ANATOME A MILANO ISIDRO FERRER: il gioco della parola
Claudia Crespi
SCUOLA DEL DESIGN Corso di laurea in Design della Comunicazione Laboratorio di Sintesi Finale a cura di: Gianfranco Torri, Fulvia Bleu, Francesco E. Guida A.A. 2011/2012 Milano, 26 luglio 2012
“La moleskine segna il tempo. E tu sai -e perciò la usi- che i tuoi pensieri e le tue idee hanno trovato un fedele custode.” Non c’è grafico che si rispetti che nella tasca non abbia una Moleskine, o qualcosa che le somigli. La scelta di una grafica di questo tipo per l’elaborato di laurea rende il taccuino simbolo della grafica nella prima parte mentre strumento utilizzato dallo stesso Isidro Ferrer nella seconda. Rappresenta un viaggio, una sorta di “diario di bordo” che parte da una galleria di grafica, la Galleria Anatome di Milano, passando attraverso la progettazione del marchio e relativo manuale di utilizzo per la stessa, fino ad arrivare a trattare con chi nella Galleria espone realmente, il designer spagnolo Isidro Ferrer, raccontando la sua mostra ideale attraverso un manifesto, uno stendardo e il relativo invito. Il report di questo viaggio termina con una testimonianza reale, provata sulla pelle, un incontro con Isidro che lascia nella memoria, e nel taccuino, ricordi indelebili.
Indice
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Galleria Anatome a Milano
Il grafico Isidro Ferrer
10 38 Rue Sedaine, Paris 12 La Galerie Anatome e Parigi 16 MARCHIO 22 Processo creativo La ricerca
36 [Auto] BIOGRAFIA 38 BIOGRAFIA Riconoscimenti 42 PRODUZIONE
28 MANUALE Immagine coordinata 30 Realizzazione
52 ISPIRAZIONI La poesia visiva: Joan Brossa
Lo sviluppo La selezione Realizzazione finale
Manifesti Libri Immagine coordinata Video
Il cubismo e il montaggio: Pablo Picasso Gli echi dada: Duchamp e Man Ray Il surrealismo: Andrè Breton e Magritte La metafora visiva dell’immagine: Chema Madoz Peret
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4.
70 MANIFESTO 76 STENDARDO 78 INVITO 82 CARTELLA STAMPA 86 SEDICESIMO Ser sencillo
128 DIVIETO D’AFFISSIONE 130 WORKSHOP Obiettivi
Progetto dei contenuti della mostra
Ser ironico Ser artesano Trabajar con las propias fantasias Ponerse en situacion Involucrarse socialmente Ser metaforico
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Due giorni alla maniera di Isidro Timing
132 GIORNO 1 Fase 1
Fase 2 Fase 3
144 GIORNO 2 Conclusione
Opuscolo della mostra di Torino
160 Bibliografia 161 Sitografia Videografia 162 Ringraziamenti
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1. Galleria
Anatome a Milano
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Galleria Anatome a Milano 38 Rue Sedain, Paris
38 Rue Sedaine Paris
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La rue Sedaine, nell’undicesimo arrondissement di Parigi, è nelle vicinanze della Bastiglia. Al numero 38 c’è un edificio tipico dell’architettura della seconda metà del XIX secolo. Superato il portone un cortile interno introduce a un vecchio atelier oggi occupato dai locali della Galerie Anatome. Galleria che, a partire dal progetto di Henri Meynadier e MarieAnne Couvreu – proseguito più recentemente grazie all’impegno di Nawal Bakouri, l’attuale direttrice che si ringrazia –, ha fatto da anni la scelta di essere consacrata alla presentazione della produzione grafica contemporanea. Un’iniziativa senza precedenti in Francia in cui non esiste alcun luogo di esposizione permanente interamente dedicato al graphic design. La storia della Galleria è ormai piuttosto importante, a partire da settembre 1999, ed è sembrato interessante proporre la presentazione a Milano di una serie dei principali autori sia francesi che di altri paesi, simulando l’allestimento di una serie di mostre che fornisse uno spaccato di quanto presentato a Parigi in questi ultimi 11 anni. Durante il laboratorio di sintesi finale (a.a. 2011-2012), in collaborazione con la Galleria, è stato proposto agli allievi di lavorare su una serie di artefatti – manifesto, un quaderno in formato sedicesimo, un coordinato che potesse funzionare come cartella stampa – che presentino 18 autori ritenuti particolarmente significativi della produzione recente e contemporanea.
Con la speranza, se non l’aspettativa, che tale proposta possa essere di auspicio a iniziative similari anche nel nostro paese se non più semplicemente di presentare l’esito di questo lavoro in uno spazio espositivo interno alla Scuola del Design. Gianfranco Torri
Ingresso della Galleria Anatome di Parigi
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Galleria Anatome a Milano La Galerie Anatome a Parigi
La Galerie Anatome a Parigi
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“Lavoravo nell’agenzia Anatome, che è un’agenzia di comunicazione istituzionale, dove mi occupavo della creazione grafica. In questa agenzia, noi abbiamo l’abitudine di prendere degli stagisti che generalmente sono stranieri. Il fatto che ci siano così pochi francesi ci ha indotti a interrogarci sulla formazione che si può trovare qui in Francia e soprattutto sulla differenza con la formazione di tutti questi altri paesi. Ci siamo poi trasferiti nella nuova sede di Parigi. Nel contratto di locazione abbiamo ereditato anche questo spazio. È stato in questo momento che abbiamo avuto l’idea di far venire qui i maestri di quegli allievi che avevamo visto all’agenzia. In più, qui la cultura grafica è diversa rispetto agli altri paesi. E noi volevamo rendere questa cosa visibile. In Francia, c’è una reale mancanza di cultura e un’incredibile ignoranza riguardo la situazione degli altri paesi. In questo modo, si può immaginare come le istituzioni e gli sponsor non avessero idea di cosa potesse essere il lavoro di progettazione grafica. Ma in Inghilterra, in Germania, nei Paesi Bassi ci sono luoghi permanenti dedicati alla grafica. Questa cultura del design grafico si è diffusa al punto che qualsiasi persona presta attenzione alla sua cartoleria o alle affissioni in mostra agli angoli delle strade. Questo non è assolutamente il caso della Francia. […] Vi è un cambiamento che sta avvenendo attualmente. Credo che stiamo assistendo ad una nuova mania per la grafica. Il numero di visitatori che attendiamo ne sono la prova.
Il progetto della Galleria comprende due scuole principali: la scuola polacca e la scuola svizzera. Penso che la scuola svizzera, che è anche tedesca e olandese, sarà sempre molto presente. E lo stesso vale per la scuola polacca che è molto forte in alcuni settori della progettazione grafica. Il nostro interesse, oggi, è quello di combinare queste due scuole. Inoltre c’è tutta la parte anglo-sassone che è molto concentrata sulla multimedialità che risponde rapidamente a tutte le modalità. Anche nei paesi anglo-sassoni si trovano cose tra le più innovative. Tuttavia, ritengo che sia effimero. Ma bisogna sapere che in Francia di progettisti grafici internazionali, non capisco perché, non ce ne siano praticamente. Spero però di poter presto esporre lavori di designer francesi. Ma devo stare molto attenta in quanto le rivalità sono molto forti. Inoltre, il design è una professione che spesso si costruisce nell’istantaneità, in un momento particolare. Io non voglio bloccare la mia programmazione negli anni futuri. Il mio obiettivo non è quello di fare soldi, ma di promuovere la professione e i suoi creatori sia francesi che stranieri.”
Ambienti interni della Galleria Anatome di Parigi
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Galleria Anatome a Milano La Galerie Anatome a Parigi
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Con queste parole, Marie-Anne Couvreu, l’attuale direttrice de La Galerie Anatome di Parigi, spiega la nascita di questo spazio dedicato alla grafica. Dal 1999 la Galerie e l’associazione a essa collegata sono certamente cresciute, costruendo una rete internazionale di connessioni composta da studenti, grafici, ma anche appassionati e curiosi che ha dato il via alla creazione di una sorta di piccolo mondo del graphic design che pulsa proprio nel cuore di Parigi, in rue Sedaine. Eppure, considerate le motivazioni iniziali del progetto, è probabilmente un indice significativo che ancora oggi la galleria rimanga l’unico spazio espositivo permanente dedicato alla grafica non solo nella capitale francese ma in tutta la Francia. Come hanno ribadito recentemente i fondatori della galleria, Marie-Anne Couvreu e Henri Meynadier, la battaglia è tutt’altro che vinta, al contrario: «le combat pour la qualité» non è conclusa. Ed è per questo che nel 2009 la Galerie ha lanciato un proprio manifesto, rilanciando il proprio impegno per la diffusione della grafica e per il miglioramento dell’ambiente visivo della società contemporanea: «Ensemble nous continuerons ce combat». La Galerie organizza durante l’anno mostre monografiche di designer o studi importanti dal punto di vista del mondo della grafica, ognuno dei quali cura personalmente la propria esposizione decidendo il tour da far seguire ai propri spettatori. Ogni autore partecipa poi alla propria mostra per discutere il proprio lavoro, la sua evoluzione e il rapporto con i committenti con gli spettatori interessati.
Ambiente interno della Galleria Anatome di Parigi Manifesti in occasione dei 10 anni della Galleria, 2009
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mettere ordine nel caos
Galleria Anatome a Milano Marchio
Marchio
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Armando Testa in un suo articolo intitolato Sembra Facile scriveva: “Ma dove la vegetazione si fa più intensa, prolifica ed eguale, è nei monogrammi d’azienda. Sì, i monogrammi e i coordinati, più ancora che nelle mutande, maglie e braghette, hanno colpito in grafica. Parlando dell’Italia, sono ormai pochissimi i negozianti senza un marchio d’azienda, con carta da lettere, biglietti e relativo manuale di segnaletica coordinati. […] La decodificazione dei marchi richiede ormai semiologi scaltri e psicanalizzati perchè sono tutti somigliantissimi l’uno con l’altro. Parliamoci chiaro, creare un marchio semplice, esclusivo ed immediatamente riconoscibile, adattabile a pluri-interpretazioni è estremamente difficile. Ben lo sanno le ditte specializzate. Anche i grafici di un certo valore possono disegnare marchi per tutta la vita e morire senza averne azzeccato uno… Chilometri di letteratura presuntuosa, corredata di manuali d’uso per coordinato, sono stati scritti su miseri segnetti, tristi ed immobili come lapidi da campo comune...”. Il marchio è quindi la sintesi grafica dell’immagine aziendale e la sua funzione è quella di identificarla verso l’esterno. Ma quali sono i criteri che dovrebbero guidare l’elaborazione del marchio? Hohennegger parla del marchio come di quell’elemento visivo che determina un contatto “senso-
riale-visivo” con una o più persone e che trasformerà il nome personale o quello dell’azienda in un segno semanticamente forte. Il marchio genera la comunicazione con il brand di cui è rappresentante e la consolida nel tempo diventando così il simbolo o il sostituto della persona, della sua attività o del suo prodotto, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o aggiunte di materiale esplicativo. Deve diventare di valore costante e deve durare nel tempo, quindi essere progettato in prospettiva di una lunga scadenza. Uno degli obiettivi fondamentali del marchio è perciò la forza espressiva che si fonda sull’immediatezza della percezione da parte dell’osservatore. Una frazione di secondo deve bastare per mettere in azione nell’osservatore una serie di associazioni, di pensieri riguardanti la natura e le qualità del brand. Per raggiungere questo obiettivo, Hohenegger elenca nove fattori ai quali il progettista dovrà rifarsi per la corretta composizione di un marchio. 1. Originalità, si specifica che un marchio non dovrà mai ricordare o assomigliare a uno già esistente, escludendo così anche il rischio di essere identificato o confuso con uno già utilizzato da un altro. 2. La forma e la composizione del marchio devono essere l’espressione di un’idea, della caratteristica o del tipo di persona in oggetto, di un’istituzione,
Galleria Anatome a Milano Marchio
di una professione. 3. Un marchio deve essere chiaro, semplice, facilmente memorizzabile, affinchè si possa comprendere e identificare immediatamente. 4. Il marchio deve essere di natura simbolica: il suo significato deve quindi risvegliare nel destinatario una o piÚ associazioni. 5. Ogni marchio deve essere facilmente riducibile per essere adattato ai diversi contesti che lo richiedono. 6. Il marchio deve essere utilizzato in tutte le sue forme e su tutti i mezzi, siano essi bidimensionali o tridimensionali, con ogni materiale. 7. Trasformando il marchio da positivo in negativo, la sua espressività non deve diminuire. Bisogna prevedere il possibile cambiamento totale della forma, rovesciando un positivo in un negativo, o viceversa. 8. Il marchio, anche se progettato a colori, deve permettere di essere adattato anche in bianco e nero. 9. Il marchio deve permettere e prevedere anche la preparazione di alcune varianti (oltre alle già citate riduzioni e ingrandimenti, positivi e negativi) tra le quali è utile specificare: outline, diversificazione dei fondi, retinati, colori in positivo e negativo.
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Baroni [1986] fra le diverse condizioni già citate, pone la sua attenzione sulla necessità dell’immediata percezione, la massima comprensione del segno, cioè la rapida e chiara individuazione del significato inteso come il fine del messaggio; lo sforzo di ricerca deve permettere che esso non venga confuso per indeterminatezza d’indicazione con altri simboli similari e allo stesso tempo non ne richiami alla mente altri, che, appartenendo a campi differenti, possono dar luogo a collegamenti bizzarri o, ancor peggio, spiacevoli. Iliprandi [1985] definisce un marchio come “segno intenzionale, progettato per marcare prodotti, manufatti, servizi, raggruppamenti, associazioni, enti” elencando una serie di definizioni. “Il marchio serve a sottolineare le connessioni esistenti tra un oggetto e colui che lo possiede, lo elabora o lo utilizza” definendo la funzione in questi termini: “suo compito è di attirare l’attenzione sulla speciale natura di una particolare categoria di oggetti all’interno di un gruppo più vasto.” “Marchio di fabbrica è un segno impresso su prodotti o merci di un’impresa industriale o associato a servizi per distinguerli da altri dello stesso tipo… può essere costituito da una parola (marchio nominativo) o da una figura (marchio emblematico o figurativo) o da una determinata forma caratteristica dei prodotti (marchio di forma) o dal nome dello stesso imprenditore (marchio denominativo) o dal nome di una località (marchio geografico)”. Lo stesso Iliprandi considera che generalmente, e genericamente, si usa dire che un marchio per essere tale deve riconoscersi indipendentemente dall’impiego di un determinato colore, dalla dimensione aumentata o ridotta, dall’applicazione in positivo o negativo, dalla stampa su supporti diversi dalla carta, dalla traduzione in oggetto tridimensionale realizzato con materiali tra i più vari. laRinascente, Max Huber, 1950 Arnoldo Mondadori, Bob Noorda, 1969 Penguin book, Steven Bateman, 2003 Restyling Agip, Bob Noorda, 1972 la Feltrinelli editore, Bob Noorda Shell, Raymond Loewy, 1971
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Per meglio capire la suddivisione delle diverse tipologie di marchio ci si rifà alla classificazione riportata da Baroni nel suo manuale: *Marchio come monogramma e come sintesi delle lettere dell’alfabeto che compongono il nome in oggetto (marchio scritto sostitutivo della firma). In questo caso, il marchio non si discosta molto dallo studio dei logotipi, in cui talvolta l’immediatezza di lettura è spinta ai limiti dell’interpretazione. *Marchio come elemento figurativo più o meno stilizzato, a seconda dell’appartenenza a un settore convenzionale o simbolico (marchio illustrato). In questa tipologia di marchi vengono visualizzati gli elementi che vanno a costituire il contenuto del soggetto o simbologie che fanno riferimento ad esso o al suo utilizzo. *Marchio come impatto formale, simbolo astratto o elemento strutturale, senza particolari riferimenti a significati o contenuti specifici. Si ha, in questo caso, l’introduzione dell’arte non figurativa che va ad integrare e rafforzare marchi altrimenti troppo astratti. 22
Per quanto riguarda il marchio di un’ente culturale, cosa che La Galleria Anatome trasposta a Milano si propone di essere, a livello progettuale deve rendere chiaro in che contesto si inserisce l’ente (locale, nazionale, ecc.) e quali sono il suo ambito d’azione e i suoi obiettivi: deve rappresentare l’ente in qualsiasi circostanza presente e futura. Un marchio, se ben fatto, non dovrebbe cambiare spesso, ma anzi durare il più a lungo possibile mantenendosi inalterato nel tempo, a meno che non sia l’ente stesso a cambiare e ad avere di conseguenza bisogno di trasmettere un messaggio differente.
Brooklyng Museum, agenzia 2x4 Museum of London, Coley Porter Bell, 2010 Triennale di Milano, Italo Lupi, 1983 Museo Poldi Pezzuoli, Italo Lupi, 1981
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Processo creativo
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Ricerca
Sviluppo
Con le premesse della parte precedente procediamo nell’analisi della progettazione del marchio. Per cominciare il processo è stata svolta una fase di analisi di quella che è la realtà che sta concretamente attorno alla Galleria Anatome di Parigi, per arrivare ad evidenziare le linee guida e gli elementi che sarebbero poi dovuti comparire anche nel marchio di Anatome Milano. Il successivo brain storming ha portato alla luce una sorta di valori principali e di indicazioni di stile che il marchio avrebbe dovuto incarnare: *Indipendenza: il marchio deve essere indipendente dal marchio della Galleria di Parigi, distaccarsi da esso e non riprendere il suo stile. Non deve avere alcun tipo di legame con esso e deve poter sussistere ed essere forte anche e soprattutto da solo. *Mutevolezza: il marchio deve essere mutevole nel tempo e nella forma, deve essere dinamico, quasi “camaleontico”, se così si può dire, per sapersi adattare al contesto. *Minimal: ridurre al minimo qualsiasi dettaglio grafico superfluo in modo che la grafica diventi pura e ridotta ai minimi termini per avere un marchio essenziale. *Distintiva: lo scopo di ogni marchio è quello di distinguersi positivamente all’interno della grande quantità di marchi esistenti, emergere per forza e correttezza, per “vincere” nel mercato della concorrenza. *Propositiva: Anatome Milano deve rendersi vetrina per tutti gli artisti che vi esporranno, deve quindi fare da tramite tra i designer e il pubblico.
È il momento della fase operativa: partendo da uno o più valori individuati nella fase di ricerca, passando da carta, penna, matita e gomma, si arriva ad una serie di schizzi che li rappresentino. Si ricerca un marchio che oltre a essere distintivo e a incarnare quello che la Galleria rappresenta, anche in maniera inusuale rimandando a campi che poco hanno in comune con la grafica, sia anche simbolo del concetto stesso di galleria, dia un’idea concreta di spazio espositivo e quindi in un certo senso delimiti uno spazio immaginario.
Schizzi delle proposte di logo
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Selezione Nonostante tutto nasca da un’idea principale generale, questa si concretizza poi in maniere differenti generando diverse varianti del marchio. Per alcune di queste,si tratta solo di piccole modifiche, per altre invece il concetto di base resta ma il simbolo grafico viene sconvolto completamente. Della fase di selezione, dopo un ragionamento critico guidato sugli schizzi, si arriva alla scelta di tre tra essi: i primi due giocano sul concetto spaziale di galleria, uno con la sovrapposizione di diversi piani creando, in un caso, un gioco di bianco/nero e pieno/ vuoto, mentre in un altro diversi livelli di trasparenza del colore, e l’altro con l’accostamento di diversi piani in prospettiva; la terza proposta vede Anatome come un contenitore, una scatola di conoscenze leggermente aperta, in modo che tutti possano ammirarne il contenuto come in una vera e propria esposizione.
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Tre proposte scelte tra gli schizzi per il marchio finale
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Realizzazione finale Il marchio scelto rappresenta la sovrapposizione di diversi piani prospettici con trasparenze diverse in modo da creare nuove tinte di colore; questo permette al marchio di essere semplice, in quanto composto da elementi base, ma allo stesso tempo di creare un movimento e una dinamicità tali da rendere il concetto di interazione tra la Galleria e il pubblico. I tre piani prospettici si intersecano tra loro quasi a formare e a rappresentare l’incontro tra i diversi stili e le differenti tipologie di design dei molteplici artisti che esporranno nella galleria.
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Il marchio è di tipo grafico, illustrativo e per questo motivo necessita di informazioni aggiuntive che chiariscano il nome della Galleria. Vengono quindi considerate le parole Anatome, in Titilium 600 wt, e la parola Milano, in Titillium 250 wt; la differenza di peso e di corpo mette in evidenza il sistema delle Gallerie Anatome in generale e non solo quella di Milano per non dare a quest’ultima più importanza rispetto a quella di Parigi, unica realmente esistente e visitabile. I colori scelti per il marchio sono quelli che meglio rappresentano il concetto di grafica, i colori per eccellenza, Cyano, Magenta, Yellow e Black. Sui tre diversi piani si alternano i colori più vivaci con una trasparenza del 70% per creare un gioco di sovrapposizioni cromatiche. La parte di lettering è anch’essa in Black al 70% per non discostarsi troppo dallo stile della parte grafica e diventare un tutt’uno con essa, senza che la parte scritta sia più evidente e tolga importanza al segno grafico.
Versione finale a colori del marchio Anatome Milano
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Galleria Anatome a Milano Manuale
Manuale
Immagine coordinata
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L’immagine coordinata è quel sistema visivo e concettuale costituito da un insieme di segni significanti, tra loro in relazione, che si presentano in ogni contesto con cui il brand vuole comunicarsi permettendone la rappresentazione, l’identificazione e il riconoscimento; con insieme di segni si intendono tutti gli elementi che vanno a costituire un’immagine del brand unitaria, unica e omogenea. L’immagine coordinata può andare ad agire in livelli differenziati a seconda della sua applicazione. In base al suo uso possiamo trattarne il senso in funzione di tre gruppi identificabili e interdipendenti con diverse sfere di influenza: * Immagine di gruppo: interessa il brand, sia esso incarnato da un’azienda o da un individuo, inteso come globalità storica, economica e commerciale. * Immagine di marca: sezione che, nell’insieme della produzione dell’immagine coordinata, interessa una singola marca, un settore o una divisione all’interno del gruppo che la contiene. Aspetto particolarte del gruppo, vive all’interno del brand e ne riflette i dati denotativi e connotativi. * Immagine di prodotto: più particolare della precedente, interessa il singolo prodotto, opera o servizio del brand. Non è possibile stabilire un numero esatto di elementi propri dell’immagine coordinata in quanto l’esigenza di ogni singolo brand varia in funzione di svariate componenti che lo caratterizzano.
L’immagine coordinata, intesa come motore dell’identità visiva aziendale, promuove, dove è possibile, due funzioni principali della propria comunicazione: 1. La comunicazione interna relativa ai rapporti che interagiscono internamente all’azienda e ai quali corrispondono iniziative volte al fine di raggiungere i seguenti obiettivi: a. rendere visibile il top management, i ruoli e le funzioni proprie alla risorsa umana; b. rendere più positivo e attivo il contributo dei dipendenti agli obiettivi strategici aziendali, favorirne le relazioni di lavoro con le funzioni, migliorare l’esecuzione del lavoro, la cooperazione e le sinergie aumentando l’iniziativa e la produttività; c. determinare una maggiore identificazione e riconoscimento dei dipendenti con l’impresa; d. migliorare l’immagine dell’azienda attraverso i dipendenti che agiscono quali portavoce dell’impresa. 2. La comunicazione esterna è indirizzata a tutte quelle attività che si rivolgono a un pubblico estraneo alla vita dell’azienda (a questo possono corrispondere iniziative di relazione esterne quali i rapporti con la stampa, relazioni pubbliche e sponsorizzazioni ecc.) o direttamente al proprio target attraverso vere e proprie campagne pubblicitarie o azioni promozionali. Il marchio, inteso in senso lato, è al centro dell’immagine coordinata e costituisce l’elemento fondamentale attorno al quale gravitano tutte le iniziative e le produzioni di oggetti o servizi del brand.
Galleria Anatome a Milano Manuale
Generalmente il manuale “si apre con la presentazione del marchio e del logotipo, il loro utilizzo secondo una serie di dimensioni prestabilite, il colore o i colori prescelti a rappresentare la società; seguono l’impaginazione degli stampati e della modulistica d’uso, i tipi di carta da utilizzare; le disposizioni per gli stampati delle consociate, delle agenzie, delle sedi periferiche ecc.; le disposizioni per le insegne esterne, per le vetrine, i mezzi di trasporto. Per il punto vendita viene formulato un apposito manual che comprende anche gli arredi, le strutture espositive, tutti gli aspetti collegati al packaging”.
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Galleria Anatome a Milano Manuale
Realizzazione
Nel caso di Anatome Milano, il manuale comprende solo le parti riguardanti il marchio, le sue diverse versioni, i colori e il suo utilizzo. Per comprendere concretamente in cosa consta il manuale, ecco le voci riportate nell’indice e una loro breve spiegazione dove necessaria: 32
*MARCHIO. Composizione Tipografia Costruzione Area di rispetto Minima leggibilità
Lo stile e l’impaginazione del manuale risultano essere molto chiare e semplici e perfette per perseguire l’obiettivo di mostrare tutte le caratteristiche del marchio senza contaminarlo con stilemi stilistici o grafici non pertinenti. Solo in un angolo, è presente una parte del marchio in trasparenza ruotato, come segno fisso, per dare un senso di compattezza e appartenenza al manuale.
Scelte progettuali e significato del marchio con rimandi alla sua costruzione, all’area di rispetto, alle dimensioni di leggibilità per la sua versione in bianco e nero e all’uso della tipografia sono trattate nella prima sezione del manuale che ha un contenuto pressochè concettuale. *MARCHIO. Versione in bianco e nero Versione in negativo Su sfondo colorato chiaro Su sfondo colorato scuro Su sfondo fotografico Versione a colori Colori istituzionali Nella seconda parte, la più pratica, si tratta la versione a colori, con la definizione degli stessi nelle scale cromatiche CMYK e RGB e nella versione a PANTONI per ogni parte del marchio.
Copertina del Manuale d’identità visiva Nelle pagine seguenti: interno del manuale
Galleria Anatome a Milano Manuale
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Galleria Anatome a Milano Manuale
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Galleria Anatome a Milano Manuale
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2. Il grafico Isidro Ferrer
L’autore: Isidro Ferrer [Auto] Biografia
(Auto) Biografia
“Non so bene dove inizi una funzione né dove finisca l’altra, ma non m’importa per niente. I disegnatori dicono che io sia un illustratore che disegna, mentre gli illustratori dicono che io sia un disegnatore che illustra.
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Mi chiamo Isidro Ferrer, ho 10 dita nelle mani e 10 nei piedi, in totale 20 distribuiti di 5 in 5. Ho anche i polmoni, un cuore, un fegato, reni, una vescica, due intestini (uno tenue e uno crasso), un naso, due orecchie, una bocca, 30 denti, -Sì, proprio 30!-, 2 occhi, qualche pelo sparso per tutto il corpo e un cappello. Il cappello non ve lo posso mostrare, è tornato ieri con il vento della notte e non so dov’è finito. Mi piace dividere ciò che sta insieme e unire ciò che è separato. E fare liste. Passo il tempo facendo liste che non finiscono mai.
Lista di cose che mi sono già capitate: ho già capito il meccanismo della scala automatica, ho già girato il cucchiaio nel bicchiere, già ho taciuto, sono già inciampato per strada, ho già pianto sul pane, ho già saputo che sarebbe successo, ho già chiesto e nessuno ha risposto, ho già mangiato quello che non volevo mangiare, ho già cercato da tutte le parti un anello perduto, ho già mentito, ho già sentito il freddo da cappotto, sono già passato di nuovo di qua, ho già detto di no, mi hanno già chiesto come mi chiamo… Lista delle cose che non mi accadranno mai: mai rinascerò, mai ricorderò le cose dimenticate, mai dormirò nella spuma del mare, mai sarò la metà, mai richiuderò una noce, mai vedrò un altro nello specchio, mai pioverò, mai mi cresceranno dita nelle mani, mai accompagnerò una rondine, mai nuoterò con i miei antenati, mai arriverò prima di me stesso, mai morirò una seconda volta.”
Lista delle cose che vorrei che mi succedessero: mi piacerebbe riuscire a stare una settimana con gli occhi chiusi, entrare in un vaso pieno e uscire da uno vuoto, tenere le due facciate del foglio, che il treno passasse a 5000 km dalla stazione in cui devo scendere, ripassare con il dito le strie della tigre, mentre salta, cadere alla velocità della luce, accarezzare un pesce in profondità, vedere come la radiazione entra nella terra, avere la paura seduta in una sedia, starci dentro, rimanere fino alla fine vicino alla pietra del fiume. Cosa meglio di cappello e moleskine rappresentano Isidro Ferrer? Foto scattata durante il workshop a Torino
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Mi chiamo Isidro Ferrer,
non riesco a trovare il mio cappello da nessuna parte, se qualcuno di voi lo trovasse, per favore, lo nasconda di nuovo.
L’autore: Isidro Ferrer Biografia
Biografia
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Isidro Ferrer nasce a Madrid nel 1963. Nel 1985 consegue la laurea in teatro e scenografia nella scuola di Jacque Lecoq. Entra nel mondo del design in un modo un pò inaspettato. Sarà un incidente, e ci vorranno diversi mesi per recuperare, che partirà dal palco, dove è membro di varie compagnie teatrali aragonesi (dal 1983 al 1987), in linea con l’istruzione che sta seguendo. Nel 1988 disegna le prime illustrazioni per il giornale Heraldo de Aragón e ne cura l’impaginazione. Dopo un periodo come modellatore, studia graphic design a Barcellona con il progettista Pere Torrent (in arte Peret), nel cui studio lavora per un anno. Peret, che egli considera suo maestro, gli apre gli occhi e gli insegna a percepire il design in modo diverso, un modo umano in cui contano di più il concetto, le idee e trasmettere il messaggio piuttosto che il formalismo della plastica. Nel 1989 fonda a Saragozza, insieme a tre colleghi disegnatori, lo Studio Camaleón e il loro lavoro comincia ad essere riconosciuto. Lavora non nel centro stesso del design, ma entro i suoi limiti, in un luogo di transito, di contaminazione costante tra le diverse discipline artistiche, dato che gli interessa sì il design, ma anche molte altre cose, tra cui la comunicazione, la letteratura, la musica, i film, le immagini, i fumetti, le illustrazioni per bambini, ecc. Scopre così alcuni aspetti del progetto grafico che non gli piacciono e contro il quale decide di ribellarsi e, dopo sei anni, prende un posizione più personale e si trasferisce in periferia.
Nel 1992 progetta lo spazio dedicato a Goya dà Aragones in un padiglione dell’Expo ‘92. L’anno successivo scrive il libro “El vuelo de la razón”, per il quale riceve il sostegno del Ministero della Cultura. Nel 1996, dopo essersi stabilito a Huesca, apre il suo studio in una vecchia tintoria in disuso. Sviluppa la progettazione grafica di importanti quotidiani come El País, animazioni per Canal +, nel 2000 realizza una pubblicità per la Volkswagen, uno spot televisivo per il modello New Beetle, si occupa di grafica editoriale e numerosi manifesti, tra cui in particolare quello del centenario della morte di Toulouse Lautrec e per il centenario di Luis Buñuel. Nel 2008 Ferrer illustra il Libro de las Preguntas di Pablo Neruda, tradotto da Francis Gullar, a cura di Cosac Naify. Si tratta di un viaggio immaginario di Pablo Neruda, uno dei più grandi poeti del ventesimo secolo, dove espone alcune domande riguardanti la natura, il senso della sua vita, la morte e l’esistenza. Con le illustrazioni realizzate mediante la riproduzione fotografica e il collage, Isidro Ferrer cerca di rispondere alle domande di Neruda, ma coglie la loro essenza, creando un dialogo con il testo sotto forma di scenari surreali e di metafore del suo modo di percepire il mondo.
Isidro Ferrer nel suo “mondo”, il suo laboratorio
L’autore: Isidro Ferrer Biografia
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L’autore: Isidro Ferrer Biografia
Riconoscimenti
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1991 2002 Primo premio di disegno grafico Jovenews della Premio Experimenta de Diseño. rivista ARDI Premio Nacional de Diseño, conferitogli dal Ministero della Scienza e della Tecnologia e dalla Fon1993 dazione BCD Premio del Ministero della Cultura al miglior libro per bambini e ragazzi per El Vuelo de la Razón 2003 Premio Daniel Gil per l’editoria per Una casa para 1995 el abuelo Premio Imagen Gráfica Biennale of Young Mediterranean Artis 2006 Premio Junceda Iberia dell’illustrazione, per il li1996 bro Una casa para el abuelo. Premio LAUS per l’illustrazione del libro Yo me lo Premio Nazionale per le migliori illustrazioni per guiso, yo me lo como bambini e ragazzi per il libro Una casa para el Premio Lazarillo di illustrazione infantile conse- abuelo. gnato dalla OEPLI e dal Ministero dell’Educazione e della Cultura per il libro El verano y sus amigos. 2007 Libro dell’anno 2006, Premio Cálamo, al Libro de 1997 las Preguntas Considerato al festival belga Autarcic tra i 35 au- Premio AEPD 2006 del Disegno Grafico Editoriatori più importanti del racconto indipendente eu- le, per il Libro de las Preguntas ropeo 2008 2000 Visión de Oro, JCDecaux de Creatividad Exterior, Premio della critica Serra d’Or per il libro En Co- per la campagna per il Centro Drammatico Naziosme y el monstre Menjamots. nale. Premio AEPD (Associazione Spagnola di Profes- Manifesto, European Design awards (Estocolmo), sionisti del Design) per Canal +. alla serie di manifesti per il CDN Premio PROMAX oro de animación(Canadá), anch’esso per Canal +. 2011 Premio Gràffica 2011 2001 Terzo premio del 12º Festival Internazionale dei manifesti di Chaumont (Francia), per il manifesto in onore di Luís Buñuel Premio del Diseño AEPD 2001, per l’immagine del primo Centenario di Luis Buñuel.
Isidro con alle spalle alcuni dei suoi manifesti
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L’autore: Isidro Ferrer Produzione
Produzione
Video
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Isidro Ferrer, descrivendo il suo processo creativo dice: “Un sacco di soluzioni grafiche nascono a partire dalla lettura, dal momento che la parola è il fondamento della comunicazione e la sintesi di tutto ciò che vediamo e sentiamo. Pertanto, comunicatori grafici, non possiamo dimenticare l’importanza di queste, perché sono uno strumento di lavoro essenziale.” Ogni lavoro curato da Ferrer inizia da una ricerca. E i lavori sono tra i più svariati. La produzione di Isidro è vastissima, tocca gli argomenti più disparati e comprende artefatti comunicativi appartenenti ai generi più differenti. Si può considerare una vasta produzione di manifesti di diverso genere, per poi passare all’illustrazione di libri scritti da autori importanti o da lui stesso e all’ideazione di copertine per diverse case editrici, arrivando alla creazione dei titoli di testa per diversi film spagnoli e infine alla progettazione dell’immagine coordinata per diverse aziende, nonostante, stando a quanto dice lo stesso Isidro, i brand siano il suo punto debole.
Immagine coordinata
Galleria Anatome a Milano Produzione
Copertine
Libri Illustrazioni Per bambini
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Isidro
Liceu de Barcelona
Manifesti Centro Drammatico Nazionale Sociali Eventi
L’autore: Isidro Ferrer Produzione
Manifesti Per quanto riguarda i manifesti, la vasta produzione di Isidro si divide in diversi ambiti: Sociale: si tratta di autoproduzioni che l’artista sfrutta per parlare al pubblico, esprimere le sue opinioni e fare appelli e dice che è addirittura suo dovere approfittare dello spazio e dell’ascolto che gli viene concesso per far passare messaggi politici attraverso i canali che ha a sua disposizione. Occasionale: in questo gruppo rientrano i manifesti progettati per occasioni ed eventi temporanei di cui Isidro cura l’immagine, anniversari e mostre. Teatrale: la progettazione di manifesti teatrali è di notevole importanza per la produzione di Isidro. Egli cura per diversi anni i manifesti per le stagioni teatrali del Centro Drammatico nazionale di Madrid e una stagione di spettacoli teatrali per bambini al Gran Teatro Liceo di Barcellona.
Centro Dr Naz
Teatrale
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Liceu de Barcelona
Galleria Anatome a Milano Produzione
rammatico zionale
Sociali
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Occasionale
L’autore: Isidro Ferrer Produzione
Libri In merito ai libri, Isidro predilige le produzioni e le illustrazioni per i bambini per il grado di libertà che gli permettono. In questo ambito quindi produce diversi libri per bambini curati da lui nella totalità che stimolano l’utilizzo delle mani per creare qualcosa e per sperimentare diversi materiali, come lui stesso fa. Illustra inoltre piccole storielle dedicate ai bambini in collaborazione con diversi scrittori. Oltre a questo però illustra libri per adulti dalla lettura e dai contenuti più impegnativi, ne abbiamo un esempio nel Libro de las preguntas o Los sueños de Helena. Cura una serie di copertine per la collezione Classici Universali della casa editrice Santillana. Si occupa infine di una serie di copertine per i romanzi di Anthony Burgess nella collezione Vintage per la casa editrice Random House.
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Illustrazioni
Random Hous
Galleria Anatome a Milano Produzione
se Santillana
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Infantili
L’autore: Isidro Ferrer Produzione
Immagine coordinata Nonostante lo stesso Isidro dica “I miei punti deboli sono le marche, perché mi muovo meglio nel campo dell’immagine poetica o di una scultura”, abbiamo diversi esempi di immagini coordinate curate dal designer spagnolo, qualcuna con qualche difficoltà in più, come lui stesso dice di Lunares, qualcuna più semplicemente. Il problema sta nel rapporto col cliente, soprattutto quando egli non sa quello che vuole e spesso cambia idea e di conseguenza le richieste.
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Lunares
Galleria Anatome a Milano Produzione
12 Lunas
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Jordรกn de Asso
L’autore: Isidro Ferrer Produzione
Video Per quel che riguarda la video produzione di Ferrer, possiamo dire che non è molto vasta soprattutto perchè egli predilige le tecniche tradizionali, lavorare con le mani, produrre e creare personalmente rispetto che affidarsi a tecniche digitali e computer. In questo ambito, sempre basandosi su lavori realizzati manualmente, produce i titoli di testa per diversi film di registi spagnoli.
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Fuera de carta
Galleria Anatome a Milano Produzione
Al final del tunel
Que se mueran los feos
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
Ispirazioni
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Ci sono davvero pochi grafici oggi a cui si possa meglio attribuire l’etichetta di “designer completo”. Poster, immagini coordinate, etichette, copertine di libri e riviste, illustrazioni per pubblicazioni sia per bambini che per adulti, oggetti di design e sculture di piccole dimensioni... Nulla sembra sfuggire all’immaginazione di Isidro Ferrer, vero inventore di immagini, che, come se fosse un fagocitatore di stili e di influenze, è in grado di combinare nelle sue creazioni alcune delle correnti artistiche visive più interessanti degli ultimi decenni. Alla domanda “Chi sono gli artisti a cui ti ispiri?” risponde “Un elenco enorme, gigantesco… Una lista che non si ferma e continua a crescere, proprio perchè io sono in continua evoluzione…” come se neanche lui riuscisse a tenere il conto di tutte le sue fonti di ispirazione. Iniziamo un breve viaggio attraverso le strade che questo magnifico artista sta girando da decine di anni e che percorrerà in futuro, non come un vagabondo senza meta, ma come un vero e proprio scopritore di tesori sotto forma di immagini e simboli.
Isidro Ferrer in un autoritratto
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
Un elenco enorme, gigantesco… Una lista che non si ferma e continua a crescere, proprio perchè io sono in continua evoluzione…
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
La poesia visiva: Joan Brossa
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Uno dei riferimenti fondamentali per arrivare a comprendere fino in fondo lo sviluppo del lavoro di Isidro Ferrer è senza dubbio l’autore di poesia visiva Joan Brossa, influenza che Isidro Ferrer riconosce anche pubblicamente in numerosi incontri e conferenze. Se c’è qualcosa che mette in evidenza le immagini create dal poeta catalano è sicuramente il suo carattere prettamente letterario, la sua capacità di attualizzare le metafore relative alla lingua, le parole, le lettere e le forme usate come segni grafici della comunicazione… Brossa non crea distinzioni tra poesia tradizionale, poesia oggetto, poesia visiva, strutture urbane o testi in prosa. Secondo lui tutti sono stati alimentati da una fantasia che sembra non aver limiti e che sembra poter traboccare in qualsiasi momento e in qualsiasi direzione possibile. Si può notare, nelle due opere riproposte a fianco, cosa Joan Brossa intenda per Poesia Visiva. Per quanto riguarda l’opera Chiave, si tratta di un semplice disegno. Una chiave i cui denti sono formati dalle letterre di un alfabeto. Una prima impressione arriva automaticamente, la parola per aprire le porte. Non abbiamo scoperto nulla di nuovo, le parole sono la chiave che usiamo costantemente per farci largo sulla nostra strada, ma Brossa crea un poema visivo su di esse. In fondo si tratta solamente di un disegno, a livello tecnico, e si scopre che l’autore non ha bisogno di nient’altro per comunicarci il messaggio. Anche la semplicità dell’esecuzione formale parte delle sue intenzioni. Lavora in modo molto più complesso, ma qui decide che non è necessario fare di più. Per rendere la poesia non è necessario fare più della poesia. Nell’opera Piano, la musica rappresenta la fonte d’ispirazione preferita del poeta come dimostra questo poema: il pianoforte è farcito da lettere dell’alfabeto che non si distinguono tra loro, come se l’ispirazione che deriva dalle note si presentasse a Brossa come un insieme di idee mescolate e fosse suo il compito di riordinarle per creare un buon poema visivo. Isidro Ferrer è uno dei più degni applicatori di questo spirito creativo, come si può ben vedere in ogni suo lavoro, anche nelle operazioni più rischiose. Piano, Joan Brossa, 1982 Chiave, Joan Brossa, 1982
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
Il cubismo e il montaggio: Pablo Picasso
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Quando nel 1912 Picasso realizzò il primo montaggio della storia, Chitarra, assemblaggio in cartone, lamiera e filo di ferro, non immaginava certo l’enorme importanza che avrebbe avuto la sua straordinaria creazione. Derivato da un collage cubista di appena un anno prima, il montaggio è stato una vera rivoluzione nel mondo della scultura dal resto del ventesimo secolo. La combinazione di elementi presi direttamente dalla realtà con altri materiali più propriamente tradizionali ha aperto la porta ad una gamma di possibilità espressive che esplorano, oltre che il cubismo, anche un’infinità di altre correnti stilistiche. Si sperimenta il polimaterismo, l’accostamento di materiali diversi su un supporto bidimensionale o in assemblaggio tridimensionale, che diviene una delle espressioni più significative delle sperimentazioni delle avanguardie. Gli echi dello stile di Picasso non si fermano qui nel lavoro di Isidro: in molte immagini sembra di intravedere l’influenza lontana del maestro di Malaga per quel che riguarda alcuni profili, il tratto apparentemente ingenuo ma pieno di vitalità e di forza, in costante ricerca di un’originalità senza artifici, di un’essenzialità del tratto quasi “preistorica” e, soprattutto, di un irrinunciabile senso dell’umorismo. Abbiamo un chiaro esempio di questo tipo di profili nella Linografia della moglie Jacqueline, del 1962 e nel parallelismo con la copertina illustrata de La Odisea per la casa editrice spagnola Santillana.
Chitarra, Pablo Picasso, 1912 Copertina illustrata La Odisea, Isidro Ferrer Litografia, Pablo Picasso, 1962
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
Gli echi dada: Duchamp e Man Ray
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Nel 1914 Marcel Duchamp, con la realizzazione del suo primo ready-made, Ruota di bicicletta, inaugura un nuovo modo di affrontare la creazione tridimensionale ereditata dall’assemblaggio cubista ma con un surplus concettuale molto forte. Con lo stesso principio di Duchamp, con il Regalo, Man Ray aggiunge dei chiodi ad un ferro da stiro, come per sconvolgerne il significato. Sta qui l’aggiunta concettuale: laddove il tradizionale ferro da stiro serve a perfezionare quella benda che - più o meno consapevolmente - la società brama di mettersi davanti agli occhi, il ferro chiodato pone il suo intervento distruttivo e salvifico, fermando prima che si completi ogni volontà di superficilità, e aprendo la tela alla luce, aprendo allo sguardo quella che è la realtà. Come si può vedere, Man Ray per primo, e in seguito altri dadaisti, hanno anche esplorato le possibilità di combinare materiali riciclati ed estranei al mondo dell’arte. Da qui Ferrer prende ispirazione: oltre alla sperimentazione del polimaterismo, in alcuni dei suoi manifesti, utilizza costruzioni scultoree di estetica a volte neodadaista che fotografa e fa diventare il tema centrale delle sue creazioni grafiche. Poste su uno sfondo generalmente bianco, queste composizioni, ricche di trame e colori, producono uno straordinario impatto visivo, che, insieme alla finezza di significato che caratterizza tutta la produzione di Isidro, rende questi manifesti alcuni tra i suoi lavori migliori e più ad impatto.
Ruota di bicicletta, Duchamp, 1914 Regalo, Man Ray
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
Il surrealismo: Andrè Breton e Magritte
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Sono pochi i movimenti avanguardisti che, dopo il loro sviluppo, hanno lasciato sui decenni successivi un segno più profondo di quello dell surrealismo fondato dal poeta André Breton nel 1924. La sua valutazione del subconscio, con il sogno e la fantasia, ha aperto la strada a molti modi di espressione artistica, letteraria e concettuale, ed è quasi impossibile trovare un artista o una tendenza posteriore che non abbia avuto, in un modo o nell’altro, un rapporto con questa avanguardia. La ricchezza visiva che ha portato il surrealismo si riflette non solo nella pittura più tradizionale, ma anche giungendo a permeare discipline diverse come la fotografia o la creazione di poesie oggetto con una carica poetica e metaforica straordinaria. Tutte queste linee di ricerca possono essere rintracciate nel lavoro di Isidro Ferrer, dalle citazioni dirette degli originali (vedi No es esto e La traiciòn de las imàgenes) alle opere di autori così vicini al suo universo personale, come il grande belga René Magritte, o ancora al gioco di combinare in un modo sorprendente diverse varietà di oggetti come se fosse “l’incontro casuale di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio”.
No es esto, Isidro Ferrer La triciòn de las imàgenes, Magritte
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
Metafora visiva dell’immagine: Chema Madoz
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Chema Madoz è, a detta di Isidro Ferrer, un artista i cui lavori lo attraggono molto. Considerando una breve analisi dello stile di Madoz, si possono certo individuare dei punti comuni tra i due artisti. Le sue immagini influenzate dal surrealismo e dalla poesia visiva, riflettono un universo dove gli oggetti non sono mai quello che sembrano essere. Egli riesce a catturare gli elementi della quotidianità ridando loro nuovi significati ed esplorando nuove possibilità. Le sue opere giocano con l’illusione ottica e col paradosso della comprensione. Ogni oggetto nasconde molteplici sfumature. Inoltre Madoz si converte anche in scultore: attraverso semplici modifiche riesce a donare a forme conosciute una nuova essenza. Gli oggetti cambiano la loro realtà per crearne una nuova. L’opera di Madoz, così come quella di Ferrer, rifiuta l’uso della tecnologia o almeno parte sempre dalla carta: “lavorare in analogico ti fa stabilire un vincolo con la realtà -dice il fotografo- che la fotografia digitale non raggiunge, che è qualcosa di facilmente modificabile; a me interessa rendere le modifiche nella realtà.” Il fotografo spagnolo famoso ed apprezzato per le sue opere al limite dell’illusione ottica, con un occhio sul mondo fantastico e l’altro sulla terra di mezzo scovata dall’obiettivo fotografico, dimostra con il suo stile che tutto quello che osserviamo può rivelare le sue molteplici sfumature, identità, attitudini nascoste e perché no, la sua eclettica natura, non sempre morta e spesso audacemente vitale. Così le analogie visive, le metafore e i paradossi che prendono vita nei suoi paesaggi fotografici, senza bisogno di alterazioni o manipolazioni, invitano lo spettatore a partecipare alle evoluzioni di oggetti comuni, quotidiani.
Appendere una foto ad un filo di fumo, cucire perle d’acqua, assistere ad una pioggia di mollette su un mare di capelli, possono sembrare affermazioni un tantino bizzarre, al massimo poetiche e in effetti lo sono, come lo sono le intuizioni fotografiche di Chema Madoz, pronto a stupirvi e affascinarvi con la sua gallery di soggetti surreali e accattivanti, come possono esserlo lo spettacolo della luna o la radiografia delle nuvole. Come non stupirsi e al contempo lasciarsi condurre per mano delle ambizioni casalinghe di un tombino che sa sgocciolare piatti, delle notevoli attitudini di una gabbia per uccelli che sa contenere una nuvola, delle potenzialità di una scala che sa aprire un passaggio dentro lo specchio.
Manifesto per la mostra “A cielo abierto”, Isidro Ferrer, 2005 Escala, Chema Madoz, 1999 Manifesto per il “Corso internazionale di illustrazione e disegno grafico di Albarracín”, Isidro Ferrer, 2008 Capturando nubes, Chema Madoz
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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Escurreplatos, Chema Madoz, 1998 Clavijas de lluvia, Chema Madoz, 1999 Hilo de humo, Chema Madoz, 1998
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
Peret
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Il lavoro di Pere Torrent (in arte Peret) è incluso nelle forme grafiche più elementari e funzionali: la geometria e la pittografia. Dotato di una qualità tecnica raffinata, le sue opere a prima vista possono essere associate ai grandi maestri delle avanguardie artistiche già precedentemente citati. La sua personalità è eclettica e molto timida e si esprime attraverso l’apparenza degli altri. “I progettisti devono copiare, che non è lo stesso del plagiare”, dice Peret. Studia i grandi, riconosce la loro profondità, porta alla luce concetti culturali attraverso abiti contemporanei, interessanti e sintetici propri delle ritrovate forme colte. Studia e impara da mille insegnanti e lascia che i suoi lavori restino questioni in sospeso. I suoi personaggi e le sue opere sono unici e singolari, si basa su aspetti concettuali con predilezione per l’intellettuale. Crea con finalità culturali, si rifà allo stile primitivo africano e alle forme storiche astratte, con un aspetto romanzesco pieno di ironia e umorismo, basato sull’analisi critica e sulla conoscenza. Secondo Peret “è necessario sporgersi verso le altre culture, gli altri miti. Mescolarle, unirle per arricchirsi e, allo stesso modo per cui tutta l’arte moderna è in debito con culture primitive che in molte occasioni ha effettivamente saccheggiato, io ho cercato di limitarmi (almeno consciamente) a cercare le loro influenze e, occasionalmente, a rendere omaggio alla creazione nel suo stato più puro”. Peret è stato per qualche tempo maestro e fonte d’ispirazione di Isidro Ferrer, come da lui stesso detto, e lo si può facilmente notare di primo acchito guardando il suo studio e alcuni dei suoi lavori esposti.
Copertina per Domus, Peret, 2000 Manifesto per la stagione 2010/11 del CDN, Peret Interno dello studio di Peret
L’autore: Isidro Ferrer Ispirazioni
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3. Progetto dei
contenuti della mostra
Progetto dei contenuti della mostra Manifesto
Manifesto
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Il primo step per il progetto riguardante la mostra, dopo che si è venuti a conoscenza del designer da trattare, consiste nella progettazione di un manifesto che faccia da supporto all’esposizione stessa e che dia al contempo le informzaioni necessarie per capire chi espone, cosa espone, dove e quando. Queste le poche, basilari e necessarie informazioni da inserire nel manifesto. Il percorso progettuale ha inizio da uno studio dei lavori di Isidro, con lo scopo di individuare gli elementi chiave che li compongono, lo stile che il designer conferisce ai suoi progetti e, con un’occhiata alle pagine della sua moleskine, anche di come affronta una commissione. L’analisi mette in evidenza alcuni accorgimenti che si decide di usare come basi per la progettazione del manifesto: *Semplicità e pulizia. *Stile minimal, non appesantito da elementi eccessivi. *Utilizzo di immagini fotografiche miste a illustrazioni. *Utilizzo di una tipografia decisa, font bastone usato con corpo e spessore differenti. *Utilizzo esclusivamente dei colori rosso e nero per quanto riguarda la tipografia. Benchè i suoi lavori appartengano a generi completamente diversi tra loro, Isidro affronta l’ostacolo dell’incipit di un progetto sempre nella medesima maniera… Ricerca sulla moleskine spunti, idee o riflessioni che possano essergli utili in quel momento. Sì, perchè Isidro è uno di quei grafici che gira sempre con moleskine e matita in mano, schizza ciò che attorno a lui lo
colpisce, attacca immagini, conserva biglietti, colora e scrive per portare sempre con sè il suo mondo. L’idea viene sempre nei momenti più disparati, quando proprio non la si sta cercando, o quando magari si cerca qualcos’altro, oppure addirittura quando si è impegnati in altro, quando si dorme e sogna o quando si gira il cucchiaino nella tazzina del caffè. Ci si può pensare quanto si vuole, ma l’ispirazione, l’idea giusta, arriva sempre nel momento meno giusto, quasi inaspettata. Come rappresentare il mondo di Ferrer? Come rendere l’idea di quella che è l’essenza di un illustratore di tale portata? Così per iniziare, sulla moleskine, si iniziano a riportare le prime idee, sulle pagine compaiono cappelli, ricorrenti nelle opere di Isidro, mani, strumento principale da lui utilizzato, lampadine, come se stessero a rappresentare le ricorrenti e improvvise idee del grafico, e tanti oggetti, appartenenti al quotidiano di ognuno, con cui poter contaminare e rappresentare Isidro.
Manifesto per la mostra “Dos manos que hablan” di Isidro Ferrer
100 cm
Progetto dei contenuti della mostra Manifesto
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70 cm
Progetto dei contenuti della mostra Manifesto
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Compare poi una sagoma nera, il profilo del viso di Isidro, dal mento fino ad arrivare alla nuca, inconfondibile per chi lo conosce, curioso per chi lo vede per la prima volta. Si inseriscono le mani e le lampadine nella sagoma della testa ma ancora il risultato non è soddisfacente. Il processo continua mentalmente: come rendere graficamente il fatto che questa mostra si svlgerà in Italia? Che cosa può rappresentare al meglio il territorio? L’idea arriva all’improvviso, come deve essere, mentre seduta a tavola mangio un piatto di spaghetti. Ecco, gli spaghetti, sono loro la soluzione. Gli spaghetti rappresentano al meglio l’idea di italianità, e più specificatamente, di mediterraneità, così da includere sì l’Italia, ma anche la Spagna, terra nativa di Isidro. I primi tentativi non rendono ancora al meglio l’idea, spaghetti, lunghi e rigidi, che spuntano da un cappello rigirato. La soluzione definitiva arriva dopo svariati tentativi, con gli spaghetti, da fotografare e inserire all’interno della sagoma nera, per dare l’idea che sia un cervello; si gioca così come Isidro fa con gli oggetti e un oggetto, aggiunto a qualcosa, da come risultato qualcos’altro. Gli spaghetti inoltre, vanno a rappresentare il groviglio ordinato di pensieri e idee nella testa del grafico, idee che man mano si fanno più chiare mentre vengono riportate sulla carta, si spiegano e il nodo si scioglie. Viene successivamente inserita l’illustrazione bianca di un occhio, ripreso da un toro in un manifesto per la fiera di San Isidro in Spagna, altro elemento che si rifà alla mediterraneità e che da alla sagoma un pò più di personalità. È necessario decidere un titolo per la mostra di Isidro Ferrer e, vista la sua manualità e il suo amore per la comunicazione gestuale, la scelta ricade su “Dos manos que hablan.”
Groviglio di spaghetti posizionato all’interno della sagoma nera nel manifesto
Progetto dei contenuti della mostra Manifesto
Profilo/sagoma Isidro lampadina mano
LUOGO:
Milano (Italia)
Spaghetti
tratto distintivo
Mediterraneo “Cervello�
italianitĂ
groviglio di pensieri/idee
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Progetto dei contenuti della mostra Manifesto
Come già detto in precedenza, per la tipografia si sceglie una font bastone, il MetaPro, font molto simile a quella utilizzata da isidro stesso nei suoi lavori. La si usa in light, regular e bold, maiuscola e minuscola, e si diminuisce di molto l’interlinea tra le righe in modo che le lettere si sfiorino tra loro e il risultato sia una composizione molto compatta e indipendente. Le scritte minori si incastrano in quelle maggiori per formare un gioco di pieni e vuoti che, insieme alla colorazione rossa di alcune parti, conferisce alla tipografia molto movimento. La composizione tipografica viene posizionata in basso a destra per dare equilibrio al manifesto e per fare da base ideale di appoggio alla sagoma dell testa leggermente inclinata. Appena sotto si trovano l’indirizzo della galleria, gli orari di apertura, sito internet e numero telefonico per eventuali informazioni. I marchi di Anatome, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e Politecnico di Milano vengono posizionati in colonna e disposti a partire dall’angolo in alto a destra fino a fine ingombro per non destabilizzare troppo l’equilibrio del manifesto. 76
Lettering presente sul manifesto
Progetto dei contenuti della mostra Manifesto
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Progetto dei contenuti della mostra Stendardo
Stendardo
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Lo stendardo ha dimensioni 250 x 900 cm e riprende le linee generali della grafica del manifesto. L’elemento chiave è ancora la sagoma della testa di Isidro e gli spaghetti, questa volta inclinati in modo che nello stenderdo si veda il profilo del volto e una parte del cervello. la tipografia è leggermente modificata in quanto non è necessario inserire tutte le informazioni presenti sul manifesto. Viene inserito solo il nome dell’autore e il periodo di durata dell’esposizione in verticale, di colore giallo su sfondo nero per uniformare la scritta con gli spaghetti. I marchi in questo caso vengono inseriti in riga in basso a sinistra così da delimitare idealmente lo spazio dello stendardo.
Stendardo per la mostra Dos manos que hablan di Isidro Ferrer
900 cm
Progetto dei contenuti della mostra Stendardo
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250 cm
Progetto dei contenuti della mostra Invito
Invito
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Anche l’invito riprende le linee grafiche del manifesto e dello stendardo per mantere coerenza tra gli elaborati riguardanti la mostra. Chiuso è in formato cartolina, 10,5 x 15 cm, e si sviluppa, aperto, in verticale. Osservandolo dal chiuso, sulla parte frontale, si trova la sagoma nera della testa di Isidro con la parte degli spaghetti bucata. Il groviglio è comunque visibile in quanto stampato sulla parte sottostante così da apparire attraverso il buco. Aprendo l’invito scopriamo appunto il groviglio di spaghetti e, procedendo con l’apertura, si ottiene una striscia verticale a sfondo nero. All’interno è riportato in giallo il titolo della mostra “Dos manos que hablan” e un breve descrizione che riporta questo testo: “Isidro Ferrer è un poeta visivo: sono le sue mani a parlare. Un cervello che viaggia in tutto il monto senza mai allontanarsi dalla sua bottega, una fabbrica di pensieri di legno. Le sue opere sono sculture giganti che vivono nelle piccole pagine di carta che volano in tutte le librerie del mondo, facendo viaggiare gli occhi attraverso nuovi paesi, in luoghi sperduti.” Più in basso si trovano l’indirizzo della galleria, gli orari di apertura, sito internet e numero telefonico per eventuali informazioni. La busta contenente l’invito è progettata per essere personalizzabile: all’esterno, sul fronte, in basso a sinistra, è riportata una parte del marchio di Anatome in trasparenza mentre a destra sono trascritti i dati del destinatario dell’invito.
Sul retro, nella parte superiore, sono inseriti il marchio reale della Galleria Anatome e le informazioni utili che la riguardano.
Invito per la mostra Dos manos que hablan di Isidro Ferrer Nelle due pagine seguenti: fasi di apertura dell’invito
Progetto dei contenuti della mostra Invito
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Progetto dei contenuti della mostra Invito
info
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Fasi di apertura dell’invito alla mostra
Progetto dei contenuti della mostra Invito
Titolo mostra durata descrizione
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Marchio Anatome info Galleria
Progetto dei contenuti della mostra Cartella stampa
Cartella Stampa
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La cartella stampa è pensata per essere anch’essa personalizzabile nonostante abbia un format che si mantiene fisso. Sulla parte frontale è riportato, come sulla busta dell’invito e sul manuale d’identità visiva presentato nella parte iniziale della tesi, il marchio della Galleria Anatome in trasparenza. Sopra ad esso verrà stampato, in nero, il nome del designer che cura l’esposizione. All’interno, nella parte destra è ripiegata e fissata un’ala che segue le forme del marchio riportato sul lato frontale esterno in cui è contenuta la carta intestata con riportate le indicazioni principali riguardanti la mostra. Nella parte sinistra invece, è rappresentata la sagoma nera della testa ripresa dal manifesto, che può comunque sempre essere presente, al centro della quale è fissato il cd su cui è stampato, in questo caso, il cervello di spaghetti, ma che può essere personalizzato a seconda del grafico che espone.
Cartella stampa per la mostra Dos manos que hablan di Isidro Ferrer
Progetto dei contenuti della mostra Cartella stampa
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Progetto dei contenuti della mostra Cartella stampa
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Cartella nelle due diverse colorazioni, con carta intestata e cd
Progetto dei contenuti della mostra Cartella stampa
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Progetto dei contenuti della mostra Sedicesimo
Sedicesimo
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Secondo le indicazioni, il sedicesimo, in formato 17 x 24 cm, si pone l’obiettivo di mostrare il modo di lavorare del designer, il suo stile e le sue opere principali e di dare una chiara idea della persona con cui si ha a che fare come lo farebbe lui stesso. Gli elementi fondamentali da inserire, come per gli altri artefatti, derivano da una ricerca iniziale approfondita su Isidro Ferrer. La parte fondamentale di cui occuparsi sono i contenuti e in questo caso si sceglie la strada della rappresentazione per termini, aggettivi o brevi espressioni. Questi ultimi vengono scelti tra tutti quelli emersi durante la ricerca a seconda di quali potessero meglio rappresentare Ferrer e potessero essi stessi essere rappresentati. Ad ogni aggettivo è dedicata una doppia pagina e ad ognuno vengono associati dei lavori del designer (o parti di essi) posizionati intorno alla composizione tipografica in modo da essere in armonia con essa ma al tempo stesso creare movimento. Le espressioni scelte sono: *Ser sencillo (essere semplice) *Ser ironico (essere ironico) *Ser artesano (essere manuale) *Trabajar con las propias fantasìa (lavorare con la fantasia) *Ponerse en situatión (mettersi in scena) *Involucrarse socialmente (impegnarsi nel sociale) *Ser metafórico (essere metaforico)
Il sedicesimo, in copertina, ha un ritratto di Isidro fatto da Colectivo Anguila che lo rappresenta seduto sotto una cascata di trucioli di segatura, quasi a rimandare alla sua manualità e all’amore per la fisicità dei materiali. Il titolo, riportato appena sotto al nome, chiarisce tutto quello che si deve sapere su Isidro, “jugársela”, rischiare, giocare e mettersi in gioco.
Copertina del sedicesimo Nelle pagine seguenti: Pagine tratte dall’interno del sedicesimo
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Progetto dei contenuti della mostra Sedicesimo
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Progetto dei contenuti della mostra Sedicesimo
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Progetto dei contenuti della mostra Sedicesimo
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Ci si sorprende notevolmente quando, incontrando Isidro Ferrer faccia a faccia e scambiando qualche parola con lui o, ancora meglio, collaborando con lui, si scopre quanto le sue opere rispecchino il suo essere, la sua semplicità e la sua originilità. Nei suoi manifesti notiamo quindi una leggerezza, non di contenuti, ma grafica, fuori dal comune, un’estrema pulizia dell’elaborato, libero da inutili stilemi o appesantimenti. Nella composizione dei manifesti Isidro si propone un’estrema semplicità: la tipografia non interagisce fisicamente con l’immagine, facendo parte di essa, ma è a sè, forma un’altra composizione secondaria che è costruita nello stesso modo dell’immagine, generalmente con lo stesso colore dell’immagine che permette ancora più armonia tra i due elementi. La scelta tipografica è importante per ottenere questo risultato. Si può vedere il ricorso a diversi font minimal e poco elaborati per il poco testo presente, per cui ha utilizzato solo l’essenziale, in modo che l’immagine sia l’elemento principale dei manifesti. Ferrer nei suoi manifesti inserisce oggetti che sono usati regolarmente nel nostro quotidiano, oggetti usurati e passati per le mani di tante persone, nel nostro caso pane, chiavi e un lucchetto. Si tratta poi, cosa di notevole importanza, di stabilire una connessione intima tra l’osservatore e il manifesto, dal momento che ucci-
diamo ragni regolarmente, mangiamo il pane ogni giorno e dobbiamo entrare e uscire di casa ogni giorno. Questa analisi rivela ciò che l’autore vuole che lo spettatore percepisca, rendendo il messaggio metaforico chiaro. L’umorismo e l’ironia sono presenti, e la tecnica grafica è grossomodo uguale, nonostante i sentimenti condensati nei manifesti siano molto diversi tra loro. In altri casi viene introdotto l’uso di oggetti tridimensionali che interagiscono con il bidimensionale provocando un distacco di piani molto particolare che da un’idea di profondità molto diversa da quella individuata nei manifesti precedenti. Ferrer utilizza materiali plastici, come il carbone sintetico o il legno, e perfino la sua stessa mano.
Festival del cinema francese, Saragozza, 2005 Festa del teatro d’Aragona, 1998 Centenario di Luis Buñuel, 2000 Festa di Jeanne d’Arc, 2002 Toulouse-Lautrec, 2001 Sgae (Sociedad General de Autores Y Editores),2002
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Isidro Ferrer lo ha capito da tempo: l’ironia funziona. L’ironia che si intende in questa affermazione su Isidro è sicuramente, nella molteplicità di significati di cui si veste, di mille sfumature che viene ad assumere, di volta in volta, a seconda dei contesti in cui vive e dei soggetti con cui si rapporta, un modo di praticare la dialettica poichè si serve della parola come se si trattasse di un link che rimanda a una pluralità di contenuti (mette in relazione il detto con il non detto) oscurati da consuetudine, luoghi comuni e convenzioni. Si tratta di un’ironia che è dialogo continuo tra ciò che sembra e ciò che è. Ironia che è gioco tra detto, ciò che palesemente viene affermato, e non detto, ciò che deve essere dedotto. E che, come tale, è animata dal rapporto tra diverse “verità”.
Si afferma o, meglio, in questo caso, si rappresenta quindi una cosa intendendo il suo opposto. Ma l’obiettivo del grafico non è affatto nascondere o dissimulare, bensì far luce su aspetti dell’esistente troppo spesso o volontariamete ignorati o sepolti dall’abitudine. L’ironia arriva in questo modo ad alleggerire la vita. È una scintilla d’intelligenza e senza dubbio produce numerosi effetti positivi. Questa però non è certo una scoperta della grafica attuale. Già Cicerone sosteneva che un oratore che usa in modo efficace
il registro comico crea un rapporto di sintonia con l’uditorio: in parte perché il buonumore procura benevolenza verso chi lo ha suscitato, in parte perché si ammira la sua acutezza. L’ironia è infatti una figura retorica molto precisa, consiste nel dire l’opposto di ciò che si vuole intendere, scatenando un effetto paradossale. L’ironia esasperata diventa facilmente sarcasmo ed entrambi assegnano ai destinatari del messaggio un grande potere: quello di capire ciò che il grafico intende realmente dire. In sostanza Ferrer ci
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Democrazia Spagnola, Piano di aggiustamento economico, 2012 Copertina de La Ilustración, 1998, Isidro Ferrer
dice che l’ironia presuppone l’intelligenza di chi ascolta e che quindi, al contrario di quello che si potrebbe pensare superficialmente, non è uno strumento per catturare simpatie a buon mercato ma, anzi: ironia e sarcasmo sono due armi affilate, da usarsi con cautela. Perché per chi osserva è molto difficile ribattere, se non è d’accordo. Altro elemento fondamentale per il successo di una grafica divertente è il contesto culturale. Il grafico è legato alle situazioni che l’osservatore può comprendere. Nulla deve esse-
re spiegato, altrimenti perde la sua carica. Spesso è fatto di allusioni che possono essere capite solo nel presente. Si ottiene una grafica in grado di sintonizzarsi con una società dinamica ed eclettica com’è quella attuale in transizione dal moderno al postmoderno, una grafica per cui sono necessari, di conseguenza, linguaggi che sappiano esprimere il nuovo e andare incontro alle esigenze del pubblico. Per questo l’ironia di Ferrer si fonda sul binomio partecipazione e coinvolgimento cercando di avvicinare il pubblico
più vasto con una grafica ironica, chiara, semplice e di immediata appetibilità. Ma Ferrer, in risposta, fa anche una piccola richiesta al suo pubblico: che abbia senso dell’umorismo. Cosa che per il designer è indice di elasticità mentale, capacità di stabilire nessi e consequenze, ma anche di ribaltare i propri punti di vista e superare i propri limiti. E così Isidro una mattina scopre un elefante nella caffettiera e così sul volto del suo pubblico, ogni mattina, al momento di bere un caffè, nascerà spontaneo un sorriso.
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Nelle sue opere, a prescindere dal genere, Isidro Ferrer fa un uso molto particolare dei materiali “di recupero”. Utilizza legno, ferro, metalli, conferisce una nuova vita ai materiali di scarto e da qui nasce l’idea di far venire fuori, di estrarre nuova vita da un oggetto che ha esaurito la sua funzione iniziale e che è apparentemente inutile. “Mi interessa usare materiali “usati” che sono passati attraverso tante mani oppure semplicemente, materiali sui quali il tempo si è depositato, lasciando un segno, come sulle pietre. Sono materiali che hanno impresso sulla loro struttura fisica il passaggio del tempo e delle emozioni e sono testimoni di un ricordo, di una domanda, o un sentimento.” Afferma di non avere preferenze per un tipo particolare di materiale, “non sono attratto da un solo tipo di materiale -dice- ma dagli oggetti in generale, può essere legno o pietra, se quella pietra è testimone del tempo che passa. Tutti i materiali possono dare queste emozioni, hanno una loro storia. Mi piace usare oggetti della vita quotidiana senza importanza e tro-
La Divina Commedia, Dante Edipo Rey, Sofocle Hamlet, Shakespeare Copertine per la collana Classici Universali per la casa editrice Santillana
vare la loro anima attraverso piccole azioni. È un modo diverso di guardare gli oggetti. Il risultato è che l’azione sugli oggetti quotidiani ne trasforma il significato, facendoli diventare qualcosa di diverso e di nuovo.” “Qualche tempo fa, sulla scia di un paio di libri e alcuni lavori in cui ho usato le pietre come materia prima, mi sono legato alle pietre, poi più tardi la percezione è cambiata in seguito ai due ultimi libri pubblicati in cui utilizzo il legno come materia prima. Ho lasciato le pietre per stanchezza e per una logica evoluzione. Ma al di là dell’uso aneddotica di un materiale, sono questi, la carta o il legno, e anche se la carta è una costante che si trova sopra il resto, ciò che rafforza il mio lavoro sono le idee.”
Esprime con queste poche parole il concetto fondamentale che sta alla base del suo lavoro, l’importanza viene sì data ai materiali, essendo questi usati e riusati, ma la componente fondamentale è da rintracciare soprattutto nelle idee. Si tratta di lavorare con le mani ma soprattutto con la testa. Uscire dallo stereotipo e far in modo di non ricondurre gli altri nei luoghi comuni, in quei luoghi dove sono facilmente assimilabili, anche attraverso l’uso particoalre di materiali con un senso logico e concettuale.
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Lavorare con la propria fantasia, quella tipica dei bambini, la loro spensieratezza e la loro leggerezza. Così Isidro Ferrer affronta il processo creativo: “Un sacco di soluzioni grafiche nascono a partire dalla lettura, dal momento che la parola è il fondamento della comunicazione e la sintesi di tutto ciò che vediamo e sentiamo. Pertanto, da comunicatori grafici, non possiamo dimenticare l’importanza di queste, perché sono uno strumento di lavoro essenziale. Prima di cercare un livello di lettura, faccio un lavoro di introspezione e di importante documentazione. Le immagini nascono in me mentre vago tra i personaggi o nelle situazioni.” “Amo questa capacità di emozionare con le cose più semplici, primarie, elementari, col gioco della sorpresa della trasformazione che racchiude qualsiasi oggetto.“ I bambini sono totalmente liberi nei loro ragionamenti, ampi, divertenti, suggestivi. Ci mettono una magia speciale e nella costruzione visiva del mondo esprimono il lato poetico dell’essenziale.” “Un’immagine vale più di mille parole”[…]”sempre e quando l’immagine contiene le mille parole” dice Peret, suo maestro. “La grafica consiste nel risolvere in modo efficace i problemi di comunicazione di una società e di farlo in modo diretto e chiaro”, ha aggiunto Ferrer, che si è riconosciuto molto a suo agio con le illustrazioni per bambini per il grado di libertà che gli permettono. Alla domanda “Preferisci creare artefatti per bambini o per adulti?” risponde con un chiaro ragionamento: “Non stabilisco differenze tra il
lavorare per adulti o farlo per bambini. Sono consapevole che i campi semiotici delle immagini sono gli stessi per gli uni e per gli altri. Dalle teorie di Russeau sulla bontà naturale dell’uomo, abbiamo una visione del bambino ereditata dal romanticismo che sta impoverendo sempre di più le proposte nel campo della produzione per un pubblico di bambini. Questo ha causato un’idealizzazione dell’infanzia addolcita e falsa, costruita sul territorio virtuale in cui l’essere umano conserva l’innocenza. L’innocenza è uno stadio vergine, una sorta di limbo dove abitano gli spiriti puri, quelli non corrotti dal mondo adulto. L’innocenza rappresenta il bene, la purezza, contro un mondo ostile che snatura e corrompe la condizione naturale delle persone che da questo punto di vista romantico è la bontà. “L’uomo è buono per natura.” L’innocenza non è altro che una proiezione dell’adulto sul paradiso perduto. A partire da questa percezione dei bambini, il mercato e la pubblicità sono stati responsabili del riempimento di stupidità, nervosismo e irrequietezza del contesto del bambino.
Il concetto dell’infanzia è un concetto cristiano che considera il peccato come contrapposizione alla purezza. Ferrer crede che il bambino sia nato innocente, nudo e senza esperienza. Questa percezione fantastica del mondo dell’infanzia è una proiezione dell’adulto che cerca di recuperare e preservare il paradiso perduto. La stessa percezione, traslata alla pedagogia, ha dei risultati disastrosi, figuriamoci accostata al mondo delle edizioni per bambini. Questa pseudo pedagogia invalidante sui bambini ha trasformato i valori creativi in valori educativi e ha confuso nel bambino il suo apprezzamento e la valutazione della creatività. Il 90% delle storie per bambini stanno dando valori di solidarietà, umanità, civiltà, ecc ... e questo va bene ed è molto positivo in un contesto educativo, ma non da un punto di vista creativo. Un libro, che sia per adulti e che per bambini, è un brano creativo, non uno strumento di indottrinamento morale.”
Isidro all’opera durante un workshop, distrugge, taglia, gioca e ricrea
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Isidro Ferrer lascia che le sue “creazioni” parlino per lui, è uno di quei designer che ama mettersi in gioco, si butta sapendo che quello che troverà sarà la soluzione perfetta per il problema che deve risolvere e soprattutto, vista la sua formazione alla scuola di teatro e scenografia di Jacque Lecoq e contemporaneamente al lavoro in diverse compagnie teatrali, gli sta veramente a cuore mettersi in scena, entrare nei suoi artefatti, costruirli personalmente con le sue mani. “Io ho studiato teatro, il mimo e la pantomima a Parigi…e ho un grande legame con la maschera, la maschera teatrale. È lo strumento teatrale per eccellenza. Permette di essere un altro. La maschera non soltanto si usa come tale ma diventa la base per la costruzione di un altro personaggio, è una metafora.”
Calendario con una maschera per ogni amico di Isidro, Mobles 114, 2004
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Centro Drammatico Nazionale di Madrid
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Nel 2006 Isidro viene contattato per progettare una stagione di manifesti teatrali per il Centro Drammatico Nazionale di Madrid. A tal proposito, Ferrer fa una semplice riflessione che esplica alla perfezione il suo pensiero: “Il centro drammatico nazionale è un luogo e un punto di eccellenza dove si lavora per costruisce il teatro. L’eccellenza è già chiara, c’è già, non c’è che da costruirla attraverso i manifesti.” Il linguaggio dei manifesti non deve essere commerciale o pubblicitario,
perchè Ferrer non ha intenzione di raclamare l’attenzione del pubblico, ma la gente deve andare a teatro perchè il centro drammatico è un polo molto importante in cui si va perchè ha un senso. Nella precedente stagione di manifesti teatrali non c’è coerenza, nè cromatica nè stilistica e niente è chiaro. Ci sono immagini che stanno all’interno del manifesto, altre che vanno al di fuori del manifesto e la tipografia è molto disordinata. Quello che Isidro propone al diret-
tore del Centro Drammatico Nazionale è di creare un’identità visiva talmente forte che quando qualcuno vedrà un manifesto saprà riconoscere che si tratta del Centro.
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Manifesti per il CDN, Un enemigo del pueblo, 2007 Rey Lear, 2008
STAGIONE 2006/2007 Nei manifesti appartenenti alla prima stagione, l’intento di Isidro è quello di non riprodurre il rumore e la confusione. Madrid è una città che ha già moltissimo rumore visivo e moltissimi stimoli. Ferrer non intende aggiungere altro rumore ma piuttosto costruire spazi di silenzio e lavorare con lo strumento dell’essenziale e del minimal. Lo spazio del silenzio viene rappresentato con il colore bianco: un’immagine si distingue dalle altre affisse su di una parete perchè è contornata ed
evidenziata dal silenzio. Il grafico lavora con il sentito, con le emozioni, con immagini che producano nell’osservatore una sensazione di stranezza e che siano però al contempo dotate di molti piani di lettura e interpretazione. È necessario che le immagini e i manifesti si pongano logicamente al servizio del testo drammatico che vanno a rappresentare e che si leghino ad esso.
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STAGIONE 2008/2009 La terza campagna cambia leggermente e minimamente. Lavorando con gli stessi elementi grafici utilizzati per non distaccarsi troppo dalle stagioni precedenti, Isidro rimodella la stessa idea ma utilizzando sopra il collage fotografico. Tutta la campagna è costituita da manifesti che basano la parte visiva sulla tecnica del collage fotografico.
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STAGIONE 2009/2010 La quarta campagna è stata costruita a partire da incisioni. Si tratta di un linguaggio sperimentale e intermedio, a metà tra il bianco e il nero, dotato di immagini molto forti presentate però non su un livello piatto, ma su un livello volumetrico, con spessori, lavorato con una tecnica nuova.
Manifesti per il CDN, Dracula, 2009/2010, Isidro Ferrer Dìas estupendos, 2010/2011, Peret
STAGIONE 2010/2011 Isidro era veramente a terra, per lui era molto dura lavorare per il Centro Drammatico Nazionale, doveva fare 16 manifesti all’anno, 16 cartelli per un committente davvero molto esigente, che gli richiedeva un livello molto alto di partecipazione. La stagione venne quindi affidata a Peret, un disegnatore grafico spagnolo molto conosciuto e ispirazione continua di Ferrer stesso, che ha cambiato leggermente la tipografia ma ha mantenuto la stessa essenza del manifesto.
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STAGIONE 2011/2012 Per l’anno corrente, il direttore del Centro Drammatico Nazionale termina il suo periodo di direzione e ha voluto che terminassimo insieme questo progetto in modo congiunto, di comune accordo. Per questa stagione Isidro riprende ancora il concetto della maschera come base per un personaggio nuovo, come metafora, e per ogni rappresentazione teatrale crea una maschera differente in funzione del testo teatrale.
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Manifesti per il CDN Product, 2011 PersĂŠfone, 2011 MĂźnchhausen, 2011 Agosto, 2011/2012 Protagonizo, 2011 Luces de Bohemia, 2012 Yo, el heredero, 2011
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Spesso ci si domanda quale possa essere il comportamento di un designer nell’ambito del sociale ed è difficile trovare risposta. Ferrer è sempre molto chiaro riguardo l’argomento, sfrutta il suo lavoro come occasione per parlare in pubblico, per esprimere le sue opinioni e per fare degli appelli ed è addirittura suo dovere approfittare dello spazio e dell’ascolto che gli viene concesso per far passare messaggi politici e per esprimere opinioni e messaggi attraverso i canali che ha a sua disposizione. Trova che sia un dovere e una responsabilità che non può permettersi di tralasciare. 116
Egli stesso dice: “Il manifesto è la risposta immediata alla necessità di dare contenuto grafico alla mia voce e di unirla al clamore generale di una parte della società civile spagnola in risposta al deterioramento delle istituzioni pubbliche di questo paese. Noi disegnatori abbiamo la possibilità di esprimere la nostra opinione utilizzando i mezzi di cui disponiamo e questa opportunità di canalizzare il pensiero critico e dotarlo di contenuto grafico bisogna sfruttarla quando la situazione lo richiede. È quello che ho fatto: unirmi al malessere di una parte della popolazione, esprimendomi a favore di una serie di proposte valide al servizio del recupero della giustizia sociale e di una certa normalità democratica che la classe politica spagnola ha dimenticato.
In un movimento come questo qualunque apporto sul terreno della comunicazione è valido; così pure nel caso della comunicazione visiva; però, se il messaggio è elaborato con chiarezza e si pone al servizio di un proposito chiaro, può arrivare con maggiore nitidezza ed efficacia rispetto a quando il linguaggio utilizzato non si esprime chiaramente. Credo che gli strumenti della comunicazione visiva possano essere posti al servizio di quelle cause che desideriamo potenziare e amplificano, partendo dal linguaggio iconografico, i valori semantici dei manifesti.”
No a la guerra, 1999 Pam, 1999 GreenIran, 1999
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No a la guerra In questo manifesto troviamo la protesta personale contro la guerra in Iraq del 2004 e contro l’assurdità della prevenzione. Bush disse pubblicamente che si trattava di una guerra preventiva. Isidro la trova una cosa assurda, non si può fare una guerra preventiva, non esiste, come dice lui stesso, che “prima che tu mi attacchi, ti attacco io.” Così si fa chiaro il significato dell’immagine: lavarsi i denti previene la carie, ma questo spazzolino dotato di denti metallici non previene soltanto la carie, previene tutto, distrugge i denti, la bocca e impedisce di parlare.
Pam Si tratta di un manifesto autoprodotto, realizzato per un movimento di protesta popolare. Per diversi mesi, in Spagna, in città come Saragoza e Madrid, la gente normale si reca in piazza per protestare contro la politica, la corruzione, la povertà e il sistema. Stiamo parlando di rivoluzione perchè si tratta dell’essenziale, del cibo, l’alimentazione. Nel manifesto infatti è presente un gioco di parole: “Pan” è il pane da mangiare, ma si unisce al “Pam”, rumore dell’esplosione. Il gioco è rafforzato dall’immagine creata da Ferrer, una bomba composta dalla coda di un ordigno e da una pagnotta.
GreenIran Il manifesto in occasione delle ultime elezioni in Iran in cui sono avvenute manipolazioni di voti e la gente si solleva contro questi risultati creando il movimento Onda Verde; quest’ultimo viene però drammaticamente attaccato dal regime con la soppressione, alcuni arresti, torture e condanne a morte. Si può notare una contraddizione nell’immagine: la brocca che rovescia acqua e inevitabilmente l’acqua si trasforma in sangue del popolo. L’utopia che si mantiene è quella di navigare contro questa corrente e quello che è inevitabile, diventa un simbolo di speranza.
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Dalla spina di un filo della corrente nascono le corna e la testa di un toro. Su una camicia rossa da uomo un osso umano occupa il posto di una cravatta. Una lampadina e un ombrello non sono altro che la testa di un uomo. Una forchetta ha il manico di un pennello. O, se preferite, un pennello ha la punta di una forchetta. Ecco, sono tutte immagini di Isidro. Si dicono così che possano essere raccontate. Questo linguaggio, famoso per la sua doppia articolazione, permette di presentare qualcosa di ciò che fa e disfa questo disegnatore grafico. Dico ciò che dico, o che si dice, o che è detto. Si accetterà, senza correre troppi rischi, che se si può dire una volta che queste cose sono ciò che sono e descriverle, è perché si poterono dire anche prima di essere, nel momento della costruzione, dell’immaginazione, e ciò ci permetterà di formulare un primo assioma. Assioma 1: è possibile costruire immagini a partire dalle parole. Una foglia verde diventa il corpo di una farfalla. Una caffettiera italiana è un elefante. Una conchiglia trovata sulla spiaggia è l’iride di un occhio. Anche queste sono immagini di Isidro Ferrer. Si tratta né più né meno dell’entrata in scena dell’antica metafora: A è B. Tuttavia, questa sostituzione d’identità non va vista nelle cose in sè (c’è bisogno di molta umanità per realizzare che una caffettiera italiana sia un elefante), ma tra le immagini delle cose. Da qui, il secondo assioma.
Assioma 2: qualsiasi immagine di una cosa può essere l’immagine di un’altra cosa. Si fonda su questi due assiomi buona parte dell’opera di Isidro Ferrer, quella che risulta più ovvia, quella che seduce al primo sguardo. Forse è questo lavoro sulla metafora e questa presenza della parola, delle parole, all’origine delle immagini, ciò che muove i giornalisti, i critici e lo stesso Ferrer a riferirsi continuamente alla poesia come impalcatura della sua produzione. Inoltre, le rinomate influenze del surrealismo con l’“oggetto trovato” e dell’autore spagnolo Joan Brossa delineano la nomenclatura aggettivando tutto ciò: poesia visiva. Si lasci in sospeso per un momento questo modo d’intendere le cose e si avanzi per un cammino parallelo. Quando il primo assioma deve materializzarsi, farsi materia, è obbligato forzatamente a precisare se stesso: si possono costruire immagini a partire da oggetti che si possono nominare. Tutto ciò che si può nominare esiste.
Agendo così, Isidro, costruisce sulla memoria, sul senso comune. Questi materiali sono stati nella bocca, nelle mani, nella mente e negli occhi di molta gente, ed è per questo che le opere di Isidro Ferrer sono così popolari.
Walter Negro, El asesino casual Festa di San isidro, 2002 Fondazione Rodriguez Acosta
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Costruire sul senso comune, su ciò che è conosciuto da tutti, è determinante nell’accettazione di cui godrà l’opera nella sua esposizione pubblica, destino imposto, non si dimentichi, al lavoro di tutti gli illustratori e disegnatori grafici. Omero sapeva bene ciò e non fece altro che scrivere l’Iliade utilizzando frasi fatte, detti, proverbi, locuzioni… questo è stato raccolto prima che apparisse la scrittura. Per questo Platone non volle poeti, quei poeti, nella sua Repubblica, perché un buon filosofo desidera il “nuovo”. Isidro Ferrer tiene invece la porta aperta, anche se lo fa con ciò che già esiste e che abbonda quotidianamente nella vita; il lavoro finito è qualcosa di molto diverso, una parte di quella creazione che Platone aveva chiesto, ciò che ancora non ha nome. E ciò che è nato dalle parole sfugge loro, il senso comune esplode in mille possibilità di interpretazione e significato: sta nascendo la poesia. Disarmati, sprovvisti di una corazza di fronte a queste immagini finite che ci propone Ferrer, ci affrettiamo a farle rientrare in qualche nostro concetto domestico conosciuto e parliamo subito di ingegno, di immaginazione, di nuovo e di moderno. Parliamo perché, al di là del piacere dopo il primo sguardo, vogliamo scacciare da noi l’inquietudine di affrontare l’inverosimile e lo sconosciuto. Lo disse Max Jacob: “si chiama verosimiglianza ciò che è un cliché abituale dei mediocri. La verità è verosimile.” Si nota un certo impegno nelle opere di Isidro nel volersi avvicinare alla verità. O si tratta di darsi que-
sto impegno nella vita? L’illustratore, oggi designer, in gioventù fu un atleta e in seguito attore di strada, occupazione antica nella storia occidentale, per non dire classica. Dell’atleta resta la coscienza del corpo in movimento come asse strutturante delle relazioni umane, un linguaggio di gesti anteriori al verbale, primitivo, molte volte incosciente, lontano dall’inganno. Così è stato, così è come Isidro costruisce personaggi, che stanno ottenendo importanza con il passare degli anni; crea spazi, e negli spazi il loro corrispondente scenografico; e, infine, soffia sopra i personaggi affinché agiscano, affinché giochino. Eppure, mancherebbe la prima condizione del teatro, quella della respirazione umana, quella del “battito del sangue”. È certo che non c’è vita in un manifesto, né in una pagina di un libro; è così certo come il fatto che ciò che differenzia alcuni processi di creazione da altri, è la riconosciuta presenza di questo battito, di questo respirare durante il solitario percorso dell’artista. Il soffio.
III Salón de ecología y medio ambiente, 2001 Copertina de La Ilustración, 1998 Muestra de cine europeo, Segovia, 2009
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Neanche il teatro vuol essere verosimile; il teatro ha voluto e vuole essere fatto con la verità, o fare la verità. Non si tratta di quella verità che si oppone alla bugia. La bugia, è un atto di creazione tanto bello e necessario per l’essere umano, come lo è quello dell’affermazione della verità. Se non che sono due forme della stessa e sola cosa. Sì, osiamo dire che tutte le opere di Isidro Ferrer rispondono alla, non sempre facile, arte della bugia. E anche che verità e bugia ci salvano dall’inganno devastatore. Questo sì è l’oppositore, il nemico, il maestro e signore delle nostre miserie. Le opere -o sarà la vita?- di Isidro Ferrer sono una battaglia contro l’inganno. Ineguali, le battaglie contro l’inganno sono ineguali. Succede così perché l’inganno ha a sua disposizione gli abbondanti arsenali dell’ignoranza, l’avarizia e la cattiva intenzione, disposti a essere utilizzati a qualsiasi ora per nutriti eserciti di contemporanei. E ultimo ma non ultimo, ha dato all’inganno il potere di presentarsi davanti a noi con mille e una facce differenti, obbligandoci così al rinnovato sforzo di scoprirlo là dove e come appare. A volte, bisogna ammetterlo, nelle proprie pieghe. Di fronte a tale contrasto Isidro Ferrer risponde con un’attitudine preistorica decisa: come i nostri antenati riveste le pareti con la costante presenza di essere umani, animali e qualche vegetale. Chiama gli esseri viventi con un’innocente intenzione magica affinché ci devolvano la vita. Agricoltore, raccoglie oggetti, immagini, parole. Cacciatore, lancia il dardo agli unici e inafferrabili pezzi più preziosi.
Così si alimenta e alimenta il suo pubblico. Questo è il suo invito al banchetto. La festa più grande. Prima, all’inizio, ci sono queste polveri, con le quali si riempie le dita delle mani e le mani, e qualcosa proveniente dell’anima per fabbricare il blu. Il colore blu. A questo punto l’interpretazione smette di avanzare ed è obbligata a fermarsi e iniziare il cammino di ritorno alle origini. Infatti, si introduce l’assioma 3: il blu è blu. Si può dire, in questo cammino di ritorno, che le opere di Isidro Ferrer non hanno niente a che vedere con il nuovo né con il moderno (inteso come attuale, concetto senza sostanza), e che non suppongono alcun cambio nel modo di capire e rappresentare e che, ancora meno, si tratta di rivoluzione; le opere di Isidro vogliono, andando controcorrente rispetto a un’epoca segnata dalla frenetica velocità delle scomparse, aggrapparsi a una memoria comune di un tempo in cui l’essere umano, gli oggetti che fabbricava, le parole che pronunciava e la rete che tesseva tra uno e l’altro, tendevano a
unirsi in una forma armonica. Resta da scoprire se questa memoria potrà essere anche di un tempo futuro.
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Opuscolo realizzato per la mostra dei manifesti di Isidro Ferrer sui muri del quadrilatero di Torino, “Hola Isidro, Immagini per grandi e piccini�
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4. Due giorni
alla maniera di Isidro
Due giorni a mò di Isidro Divieto d’affissione
Divieto d’Affissione
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È stato di Isidro Ferrer, questa volta, il compito di violare il «Divieto d’affissione» sui muri del Quadrilatero. Il progetto di Gianfranco Torri con la collaborazione del Laboratorio Zanzara e dell’Associazione Riquadrilatero, propone un appuntamento improrogabile con la grafica internazionale. In una mostra, al di fuori degli spazi consueti, proprio là dove trae le sue origini, il «manifesto» torna a vivere, interrogando i passanti curiosi e esortandoli a una sosta di riflessione. A metà strada tra dada e jazz, l’opera grafica dell’artista madrileno ci mostra come si possa essere sorprendenti con semplicità. La mostra è stata preceduta da alcune tappe di avvicinamento: in primo luogo da due giorni di workshop, il 16 e 17 aprile. A seguire mercoledì 18 aprile alle ore 10.30 si è svolto un incontro di Isidro Ferrer (pdf) con studenti d’istituti e scuole professionali di Torino, di Scienze della Comunicazione e della Scuola del Design di Milano presso il MAO, Museo d’Arte Orientale. Alle ore 12.00 l’inaugurazione per le vie del Quadrilatero (via Bonelli, via Sant’Agostino) e la visita guidata della mostra “ISIDRO FERRER A TORINO” affissa sui muri. Infine l’incontro all’Hafa Cafè alle ore 18.30 per il “Libro delle domande” in cui Ferrer ha presentato i versi di Pablo Neruda da lui commentati visivamente nell’edizione realizzata in Spagna. Altra tappa Giovedì 19 aprile alle ore 10.30 con La Mostra dei Piccoli: 100 allievi delle scuole materne del Quadrilatero visiteranno il percorso dei manifesti giocando con le immagini dei manifesti più divertenti trasformati in figurine.
Gran finale venerdì 27 aprile ore 18.00 con l’inaugurazione della mostra dei quindici manifesti realizzati nello stage “JAZZZZZ!” in occasione della prima giornata del Torino Jazz Festival in via Bonelli 4/5. Questa preparazione da il via all’evento vero e proprio, il Torino Jazz Festival, che si è svolto dal 27 Aprile all’1 Maggio. In questi quattro giorni, il festival invade tutta la città portando la musica in luoghi inusuali, con interventi sui mezzi pubblici e concerti didattici nelle scuole, dibattiti, incursioni nei bar, nei ristoranti, nelle vetrine dei negozi. Il linguaggio del jazz viene declinato nelle forme più diverse, per dialogare con le altre espressioni artistiche, dal cinema all’arte, dal design alla danza. Tutto è riconoscibile dal linguaggio grafico utilizzato per segnalazioni, manifesti e vere e proprie installazioni, realizzato dai ragazzi del laboratorio Zanzara, che dona alla città di Torino un allegria e dei colori fuori dall’usuale.
Marchio dell’iniziativa Divieto d’affissione
Due giorni a mò di Isidro Divieto d’affissione
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Due giorni a mò di Isidro Workshop
Workshop
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L’occasione della nuova rassegna della Città di Torino dedicata al jazz ha suggerito di affiancare alla “mostra all’aperto” dei manifesti un secondo momento di attività. Quello cioè che la presenza di Isidro Ferrer nella nostra città possa costituire un interessante momento di formazione. Studenti e giovani professionisti nel campo della grafica parteciperanno a uno stage avente come obiettivo la realizzazione di manifesti dedicati all’appuntamento internazionale con il jazz. Manifesti la cui mostra verrà inaugurata in occasione del primo giorno dei concerti che avranno luogo nei diversi punti della città. Iniziativa, questa, che pare porti anche il Quadrilatero a costituire un possibile ulteriore punto del percorso di una mappa a cui invitare il maggior numero possibile di cittadini e turisti.
Obiettivi *Avvalersi del contributo di un grafico di fama internazionale per realizzare una serie di progetti di manifesti dedicati a Torino Jazz 2012, realizzato dall’Assessorato alla Cultura della Città di Torino.
*Collaborare
con le Istituzioni scolastiche attive nel settore della formazione della grafica e nell’insegnamento del manifesto, coinvolgendo loro (e i giovani professionisti) in un progetto di lavoro per un’occasione di grande rilevanza per la città di Torino. È prevista, inoltre, la partecipazione allo stage di due ospiti del Laboratorio Zanzara.
Lo stage si concluderà con l’inaugurazione della mostra “sui muri” del Quadrilatero dedicata ai manifesti di Ferrer, preceduta da un incontro con studenti delle scuole e delle università al MAO Museo d’Arte Orientale.
Timing *Lunedì 16 aprile
09.30/18.00. Prima giornata di attività del laboratorio che sarà stato preparato nei giorni precedenti da un brief.
*Martedì 17 aprile
09.30. Avvio della seconda giornata di stage durante il quale verrà completato il progetto con l’aiuto e i consigli di Isidro 18:00. Consegna degli elaborati finali e successiva proiezione e presentazione davanti a tutti i partecipanti.
*Venerdì 27 aprile
18.00. inaugurazione allo “SpazioZanzara”, in via Bonelli, della mostra dei progetti realizzati durante il workshop che resteranno esposti per tutta la durata di Torino jazz 2012.
Ingresso dello spazio dedicato a workshop e mostra dei manifesti prodotti
Due giorni a mò di Isidro Workshop
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Giorno 1 16.04.2012
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“Buon giorno a tutti, IO SONO MOLTO CONTENTO! Il tema è tremendamente complicato, il Jazz. Qualcuno di voi ha già familiarizzato col jazz? No, non proprio. Il jazz è un’espressione assolutamente libera della musica, è una musica che nasce da dentro. I manifesti permettono di creare immagini molto sperimentali, molto aperte, per lavorare in tutte le direzioni. La cosa interessante sarebbe costruire una famiglia di idee… Dobbiamo essere generosi, contaminiamoci con le idee a vicenda. Non dobbiamo pensare autonomamente ad un solo manifesto ma a creare un universo di possibilità e di immagini differenti. Due giorni sono molto poco tempo, sarà molto stressante, però possono bastare per lavorare sull’idea, sul concetto. Avete già preso tutti i vostri computer, bene, chiudete tutti i computer! Il computer è uno strumento, ma lo strumento principale è la testa. Tutti gli strumenti e le soluzioni che troviamo funzionano se sono al servizio di una buona idea. Deve essere qualcosa che ha senso e ha significato altrimenti finiamo nel discorso della sola estetica. L’estetica è qualcosa “alla moda” e come tutte le cose alla moda si consuma, invece il senso non viene mai meno. Il valore del significato si mantiene nel tempo. Lavoriamo sopra al concetto, sul suo significato, almeno abbiamo la certezza che durerà nel tempo, che non svanirà.
Esistono tante immagini stereotipate del jazz, ad esempio lo strumento musicale…il basso…il piano no perchè è molto legato alla musica classica…soprattutto il saxofono… Poi? La bocca, bene… Che altro? Il respiro, l’aria, il vento, il soffio. Non è tanto lo strumento ma ciò che lo fa funzionare. Il soffio, non lo vediamo, però lo sentiamo. Non possiamo vedere il vento ma l’effetto del vento. Immaginiamo un albero molto alto, colpito dal vento…e la parola jazz. Questo è un modo di lavorare. Quando io lavoro, cerco di lavorare sul concetto, sulla parola, e relaziono l’immagine con la parola. Così obbligo in qualche modo chi guarda a collegare l’immagine alla parola. Noi lavoriamo sull’immagine, però tutte le immagini sono supportate dalle parole...”
Isidro Ferrer si cimenta con una tromba da jazzista
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“...Tutto ciò che non ha un nome, non esiste. Perchè una cosa possa esistere, deve avere un nome. Noi disegnatori lavoriamo sulle immagini ma sempre legato alla parola, al significato. è molto importante per i disegnatori grafici trovare i legami tra le parole e le immagini. Vi è stata data una lista di frasi sul jazz di artisti importanti di epoche differenti…sono frasi poetiche, filosofiche…testi che interpretano il jazz da un punto di vista soggettivo. Possiamo partire da qui con immagini interessantissime, ma da queste frasi emerge l’improvvisazione, il lavorare senza rete. Dove ci porta questo? Al circo? Quasi. Ad un’equilibrista, appeso ad una corda sopra uno spazio vuoto. L’immagine è suggestiva. è un’immagine che esprime l’equilibrio e, a partire da questo, lavorare senza rete. Questo ha a che fare col jazz. Il pericolo dell’improvvisazione, dell’espressione, il rischio, un luogo vuoto pieno di rischio. Quando lego un’immagine a una parola riempio questo vuoto col significato. è come sapere che la tua rete sta dentro di te. Immaginiamo che sia all’interno del nostro stomaco. Partiamo sempre dalle parole. Lavoriamo per la prossima ora e mezza, in questa stanza, per vedere dove ci portano le parole.”
Foto del workshop con Isidro Ferrer
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FASE 1
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Si comincia con una parte di lavoro collettivo, un lavoro congiunto perchè come dice Isidro, è necessario contaminare le proprie idee con quelle degli altri e viceversa per allargare i propri orizzonti e abbattere le barriere dei propri limiti culturali e non. Isidro cerca di far emergere dalla discussione, attraverso anche degli aneddoti, suoi e dei ragazzi partecipanti al lavoro, una serie di parole e di immagini riconducibili alla parola Jazz. E la lista delle parole inizia a comporsi da sola, spontaneamente. Si parla quindi di vuoto e silenzio e di conseguenza dello scopo della musica, riempire questi spazi con ciò che il musicista sente. Si parla di respiro, soffio che passa attraverso gli strumenti e produce suono, qualcosa che non si percepisce ma di cui si vedono e sentono gli effetti. Si passa per l’improvvisazione come base della musica jazz, di libertà di espressione, rischio e pericolo nel mettersi in gioco. E nell’improvvisazione il coraggio di osare, l’incoscienza. L’ingenuità tipica dei bambino. Il non sapere dove si arriva. E la sorpresa. Ma anche un certo rigore. Una certa logica che regola comunque anche l’improvvisazione. L’anima. Il tempo tenuto, il ritmo. Arriviamo poi ad un intreccio, una collaborazione tra gli strumenti, un vero e proprio dialogo, botta e risposta, tra i suoni, i musicisti e i loro strumenti. L’esperienza come bagaglio che non vincola le nuove conoscenze. Si scelgono poi 4 parole che regolano la fase successiva: Anima, Sorpresa, Ritmo e Silenzio. Parole astratte, non concrete, che non esprimono un concetto ma si riferiscono a qualcosa che sentiamo, che è dentro di noi. Sono l’esperienza e il proprio vissuto che intervengono poi a costruire il senso, il significato personale di ogni parola per permetterci di farla nostra.
Foto del workshop con Isidro Ferrer
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FASE 2
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La seconda fase si basa su quella precedente. Si comincia a lavorare sulle parole individuate, a concretizzare, divisi per gruppo, con il meccanismo del brainstorming per non precludere nessuna possibilità. Nessuno critica nessuno, ci si lascia “sporcare” dalle idee degli altri per arrivare insieme a qualcosa di nuovo e di migliore. Lo scopo di questo momento è cominciare a visualizzare delle immagini e lavorare per associazione di idee con le parole. La cosa fondamentale è trovare collegamenti freschi, nuovi, sorprendenti, evitare immagini già troppo inflazionate e stereotipate per permettere a chi guarda di interpretare personalmente il manifesto e farlo proprio, interiorizzarlo. Bisogna lasciare spazio a chi guarda, permettergli di sperimentare l’ambiguità dell’immagine e del significato dell’immagine quando si pone al servizio delle parole. Con questa fase i gruppi di lavoro arrivano ad elaborare diverse proposte, lavorano su quel che jazz significa e su quello che tra le frasi riportate li colpisce di più, schizzano idee su fogli bianchi e da li partono, aprono la mente e viaggiano. Suonare qualcosa che non c’è, qualcosa che abitualmente non suona, suonare degli oggetti come fossero strumenti musicali; così una bottiglia diventa idealmente una tromba e una cucina somiglia sempre di più ad una batteria. Dematerializzare, distruggere, stravolgere il senso delle cose, creare squilibrio, mettersi in gioco, rischiare per suscitare in chi guarda la sorpresa. L’improvvisazione non è lavorare senza rete, destabilizzare un equilibrista, ma sapere che la rete l’hai sempre dentro di te e con questo puoi essere imprevedibile, buttarti. Jazz è ritmo, tenere il tempo, il proprio, il tempo interiore di ognuno, con un orologio infinito, senza lancette, un orologio stravolto, che non tenga più il tempo vero, ma il proprio, quello che ci si sente. Si tratta di applicare il jazz a qualsiasi cosa, una volta capito di cosa si tratta, stravolgerlo per farlo contaminare con gli oggetti del quotidiano, usati da tutti, vissuti da tutti e sottovalutati, e così un paio di calzini diventano i tasti di un piano o le note di uno spartito fatto dai fili di uno stendibiancheria.
Foto del workshop con Isidro Ferrer
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FASE 3
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Segue poi il momento della condivisione delle idee emerse nei gruppi, momento chiave di confronto e di depurazione delle idee. Ogni gruppo espone a tutti le conclusioni a cui è arrivato, anche se di conclusioni non si può proprio parlare, e con Isidro cerca di fare una selezione e una depurazione dei concetti, delle idee e delle immagini ad esse associate. Non si può appunto parlare di conclusioni, ma di spunti, di punti di partenza che si dovranno successivamente manipolare: Isidro chiarifica e fissa cinque o sei idee per ogni gruppo, in modo che poi ognuno dei componenti ne possa scegliere una su cui “specializzarsi” e lavorare. I concetti si fanno sempre più chiari e, sebbene ognuno dovrà operare solo su uno di essi, fino alla conclusione della giornata, su indicazione di Isidro, è il gruppo nel suo insieme ad occuparsi di trovare un modo per concretizzare ogni idea e addirittura a mettere le basi del come realizzarla. Dopo un susseguirsi di proposte, creative, simpatiche, realizzabili e non, la giornata trascorsa tra risate, collaborazioni e scontri, seppur di lieve portata, in un clima creatosi tra i partecipanti positivamente sorprendente, è terminata. Le luci in via Bonelli numero 4 si spengono, ognuno torna al proprio alloggio ma il cervello non si spegne. Continua a rielaborare concetti, idee, immagini, proposte di realizzazione, visioni del manifesto finito… il tutto rigorosamente a ritmo di jazz!
Foto del workshop con Isidro Ferrer
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Ritrovo ore 9 con le idee chiare nella mente, borse piene di materiale, oggetti impensabili e attrezzi del mestiere. La porta del laboratorio si apre e i tavoli si riempiono di fogli, schizzi, penne, pennelli, forbici, pinze, fil di ferro, cartone e chi più ne ha più ne metta. La giornata non è scandita da fasi di lavoro, entro le 18 ognuno dovrà consegnare il proprio progetto definitivo. I partecipanti si mettono all’opera, chi inizia direttamente il lavoro in digitale, chi improvvisa set fotografici con ciò che trova, chi esce dal laboratorio e torna con pentole, chi con un osso di plastica, chi gira tutta la mattina per Torino in cerca di un supporto per un piatto, chi prende carta e matita e inizia a disegnare, chi invece usa tempere e acquarelli. La mattinata trascorre frenetica tra pigne di pentole, sedie fotografate, esperimenti con la punteggiatura, treni costruiti con tubi e scatoloni, numeri di orologio intagliati nel cartone. Il tempo è davvero poco, soprattutto per creare un manifesto finito ma che abbia un senso e un importante concetto alla base. Pian piano ci si avvia al digitale, modifica delle immagini, scelta dei colori, della tipografia, problemi sul come avvicinarla e rapportarla alle immagini, su come dare coerenza al prodotto finito. Isidro per facilitare lo svolgimento della giornata mette musica jazz, stimola la creatività, dice lui, e movimenta le pareti bianche del laboratorio. A ritmo di musica gira tra i ragazzi, guarda come lavorano, dice la sua senza tarpar loro le ali, consiglia e mette a disposizione la sua esperienza nel campo per aiutare i ragazzi a concludere il loro lavoro.
Foto del workshop con Isidro Ferrer
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Foto del workshop con Isidro Ferrer
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CONCLUSIONE Per concludere la giornata e il lavoro, ognuno consegna il proprio definitivo di stampa. Viene proiettato il manifesto di tutti e ciascuno commenta il proprio spiegando le scelte progettuali e il concetto chiave che sta all’interno, nonostante in tutti i casi la resa visuale parli già a sufficienza da sola senza mai presentare un collegamento banale o usuale.
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Manifesti finali di tutti i partecipanti: Barbaro Silvia Beci Vittoria Bernardi Pirini Simone Berra Paolo Bongino Cinzia Bonsangue Marzia Borgini Draghiza Ceccherelli Francesco Colella Massimo De Oliveira Geraldo Deusebio Davide Giraudo Marco Guga Moisi Napoleone Cristina Russo Fabio Santomauro Walter Voto Dario
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Bibliografia
Exposer/S’exposer. Galerie Anatome.
La voz ajena
Il manuale del design grafico
Al pan, pan, y al vino, pan
Il nuovo manuale del grafico
Libro de las preguntas
Editions du Panama, 2005
Baroni Daniele, Longanesi, 1999
Giorgio Fioravanti, Zanichelli, 2009
Storia del design grafico Daniele Baroni e Vitta Maurizio, Longanesi, 2003
Isidro Ferrer, BCD, 2003
Pablo Neruda, Cosacnaify, 2007
La galería legítima
Isidro Ferrer, Xórdica Editorial, 2005
Abecedario del grafico
Progetto grafico
Il mestiere del grafico
Alliance Graphic International
Michele Spera, Gangemi Editore, 2005 162
Isidro Ferrer, Diputación de Huesca, 1999
Albe Steiner, Einaudi, 1978
Graphic design
Hohenegger Alfred, Romana Libri Alfabeto, 1973
Linguaggio grafico 3
Iliprandi Giancarlo, Editoriale A-Z, 1971
Linguaggio grafico 4
Iliprandi Giancarlo, Editoriale A-Z, 1983
Marchio. Storia, semiotica, produzione. Roberto Monachesi, Lupetti & Co., 1993
Comunicazione coordinata per i beni culturali: 4 progetti italiani Guida Francesco E., Valentino Editore, 2003
New generation of design series: Isidro Ferrer Ferrer Isidro, Index Book, 2008
numero 14-15, 2009
AGI: Graphic Design since 1950, Thames & Hudson, 2007
Sitografia
Videografia
Galleria Anatome
Presentacion de Isidro Ferrer
Rivista h2o su Isidro Ferrer
Isidro Ferrer at AGI Open 2011
www.galerie-anatome.com/
www.h2omagazine.com/expo37/
Wikipedia su Isidro Ferrer
es.wikipedia.org/wiki/Isidro_Ferrer
Interviste a Isidro Ferrer
www.blogdearte26.es/entrevista-a-isidro-ferrer-i/ www.h2omagazine.com/design/220703_01.html www.ex7.org/entrevistas/isidro-ferrer.html www.vodiseno.cl/grafico.php
Rivista El Pais su Isidro Ferrer
elpais.com/diario/2006/12/02/babelia/1165019962_850215.html
Experimenta magazine
experimenta.es/noticias/grafica-y-comunicacion/ isidro-ferrer-el-sentido-comun-y-el-color-azul-2990
Libro de las preguntas
multimedia.obrasocialcajamadrid.es/libro_preguntas/
Ispirazioni
www.fotogartistica.blogspot.it/2010/11/chema-madoz-la-metafora-visiva.html www.joanbrossa.org/ www.tuttomagritte.altervista.org/ www.picasso.com/ www.marcelduchamp.net/ www.manraytrust.com/ www.andrebreton.org/
www.youtube.com/watch?v=_My5JUOkGGk
www.youtube.com/watch?v=Fo7EAQebuig&feature=r elated
Animacion basada en los Carteles de Isidro Ferrer www.youtube.com/watch?v=WbeFWzRJeeE
Video retrato de Isidro Ferrer
www.youtube.com/watch?v=A7sUOWstlqI&feature=r elated
Isidro Ferrer: 116 Carteles
www.youtube.com/watch?v=4nxNdhSjWU&feature=related
Exposici贸n Isidro Ferrer
www.youtube.com/watch?v=a1Xp3p_HP7E
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Ringraziamenti
E dopo tre anni sei qui, come miriadi di altre volte, di fronte allo schermo bianco del computer. Lo stesso da tre anni, il tuo primo portatile, comprato per l’occasione. È sempre difficile concludere un percorso nel migliore dei modi, molto più che iniziarlo. È sempre stato difficile per te, guardare il tuo lavoro ed esserne fiera. Ed è tuttora così difficile che sono più le volte che nelle crisi hai trovato la forza per darti una spinta e rialzarti che quelle in cui le crisi non le hai avute. Ma è così che funziona. È così che funzioni. Ed è così che hai portato tutto a termine. Tanti esami, altrettante prove, laboratori, libri, pagine studiate, file “definitivi” e ancora più “prove” sul tuo computer. Numeri che lascerebbero impressionati, che per mancanza di tempo non era il caso di definire, per cui potete solamente fidarvi. Fidarvi che arrivare fin qui non è stato per nulla facile. Ma fidarvi anche che ne è assolutamente valsa la pena. Ringrazio per primo Isidro Ferrer, il protagonista. Grazie per la sua infinita disponibilità, per avermi fatto conoscere il validissimo designer che è, per avermi insegnato che con poco si può fare tanto e che l’umiltà è sempre la base di partenza per tutto. Così come le mani, il confronto e la fantasia. Grazie per essere stato ed essere tuttora fonte d’ispirazione e maestro ineguagliabile. Ringrazio tutti i professori che, con la loro passione, mi hanno stimolato e mi hanno permesso di trovare, dentro di me, un entusiasmo che neanche io credevo
di avere, e in particolar modo grazie ai docenti che mi hanno seguito e consigliato prima nell’elaborazione di questo progetto, e poi nella stesura del mio elaborato di laurea. Grazie per avermi dato modo di confrontarmi con i “classici” problemi delle fasi di progetto e grazie per avermi insegnato a risolverli. Un grazie sentito va alla mia famiglia, vicina e lontana, che, a suo modo (perchè si sa, le famiglie fanno sempre un pò tutto a “loro modo”), mi ha sempre sostenuta, consigliata e spronata, anche nei momenti in cui sembrava inutile. Grazie a chi, questi 3 anni, li ha condivisi con me, facendo il mio stesso percorso o osservandomi da fuori. A chi ha lavorato con me o mi ha semplicemente allietato il lavoro, a chi mi ha sopportato nei momenti di nervoso, a chi ha allentato la tensione e anche a chi, la tensione, l’ha creata. Grazie a chi, con le buone o le cattive, mi ha sempre convinta che ero sulla strada giusta e che ce l’avrei fatta, a chi mi ha fatto tornare il sorriso quando il Politecnico sembrava volermelo togliere. Grazie a chi si è aperto con me, a chi con un solo sguardo mi ha sempre capita e a chi mi ha dato tanto, grazie perchè è così che ho capito che quello che costruisci all’università ti resta dentro. Grazie a chi, nella mia vita c’è già da un pò, amici grandi o piccini, vecchi, nuovi e ritrovati. A chi, troppo spesso, è stato la mia valvola di sfogo senza meritarselo, a chi ha sopportato le mie lune senza ribattere e a chi mi ha aspettato nei momenti di clausura perchè il Politecnico non mi permetteva di uscire.
Grazie a chi c’è sempre stato per me, a chi mi ha sempre ascoltato, mi ha dedicato del tempo, un sorriso o semplicemente un abbraccio quando ne avevo più bisogno. Grazie perchè sono i piccoli gesti a fare grandi le persone. Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me e anche a chi non l’ha fatto, perchè, senza stimoli per andare avanti, non sarei arrivata dove sono ora. Grazie a Te che sei sempre qui, non te ne vai mai e mi ascolti sempre. Grazie perchè se sono qui, così come sono, è soprattutto merito tuo. Grazie per avermi fatto diventare la persona che sono. Senza chiedermi nulla e senza mai dirmi nulla. Grazie perchè quando voglio chiudo gli occhi. E ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio. E dopo tre anni sono qui, di fronte allo schermo del computer un pò meno bianco, consapevole che questi anni, qualcosa di buono, per me l’hanno fatto. Consapevole che ora, finalmente, ho chiaro nella mia testa cos’ho deciso di essere. Grazie di nuovo, a tutti, per aver lasciato su di me impronte incancellabili, tracce evidenti e segni indelebili. Grazie per avermi fatto crescere. Grazie di cuore, a tutti. Claudia
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