolo 5.

Per lo sviluppo del secondo campione mi sono ispirata all’applicazione muraria del bugnato, la quale riveste numerosi palazzi fiorentini dell’epoca del 1400-1500. Essendo un segno distinguibile che rappresenta la città ho voluto rielabolarlo.

Ho creato il pattern con due fili, il primo composto da 5 capi in merino ocra e il secondo filo composto da 2 capi di mohair grigio. Con questi filati ho sviluppato la sezione rettangolare del bugnato intervallandola con una maglia passata grigia per ricostruire le fuge del materiale. Ho sviluppato due tipologie di colore una su sfondo grigio e una su sfondo ocra.

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capitolo 5.

Per lo sviluppo delt terzo campione mi sono ispirata alle colonne del Duomo di Firenze, ho elaborato un punto che riproducesse l’effetto di volume e della sinuosità delle colonne.

Ho creato un filo composto da 3 capi di merino e 2 di mohair, questa composizione mi ha permesso di avere un filo vaporoso ma allo stesso tempo stabile. L’intreccio dei fili durante la lavorazione creano un effetto di volume, con esso ho realizzato un telino di dimensioni 150 mm per 200 mm.

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capitolo 5.


capitolo 5.

Fascetta per gomitolo

5.2. branding.

COLOUR/S

Comunicazione e logo.

c

ST

needles

10 (US) needles

50 grams

fuorimoda a svago retrò e molto Al momento stiamo assistendo a YARN forma di aggregazione. Da questa 80 merino 20 mohair chic. Dagli incontri dei knit-café premessa ho estrapolato il nome del una sorta di revival della maglieria Fascetta per gomitolo WASHING CARE unendo la parte attuale riguardo logo e dei capi in maglia. Negli ultimi dalle appassionate celebrity alle anni l’hobby e/o l’attività artigianale modelle che sferruzzano dietro le coffee ai knit-café creando un’assonanza ST I TCH del lavoro ai ferri sono stati quinte delle sfilate, tutto sembra in inglese con la parola stitch, che Fascetta per gomitolo fortemente rivalutati, passando confermare quanto dichiarato da una in italiano equivale al termine punto coffee da un passatempo stupido e rivista: lavorare a maglia è una nuovaST I TCH (nella maglieria). %

%

LUXURY

www.c

COLOUR/S needles

10 (US)

needles

50 grams

YARN

80% merino 20 % mohair

COLOUR/S

LUXURY NATURAL FIBERS

WASHING CAREneedles 10 (US)

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needles

50 grams

YARN

80% merino 20 % mohair LUXURY NATURAL FIBERS

WASHING CARE

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prima versione - tag

Tag cartaceo Tag cartaceo

Tag cartaceo

coffee

Knitted by

HANDKnitted by HAND IN ITALY

coffee

ST I TCH STcoffee I TCH coffee

ST I TCH

LUXURY NATURAL FIBERS

LUXURY NATURAL FIBERS

Fronte - Tag dimensioni

47 x 85 mm Fronte - Tag dimensioni 47 x 85 mm

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OUR PHILOSOPHY consectetur

COLOUR/S

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Knitted by

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47 x 85 mm Retro - Tag dimensioni CMYK 47 x 85 mm CMYK #4#12#12#79

#4#12#12#79

CMYK #4#4#10#0

CMYK #4#4#10#0

YARN

80% wool 10% cashmere 5 % silk WASHING CARE LUXURY NATURAL FIBERS

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Fronte - Tag dimensioni 47 x 85 mm

coff

ST I

LUXURY NATURAL FIBERS

LUXURY NATURAL FIBERS

Sotto all’ottagono ho disegnato dei ferri per sottolineare che i capi sono realizzati con una lavorazione manuale e con fibre nobili.

LUXURY NA

Retro - Tag dimensioni 47 x 85 mm CMYK #4#12#12#79

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TCH ST ST IITCH coffee

Ho unito il tema della città di Firenze, rappresentata dall’ottagono, e la maglieria, in un’unica figura ottagonale, divise per parte e utilizzanto dei colori che richiamassero i colori naturali e ne sottolineassero la forma.

CMYK #4#4#10#0


capitolo 5.

Nello sviluppo di questo tag ho scelto di inserite la figura dell’ottagono, una figura che è ritrova nell’architettura di Firenze, un esempio lo rapprensenta il Battistero di S. Giovanni. L’ottagono in età romanica era utilizzato soprattutto nei battisteri, in quanto il numero

otto rappresenta nella simbologia religiosa, la Resurrezione. Ho deciso che per il mio concept questa figura rappresentasse meglio il brand e ne sottolinesse la forte la correlazione al territorio.

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10 METRI

seconda versione - tag Tag cartaceo

Knitted by

HAND IN ITALY

coffee

ST I TCH

OUR PHILOSOPHY COLOUR/S

YARN

80% wool 10% cashmere 5 % silk WASHING CARE

Luxury Fibers Fronte - Tag dimensioni 47 x 85 h mm

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Nello sviluppo diella seconda versione di questo tag ho scelto di usare un solo colore per la figura dell’ottagono e per i punti a maglia e di uniformare anche il colore dello sfondo nel davanti e nel retro. Sotto il logo ottagonale ho disegnato due ferri incrociati, sotto di loro ho aggiunto la scritta luxury fibers.

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Retro - Tag dimensioni 47 x 85 mm CMYK #15#23#32#37

CMYK #4#4#10#0

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06 glossario


GLOSSARIO

glossario A.

Accoppiamento - operazione del processo di filatura, l’accoppiamento è un’operazione allo stiro, che ha lo scopo di sovrapporre e affiancare le fibre fra loro per ottenere un prodotto omogeneo ed uniforme. Ago - elemento determinante per la formazione della maglia, infatti qualsiasi intreccio dipende dalla sua posizione nella frontura. Apertura - Prima operazione per la preparazione alla filatura; per mezzo di macchine chiamate apritoi, che hanno la funzione di aprire i bioccoli, si procede a una prima rudimentale districatura delle fibre e eliminando contemporaneamente una parte di corpi estranei. Arricciatura - caratteristica che influisce notevolmente sul grado di filabilità e si determina nella regione di crescita del follicolo. L’arricciatura contribuisce a dare alla lana morbidezza, leggerezza, voluminosità, sofficità ed elasticità. L’arricciatura è massima nelle lane fini con circa 10 ondulazioni al cm, questa proprietà fisica è importante perché facilita l’intreccio delle fibre e, perciò, la produzione dei filati.

B.

Battitura - operazione del processso di filatura non sempre applicata, vi si ricorre per aprire i bioccoli compatti di lane molto sudice. Il macchinario è caratterizzato da un cilindro battitore dotato di punte molto grosse.

Blousses - nel processo di filatura le ultime fibre corte, blousses, rimaste nel velo pettinato sono eliminate e raggruppate, per essere sottoposte a un nuovo ciclo cardato.

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c.

Cardatura - operazione di filatura con cui vengono districate definitivamente le fibre e ripulite dalle impurità residue rimaste dalle precedenti operazioni. In passato effettuata con le inflorescenze essiccate del cardo, le quali con le loro spine legnose agganciavano le fibre e tirandole le districavano. La cardatura odierna persegue lo stesso fine, ovvero ordinare le fibre in modo da ottenere un velo omogeneo e sottile chiamato velo di carda, predisposto per le successive operazioni di filatura.

Casual - Termine inglese che, riferito all’abbi-gliamento, indica un modo di vestire informale, pratico e disinvolto, identificato da jeans e capi altrettanto comodi, per lo più destinati al tempo libero. Caratteristico dello stile americano, sí è affermato anche in Europa a cavallo fra gli anni ‘70-80, dapprima adottato dai giovani, poi da un pubblico sempre più vasto, incanalando nel filone varie tendenze provenienti prevalentemente dagli Usa, per esempio il grunge. Abbigliamento di gusto sportivo, ma non destinato alla pratica dello sport attivo, che invece richiede tessuti e canoni precisi di realizzazione, il casual non segue alcuna regola stilistica in fatto di tessuti, forme e colori. Cesoie - Utilizzate per la tosatura degli ovini furono introdotte dai Romani; esse erano costituite da due lame ricurve, affilate e taglienti fissate da una molla elastica e resistente a forma di “U”. Cistina - amminoacido contenuto nella cheratina. Coibenza - proprietà fisiologica che permette alla lana di essere isolante del calore. Le fibre della lana mantengono a lungo il calore grazie alla costituzione isolante di ciascuna di


Cortice o cortex - strato mediano incluso nella struttura della cuticola; composto da milioni di cellule fusiformi costituisce il 90% in peso della fibra. Cuticola - composta da cellule piatte prodotte dal bulbo pilifero, dette scaglie, fra loro parzialmente sovrapposte e orientate tutte nel senso della punta della fibra; questa struttura permette di limitate l’introduzione del terriccio o di altre sostante nel vello dell’animale. Cheratina - sostanza proteica formata da carbonio, idrogeno, ossigeno e zolfo. La cheratina oltre ad essere proteina insolubile in acqua, è una proteina ricca di zolfo ed è il costituente essenziale oltre che della fibra di lana di tutte le sostanze cornee animali (unghie, capelli, squame); composta da 18 aminoacidi che variano in percentuale: sia da fibra a fibra che in relazione al tipo di alimentazione dell’animale che ha prodotto la lana.

E.

Elasticità - capacità della fibra a lasciarsi deformare in modo reversibile. Epicuticola - strato esterno è costituito da una membrana che protegge la fibra dagli agenti esterni.

F.

Feltro - falda di stoffa di pelo animale, di spessore uniforme. Tessuto ricavato dall’infeltrimento della lana, a seguito di calore, umidità, sfregamento e follatura le fibre si collegano originando tale tessuto. Feltrabilità - consiste nella saldatura delle fibre tra loro per effetto combinato dello sfregamento, del calore e dell’umidità. L’infeltrimento è dovuto alla disposizione caratteristica delle scaglie orientate tutte nello stesso senso e verso la punta della fibra. Perciò le fibre, se in verso possono scorrere

liberamente fra loro, nel senso opposto sono ostacolate dalle loro stesse scaglie che, alzandosi, favoriscono l’unione e l’aggrovigliamento della lana. L’alzarsi delle scaglie è favorito, oltre che dal calore e dallo sfregamento, dal trattamento con acidi e basi. Ciò spiega, perché la lana debba essere lavata con detersivi neutri a basse temperature e senza strofinare.

GLOSSaRIO

esse. Inoltre, la lana per la sua struttura arricciata, pelosa, parzialmente feltrata, racchiude un gran volume di aria impedendone l’uscita.

Fiocco - insieme di fibre alla rinfusa. Filatoio ad anello o ring - macchina per la filatura, il filatoio ad anello impartisce allo stoppino contemporaneamente stiro e torsione avvolgendo sulla spola il filato prodotto. Lo stiro si effettua secondo il tradizionale schema a più coppie di cilindri, mentre l’inserimento per la torsione avviene facendo ruotare il filato intorno all’asse; infatti il filo passa attraverso un anellino, che essendo trascinato dal filo stesso, fa compiere un moto di rivoluzione intorno al proprio asse. Filatoio self-acting – macchina per la filatura; è un filatoio di tipo intermittente o discontinuo, costituito da due parti principali: una fissa sulla quale si trova anche l’alimentazione e una mobile dotata di un movimento di uscita e di rientro per ogni ciclo di lavoro su cui si trovano i fusi. Le torsioni sono date dal movimento rotatorio dei fusi; è indispensabile impartire delle torsioni allo stoppino che fanno legare tra loro le fibre. L’operazione si realizza facendo ruotare il fascio di fibre che costituisce il bindello attorno al proprio asse. Filatoio self-acting – macchina per la filatura; è un filatoio di tipo intermittente o discontinuo, costituito da due parti principali: una fissa sulla quale si trova anche l’alimentazione e una mobile dotata di un movimento di uscita e di rientro per ogni ciclo di lavoro su cui si trovano i fusi. Le torsioni sono date dal movimento rotatorio dei fusi; è indispensabile impartire delle torsioni allo stoppino che fanno legare tra loro le fibre. L’operazione si realizza facendo ruotare il fascio di fibre che costituisce il bindello attorno al proprio asse. Finezza – proprietà morfologica della fibra di lana, è l’elemento di maggior importanza nella valutazione

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GLOSSARIO

commerciale della fibra, perché influisce direttamente sulla grossezza del filato ottenibile. Essa varia con la razza e con la parte del vello, in generale la finezza delle lane diminuisce con l’aumentare della loro lunghezza. Si misura in micrometri µm (unità equivalente a un millesimo di millimetro), più la finezza aumenta maggiore è il suo valore di mercato infatti, la lana può essere classificata come: extrafine (fino a 20 µm), fine (20-25 µm), comune (30-50 µm) e ordinaria (50-100 µm). Fibre più lunghe sono grosse e meno arricciate, al contrario fibre più corte sono sottili e più arricciate. Filatura – insieme di operazioni che trasformano la fibra grezza in filato. Tali operazioni consistono in: sfioccatura della fibra e pulizia con eliminazione del materiale di scarto; battitura e cardatura per sgrovigliare le fibre e formare un elemento tessile continuo (nastro cardato); pettinatura per eliminare le impurità residue e le fibre troppo corte; formazioni di stoppini a sezione regolare, accoppiando tra di loro le fibre stirandole; torsione degli stoppini mediante filatoi a fusi rotanti con conseguente trasformazione delle fibre in filati. Fibre artificiali - prodotte partendo da polimeri naturali; esse si dividono a seconda dell’origine della materia prima in: animali, vegetali e minerali. Le fibre animali sono quelle derivate da proteine di origine animale come la caseina del latte. Le fibre vegetali possono essere ricavate dalla cellulosa – fibre cellulosiche come il rayon cupro, rayon viscosa; infine esistono le fibre di origine minerale, quali le fibre di vetro, o le fibre di carbonio. Fibre minerali - ricavate da molti silicati presenti in natura sotto forma di fibre più o meno flessibili, che possono essere tessute; tra le fibre minerali inorganiche le uniche adatte per ricavare fibre tessili sono è l’asbesto e l’amianto. Fibre naturali - suddivise in tre categorie: animali, vegetali e minerali. Appartengono a questa categoria la classe delle lane, cioè le fibre animali costituite da peli dei velli di pecora, capra, alpaca, lama, vigogna, cammello e le sete, cioè le fibre

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costituite da filamenti prodotti da alcuni insetti (seta ,tussah, seta di ragno), o da molluschi (bisso o seta marina). Fibre sintetiche - prodotte da polimeri, ottenuti da composti di natura organica (derivati dal petrolio), grazie a reazioni chimiche di polimerizzazione. Fibra tessile - materiale filamentoso che attraverso lavorazioni meccaniche, fornisce filamenti di una certa lunghezza, resistenza ed elasticità. I filati intrecciati opportunamente tra di loro, possono dare tessuti. La provenienza delle fibre è varia; possono derivare da piante (cotone), da animali (lana) o anche essere ottenute dall’uomo con procedimenti meccanici e chimici. Fibre vegetali - sono fibre cellulosiche a seconda la parte della pianta da cui si ricavano si distinguono in: fibre da semi (cotone) fibre da libro o stelo (lino, canapa, juta) fibre da foglie (manila, sisal). Filato cardato - prodotto della lavorazione industriale, visto al microscopio appare rigonfio, in quanto costituito di fibre corte (in generale inferiori ai 6≈7 cm) ; questo filato ha un aspetto peloso, irregolare e voluminoso che gli permettere di mantenere maggiore calore. Filato pettinato - prodotto della lavorazione industriale, visto al microscopio appare costituito da fibre lunghe (superiori a 7 cm, le migliori fibre misurano tra i 12 cm e i 24 cm) dall’aspetto poco voluminoso, ma omogeneo rispetto ai filati cardati. Frontura – organo in cui sono applicati gli aghi necessari alla formazione del tessuto a maglia. La frontura può essere rettilinea o circolare e singola o doppia; da queste tipologie si ottengono cosi tessuti piani o tubolari. Fullo - in antichità, presso i Romani colui che lavava i tessuti era cosi denominato (plurale fullones). Strettamente


GLOSSaRIO

collegato agli orinatoi per l’utilizzo dell’urina principale fonte di ammoniaca.

G.

Grado di torsione - risultato dell’operazione di torcitura viene impartito ai filati; si misura contando il numero di spire contenute in una determinata lunghezza. Gualdrappa - drappo attaccato alla sella che copre la groppa del cavallo per riparo e per ornamento.

i.

K. L.

Igroscopicità - proprietà fisico-meccanica, rappresenta la capacità di assorbire l’umidità e di trattenerla nella fibra. La fibra di lana assorbe umidità fino al 33% del suo peso senza sembrare bagnata. L’assorbimento dell’umidità è di natura chimica e non di natura capillare (tipo spugna). Questo significa che, in ambiente umido la lana assorbe l’umidità e tramite una reazione chimica sviluppa calore aumentando la sua temperatura, questa reazione ritarda in modo naturale il suo raffreddamento dando al corpo umano che la indossa la possibilità di adattarsi gradatamente alla nuova situazione ambientale. Tale proprietà rende la lana un materiale utilizzabile in campo edilizio, perché capace di trattenere grandi quantità di aria fra gli interstizi perché è naturalmente ondulata. Kaunakes - nello ‹‹stendardo di Ur ›› si vedono molti personaggi che indossano la kaunakes, ovvero una gonna a frange realizzata con vello di pecora. Lana - fibra proteica composta da elementi chimici quali carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto e zolfo. Essa deriva dal vello di ovini (pecore e alcune capre) e camelidi viventi nelle zone fredde e montagnose. Ottenuta principalmente da pecore di specie Ovis aries e costituisce il 90% della produzione mondiale di fibre naturali di origine animale. Lana annuale - si ottiene da un’unica tosatura annuale. Lana bistosa - si ottiene da ovini sottoposti nell’anno ad una duplice tosatura (in primavera e autunno).

Lana cotta - tessuto di lana sottoposto a un trattamento di bollitura, tanto da risultare maggiormente compatto e di conseguenza resistente e impermeabile. Simile al tipico tessuto Loden altoatesino o tirolese. Lana di concia - lana ricavata dalle pelli di animali destinati alla concia. Lana morta - derivata dalla depilazione delle pelli di animali morti (rif. lana di concia). Lana lavata o scoured - lana lavata a fondo dopo la tosa e dai cui lavaggi si ottiene come sottoprodotto la lanolina. Lana saltata - lavata addosso all’animale prima della tosa; si chiama “saltata”, perché era uso far saltare gli animali entro fossi d’acqua prima di tosarli. Lana sucida - lana di tosa, ovvero non lavata, contiene almeno un 50% di impurità accumulata durante la permanenza del vello sull’animale, le impurità possono essere costituite da: grasso cutaneo (suint), lappole, polvere, terriccio, fango ecc. Lanolina - prodotto della purificazione del grasso della lana; si presenta come un grasso di consistenza semi-solida di colore bianco. Questa sostanza grassa conferisce alla lana il tipico colore giallognolo che, dopo opportuni trattamenti, trova largo uso nell’industria farmaceutica e cosmetica, grazie alla facilità con cui è assimilata dalla pelle umana.

Lékythos - Vaso greco dal corpo allungato e stretto. Lucentezza - proprietà morfologica e determina il grado di riflessione della luce, ovvero la peculiarità dovuta alla rifrazione e alla riflessione della luce sulla superficie della fibra; più questa è uniforme maggiore sarà la sua lucentezza. Su di essa influiscono, la disposizione delle scaglie della cuticola: quanto più sono appiattite, tanto più lucida è la fibra.

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GLOSSARIO

Lunghezza - proprietà morfologia, nella fibra è la dimensione longitudinale espressa in centimetri o millimetri. In base alla loro lunghezza le fibre possono essere catalogate in discontinue, semicontinue e continue.

M.

N.

acqua calda o vapore e poi asciugata, mantiene per lungo tempo le forme o le pieghe impresse prima dell’asciugamento.

R.

Mano - proprietà morfologica; “per mano” si intende una serie di sensazioni tattili e termiche prodotta dalle fibre e dai relativi tessuti. Si parla di mano morbida o secca (sensazioni tattili) e di mano calda e fresca (sensazioni termiche). Metionina – amminoacido contenente zolfo, contenuto nella cheratina.

Ritorto semplice – prodotto formato da due o più fili o monofili con torsione, o da filati uniti mediante una sola operazione di ritorcitura.

Midollo – canale interno presente solo nelle fibre più grossolane; in alcune fibre più irregolari è presente a isole, ovvero solo per alcuni tratti grossi della fibra.

Ritorto composto – prodotto formato da due o più componenti di cui almeno uno torto o ritorto semplice, uniti mediante altra/e operazioni di ritorcitura.

Nastri di carda - si costituiscono nel ciclo di cardatura a fine del quale, veli di carda prodotti sono separati in strisce detti appunto nastri di carda.

s.

Panno lana - tessuto di lana nella nomenclatura alto medievale. Pregiate erano le tessiture degli Umiliati (ordine monastico) specializzato in questa produzione.

Stiratoio - macchinario del processo di filatura, permette di allungare e tirare le fibre rendendole omogenee e maggiormente sottili.

Parallelizzazione - disposizione delle fibre in un determinato orientamento. Pezzami - insieme di pezzi o parti di lana che si ricavano durante l’operazione di scarto dai vari velli, catalogati sono poi venduti in lotti separati dai velli. Plasticità - caratteristica chimica della lana, trattata con

100

Sbordatura o skirting – operazione in cui si procede a una cernita del vello ottenuto dalla tosa. Sciarpa - dal francese écharpe – borsa a tracolla - la troviamo citata nel Trecento a indicare una fascia portata a tracolla. Durante il XVII secolo, risulterà insegna distintiva di un esercito; ad esempio nella battaglia di Lutzen (1632) gli svedesi si distinguevano per la sciarpa verde dall’esercito imperiale in sciarpa rossa. Consiste in genere di una fascia di tessuto più o meno larga, più o meno decorata, spesso terminante in frange, portata intorno al collo, sulle spalle, a ricoprire il capo, indossata a tracolla o avvolta intorno ai fianchi.

Nerbo o vitalità - sotto compressione è l’elasticità che ha la lana, cioè la tendenza a tornare nella forma iniziale una volta compressa (anche se per semplice compressione del cavo della mano) dà quindi un indice di sofficità.

P.

Resilienza - caratteristica fisico-meccanica, attraverso la sua arricciatura naturale, la lana ha la capacità di tornare al suo aspetto originale dopo essere stata sottoposta a una pressione, anche se prolungata; grazie a questa caratteristica la lana è molto apprezzata nel settore dell’abbigliamento.

Stoppino – fascio di fibre stirabile con leggera torsione.

T.

Tasso di ripresa - proprietà fisico-meccanica; rappresenta un valore che indica la massima percentuale teorica di acqua


GLOSSaRIO

che una fibra assorbe in un ambiente umido; nel caso della lana pettinata questo valore è al 18%, mentre per la lana lavata è del 17%. Telaio - In latino medievale telarium, è un dispositivo per l’elaborazione tessile; la struttura, su cui si distende ed elabora l’armatura permette, grazie a particolari congegni, l’intreccio di filati per realizzare un tessuto. L’armatura è costituita da fili di ordito (paralleli e assicurati ai subbi), intersecati perpendicolarmente e alternativamente da fili di trama (avvolti intorno alla spola). Si distinguono vari tipi di armature; l’armatura più semplice è detta tela, in cui la trama interseca l’ordito ed è costituita da un filo di trama intrecciati. Ogni popolo ha sviluppato delle tecniche caratteristiche di tessitura con altrettanti caratteristici telai. Tenacità - proprietà fisica, indica il carico in grammi necessario per rompere un filo di finezza standard. In pratica si misura il carico di rottura a trazione e si dividono i grammi ottenuti per il titolo. La lana non ha un’eccezionale tenacità, ma tra le fibre tessili ha un’elevata elasticità. Telai per maglieria - sono quelli in cui gli aghi sono mobili e lavorano singolarmente (macchine rettilinee e circolari) telai e macchine possono essere a monofrontura, una serie di aghi, o a bifrontuta, cioè a doppio serie di aghi. Titolo - il grado di sottigliezza o grossezza dei filati. Non è identificabile attraverso la misurazione del diametro del filato stesso, per questo nell’ambito degli scambi commerciali si è resa necessaria l’introduzione di un sistema di misurazione convenzionale denominato titolo, ottenuto dal valore che merge dal rapporto tra la lunghezza e peso del filato. Si hanno due tipologie di sistemi di titolazione: diretto e indiretto. Torcitura - operazione principale del processo di filatura avviene nei filatoi e permette di tenere unite le fibre conferendo resistenza al filato derivante.

Torsione - risultato della torcitura, si tratta di un movimento a spire impartito alle fibre. Torto semplice - prodotto formato da due o più fili o monofili senza torsione uniti mediante una sola operazione di torcitura. Tops di pettinatura - nel ciclo di pettinatura i veli di pettinatura dopo diversi passaggi: separati in nastri, successivamente in bindelli e poi in stoppini (o tops di pettinatura) che saranno avvolti su bobine, pronti per affrontare le operazioni di filatura. Tunica - termine di origine latina, già in uso presso i Greci con il nome di chitone, indossata dagli uomini e donne, la sua foggia varia con le epoche, realizzata in lana o lino fa parte degli indumenta, ossia di tutti quei capi di abbigliamento portati al di sotto di sopravvesti. Le evoluzioni principali che trasformano questo indumento sono l’introduzione delle maniche (cucite o direttamente aggiunte in tessitura) e le cuciture, con queste si potrà utilizzare meno materiale e le tuniche risulteranno meno drappeggiate e più snelle. Si riscontrano vari tipi di tuniche a seconda del decoro, del colore e dell’uso. Tratturo - sentiero naturale percorso dalle greggi. Twinset - termine di derivazione inglese (twin= gemello, set =completo), con il quale si usa indicare, fin dagli anni ‘30, l’accordo di due capi in maglia, nello stesso colore e filato: il primo una maglietta quasi sempre con le maniche corte, il secondo un golfino da chiudere con asole e bottoni. Il twinset segna una svolta verso l’eleganza della maglieria; anche in un ruolo di capo complementare, in sottile lana pettinata, lavorata a maglia rasa, poi in cashemire, sempre in toni naturali. Ritornano di moda negli anni ‘60, si tinge di colore, specialmente pastello, ospitando, soprattutto nel golfino esterno, punti maglia ornamentali e disegni jaquard. Celebri i twin set in punto cashemire di Marella Agnelli.

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GLOSSARIO

V.

Velo di carda – ottenuto nel processo di cardatura; le fibre ripulite e ordinate formano un velo omogeneo e sottile che prende il nome di velo di carda. Velo di pettinatura - durante il processo di pettinatura il velo di carda è sottoposto a pettinatura, l’operazione si svolge in una macchina costituita da pettini d’acciaio che parallelizza perfettamente il velo di carda liberandolo dalle ultime impurità residue ed eliminando le fibre più corte; alla fine del processo il velo di carda si trasforma in velo di pettinatura. Vello - mantello protettivo che ripara l’animale dal freddo e dall’acqua. Composto da due tipi di pelo: la giarra la cui la funzione è quella di impermeabilizzare l’animale, essa è costituita da peli setolosi, lunghi ispidi; mentre la borra ha la funzione di isolare l’animale dal freddo, ed è formata da peli sottili, ondulati, morbidissimi.

Y.

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Yolk - nome con cui sono denominate le impurezze secrete dal derma della pecora e che aderiscono al vello sono eliminate attraverso dei lavaggi alcalini nelle prime fasi di lavorazione della fibra.


Bibliografia.

bibliografia. Manuale di tecnologia tessile, di Mario Bona, Filippo Alberto Isnardi, Edizioni scientifiche, Roma, 1981.

Breve storia della moda in Italia, di Maria Giuseppina Muzzarelli, Mulino Editore,2011.

Tecnologia Tessile - fibre, filati, tessuti - di Giorgio Moreschi, Editrice San Marco, 2002.

Edward Lucie - Smith, Storia dell’artigianato, Editori Laterza, 1984.

La lana, di Leo Gallico, Eventi&Progetti Editore, 2000.

Storia del costume dall’età romana al Settecento, di Giulia Mafai, Skira editore, 2011.

Il Linguaggio dei tessuti, di Marco Perretta, Max Mara Editore,1980. Elementi di tecnica Tessile, di Lola Bardini Barbafiera, Alessandra Moroni, Trevesini Editore, Milano, 1998. Fibre tessili e pellicceria, vol. primo, di Anna Annibaldi Lanciotti, Edizioni Testi, Modena, 1986. Merceologia dei prodotti tessili e delle pelli per l’abbigliamento e arredamento, di Enza Pezzano Casale, Patron Editore, Bologna,1982. Fibre tessili, struttura e caratteristiche proprietà, di Ferruccio Bonetti, Stefano Dotti, Giuseppe Tironi, Edizioni Tecniche nuove, 2012. Processi di lavorazione dei prodotti tessili, di Burkhard Wulfhorst, Edizioni tecniche nuove, 2001. Manuale di merceologia tessile, di Carlo Quaglierini, Edizioni Zanichelli, 1992.

Parliamo di Moda, di Sara Piccolo Paci, volume terzo, Cappelli Editore, Bologna, 2004. Come vestivano i greci, di A. Pekridou, Gorekci, Editore Rusconi, 1993. Stefania Ratto, Grecia, collana scoprire le civiltà, Mondatori Electa, 2008. La grande storia dell’artigianato, volume primo, Giunti Editore, 1998, Firenze. Unravel: kntiwear in fashion, di Emannuelle Dirix, Lanoo, 2011. Knitwear Design, di Carol Brown, Laurence King Publishing, London, 2013. Knitwear in fashion design, di Maite Lafuente,Satel, Barcellona, 2012.

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INDICE IMMAGINI

indice delle immagini. 1. Lekythos, attica a figure nere di Amasis,filatura e tessitura,540 a.C. circa, New York, Metropolitan Museum.

12. Le sedi delle Arti (cfr Fanelli 1980 pp 254 sg). 13. Merino.

2. Fasi di lavorazione della lana dalla Cronaca di Giovanni da Brera, 1421. 3. Stemmi delle Arti fiorentine. 4. Stemma dell’Arte di Calimala raffigurato sulla montatura esterna di un mosaico bizantino. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo.

14. Particolare del vello. 15. France Wool Week, 2014 con esemplare di Rambouillet proveniente da Bergerie de Rambouillet. 16. Timbro postale con esemplare di Rambouillet. 17. Pascoli in transumanza

5. L’aquila di rame che artiglia il torsello, sulla sommità della facciata di San Miniato a Monte, Firenze, è l’emlema dell’ Arte dei Mercanti o Calimala del XIII secolo. 6. Emblema dell’arte della lana, piazza del Mercato Nuovo, Frenze 7. Via Fibbiai, situata tra via degli Alfani e piazza Santissima Annunziata, nel quartiere di San Giovanni.

18. Classificazione delle fibre tessili. 19.Sezione longitudinale di un follicolo di lana completamente sviluppato (ingrandito circa 150 volte). 19. Suddivisione del vello, la qualità della lana decresce con il progredire della numerazione. 20. Fase della tosatura.

8. Corso dei Tintori, nel quartiere di Santa Croce. 21. Raffigurazione della struttura della fibra di lana.

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9. Stemma dell’Arte della Lana in una celebre robbiana conservata al Museo dell’Opera del Duomo, Firenze.

22. Diagramma della struttura istologica di una fibra di lana.

10. Andrea Pisano, Lanificium ( la tessitura), 1334-36 circa, Museo dell’ Opera del Duomo, Firenze

23. Raffigurazione delle ondulazioni presenti in un pollice inglese di diverse lane merino a confronto con il mohair.

11. Il Palagio dell’Arte della Lana, Firenze.

24. Diversi tipi di fibre naturali e capelli umani a confronto di finezza.


INDICE IMMAGINI

25. Tabella con le caratteristiche delle fibre fini animali.

40. Una coppia di esemplari di Yak pelosi.

26. Tabella componenti chimici della lana grezza.

41. Cashgora.

27. Grafico dell’ allungamento a rottura di lino, cotone, seta e lana.

42. Fibra di Cashgora. 43. Coniglio d’Angora.

28. Tassi d ripresa ufficiali delle principali fibre animali. 29. Comportamento al calore delle principali fibre tessili.

44. Vasca leviathan lavaggio lana da sinistra a destra: -rullo immersore -forche di avanzamento -rulli di trasportatori -cilindri spremitori

30. Cammello 45. Cardo del lanaiolo (Carduus). 31. Dromedario 46. Cardo essiccato e scadassi a mano. 32. Lama 47. Velo di carda, fasi di lavorazione. 33. Alpaca 48. Cardatrice con ricci in catena per lane e fibre corte. 34. Vigogna

36. Cashmere

49. Cilindro di stiro. La velocità di rotazione del cilindro di stiro è, nell’ordine progressivo, più elevato nel cilindro successivo rispetto al precedente tanto che nel quarto cilindro sarà sei volte maggiore che nel primo.

37. fibra Cashmere

50. Schema di filatoio ad anello.

38. Mohair

51. Schema del filatoio Open End.

39. Vello del mohair.

52. Particolare del filatoio ad anello. 53. Tabella, tipologia di filati ritorti semplice.

35. Guanaco

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INDICE IMMAGINI

54. Tipologie di filati ritorti semplice.

71-72. Pablo Picasso, Avon Celli, archivio.

55. Tabella, tipologie di filati fantasia.

73. Cary Cooper, Avon Celli, archivio.

56. Ritratto del Dottore Gustav Jager, medico biologo tedesco, 1880.

74. Abito da tennis,1920, Musee National du Sport, Nizza.

57. Saggio, Normalizzare l’abbigliamento per tutelare la salute, 1880. 58. Cyclism Sportwear, 1896- 1898, Metropolitan Museum, New York. 59. Tipologia di vestiti sportivi, 1930. 60. Copertina Vouge, 1927 61. Locandina indumenti Jaeger, 1920. 62. Maglioni e pullovers, in “La Femme de France”, 1925, circa. 63. Jean Patou, disegno, abito sportivo 1920, circa. 64. Jean Patou costume da bagno, dalla linea sport et voyage, 1929 The Kyoto costume Institute. 65. Sonia Delaunay costumi da bagno,1928. 66. Gabrielle Chanel tailleur a strisce in jersey,1928. 67. Gabrielle Chanel maglia a strisce in jersey,1929. 68. Elsa Schiaparelli, costume da bagno,1928. 69. Jean Patou costume da bagno, pezzo unico,1928. 70. Sala bianca, Palazzo Pitti, Firenze, 1952.

106

75. Suzanne Lenglen e Max Decugis, vestito da tennis di Patou, 1920. 76. Interno reparto confezione, fine anni 40. 77. Manifesto mostra permanente, sede Santa Lucia a Perugia. 78. Duchessa Kate Middleton, indossa tailleur Luisa Spagnoli, 2011. 79. Illustrazione di abiti da golf, 1921. 80. Bobby Jones e Alexa Stirling, 1923. 81. Ritratto Grace Kelly Pringle of Scotland twinset, in Delitto perfetto,1954. 82. Ritrtatto Janet Leigh, Pringle of Scotland twinset, in Psycho, 1960 83. Tag in tessuto del maglificio inglese Harris Tweed. 84. Ritratto Brigitte Bardot Pringle of Scotland twinset, 1960. 85. Carla Sozzani indossa ‘untitled’ da lei disegnato per il 195° anniversario di Pringle of Scotland, 2010 86. Tilda Swinton indossa ‘twinset of my dreams’ a lei disegnato per il 195° anniversario di Pringle of Scotland, 2010. 87. Vivienne Westwood red label SS 2013 London Fashion Week.


INDICE IMMAGINI

88. Pringle of Scotland, campagna pubblicitaria.

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