Gallo parlante n° 1 Gennaio/Febbraio 2015

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Il Gallo Parlante direttore editoriale di questo numero

Claudio Auriemma

VOCI DI TERRITORIO Azioni, Idee e Proposte periodico a diffusione gratuita Anno 1 numero 1 - Gennaio/Febbraio 2015 Direttore responsabile Marco Carta www.ilgalloparlante.org IL GALLO PARLANTE VUOLE DARE VOCE A QUELLE PERSONE CHE VOGLIONO SALVAGUARDARE E VEDER CRESCERE ECONOMICAMENTE E CULTURALMENTE QUELL’AREA A RIDOSSO DELL A CAPITALE, RICCA DI STORIA E NOTA CO M E AG RO RO M A N O A N T I CO

edifico ergo sum L’arte di Sfiorare il Vincolo

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dal blog

Il consumo di suolo sembra essere uno dei tanti problemi che investono il nostro paese. In nome di uno sviluppo che tarda ad arrivare si continua ad edificare in tutta Italia con i risultati che abbiamo visto. Alluvioni, deregulation completa, mancanza di infrastrutture e condoni improvvisi. La Regione Toscana vara recentemente una legge per limitarlo. Cosa accade invece nel Lazio? Si incentiva l’edificazione anche chiudendo un occhio su ritrovamenti archeologici, difficoltà logistiche e proteste dei cittadini. Facciamo un viaggio in alcuni dei progetti di edificazione che riguardano il nostro territorio. Si parte da San Cesareo per arrivare a Tivoli e Gallicano.

valle del sacco • Continuiamo a navigare in Cattive Acque Carlo Ruggiero ci accompagna alla scoperta Delle nefandezze compiute in una valle destinata ad essere sacrificata in nome della politica | ROMA • 2024: si riparte per un nuovo assalto alla diligenza. a pochi giorni dall’esplosione dell’inchiesta “mafia Capitale”, IL SINDACO candida la città di Roma a ospitare le Olimpiadi del 2024. POLITICA • L’Italietta 2.0 dove i poteri passano dal pubblico al privato. In una votazione disperata oggi si è svolta la solita commedia di nessuna arte della politica che ci condanna ancora una volta a fare un passo indietro. | TIVOLI • TIVOLI CHIAMA! Un festival caratterizzato da un punto esclamativo.


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SOMMARIO

8.

12. .7

editoriale

inizia il Viaggio!

FINALMENTE PARTIAMO. DOPO TANTA FATICA NASCE IL GALLO PARLANTE SU SUPPORTO CARTACEO. IN QUESTO NUMERO CI OCCUPIAMO DI CONSUMO DI SUOLO, FACCIAMO UN VIAGGIO IN BICICLETTA NEL DISSENSO E POI PARTIAMO PER LA SARDEGNA PER SCOPRIRE COME SI VIVE IN UN POLIGONO

10.

8.

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NEWS

Se potessi avere zero Euro al mese

Proviamo a immaginare un mondo senza denaro. sono molti gli esperimenti e le realtà’ che portano avanti con successo progetti economici e sociali senza l’utilizzo della moneta come bene di scambio

NEWS

La ricrescita sociale passa anche per il buon cibo

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Ethicatering, e’ una società di catering che ha scelto di approvvigionarsi di prodotti presso chi lotta per rifarsi una vita o da chi gestisce terre confiscate alla malavita.

12.

news

L’albero della vita nasce nel Lazio

Una Torre dell’acqua per salvare la vita di migliaia di abitanti della montagne Etiopi. Il Warka Water, progetto tutto italiano, permette di creare acqua dall’umidità dell’aria

apertura

La Chiesa della Discordia Parco Archeologico o Parrocchia e Palazzine?

.14 6

uNA cHIESA DOVREBBE SORGERE AL CENTRO DI UN IMPORTANTE AREA ARCHEOLOGICA, MA QUESTO NON PIACE A CITTADINI, PARTE DELLA SOPRINTENDENZA E COMITATI

Il Gallo Parlante - Anno 1 n° 1 Gennaio/Febbraio 2015 Testata Registrata al Registro Operatori della Comunicazione al n. 25150

Editore Claudio Auriemma c.auriemma@gmail.com, vco della stelletta, 13 00039 Zagarolo (RM) Direttore Responsabile Marco Carta Direttore editoriale di questo numero: Claudio Auriemma c.auriemma@gmail.com Immagini: Claudio Auriemma e Manuel Marraffa Contatti: redazione@ilgalloparlante.org

Per realizzare questo numero è stata necessaria la collaborazione di:

Marco Carta, Emanuele Velluti, Francesco Neri, Beatrice Busi Deriu, Elisa Memeo, Dario Pasqualini, Ivano Bruno, Maria Cristina Recco, Urbano Barberini, Luciano Meloni, Gianni Innocenti, Mario Galli, Lucia D’Offizi, Marcello Accordino, Giuseppe Proietti, Manuel Marraffa, Eraclito di Efeso, Daniele Contardo, Nica Mammì, Daniele dell’orco, Vincenzo Pillai, Massimo D’Anolfi, Renato Velluti, Maurizio Macrì, Stefania Mancuso oltre che Agata Nemore e Federico Auriemma (per la pazienza dimostrata)

Stampa Cromo service - Via Prenestina, 1204 tel.: 06.87756883

(a Nunzia)



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SOMMARIO

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apertura

Quel pasticciaccio brutto di Ponte Lucano

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La lottizzazione Nathan. Dovrebbe sorgere a due passi da Villa Adriana diverse migliaia di metri cubi di abitazioni private a ridosso dell’area archeologica nonostante nel 1991 il Ministero dei Beni Culturali abbia riconosciuto un vincolo diretto e indiretto su tutta la zona

20.

22.

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apertura

lavori in corso alle colonnelle il passato è adesso

unità abitative realizzate in edilizia economica e popolare allo scopo di poter ospitare i futuri cittadini come suggerito dal naturale incremento demografico della zona.Incremento dimostrato dai dati del 2001

apertura

un altro modello di sviluppo è possibile? Pare di no, il cemento è l’unica soluzione.

.28

Il Gallo Parlante, durante un importante conferenza dedicata alla scoperta dei tesori che ci circondano, intervista il Sindaco di Gallicano nel Lazio Marcello Accordino che ci spiega il suo modello di sviluppo per l’area che amministra

32.

apertura

si può fare! a colloquio con giuseppe proietti sindaco di tivoli

questo paese è un patrimonio naturale. il nostro petrolio si chiama cultura e territorio. lo possiamo estrarre solo con il rispetto e la valorizzazione.

alternative

il ritorno della paglia

36.

.36 6

Antisismiche, antincendio, belle, dagli angoli arrotondati, con una struttura in legno che gli garantisce una naturale sensazione di calore. In poche parole perfette. Sono le case in balle di paglia, nate nel lontano 1800, vivono oggi una loro seconda gioventù

40.

fuori contesto altra velocita’

due ruote di resistenza, così si chiama il progetto che ha visto due ragazzi prendere la bicicletta e fare un viaggio di tre mesi lungo tutta l’Italia per incontrare i comitati e i cittadini impegnati nel cambiamento del nostro paese

fuori contesto

40.

sardegna un viaggio al contrario un viaggio in cinque tappe per portare all’attenzione dei media e della popolazione italiana la storia di una Sardegna sconosciuta. non quella delle belle spiagge ma quella di un falso progetto di sviluppo che prevede lo sfruttamento energetico del territorio

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EDITORIALE

Claudio Auriemma

Inizia il Viaggio!

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asce oggi il Gallo Parlante su supporto cartaceo dopo essere diventato una testata giornalistica.

Abbiamo voluto fare questo passo in avanti o meglio questo salto nel buio, in un momento in cui l’editoria in Italia non vive uno dei suoi momenti più floridi. E questo perché ci siamo resi conto che nella comunicazione locale c’è un vuoto. I giornali che parlano di territorio presentano principalmente avvenimenti di cronaca o di sport, mentre manca nel panorama editoriale locale una testata che proponga invece un modello di sviluppo diverso da quello che ci ha portato al difficile punto di non ritorno al quale siamo arrivati oggi. Il progresso tecnologico, che avrebbe dovuto eliminare le diseguaglianze sociali, ha finito per aumentarle, con il risultato che, allo stato attuale, siamo tutti più poveri rispetto a qualche anno fa. E la tendenza non sembra per nulla attenuarsi. Il Gallo Parlante propone e racconta un mondo più sostenibile e da spazio a chi da tempo lavora sul territorio proponendo uno sviluppo diverso basato sulla fruizione turistica e culturale. Allo stesso tempo guarda con sospetto lo sviluppo industriale di un’area che ha già dato molto in questo senso, quella dei Monti Prenestini.

L’esperienza Gallo Parlante nasce già nel settembre 2013 quando fu creato un blog, ilgalloparlante.org, nato dall’esigenza di comunicare le iniziative di chi quotidianamente spende parte del suo tempo a difendere attivamente il territorio. Successivamente ci siamo accorti che era uno strumento indispensabile da mettere a disposizione, non solo di un Comitato di cittadini, ma di una comunità più vasta. Un nucleo sempre più grande di persone

che hanno a cuore la crescita sostenibile di una delle aree più importanti a ridosso della Capitale, l’agro Romano Antico. Questa necessità ci ha suggerito di trovare il modo di allargare il nostro bacino di utenza. In questo primo numero abbiamo voluto dedicare ampio spazio in apertura di giornale al tema del consumo del suolo, un tema che nel Lazio conosciamo bene. In Toscana si vara una legge regionale per limitarlo, ma qui da noi gli oneri per le urbanizzazioni dovute ai Comuni da parte dei costruttori sono un efficace metodo per risanare buchi in bilancio. Da qui via libera al sacco del territorio regalato ai privati per pagare le bollette. Ma quel territorio è bene comune, non è proprietà dei Sindaci che dovrebbero invece tutelarlo e trasformarlo in risorsa della comunità. La Toscana sembra averlo capito ed infatti a novembre vara una legge che limita il consumo di suolo in quella Regione: “Una legge di profonda svolta, e non scontata, che mette la Toscana all’avanguardia nelle politiche del governo del territorio. Con questa legge la Toscana potrà andare a testa alta nel dibattito nazionale e essere di esempio”. Così si è espresso il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, sulla nuova legge approvata verso la fine dello scorso anno. La legge regionale n° 65 del 10 novembre 2014. Una legge sul governo del territorio. Riformando la legge urbanistica del 2005, pone un chiaro diniego al consumo di nuovo suolo, proponendo la riqualificazione invece dell’esistente e tutelando il territorio agricolo da trasformazioni non agricole Un impegno per tutelare il territorio per le prossime generazioni. Toscana quindi come Regione innovatrice rispetto alla

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tendenza nazionale. Ma quale è la tendenza nazionale? Per accertarlo ci facciamo dare un aiuto dall’ISPRA, che ha pubblicato un rapporto sull’argomento. Il suolo è lo strumento necessario a garantire la produzione agricola e zootecnica destinata al fabbisogno alimentare dell’uomo, ma non va neanche dimenticato che è lo spazio sul pianeta dove far crescere strumenti di mobilità e insediamenti produttivi. Non da ultimo è anche la dimora ed il rifugio di una moltitudine di altre forme viventi che hanno tutto il diritto di usufruirne al pari del genere umano. Dal rapporto dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), risulta che 70 ettari di territorio ogni giorno vengono divorati dal cemento, 8 metri quadrati al secondo. Però nello stesso momento, secondo i dati ISTAT, in Italia sono circa 7 milioni le case vuote, sfitte o invendute. Continuare a cementificare può significare mettere a repentaglio la vita e la salute delle persone e del territorio. Basta pensare alle frane e alle alluvioni che hanno caratterizzato i mesi precedenti. Si corre poi ai ripari affrontando miliardi di euro di spesa per ricostruire e cercare di recuperare i danni all’ambiente. Pura follia Lo scorso novembre anche l’ex Ministro Mario Catania ha proposto un legge dove chiedeva di puntare su recupero e riuso di ciò che è già costruito, senza ulteriore cementificazione e specialmente in aree agricole. La sua proposta evidenziava anche un altro problema molto grave, chiedeva infatti il divieto di utilizzo degli oneri concessori per finanziare la spesa corrente dei Comuni. Una delle principali cause quest’ultima della svendita del territorio alla speculazione. Pare che in questo senso qualche piccolo passo sia stato fatto ma dobbiamo ancora vedere quando i decreti andranno in vigore e i risultati che produrranno.


Emanuele Velluti

NEWS - Altra Economia

Se potessi avere zero Euro al mese Proviamo a immaginare un mondo senza denaro. Una fantasia utopistica? No, niente affatto. In Italia, come in altre zone del mondo, sono molti gli esperimenti e le realtà’ che portano avanti con successo progetti economici e sociali senza l’utilizzo della moneta come bene di scambio. Cerchiamo di capire quali siano e come funzionano. Andando prima di tutto ad abbattere quel muro di dubbio e di incredulita’ che alberga in tutti noi e che ci impedisce di prendere coscienza e capire che tutto puo essere possibile, basta crederci e capire come realizzarlo.

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soldi non sono altro che un mezzo di scambio, un’unità di misura che ci serve per calcolare il valore di un bene materiale, di un servizio, o del tempo. Tutti sappiamo che anni fa il mezzo di scambio erano i beni stessi. Questi furono poi sostituiti dai metalli preziosi che ne definivano un controvalore con il quale scambiare beni o servizi, fino ad arrivare al perverso mondo delle banche di oggi, in cui i valori sono numeri su un computer che poco hanno a che vedere con il reale potere di acquisto di una moneta, ma sopratutto indicano lo stato di sovranità monetaria di un paese rispetto ad un altro. Come spesso accade, le piccole rivoluzioni partono dal basso. Oggi per esempio, la rete è uno di quegli scenari che più di tutti ha contribuito a creare occasioni di sviluppo alternativo e ha dato alle persone possibilità inaspettate fino a poco tempo fa, permettendo di creare modi nuovi di interpretare il futuro. Il baratto di beni, per esempio, un metodo di acquisto che sembrava ormai scomparso negli anni del boom economico e nel falso boom degli anni ‘90, sta tornando in auge. Le piccole realtà di scambio di abiti usati, nate quasi per gioco stanno diventando dei veri happening riservati ormai quasi ad un popolo modaiolo che anima i pomeriggi e le notti delle principali città italiane, portandosi dietro un indotto commerciale non sottovalutabile. Basta guardare il successo di manifestazioni come gli “Swap party”, che hanno come protagonisti lo scambio di abiti usati. Gli organizzatori valutano la merce portata in scambio e ne danno un controvalore in crediti che può essere utilizzato per “acquistare” altri capi nel corso di quell’evento o in un evento successivo . Nel mondo dei social ad esempio, i gruppi o i forum che offrono spazio per mettere in pratica il vecchio sistema del

baratto sono in costante aumento, e funzionano, vedendo crescere il numero degli aderenti in modo esponenziale. Basta andare su facebook e digitare baratto o scambio per vedere apparire decine di gruppi dove si accede con un click, e postare quello che stai cercando o cosa sei disposto a scambiare con gli altri. Tra quelli che abbiamo contattato e che ci hanno raccontato la loro storia, c’è il gruppo “s-cambiamento” rintracciabile su Facebook cercando “S-cambiamento” sulla barra di ricerca. Questo gruppo pubblico, propone un mondo fatto di scambi di beni a partire dai prodotti dell’orto, coltivati secondo i metodi artigianali per arrivare fino a oggetti dal valore più importante. La trattativa avviene singolarmente tra gli aderenti al gruppo senza nessuna intermediazione da parte degli organizzatori. Per aderire al progetto basta iscriversi al gruppo. Esistono poi realtà più complesse che non si limitano alle sole merci. In questi spazi si offrono beni ma anche servizi grazie

ad una sorta di banca del tempo dove gli aderenti mettono a disposizione le proprie capacità al servizio di una comunità.. http://baratto.occhiaperti.net, un sito completamente gratuito, ha lo scopo di rendere più semplice la ricerca di cosa si vuole o si offre, e mettere le persone in contatto tra loro. Da questo sono nati sistemi più complessi che possono interconnettere tra loro persone, beni e servizi facenti parte di una comunità, e riuscire ad abbattere il vincolo della moneta o quantomeno promuovere un sistema di commercio etico. In alcune parti d’Italia, unioni di cittadini hanno iniziato ad utilizzare un sistema che prevede l’abbandono dell’uso del denaro, estendendolo in una rete di aziende e privati. Una sorta di baratto 2.0. Il concetto è semplice, se tu sai fare un lavoro, o possiedi dei beni, li metti a disposizione della comunità, formata da altre persone che fanno altrettanto. E’ un sistema che tiene conto che ogni cosa che si mette a disposizione degli altri fa guadagnare dei crediti, una sorta di punteggio che può essere speso per ricevere beni e servizi da tutte quelle aziende o privati che fanno parte del progetto. Un esempio è il sito http://www. affarisenzasoldi.it/ dove si muove un circuito di aziende (prevalentemente di Firenze) che ha abbracciato quest’etica, e lavora per il suo territorio mettendo in pratica proprio questo concetto del “Dai e Ricevi.” All’interno del circuito di “Affarisenzasoldi” è possibile persino fare la spese dai caseifici o i produttori agricoli che ne fanno parte, ogni prodotto ha un prezzo in euro e un relativo valore in crediti, così da poter scegliere anche se pagarne una parte con soldi reale ed una col punteggio che si è ottenuto lavorando e scambiando con la comunità. Questi gruppi aiutano persino le aziende a crescere, perché quando un imprenditore non ha abbastanza soldi per aprire o ampliare un attività, la comunità corre in aiuto, colmando il divario


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NEWS - Altra Economia economico in cambio dell’ingresso dell’esercizio nel circuito “senza soldi”. Arriva quindi il momento di fare un passo avanti e prendere coscienza. Il sistema del baratto, o di scambio tra servizi o beni è molto facile da attuare e gestire, soprattutto nei piccoli Comuni. Gruppi di persone di uno stesso territorio possono creare una rete e diventare una comunità che offre e riceve tutto ciò che si ha bisogno per vivere, senza spendere o guadagnare un soldo.

Il tema del “non guadagno” potrebbe scoraggiare chi non ha capito bene lo spirito del progetto, Ma è questo il vero miraggio che ci abbaglia e ci fa perdere la percezione della realtà. I soldi servono per mangiare, per soddisfare dei bisogni e per ricevere dei servizi, che in una comunità senza soldi avremmo gratuitamente. Il denaro crea da sempre disuguaglianza, ingiustizia, crea debito e ci impedisce di progredire.

Questi sistemi economici e sociali che non prevedono l’uso del denaro, possono trasformare il mondo in cui viviamo in una realtà più equa e solidale. Il concetto stesso di un mondo senza soldi è di una semplicità disarmante. É possibile e da subito. Persone che vivono il proprio territorio possono attuare un cambiamento del genere in poco tempo, coinvolgendo ed informando i cittadini che ne fanno parte. Un piccolo sforzo iniziale ed il gioco è fatto. Scambiamo per cambiare.

La Moneta? un’ Idea Geniale che si e’ trasformata in incubo Abbiamo chiesto un parere a Francesco Neri, un “Non-economista”, quindi osservatore e esperto attendibile di economia, così ama definirsi, che ha tenuto diverse micro conferenze sull’argomento Moneta. D: Sig. Neri è utopistico pensare ad un mondo che fa a meno della Moneta come mezzo di scambio per beni e servizi? R: Secondo me in un certo senso si. Possiamo definirlo utopistico, la moneta è un invenzione eccezionale dell’umanità. Utilissima per agevolare gli scambi. La moneta però nasce serva dell’uomo, guai, come oggi, a trovarsi nella situazione contraria in cui è l’uomo ad essere servo della moneta. Non è invece utopistico cercare di cambiare questo sistema malato e ritornare alla funzione iniziale della Moneta intesa come mezzo di semplificazione per gli scambi di ricchezza tra gli uomini. D: quindi il tema è Non fuori dal denaro, ma fuori da questo modo di interpretare il denaro? R: certo il Denaro è stato creato per facilitare gli scambi. Il baratto come mezzo di scambio ha dei limiti enormi. Il denaro invece ha permesso di facilitare il sistema grazie al fatto che do i miei prodotti in cambio di biglietti che hanno un valore creditizio ovunque riconosciuto perché emesso da una nazione sovrana. La moneta è stata un grandissimo incentivo allo sviluppo delle comunità umane, oggi però si è ribaltato completamente il paradigma ed il mondo non ha ormai nessun Dio se non il Denaro tant’evvero che usa anche lo stesso linguaggio di un Dio parlando di sacrifici da compiere per rispettare

ed accrescere quelli che una volta chiamiamo mercati, il mercato o così via. Una sorta di nuovo Moloch che da controllato è diventato il “controllore”. La cosa più grave è che questa organizzazione è data oggi come l’unica possibile, mentre è una grande falsità, è solo una delle possibili organizzazioni ed inoltre la peggiore. D: ma il controllo di tutto questo a livello nazionale dove è? R: il controllo della produzione della Moneta in questo momento non è completamente ignoto ma la possiamo definire una struttura Ombra. Ufficialmente sarebbe il sistema bancario, creato dalle varie Nazioni, verso il quale però, tutte le nazioni sono indebitate, ma non è finita qui il sistema bancario internazionale è a sua volta indebitato per un cifra che si aggira su un valore pari a 100 volte il PIL mondiale verso una struttura ombra che non si è in grado di ricondurre esattamente alla sua reale proprietà. Chi ne sono i Capi e i detentori. Un sistema che gira principalmente nei paradisi fiscali. Alla fine parliamo delle grandi multinazionali e delle grandi banche di affari americane. I nomi alla fine sono sempre gli stessi, i componenti dei Consigli di Amministrazione delle grandi Multinazionali che posseggono il 41% del PIL mondiale e di conseguenza ne controllano il 100%. Quando parliamo di paradisi fiscali, basta pensare allo stato del Delaware negli USA, tutte le società di cui parliamo hanno almeno una sede lì e la normativa di quel paese permette a quelle società di vivere in completo anonimato. E guarda caso quello è il primo stato degli Stati Uniti d’America per data di fondazione. Sarà un caso?

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Claudio Auriemma

NEWS - Cibo e Cucina

La ricrescita sociale passa anche per il buon cibo

Ethicatering, e’ una società di catering nata dalla brillante idea di due amiche. Fin qui nulla di particolare, tranne il fatto che ha scelto di approvvigionarsi di prodotti presso chi lotta per rifarsi una vita o da chi gestisce terre confiscate alla malavita. Questo a dimostrazione che un mondo diverso non solo e’ possibile, ma addirittura e’ un successo. L’idea nasce a Parigi da un Italiana fiera ed appassionata del suo paese. In passato Ludovica apre un bistrot nel quale degustare prodotti scelti con cura tra quelli che il panorama carcerario o delle terre confiscate alle mafie possa offrire. Torna in Italia e con l’aiuto di una amica, Beatrice, esporta la sua passione nel paese di origine. Oggi Ethicatering e’ una realtà importante del panorama nazionale che racconta quanto ci sia ancora di buono nel nostro vecchio stivale.

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i siamo fatti raccontare da Beatrice Busi Deriu come nasce e come opera la sua società di catering realizzata in collaborazione con Ludovica Guerreri. Ethicatering è una struttura che organizza banchetti per eventi ed è gestita da due care amiche, detto così non è di certo una notizia. Lo diventa invece se l’idea di fondo con la quale nasce il progetto è un mix di sostenibilità, sensibilità sociale, crescita culturale e successo. Ethicatering è diventata una realtà che organizza i banchetti di molti dei più grandi eventi romani e nazionali esportando principalmente un idea, ancora prima del cibo che serve ai tavoli. L’idea che essere un impresa sia etica che affermata è possibile e va di moda. Per sviluppare la loro idea portano in tavola prodotti che hanno una storia fatta di ricrescita sia culturale che sociale. CA: Guardando la vostra avventura mi viene da chiederle come prima cosa, si può fare ancora impresa etica In Italia? Come nasce ethicatering? BB: Si si può fare assolutamente impresa etica. l’idea di Ethicatering nasce da un amicizia che lega me e Ludovica che da Parigi dove risiedeva da 5 anni anni ha iniziato un percorso di ricerca che la ha portata all’apertura di un concept store e di un bistrot, dove poter degustare prodotti italiani di qualità. Nella sua ricerca ha privilegiato la scoperta di prodotti si di qualità ma che abbiano anche un valore sociale, quindi i prodotti delle terre

sottratte alle mafie, piuttosto che i prodotti realizzati nei carceri italiani. Un Grande successo, la Francia reagiva benissimo a questa proposta, una bellissima vetrina sulla qualità italiana a Parigi, ma ad un certo punto Ludovica ha necessità di tornare in Italia. Qui entro in scena io, che, a parte la grande amicizia che ci lega, mi occupavo di eventi da lungo tempo e di conseguenza è nata l’idea che, per non perdere il valore di un esperienza così importante fatta in Francia, potevamo unire le nostre competenze per replicare il successo parigino. Nasce così Ethicatering. Ci appoggiammo ad un catering con il quale lavoravo e con i prodotti selezionati da Ludovica nel corso degli anni, oggi proponiamo un servizio catering più attento al valore sociale della proposta. Ad oggi vantiamo di partecipare ad eventi sempre di un certo spessore a dimostrazione che la nostra idea era una buona idea CA: mi incuriosisce e mi diverte il fatto che, come spesso accade, i valori che abbiamo in Italia vengono scoperti da persone che risiedono all’estero. Come se vista da lontano l’Italia si veda meglio e risulti più interessante, non è strano? BB: effettivamente è vero, questo accade spesso. Nel caso di Ludovica questo è accaduto in quanto l’Italia, in un certo senso rimane sempre nel cuore e la volontà era quella di riscattare un po il proprio paese, far sapere anche all’estero che l’Italia non era solo il Governo Berlusconi tanto chiacchierato in quel periodo, ma anche tanto valore individuale che andava sottolineato. Poi è anche vero che in Francia sono particolarmente attenti a quello che è il tema della qualità alimentare


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NEWS - Cibo e Cucina CA: ho visto che gli eventi a cui partecipate come Ethicatering, sono eventi molto grandi, ma prevedete anche di prendere in considerazione eventi di spessore minore, tipo eventi locali o quant’altro? BB: Ovviamente citiamo solitamente gli eventi più istituzionali, ma abbiamo anche realizzato aperitivi sulle terrazze romane per 20/30 persone, si possono organizzare cene, siamo esattamente lo stesso di un catering tradizionale, cambiano solo i prodotti che vengono utilizzati CA: mi ha accennato che voi acquistate tutti i prodotti presso i vostri fornitori per poterli utilizzare? BB: si assolutamente. Non essendo prodotti di largo consumo non esiste nessun sistema di conto vendita. Tutto ciò che viene fornito in un evento da noi organizzato è stato da noi acquistato in precedenza dai nostri fornitori. Ed inoltre in ogni evento che creiamo, ci teniamo molto a realizzare un punto informativo sui nostri prodotti in

modo da poterli esporre e raccontare la loro storia. Sosteniamo questi produttori anche nella comunicazione. CA: come reagiscono i produttori, hanno un rapporto diretto con voi? Vi sostengono? BB: per quanto riguarda Libera non solo abbiamo un rapporto diretto con loro, ma anzi abbiamo una vera e propria interazione, abbiamo contribuito nel cambio di gestione della loro Bottega a Roma in Via dei Prefetti e li seguiamo costantemente lavorando in strettissima collaborazione, come anche accade con le altre cooperative con le quali siamo sempre in contatto e ci sentiamo regolarmente. Per quanto riguarda invece i laboratori delle carceri il discorso invece cambia, essendoci di mezzo il Ministero, come potrà immaginare la situazione è più complessa, anche le consegne le dobbiamo richiedere con molto anticipo, è un lavoro complesso. Non ci lamentiamo comunque, anche se con una certa lentezza, tutto funziona.

info: Se av ete b is di un cater ogno ing, è ora d i avvi c a sap i ori ch narsi non s e i trov nel s a istem no a della gran distr d ibuzi e one

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ater

ing.it


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NEWS - Sviluppo Sostenibile

L’albero DELLA

vita

nasce nel lazio

Una Torre dell’acqua per salvare la vita di migliaia di abitanti della montagne Etiopi. Il Warka Water, progetto tutto italiano, permette di creare acqua dall’umidità dell’aria. Potrebbe produrre fino a 90 litri di acqua al giorno. Leggero, semplice da costruire e realizzato con materiali reperibili localmente, sembra una delle idee migliori per risolvere il problema di approvvigionamento idrico nelle regioni rurali interne dei paesi Africani. Uno studio di Architettura del Viterbese ci ha lavorato ed è arrivato ad un punto di svolta. Ora si cercano fondi tramite i social network per poter cominciare ad installare i primi esemplari di Warka Water direttamente nella terra che li dovrà ospitare.

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NEWS - Sviluppo Sostenibile

il progetto del warka water realizzato da Arturo Vittori e Andrea Vogler dello studio Architecture and Vision

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completamente Italiano un progetto innovativo destinato a facilitare, o addirittura a salvare, la vita di migliaia di abitanti del continente africano. L’accesso ad un bene primario come l’acqua potabile, in quel territorio è estremamente difficile e comporta una ricerca affannosa e delle marce estenuanti di diversi chilometri per poter arrivare ad una fonte dove approvvigionarsi.

Per risolvere questo problema uno studio di architettura e di design con sede a Bomarzo in Provincia di Viterbo, ha realizzato un progetto tanto semplice quanto importante. Arturo Vittori e Andrea Vogler dello studio Architecture and Vision, hanno realizzato un grande albero dell’acqua, facile da realizzare e che possa generare acqua traendola per condensazione dall’umidità dell’aria. Warka Water, così è stata battezzata questa invenzione presentata per la prima volta alla biennale di architettura di Venezia del 2012. Un progetto destinato alle popolazioni rurali dell’Africa interna e soprattutto agli abitanti delle montagne Etiopi. Il Warka Water, nome ispirato ai giganteschi alberi etiopi in via di estinzione, tradizionalmente usati come luoghi di riunione, consiste in una struttura reticolare a maglia triangolare, fatta di giunco o altri materiali facilmente reperibili nelle aree dove

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deve essere realizzato, che si alza da terra per circa di 9 m di altezza. Al suo interno, come in una sorte di torre dell’acqua, viene realizzata una struttura in tessuto speciale appesa al suo interno in grado di raccogliere acqua potabile dall’aria, mediante condensazione. Si sfrutta quindi la forte escursione termica tra notte e giorno, tipica di quelle aree, per fare in modo che l’umidità dell’aria si trasformi in preziosa acqua. La struttura pesa solo 60 kg, è composta da 5 moduli che possono essere installati dal basso verso l’alto da 4 persone senza la necessità di ponteggi. Una volta assicurato al terreno, il Warka Water può raccogliere fino a 100 litri di acqua potabile al giorno. Ne sono stati realizzati alcuni in via sperimentale, ma a questo punto sono necessari dei fondi per poter costruire i primi Warka direttamente nei territori interessati. A questo scopo Architecture and Vision ha aperto una campagna di ricerca fondi sulla rete, un operazione di crownfounding popolare per raccogliere la cifra necessaria a partire con le prime installazioni. Il metodo della ricerca social di fondi ci sembra inoltre la più adatta vista la particolare natura sociale del progetto. Se la raccolta avrà successo già nel 2015 potrà nascere uno dei primi Warka Water in territorio Etiope. Un idea semplice che si basa su concetti semplici ma che può cambiare la vita di migliaia di uomini, donne e bambini.


Claudio Auriemma

La Chiesa Parco Archeologico o Parrocchia e Palazzine?

Il Tiro Alla Fune Continua!

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iamo ormai giunti alla seconda conferenza dei servizi che avrebbe dovuto dare la possibilità ai protagonisti coinvolti, di esprimere il proprio parere sulla necessità di erigere un edificio di culto, necessario per le esigenze della popolazione, al centro di un’importante area archeologica. siamo a san cesareo la chiesa in questione e’ la parrocchia san giuseppe fortemente voluta dalla curia. vorrebbe sorgere al centro dell’AREA ARCHEOLOGICA della villa di cesare e massenzio e della necropoli ad essa connessa ritrovata recentemente. tra chi osteggia IL progetto ci sono cittadini e comitati in primis, ma la SCELTA del luogo pare non piaccia anche a parte della Soprintendenza ai Beni Culturali. la diocesi insiste sulla localizzazione della Chiesa, anche in vista dello scadere dei finanziamenti assegnati. Questa Chiesa va spostata? Può rimanere dove il progetto lo prevede? Spostando la Chiesa e realizzando un Parco Archeologico si potrebbe creare maggiore indotto per la zona? E normale edificare prima di terminare gli scavi archeologici e decidere come tutelare i beni ritrovati? Lo chiediamo ai protagonisti.

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Apertura Serve altro consumo di suolo?

C

orre l’anno 2010, la curia sente l’esigenza di edificare una nuova chiesa a San Cesareo. Viene incaricato un architetto di redarre il progetto. Partono quindi i lavori preventivi e i necessari sondaggi per capirne l’attuabilità. Dai sondaggi salta fuori una bella sorpresa. Viene portata alla luce una sontuosa villa Romana che verrà addirittura attribuita a Giulio Cesare e al Suo successore Massenzio. Mosaici di inestimabile fattura vengono alla luce, una cisterna di dimensioni imperiali, un complesso termale, insomma un sito archeologico che non avrebbe nulla da invidiare alla vicina Villa Adriana, già patrimonio UNESCO. Il progetto va avanti, oltre alla chiesa sono previste una serie di costruzioni di civile abitazione, una massiccia opera di urbanizzazione per un totale di circa 90.000 metri cubi che graverebbe proprio a ridosso dell’area archeologica, ed in parte su di essa. La sovrintendenza Archeologica del Lazio si mette di traverso. Per questo e per altri motivi viene messo in campo un secondo progetto, Si riducono le dimensioni della piazza antistante la chiesa, cambia la forma delle infrastrutture, ma ancora non è chiaro come quel bene venga tutelato. Il tema è controverso. Nonostante il vincolo diretto posto nel 2011 dalla Sovrintendenza, il timore di cittadini, comitati e associazioni e che ancora una volta si tenda a favorire la costruzione di nuove palazzine e centri commerciali piuttosto che alla tutela dei nostri Beni Culturali. Ancora più recentemente, viene portata alla luce una necropoli in località Colle Noci, nell’immediata prossimità della Villa di Cesare, che è ancora in fase di scavo. Ci chiediamo, ma è possibile pensare di costruire in prossimità di un sito che è ancora in fase di scavo? Non dovrebbe essere creato anche un vincolo più ampio alla zona per permettere scavi futuri? Non andrebbe terminato con calma lo scavo della necropoli’? I finanziamenti sono in scadenza, meglio sbrigarsi. Chi vuole lottizzare tranquillizza i cittadini con il fatto che i ritrovamenti saranno inseriti in un contesto urbano che li potrà valorizzare e tutelare, affidando la cura di queste importanti vestigia ad un condominio. Almeno questo prevedeva il primo progetto presentato. Esatto, ad un condominio, a chi di solito non riesce a confrontarsi e ad esprimere la ditta che dovrà pulire le scale. Ci viene da chiedersi: In altri Paesi del mondo è frequente vedere beni architettonici in contesti urbani ma noi, in Italia, ne siamo realmente capaci?

Cerchiamo di capire bene il valore dei ritrovamenti. Nel marzo del 2014, in un convegno organizzato dall’AISCOM, Associazione Italiana per lo studio e la conservazione del mosaico, il . Dott. Alessandro Betori, Funzionario Responsabile di zona della Sovrintendenza Archeologica per Lazio illustra l’importanza dei ritrovamenti e ne chiede una valutazione anche agli illustri relatori

a sinistra: il primo progetto della chiesa e della lottizzazione “la petrara”. In alto: un confronto tra il primo progetto della chiesa e il successivo.


GP presenti che ne sembrano entusiasti. Gli studiosi presenti hanno dimostrato ampio interesse nei confronti dei mosaici della Villa rinvenendone caratteristiche inedite e, nel sottolinearne l’importanza ed in qualche caso l’unicità, ne hanno auspicato la salvaguardia ed un imminente progetto di restauro. Il sito ove oggi sorge San Cesareo era conosciuto con il nome di “Ad Statuas” ed era un importante snodo stradale a sud est di Roma lungo il tracciato dell’antica Via Labicana. In questo luogo Giulio Cesare costruì una delle sue ville di campagna, conosciuta come “Labicanum Caesaris”. In questa Villa il dittatore romano scrisse, alle idi di settembre del 45 a.C., il suo testamento con il quale nominò suo erede il pronipote Caio Ottavio, il futuro Imperatore Augusto. E’ per questo motivo che Valerio Massenzio ristrutturò questa residenza imperiale, circa 350 anni dopo, e qui, il 28 0ttobre del 306.d.C, fu nominato Imperatore dal popolo di Roma. Lo stesso nome della città di San Cesareo, come ci indica Antonio Acocella, che ha presentato un ampio progetto di sviluppo della zona, è un toponimo che, benché riferito ad un santo, è da collegare, come

evidenzia Francesco De Ficoroni in “Le memorie ritrovate nel territorio della prima e seconda città di Labico e i loro giusti siti” (1745), a Caio Giulio Cesare ottenuto, conseguentemente, per processo di “corruttela” dal nome del Divino Caesar. Insomma il valore storico dei ritrovamenti è chiaro sia eccezionale. Costruire si, costruire no, costruire altrove? A questo punto per sciogliere questa intricata matassa, sono state indette due conferenze dei servizi dove sono stati invitati i tecnici interessati al progetto. La prima si è svolta il 23 di settembre scorso e riguardava in particolare la costruzione della chiesa fortemente voluta dalla diocesi di Palestrina in quanto va a soddisfare un bisogno locale che ha necessità di luoghi di culto e di aggregazione e di conseguenza vuole vederli crescere in quantità e servizi. Nulla da eccepire. Ci lascia invece perplessi la scelta del luogo. La seconda puntata della conferenza dei servizi è stata convocata questa volta a Roma, presso la Regione Lazio, in data 17 dicembre 2014. Conferenza andata deserta. Nessuno degli invitati si è presentato. O almeno buona parte di essi. Probabilmente non per pigrizia ma per il fatto che le varie

documentazioni richieste dagli attori che ne avrebbero dovuto prendere parte, non sono arrivate con l’anticipo necessario tale da consentire di essere studiate e suggerire delle riflessioni o dei pareri. Tra l’inizio del progetto ed oggi, la questione si complica, se possibile, ancora di più quando viene rinvenuta nell’immediata prossimità della Villa Imperiale una necropoli che è tuttora in fase di scavo. Scavi seguiti dall’Archeologa Cristina Recco. Sono state rinvenute in quel sito circa 170 sepolture che hanno dato alla luce reperti di evidente valore. In particolare in alcune delle tombe sono stati scoperti un corredo aureo e una splendida moneta. Inoltre, una delle sepolture ci regala un bellissimo paio di orecchini adornati di smeraldi. Di questi ritrovamenti si è parlato e sono stati presentati al pubblico, in un incontro di studio che si è svolto presso il Museo Archeologico di Palestrina nel quale però ci ha sorpreso come il racconto delle varie scoperte fosse velato da un’aurea particolare. Il funzionario della Sovrintendenza, il Dott. Alessandro Betori, nel descrivere il sito usa termini che tendono a dare un quadro dubitativo sul valore di gran parte dei ritrovamenti.

da sinistra in senso orario: gli orecchini con smeraldi rivenuti in una delle sepolture della neropoli di colle noci. un tratto della via labicana che passa accanto alla necropoli. la cisterna della villa di caio giulio cesare.


LE TAP PE DELLA NOSTRA STORIA Citando testualmente, usa raccontare il sito evidenziando che: “molti dei reperti non ci hanno impressionato”, “ è una necropoli destinata ad accogliere umili sepolture” “sono stati ritrovati semplici orecchini”. Un po come era accaduto al convegno dell’AISCOM, dove anche i mosaici non furono esaltati. Ci chiediamo per quale motivo tutto ciò che vive nell’area della Villa attribuita a Cesare debba avere vita così difficile. Progetti edilizi che la vogliono investire, scarsa comunicazione ai cittadini residenti sulla scoperta stessa e sul valore dei ritrovamenti fatti durante gli scavi in quell’area o nelle aree limitrofe. Anche la collocazione geografica della Necropoli non è molto evidenziata durante la descrizione dei ritrovamenti, si tende ad identificarla con la località Colle Noci e non con la sua naturale connessione alla Villa Imperiale in questione. Sembra insomma che ci sia un velato interesse nello svalutare i ritrovamenti in quell’area a fronte della necessità

Ne Parliamo con:

Maria Cristina Recco

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CA: Dott.ssa Recco, ci può raccontare meglio la necropoli ritrovata a San Cesareo? Sappiamo molto della Villa probabilmente attribuita a Cesare ma poco della necropoli che sembra essere contigua alla villa. MCR: La Necropoli è di un epoca successiva alla Villa Imperiale. Sono state rinvenute poco meno di 200 sepolture, quindi è una necropoli importantissima per la quantità di materiale che si può reperire al suo interno. Sorge sulla Labicana, nell’immediata vicinanza della Villa stessa ma potrebbero esserci stati sepolti sia abitanti della zona oltre che persone che avevano a che fare con la Villa ma in epoche più recenti. CA: ho visto che alcuni reperti ritrovati sono molto importanti e sono stati esposti in Musei della zona. Contate di ritrovare altro durante i prossimi scavi? MCR: La necropoli potrebbe anche dare alla luce altri ritrovamenti, ma il suo valore principale è quello di poterci raccontare, dopo uno studio approfondito di ogni sua parte, esattamente le popolazioni locali e i comportamenti di chi frequentava queste zone nel corso della storia. Le necropoli sono importantissime per capire il passato di intere generazioni e questo è il loro inestimabile valore. CA: Valore che va al di la quindi di ciò che ci si ritrova? MCR: assolutamente. Può considerare la necropoli come una memoria che se abbiamo la possibilità di leggerla ci può restituire le informazioni che ha congelato al suo interno. CA: C’è chi parla di un Parco Archeologico che sarebbe interessante veder sorgere in quell’area, la Necropoli ne potrebbe far parte? MCR: una volta terminato lo studio della necropoli, ovvero terminati gli scavi e fatto lo studio antropologico abitualmente la necropoli scompare, quindi in quel senso direi di no. Diverso è invece per la via Labicana che è estremamente ben conservata in quella zona.

Serve altro consumo di suolo?

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Dicembre 2010

Il comune approva il nuovo Piano Integrato. Le proteste spontanee dei cittadini inducono diversi politici a presentare interrogazioni

archeologa responsabile degli scavi della necropoli di colle noci Abbiamo raggiunto telefonicamente l’archeologa Dott.ssa Maria Cristina Recco che ha partecipato in passato agli scavi sulla Villa di Cesare e oggi è responsabile degli scavi sulla Necropoli di Colle Noci.

Apertura

o integrat vi o u n dei alla luce ti n e m ritrova

/ Febbraio 2010 ottobre Febbraio 2012 la soprintendenza decreta il vincolo archeologico diretto sull'area sino ad allora esplorata

2012 Luglio

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Marzo 2014 Al convegno organizzato dall'AISCOM, vengono illustrati i ritrovamenti effettuati duranti gli scavi della Villa Imperiale

Febbraio 2013 il vescovo di Palestrina, scrive al Sindaco di San Cesareo che il con il ritardo nella esecuzione dei lavori, si rischia la scadenza del finanziamento della CEI

2014 e r b m sette i

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Dicembre 2014 presso il Museo Nazionale di Palest rina vengono presenta ti gli ori rinvenuti presso la necropoli attigua la Villa Imperiale.

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GP Ne Parliamo con:

Gino Mistura

proprietario del terreno dove dovrebbe sorgere la chiesa CA: Il 23 settembre si è svolta la prima conferenza dei servizi per valutare la possibilità di edificare la Parrocchia San Giuseppe, cosa si aspetta da questa conferenza dei servizi? GM: un approvazione,almeno per quello che riguarda l’edificazione della chiesa che è una cosa urgente. La Chiesa di San Cesareo serve attualmente 14/15 mila abitanti ma è in condizioni precarie. É solo di poco tempo fa l’intervento di consolidamento per i mattoni che sono caduti. Una situazione di evidente pericolo quindi. CA: ma la scelta del luogo, ovvero a ridosso della Villa di Cesare è stata una scelta suggerita dall’urgenza o da cosa? GM: La scelta del luogo nasce dalla diocesi che ha scelto questo luogo per l’edificazione del complesso parrocchiale San Giuseppe. Nel corso del tempo è stato già spostato il sito di edificazione della chiesa nel rispetto dei vincoli imposti dalla Sovrintendenza, ed infatti oggi è fuori dal vincolo CA: ma la diocesi parteciperà ai lavori di restauro con il suo 8 per mille? L’ARCUS è stata contattata per avere finanziamenti? GM: L’ARCUS è stata contattata ma non abbiamo ricevuto risposte, per quanto riguarda la chiesa sarebbe da chiederlo a loro se pensano di partecipare economicamente ai restauri. CA: è stata prevista un area di rispetto intorno al vincolo per permettere ulteriori scavi futuri? GM: è Prevista un area di circa 10 metri per l’accesso e per la fruibilità del sito. Il vero problema è che tutto ciò va risolto io mi sono stancato di averla in affidamento. Fino ad oggi mi sono occupato io con i miei fondi di garantire la tutela di quell’area ma a questo punto vorrei che qualcun altro si prendesse in carico la tutela di questo bene. Io mi sono occupato in prima persona e a spese mie di tutelare la zona. Sta di fatto che con tutta questa bagarre si sta perdendo anche quel poco che io sono riuscito a tutelare. I reperti oggi sono alla luce del sole, i lavori non vanno avanti e i mosaici si stanno deteriorando. Per ora il bene non è tutelato. Se tutto rimane così tra poco effettivamente non ci sarà più nulla. CA: come valuta la proposta dei comitati i destinare quella zona a parco archeologico collegato alla Macchiarella? GM: Chi lo paga? Chi ci mette i soldi per poterlo mantenere? Ho visto una grande assenza tante chiacchiere e pochi fatti.

di privilegiare siti che, è stato spiegato, “hanno una priorità maggiore nel calendario della Sovrintendenza” Questo non è ovviamente passato inosservato agli attivisti del Comitato di difesa del Territorio Colli Prenestini e Castelli Romani, da sempre impegnati nella difesa della Villa di Cesare da eventuali progetti di edilizia privata o speculativa, che alla fine della conferenza hanno voluto porre alcune domande pubblicamente ai relatori per farsi chiarire come sia possibile che i reperti ritrovati siano decontestualizzati dal luogo di ritrovamento, senza che la sovrintendenza abbia ancora fornito una chiara politica di tutela di uno dei beni archeologici più importanti della Regione Lazio che si sta rapidamente deteriorando sotto l’azione degli agenti atmosferici, come chiaramente espresso dal proprietario del terreno. Ci si aspettava dalla Sovrintendenza che rispondessero alle domande in modo pacato fornendo spiegazioni non dico esaustive ma almeno dimostrando una certa disponibilità, ma la reazione è stata un altra. Si è istantaneamente creata un atmosfera di netto contrasto, come se le domande siano scomode o fuori luogo. Le istituzioni si sono trincerate dietro un “in questo convegno si parla di altro”, come se sperassero di ascoltare solo domande a cui avevano piacere di rispondere, ma questo purtroppo non è detto debba accadere necessariamente. Gli attivisti del Comitato gli hanno fatto notare che manca informazione sui siti archeologici e che lo spogliarli dei ritrovamenti possa creare una disaffezione della popolazione verso quelle che dovrebbero essere le ricchezze del territorio. La risposta che però effettivamente ci è sembrata più assurda è quella resa dalla Dott.ssa Calandra, Sovrintendente per i Beni Archeologici del Lazio. Quando un cittadino gli ha fatto notare di aspettare ancora delle risposte alle richieste fatte alla Sovrintendenza, gli è stato risposto che l’unico mezzo con cui i cittadini possono avere notizie dalle istituzioni è quello di chiedere accesso agli atti, avvalendosi della legge 241 del 1990. Un modo, a nostro parere, molto particolare di interpretare il concetto di trasparenza, come se fosse facile capire per un

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cittadino a quali atti bisogna accedere, vivendo nella speranza che, una volta capito cosa chiedere, poi gli venga risposto, visto che è facile notare una certa ritrosia da parte di alcune istituzioni a fornire risposte a chi fa domande. A questo punto voglio parlare con Ivano Bruno, attivista del Comitato in questione per farmi spiegare quali sono le loro perplessità sul progetto, oltre che per sapere quali sono stati gli esiti della seconda parte della conferenza dei servizi. CA: Ciao Ivano, tu sai che sto raccontando quello che accade intorno alla Villa di Giulio Cesare a San Cesareo, come è andata ieri la conferenza dei servizi? IB: La conferenza di ieri dovrebbe essere andata deserta. Uso il condizionale in quanto non è chiaro esattamente come sono andate le cose. Verso le 11 e 30 di ieri, siamo stati convocati alla Regione Lazio da un Funzionario non molto informato sul perché della nostra presenza che ci ha fatto una serie di domande prima di spiegarci che la conferenza dei servizi era stata sospesa per mancanza dei partecipanti. Le domande sono valse a spiegare bene la nostra opposizione al progetto in questione e ci hanno dato la possibilità di chiedere al Funzionario stesso se sul progetto della Parrocchia San Giuseppe fosse mai stata fatta una richiesta di VAS, ovvero Valutazione Ambientale Strategica. Il Funzionario ci conferma che tale richiesta non è stata mai fatta. CA: ma perchè sembra esserci una certa fretta nella realizzazione del progetto, facendo domande alle parti ho percepito una certa voglia di concludere rapidamente o sbaglio? IB: La Conferenza Episcopale Italiana ha un grosso interesse perché la chiesa venga edificata, anche per il fatto che i finanziamenti in questione stanno per scadere e quindi i tempi stringono. Secondo la Curia, bisogna fare di tutto affinché il progetto sia approvato nel più breve tempo possibile. Quando parliamo di progetto parliamo della chiesa, ovvero della parrocchia San Giuseppe. Progetto estrapolato come edificazione di pubblica utilità dal secondo piano integrato. É da notare come il primo piano integrato del progetto non


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prevedesse l’esistenza della chiesa, ma solo della lottizzazione edilizia privata a scopo abitativo e che la chiesa compare solo nel secondo piano integrato, nato dopo i ritrovamenti di reperti archeologici sul luogo, la Villa di Cesare e la Necropoli contigua. Ritrovamenti importantissimi. In particolare la necropoli aspetta di essere scavata nel suo intero per poter fare uno studio antropologico. Questo ritarda di molto i tempi e questo fatto sta creando molto nervosismo. La Diocesi si Palestrina intanto consiglia al Sindaco di San Cesareo di non perdere il finanziamento in arrivo perché non si potrà accedere ad altri finanziamenti se non prima del 2017. CA: Ma quindi questa accelerazione, necessaria per avere accesso al finanziamento, porta all’estrapolazione del progetto chiesa dal piano integrato? IB: Esatto. Le spinte della diocesi di Palestrina portano infatti il Comune ad estrapolare il progetto della Chiesa dal piano integrato. In modo da superare più velocemente i vincoli e cercare la luce alla fine di questo lungo labirinto. CA: Quali sono quindi le posizioni dei veri enti deputati a decidere sulla fattibilità del progetto, in mancanza di una conferenza dei servizi quindi non è dato saperlo?

IB: Allora per quanto ci risulta, la documentazione necessaria ai funzionari dei vari enti è arrivata in modo incompleto o addirittura non è arrivata nei tempi. Questo a costretto molti a non potersi esprimere. Si sono espressi favorevolmente la Sovrintendenza Archeologica ma probabilmente si esprimerà negativamente il settore dedicato alla Paesaggistica, come ci ha accennato un funzionario. Si aspetta ora il parere della Direzione Generale del Lazio del Ministero Beni Culturali, ma ci sono molti presupposti per cui possa essere negativo, visto il parere espresso dal settore paesaggistico. CA: Veniamo alle richieste del Comitato. Voi cosa chiedete, perché siete contrari al progetto, quali sono le debolezze che riscontrate IB: Intanto la prima cosa che chiediamo è che prima di fare qualsiasi progetto, ed in particolare quello di cui stiamo parlando, gli enti a tutela del patrimonio nazionale chiariscano come effettivamente intendo salvaguardare i beni ritrovati e come saranno resi fruibili al pubblico. Inoltre, chiediamo che siano portati a compimento gli scavi oggi esistenti e che venga scavata tutta l’area della Via Labicana in quanto potrebbe dare alla luce nuovi ritrovamenti altrettanto importanti.

Vedi, la Chiesa dovrebbe sorgere a due passi dalla Labicana, dalla Necropoli di Colle noci e dalla Villa che fu di Cesare, questo significa su un area che, se ben gestita, potrebbe diventare un grande parco archeologico, a pochi metri dal casello autostradale che attirerebbe turisti dalla Capitale e non solo. Un parco che si andrebbe a collegare con Tivoli piuttosto che con la Via Francigena, con Ponte Lupo, con gli acquedotti di Gallicano e così via, senza considerare tutto ciò che in passato potrebbe essere stato trattato con noncuranza e che oggi farebbe parte di questo patrimonio. Un modo di creare vero indotto alla zona molto più di edificazione e ulteriore consumo di suolo. La potenzialità che abbiamo sul territorio dal punto di vista turistico è enorme, manca solo la voglia di puntare su questo. Si sceglie ancora di andare in direzione inversa rispetto a quello di cui necessitano cittadini e attività produttive. Questione inoltre fondamentale è che non si continui a delocalizzare i beni ritrovati celando alla maggior parte del pubblico l’effettiva collocazione geografica di questi ritrovamenti che vengono invece presentati e portati altrove, causando una graduale perdita di interesse su quell’area, ma vengano valorizzati e resi fruibili in loco.

Ne Parliamo con:

Alessandro Betori

funzionario della soprintendenza archeologica del lazio AB: il PIN (ovvero la Lottizzazione edilizia collegata alla costruzione della chiesa n.d.r.) Sono due cose indipendenti. Questa conferenza dei servizi vuole valutare l’idoneità del progetto della Chiesa e non di tutto il resto io posso dire solo questo. Dario Pasqualini, consigliere Comunale di opposizione al Comune di San Cesareo per il Movimento 5 stelle specifica che risulta che anche l’edificazione delle palazzine rientra nel piano integrato. AB: Non è un opera compensativa, quello che si è chiarito è che non vale il principio “Simul Stabunt, Simul Cadent” ovvero non c’è un interdipendenza per cui se non si fa la parrocchia non si fanno nemmeno le palazzine o viceversa. Questa è l’unica cosa che posso dire, io non posso rilasciare interviste ma credo che una risposta della mano pubblica a questo problema della Villa di Massenzio ci debba essere e noi come Sovrintendenza siamo l’ente deputato a farlo ed è nostro dovere CA: é prevista un area a tutela per garantire possibili scavi futuri intorno alla Villa? AB: la Villa è stata scavata e le indagini sono state approfondite, non si può escludere che dalla parte dell’antica via Labicana non ci possano essere nuovi ritrovamenti. Ulteriori sondaggi verranno poi effettuati se la Chiesa si dovesse fare CA: Il Paesaggistico ha dato il suo parere? AB: Quella è una competenza in parte nostra ed in parte della Sovrintendenza Beni Architettonici, Per il momento non si sono ancora espressi, ma il loro come il nostro parere dovranno poi essere riassunti in un parere generale da Parte della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Ministero.

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GP

BRUTTO di Ponte Lucano

L

a lottizzazione in zona che ha il percorso più avventuroso è quella che da ormai tanti anni si sta tentando di realizzare a Tivoli ed in particolare nella zona di Ponte Lucano. La lottizzazione Nathan. Dovrebbe sorgere a due passi da Villa Adriana, patrimonio UNESCO. Patrimonio che nel corso degli anni abbiamo rischiato di vederci portare via per due motivi. La discarica Polverini/Pecoraro, che voleva colmare una cava nei pressi della Villa Imperiale con i rifiuti provenienti dalla Capitale e successivamente da questa scelta di edificare diverse migliaia di metri cubi di abitazioni private a ridosso di Villa Adriana nonostante nel 1991 il Ministero dei Beni Culturali abbia riconosciuto un vincolo diretto e indiretto su tutta l’area archeologica. Scelta questa tra l’altro appoggiata dalle precedenti amministrazioni, ma che oggi grazie allo stop posto dal Mibact e dall’attuale giunta pare sia in un momento di stallo, in attesa che i vari tribunali si esprimano sui ricorsi presentati. Per ripercorrere i passi della vicenda ci siamo fatti aiutare da Luciano Meloni VicePresidente di Italia Nostra Tivoli.

S

iamo ancora nel lontano 1974 quando il PRG viene varato. In una Tivoli in pieno boom di espansione industriale nasce l’esigenza di edificare nuove abitazioni per soddisfare le esigenze abitative di una Tivoli che vedeva nell’industria e nel terziario il suo futuro. Da qui la necessità di realizzare unità abitative non residenziali ma ad alta densità, parliamo di 4/5 piani, certo non parliamo di palazzoni, ma comunque di un edilizia di un impatto comunque abbastanza importante. Il progetto in questione, sin dall’inizio, ha vita difficile. Dopo le prime approvazioni e i vari nulla osta rilasciati, già dai primi anni ‘90 vengono sospese autorizzazioni e lavori, poi i vincoli archeologici, la pioggia di ricorsi ed infine nel 1999, la commissione UNESCO per il Patrimonio Mondiale riunita a Marrakesh, in Marocco, dichiara tutta l’area della Villa di Adriano come patrimonio mondiale UNESCO ed estende il patrimonio anche alla zona

di rispetto della Villa, sulla quale dovrebbe sorgere proprio la lottizzazione Nathan. É facile comprendere che le aziende edilizie intorno alla lottizzazione in questione si alternano fino a quando a rilevare tutto è la IMPREME S.p.A. di proprietà di Mezzaroma, noto costruttore romano, che rileva tutta l’area in attesa di concludere l’opera. Tra vincoli, scavi realizzati per le opere di urbanizzazione che portano alla luce reperti archeologici e quant’altro, sembrava tutto fermo ma a sorpresa, nel 2002, l’amministrazione di allora, guidata dal Sindaco Vincenzi decide di far ripartire il progetto nonostante ancora non sia chiaro l’esito dei ricorsi. Sta di fatto che modificando il progetto la società IMPREME nel 2008 riesce a portare in consiglio comunale la lottizzazione che viene a questo punto approvata come “comprensorio di Ponte Lucano”. Che vedrà la definitiva approvazione nel 2011. Un approvazione che attraversa la politica in modo trasversale, visto che trova facilmente l’appoggio sia di amministrazioni di centrodestra che di centrosinistra, ma si sa, gli oneri di urbanizzazione, garantiti


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dalle leggi Bucalossi e Bassanini, sono troppo ghiotte per i Comuni che hanno a che fare quotidianamente con il patto di stabilità e le esigenze di fare cassa purtroppo sono tante. 120.000 metri cubi di palazzine e palazzoni dovrebbero sorgere a questo punto a ridosso di una della aree archeologiche più importanti dell’Italia Centrale. Questo però non piace a Italia Nostra ed al WWF che fanno ricorso al TAR del Lazio contro la delibera comunale di approvazione. Successivamente arriva il parere favorevole della Direzione Generale per i beni culturali e paesaggistici, ma a maggio del 2014 arriva il parere definitivo e tombale del Ministero dei Beni Culturali, che boccia completamente il progetto Nathan. Secondo il Ministero, il piano di lottizzazione per il comprensorio di Ponte Lucano avrebbe un forte impatto negativo sui vari aspetti del patrimonio all’interno del sito proclamato patrimonio mondiale dell’umanità e sul suo rapporto con il paesaggio che lo circonda, sull’area di rispetto e su altri valori culturali. Lo stesso Ministro Franceschini si esprime in tal proposito riconoscendo gli effetti negativi sul patrimonio rilevati dall’UNESCO in caso venga portata a termine la lottizzazione in oggetto. Ora la parola passa ai tribunali, è lotta di toghe. L’attuale giunta ha preso una chiara posizione di distanza

dalla lottizzazione. Il Sindaco Proietti ha chiesto alla Regione di approfondire alcuni passaggi dell’iter attuativo ed in particolare quelli relativi alle autorizzazioni in ambito paesaggistico che proprio non convincono l’amministrazione. Ma i problemi relativi alla lottizzazione Nathan non si fermano ai soli problemi archeologici e paesaggistici, ci sono anche una serie di problemi “idraulici” che non possono essere sottovalutati. Parte dell’area destinata all’edificazione di quello che dovrebbe diventare il “comprensorio di Ponte Lucano”, nasce in una zona soggetta ad esondazioni. Fa notare il Sindaco in una sua nota che: “esiste una complessa situazione di drenaggio urbano della zona di Ponte Lucano”. Per cercare di ignorare ed aggirare i vincoli a costruire ed in particolare il vincolo R4 di zona soggetta ad esondazioni, allo scopo di permettere l’edificazione in questione negli scorsi anni è stato edificato quello che potremmo definire “il muro della vergogna”. Un muro di cemento che umilia e nasconde uno dei più importanti monumenti della città di Tivoli al solo scopo di permettere che la lottizzazione possa avere i permessi necessari, senza però nessun beneficio per la situazione idraulica della zona, che ancora vive seri problemi. Il monumento di cui parliamo è il Sepolcro dei Palutii oltre che lo stesso

Ponte Lucano. Dire che questo sia un luogo storico è dire poco. Edificato nel primo secolo dopo Cristo, è il simbolo stesso della città di Tivoli ed è rappresentato su almeno 300 quadri sparsi nelle collezioni d’arte di tutto il mondo. Su Ponte Lucano, nel 1155 L’imperatore Federico I detto il Barbarossa incontrò Papa Adriano IV. In questa occasione gli abitanti offrirono le chiavi della città all’imperatore che per riconoscenza concesse alla città di Tivoli di fregiare il proprio stemma con l’aquila del Barbarossa. Al muro è collegato uno strabiliante sistema di idrovore che ha l’aspetto di una macchina che consuma molto ma fa poca strada. Dovrebbe risolvere il problema delle esondazioni lungo la Via Maremmana in caso di pioggia, ma pare che i risultati siano deludenti. Per permettere quindi di edificare palazzine basate sulle esigenze abitative di 40 anni fa, mortifichiamo un monumento che potrebbe essere un punto di interesse internazionale al centro di un percorso turistico di zona che potrebbe creare indotto e una sana economia della città di Tivoli e dei paesi limitrofi. Oggi la IMPREME S.p.A. È in lotta aperta con l’amministrazione e paventa richieste risarcitorie contro gli atti giudicati “eversivi” presentati dal Sindaco Proietti. Staremo a vedere i successivi sviluppi.

lo strabiliante sistema di idrovore che scavalca il muro di cemento edificato lungo la via maremmana allo scopo di togliere il vincolo r4 di zona soggetta ad esondazione all’area dove dovrebbe sorgere la lottizzazione “nathancomprensorio ponte lucano”


GP

Lavori in Corso Il Passato è adesso!

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el mese di novembre del 2006, con una delibera del Consiglio Comunale di Gallicano nel Lazio, si ufficializza definitivamente un progetto che determina l’esigenza del Comune di dotarsi di unità abitative realizzate in edilizia economica e popolare (ex legge 167/62) allo scopo di poter ospitare i futuri cittadini come suggerito dal naturale incremento demografico della zona. Si parte quindi a progettare come accogliere 500 nuovi abitanti. Viene scelta l’aera delle “Colonnelle” e inizia l’iter per valutarne cubatura e infrastrutture. In questi giorni l’opposizione, con una relazione presentata al Comune, riscontra diverse incongruità e ce le ha volute raccontare. Le risposte all’Opposizione da parte della Amministrazione dovrebbe arrivare entro fine mese e le aspettiamo con interesse. Quella delle Colonnelle non è una zona nuova a progetti di edificazione, purtroppo non tutti andati come dovevano andare. Cerchiamo ora di capire se le strutture abitative previste sono realmente quelle necessarie e se ci sono garanzie che i lavori previsti siano supportati da reali infrastrutture e che non siamo costretti a veder sorgere nuovi quartieri dormitorio

sopra: alcuni rendering delle future abitazioni come appaiono sul sito della progedil 90, la societa’ che sta commercializzando gli immobili. www.progedil90.it


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utto partì nel lontano 2001, quando la precedente amministrazione del Comune di Gallicano nel Lazio inizia a parlare di un Piano di Edilizia Economica e Popolare. Fa le sue valutazioni sull’incremento demografico e determina che ha necessità, viste le previsioni di flusso, di accogliere almeno 500 nuovi cittadini. L’approvazione definitiva al PEEP (Piano di Edilizia Economica e Popolare), arriva in Consiglio Comunale nel novembre del 2006, basandosi sulle previsioni di incremento demografico fatte nel decennio precedente, ovvero 2001-2011. Da qui l’esigenza di dare casa ai nuovi 500 Gallicanesi. Viene scelta l’area edificabile, si determina la superficie di suolo disponibile ed espropriabile e si determina la cubatura edificabile. Si parla di circa 41.000 metri quadrati di superficie di terreno sul quale costruire case, alloggi e infrastrutture per un totale di circa 41.000 metri cubi di ingombro. Secondo la norma prevista dovrebbero poter ospitare circa 413 abitanti.

Successivamente però con una variante al piano regolatore, si passa dai 41.000 mc iniziali ai successivi 51.000 mc, dove poter insediare 512 nuovi abitanti. Viene fatta successivamente una modifica al ribasso della cubatura edilizia, anche se di poco, in ottemperanza ad alcune osservazioni, ma essendo cambiata nel frattempo l’indice che indica la cubatura degli immobili rispetto al loro ingombro in metri quadri, la cubatura lievita fino a prevedere 62.000 mc di nuove edificazioni. Per farvela breve, vi diciamo che alla fine la cubatura destinata al PEEP “Colonnelle” arriva prima a 65.000 mc per poi tornare a 62.500, senza riuscire a capirne il motivo. Alla fine ci attestiamo sui 62.500 mc reputati necessari, “in virtù di presunte necessità abitative”. Questa cubatura secondo le leggi attuali dovrebbe poter ospitare 625 inquilini. Parte dell’edificazione destinata ad unità abitative e parte a zona commerciale e di servizi. Parliamo quindi di circa 50.000 mc destinati ad abitazioni e 12.500 destinati ai servizi. Per magia però nel PEEP in oggetto, ci troviamo invece 781 abitanti insediabili!

Calcolati quindi su tutta la cubatura disponibile. In parole povere hanno fatto i conti come se tutta la cubatura da realizzare sia destinata ad area abitativa. Dove sono finite le aree destinate alle infrastrutture e alle aree commerciali? Vanno ancora sommate ai 62.500 previsti? Probabilmente ci sarà un errore e aspettiamo che le amministrazioni lo correggano. Valutiamo a questo punto anche altri aspetti che ci lasciano un po perplessi rispetto al progetto. Sarà che noi siamo romantici ma avremmo preferito cercare di costruire il meno possibile e sfruttare al massimo le cubature già esistenti. Le esigenze abitative del Comune di Gallicano, furono stabilite in base alle previsioni di incremento demografico del decennio in cui si iniziò a parlare di questo progetto. 2001-2011. Avendolo poi definitivamente varato in Consiglio Comunale nel 2006, ci fa notare il Consigliere all’opposizione Mario Galli, “sarebbe stato opportuno prevedere che venissero prese in esame le previsioni del decennio successivo, quindi il decennio 2006-2016, nel quale vediamo

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GP un notevole calo degli afflussi verso questa zona”. Quindi si rischia che la necessità di alloggi che ci si prospettava anni fa, oggi sia solo un illusione. Non rimarranno invece un illusione un bel gruppo di caseggiati di 60.000 mc di ingombro su un crinale in mezzo al verde. Sempre parlando con il Consigliere Galli ci fa notare che, “dal 2006 ad oggi, sono molte le abitazioni, le villette, o i terreni sfitti o invenduti nella zona, e non solo, a causa della grande crisi che strozza il mercato immobiliare”. Il Comune, acquisendo queste ricchezze avrebbe potuto far fronte a parte delle necessità abitative e valutare quindi di dover edificare di meno ed in modo più sostenibile. Se per esempio parte della popolazione futura di Gallicano fosse possibile alloggiarla in edilizia già costruita, sarebbe forse possibile edificare meno ed edificare meglio ed evitare di realizzare grandi palazzi che hanno bisogno di grandi infrastrutture. L’impatto ambientale sarebbe ridotto al minimo e sarebbe rispettato il principio che il consumo di suolo non è la strada giusta per far ripartire l’economia stanca e sonnolenta dei Monti Prenestini. Veniamo ora all’area destinata alla lottizzazione. L’area dove sorge il PEEP, la località Colonnelle, è una zona nuova del paese che ha già visto nel corso degli ultimi anni varie opere di edificazione, non tutte andate realmente a finire come ci si aspettava. Alcune delle abitazioni che sorgono in quell’area, edificate tra il 2007 e il 2009, ancora non hanno l’agibilità, con tutti i problemi che ne possono derivare, in quanto non sono state portate a termine le opere di urbanizzazione previste in progetto. Forse, ci viene da pensare, risultano addirittura ancora inserite in un area di cantiere. Inoltre l’intera area non è stata ancora presa in carico dal Comune e di conseguenza non esiste un piano di toponomastica. In poche parole le strade hanno nomi di fantasia assegnati dai residenti. Provate ad aspettare un corriere e ne scoprirete i vantaggi. L’area destinata ad accogliere i caseggiati di edilizia economica

previsti dal PEEP di cui vi stiamo raccontando, sorge lungo Via delle Colonnelle. Al momento questa strada si presenta come una piccola e bella stradina alberata, con ville, villette e terreni da un lato e dall’altro, larga poco più di due metri, che va percorsa in alcuni tratti a senso unico alternato vista l’esiguità della carreggiata. Se due macchine si incrociano, in alcuni punti, una delle due deve cedere il passo e fare retromarcia. Possiamo immaginare le dispute che si possono generare se 600/700 residenti, valutando le condizioni logistiche attuali, sono costretti a prendere la propria automobile per recarsi al lavoro o per altri motivi e si riversano sull’arteria in questione. Quali siano e quando verranno realizzate le opere di urbanizzazione previste in zona per ora non è dato saperlo di preciso. Ci spiega la Consigliera Lucia D’Offizi, “per un corretto, armonioso e funzionale sviluppo del territorio, le opere di urbanizzazione e le infrastrutture destinate ai servizi sarebbero dovute essere essere realizzate prima dell’avvio dei lavori per la costruzione degli alloggi residenziali destinati ad edilizia economica e popolare, anche in considerazione del fatto che la stessa zona della Colonelle risulta già densamente edificata ed abitata e molti cittadini di quella zona lamentano la carenza di servizi”. Un aiuto in questo viene da una legge dello scorso anno che costringe i Comuni a destinare i fondi che provengono dalle concessioni edilizie alle opere infrastrutturali e non per questioni di liquidità di cassa, abitudine che avevano alcuni Comuni per finanziarsi in tempi di crisi concedendo terreni ai costruttori in modo da vedersi riconosciuti gli oneri relativi alle spese di urbanizzazione, che poi avrebbero utilizzato come fondi di liquidità. Un eccezionale incentivo al consumo di suolo. Una sorta di bancomat che erogava denaro se gli indicavi il terreno da destinare al prossimo costruttore. Più che una macchina mangia soldi la potremmo chiamare una macchina mangia terra.

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bbiamo visto quali sono i progetti che prevedono consumo di suolo sul nostro territorio, anche se ovviamente non sono gli unici.

Andiamo ora a vedere come le Amministrazioni locali rispondono se interrogati su questo tema. Abbiamo intervistato il Sindaco di Gallicano nel Lazio, che trova vantaggioso un certo modello di sviluppo e il Sindaco di Tivoli che sembra puntare su un altro modo di interpretare la crescita di un territorio. E vediamo inoltre anche delle proposte alternative.

immagine tratta dal rapporto annuale dell’ISPRA sul consumo di suolo

Esistono tanti altri progetti e tante altre realtà . Abbiamo voluto prendere ad esempio i progetti presentati in quanto ci sembrano piu’ macroscopici ed esplicativi del problema.


Claudio Auriemma

Un Altro modello di Sviluppo è possibile? PARE DI NO. IL CEMENTO è L’UNICA RISORSA

FOTO DI MANUEL MARRAFFA

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ONO MOLTI QUELLI CHE CHIEDONO DI RIVEDERE I PIANI DI SVILUPPO DAL SAPORE “VINTAGE” CHE PUNTANO SUL CEMENTO, SULL’ENERGIA INUTILE, SUL CONSUMO DEL SUOLO E CHE VENGONO PROPOSTi DALLE AMMINISTRAZIONI DELL’AREA PRENESTINA CON LA SCUSA DI DOVER FAR CASSA. IL GALLO PARLANTE HA VOLUTO INCONTRARE IL SINDACO DI GALLICANO NEL LAZIO MARCELLO ACCORDINO E CHIEDERGLI COSA SECONDO LUI è NECESSARIO FARE PER SVILUPPARE L’AREA DA LUI AMMINISTRATA, VISTO CHE PROPRIO NEL COMUNE DI GALLICANO SONO PREVISTI UNA SERIE DI PROGETTI A DIR POCO IMPATTANTI, IL CIMITERO COMPRENSORIALE DI 60 ETTARI, LA CENTRALE A BIOGAS, IL PIANO DEGLI INSEDIAMENTI PRODUTTIVI, LA BRETELLA cisterna - VALMONTONE.

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Risposte Della Politica

V

enerdì 30 maggio, il Comune di Gallicano nel Lazio ha organizzato una conferenza dedicata alla comunicazione della Via Francigena. Quell’importante corridoio percorso da Pellegrini, mercanti e soldati che dalla Francia arrivava a Brindisi, dove imbarcarsi per la terra Santa. Una via creata in epoca romana, diversi secoli prima di Cristo, ed utilizzata fino al tardo medioevo. Tra i vari percorsi della Francigena, uno dei più importanti, passa proprio nell’area dei Monti Prenestini, ed in particolare interessa il Comune di Gallicano. In questa zona, la strada era addirittura più larga perché molto frequentata. Iniziativa assolutamente lodevole, interessante e che ha visto la partecipazione di relatori altamente qualificati. Affascinanti tutti gli interventi al punto da risvegliare e sottolineare alcune incongruenze sul sistema sviluppo-paese. Ascoltando i relatori, si percepisce chiaramente che chi abita in questa zona e chi la amministra è seduto su un immenso patrimonio. Archeologico, Artistico, Storico, Culturale, Paesaggistico e Turistico. Niente di più facile avere l’idea di doverlo sviluppare con progetti che ne sottolineino la propria natura intrinseca. In tutto il Mondo quando si hanno a disposizione tali ricchezze, vengono sfruttate. La cronaca degli ultimi anni ci insegna che le aziende produttive, le fabbriche, le acciaierie possono essere delocalizzate in zone del mondo più competitive per costi della mano d’opera o per condizioni fiscali più agevoli. Il patrimonio storico e paesaggistico non si può delocalizzare. Il Colosseo è lì e lì resterà. Villa Adriana continuerà per sempre a guardare Tivoli e l’antico basolato della Francigena potrebbe rivivere, guidando e suggerendo ai nuovi viaggiatori di creare indotto presso le attività

produttive locali: ristoranti, bed&breakfast, aree pic-nic, Musei, Luoghi d’arte e quant’altro. Le Amministrazioni però sembrano non cogliere questa opportunità. Il modello di sviluppo proposto ai cittadini è sempre lo stesso. Cemento, industria, capannoni, autostrade e addirittura cimiteri. Un modello vecchio di sviluppo che alcuni Comuni in Italia hanno abbandonato, per non parlare di quello che fanno all’estero, ma che da noi sembra invece vada ancora molto di moda. Possiamo chiamarla un Amministrazione “Vintage”. É stata scelta una area ben precisa, la tenuta agroalimentare di Passerano, e su questa si vogliono far gravare tutti i progetti “produttivi” vecchio stile, che possano far cassa. Far cassa per i cittadini? Viene da chiederselo. A chi serve la centrale Biogas, il cui progetto oggi pare sia messo in discussione. A chi serve il Cimitero di 120.000 loculi? Autorizzato solo in parte da una recente delibera. A chi serve una schiera di capannoni probabilmente sfitti a causa della tremenda crisi che sta investendo un paese (Italia) estremamente competitivo all’estero ma che ha una regressione generale nella domanda di acquisto interna (dati Banca d’Italia n.d.r). A chi serve un autostrada a pedaggio che continua a girare intorno alla Capitale, senza dare la possibilità a chi ne ha bisogno di raggiungerla e che devasterebbe il territorio scavando in area archeologica, tagliando vigneti ed altre oscenità. In altre parti del mondo se fai delle proposte del genere probabilmente chiamano la neuro, in Italia invece se ne discute. Il Gallo Parlante, cogliendo queste incongruenze tra sviluppo industriale e sviluppo culturale, ha voluto, al latere della conferenza, incontrare il Sindaco di Gallicano nel Lazio Prof. Marcello Accordino e fargli alcune domande per capire e divulgare quale

IL SINDACO DI GALLICANO NEL LAZIO prof. MARCELLO ACCORDINO IN BASSO IL BASOLATO DELL’ANTICA VIA FRANCIGENA A PAGINA 6 A SINISTRA UN RENDERING DEL CIMITERO COMPRENSORIALE DELLA DIMENSIONE DI 60 ETTARI CHE DOVREBBE SORGERE A PASSERANO E A DESTRA IL PROGETTO DELL CENTRALE A BIOGAS. LA SUA NASCITA, OGGI SEMBRA ESSERE MESSA IN DISCUSSIONE


GP sia il modello di sviluppo di un territorio che lui ha in mente. Come sia possibile rendere compatibile lo sviluppo turistico con cimiteri, centrali o capannoni. Di seguito il testo dell’intervista. GP: Siamo con il Sindaco di Gallicano nel Lazio Dott. Marcello Accordino. Il Gallo Parlante collabora inoltre con Memo Grandi Magazzini Culturali una testata nazionale dedicata alla cultura, per realizzare un lungo reportage sulle vie Francigene. Ci è stato chiesto di seguire da vicino questo tratto della via Francigena del Sud, per vicinanza territoriale e perché abbiamo sollevato alcune criticità che ci sembra importante sottolineare. MA: conosco molto bene il progetto, seguito dall’ On. Silvia Costa che oltre che inaugurare il breve tratto di Ponte Amato, che visiteremo nel pomeriggio, ci ha dato appoggio nella serie di iniziative che abbiamo messo in atto in passato. Abbiamo anche organizzato incontri con Il presidente delle Vie Francigene che era l’allora Sindaco di Rimini. Sulla Via Francigena ci lavoriamo da circa 8 anni, finalmente qualche finanziamento è arrivato ed è ora che noi Comuni ci diamo da fare. GP: Noi apprezziamo molto l’impegno e troviamo importantissima la difesa di un territorio così importante, ma come Gallo Parlante non possiamo non dare una lettura critica e non possiamo fare a meno di notare che ci sono alcune incongruenze tra il modello di sviluppo proposto in occasioni come questa, in cui viene valorizzata la storia e il territorio, e i progetti di cementificazione industriale o edilizia che gravano sulla stessa area. Ho Parlato con il Prof. Zaccaria Mari, archeologo, uno dei relatori di questa conferenza, e mi ha spiegato che la Via Francigena passa anche in quel tratto di territorio oggetto dei tanti progetti industriali, cimiteriali o cementizi, che Lei ha autorizzato con una delibera Comunale il 30 di Aprile di quest’anno. Non le sembra incongruente? MA: Attenzione bisogna fare chiarezza, la Via Francigena in realtà, il tratto che abbiamo restaurato e sui cui abbiamo investito dei fondi in realtà corre dall’altra parte della Prenestina rispetto ai luoghi interessati dai vari progetti. Venendo da Roma, la via Francigena corre sul lato destro GP : ma non le sembra in incongruenza proporre un modello di sviluppo turistico ed archeologico di una zona e nello stesso tempo destinarla a sfruttamento industriale o cementizio?

MA: No, non è un incongruenza, perché al di là di quello che voi continuate a scrivere e a me dispiace, anche se colgo lo stimolo alla discussione. L’Amministrazione è stata sempre aperta al dialogo abbiamo fatto due consigli Comunali aperti e non c’è stata tutta questa partecipazione di tecnici che era stata paventata anche perché secondo me crescere è un fatto importante. Io le potrei ripetere quello che ha detto il Prof. Gui all’inizio della conferenza: è importante tutelare i beni ma per farlo bisogna avere anche i soldi. Noi in quella zona abbiamo tre progetti, il primo partì nel 2006, ovvero il Piano degli insediamenti produttivi iniziato con le precedenti amministrazioni, sono ad oggi stati fatti tutti i sondaggi archeologici ed è ad oggi al suo iter conclusivo. Poi c’è questo problema dell’impianto di compostaggio. GP:adesso lei parla di impianto di compostaggio fino a tempo fa parlava di biogas MA: da sempre parlo di Compostaggio, si vada a leggere il mio programma elettorale GP: abbiamo letto il progetto e parla di un impianto di produzione di energia elettrica da biogas MA: Io, non per prendere le distanze dalla precedente amministrazione, della quale ero vicesindaco, quindi ho condiviso tutte le scelte, appoggiai un progetto di compostaggio ad altissima qualità. L’impianto era legato ad una serie di incentivi basati sulla tecnica dell’impianto e ad un certo tipo di progettazione dello stesso. Nel corso degli anni questo sistema è variato, oggi il regime degli incentivi è diverso. Non lo dico adesso dopo tutte queste polemiche, i consigli comunali, Valle martella che politicamente vuole cavalcare l’onda, Nel tempo si è variato il progetto e la sua compatibilità. Durante la riunione che abbiamo tenuto in Regione Lazio, L’assessore Civita ha detto che il Biogas è caduto come incentivi e oggi è il caso di rivedere il progetto pensando ad altro che può essere Biometano o compostaggio aerobico od altro, tra l’altro io non ho capito bene da dove vengono tutte quelle cose che sono state scritte, anche sul suo giornale, io non lo seguo, mi è arrivato qualcosa. Ma l’impatto sull’ambiente io lo conosco bene, sono medico, vivo qua a Gallicano con due figlie. La bassa politica porta a distorcere l’informazione GP: Sindaco, la seguo, però sta uscendo fuori tema, la mia domanda era: sono compatibili i progetti che lei sponsorizza


Risposte Della Politica

con lo sviluppo turistico, agroalimentare e archeologico della zona?

non lo facciamo noi lo faranno altri, per cui perché lasciare ad altri un occasione di sfruttare questo tipo di investimento?

MA: non esco fuori tema, lei mi spieghi, c’è un modo per togliere la TERNA da quella zona? Possiamo deviare il percorso dell’autostrada in modo che non impatti in quel luogo? Oppure i piloni ENEL che attraversano l’area, allora quale è il problema?

GP: questa sarebbe la prima trance di lavori? Il progetto è stato modificato nel corso del tempo?

GP: ma perché proporre solo una cementificazione come proposta di sviluppo. Il cimitero è una proposta di sviluppo? MA: Lasci stare il cimitero poi ci arriviamo, io sto parlando del compostaggio. Un progetto al quale credo anche dal punto di vista economico, sul quel progetto sono state dette molte volgarità e informazioni inesatte. Nelle vostre assemblee non ci sono stati degli esperti. Io vi invito a visitarli questi impianti, anche se quell’impianto alla fine non si farà, a me non piace la falsa informazione che è stata diffusa sulle malattie, sul cancro e quant’altro, non supportate da alcun dato tecnico. Sono vecchi problemi che abbiamo già sconfitto a Gallicano, il Radon le antenne etc. Tra l’altro c’è una delibera provinciale che finanzia quell’impianto e gli amministratori lo sapevano, anche quelli dei Comuni limitrofi

MA: il progetto è quello originale ma non pensate che sia operativo a breve, passerà molto tempo devono essere fatti i sondaggi siamo ancora solo alla fase esplorativa. Noi abbiamo autorizzato solo il primo step, quello necessario per la pubblica utilità, quella del Comune di Gallicano il discorso è sempre lo stesso per fare le cose servono i soldi, i progetti sono sul tavolo parliamone, miglioriamoli, ma è inutile fare utopia GP: Ma l’unica cosa vi viene in mente è costruire come progetto di sviluppo? Tra l’altro quell’area non è soggetta ad una vertenza con L’Università Agraria che rivendica gli usi civici su quella zona?

LE POTREI DIRE QUELLO CHE HA DETTO IL PROF. GUI E’ IMPORTANTE VALORIZZARE I BENI MA PER FARLO SERVONO I SOLDI

MA: Non sono 120.000 loculi, abbiamo autorizzato 35.000 loculi. Purtroppo tanti anni fa hanno diviso il nostro territorio con l’autostrada. Roma ha l’esigenza di realizzare un cimitero nell’ottica della città metropolitana, questo ovviamente è discutibile e ne parleremo, il problema è se far gestire il territorio a Roma oppure gestirlo noi come Comune in collaborazione con la cittadinanza. Roma è sempre andata in deroga a qualsiasi vincolo ambientale per realizzare l’autostrada, la TAV, la Terna e quant’altro. Noi il territorio lo vogliamo gestire in proprio. L’idea del Cimitero nasce da un esigenza, il cimitero comunale è ormai saturo, l’esigenza locale è alla base della delibera del 30 di aprile. Certo quello è un primo step, ma siamo ancora molto lontani, è un procedimento lunghissimo. I 35.000 loculi che abbiamo autorizzato sono un esigenza del Comune di Gallicano proiettata nei prossimi 20 anni, magari ne serviranno di meno. La scelta di farlo comprensoriale è una scelta proposta dal promotore che l’ha fatta, il Comune di Gallicano non tira fuori una lira per questa operazione. Tanto se

GP:Va bene allora il discorso biogas lei afferma che è abbandonato ora state cercando alternative, al Consiglio comunale ha parlato di compostaggio aerobico comprensoriale, che possa servire una serie di comuni fino ad arrivare a circa 110.000 persone, oggi a sorpresa parla anche di biometano staremo a vedere le suo proposte, la seguiamo con attenzione. Parliamo però di quello per cui la sto intervistando, il modello di sviluppo, ha senso un cimitero così grande in un territorio che vuole sviluppare il suo turismo? 120.000 loculi sono tanti.

MA: L’università Agraria, mi dia retta, ha perso quella causa, in questa storia l’unico problema, sono i Beni Culturali. E’ stata fatta una conferenza dei servizi con la Provincia nella quale il MIBAC ha espresso parere negativo all’opera. Riconosce in quell’area un alto valore agricolo anche se in realtà è solo una piccola parte di territorio rispetto all’autostrada, alla TERNA e alla TAV, noi abbiamo quindi fatto opposizione al PTPR 4 anni fa e stia-

mo aspettando gli esiti.

GP: Per Concludere signor Sindaco Lei risponda ad una semplice domanda, non trova incompatibili i progetti da lei supportati ad uno sviluppo agroturistico, culturale, archeologico e turistico dei Monti Prenestini? Le ricordo che si sta anche cercando di creare una condotta Slow Food nella zona che tuteli i prodotti agroalimentari della zona. MA: assolutamente no lo ha spiegato anche il Prof. Gui all’inizio, per fare le cose servono anche i soldi e questi progetti sono pensati per creare risorse, a me interessano le famiglie il lavoro che continua a recedere. Vedo spesso famiglie in difficoltà ed è mio compito occuparmi di quelle GP: ma il turismo non lo considera una risorsa, in tutto il mondo è considerato come tale MA: le faccio un solo esempio, guardi il Museo di Palestrina mi dica Lei quanto turismo è in grado di generare. Anche Villa Adriana, Patrimonio UNESCO, è in crisi ma di che parliamo, uno dei posti più conosciuti al mondo. Noi siamo entrati nel discorso dell’albergo diffuso, abbiamo il percorso degli acquedotti ma abbiamo bisogno di soldi per portare a termine queste iniziative


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si può fare! questo paese è un patrimonio naturale. il nostro petrolio si chiama cultura e territorio. lo possiamo estrarre solo con il rispetto e la valorizzazione

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a Cultura non paga, La Cultura non paga. questo mantra ripetuto costantemente da chi ci amministra, invoglia le nostre istituzioni, a fare investimenti nel campo nell’industria e della cementificazione piuttosto che in ambito culturale. Alcuni cittadini si sono però stancati di questo modello di sviluppo e alle ultime elezioni amministrative, hanno scelto di eleggere a proprio Sindaco un uomo che va nella direzione opposta. Ci siamo fatti raccontare da Giuseppe Proietti, Sindaco di Tivoli, come intende coniugare entrate economiche, Cultura e salvaguardia del Territorio. di Claudio Auriemma


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iuseppe Proietti Neo Sindaco di Tivoli è un Archeologo dal Curriculum eccellente che ha diretto diversi Musei Nazionali ed è stato Soprintendente alle Antichità di Roma e Pompei, nonché Segretario Generale del Ministero dei beni culturali. Oggi è Amministratore delegato di Ales spa, società pubblica di proprietà del Ministero dei Beni Culturali che prima della sua amministrazione aveva chiuso l’ultimo bilancio con oltre 1 milione di euro di disavanzo, perdendo oltre 5 milioni nei quattro anni precedenti. Oggi, grazie alla sua amministrazione, oltre ad aver raddoppiato il numero di dipendenti, chiude il bilancio con quasi 2 milioni di euro di attivo.

D: Sindaco, lei è stato scelto dalla sua Comunità grazie al progetto di sviluppo che ha proposto. Un modello che va in una direzione ormai rara di fare politica amministrativa, lei punta sulla valorizzazione dei luoghi dal punto di vista turistico e archeologico in modo da far ripartire l’indotto. Un’idea di sviluppo che contrariamente ad altre non prevede industrializzazione, consumo di suolo e nuovi insediamenti industriali. Pensa che sia un modello percorribile? R: Senza dubbio. Non solo è un percorso percorribile ma obbligato, per diverse ragioni. Tivoli in passato era una città industrializzata, tanto che era citata anche nei libri di studio come uno dei pochissimi centri industriali del centro Italia. La ex Pirelli, le cave di travertino e le cartiere davano lavoro a migliaia di persone ed erano anche un attrattore occupazionale per le regioni vicine. Quando Tivoli era una città industriale, non si è pensato a un modello alternativo di sviluppo che puntasse anche sul turismo poiché l’economia cittadina era sufficientemente florida. Ma quando le industrie hanno iniziato il loro declino

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non c’è stato il necessario cambiamento di prospettiva. Non si è capito che c’è un’unica strada possibile: la valorizzazione dei beni monumentali, ambientali e archeologici oltreché delle tipicità tiburtine, cioè l’estrazione del travertino, l’olio e il pizzutello. D: Parlando con alcuni amministratori ci viene detto che i progetti di cementificazione servono a far soldi, senza quelli non si canta messa, quindi qualsiasi progetto di recupero deve essere soggetto ad altri progetti di natura industriale. La sua sembra sia una visione diversa. La Cultura, il Territorio, L’archeologia possono generare ricchezza? Nel caso Lei ha una sua ricetta? R: Basta guardarsi intorno. Ci sono molti comuni del centro Italia, per esempio in Umbria, che fondano l’intera propria economia sul turismo e hanno molto di meno da offrire rispetto alla nostra città. Oltre alle tre Ville, Tivoli offre moltissimi altri luoghi da visitare, che possono essere molto attrattivi per i turisti e, fortunatamente per noi, non possono essere delocalizzati come le industrie. Noi abbiamo idee molto concrete da sviluppare. I nostri attrattori vanno valorizzati a livello nazionale ed internazionale e ciò va accompagnato con una offerta di manifestazioni di livello. Pensiamo a Spoleto e al suo Festival, famoso in tutto il mondo. Bisognerà lavorare molto sull’idea di città che vogliamo costruire, rendere Tivoli più vivibile per chi la abita e più accogliente per chi la visita. Partendo soprattutto dal centro storico, uno dei più vasti e interessanti del Lazio, dopo Roma. D: Parlando invece con altri amministratori mi hanno raccontato che in luoghi dove il turismo è meglio sviluppato e supportato, è fondamentale l’apporto delle associazioni che, aiutate dai Comuni, si danno da fare per organizzare eventi e occasioni. Nel suo programma prevede l’apporto del knowhow delle associazioni attive sul territorio in campo ambientale, ludico e creativo?

qui sotto e a pagina 10, IL SINDACO DI tivoli Giuseppe proietti durante l’ultima campagna elettorale per le amministrative 2014


GP R: Noi riteniamo che il ruolo delle associazioni e dei volontari che le animano sia fondamentale. Lo è in generale ma diventa ancora più importante soprattutto in questo momento nella nostra città. Non a caso abbiamo fondato il nostro modello amministrativo, che è anche un esperimento di partecipazione, proprio sul coinvolgimento diretto delle associazioni di categoria e dei comitati di quartiere. Alla prima seduta del Consiglio comunale, a pochi giorni dall’insediamento, abbiamo approvato le due deliberazioni che istituiscono le consulte delle associazioni e dei comitati di quartiere. Stiamo creando una rete per l’interscambio delle informazioni tra l’amministrazione comunale e la città, in modo che le decisioni, soprattutto quelle più importanti e decisive, siano prima di tutto condivise attraverso un percorso di informazione e di partecipazione. D: Tivoli è una delle città più importanti dell’Agro Romano pensa che le sue scelte possano influenzare quelle di altri Comuni? R: Certo. Alcuni programmi, soprattutto quelli di valorizzazione e di sviluppo turistico, devono necessariamente essere

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condivisi con i Comuni vicini. Soprattutto a livello culturale, si possono organizzare insieme delle manifestazioni e degli itinerari che possano ampliare l’offerta per i turisti, in modo da farli fermare più di un giorno. D: Tra i suoi primi interventi salta agli occhi la sua richiesta di un tavolo con l’ardis, l’Agenzia Regionale che ha costruito il muro di Ponte Lucano allo scopo di veder abbattuto quel muro e ridare dignità ad uno dei monumenti più importanti della zona, che potremmo quasi definire il simbolo del fallimento di un certo modello di sviluppo. Che interventi prevede? R: Ritengo che, al momento, ci siano buone possibilità di raggiungere l’obiettivo dell’abbattimento del muro. Non posso affermarlo con certezza poiché sono coinvolti anche altri enti, in particolare l’Ardis che lo ha costruito e soprattutto la Regione Lazio, che finanzia le attività dell’Ardis. Sono convinto che tutti comprenderanno la necessità di abbattere quell’orrendo biglietto da visita della città e di recuperare un’area di estremo pregio archeologico, restituendole anche la fruibilità turistica. Abbiamo anche ipotizzato una ipotesi alternativa che appare


Risposte realizzabile: un argine in terra rinforzata tra il fiume e il Mausoleo. Abbiamo fatto anche un sopralluogo con dei professori universitari di idraulica, i quali hanno offerto la loro collaborazione a titolo gratuito. D: Molti dei cittadini che la hanno appoggiata hanno a cuore il problema della lottizzazione Nathan, come pensa di regolarsi su questo argomento? Noi siamo estremamente convinti che quell’area debba restare così com’è: una zona verde di rispetto per l’area archeologica. La nostra posizione è chiara e faremo tutto quello che è legittimamente nelle nostre possibilità per impedire la cementificazione. I proprietari possono perseguire il loro interesse economico, laddove fosse verificato, altrove, concordando interventi di recupero con l’amministrazione comunale nell’area del quartiere medievale. D: Tivoli purtroppo è in parte una città che, nonostante i suoi due siti patrimonio UNESCO è stata nel corso degli anni violentata da una lottizzazione aggressiva che ne ha deturpato l’estetica, quali sono i suoi piani di intervento su questo tema? Lo chiedo anche perché vedo ben due architetti nella sua giunta. R: Il nostro programma è chiaro. Per quel che riguarda le costruzioni, intendiamo prima di tutto recuperare l’esistente, partendo dalle cartiere abbandonate dei

Per quanto riguarda le nuove costruzioni vogliamo prima recuperare l’esistente, senza consumare ulteriormente suolo e territorio

Della Politica

quartieri medievali ed evitando di consumare altro territorio. Abbiamo delle idee concrete anche per le altre aree della città considerate non centrali o periferiche: avviare dei piani di recupero urbanistico che consentano anche ampliamenti e premi di cubatura a condizione che gli edifici vengano riqualificati secondo le modalità indicate dal Comune. Questo permetterà un doppio obiettivo: rimettere in moto l’economia locale e rendere la città più bella e decorosa, in un’ottica turistica, senza consumare le aree destinate a verde. D: Uno dei problemi della città di Tivoli è anche la viabilità faticosa, ha progetti in merito? Prima di tutto in questa città dobbiamo tornare a far rispettare le regole e anche a non utilizzare le automobili per piccoli spostamenti. Io ritengo che con piccoli interventi, come una presenza più costante della polizia locale sul territorio e una riorganizzazione della sosta delle auto ai margini della città, Tivoli possa diventare una città più vivibile anche dal punto di vista della mobilità. Non credo, comunque, che siano necessarie opere fantasmagoriche. D: Ho visto che l’amministrazione ha avviato degli appuntamenti domenicali nei quali grazie all’apporto di alcuni volontari avete ripulito delle zone pubbliche della città come Il parco della Villetta in via Mazzini e il giardino Panattoni a Villa Adriana. C’è il rischio che siano operazioni di inizio mandato oppure sono impegni che l’amministrazione manterrà nel corso del tempo? In realtà sono i cittadini, le associazioni, i comitati che, spontaneamente, stanno dimostrando grande voglia di fare

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e di partecipare. La nostra amministrazione, evidentemente, continuerà a sostenere queste attività, ben consapevole che il volontariato, la partecipazione e il coinvolgimento delle associazioni e dei cittadini resteranno un fondamento dell’intera attività amministrativa. D: Visto che parliamo di ripulire il territorio e lei conosce benissimo il rischio Corcolle che tutti abbiamo vissuto, vorrei chiederle quale è il suo programma sui rifiuti? Senza dubbio, la raccolta differenziata. Tivoli non ha ancora il sistema porta a porta e purtroppo ora paga pesantemente, con bollette salatissime per cittadini e aziende, l’ingiustificabile mancato avvio di questo servizio negli anni passati. In ogni caso, a breve termine, dovremo far comprendere ai cittadini che fin da ora, e in attesa dell’avvio del porta a porta, devono gettare i rifiuti in forma differenziata utilizzando le apposite campane stradali. A settembre partiremo con una prima campagna di informazione in merito, poiché l’unico strumento che abbiamo ora per abbassare il costo del servizio è diminuire la quantità di rifiuti che finisce in discarica. Allo stesso tempo dobbiamo intervenire sull’efficienza dell’azienda comunale che si occupa del servizio ambientale e a breve avremo la possibilità di nominare un amministratore unico che sia effettivamente un tecnico esperto di questo settore. Infine, parallelamente a ciò, stiamo lavorando per avviare prima possibile il progetto del porta a porta, che è già finanziato. D: Per lo smaltimento della frazione umida sceglierebbe il Biogas/Biometano o il compostaggio aerobico di comunità? 71 Comuni della Provincia hanno chiesto, in data 9 aprile 2014, l’istituzione di un tavolo con la provincia stessa per veder finanziati o co-finanziati impianti di compostaggio di comunità. Quale è la sua posizione? Confesso di non conoscere la differenza tra impianti a digestione anaerobica o aerobica posso solo dire che sicuramente preferirei il tipo di impianto meno impattante ed il termine “di comunità” mi fa percepire un discorso condiviso di responsabilità che mi ispira più fiducia.


Eraclito di Efeso

Il Ritorno Della

Paglia A

ntisismiche, antincendio, belle, dagli angoli arrotondati, con una struttura in legno che gli garantisce una naturale sensazione di calore. In poche parole perfette. Sono le case in balle di paglia, nate nel lontano 1800, vivono oggi una loro seconda gioventù, al centro dell’interesse di chi vuole edificare nel rispetto dell’ambiente, in pieno confort e in sicurezza. Abbiamo chiesto a maurizio macrì e stefania mancuso di edilpaglia, qual’è l’iter necessario per mettere in piedi un progetto di questo tipo, ed intanto a Pescomaggiore in Provincia dell’Aquila, è nato un intero villaggio autocostruito in paglia. Antisismico, sociale e ben più vivibile delle squallide newtown istituzionali.

L

e prime case in balle di paglia vennero realizzate dai coloni del Nebraska nella seconda metà del 1800, dopo l’invenzione della macchina imballatrice. La scarsa reperibilità di materiali come legno e pietra indussero i costruttori del tempo a cercare una valida alternativa. Di recente, con metodi di edificazione diversi e più adatti ai nostri tempi, questi tipi di case sono stati riscoperte e valorizzate, sia per le loro qualità tecniche, sia per il superiore confort abitativo. La paglia ben compressa presenta un basso rischio di incendio; abbinata ad uno spesso strato di intonaco in materiali naturali (argilla, calce etc.), si comporterà esattamente come un muro di cemento. La paglia ha un’alta capacità di isolamento, permette di ridurre i costi di riscaldamento durante i mesi invernali e di raffrescamento in quelli estivi. La traspirazione naturale delle balle consente la circolazione dei vapori, eliminando la presenza di muffe. La paglia non è fieno, e quindi risulta anallergica. Si tratta di un sottoprodotto della raccolta dei cereali, è facilmente reperibile

e usandola al posto di altri materiali si abbattono le emissioni in atmosfera di anidride carbonica implicate nella costruzione. Non esistono parassiti della paglia, e una volta intonacata, diventa inattaccabile dai topi che vorrebbero trovarvi riparo. Dal punto di vista antisismico, test di laboratorio mostrano gli effetti pressoché nulli di un terremoto di intensità 6,7 e la resistenza dei muri anche a sollecitazioni doppie. Semplificando, possiamo dire che ci sono due modi di utilizzare le balle nella costruzione di un edificio: come parte strutturale (elementi portanti) o come elemento di chiusura degli spazi interni (elementi di tamponamento). La tecnica portante non è, di fatto, prevista dalla normativa attuale. La costruzione di un edificio con struttura portante in legno e tamponamenti in balle di paglia è di solito consentita, dipendentemente dalle legiferazioni locali. Per il resto una casa in balle di paglia è a tutti gli effetti eguale ad una casa tradizionale, fondazioni, impianti, infissi, utenze etc.. E, come un edificio tradizionale, necessita di: un terreno edificabi


Alternative Sostenibili

EdE: C’è una tecnica costruttiva ammessa in italia? MM: In Italia sono ammesse le costruzioni che prevedono l’uso della paglia come elemento di tamponamento. Quindi, realizzo la struttura portante in legno o altri materiali ammessi dalla normativa tecnica, cemento, acciaio e muratura, utilizzo questi materiali per portare i carichi, e su di essi vado a fare le verifiche: statica e sismica, e sono a posto. Alla paglia delego il ruolo di tamponamento.

le, un progetto firmato da un professionista abilitato, e competente, il permesso di costruire rilasciato dal Comune, una squadra di costruttori preparati. Edilpaglia è una delle associazioni di progettisti e costruttori del settore, si occupa di divulgazione e formazione. Abbiamo intervistato due membri del consiglio direttivo, Maurizio Macrì e Stefania Mancuso, durante il Festival Italiano della Permacultura, svoltosi a Bolsena lo scorso settembre. Quel che segue è un estratto significativo, il testo completo si trova a questo indirizzo: www.ilgalloparlante.org/documenti/edilpaglia_bolsena.htm.

EdE: potete dirci qualcosa sulla durata degli edifici? SM: La casa in paglia più longeva che conosciamo, in Europa, risale al 1921. Si trova a Montargis, vicino Parigi, attualmente è abitata, diventerà un museo. Noi l’abbiamo visitata, di recente, hanno fatto dei lavori di adeguamento dell’impiantistica, così abbiamo potuto vedere la paglia, che è gialla, integra, senza nessun problema. EdE: potete darci un’idea dei costi? SM: Diciamo che una casa in paglia, rispetto ad una di pari performance, parliamo di classe A+, costa un 10-15% in meno. Dovendosi affidare ad una ditta esterna, siamo sulle 1200-1300 €, dipende dalla tipologia costruttiva. In autocostruzione 1000 €, proprio tirando. EdE: è possibile pensare ad una forma di autocostruzione? MM:Abbiamo creato una associazione di volontariato chiamata Aria Familiare, che mette in relazione persone che si rendono disponibili ad aiutare l’autocostruttore, in cambio di vitto e alloggio; inoltre, l’ospite dovrà organizzare delle attività in modo che i volontari possano integrarsi nella comunità che ospiterà la casa. Non c’è nessuna legge che dice che si può autocostruire, e nessuno che dica che non si può fare.

L’esperienza di EVA Le immagini che illustrano questo servizio sono gentilmente concesse dal Comitato per la rinascita di Pescomaggiore. Un piccolo borgo di origini altomedioevali alle porte del Parco Nazionale del Gran Sasso – Monti della Laga, ad una decina di chilometri da L’Aquila. Il Comitato nasce già prima del terremoto, per migliorare la qualità della vita e recuperare l’abitato storico con campagne di informazione, attivando processi partecipativi ed avviando microprogetti nel campo dell’agricoltura, del turismo e della convivialità artistica. La notte del sei aprile 2009 sono scomparse buona parte delle abitazioni e del patrimonio storico-culturale del paese. I tempi lunghissimi dell’emergenza e della ricostruzione rischiano di portare all’abbandono del paese, Invece di attendere, gli aderenti al Comitato, hanno preferito rimboccarsi le maniche. Si è deciso di realizzare un villaggio autocostruito e autofinanziato per consentire a più famiglie possibili di Pescomaggiore di restare a vivere nel loro paese. Nasce il Progetto EVA

Si è deciso di realizzare, su terreni concessi in comodato a poche centinaia di metri dal paese, un villaggio di bilocali e trilocali low cost ed a minimo impatto ambientale L´energia elettrica verrà fornita da impianti fotovoltaici e il riscaldamento da una stufa a legna. Il villaggio sarà poi dotato di un impianto di fitodepurazione e di compostiere dove i rifiuti organici verranno trasformati in fertilizzante per gli orti irrigati anche grazie all’incanalamento dell’acqua piovana. Una volta completato e soddisfatto il fabbisogno locale, il villaggio sarà aperto a cittadini provenienti da altri luoghi del cratere sismico e che sono rimasti senza casa. Il costo delle abitazioni (circa 500 euro al metro quadro, un quinto di quello degli appartamenti del progetto C.A.S.E.) sarà sostenuto dalle donazioni per l’Ecovillaggio e per la parte mancante dalle tasche dei beneficiari. Per contribuire al progetto è possibile fare una donazione: IBAN: IT 87 S 057481 54041 00000008397 COMITATO PER LA RINASCITA DI PESCOMAGGIORE CAUSALE: ECOVILLAGGIO


ETERNITY

Un Amianto è per sempre PARTE LA CAMPAGNA PER LA SEGNALAZIONE DELLE DISCARICHE ABUSIVE DI AMIANTO. Ormai chiaramente riconosciuto come cancerogeno, diventa sempre più pericoloso con il passar del tempo. Gli agenti atmosferici lo polverizzano e le fibre si alzano nell’atmosfera Diventa protagonista del tuo futuro: non esitare, inviaci le foto e l’esatta ubicazione dell’amianto abbandonato nella tua zona. Partecipa alla mappatura aggiornata delle discariche abusive servirà a coordinarsi con realtà nazionali e richiedere con forza la bonifica agli organi competenti.

Manda la tua segnalazione a

comitatodifesaterritoriale@gmail.com


Fuori Contesto Due Ruote in viaggio

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Un giro intorno al Paese alla scoperta delle realtà’ che denunciano il disagio

Ferrovie Ciclabili

Sardegna in lotta

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vogliamo dedicare alcune pagine A quelle realtà che non fanno parte direttamente del nostro territorio, ma rispecchiano lo spirito ed il progetto editoriale di questo magazine che vuole proporre un modello di sviluppo, oltre che uno stile di vita che consideriamo alla base di un progetto di crescita personale e culturale che solo se perseguito ci puo’ portare fuori da questo momento di stallo economico e culturale

C’e’ chi vuole trasformare una ferrovia ormai dismessa in una preziosa pista ciclabile

il viaggio dei Comitati Sardi che difendono il territorio da energia ed eserciti


GP

a lt r a Velocità

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ue ruote di resistenza, così si chiama il progetto che ha visto due ragazzi prendere la bicicletta e fare un viaggio di tre mesi lungo tutta l’Italia per incontrare i comitati e i cittadini impegnati nel cambiamento del nostro paese. Il viaggio, oltre che a fare una mappatura del disagio è servito a comunicare un modo di intendere la mobilità completamente diverso, dove l’importanza principale viene data alla sostenibilità ambientale ed economica. se usassimo di più la bicicletta potremmo risparmiare 200 Miliardi di Euro all’anno. E stiamo parlando della sola vecchia Europa.


FuoriContesto Accade in Italia

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aniele e Nica, Musicista il primo, giornalista e insegnante la sua compagna di vita e di viaggio, hanno deciso di passare l’estate in sella alla loro bicicletta per compiere un lungo e lento itinerario che li ha portati dalla Val di Susa alla Basilicata. Lo scopo del viaggio è stato principalmente quello di viaggiare, ma anche poter incontrare tante realtà, piccole o grandi, di un Italia che vuole crescere e che per farlo ha deciso di riunirsi in gruppi di persone che hanno gli stessi obbiettivi e che difendono le proprie idee. Vogliamo raccontarvi la loro esperienza partendo intanto dalla scelta del mezzo. La bicicletta, la scelta non è casuale ci spiega Daniele Contardo. Lo abbiamo raggiunto al telefono il giorno successivo al bikepride che ha visto Torino, la sua città, invasa da un pacifico esercito su due ruote. Noi tutti siamo abituati a spostarci sul territorio attraverso le solite vie di grande comunicazione, autostrade, treni, aerei, navi. Mezzi che connettono tra loro i grandi centri urbani e che ci garantiscono di raggiungerli nel più breve tempo possibile. Ci caricano alla partenza e come tali ci scaricano a destinazione. Uno spostamento quindi piuttosto che un viaggio. Ci spostiamo da una grande città per andare in un altra ad essa collegata. Abbiamo l’impressione di compiere un viaggio ma in realtà quello che stiamo facendo non è viaggiare. Un viaggio, per essere tale, ha necessità di vedere soddisfatti due valori fondamentali, vivere il cambiamento di paesaggio e conoscere le persone che incontriamo per capire il territorio che stiamo attraversando. Inoltre l’Italia non è fatta di grandi vie di comunicazione, ma di tanti paesi e di tante realtà che sono collegate tra loro non dai moderni treni ad alta velocità, ma piuttosto da un sistema di trasporti fatto di piccole strade, collegamenti ferroviari saltellanti e autobus dall’atmosfera obsoleta sia nei mezzi che negli orari. La bicicletta, in questo caso, è il mezzo più adatto a percorrere lentamente queste distanze ed entrare in punta di piedi, in modo silenzioso e rispettoso, nel tessuto sociale delle comunità che incontriamo. L’effetto sorprendente è che questo modo di viaggiare suscita nelle persone un inaspettata simpatia e una piacevole tendenza a supportarci durante il nostro percorso. Magia delle due ruote. Daniele e Nica sono partiti i primi di giugno da Bussoleno, in Provincia di Torino, nel cuore della protesta contro la costruzione della TAV. Nel corso dei tre mesi di viaggio sono molte le realtà di lotta che hanno incontrato, da chi ha costruito la propria azienda agricola secondo le regole della bioedilizia, a chi riscopre il camminare lungo le strade del nostro paese fino a realizzare un festival della viandanza. Una importante tappa nel territorio Laziale è stata quella di Velletri il 6 di Luglio, dove

hanno incontrato i comitati che si oppongono a quel corridoio di asfalto che risponde al nome di GRA bis o Bretella Cisterna – Valmontone, che vuole essere una lunga striscia di asfalto e gallerie che continua a girare intorno alla Capitale senza dare modo a nessuno di entrarci dentro in modo comodo e sostenibile. Dalla lunga chiacchierata con Daniele, alcune delle informazioni che lui ci ha dato ci sono rimaste impresse Il Diario di Via ggio e ci hanno fatto riflettere. d i D a n iele Contardo Da uno studio presentato e Nica Mamm recentemente risulta che i' l’uso della bicicletta, se sviluppato e potenziato in http://bikepart isans.org modo da essere incentivato come mezzo principale di spostamento per le piccole distanze, potrebbe far risparmiare solamente in Europa fino a 200 Miliardi di Euro in un anno. Risparmio che nasce dal minore impatto ambientale, dal minor traffico, dal minor numero di incidenti stradali, dal minor numero di ore produttive perse nel traffico e così via. Un risparmio molto più importante di una manovra economica. Sarebbe il caso di razionalizzare meglio il piano dei trasporti di questo paese se vogliamo poter vedere una rinascita economica nel corso della nostra vita.

E intanto c’e’ chi vuole ri-ciclare una vecchia ferrovia Il progetto del Comitato Ri-cicliamo la Ferrovia è bello quanto ambizioso. Ripristinare il percorso della vecchia ferrovia che collegava Roma con Fiuggi. Dismessa progressivamente per varie cause tra gli anni ’60 e gli anni 80, era un arteria strategica di collegamento tra Roma, i monti Prenestini e la Ciociaria. Oggi il suo percorso è ancora visibile percorrendo la Via Casilina o la via Prenestina. La proposta del Comitato è quella di risanare il percorso della vecchia ferrovia e trasformarlo in una pista ciclabile-pedonale lunga oltre 100 Km che collega la stazione della metro C di Finocchio con Genazzano. Questa iniziativa porterebbe enormi benefici turistici alla zona visto che l’aerea dei Castelli Romani è al centro dell’interesse di molte persone che vogliono organizzare il loro tempo libero domenicale in gite fuori porta. Ma sarebbe anche interessante per tutti quelli che vogliono usare la bici in sicurezza per piccoli spostamenti. FACEBOOK: RiCicliamo la Ferrovia


Elisa Memeo

Sardegna un viaggio al contrario

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n viaggio in cinque tappe per portare all’attenzione dei media e della popolazione italiana la storia di una Sardegna sconosciuta. non quella delle belle spiagge ma quella di un falso progetto di sviluppo che prevede lo sfruttamento energetico del territorio e che distruggerà il paesaggio e impoverirà la campagna. Un viaggio di denuncia che racconta di una Regione che vanta il maggior numero di poligoni militari dell’intera nazione, causa di malattie, degrado e pericoli per la popolazione. In quei poligoni, frequentati anche da eserciti stranieri, sono state testate armi di ogni tipo, anche estremamente pericolose e pianificati attacchi verso popolazioni inermi. una serie di comitati si sono messi in rete per difendere il proprio territorio e per bloccare il degrado del paese, lottando strenuamente contro i progetti proposti e contro il governo che con i suoi decreti rischia di vanificare gli sforzi compiuti.


FuoriContesto Accade in Italia

I

l racconto di una Sardegna per me sconosciuta, nonostante siano ormai molti anni che vado alla scoperta delle sue spiagge, dei suoi scogli, della sabbia, delle rocce, degli ulivi, dei ginepri, della sua cultura, dei murales, delle sue ceramiche, dei telai antichi, del suo vento testardo e del suo sole implacabile. Un racconto che non narra solo dell’immaginario collettivo che lega questa terra all’idea di un’isola felice, ad un paradiso incontaminato, alla cartolina classica che si spedisce insieme ai baci ed agli abbracci ed alla nostalgia che già ti prende pensando alla nave di ritorno.

Una Sardegna molto più simile al resto d’Italia, frutto di un albero malato fin dalle sue radici, perché queste affondano pienamente in un modello di sviluppo scellerato, in una cementificazione selvaggia, in una politica attenta più al profitto che alla tutela del territorio e della salute. Una Sardegna, forse, ancora più contaminata proprio in quanto isola, lontana e circondata dal mare. L’occhio distratto dell’italiano medio, del turista inconsapevole, abbagliato dai colori del suo mare, non percepisce il grigio di un’altra realtà, di un’altra cartolina: il suo rovescio. Il rovescio della cartolina per una sorta di viaggio al contrario, alla scoperta di un’isola che c’è ma che vorrebbero farci credere che non ci sia. Ogni viaggio che si rispetti ha bisogno di una sua guida, la nostra guida si chiama Vincenzo Pillai. Vincenzo ci accompagna raccontandoci la resistenza, l’organizzazione cittadina, la partecipazione e la consapevolezza dei sardi e delle realtà associative che hanno creato. Una guida d’eccellenza che ci fa attraversare una Sardegna diversa, fatta di Lotta e di Comitati che si sono messi in rete per raggiungere un obbiettivo comune, quello di difendere il loro paese. Per spiegarci cosa rappresentino i Comitati Sardi in Rete, Vincenzo ci racconta come il “No Galsi”, nato per contrastare la realizzazione di un gasdotto che provenendo dall’Algeria dovrebbe attraversare la Sardegna per arrivare in Toscana, abbia deciso di mettersi “in rete” per contrastare le scelte politiche che vedono L’isola come una futura grande piattaforma al cen-

tro del Mediterraneo destinata a produrre energia elettrica da esportare verso il continente. il problema non è produrre più energia ma ridurne il suo consumo. “Il famoso raddoppio del cavo SA.PE.I (Sardegna – penisola italiana) - cavo che connette appunto l’isola al continente -”, ci spiega Vincenzo, “non serve a noi, ma serve all’Italia”. Ma l’Energia non è l’unico problema della Sardegna. Quest’isola è una delle zone più militarizzate d’Italia. Il 65% dei poligoni di tiro nazionali sono dislocati in territorio sardo. Mettersi in rete, per i Comitati, ha significato poter rispondere alle aggressioni esterne con una maggiore condivisione e consapevolezza comune e globale di tutte le lotte Il progetto dei Comitati in Rete, ha dato vita, ed è venuto alla luce dell’informazione nazionale grazie ad un’importante marcia in cinque tappe, che aveva l’obbiettivo di ottenere, dal Presidente della Regione, una moratoria per la sospensione delle procedure di autorizzazione di tutti i nuovi progetti di impianti di produzione di energia da combustione con la revoca delle incentivazioni per quelli esistenti, dei progetti per la produzione di energie rinnovabili non vincolati all’autoconsumo, degli impianti di incenerimento dei rifiuti e di potenziamento di quelli esistenti, oltre che lo stop immediato al nuovo Piano Energetico La Sardegna, ha già energia sufficiente al proprio fabbisogno, non c’è quindi la necessità di produrne altra. I comitati invece propongono un nuovo modello che vuole il rilancio di un’agricoltura moderna, orientata ad una produzione di qualità e valore, capace di occupare un mercato interstiziale, ad un’industria non più incentrata sulla trasformazione del petrolio, ma sulla produzione e trasformazione del prodotto agropastorale. Il modello suggerito dunque, dovrebbe necessariamente rifarsi a questa idea ed all’esigenza del risparmio energetico. In questa prospettiva, si inserisce la proposta avanzata di dotare tutta l’isola di una rete intelligente, in grado di rimettere nella rete stessa l’energia fornita da tutte le fonti, potenziando nel contempo il rapporto tra un’ idroelettrico equilibrato e collocato nel posto idoneo ed energie alternative, dotando “ogni tetto del proprio pannello”con una produzione diffusa sul territorio che escluderebbe la costruzione di mega centrali.

Le Immagini di questo articolo sono tratte dal documentario Materia Oscura di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, prodotto nel 2013, ha partecipato al 63° Festival di Berlino. Materia oscura, racconta un luogo di guerra in tempo di pace. Lo spazio del film è il Poligono Sperimentale del Salto di Quirra, regione della Sardegna compresa tra le province di Cagliari e Nuoro, dove per oltre cinquanta anni i governi di tutto il mondo hanno testato “armi nuove” e dove il governo italiano ha fatto brillare i vecchi arsenali militari compromettendo inesorabilmente il territorio. All’interno di questo spazio il film compone tre movimenti. Il primo movimento segue l’indagine di un geologo che tenta di rintracciare l’inquinamento causato dalle sperimentazioni militari. Tra terra e mare, tra residui bellici e civili, tra bersagli, condotti, proiettili, cariche, radar, carcasse di carri armati e missili. Il secondo movimento mostra una ricerca attraverso gli archivi cinematografici del poligono che hanno visto protagonisti le armi e gli esplosivi di tutto il mondo. Sono immagini incredibili che raccontano oltre cinquanta anni di sperimentazioni belliche. Missili, razzi, bombe, esplosioni, brillamenti: le prove generali della guerra si sono messe in mostra davanti alle cineprese del Poligono. Negativi e positivi, ralenti e accelerazioni.

Materia Oscura

di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti anno 2013, Montmorency Film

La terza e ultima parte racconta il lavoro di due allevatori, un padre e un figlio e del loro rapporto con la terra, gli animali e con un passato profondamente segnato dall’attività bellica. Malgrado la cura, la dedizione e l’amore per il proprio lavoro troppo spesso i loro animali nascono malformati e con gli organi interni pieni di sostanze radioattive. L’orrore in una natura all’apparenza incontaminata. Una “guerra immaginaria” che sembra non aver fine.


GP

Manifestazione contro il progetto Eleonora, 29 luglio 2014 Ph.: © Alec Cani

metà di settembre, il servizio di sostenibilità ambientale e valutazione impatti ambientali (Savi) della Regione Sardegna ha bocciato il “Progetto Eleonora” con motivazioni riguardanti “il contrasto con atti di pianificazione regionali e comunali”, ossia il piano paesaggistico regionale (Ppr) e il piano urbanistico comunale (Puc). Anche se con il nuovo decreto “Sblocca Italia”, varato dal governo Renzi si rischia di veder compromesse le lotte portate avanti fino ad oggi. Il Decreto potrebbe azzerare le decisioni della Regione rimettendo in piedi il Progetto Eleonora, con la scusa che porti sviluppo e occupazione. Vincenzo vuole parlarci anche delle trivellazioni, che hanno lo scopo di cercare petrolio e gas naturale nel Mediterraneo. Un’altro grande rischio per questo territorio. “A questo stadio non possiamo ancora parlare di trivellazione vere e proprie, ma di prospezioni”, ci spiega. Queste tecniche, in atto tra la Sardegna e le Baleari, sono molto pericolose perché sostanzialmente “bombardano” il fondo del mare con dei getti di aria a pressione. La risposta che ne deriva viene registrata e, dall’analisi dei dati ottenuti, si comprende se si è in presenza o meno di giacimenti di petrolio o gas. “Questo bombardamento però è pericoloso per i cetacei perché ne provoca il disorientamento e la zona di cui ti parlo corrisponde ad un vero e proprio santuario marino”. Il progetto complessivo poi, non si sarebbe limitato alle prospezioni marine, comprendendo anche quelle costiere, in particolare ad Arborea, nella regione del Campidano di Oristano, dove è sorto il Comitato “No al progetto Eleonora”, dal nome del progetto, facente parte della rete dei Comitati, che ha lo scopo di impedire questo tipo di ricerche. Fortunatamente verso la

Vincenzo ci spiega che questi progetti sono vissuti dal popolo sardo come una sorta di “nuovo modello di colonialismo”. Colonialismo che viene espresso anche attraverso la presenza militare sull’Isola, anche straniera, che rappresenta un’altra spina nel fianco della Sardegna ormai da decenni. Vincenzo ci illustra come l’isola sia sempre stata pensata come una terra dove si potessero svolgere, senza troppi problemi, le esercitazioni militari, anche grazie ad alcuni territori scarsamente abitati. Negli ultimi anni l’esercito ha puntato sulla specializzazione dei poligoni. Teulada ad esempio, è uno dei pochi posti dove è ancora possibile eseguire dei veri e propri sbarchi. Il poligono di Quirra invece serve per sperimentare sistemi d’arma sempre più moderni: “Stiamo parlando di un vero centro di sperimentazione militare, ben diverso da un luogo dove andare a sparare qualche missile, o bomba o qualche cannonata con i carri armati” . A Quirra inoltre, vengono a specializzarsi anche eserciti stranieri. Sembra che i recenti attacchi a Gaza siano stati preceden-

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FuoriContesto Accade in Italia

temente testati su territorio Sardo. Se l’Italia presta il proprio territorio per sperimentare attacchi letali per la popolazione inerme, poi non può e non deve prendere le distanze dagli stessi attacchi. Nell’isola si concentrano infatti il 60 per cento delle servitù militari dell’intero Paese, per una percentuale pari all’1,5 per cento della superficie regionale, mentre in mare le zone interdette o dichiarate pericolose per la navigazione si estendono per 2.840.000 ettari, superando per estensione la superficie dell’isola. Uno degli effetti più preoccupanti che derivano dalle sperimentazioni militari, di cui non si parla perché non se ne vuole parlare, prosegue il nostro accompagnatore, è la ricaduta sia nei termini di’ impatto ambientale, sia sulla salute degli abitanti che vivono in prossimità dei poligoni. “Noi abbiamo più volte denunciato che la presenza di uranio impoverito a Quirra ha contagiato non solo i militari, ma anche le popolazioni”. in questo momento c’è un processo in corso per disastro ambientale, seguito all’inchiesta aperta dal pm Fiordalisi rispetto alla ormai tristemente nota “Sindrome di Quir-

aumento di mortalità dovuto a tumori e malattie che colpiscono l’apparato respiratorio, provocato dalla forte industrializzazione dell’area. “Noi chiediamo che chi ha inquinato paghi e che non vengano concesse altre autorizzazioni per impianti industriali, fino a quando il territorio non venga bonificato. E non vogliamo sottostare al ricatto lavorativo.” Ci dice. Dal punto di vista economico infatti, i Comitati in Rete ritengono che politiche di disinquinamento possano portare, esse stesse, alla creazione di nuova occupazione, ripristinando nel contempo situazioni ambientali sane. I risvolti economici, a questo punto, sarebbero notevoli, perché sarebbe possibile “vendere” sul mercato un’idea di Sardegna sana, bonificata. Una diversa idea di sviluppo della nostra Terra, rivolta anche ad un turismo più consapevole e meno distratto, attento non solo alle bellezze del mare, ma anche alla storia archeologica e culturale dell’isola ed alla qualità del cibo e dell’aria.

ra”, processo che vedrà imputati tutti e 8 gli ex comandati del poligono dal 2004 al 2010. Altre 12 persone poi, tra medici, tenenti e studiosi, per cui era stato richiesto il processo, sono state prosciolte in quanto, a seguito di una ulteriore perizia del giugno scorso, sembrerebbe che non si possa parlare di vero e proprio disastro ambientale … E intanto è slittata al 29 ottobre la data, inizialmente fissata per il 23 settembre, dell’udienza che avrebbe dovuto dare il via al processo sui veleni di Quirra. Il problema delle bonifiche non riguarda solo i terreni contaminati dai poligoni militari, ma anche quelli avvelenati dalle industrie, quindi, ci dice Vincenzo, devono essere previsti interventi differenziati a seconda del tipo di inquinamento in atto. Ad esempio, ci spiega, in alcuni poli abbiamo lo scarico degli scarti industriali che rischia di inquinare anche le falde acquifere, come a Portoscuso. Al nord invece, nel territorio tra Sassari e Porto Torres, è stato registrato un

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La lunga marcia per la Terra dei Comitati Sardi in Rete prende avvio con una prima tappa a Sassari il 16 maggio. Parliamo della zona di Porto Torres, ad alto interesse turistico, dove troviamo luoghi come il Lido di Platamona o a poca distanza Castelsardo e il Golfo dell’Asinara. In questo paradiso naturale però non è possibile ignorare il rovescio della medaglia rappresentato invece dal, grande polo industriale che vede la presenza di centrali a carbone e industrie di petrolchimica. “Ormai molte di queste fabbriche sono abbandonate” “L’Eni in società con Màtrica vuole mettere un polo della Chimica Verde, qui, a Porto Torres, su un terreno industriale già fortemente inquinato e non ancora bonificato”. “Chimica Verde” è un progetto di riconversione del petrolchimico, con annessa centrale a biomasse da 43,5 MWe alimentata a cardi. “Questo è un altro progetto pensato a tavolino fuori dalla nostra terra, dove la centrale dovrebbe consumare talmente tanti cardi, da sacrificare circa 120.00 ettari di terreno seminativo”. “E’ assurdo, non ci saranno mai abbastanza cardi in grado di alimentare la centrale. Allora cosa ci finirà lì dentro? Noi abbiamo paura che una volta partito un impianto del genere, in mancanza, noi


GP diciamo accertata, di cardi, l’impianto funzionerà con altro. E poi, se pure fosse realizzabile una coltura del genere, questo significherebbe dover investire in terreni che invece hanno una vocazione agricola diversa. ”

Poi approfondisce: “Oggi qui vogliono istallare una centrale a carbone, ma la nostra domanda continua ad essere la stessa: a cosa serve una centrale a carbone ad Ottana, quando gran parte delle industrie che ruotavano intorno alla chimica sono chiuse? E anche la “I comitati vogliono nostra risposta è sempre la esercitare un controllo stessa: tutto torna al piano di trasformazione della nostra da parte delle isola in piattaforma energetipopolazioni su progetti ca dell’Italia.”

Lasciamo Sassari e il 31 maggio ci spostiamo a Macomer, in provincia di Nuoro, tra il territorio del Marghine e l’altopiano di Abbasanta. Macomer è una cittadina costruita pensati altrove e che su una giara di basalto che ha sempre vissuto di una ricIl 21 giugno percorriamo la propongono iniziative ca economia agropastoraterza tappa del nostro viaggio estranee al naturale le. Scendendo dalla giara di che s’incentra nel Campidano 150 metri verso la pianura, centrale e si dispiega tra le sviluppo dei territori e raggiungiamo l’inceneritore: cittadine di Guspini, Gonnoche ne stravolgono la motivo della tappa in questo sfanadiga e Villacidro. paese. Qui i Comitati si ferLa scelta di una terza tappa, natura” mano per un sit in. “Abbiamo suddivisa in tre differenti loincontrato dei problemi con calità vuole simboleggiare la gli operai dell’inceneritore. vastità e la diversità di proNoi avremmo voluto impostare un dialogo con loro, ma non ci blematiche che si sovrappongono tra loro e fanno registrare siamo riusciti perché, quell’inceneritore di cui noi chiediamo una sommatoria di emergenze non collegabili ad un unico filo la chiusura, per loro è fonte di lavoro.” Vincenzo ci riferisce conduttore. Abbiamo infatti presenti nel territorio emergenze ancora: “Noi, non solo vogliamo che si chiuda questa linea di ambientali legate alle pregresse attività minerarie, bacino meincenerimento, ma ci opponiamo anche al progetto di potenziatallifero del Sulcis-Iglesiente,come anche la miniera d’oro dimento del sistema di incenerimento dei rifiuti di Tossilo .” smessa di Furtei che oggi rappresenta un’emergenza ambientaDa Macomer ci dirigiamo verso est per arrivare ad Ottana, nella le non più prorogabile. Possiamo aggiungere anche la presenza media Valle del Tirso, poco distante dal lago Omodeo, uno dei del poligono militare di Capo Frasca che insieme possono più grandi laghi artificiali d’Europa. rientrare nel calderone delle bonifiche mancate e di quelle neVincenzo ci spiega che Ottana negli anni ’70 è stata il centro di cessarie in previsione della dismissione del poligono o del suo un processo di industrializzazione chimica enorme, andato in mantenimento. crisi come tutto il settore del petrolchimico italiano. “Siamo di Passiamo poi alle svariate richieste per ricerche di Idrocarburi e fronte a vere e proprie cattedrali nel deserto” ci dice. per geotermia che vanno ad interessare l’intero Campidano


FuoriContesto Accade in Italia

centrale, come anche il progetto Eleonora (Arborea) che potrebbe essere rimesso in piedi dal decreto Sblocca Italia, anche se precedentemente bloccato dalla Regione. Bocciatura ottenuta grazie all’attività del comitato civico costituitosi e della collaborazione dei restanti comitati e cittadini. Rimangono però in piedi il permesso “Igia idrocarburi” e Igia geotermia” in capo alla SARAS s.pa. , alle quali si sommano le richieste per gli ulteriori permessi di ricerca geotermica della Tosco Geo s.r.l. che interessano oltre 250 Kmq, che coinvolgono oltre 10 Comuni. Le ricerche in questione sono finalizzate alla costruzione di centrali geotermolettriche per la produzione di energia elettrica che hanno diversi impatti negativi ambientali e sanitari e socio-economici non sottovalutabili. A tutto ciò aggiungiamo il permesso di ricerca denominato “Siliqua” di un’altra società la Geoenergy s.r.l., insistente sempre nel Campidano centrale. Non termina qui il lungo elenco perché ancora abbiamo la proposta per due progetti di centrali termodinamiche solari a concentrazione tra i comuni di Guspini e Gonnosfanadiga e l’altra tra Villasor e Decimoputzu, che sottraggono oltre 500 ha di terreni fertili oggi dedicati alle attività agro-pastorali. Oltre al proliferare di centrali a biogas e quindi ancora la sottrazione di suoli agricoli alla produzione di beni alimentari convertiti al comparto energetico. Per il racconto di questa tappa della marcia, debbo ringraziare il Comitato “No Megacentrale” per la preziosa integrazione di documentazione. Con la quarta tappa, il 28 giugno, arriviamo nel Sulcis, polo industriale interessato da un’ antica storia mineraria, ma investito, al tempo stesso, da punte di inquinamento molto gravi, legate all’industrializzazione moderna e dove la ricaduta in termini di impatto ambientale sul territorio è stata ed è tuttora talmente importante, che a pastori ed agricoltori è stato proibito di vendere i prodotti del loro lavoro. ”Il vino di quella zona è stato definito “vino al piombo”. Ti rendi conto?” si sfoga Vincenzo. Portoscuso, meta finale di questa tappa, è una delle zone più inquinate della Sardegna. In località Portovesme ad esempio, e solo per citare uno tra i tanti soggetti che hanno avvelenato il Sulcis, l’Eurallumina, industria di lavorazione della bauxite dalla quale ricava alluminio, ha prodotto un bacino di stoccaggio di fanghi rossi, scarto principale della raffinazione della bauxite e catalogati come rifiuti pericolosi, che ha definitivamente compromesso l’ambiente circostante. Il 9 luglio siamo a Cagliari, quinta ed ultima tappa “Quella di Cagliari è una tappa particolare perché non è stata preparata dai comitati locali rispetto alle criticità del cagliaritano, come lo erano state le altre rispetto ai territori. Anche Cagliari indubbiamente presenta dei problemi, come ad esempio possono esserlo quelli relativi all’inquinamento di Macchiareddu, uno dei più importanti agglomerati industriali della Sardegna meridionale, ad ovest del Porto Canale. Questa tappa però voleva essere un momento in cui i rappresentanti dei comitati realizzavano un incontro con Pigliaru, Presidente della Regione, per consegnargli la famosa moratoria. Incontro non ottenuto a causa di altri impegni istituzionali di Pigliaru. Le nostre istanze sono state così consegnate ad un assessore delegato che si è impegnato a presentarle in giunta. Da allora non sap-

piamo più nulla.” “Ora noi dobbiamo prendere contatti con i comitati esistenti lungo la costa orientale della Sardegna e con quelli della zona nord est. Parliamo quindi della zona di Olbia, della Maddalena, dove abbiamo il problema dell’abbandono della base militare americana, del suo disinquinamento, delle promesse fatte e non mantenute. Lì abbiamo ancora la presenza delle opere incompiute, avviate per il G8, quando sembrava che dovesse svolgersi qui, mentre poi, in seguito al terremoto, è stato spostato all’Aquila. Quindi il proseguimento della marcia dovrà essere caratterizzato dalle questioni che riguardano la Sardegna orientale, in modo da unificarle a quelle della parte occidentale.” Se ora ci fermiamo un attimo e ripercorriamo quanto finora esposto, ci accorgiamo di aver conosciuto la Sardegna sotto l’aspetto inquietante delle servitù militari, dal punto di vista allarmante dei siti inquinati e delle relative bonifiche promesse e mai attuate, abbiamo appreso che è una regione interessata dagli inceneritori, dai progetti della green economy, una terra sventrata dalle trivellazioni, interessata dai gasdotti, “ricca” di grandi opere rimaste incompiute, insomma devastata da tutte quelle criticità che nel resto della penisola si dividono tra le varie regioni , connotandole, ciascuna, per una specifica peculiarità (pensiamo alla Puglia che vede riuniti i comitati nella lotta contro il gasdotto Trans-Adriatico, pensiamo al problema della gestione dei rifiuti nel Lazio, ai No TAV in Piemonte e via dicendo), mentre qui le vediamo spolverate diffusamente in un unico territorio, come se l’isola fosse una sintesi delle criticità ambientali italiane. Ma abbiamo anche compreso molto bene che queste stesse problematiche si inseriscono in un quadro politico generale, in una direzione specifica che intendono dare allo sviluppo dei territori. Volendo concludere questo viaggio al contrario, mi piacerebbe farlo attraverso un lieto fine. Provo quindi a pensare, tra i possibili, quale potrebbe essere il finale più adatto a noi, facendo tesoro di questa preziosa esperienza che Vincenzo ha voluto condividere con me. Allora mi azzardo ad ipotizzare la sua duplicazione: ossia chiedo a Vincenzo se questo esperimento, apparentemente così ben riuscito, pur tra le tante difficoltà e problematicità incontrate, possa essere “esportato” ed applicato fuori dalla Regione Sardegna, nelle altre regioni italiane. Vincenzo mi risponde in questo modo: “La Sardegna ha questa peculiarità: è in mezzo al mare. Questo per un verso divide, per un altro ci unifica. L’insularità rende più semplice pensare la nostra regione come una nazione, come un popolo. E’ più difficile pensarlo invece per la Puglia o la Campania ad esempio, perché immediatamente a contatto con le altre regioni, senza la distanza creata dal mare che ha reso spontaneo per noi questo percorso. La realizzazione di una rete è importante per sostenere le nostre lotte. La difesa della nostra terra é un lavoro lungo e difficile, ma è l’unico obiettivo per il quale conviene lavorare, senza chiedersi se riusciremo o meno. Intanto ci proviamo!”

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