ANTONIONI AND THE METAPHYSICS OF THE NARRATION
LA NOTTE
Claudia Scaravaggi
LA NOTTE
PREMESSE Michelangelo Antonioni, La notte Milano 1961 Milano, inizio anni ’60, secondo dopoguerra. Milano cantiere di grandi trasformazioni urbane e sociali. Milano culla dell’edilizia moderna e del grattacielo.Una coppia si reca presso una modernissima clinica del centro per visitare un amico, malato terminale. Lui è uno scrittore di successo lei è la sua bella moglie ricca. Questo film capolavoro racconta la solitudine e l’incomunicabilità, di una borghesia intellettuale annoiata e autocompiaciuta. Non esiste una vera e propria trama né un unico protagonista, eccetto forse la città di Milano che, è lo scenario delle vicende dei personaggi e ne rispecchia lo stato d’animo. Una costante sensazione di mancanza: la città come metafora dell’inconsistenza della nuova classe borghese. La Milano raccontata nel film è una città che sta subendo modificazioni violente, distruttive, in cui la scomparsa della natura e il disgregarsi degli spazi legati alla memoria fanno da sfondo allo smarrimento dei protagonisti. Lo scorrere della pellicola ci accompagna letteralmente in un percorso in cui si possono osservare architetture nuovissime, in costruzione o diroccate e cerca
di svelare proprio attraverso le trasformazioni urbane il disagio interiore dei personaggi, come se le lacerazioni del corpo della città potessero rispecchiare quelle dell’anima dei suoi abitanti. Milan, early 1960s, after the World War II. Milan is protagonist of great urban and social transformations. Milan is the cradle of Modern buildings and skyscrapers. A couple goes to a modern clinic in the centre to visit a sick friend. He is a successful writer, she is her beautiful rich wife. This masterpiece film deals with the loneliness and the incommunicability, of a bored, intellectual and self-compliant bourgeoisie. There is no real plot or a single protagonist, except perhaps for the city of Milan, which is the scene of the story of the characters and which reflects their mood. A constant sense of lack: the city as a metaphor of the inconsistency of the new bourgeois class. Milan, in this film, is a city that is undergoing violent, destructive modifications. In which, the disappearance of nature and the disaggregation of memory-related spaces are the background to the loss of the protagoni-
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sts. The scrolling of the film literally accompanies us in a path where new architectures, under construction or crumbling architecture can be seen. It tries to reveal, through the urban transformations, the inner discomfort of the characters, as if the lacerations of the body of the city could reflect those of the souls of its inhabitants.  
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PERCORSO Ripercorrere i passi del regista all’interno della città di Milano, osservando, attraverso l’obiettivo fotografico, le architetture da lui scelte e cercando di interpretare le motivazioni della selezione degli edifici e il loro significato simbolico del passato e dei giorni nostri. Queste operazioni verranno realizzate attraverso alcuni accostamenti di foto da me scattate e fotogrammi estrapolati dal film. Retracing the director’s footsteps inside the city of Milan, observing, through the photographic lens, the architectures he chooses and trying to interpret the motivations of building selection and their symbolic significance. These operations will be accomplished by matching the extrapolated frames from the movie with my pictures.
26 Edificio per uffici Ludovico Magistretti corso Europa 22
6 Grattacielo Pirelli piazza Duca D’Aosta Gio Ponti, Pier Luigi Nervi
30 Edificio per uffici Giuseppe Pestalozza, Eugenio Soncini via Fabio Filzi 25
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12 Condominio XXI Aprile via Lanzone 4 Mario Asnago, Claudio Vender
34 Complesso per abitazioni e uffici Luigi Moretti corso Italia 13
22 Torre Galfa via Gustavo Fara 41 Melchiorre Bega
36 Casa albergo Luigi Moretti via Filippo Corridoni 22
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Grattacielo Pirelli, Gio Ponti, Pier Luigi Nervi, 1956-1961 piazza Duca D’Aosta
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Grattacielo Pirelli
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Gio Ponti, Pier Luigi Nervi
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Grattacielo Pirelli
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La città dall’alto di un ascensore che scende dal grattacielo Pirelli
Gio Ponti, Pier Luigi Nervi
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Condominio XXI Aprile, Mario Asnago, Claudio Vender, 1950-1953 via Lanzone 4
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Condominio XXI Aprile
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Mario Asnago, Claudio Vender
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Condominio XXI Aprile
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Mario Asnago, Claudio Vender
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Condominio XXI Aprile
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Mario Asnago, Claudio Vender
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Torre Galfa
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Torre Galfa, Melchiorre Bega, 1956-1959 via Gustavo Fara 41
Melchiorre Bega
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Torre Galfa
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Melchiorre Bega
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Edificio per uffici, Ludovico Magistretti, 1955-1957 corso Europa 22
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Edificio per uffici
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Ludovico Magistretti
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Edificio per uffici, Giuseppe Pestalozza, Eugenio Soncini, 1956-1959 via Fabio Filzi 25
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Edificio per uffici
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Giuseppe Pestalozza, Eugenio Soncini
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Complesso per abitazioni e uffici, Luigi Moretti, 1949-1956 corso Italia 13
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Casa albergo, Luigi Moretti, 1947-1950 via Filippo Corridoni 22
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Casa albergo
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Luigi Moretti
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Casa albergo
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Ricordo benissimo come fu che cessai di dipingere. Una sera, dopo essere stato otto ore di seguito nel mio studio, quando dipingendo per cinque, dieci minuti e quando gettandomi sul divano e restandoci disteso, con gli occhi al soffitto, una o due ore; tutto ad un tratto, come per un’ispirazione finalmente autentica dopo tanti fiacchi conati, schiacciai l’ultima sigaretta nel portacenere colmo di mozziconi spenti, spiccai un salto felino dalla poltrona nella quale mi ero accasciato, afferrai un coltellino radente di cui mi servivo qualche volta per raschiare i colori e, a colpi ripetuti, trinciai la tela che stavo dipingendo e non fui contento finché non l’ebbi ridotta a brandelli. I remember perfectly well how it was that I stopped painting. One evening, after I had been in my studio for eight hours, painting for five or ten minutes at a time and then throwing myself down on the divan and lying there flat, staring up at the ceiling for an hour or two – all of a sudden, as though at last after so many feeble attempts I had had a genuine inspiration, I stubbed out my last cigarette in an ashtray already full of dead cigarette butts, leaped cat-like from the armchair into which I had a sunk, seized hold of a small palette knife which I sometimes used for scraping off colors and slashed repeatedly at the canvas of which I had been painting, not content until I had reduced it to ribbons. Alberto Moravia, La noia