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La vendetta delle punk Vivian Goldman
in Libri 39 minuti fa
Ne “La vendetta delle punk” l’autrice analizza quattro temi fondamentali: identità, denaro, amore e protesta – attraverso i quali approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria. La prospettiva di Vivian Goldman sul giornalismo musicale è completa, potendo vantare anche una grande esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito in prima persona alla nascita del post-punk. Con il suo inconfondibile stile viscerale, Goldman mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per definizione demolisce gli steccati.
Goldman analizza una canzone di Patti Smith come “Free Money”, per
esempio, rievocando lo shopping a Notting Hill insieme alla cantante americana. Grazie alla testimonianza diretta della figlia della defunta Poly Styrene, scopriamo le motivazioni che nel 1978 hanno spinto la madre, di discendenza somala e scozzese-irlandese, a scrivere un inno del punk come “Identity”, caratterizzato da un ritornello che dice: “Identity is the crisis, can’t you see?”.
Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il movimento assorbendone l’audacia liberatoria.
Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale. Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
Goldman Vololibero Edizioni VivianSarà in libreria dal 23 novembre il nuovo libro dell'autrice Vivien Goldman che esplora la storia femminista musicale da Poly Styrene alle Pussy Riot.
Il libro, tradotto da Fabio Zucchella e con una prefazione di Paola De Angelis, analizza quattro temi fondamentali: identità, denaro, amore e protesta – attraverso i quali l'autrice approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria.
La prospettiva di Vivian Goldman sul giornalismo musicale è completa, potendo vantare anche una grande esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito in prima persona alla nascita del post-punk.
Con il suo inconfondibile stile viscerale, Goldman mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per definizione demolisce gli steccati. Goldman analizza una canzone di Patti Smith come Free Money, per esempio, rievocando lo shopping a Notting Hill insieme alla cantante americana.
Grazie alla testimonianza diretta della figlia della defunta Poly Styrene, scopriamo le motivazioni che nel 1978 hanno spinto la madre, di discendenza somala e scozzese-irlandese, a scrivere un inno del punk come Identity, caratterizzato da un ritornello che dice: “Identity is the crisis, can't you see?” Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il
movimento assorbendone l’audacia liberatoria.
Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale. Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
La vendetta delle punk – Vivien Goldman
Nel libro in uscita per il prossimo 23 novembre Vivien Goldman analizza quattro temi fondamentali: identità, denaro, amore e protesta –attraverso i quali approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria. La prospettiva della Goldman sul giornalismo musicale è completa, potendo vantare anche una grande esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito in prima persona alla nascita del post-punk.
Con il suo inconfondibile stile viscerale, la Goldman mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per definizione demolisce gli steccati. Vivien Goldman analizza una canzone di Patti Smith come “Free Money”, per esempio, rievocando lo shopping a Notting Hill insieme alla cantante americana.
Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il movimento assorbendone l’audacia liberatoria. Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale. Il tutto è arricchito da accurate e ricche playlist mentre la prefazione è a cura di Paola De Angelis.
Titolo originale
Revenge of the She-Punks: A Feminist Music History from Poly Styrene to Pussy Riot (2019)
Traduzione di Fabio Zucchella
Vololibero Edizioni
In 'La vendetta delle punk' la Goldman analizza quattro temi fondamentali: identità, denaro, amore e protesta, attraverso i quali approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria. Con il suo stile viscerale mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per definizione demolisce gli steccati. Goldman analizza una canzone di Patti Smith come "Free Money", per esempio, rievocando lo shopping a Notting Hill insieme alla cantante americana.
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Grazie alla testimonianza diretta della figlia della defunta Poly Styrene, scopriamo le motivazioni che nel 1978 hanno spinto la madre, di discendenza somala e scozzese-irlandese, a scrivere un inno del punk come "Identity", caratterizzato da un ritornello che dice: “Identity is the crisis, can't you see?”. Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il movimento assorbendone l’audacia liberatoria. Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale. Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
Free Money - Patti Smith (Live At Montreux 2005)Poly Styrene and X Ray Spex - Identity
Come dichiarato da Tina Weymouth bassista di Talking Heads e Tom Tom Club. "Vivien Goldman rievoca decenni di incontri personali con una lunga serie di musiciste femministe. Grazie a essi possiamo apprezzare i traguardi raggiunti da queste esuberanti ragazze punk e quelli che in futuro potranno raggiungere."
La fotografia dell'articolo è pubblicata non integralmente. Link all'immagine originale © 2021 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
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Identità, denaro, amore e protesta sono i temi principali attraverso i quali Vivien Goldman analizza e scandaglia il punk nel suo libro “La vendetta delle donne punk”.
L’autrice approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria.
La prospettiva di Vivien Goldman sul giornalismo musicale è completa, potendo vantare anche una grande esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito in prima persona alla nascita del post-punk.
Tutto iniziò con il glitter. Mi innamorai del glitter ben prima che David Bowie e il glam rock lo rendessero famoso. “
Con il suo inconfondibile stile viscerale, Goldman mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per definizione demolisce gli steccati. Goldman analizza una canzone di Patti Smith come “Free Money”, per esempio, rievocando lo shopping a Notting Hill insieme alla cantante americana. Grazie alla testimonianza diretta della figlia della defunta Poly Styrene, scopriamo le motivazioni che nel 1978 hanno spinto la madre, di discendenza somala e scozzese-irlandese, a scrivere un inno del punk come “Identity”, caratterizzato da un ritornello che dice: “Identity is the crisis, can’t
Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il movimento assorbendone l’audacia liberatoria. Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale. Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
….. Vivien Goldman rievoca decenni di incontri personali con una lunga serie di musiciste femministe. Grazie a essi possiamo apprezzare i traguardi raggiunti da queste esuberanti ragazze punk e quelli che in futuro potranno raggiungere.
Weymouth (Talking Heads, Tom Tom Club)Un libro importante per arricchire la conoscenza e la prospettiva al femminile della fenomenologia del punk.
L’AUTRICE
Di origini londinesi, è soprannominata “La Professoressa del Punk”. Professoressa associata presso la New York University, insegna musica punk, afrobeat e reggae. Per quarant’anni è stata giornalista musicale, collaborando con testate come “Sounds”, “Melody Maker” e “New Musical Express”; ha lavorato fianco a fianco con personaggi come Bob Marley e Fela Kuti, di cui è stata la fidata cronista. Ha fatto parte di band new wave come Chantage e Flying Lizards; Resolutionary, una compilation che raccoglie le sue incisioni, è stata pubblicata nel 2016. Autrice di documentari, ha scritto cinque libri, tra i quali ricordiamo The Book of Exodus: The Making and Meaning of Bob Marley and the Wailers’ Album of the Century. La “Vivian Goldman Punk and Reggae Collection è ospitata nella Fales Library della New York University. Goldman è anche co-autrice del libro Cherchez La Femme, da cui è tratto l’omonimo musical di Kid Creole che ha debuttato al La MaMa Theatre di New York nel 2016.
INFO
Revenge of the She-Punks: A Feminist Music History from Poly Styrene to Pussy Riot (2019)
Traduzione di Fabio Zucchella
FORMATO: 140×210 PAGINE: 280 PREZZO: € 22,00 ISBN 978-88-32085-22-8
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"La vendetta delle punk": la storia del punk al femminile
Uscirà il 23 novembre il nuovo libro di Vivien Goldman, “La vendetta delle donne punk” (VoloLibero Edizioni – formato 140×210 – pagine 280 – euro 22,00), una storia femminista della musica da Poly Styrene alle Pussy Riot. Ne “La vendetta delle donne punk” l’autrice analizza quattro temi fondamentali: identità, denaro, amore e protesta – attraverso i quali approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria. La prospettiva di Vivian Goldman sul giornalismo musicale è completa, potendo vantare anche una grande esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito in prima persona alla nascita del postpunk.
Con il suo inconfondibile stile viscerale, Goldman mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per definizione demolisce gli steccati. Goldman analizza una canzone di Patti Smith come “Free Money”, per esempio, rievocando lo shopping a Notting Hill insieme alla cantante americana. Grazie alla testimonianza diretta della figlia della defunta Poly Styrene, scopriamo le motivazioni che nel 1978 hanno spinto la madre, di discendenza somala e scozzese-irlandese, a scrivere un inno del punk come “Identity”, caratterizzato da un ritornello che dice: “Identity is the crisis, can’t you see?” Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il movimento assorbendone l’audacia liberatoria. Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale. Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
RedazioneVivien Goldman Di origini londinesi, è soprannominata “La Professoressa del Punk”. Professoressa associata presso la New York University, insegna musica punk, afrobeat e reggae. Per quarant’anni è stata giornalista musicale, collaborando con testate come “Sounds”, “Melody Maker” e “New Musical Express”; ha lavorato fianco a fianco con personaggi come Bob Marley e Fela Kuti, di cui è stata la fidata cronista. Ha fatto parte di band new wave come Chantage e Flying Lizards; Resolutionary, una compilation che raccoglie le sue incisioni, è stata pubblicata nel 2016. Autrice di documentari, ha scritto cinque libri, tra i quali ricordiamo The Book of Exodus: The Making and Meaning of Bob Marley and the Wailers’ Album of the Century. La “Vivian Goldman Punk and Reggae Collection è ospitata nella Fales Library della New York University. Goldman è anche coautrice del libro Cherchez La Femme, da cui è tratto l’omonimo musical di Kid Creole che ha debuttato al La MaMa Theatre di New York nel 2016.
Da Poly Styrene alle Pussy Riot: storia di esuberanti ragazze punk
MUSICA LIBERATORIA - La giornalista e docente Vivian Goldman ripercorre una rivoluzione: “Un movimento che ha demolito la mentalità secondo cui l’autostima di una donna è determinata dalla ricchezza e dal potere dell’uomo che riesce ad accalappiare” DI GUIDO BIONDI 17
“Vivian Goldman rievoca decenni di incontri personali con una lunga serie di musiciste femministe. Grazie a essi possiamo apprezzare i traguardi raggiunti da queste esuberanti ragazze punk e quelli che in futuro potranno raggiungere” scrive Tina Weymouth dei Talking Heads, uno dei gruppi della new wave che più ha beneficiato dei semi di questa cultura. Nel libro La vendetta delle punk. Una storia della musica femminista da Poly Styrene alle Pussy Riot, edito da Vololibero, non si parla di Sex Pistols, Clash, Ramones o Damned, ma di artiste donne. L’approfondimento riguarda quattro temi: identità, denaro, amore/non amore e protesta; sono il motore per il quale il punk rappresenta per le donneuna forma artistica liberatoria
L’autrice – oltre a essere stata giornalista musicale, documentarista e musicista – è professoressa associata presso la New York University dove insegna musica punk, afrobeat e reggae.
Goldman ha iniziato a occuparsi del punk per il settimanale Sounds nel 1975: “Dovevo schivare un micidiale bombardamento di luoghi comuni sul genere e sulla carriera, visto che i colleghi erano tutti bianchi e maschi. Quando sentii Poly Styrene degli X-Ray Spex cantare Oh Bondage, Up Yours! capii che non si stava riferendo a qualche pratica erotica S&M, ma alle catene del patriarcato di cui avevo sentito parlare da quando, qualche anno prima, il femminismo aveva iniziato ad assumere rilevanza nella nostra società. Vestita con una specie di grembiule che era un sacco della spazzatura e un colapasta in testa per elmetto, Poly Styrene si impose come un’apparizione liberatoria senza precedenti. In un’epoca in cui le donne rilevanti nella musica erano le due cantanti degli Abba e Olivia Newton-John comparvero Gaye Advert, Siouxsie Siuox – capace di mettere in secondo piano i ragazzi del gruppo –, le Slits, le Raincoats, le Mo-dettes e tante altre. Patti Smith mi raccontò quello che si provava a cadere dal palco durante un concerto e poi a risalirci sopra per continuare a suonare”.
Anche il tanto sbandierato slogan “Girl power” delle Spice Girls deriva dall’intuizione di Kathleen Hanna delle Bikini Kill e, nonostante la manipolazione commerciale, qualche afflato di energia punk sono riuscite a riproporlo in chiave pop. Anche Kurt Cobain fu ispirato, a sua volta, dalle parole di una Kathleen ubriaca, scarabocchiate su un muro per scherzo. Le parole erano “Smell Like Teen Spirit” ed il resto è storia. L’autrice compie un viaggio a ritroso per trascrivere il paesaggio sociale da cui è emerso il movimento femminista punk: “Negli anni Settanta in Inghilterra la vita quotidiana era scossa dalle continue bombe dell’Ira, dalla disoccupazione giovanile e dagli scioperi. Tra le mura domestiche si faticava molto a sbarazzarsi di quella ben radicata mentalità in base alla quale l’autostima di una ragazza era determinata dalla ricchezza e dal potere dell’uomo che riusciva ad accalappiare (ma è una convinzione che poi è scomparsa?), come se la sua esistenza individuale fosse soltanto un’ombra. A causa di questo atteggiamento, quando il marito o il figlio scompariva – perché era morto, oppure perché era scappato con una modella più giovane, eccetera – la luce della donna si estingueva, la sua forza si spegneva. Le donne del punk erano spiriti liberi che si scontrarono frontalmente con questo tipo di mentalità”.
Lo sguardo di Goldman si sofferma anche sulle artiste che hanno portato avanti una lotta di autodeterminazione iniziata con il movimento femminista punk sino ai giorni nostri, citando da Björk a Fka Twigs, passando
per Blondie e Grace Jones e altre musiciste di quasi tutti i continenti. Ci sono molti aneddoti intriganti non necessariamente dedicati alle donne, uno di questi si spinge a chiarire che “ai punk dell’epoca piaceva ricordare a tutti che ‘Elvis è morto’, perché il trapasso del dinosauro del rock’n’roll rappresentava una linea di demarcazione tra il rock e l’avvento di un genere nuovo e coraggioso, il punk”. E infine, anche il Duca bianco, a suo modo, si scopre un precursore: “David Bowie declinò la nomina a baronetto concessagli dalla Regina ma senza rendere pubblica la cosa: questo sì che è stato punk”. Ci sono – a corredo dei capitoli – quattro playlist presenti anche su Spotify dedicate ai personaggi citati nel libro, ve ne proponiamo una piccola parte.
Playlist:
Patti Smith, Free Money, 1975
The Slits, Spend, 1979
Pussy Riot, Kropotkin, 2012
Cherry Vanilla, The Punk, 1977
Vivien Goldman, Launderette, 1981
Grace Jones, My Jamaican Guy, 1982
RITMI
IL TAMBURELLO DI LIAM
Liam Gallagher, ex voce del gruppo; quando non lo suona, lo tiene dietro la schiena e intanto si sporge davanti al microfono e canta. Nello specifico il «tamburello di Wonderwall» è stato battuto all'asta il 2 novembre per 3.600 sterline, al massimo avrebbe potuto fruttare 300/500 sterline, si diceva.
L'aveva conservato il tecnico del suono Nick Brine alla fine delle registrazioni del disco ai Rockfield Studios. Era (ed è) conciato molto male, ma tant’è. Negli anni lo hanno utilizzato Kasabian, Arctic Monkeys, Supergrass, The Verve e altri. L’acquirente: «È un pezzo di industria musicale britannica».
Ragazze punk all’attacco
PAOLA DE ANGELIS*Per le donne che circa mezzo secolo fa decidevano di fare della musica la loro ragione di vita, gli esempi più dirompenti erano le cantanti blues americane degli anni Venti e Trenta. Oggi è difficile immaginare quanto fosse audace per una ragazzaancora alla fine degli anni Settanta - imbracciare una chitarra, lo strumento maschile per antonomasia, ed essere la leader di un gruppo. Se poi il gruppo era di sole ragazze, l’impatto era ancora più sensazionale, perché di gruppi femminili vocali ce n’erano stati a bizzeffe, ma di ragazze con uno strumento sul palco no. Cynthia Robinson e Rose Stone, trombettista e tastierista di Sly and the Family Stone, non erano dei modelli sufficientemente popolari e comunque non erano le leader del gruppo. Janis Joplin e Grace Slick lo erano ma non suonavano uno strumento.
Viv Albertine delle Slits comprò la sua prima chitarra con i soldi ereditati dalla nonna Frida. Quando lo dice al suo ragazzo, Mick Jones dei neonati Clash, teme che lui le riderà in faccia. Invece Mick la accompagna in un negozio di Denmark Street dove la prima chitarra che Viv prende in mano è una piccola Rickenbacker rossa. «John Lennon ne suonava una uguale», le dice Mick. Alla fine comprerà una Les Paul Junior Sunburst single-cutaway del 1969, la cui forma le ricorda un bel culo. «Per la prima volta nella mia vita mi sento me stessa», pensa mentre torna a casa con la chitarra dentro una vecchia custodia di cartone.
OCCASIONE PERFETTA
Per moltissime ragazze il punk fu l’occasione perfetta per salire sulle barricate, imbracciando l’etica del DIY come una baionetta antimachista. Perché il punk ebbe tanta presa sulle donne?, chiesi a Vivien Goldman durante l’intervista in occasione dell’uscita di The Revenge of the She Punks «Il punk nasce per esprimere rabbia e frustrazione, sentimenti che le donne conoscono bene perché spesso ci convivono. Inoltre il punk funziona alla grande per coloro che hanno meno accesso agli strumenti - è il caso di molte donne - e la sua etica DIY incoraggia a imparare suonando, anziché conformarsi alla visione troppo spesso riduttiva che i dirigenti discografici hanno di cosa renda un’artista donna vendibile o addirittura possibile», spiegava la Punk Professor.
Ma il connubio del punk con le donne passa anche per quello che da sempre è il campo di battaglia cruciale delle questioni femminili - il corpo - in anni in cui assume centralità politica e diventa essenziale nella narrazione della propria visione del mondo. Corpi androgini a cui vengono in-
ferti tagli sul palco, spille da balia nelle guance, lamette appese al collo, tutto l’armamentario del punk tende a mostrare un conflitto attraverso corpi che sono l’antitesi del bello: nel caso delle punk, dall’apparecchio per i denti esibito da Poly Styrene, all’ovatta usata da Ari Up durante le mestruazioni, visibile dai bordi delle mutande e dalle minigonne, al tampone intriso nella vernice rosso scuro che Viv Albertine si appende all’orecchio. È il rifiuto degli stereotipi, che esplode anche grazie alla lotta femminista degli anni precedenti. Qui si innesta una discussione cruciale nel rapporto punk/femminismo, che Goldman mette in luce
in alcuni capitoli del libro: il femminismo delle bianche anglosassoni diventa a sua volta un’imposizione per chi appartiene a culture diverse.
Sono tante le eroine, o come le chiama Goldman, le sheroes, che compongono la ciurma ribelle e irriducibile, variegata e indomita, multietnica e geograficamente decentrata del libro, organizzato in quattro sezioni corrispondenti ad altrettanti temi (Identità femminile, Denaro, Amore/Non-Amore, Protesta), in cui l’autrice ha raggruppato le questioni e le preoccupazioni espresse dalle donne nella musica punk e dintorni. C’è una pioniera come Poly Styrene, la prima punk di etnia mista: «Tra di noi Poly era la visionaria: progressista, acuta, profonda, capace di creare ganci intelligenti e insolenti nelle canzoni. Inoltre si interes-
sava a questioni di più ampio respiro, come l’ecologia e l’identità di genere e come tutte le pioniere ha pagato un prezzo molto alto», dice Goldman. I medici non presero sul serio la sua malattia perché la consideravano mentalmente instabile; il cancro le fu diagnosticato quando ormai le rimaneva poco da vivere.
Tra le sheroes, facciamo la conoscenza di Sandra Izsadore, mentore di Fela Kuti a cui fece leggere gli scritti di Malcolm X, Angela Davis, Stokely Carmichael, Frantz Fanon e di altri pensatori rivoluzionari. Ci sono Grace Jones, Neneh Cherry e le Pussy Riot, ma l’importanza de La vendetta delle punk sta nella visione inclusiva con cui estende l’internazionale social-musical-femminista dall’Occidente all’Asia e all’America centrale e meridionale: ecco allora le Pragaash dal Kashmir, colpite da fatwa, insieme alle Zuby Nehty dalla Repubblica Ceca, alle prese con un altro genere di regime autoritario; la cinese Gia Wang, outsider fra le outsider in quanto schierata con Trump e gli ultraconservatori; l’indonesiana Kartika Jahja che ha sentito per la prima volta la parola femminismo da Kurt Cobain; o le basche Las Vulpes, provenienti dai quartieri proletari della Margen Izquierda di Bilbao.
IMPATTO SOVVERSIVO
Alla domanda su quale sia il genere musicale che oggi incarna l’impatto sovversivo del punk negli anni Settanta, Goldman risponde: «Oggi alcune delle sobillatrici sono artiste super commerciali come Beyoncé. Probabilmente è una delle nuove svolte della musica di protesta». Del resto fin dagli esordi, tra punk, reggae e hip hop la scintilla fu immediata. Che cosa li fece convergere in modo così naturale, ad esempio nella passione di Ari Up delle Slits per i sound system e il dub? «Il reggae era un mix potente di rivoluzione e ritmo. Il punk generalmente ignorava l’aspetto spirituale rasta, ma l’andamento lento del dub era una metafora cruciale del vivere in tempi così mutevoli. L’hip hop invece divenne un’in-
stracciavano ogni record di visualizzazioni e streaming con il singolo WAP, un acronimo che ha fatto partire un embolo a diversi repubblicani statunitensi. WAP sta per Wet-Ass Pussy. «Cardi B e Megan Thee Stallion sono il risultato di ciò che accade quando i figli vengono cresciuti senza dio e senza una figura paterna forte», ha tuonato un candidato repubblicano al senato che, dopo aver ascoltato per caso la canzone, ha sentito il bisogno di lavarsi le orecchie con l’acqua santa. Per fortuna sull’altra sponda degli Usa, una ginecologa ha colto al balzo l’occasione e per il New York Times ha scritto un articolo sulle gioie della lubrificazione vaginale.
«Non cucino, non pulisco, ma se vuoi ti dico come ho avuto questo anello», continua WAP, inserendosi perfettamente nel discorso sul denaro qui trattato nel capitolo 2. «Nella catena alimentare, io sono quella che ti mangia», prosegue la canzone nella sua cavalcata (letterale!) di liberazione sessuale femminile: «I ride on that thang like the cops is behind me» (Cavalco su quel coso come se avessi la polizia alle calcagna). Che strano accostamento, eppure rende bene l’idea. Che senso dell’umorismo beffardo, nell’anno di I can’t breathe di George Floyd. Poi viene da pensare a Breonna Taylor, al fatto che nessuno dei poliziotti che sono entrati sparando a casa sua mentre lei dormiva è stato accusato di omicidio. Infine penso a quanto è duttile l’acronimo WAP, al fatto che si può leggere anche come Women Against Patriarchy, e che così suona altrettanto punk e perfino meglio.
*Un estratto dalla prefazione al libro di Vivien Goldman «La vendetta della punk. Una storia femminista della musica da Poly Styrene alle Pussy Riot» (Vololibero Edizioni)
fluenza maggiore a cominciare dagli anni Ottanta. Tutti e tre i generi erano musica ribelle underground con un taglio DIY». L’epilogo (provvisorio) di questa storia è di circa un anno fa. Nell’agosto del 2020, Cardi B e Megan Thee Stallionluoghi lontani ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il movimento assorbendone l’audacia liberatoria. Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale. Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
Poco da aggiungere se non il fatto che questo libro ci porta a conoscere artiste che hanno portato non poca innovazione nel mondo della musica, spesso riuscendo a dare voce alle donne in un ambiente che le vedeva in minoranza ed in ruoli più marginali rispetto a quelli maschili. Le playlist proposte dall’autrice sono un ulteriore spunto di ricerca per il lettore ed appassionato di musica internazionale che si troverà a riscoprire artiste conosciute nonché molte altre meritevoli di ascolto.
….. Vivien Goldman rievoca decenni di incontri personali con una lunga serie di musiciste femministe. Grazie a essi possiamo apprezzare i traguardi raggiunti da queste esuberanti ragazze punk e quelli che in futuro potranno raggiungere.
Tina Weymouth (Talking Heads, Tom Tom Club)L’Autrice: Vivien Goldman
Di origini londinesi, è soprannominata “La Professoressa del Punk”. Professoressa associata presso la New York University, insegna musica punk, afrobeat e reggae.
Per quarant’anni è stata giornalista musicale, collaborando con testate come “Sounds”, “Melody Maker” e “New Musical Express”; ha lavorato fianco a fianco con personaggi come Bob Marley e Fela Kuti, di cui è stata la fidata cronista. Ha fatto parte di band new wave come Chantage e Flying Lizards; Resolutionary, una compilation che raccoglie le sue incisioni, è stata pubblicata nel 2016. Autrice di documentari, ha scritto cinque libri, tra i quali ricordiamo The Book of Exodus: The Making and Meaning of Bob Marley and the Wailers’ Album of the Century. La “Vivian Goldman Punk and Reggae Collection è ospitata nella Fales Library della New York University.
Goldman è anche co-autrice del libro Cherchez La Femme, da cui è tratto l’omonimo musical di Kid Creole che ha debuttato al La MaMa Theatre di New York nel 2016.
LA VENDETTA DELLE PUNK
Una storia femminista della musica da Poly Styrene alle Pussy Riot di Vivien Goldman Prefazione di Paola De Angelis
TITOLO ORIGINALE Revenge of the She-Punks: A Feminist Music History from Poly Styrene to Pussy Riot (2019) Traduzione di Fabio Zucchella FORMATO: 140x210 PAGINE: 280 PREZZO: € 22,00 ISBN 978-88-32085-22-8 www.vololiberoedizioni.it
Sport Vicenza - p.iva 02348500246 - CF NROFBA62R24L840U - Registro Imprese di Vicenza R.E.A. 224459-Sito internet by GierreWeb 2011 Privacy e Cookie“La vendetta delle punk”, il femminismo raccontato attraverso la musica
di Chiara Rita Persico (https://www.spettakolo.it/author/c-persico/)24 Novembre 2021(https://www.spettakolo.it/wp-content/uploads/2021/11 /Pussy_Riot_A_Punk_Prayer_5-640x426-610x404-1.jpg)
Un libro per narrare la storia di formazioni musicali al femminile che hanno fatto del punk uno strumento di lotta: ne Lavendettadellepunk (Vololibero (https://www.vololiberoedizioni.it/la-vendetta-delle-punk/), 280 pp.) l’autrice Vivien Goldman analizza quattro temi fondamentali: identità, denaro, amore e protesta – attraverso i quali approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria.
La prospettiva di Goldman sul giornalismo musicale è completa, potendo vantare anche una grande esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito in prima persona alla nascita del post-punk.
Con il suo inconfondibile stile viscerale, Vivien mescola ne Lavendettadellepunk interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per definizione demolisce gli steccati. Goldman analizza una canzone di Patti Smith come FreeMoney, per esempio, rievocando lo shopping a Notting Hill insieme alla cantante americana. Grazie alla testimonianza diretta della figlia della defunta Poly Styrene, scopriamo le motivazioni che nel 1978 hanno spinto la madre, di discendenza somala e scozzese-irlandese, a scrivere un inno del punk come Identity, caratterizzato da un ritornello che dice: “Identityisthecrisis,can’tyousee?”
Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani ma anche
di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk ha senz’altro influenzato il movimento assorbendone l’audacia liberatoria. Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione fino a raggiungere una vasta dimensione internazionale.
Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
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Di origini londinesi, Vivien Goldman è soprannominata “La Professoressa del Punk”: è infatti docente associata presso la New York University, dove insegna musica punk, afrobeat e reggae.
Per quarant’anni è stata giornalista musicale, collaborando con testate come Sounds, MelodyMaker e NewMusicalExpress; ha lavorato fianco a fianco con personaggi come Bob Marley e Fela Kuti, di cui è stata la fidata cronista. Ha fatto parte di band new wave come Chantage e Flying Lizards; Resolutionary, una compilation che raccoglie le sue incisioni, è stata pubblicata nel 2016. Autrice di documentari, ha scritto cinque libri, tra i quali ricordiamo The Book of Exodus: TheMakingandMeaningofBobMarleyandtheWailers’AlbumoftheCentury. La “Vivian Goldman Punk and Reggae Collection” è ospitata nella Fales Library della New York University.
Goldman è anche co-autrice del libro Cherchez La Femme, da cui è tratto l’omonimo musical di Kid Creole che ha debuttato al La MaMa Theatre di New York nel 2016.
Punk, plurale femminile
In 'La vendetta delle punk' la giornalista e scrittrice Vivien Goldman scrive il "womanifesto" del genere protestatario per eccellenza. «Ribaltiamo le narrazioni a favore di uno sguardo egualitario». E globale
La storia del punk, così com’è stata raccontata, è quasi tutta al maschile. Quali sono le band più citate quando si parla di questo genere musicale? Sex Pistols, Clash, Stooges, Ramones. Tutti uomini. Eppure le donne che hanno dato il loro contributo all’esplosione e all’evoluzione del punk sono tante: le ritrae Vivien Goldman nel suo libro La vendetta delle punk, uscito nella versione originale due anni fa, dal 23 novembre disponibile in italiano per Vololibero Edizioni.
Classe 1952, la giornalista e scrittrice londinese, da tempo di stanza a New York, si è data un obiettivo ambizioso: ripercorrere la storia del punk attraverso le gesta delle sue eroine. Il volume – 280 pagine in cui
decine di nomi di artiste punk si rincorrono fino a comporre un arazzo coloratissimo, stratificato, vitale – è il suo “womanifesto”, così lo definisce l’autrice in ottica femminista, ma la vendetta evocata nel titolo non è niente di aggressivo o rabbioso, né ha nulla della rivalsa meschina: si tratta, semmai, di un atto riparatore volto a colmare delle lacune e a portare in primo piano le “sheroes” e il potere trasformativo che il punk ha avuto su di loro.
«Io stessa sono stata liberata dal punk!», esclama Goldman in videochiamata da New York, davanti a una tazza di tè bollente. «Ho avuto la fortuna di vivere un mondo molto, molto diverso da quello di oggi. Negli anni ’70, quando sono uscita dal college, nel Regno Unito c’erano svariate riviste musicali che uscivano in edicola ogni settimana. E vendevano, oltre a pagare bene i giornalisti. C’era un vero e proprio business per chi amava la musica e desiderava raccontarla. Io mi ero laureata da poco alla Warwich University quando mi imbattei in un annuncio su un giornale free press di quelli che si distribuiscono in metropolitana: fu così che iniziai a scrivere per Cassettes and Cartridges. Era una testata che si occupava di new tech, ma è stato il primo passo per inserirmi nel settore dell’editoria».
Di scrivere non ha più smesso, anzi, successivamente Goldman si è costruita una carriera ricca di soddisfazioni realizzando il suo sogno: oltre a lavorare come PR per la Atlantic Records e la Island, ha collaborato da freelance o come redattrice con magazine musicali quali Sounds, NME, Melody Maker, è diventata una firma approdando anche sul Guardian e sul New York Times, ha pubblicato libri, prodotto documentari e programmi tv, diretto video. E in tutto ciò è stata talmente travolta dalla passione per la musica che si è messa a farla in prima persona, prima con i Flying Lizards, poi con il duo Chantage e con brani suoi, tra cui Launderette e Private Armies, realizzati nel 1981 con la complicità di John Lydon e Keith Levene (Public Image Ltd.), Adrian Sherwood e Robert Wyatt. Non proprio gli ultimi della classe.
«Sono stata fortunata, a quei tempi la musica era la forma d’arte che più di ogni altra univa i giovani. Non c’erano i social e tutte le distrazioni che si hanno adesso, era la musica il nostro linguaggio e io ne andavo matta. Amavo anche il cinema, ma mi sembrava più allettante la discografia e tutto ciò che vi ruotava attorno, e ora, dopo tutti questi anni, mi rendo conto di quanto sia stato incredibile che grazie al mio mestiere abbia potuto conoscere di persona artisti geniali come Bob Marley, Fela Kuti, Ornette Coleman e sì, anche fare parte della scena punk. La differenza rispetto a oggi è che quei musicisti erano visti come dei veri e propri eroi. O degli antieroi, se vogliamo. E non solo per la loro arte, ma anche per il loro pensiero che si faceva vita reale: ora quante figure ci sono con quel tipo di aura mitica?».
La domanda resta in sospeso, di sicuro con La vendetta delle punk Goldman quell’aura l’ha voluta conferire a tante cantanti e musiciste che nel punk hanno individuato uno strumento di emancipazione intrinsecamente democratico in quanto legato a un’etica DIY: nel libro Kate Korris delle Mo-dettes rammenta di quando Joe Strummer le mostrò un paio di accordi di chitarra per poi dirle «con questi potrai fare qualunque cosa, devi solo provarci».
«E aveva ragione, bisognava avere coraggio e buttarsi», osserva Goldman. «Io stavo a Londra, i Clash e le Slits erano praticamente miei vicini di casa ed è per questo che sono diventati amici. Si respirava un’atmosfera talmente liberatoria che alla fine mi misi a fare musica pure io. E non l’avevo mai nemmeno immaginato prima: non era certo facile imbattersi in donne che suonavano… Ma è così che è andata e ci tengo a dirlo perché se il libro La vendetta delle punk esiste è perché le mie incisioni sono state ripubblicate nel 2016, perciò non riesco a separare le pagine che ho scritto dai brani che ho registrato, compresi quelli inclusi nel mio album uscito pochi mesi fa, Next is Now: scrivere di quanto l’industria musicale sia stata, nei decenni, sprezzante nei
L’intrecciarsi di dimensione professionale e vita vissuta ha nutrito anche la stesura della sua “storia della musica femminista da Poly Styrene alle Pussy Riot”, come recita il sottotitolo di La vendetta delle punk: con una scrittura vivace e coinvolgente, Goldman mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali da insider e a una serie di playlist, evitando la strada del saggio nozionistico così come l’esposizione cronologica e costruendo, piuttosto, un interessante mosaico di voci anche molto lontane l’una dall’altra in quanto provenienti da contesti culturali differenti. È l’approccio multiculturale, inclusivo e intersezionale abbracciato da qualche anno dalle inglesi Big Joanie, approccio che deve molto alla succitata Styrene, leader degli X-Ray Spex, nonché prima punk di etnia mista. “Le donne del punk reclamano a gran voce il diritto di avere uno spazio tutto per sé e questo si deve tradurre nella possibilità di agire concretamente”, si legge a pagina 71, ma non solo le donne britanniche e americane: per rendere la sua indagine il più possibile esaustiva, Goldman ha incluso nel suo radar artiste punk di diverse generazioni e provenienti da molte parti del mondo, dal Giappone come dall’India, dalla Colombia come dall’Indonesia, dalla Repubblica Ceca come dalla Nigeria, dalla Germania come dalla Russia.
«Sono andata a cercarle, ci ho parlato, le ho intervistate, l’intento era di illuminare le loro esistenze per elevarle a modelli cui le giovani di oggi possano ispirarsi. È stato come riempire un vuoto: tutti conoscono i Clash, molti meno sanno chi sono le Raincoats di Ana da Silva e Gina Birch». E continua: «Come affermo nel libro, uno dei diktat più crudeli dell’industria discografica giovanilistica maschile voleva che il periodo di validità di un’artista donna fosse ancora più corto della lunghezza delle minigonne che le ragazzine avrebbero indossato nella stagione successiva. È roba del passato? Non del tutto: oggi una teenager può sognare di diventare una pittrice o una batterista, mentre fino a non così tanto tempo fa si dava per scontato che quel sogno non fosse adatto a una donna punto e basta, però certe dinamiche perdurano e il tema della rappresentanza femminile nella
confronti delle artiste donne mi ha spinto nuovamente a tirare fuori l’artista che c’è in me». Vivien Goldman. Foto: Alexesie Pinnockmusica è ancora centrale. Di mio ho lottato per valorizzarla, quella rappresentanza, a dispetto dei gatekeeper tradizionali, che erano – e perlopiù sono – maschi».
«Non dimenticherò mai alcune riunioni di redazione in cui se spiegavo di voler scrivere di questa o quell’altra musicista gli uomini attorno a me reagivano dicendomi cose tipo “le donne non s’interessano di musica, perché dovremmo parlare di loro?”. Io rispondevo “look at me, what am I, chopped liver?”, che è un’espressione ebraica che si usa quando ci si sente socialmente sminuiti. Ed è ciò che dico tuttora ai colleghi uomini che magari pensano che il mio sia un libro sulle donne e quindi per le donne: conoscere la storia del punk attraverso le sue eroine e non solo attraverso i suoi eroi è l’unico modo per avere un quadro completo relativo alla nascita e allo sviluppo di questo genere musicale. Lo stesso discorso si può fare per la storia di qualsiasi tipo di musica e di espressione artistica: è giunto il momento di ribaltare la narrazione, anzi, le narrazioni, a favore di uno sguardo egualitario. E non si tratta di un’operazione separatista: la parità di genere è un traguardo comune, ha a che fare con i diritti che tutti, uomini e donne, meritiamo e nonostante i grossi passi avanti non l’abbiamo ancora raggiunta. Ci sono più donne in ogni settore professionale, è vero, ma chi detiene il potere?».
Ecco, il potere: che cos’è quest’ultimo per un’artista punk? I capitoli “Denaro” e “Protesta” affrontano in parte l’argomento. Da un lato, mostrando l’arte di arrangiarsi e il rifiuto del consumismo sfrenato e omologante da parte di un mucchio di donne che nel punk hanno trovato un mezzo per realizzarsi e costruirsi la propria identità su un terreno lontano da ogni stereotipo di genere. Dall’altro, descrivendo la forza irruente di una musica che tutt’oggi – vedi il caso Pussy Riot – porta in sé un sentimento di ribellione contro lo status quo di cui è innegabile la natura politica.
«A volte sui giornali si trovano articoli dedicati alle canzoni d’amore punk e, per carità, non è che non esistano, ma la verità è che il punk è innanzitutto una musica di protesta, una musica provocatoria e antagonista che ha lo scopo di unire le persone per stimolare un cambiamento nella società. Poi, certo, il cambiamento può essere interpretato in tanti modi, ricordo bene quando negli anni ’70 il National Front provò a lanciare dei gruppi punk fascisti, però posso dire una cosa? Le band di quel tipo non sono mai durate».
Scrivendo il libro, però, lei che nel ’78, da figlia di rifugiati ebrei tedeschi nella Londra del secondo dopoguerra, aveva «provato grande conforto nella Rock Against Racism March, che aveva per la prima volta unito sul palco musicisti bianchi e di colore», è rimasta colpita da una storia: «Quella della cinese Gia Wang, unica artista punk che abbia mai conosciuto schierata con Trump e che si riconosce in posizioni antiabortiste: le sue argomentazioni mi hanno scioccata, date le sue scelte artistiche, e in cerca di una spiegazione le ho chiesto se il fatto di essere cresciuta in un Paese dove tra il 1979 e il 2015 l’aborto è stato utilizzato come strumento coercitivo per il controllo delle nascite potesse averla condizionata. Si è arrabbiata tantissimo e ha sollevato obiezioni di tipo spirituale-religioso. Ma la sua è una voce isolata, nel punk le donne sono al 99,99% per la libertà di scelta e per l’autodeterminazione nella gestione del proprio corpo, principi non certo sostenuti dai regimi autoritari. Perciò in questi ultimi il punk diviene spesso un mezzo per mettere alla prova i governi: sono una donna, voglio la mia libertà, suono la musica che mi pare dicendo tutto quello che mi pare, vediamo cosa fai. È una sfida. Serve audacia per fare una cosa del genere, eppure c’è chi lo ha fatto e chi lo fa ancora, nella consapevolezza che può finire bene, ma anche male».
«Come racconto nel libro, nel 2013, nella regione indiana del Kashmir, le Pragaash, punk band il cui nome significa “luce”, sono state addirittura colpite da fatwa e hanno dovuto rinunciare ai loro sogni. Mentre a Mumbai le Vinyl Records hanno sviluppato una loro forma di pop-punk/new wave dal sound ottimista, ma
non priva di messaggi anti-misogini, che in anni recenti le ha portate a conquistare un crescente seguito, tant’è che Red Bull ha sponsorizzato alcuni loro concerti. Le storie possono essere molto diverse l’una dall’altra, ma ciò che è emerso dalla mia ricerca è che il punk è in primis un urlo contro le ingiustizie sociali, i privilegi di classe e le discriminazioni che è stato dirompente in passato e che continua a riverberare a ogni latitudine del pianeta oggi».
Parla così “the punk professor” Vivien Goldman, professoressa al Clive Davis Institute of Recorded Music della New York University, esperta di punk e post punk, oltre che di reggae, dub, afrobeat, da sempre attenta alla contaminazione tra generi. Anche da artista: non è un caso che il suo nome compaia tra i crediti di un classico del trip hop come Sly dei Massive Attack, ma soprattutto la sua produzione musicale è un miscuglio degli stili sopra citati. Il che vale anche per le tracce del nuovo Next Is Now, dopo vari singoli, un EP e la raccolta Resolutionary, il suo primo album in studio prodotto da Martin Glover alias Youth (Killing Joke, The Orb, Paul McCartney). «Ci conosciamo sin da ragazzini, stavamo entrambi a Ladbroke Grove/Notting Hill, io da brava borghese pagavo l’affitto, lui viveva in uno squat, in quel quartiere c’era tutta la scena punky-reggae, si tenevano sound system in continuazione. Youth era sempre molto brillante, amava mangiare e io ero una brava cuoca, per cui…».
Scoppia a ridere, ammette che i ricordi la commuovono, parlare di reggae la porta a un’altra frequentazione storica: «All’inizio della mia carriera ho lavorato come PR e mi sono ritrovata nel team che seguiva Bob Marley & The Wailers e… Bob è diventato una sorta di mentore per me, lavorare con lui è stato favoloso, mi ha trasmesso valori in cui credo ancora adesso. Era un uomo sincero e ha vissuto per la sua musica, i soldi gli servivano come a tutti, ma per lui suonare, scrivere canzoni e condividerle con altri era una missione, e l’ha portata avanti fino alla morte. Ogni tanto parlavamo di punk e di reggae, ricordo che la prima volta che sentii la sua Punky Reggae Party (del 1977, nda) mi venne da sorridere perché vi riconoscevo molte delle nostre conversazioni: lui che mi chiedeva chi fossero tutte quelle persone con quelle buffe spille da balia ovunque e io che gli rispondevo che erano diseredati come lui, giovani irrequieti, disprezzati dalla società, ma desiderosi di fare sentire la loro voce e di smuovere le coscienze. Fu così che Marley scrisse quel pezzo. E sai una cosa? Nella versione originale che all’epoca avevo avuto modo di sentire in studio citava le Slits! Poi le ha tolte dal testo, forse erano troppo per lui: benché non concordi con chi ritiene che Bob fosse sessista, perché l’ho conosciuto e so che tipo di ragazzo fosse, aveva i suoi limiti. Ma erano anche altri tempi, altri contesti, e ciò che mi ha insegnato lo porterò sempre con me. “La lotta continua”, mi diceva sempre, e aveva ragione: non dobbiamo smettere di combattere per un mondo migliore».
Il tempo sta per finire, Vivien ci confida che Revenge of the She-punks potrebbe diventare uno show tv in più puntate. Si accenna anche al suo vecchio amico John Lydon («ha dichiarato di sostenere Trump, deludendo molti…») e a Patti Smith, l’icona punk che più di tutte è riuscita ad assicurarsi un’invidiabile longevità dividendosi tra poesia, libri, dischi e concerti che sono inni di pace e speranza. «Comunica bene persino su Instagram, ovunque vada è accolta come una dea», osserva Goldman. «Perché è, sì, un’icona punk, ma non dimentichiamo che ha iniziato prima dell’esplosione di questo genere collaborando con gente come William Burroughs e Allen Ginsberg, per poi portare la filosofia bohemian-beatnik dentro al punk».
Rimane un’ultima curiosità: che cosa pensa una femminista punk come la giornalista britannica di un’icona del femminismo odierno come Beyoncé? «Il femminismo per me è sempre stato legato a un tipo di musica per outsider e il punk appartiene a questa categoria, per cui è stato strano per me vedere una popstar come Beyoncé assumere quel ruolo. Ma apprezzo il modo in cui ha costruito il suo immaginario e da professoressa universitaria, avendo il privilegio di poter osservare le nuove generazioni da vicino, ho visto con i miei occhi
l’impatto positivo che ha avuto su molte ragazze negli ultimi anni: si tratta sempre di avere il maggior numero possibile di modelli femminili e non solo maschili. Hai visto, per esempio, cosa sta combinando Willow, la figlia di Will Smith e Jada Pinkett? Fa la cantante e si rivolge al suo pubblico con un linguaggio e un’estetica punk, ed è interessante perché ovviamente è una ragazza privilegiata. Quel che voglio dire è che l’importante è che ogni donna sia libera di essere ciò che sogna di essere, dopodiché per le anime ribelli e anticonformiste il punk resta la via più naturale. C’è sempre qualcuno che vorrebbe destituirlo, ma la verità è che lo spirito libero e l’atteggiamento DIY che questo genere porta con sé non hanno mai smesso di circolare. Solo settimana scorsa una fotografa mi faceva notare quanto punk ci sia a New York in questo momento: se ami la musica e hai qualcosa da dire, ma non sai come farti ascoltare, trovi uno spazio per le prove, contatti qualche locale per i concerti, crei tu stesso una comunità. Non serve chissà quale struttura ed è questo che rende l’energia travolgente del punk potenzialmente eterna. Nemmeno la cultura capitalistica oggi dominante può metterla a tacere: è una specie di istinto primigenio».
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MARTEDÌ, DICEMBRE 07, 2021
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L'audacia e il coraggio delle artiste che sfidano le difficoltà devono essere esaltati. Proprio come le donne che trovano il modo di celebrare la vita e di creare ciò che vogliono con o senza soldi, mettendo insieme tutte le risorse di cui dispongono. Ma quando Babilonia e/o il mondo decidono di elargire i loro frutti, non mangiateli tutti per conto vostro. Tenetevi il denaro per fare quello che avete voglia di fare ma non dimenticate di distribuirlo anche in giro.
Tra i tanti aspetti che hanno reso il PUNK così IMPORTANTE c'è stata la centralità della figura femminile che ha preso posto sul palco finalmente non più come figura comprimaria ma come protagonista principale.
Bastino nomi come Patti Smith, Siouxsie, Chrissie Hynde o Debbie Harry ma c'è tutto un sottobosco meno noto che va da PolyStirene a Pauline Black, Rhoda Dakar, le Slits, le Raincoats, Vi Subversa, Pussy Riot o nomi rivoluzionari come Grace Jones e mille altre che hanno aperto porte, orizzonti, possibilità a tante altre ragazze e ricodificato un genere apertanente e dichiaramente maschilista come il "rock".
Vivien Goldman, prestigiosa giornalista musicale, ma non solo, scrive un pregevole saggio in cui percorre varie esperienze di questi personaggi analizzando quattro temi fondamentali come identità, denaro, amore e protesta che dimostrano quanto il punk sia stato un elemento determinante e importante per la liberazione delle donne. Si parla anche di artiste sconosciute ma per ogni capitolo c'è una playlist dettagliata per andare alla ricerca di nomi oscuri. Ma anche di nomi famosi: "Oggi alcune delle sobillatrici sono artiste super commerciali come Beyoncé. Probabilmente è una delle nuove svolte della musica di protesta".
Un libro che va oltre un mero elenco di nomi, al contrario un'analisi profonda di un periodo di enorme importanza in ambito non solo musicale ma sociale e culturale.
"Il punk nasce per esprimere rabbia e frustrazione, sentimenti che le donne conoscono bene perché spesso ci
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convivono. Inoltre il punk funziona alla grande per coloro che hanno meno accesso agli strumenti - è il caso di molte donne - e la sua etica DIY incoraggia a imparare suonando, anziché conformarsi alla visione troppo spesso riduttiva che i dirigenti discografici hanno di cosa renda un'artista donna vendibile o addirittura possibile".
A volte sembra che per le donne la parità salariale sia una causa talmente antica da essere ormai totalmente priva del fascino delle "novità".
Alcune artiste di questo libro sono restie a definirsi femministe
Se però chiedi loro se credono alla parità di retribuzione per le donne, rispondo sempre di si, il che significa che dopo tutto sono femministe.
La lotta per la parità salariale femminile potrebbe essere diventata invisibile proprio perché si prolunga da tempo immemore ed è esattamente quella forma di invecchiamento che, per ironia della sorte, molte donne temono.
Vivien Goldman
La vendetta delle punk
VoloLibero Edizioni 268 pagine euro 22
Pubblicato da tony-face a 12:30 AM Etichette: Libri
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solo
groupie.
Da Poly Styrene a Chicks on speed, ecco le ragazze del punk
In lotta contro il patriarcato, le disparità di genere, le differenze di salario o semplicemente contro lo stereotipo che le voleva tra le groupie a supportare un mondo di musicisti tutti maschi: le donne hanno animato la musica punk sin dai suoi esordi, ma il loro nome è >nito in secondo piano rispetto a quello dei colleghi uomini. E allora tutti conoscono Clash e Sex Pistols, meno le Bush Tetras, Alice Bags, Malaria!, Slits, Maid of Ace. E se le Pussy Riot sono note in tutto il mondo per la brutta vicenda giudiziaria e la condanna delle due leader Marija e Nadežda dopo una performance di protesta contro il presidente russo Vladimir Putin nel 2012, meno noto è il pro>lo musicale del collettivo russo che ha dato alle stampe quattro album in studio e diversi singoli. Per fare luce su questo mondo femminileè arrivato in libreria "La vendetta delle punk, una storia femminista della musica da Poly Stirene alle Pussy Riot", scritto dalla musicista e giornalista inglese Vivien Goldman e pubblicato oggi in Italia da Vololibero.
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per la cerimonia di chiusura del suo mandato). Non ha bisogno di grandi presentazioni Patti Smith, artista, poetessa e cantante americana che nel 1975 si affacciò nel mondo del rock con "Horses", considerato a tutti gli effetti un disco punk. Tra le meteore involontarie contiamo Las Vulpes, band fondata da due giovanissime sorelle, Lupe e Loles Vasquez, nel 1980; nel 1983, dopo aver animato la scena punk spagnola underground, vennero invitate a una trasmissione televisiva del sabato mattina e si esibirono con una canzone dal testo piuttosto esplicito, "Me gusta ser una zorra". Fu uno scandalo per la tv spagnola, il programma venne cancellato, il direttore della programmazione licenziato, le due sorelle bandite dalla scena musicale spagnola; quel che rimane delle Vulpes è un disco registrato nel 2003 con le loro (poche) canzoni.
Il punk ha attraversato i decenni e valicato con>ni prendendo forme nuove e sperimentali: nei primi anni Novanta in un college di Whashington nacquero le Bikini Kill, considerate le più rappresentantive del sottogenere Riot Grrrl e guidate dalla carismatica Kathleen Hanna, poi leader di un altro progetto al femminile che mescola temi punk e suoni elettronici, Le Tigre. Tra le più recenti ci sono le Cheeks on speed, tedesche, che Vivien Goldman de>nisce come "progetto multidisciplinare femminista ed electropunk" e che produssero, nel 2006, una interessante e preziosa antologia dal titolo "Girl Monster". Alcune sono uscite dalla scena underground per approdare in quella più mainstream come Pink, Skin e Gwen Stefani portando con sé un piglio aggressivo e anticonformista.
Chicks on speed
Punk al femminile, non solo musica "Fin dagli albori, alla metà degli anni Settanta, le donne hanno utilizzato un genere così conmittuale per superare con messibilità gli ostacoli che si frapponevano sul loro cammino - così Vivien Goldman -
in una s>da in continua evoluzione combattuta su una molteplicità di fronti. Perché le donne sono perennemente costrette a lottare: per riuscire a suonare la musica a modo loro e a volte per scoprire quale sia quel modo". Non solo musica dunque, ma ricerca di identità, impegno sociale, affermazione di sé e lotta quotidiana contro stereotipi e ingiustizie. Ancora oggi, quasi mezzo secolo dopo la sua nascita, il punk fa rima con femminismo.
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con l’avvento sui palchi di signore di ferro ben consapevoli del potere che emana dal loro ruolo: Poly Styrene, Siouxsie Siux, e ancora le Go Go’s, le Slits, The Raincoats, Malaria!, Lydia Lunch, Diamanda Galas, Mo-dettes, Las Vulpes, Nina Hagen, solo per citarne alcune. L’Italia, così come la Spagna, non trovano posto in questa pubblicazione per questioni di spazio ma vogliamo ricordare noi personaggi come Alaska y los Pegamoides e Jo Squillo che, seppure con le dovute differenze e evoluzioni, hanno comunque operato in contesti ultra conservatori e cattolici con un’attitudine provocatoria notevole.
Tematiche scomode, doppi sensi e verità inconfutabili contro una società che per secoli ha taciuto il talento delle donne (dalla letteratura all’arte fino al teatro) sono il trait d’union tra formazioni al femminile che imperversano in ogni parte del globo fin dagli albori del Punk, negli anni ’70. La grande opportunità del Punk è stata quella di rassicurare non solo le donne ma ogni tipo di persona che si sentiva esclusa e emarginata sulla possibilità di costruirsi una vita su misura, senza sentirsi “sbagliata”. Accanto alla musica si affianca l’impegno sociale, con dibattito, confronti e attività intellettuale, perché la battaglia necessità di più armi per essere vinta.
Intorno a queste pioniere iniziano a consolidarsi un pensiero e un’animosità che hanno viaggiato fino agli anni ’90 e che sono ancora attuali ai nostri giorni, basti pensare al movimento delle Riot Grrrls o le Pussy Riot. Quel suono così onesto e quell’attitudine ironica hanno lasciato traccia indelebile anche nella generazione di musiciste che si sono dedicate all’elettronica come Chicks on Speed, ma anche Adult, Mia, Le Tigre, Bikini Kill e altre.
Il motivo? Perché il Punk continua a essere la voce più adatta a cantare disuguaglianze e disagio e le donne, ancora oggi, sono oggetto di politiche atte a sminuirle professionalmente e personalmente. Contro una società che dagli anni ’50 chiede alle ragazze di essere carine si leva ancora una volta la “Vendetta delle punk”.
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C O L L A B O R A
02nd Feb2022
L a v e n d e t t a d e l l e p u n k
by Massimo Canorro
“Sono stato punk prima di te” canta Enrico Ruggeri. Anticipando Vivien Goldman? Già, perché qui stiamo parlando di una vera e propria istituzione nel genere. Veterana del punk, ma anche della new wave e del reggae, Goldman – classe 1952 – va considerata un punto di riferimento del giornalismo musicale, tanto da essere soprannominata la “professoressa del punk”. E proprio l’autrice di origini londinesi ha firmato, con la solita competenza, un volume assai interessante, realmente investigativo, all’interno del quale mescola interviste e narrazione storica alle proprie esperienze personali (e ne ha da raccontare). All’interno di La vendetta delle punk (Vololibero, 280 pagine, 22 euro) l’autrice analizza quattro temi basilari – identità femminile, denaro, amore/non amore, protesta – per ciascuna delle quali offre ai suoi lettori una ricca playlist (per leggere e ascoltare insieme: mica male). Un poker di argomenti tanto differenti quanto collegati mediante cui Goldman, professoressa associata presso la New York University dove insegna musica (“è sempre stata la mia compagna di ballo”) di genere punk, afrobeat e reggae, sviscera i motivi per i quali il punk costituisce per le donne di ieri e di oggi una forma artistica così liberatoria.
Da qui il sottotitolo del saggio: “Una storia della musica femminista da Poly Styrene alle Pussy Riot”. La prima, all’anagrafe Mary Joan Elliott Said, è stata la cantante e leader gruppo punk rock inglese X-Ray Spex. Le seconde, invece, sono un collettivo punk rock russo, femminista e politicamente impegnato che opera sotto anonimato (in realtà la misteriosa ensemble ha fatto parlare di sé più per questo aspetto che per la musica). Ben tradotto da Fabio Zucchella, “La vendetta delle punk” dimostra quanto l’approccio di Goldman sul giornalismo musicale sia completo, potendo contare anche su un’importante esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito – in maniera diretta – alla nascita del post-punk. Padroneggiare la materia: sai farlo bene. E nell’introduzione del volume, Paola De Angelis – autrice e conduttrice radiofonica – scrive correttamente: “Sono tante le eroine, o come le chiama Goldman, le sheroes che compongono la ciurma ribelle e irriducibile, variegata e indomita, multietnica e geograficamente decentrata del libro, organizzato in quattro sezioni corrispondenti ad altrettanti temi in cui l’autrice ha raggruppato le questioni e le preoccupazioni espresse dalle donne nella musica punk e dintorni”.
Si legge (assai) bene questo saggio, nel quale l’autrice presenta musiciste grintose e originali ma, soprattutto, coraggiose. Artiste provenienti da luoghi lontani, tanto eclettiche quanto rivoluzionarie. Donne punk per le quali “vendetta significava ottenere il medesimo accesso dei coetanei maschi al creare la propria musica, suonare e farsi ascoltare”, incalza Goldman. Punk al femminile: le donne che hanno segnato, in modo indelebile, il genere (altro che “fateci vedere le tette!”). Non semplici figure comprimarie, dunque, ma protagoniste senza se e senza ma. Perché non ci sono stati (né ci sono) solo i “colleghi” maschi: Sex Pistols e Clash su tutti. Meno che mai si può sempre e solo parlare – che Dio la benedica sempre, per carità – di Patti Smith, cantautrice statunitense che oltre che a essere un’icona rock, è anche la madrina di larga parte del punk al femminile (la stessa “sacerdotessa” è presente ovviamente nel racconto, insieme a Grace Jones, Kathleen Hanna e ad altre decine di energiche artiste. Un “semplice” elenco di nomi? Tutt’altro, qui la “ciccia” è tanta).
È una lunga cavalcata – meglio ancora, un intenso tour musicale senza abbandonare il divano – quello che curiosi e appassionati possono vivere sfogliando le pagine di questo libro. Le cui pagine, salpando dalle origini del vecchio continente del punk, approdano ad una dimensione ancora più ampia (dalla Colombia all’Indonesia, così per dire). Scrive l’autrice (che ha lavorato a stretto gomito con personaggi del calibro di Bob Marley e di Fela Kuti, di cui è stata la fidata cronista): “Il viaggio che mi ha condotta a scrivere questo libro inizia in realtà nel 1975, quando cominciai a collaborare con Sounds, un settimanale assai combattivo che si occupava del punk rock più marginale e che pubblicava articoli sulle donne nel rock”. Insomma: il punk è anche donna? Certo che sì. E come si fa a non crederle, quando Goldman scrive: “Ogni volta che noi donne ci stringiamo – metaforicamente – intorno al fuoco, con l’accompagnamento vocale degli uomini che ci amano – sprigioniamo una forza che ci permette di ballare, cantare e condividere le nostre storie e le nostre canzoni”.
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T i n a We y m o u t h ( Ta l k i n g H e a d s , To m To m C l u b )
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V i v i e n G o l d m a n
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LA VENDETTA DELLE PUNK, VIVIEN GOLDMAN
Il punk è soprattutto un movimento di libertà, il cui obiettivo è quello di dare voce a coloro che vengono emarginati, trattati con sufficienza e guardati con disprezzo. In questo contesto sociale, fortemente predatorio, reazionario e maschilista, il punk, al di là della sua vincente filosofia artistica DIY, permette a chiunque, di prendere coscienza di sé.
Una presa di coscienza che nasceva dall’interno e che, solitamente, rifiutava qualsiasi compromesso con la società borghese degli anni Settanta, così come, oggi, si oppone alle pressioni esercitate dal suo naturale erede rappresentato dal sistema neoliberista globale. Il movimento punk ha assorbito, sin dagli arbori, le dinamiche e le idee che avevano mosso i movimenti femministi degli anni Sessanta e Settanta; ha fatto propri quei concetti liberatori, li ha esaltati e amplificati, andando a rivendicare l’adozione di modelli familiari, sociali, lavorativi, economici e politici che non fossero più di stampo esclusivamente bianco, maschile e eterosessuale.
SPOTIFY – PARANOIDPARK
INDIE FOR BUNNIES
Febbraio 10, 2022 Febbraio 10, 2022 Febbraio ANNIVERSARI DISCHI EVENTI PAROLE PLAYLIST VIDEO
totalmente nuovo e svincolato dalle morbose divisioni di genere, sesso, razza, classe, colore, religione che hanno puntualmente caratterizzato il nostro passato e la nostra storia.
A queste quattro parti corrispondono quattro playlist ben definite, che rappresentano la vera vendetta di Vivien Goldman, la professoressa del punk; non si tratta, infatti, di una vendetta figlia dell’odio, del dolore e della rabbia, bensì di una reale e concreta affermazione del ruolo fondamentale che queste donne hanno avuto nella storia della musica alternativa, territorio che, come tanti altri, gli uomini credono di poter controllare a proprio piacimento.
1975: Tutti Al Castello del Dottor Frank-N-Furter
Febbraio 4, 2022
See Through You, A Place To Bury Strangers
Febbraio 4, 2022
Ambienti e Rovine EP + (coda)., PLUHM
Febbraio 4, 2022
Nowhere Emilia, Ibisco
Febbraio 3, 2022 Febbraio 3, 2022
Harsher
Vivien Goldman, forte delle sue esperienze, mescola storia della musica, filosofia, diritti civili, etica e politica con i propri ricordi personali, cercando di rapire l’attenzione del lettore con aneddoti, fatti e vicende realmente accadute, ma anche con esempi di vita concreti, capaci di trasmettere tutta l’energia, la positività, il coraggio, la determinazione e l’impegno delle protagoniste, donne e artiste che sono andate ben oltre il nauseante, bonario e aberrante cliché politically-correct della donna che fa rock. Ogni sua parola, invece, ogni canzone citata, ogni band o artista che viene chiamata in causa, ogni playlist, mettono dinanzi ai nostri occhi una quotidianità che, ancora oggi, è profondamente ingiusta, brutale, ipocrita e violenta. Ma il punk non ha paura – non ne ha mai avuta – ad affrontare tematiche impopolari, ad esprimere posizioni che non piacciono all’establishment e ai loro sostenitori, ad essere trasversale e obliquo, rifiutando qualsiasi vile sotterfugio e qualsiasi meschino compromesso.
Febbraio 3, 2022 Gennaio 29, 2022 Gennaio 29, 2022
Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta" (www.checkpointcharlie.com). Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).
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Novembre 21, 2021
Da Il Manifesto
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Per le donne che circa mezzo secolo fa decidevano di fare della musica la loro ragione di vita, gli esempi più dirompenti erano le cantanti blues americane degli anni Venti e Trenta. Oggi è difficile immaginare quanto fosse audace per una ragazza – ancora alla fine degli anni Settanta – imbracciare una chitarra, lo strumento maschile per antonomasia, ed essere la leader di un gruppo. Se poi il gruppo era di sole ragazze, l’impatto era ancora più sensazionale, perché di gruppi femminili vocali ce n’erano stati a bizzeffe, ma di ragazze con uno strumento sul palco no. Cynthia Robinson e Rose Stone, trombettista e tastierista di Sly and the Family Stone, non erano dei modelli sufficientemente popolari e comunque non erano le leader del gruppo. Janis Joplin e Grace Slick lo erano ma non suonavano uno strumento. Viv Albertine delle Slits comprò la sua prima chitarra con i soldi ereditati dalla nonna Frida. Quando lo dice al suo ragazzo, Mick Jones dei neonati Clash, teme che lui le riderà in faccia. Invece Mick la accompagna in un negozio di Denmark Street dove la prima chitarra che Viv prende in mano è una piccola Rickenbacker
rossa. «John Lennon ne suonava una uguale», le dice Mick. Alla fine comprerà una Les Paul Junior Sunburst single-cutaway del 1969, la cui forma le ricorda un bel culo. «Per la prima volta nella mia vita mi sento me stessa», pensa mentre torna a casa con la chitarra dentro una vecchia custodia di cartone.
OCCASIONE PERFETTA
Per moltissime ragazze il punk fu l’occasione perfetta per salire sulle barricate, imbracciando l’etica del DIY come una baionetta antimachista. Perché il punk ebbe tanta presa sulle donne?, chiesi a Vivien Goldman durante l’intervista in occasione dell’uscita di The Revenge of the She Punks. «Il punk nasce per esprimere rabbia e frustrazione, sentimenti che le donne conoscono bene perché spesso ci convivono. Inoltre il punk funziona alla grande per coloro che hanno meno accesso agli strumenti – è il caso di molte donne – e la sua etica DIY incoraggia a imparare suonando, anziché conformarsi alla visione troppo spesso riduttiva che i dirigenti discografici hanno di cosa renda un’artista donna vendibile o addirittura possibile», spiegava la Punk Professor Ma il connubio del punk con le donne passa anche per quello che da sempre è il campo di battaglia cruciale delle questioni femminili – il corpo – in anni in cui assume centralità politica e diventa essenziale nella narrazione della propria visione del mondo. Corpi androgini a cui vengono inferti tagli sul palco, spille da balia nelle guance, lamette appese al collo, tutto l’armamentario del punk tende a mostrare un conflitto attraverso corpi che sono l’antitesi del bello: nel caso delle punk, dall’apparecchio per i denti esibito da Poly Styrene, all’ovatta usata da Ari Up durante le mestruazioni, visibile dai bordi delle mutande e dalle minigonne, al tampone intriso nella vernice rosso scuro che Viv Albertine si appende all’orecchio. È il rifiuto degli stereotipi, che esplode anche grazie alla lotta femminista degli anni precedenti. Qui si innesta una discussione cruciale nel rapporto punk/femminismo, che Goldman mette in luce in alcuni capitoli del libro: il femminismo delle bianche anglosassoni diventa a sua volta un’imposizione per chi appartiene a culture diverse. Sono tante le eroine, o come le chiama Goldman, le sheroes, che compongono la ciurma ribelle e irriducibile, variegata e indomita, multietnica e geograficamente decentrata del libro, organizzato in quattro sezioni corrispondenti ad altrettanti temi (Identità femminile, Denaro, Amore/Non-Amore, Protesta), in cui l’autrice ha raggruppato le questioni e le preoccupazioni espresse dalle donne nella musica punk e dintorni.
L’edizione italiana del libro di Vivien Goldman, il testo originale è uscito nel 2019 C’è una pioniera come Poly Styrene, la prima punk di etnia mista: «Tra di noi Poly era la visionaria: progressista, acuta, profonda, capace di creare ganci intelligenti e insolenti nelle canzoni. Inoltre si interessava a questioni di più ampio respiro, come l’ecologia e l’identità di genere e come tutte le pioniere ha pagato un prezzo molto alto», dice Goldman. I medici non presero sul serio la sua malattia perché la consideravano mentalmente instabile; il cancro le fu diagnosticato quando ormai le rimaneva poco da vivere. Tra le sheroes, facciamo la conoscenza di Sandra Izsadore, mentore di Fela Kuti a cui fece leggere gli scritti di Malcolm X, Angela Davis, Stokely Carmichael, Frantz Fanon e di altri pensatori rivoluzionari. Ci sono Grace Jones, Neneh Cherry e le Pussy Riot, ma l’importanza de La vendetta delle punk sta nella visione inclusiva con cui estende l’internazionale social-musical-femminista dall’Occidente all’Asia e all’America centrale e meridionale: ecco allora le Pragaash dal Kashmir, colpite da fatwa, insieme alle Zuby Nehty dalla Repubblica Ceca, alle prese con un altro genere di regime autoritario; la cinese Gia Wang, outsider fra le outsider in quanto schierata con Trump e gli ultraconservatori; l’indonesiana Kartika Jahja che ha sentito per la prima volta la parola femminismo da Kurt Cobain; o le basche Las Vulpes, provenienti dai quartieri proletari della Margen Izquierda di Bilbao.
IMPATTO SOVVERSIVO
Alla domanda su quale sia il genere musicale che oggi incarna l’impatto sovversivo del punk negli anni Settanta, Goldman risponde: «Oggi alcune delle sobillatrici sono artiste super commerciali come Beyoncé. Probabilmente è una delle nuove svolte della musica di protesta». Del resto fin dagli esordi, tra punk, reggae e hip hop la scintilla fu immediata. Che cosa li fece convergere in modo così naturale, ad esempio nella passione di Ari Up delle Slits per i sound system e il dub? «Il reggae era un mix potente di rivoluzione e ritmo. Il punk generalmente
ignorava l’aspetto spirituale rasta, ma l’andamento lento del dub era una metafora cruciale del vivere in tempi così mutevoli. L’hip hop invece divenne un’influenza maggiore a cominciare dagli anni Ottanta. Tutti e tre i generi erano musica ribelle underground con un taglio DIY». L’epilogo (provvisorio) di questa storia è di circa un anno fa. Nell’agosto del 2020, Cardi B e Megan Thee Stallion stracciavano ogni record di visualizzazioni e streaming con il singolo WAP, un acronimo che ha fatto partire un embolo a diversi repubblicani statunitensi. WAP sta per Wet-Ass Pussy. «Cardi B e Megan Thee Stallion sono il risultato di ciò che accade quando i figli vengono cresciuti senza dio e senza una figura paterna forte», ha tuonato un candidato repubblicano al senato che, dopo aver ascoltato per caso la canzone, ha sentito il bisogno di lavarsi le orecchie con l’acqua santa. Per fortuna sull’altra sponda degli Usa, una ginecologa ha colto al balzo l’occasione e per il New York Times ha scritto un articolo sulle gioie della lubrificazione vaginale. «Non cucino, non pulisco, ma se vuoi ti dico come ho avuto questo anello», continua WAP, inserendosi perfettamente nel discorso sul denaro trattato nel capitolo 2. «Nella catena alimentare, io sono quella che ti mangia», prosegue la canzone nella sua cavalcata (letterale!) di liberazione sessuale femminile: «I ride on that thang like the cops is behind me» (Cavalco su quel coso come se avessi la polizia alle calcagna). Che strano accostamento, eppure rende bene l’idea. Che senso dell’umorismo beffardo, nell’anno di I can’t breathe di George Floyd. Poi viene da pensare a Breonna Taylor, al fatto che nessuno dei poliziotti che sono entrati sparando a casa sua mentre lei dormiva è stato accusato di omicidio. Infine penso a quanto è duttile l’acronimo WAP, al fatto che si può leggere anche come Women Against Patriarchy, e che così suona altrettanto punk e perfino meglio.
*Un estratto dalla prefazione al libro di Vivien Goldman «La vendetta della punk. Una storia femminista della musica da Poly Styrene alle Pussy Riot» (Vololibero Edizioni)
Fonte: Ilmanifesto.it
Presentazione del libro La vendetta delle punk di Vivien Goldman
La serata si aprirà con un saluto dell'autrice Ospiti della serata: Laura Carroli (RAF punk), Alessia Masini, Oderso Rubini A seguire: DjSet by Laura Gramuglia Vivien Goldman analizza quattro temi fondamentali: identità, denaro, amore e protesta – con cui approfondisce le ragioni per le quali il punk rappresenta per le donne una forma artistica così liberatoria La prospettiva dell’autrice sul giornalismo musicale è completa, potendo vantare anche una grande esperienza di addetta ai lavori e avendo contribuito in prima persona alla nascita del post-punk Con il suo inconfondibile stile viscerale, Goldman mescola interviste e narrazione storica alle sue esperienze personali: essendo stata una delle prime donne giornaliste rock inglesi, si può considerare il libro alla stregua di un vivace documentario su un genere musicale che per de nizione demolisce gli steccati Nel suo libro, Goldman ci parla di musiciste originarie di luoghi lontani come la Colombia e l’Indonesia, ma anche di eclettiche rivoluzionarie come Grace Jones, un’artista che pur non essendo esattamente punk, è stata senz’altro in uenzata dall’audacia liberatoria del movimento Questo libro è un tour musicale che partendo dalle origini europee del punk allarga il suo campo d’azione no a raggiungere una dimensione globale Ogni capitolo si apre con una ricca playlist Prefazione e cura di Paola De Angelis
Presentazione del libro di Vivien Goldman + DjSet Questo sito utilizza cookie tecnici, analitici e di terze parti. Proseguendo nella navigazione si accetta l'utilizzo degli stessi secondo le norme di legge. Cookie policy OK(https://www facebook com/rewritersmag/) (https://www instagram com/rewritersmag/)(https://twitter com/rewritersmag) (https://it linkedin com/company/rewriters-magazine) (https://www youtube com/channel/UCQsD3eJ35HR0bbHnn-5ELCQ/playlists) (https://t me/joinchat/GwmB8V8JK4B3jv9s)
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La rivoluzione punk femminile che rovescia il sessismo e il patriarcato in un libro di Vivien Goldman
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unicazione mimica in ndemia: gli studi sull’e etto delle cherine sui bambini
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L’emergere del punk rock negli anni ’70 ha caratterizzato una folla diversi cata Uomini, donne e membrə della comunità LGBT+ si sono unitə nel movimento anti-status quo che si svolge in tutta la scena musicale
Cominciava ad essere comune per le band avere membri donne e anche le band di sole donne iniziarono a crescere in popolarità Questa piattaforma di uguaglianza mostra un contrasto con la scena musicale precedentemente dominata dagli uomini Tuttavia, questa accettazione delle donne nel punk rock fu di breve durata Con il tempo, il punk rock ha adottato una maggiore attenzione alla cultura maschile
Le donne sono state improvvisamente escluse da un movimento che avevano contribuito a creare, un movimento che avrebbe dovuto andare contro lo status quo e fornire uno spazio sicuro per le minoranze Ironia della sorte, il punk rock iniziò a imitare proprio ciò che avrebbe dovuto criticare
Ci sono state Poly Styrene e The Runaways a fare da apripista indubbiamente nella scena punk femminile a cavallo tra la ne degli anni ’70 negli anni’ 80, ma la svolta totale avvenne con il movimento Riot Grrrl
All’inizio degli anni ’90, le donne hanno iniziato a riprendere il loro posto nel punk rock Il movimento Riot Grrrl iniziò quando Allison Wolfe, Molly Neuman e Jen Smith, membri della band Bratmobile, crearono la rivista Riot Grrrl
Insieme a Kathleen Hanna della band Bikini Kill, le donne hanno organizzato incontri Riot Grrrl con altre artiste e attiviste femministe Lo scopo di Riot Grrrl era quello di a rontare il sessismo e gli atteggiamenti macho visti nel punk rock
Girlpower è diventato il loro messaggio principale e i media creati da queste donne hanno lavorato per potenziare il loro pubblico femminile. Attraverso la creazione della propria musica e zine, queste donne sono state in grado di stabilire la loro autonomia nella società
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Riot Grrrl è innanzittutto sì un sottogenere musicale punk, ma soprattutto un movimento politico al suo interno e, avendo avuto luogo contemporaneamente all era del femminismo della terza ondata, ha parlato delle molte questioni trascurate che a iggono la società tra cui sessismo, molestie sessuali e disuguaglianza razziale, tra le altre cose
Il movimento mirava ad a rontare argomenti che i media mainstream non avrebbero osato trattare Sebbene il loro lavoro possa non sembrare troppo radicale nel clima odierno, durante il loro apice le Riot Grrrls sono state costantemente travisate ridicolizzate e attaccate dai media per le loro opinioni
Considerate da alcuni come ingenue misandriche, le Riot Grrrls sono state spesso dipinte in una luce negativa, ma nonostante ciò hanno continuato a di ondere messaggi che ritenevano degni di esprimere, attraverso vari canali tra cui musica, fanzine, incontri locali e altro ancora
Un nuovo movimento di ragazze in rivolta, che si proponevano di normalizzare la rabbia delle donne e celebrare la sessualità, ha iniziato a prendere slancio Grazie a band come Bratmobile, Bikini Kill, Babes in Toyland, 7 Year Bitch, Calamity Jane, Excuse 17 e Heavens to Betsy, i bordi di una scena coesa hanno iniziato a riunirsi nei primi anni 90
L’era Riot Grrrl per quanto di breve durata fece grandi passi avanti nel movimento femminista Ha portato a un nuovo modo di pensare, che ha combinato l’arte con la politica e ha soddisfatto le giovani menti del suo pubblico
Il movimento sopravvive ancora oggi, e le sue in uenze possono essere ascoltate in gruppi più recenti come The Regrettes, Childbirth e GRLwood solo per citarne alcuni
Il movimento ha aperto la strada sia alle ragazze giustamente arrabbiate sia alle femministe in erba per esprimersi con tutto il cuore Ha permesso loro di sentirsi viste e ascoltate in un mondo che altrimenti raramente le incoraggiava, ed è diventato una forza potenziante che andava oltre
Bratmobile Bikini KillFino ad arrivare ai giorni nostri con le Pussy Riot tra i primi anni del 2010 a oggi, gruppo di protesta punk femminista russo con membri variabili capitanate da Nadya Tolokonnikova e Masha Alekhina Rappresentano il femminismo e i diritti LGBT+ e si oppongono al regime di Vladimir Putin (https://rewriters it/la-guerra-dei-2-vladimiro-e-l-europa-2-saggi-ci-anticipano-ilfuturo-e-non-e-rosa/) e al potere della Chiesa ortodossa russa
unicazione mimica in ndemia: gli studi sull’e etto delle cherine sui bambini
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Vi consiglio la lettura il libro La Vendetta delle Punk Una storia della musica femminista Da Poly Styrene alle Pussy Riot (https://www vololiberoedizioni it/la-vendetta-delle-punk/) di Vivien Goldman edito da VoloLibero edizioni, pubblicato a novembre del 2021
In questo libro la scrittrice non solo analizza l’evoluzione del punk femminile, ma menziona personalità rivoluzionarie come la cantante Grace Jones, che pur essendo pop ha in uenzato molto il punk con la sua indipendenza carismatica dal talento immenso
Non a caso il documentario diretto da Sophie Fiennes dal titolo Grace Jones: Bloodlight and Bami ne celebra proprio quella grinta punk che la contraddistingue
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#Libri: Vivien Goldman, “La vendetta delle punk”
#Libri: Vivien Goldman, “La vendetta delle punk – Una storia femminista”
raggiungere una vasta dimensione internazionale.
Il tutto arricchito da accurate e ricche playlist.
La prefazione è di Paola De Angelis, mentre la traduzione di Fabio Zucchella Annunci
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Tra i libri 2021 che abbiamo amato di più, “La vendetta delle punk” occupa di sicuro una posizione di rilievo ed è uno degli ultimi libri usciti che ci ha maggiormente convinti.
L’autrice
Di origini londinesi, Vivien Goldman è soprannominata “La Professoressa del Punk”.
Professoressa associata presso la New York University, insegna musica punk, afrobeat e reggae.
Per 40 anni è stata giornalista musicale, collaborando con testate come “Sounds”, “Melody Maker” e “New Musical Express”.
Ha lavorato fianco a fianco con personaggi come Bob Marley e Fela Kuti, di cui è stata la fidata cronista. Ha fatto parte di band new wave come Chantage e Flying Lizards
“Resolutionary“, una compilation che raccoglie le sue incisioni, è stata pubblicata nel 2016.
Autrice di documentari, ha scritto 5 libri, tra i quali ricordiamo “The Book of Exodus: The Making and Meaning of Bob Marley and the Wailers’ Album of the Century“.
La “Vivian Goldman Punk and Reggae Collection” è ospitata nella Fales Library della New York University
Goldman è anche co-autrice del libro “Cherchez La Femme“, da cui è tratto l’omonimo musical di Kid Creole che ha debuttato al La MaMa Theatre di New York nel 2016.
Scheda del libro
◦
Vivien Goldman, “La vendetta delle punk. Una storia femminista della musica da Poly Styrene alle Pussy
◦ Euro: 22,00
◦ Codice ISBN: 978-88-32085-22-8 (© The Parallel Vision ⚭ _ Redazione)
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