distribuzione gratuita anno 15 - n. 1/2017 Gennaio / Febbraio
Le parole dell’inverno I malanni di stagione: Bambini d’inverno L’intervista: Le sfide della prevenzione Traumi sportivi: Sulle piste On the road: La Psicologia del Traffico 1
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distribuzione gratuita anno 15 - n. 1/2017 Gennaio / Febbraio
Le parole dell’inverno
sommario I malanni di stagione Bambini d’inverno Susanna Esposito
Arriva la linea Ialuronics Non puoi scegliere il tipo di pelle ma puoi renderla perfetta Intervista a Gabriele Ghirardelli
Le sfide della prevenzione Il domani della diagnosi precoce
Intervista ad Anna Falanga di Luisa Castellini
Traumi sportivi Sulle piste
Claudio Mazzola
On the road La psicologia del traffico Stefania Puglisi
Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese Anno 15, n° 1 Gennaio/Febbraio 2017 Reg. Trib. Lecco N. 10/03 del 22/09/2003 Direttore responsabile Luisa Castellini Comitato Scientifico Paolo Borgarelli, Valentina Guidi Hanno collaborato con i loro contribiuti Susanna Esposito, Anna Falanga, Claudio Mazzola, Stefania Puglisi Impaginazione Moretti Editore - www.morettieditore.com Stampatore Gam Edit Srl – Italy, Via A. Moro, 8 - 24035 Curno (Bg) Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata Socio Effettivo
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Nelle giornate di sole, che persino le città spesso regalano, l’aria fredda e limpida ci induce a stringere le spalle, respirare profondamente, aumentare il passo e a far correre veloci i pensieri, finalmente chiari. Ed è quindi con le parole dell’inverno che iniziamo a percorrere le strade di un nuovo anno e scegliamo la direzione che vogliamo prendere. Noi non abbiamo dubbi e guardiamo al domani della prevenzione che ci vede più responsabili – considerata l’influenza ormai dimostrata del nostro stile di vita sulla salute – e attenti alla ricerca scientifica. Così scopriamo nell’intervista ad Anna Falanga come alcuni marcatori della coagulazione diventeranno strumenti di screening per predire il cancro e verificare l’efficacia delle terapie. A fare da contrappunto, un focus sui bambini e il freddo per ripassare l’abc della prevenzione e la cura dei malanni di stagione. Approdiamo poi sulle nevi con tanti consigli per la preparazione atletica, indispensabile per arrivare in forma sulle piste riducendo la possibilità di traumi. Curiosiamo in una “nuova” disciplina, la Psicologia del Traffico, che ci invita a essere più consapevoli dell’influenza delle distrazioni al volante. In questo numero, non manca uno speciale sulla nuova linea viso Ialuronics dedicata dalle farmacie Club Salute ai propri clienti. Un nuovo bel capitolo di una storia, quella della Cooperativa Farmaceutica Lecchese, che da sempre si impegna per essere più vicina ai cittadini con campagne ed eventi e con questa rivista, il Gazzettino della Farmacia, da quasi vent’anni promuove informazione sui temi più importanti della salute. Da tutti questi orizzonti salutiamo allora insieme il nuovo anno, consapevoli che potremo fare molto con le nostre scelte quotidiane per viverlo al meglio. L.C.
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Bambini d’inverno Quando arriva il grande freddo, i genitori tendono a preferire le attività al coperto, ma sono proprio i locali chiusi e spesso troppo riscaldati a favorire la trasmissione delle malattie, prima tra tutte l’influenza. Dalla prevenzione alle cure, ecco come affrontare i tipici malanni di stagione
L’influenza Durante l’inverno colpisce fino al 30% dei bambini a livello mondiale. Il bambino da 6 a 14 anni si ammala d’influenza circa 8 volte più di frequente dell’anziano e 4 volte più dell’adulto. L’ospedalizzazione per influenza del bambino sotto i 2 anni avviene con proporzioni superiori a quelle del paziente anziano. La vaccinazione resta il mezzo più efficace di prevenzione. Per questo le autorità sanitarie di molti paesi la raccomandano non solo negli anziani e nei pazienti di ogni età con fattori di rischio, ma anche ai bambini sani. Anche in Italia la maggior parte dei pediatri e dei medici di famiglia consiglia l’estensione del vaccino antinfluenzale anche all’età prescolare.
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Il sole tramonta presto e le temperature sono sempre più basse. Così i parchi giochi sono deserti, anche quando c’è il sole. Perché i genitori, e i nonni con loro, nella maggior parte dei casi hanno paura di lasciare i figli all’aria aperta temendo per la loro salute. Niente di più sbagliato. In realtà, se ben coperti e portati fuori nelle ore centrali della giornata, bambini e ragazzi hanno minori possibilità di essere esposti agli agenti infettivi di quante ne hanno se rimangono a lungo in luoghi poco areati. I contatti ravvicinati con gli altri bambini o, più in generale, con i soggetti malati, sono infatti una delle principali modalità di trasmissione delle malattie infettive.
L’abc della prevenzione
In linea generale, i bambini devono essere coperti poco più di quanto si vesta un adulto, poiché nei primi anni di vita hanno minori capacità di termoregolazione. Per evitare i malanni di stagione,
quando si è fuori casa, la prima forma di prevenzione è un abbigliamento adeguato. Mai dimenticare di far indossare cappello, sciarpa e guanti ai propri figli, se le temperature si abbassano. È importante coprire orecchie e gola per evitare otiti e bronchioliti, molto frequenti in questa stagione. Se gli indumenti si bagnano giocando nella neve o sciando, vanno asciugati accuratamente. Oltre a questi accorgimenti, per evitare influenze e raffreddori, è importante arieggiare una o due volte al giorno gli ambienti chiusi ed evitare i contatti con soggetti malati, inclusi i parenti adulti con sintomi respiratori modesti. Non esporre bambini e ragazzi al fumo passivo è un consiglio valido in ogni stagione. Lo stesso per la scelta delle vacanze con i più piccoli, con meno di tre anni. Meglio optare per mete dal clima mite: mare, collina, campagna.
Raffreddore, tosse & influenza: come curare febbre e dolori
Stimoli dolorosi o prolungati in età pediatrica possono indurre un insieme di modificazioni nel sistema nocicettivo. Il dolore nei bambini è spesso associato a una malattia come un’influenza o a un infortunio e, in presenza di un malessere generale, riteniamo che il dolore debba essere trattato e non sopportato, anche quando il bambino non esprima verbalmente il proprio disagio. L’efficacia del trattamento antalgico in età pediatrica si ottiene applicando flessibilmente il principio del farmaco giusto, alla giusta dose e al momento giusto a ogni singolo paziente. È l’intensità del dolore a far scegliere il gradino della scala. Mai, in nessun caso, usare farmaci a dosaggi per adulti nei bambini. Antipiretici e antinfiammatori vanno somministrati sempre in base al peso e non all’età. Gli analgesici vanno somministrati a orario fisso, per evitare l’insorgenza di “buchi” di dolore. L’intervallo fra le dosi dovrebbe essere determinato in accordo con l’intensità del dolore e la dura-
incidenza stagionale La bronchiolite colpisce i bimbi con meno di un anno
È una malattia infettiva acuta delle vie aeree inferiori, altamente contagiosa, caratterizzata da edema e muco delle vie aeree piuttosto che da broncospasmo. La sua più alta incidenza è tra novembre e marzo ed è nota la correlazione tra infezioni da RSV (virus respiratorio sinciziale) nella prima infanzia e sviluppo di wheezing ricorrente e asma in età adulta. Il lattante che sviluppa bronchiolite manifesta inizialmente rinite, tosse lieve e febbre. Dopo 1-2 giorni si verificano un aumento della tosse e della frequenza respiratoria. Tra i sintomi che indicano un peggioramento clinico: respirazione rumorosa, difficoltà alla suzione e all’alimentazione, colorazione livida intorno alla bocca e alle dita di mani e piedi. Il pediatra va chiamato se compare uno di questi segni; quando il piccolo ha meno di 3 mesi; con febbre da oltre 24 ore; in caso di segni di disidratazione (difficoltà nell’assunzione di liquidi, mucose asciutte, pianto senza lacrime, quantità ridotta di urine); quando il lattante ha una malattia cronica di base. A casa, in caso di febbre, si consiglia di somministrare paracetamolo consultando il pediatra, di fare lavaggi nasali, usare l’umidificatore a ultrasuoni a vapore freddo che non congestiona le mucose, di assicurarsi che il piccolo assuma liquidi. Per evitare il ristagno delle secrezioni durante il sonno, sollevare la testa con un cuscino sotto il materasso o un rialzo sotto i piedini del letto dalla parte della testa. Evitare il fumo passivo.
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ta dell’effetto analgesico del farmaco utilizzato. Gli antipiretici devono essere impiegati nel bambino solo quando alla febbre si associ un quadro di malessere generale: gli unici raccomandati in età pediatrica sono paracetamolo e ibuprofene. Il paracetamolo è indicato come farmaco di prima scelta nel trattamento del dolore lieve-moderato. Meglio somministrarlo per via orale perché l’assorbimento è più costante ed è possibile maggiore precisione nel dosaggio in base al peso corporeo. La via rettale è da valutare in presenza di vomito o di altre condizioni che impediscano l’impiego di farmaci per via orale. Nei pazienti con asma persistente lieve, l’utilizzo di paracetamolo al bisogno non è stato associato a una più alta incidenza di esacerbazione d’asma o peggioramento del controllo dell’asma.
dal pediatra L’otalgia
un sintomo, tante possibili cause
L’ibuprofene, in quanto FANS, è il farmaco di scelta per la cura delle patologie dolorose con componente infiammatoria. Non è raccomandato in bambini con varicella o in stato di disidratazione. Cautela nei casi di grave insufficienza epatica o renale o in soggetti con malnutrizione grave. Per il trattamento della cefalea acuta, sono efficaci: paracetamolo con dosaggio 15 mg/kg/dose 4-6 volte al giorno e ibuprofene con dosaggio 10 mg/kg/dose 2-3 volte al giorno.
Susanna Esposito
Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico dell’Università degli Studi di Milano Presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici, WAidid • susannaesposito.it • waidid.org
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Può essere causata anche da faringite, laringite, carie dentarie e artrosi cervicale ma per lo più compare in presenza di patologie a carico dell’orecchio. Tra queste, l’otite media acuta è tra le più comuni infezioni batteriche in età pediatrica: è caratterizzata da segni e sintomi di infiammazione acuta della membrana timpanica ed è spesso associata a un’infezione delle alte vie aeree. Il bambino può presentare irritabilità, dolore, deficit uditivo di tipo trasmissivo e, talvolta, se vi è perforazione della membrana timpanica, otorrea. L’otite media con effusione è caratterizzata dalla presenza di fluido nell’orecchio medio. Il riscontro è spesso casuale perché in genere è asintomatica. All’esame otoscopico il pediatra riscontrerà una membrana timpanica opaca, biancastra, senza segni di infiammazione acuta. Un’anamnesi dettagliata e un esame obiettivo anche di testa e collo sono indispensabili. Indipendentemente dalla terapia della singola causa, l’otalgia va affrontata in primis con paracetamolo o ibuprofene. Le gocce auricolari sono sconsigliate per la loro scarsa efficacia nel bambino più piccolo e perché possono rendere più difficile la visione della membrana timpanica.
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Non puoi scegliere il tipo di pelle ma puoi renderla perfetta Intervista a
Gabriele Ghirardelli Farmacista a Milano Responsabile dei prodotti Club Salute
Ialuronics. È questo il nome della nuova linea che i farmacisti di Club Salute dedicano in esclusiva ai propri clienti. Otto prodotti per il viso, dalla detersione all’anti-age, che definiscono un nuovo punto di incontro tra esigenze dermatologiche e beauty. Sì perché i prodotti a marchio Club Salute nascono dall’esperienza e dalla professionalità dei membri della Cooperativa Farmaceutica Lecchese, da una forte tradizione nella preparazione dei galenici e da quell’attenzione ai cittadini che li vede da sempre Specialisti nel consiglio. Ed è proprio un farmacista, esperto in galenica, Dr. Gabriele Ghirardelli, a raccontarci cosa distingue i prodotti a marchio Club Salute e le caratteristiche della nuova linea Ialuronics. Come nascono i prodotti a marchio Club Salute? Dalla nostra esperienza di farmacisti e dal desiderio di offrire in esclusiva ai nostri clienti quei prodotti che sappiamo essere indispensabili garantendone in prima persona la qualità e l’efficacia e anche il giusto prezzo. Questo è possibile perché i prodotti Club Salute sono realizzati interamente da noi, dalla scelta delle super materie prime alla lavorazione fino ai test che eseguiamo sul prodotto finito. Studiate le formule dei prodotti che realizzate, come si faceva anticamente in farmacia? Esattamente. Il primo passo è la selezione di quelle che noi chiamiamo super materie prime. I nomi degli ingredienti sulle etichette dei prodotti sono spesso
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’U 2 Siero DIC I N costituito da una miscela ad alta S O concentrazione di 2 Acidi Ialuronici Puri. Il primo agisce in superficie con un effetto filler, il secondo agisce più in profondità con un effetto ricostituivo antiage. I nostri test clinici dimostrano che l’effetto idratante è forte, immediato e aumenta dopo 30 minuti, durando tutta la giornata. Applicare mattina e sera su viso, collo e décolleté, massaggiando uniformemente per una idratazione profonda. Si consiglia di completare il trattamento con una crema Ialuronics.
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L’intervista
Le sfide della prevenzione Il domani della diagnosi precoce
Intervista ad
Anna Falanga
Direttore del Dipartimento di Medicina trasfusionale ed Ematologia, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo Responsabile del programma di ricerca Hypercan, Hypercoagulation in Cancer di Luisa Castellini
Il futuro della prevenzione si gioca oggi, tra consapevolezza e ricerca scientifica. La prima è indispensabile perché ormai è evidente quanto un presente e un futuro in salute si costruiscano fin dalla nascita e quindi ogni giorno attraverso una serie di buone abitudini e di comportamenti corretti. Dello stile di vita – a nutrirci in modo sano portando in tavola più porzioni di frutta e verdura che di grassi e proteine, scoprendo le spezie al posto del sale, moderando il consumo di alcolici e preferendo l’attività fisica alle “bionde” ovvero alle sigarette – siamo infatti solo noi responsabili. La ricerca scientifica ci sostiene indicandoci quali comportamenti riducono il rischio di malattia e sviluppando nuove diagnosi e terapie. Tra gli orizzonti più interessanti della ricerca oncologica italiana, la messa a punto di nuovi strumenti di screening per la diagnosi precoce e l’analisi del rischio di sviluppare un tumore. È proprio questo l’obiettivo del programma Hypercan, che sta
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arruolando circa 15mila soggetti e impegnando quasi 50 ricercatori per individuare quei marcatori della coagulazione utili a predire il cancro e a verificare l’efficacia delle terapie. Ne abbiamo discusso con la responsabile dello studio, sostenuto da AIRC, Anna Falanga. Quando si parla di difetti della coagulazione? In condizioni fisiologiche, la coagulazione è indispensabile alla vita e alla sopravvivenza. Quando i meccanismi che la sottendono sono iperattivati si innesca un’eccessiva coagulazione, che porta alla formazione di trombi (coaguli) all’interno dei vasi sanguigni, ostruendoli e interrompendo così il normale flusso del sangue (trombosi). Quando, invece, tali meccanismi sono in difetto, siamo in presenza delle malattie emorragiche. Quali sono i fattori che influenzano l’ipercoagulabilità? L’età, le situazioni di immobilità, ospedalizzazione compresa, e una storia di eventi trombotici, anche in età giovanile. A questi si sommano i fattori di rischio cardiovascolare: familiarità, sesso, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, obesità, tabagismo. Elementi, tutti, che aumentano il rischio di trombosi e vanno valutati con attenzione nel soggetto sano e ancor più nel paziente con tumore.
CANCRO E COAGULAZIONE Il legame tra trombosi e tumore è la base dello studio Hypercan, che impegna quasi 50 ricercatori italiani. Il programma sta verificando come alcuni marcatori del sangue associati a uno stato di ipercoagulabilità possano essere indice di tumore e, in caso di malattia, se siano collegati a una prognosi migliore o peggiore. L’obiettivo è rendere questo screening un nuovo strumento di valutazione del rischio, di diagnosi e prognosi dei tumori più frequenti. citochine infiammatorie, che a loro volta attivano l’endotelio e le piastrine, stimolando altre vie attraverso le quali si può arrivare all’ipercoagulazione. Le cellule tumorali sanno anche aderire agli endoteli, alle piastrine e ai globuli bianchi stimolando col contatto attività procoagulanti, anticamera dei microtrombi. In che modo l’ipercoagulabilità aiuta il tumore? Attaccandosi all’endotelio e alle piastrine, le cellule tumorali trovano una forma di protezione: sfuggono più facilmente all’identificazione da parte del sistema immunitario continuando a circolare, a sopravvivere
sul calendario Le Arance della Salute
appuntamento in tutta Italia con AIRC sabato 28 gennaio 2500 piazze, 600 scuole, 15mila volontari. Il 28 gennaio si torna a parlare di prevenzione. 3 tumori su 10, secondo l’American Institute for Cancer Research, sono prevenibili con una sana alimentazione, fattore di rischio tra i più importanti prima della sedentarietà e dopo il fumo. Mangiare bene protegge gli organi più a contatto col cibo: esofago, stomaco, intestino. E una regolare attività fisica diminuisce del 20-40% il rischio di cancro a colon, endometrio e polmone e aiuta a prevenire il tumore al seno, come indicano i risultati dello studio EPIC realizzato anche grazie al sostegno di AIRC. I fondi raccolti con Le Arance della Salute sono destinati a numerosi progetti di ricerca. Con una donazione di 9 € è possibile ricevere 2,5 Kg di arance e una guida con tante informazioni sull’alimentazione, la lettura delle etichette e le ricette dello chef Sergio Barzetti. • airc.it Margherita Granbassi e Antonella Clerici per AIRC
Perché nei pazienti oncologici la tendenza è maggiore? Le cellule tumorali hanno la capacità di produrre diversi tipi di sostanze procoagulanti. Questa capacità varia secondo il tipo di tumore – quelli del tratto gastroenterico sono più associati all’ipercoagulabilità rispetto al cancro della mammella – lo stadio della malattia e il tipo di terapia. Ma non solo. Le cellule tumorali esprimono altre proprietà che possono attivare la coagulazione: liberano
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e a replicarsi. È un meccanismo di malignità: aderendo agli endoteli, colonizzano più facilmente gli organi distanti ovvero producono metastasi. Qual è il legame tra trombosi e tumore? Dalla metà dell’Ottocento è noto come i pazienti con cancro sono a più alto rischio di incorrere in eventi tromboembolici anche gravi. Il fenomeno è noto come sindrome di Trousseau, dal nome del medico francese che lo descrisse nel 1865. In che modo il progetto che lei coordina studia questo rapporto per sviluppare nuovi sistemi di screening? Lo studio Hypercan (Hypercoagulation in Cancer) si muove dai rapporti tra trombosi e tumore, guardando alla prima non solo come a una complicazione, quanto a una spia di malignità. Uno spettro di eventi di cui i biomarcatori sono testimoni e che può essere impiegato come indicatore per le neoplasie. Il programma sta verificando come alcuni marcatori di ipercoaguabilità – ovvero marcatori del sangue che ci avvertono di uno stato di attivazione della coagulazione – possano essere indice di una neoplasia non ancora manifesta e se, in presenza di malattia, siano associati a una prognosi migliore o peggiore. Per questo stiamo procedendo alla determinazioni di questi marcatori in un’ampia popolazione di soggetti sani e di pazienti con alcuni tipi di tumore.
#We Can I Can la Giornata mondiale contro il cancro del 4 febbraio
Ognuno può e deve fare la propria parte, a livello singolo e collettivo, per ridurre l’impatto mondiale del cancro. Per questo lo slogan della Giornata mondiale contro il cancro incita a riflettere e a entrare in azione con una campagna di informazione che durerà fino al 2018. Innumerevoli gli eventi organizzati in tutto il mondo in occasione della giornata, Italia compresa. • worldcancerday.org
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Come si sta svolgendo? Il programma ha già arruolato oltre 7.000 su 10.000 soggetti sani, anzi “supersani” perché si tratta di donatori di sangue. Abbiamo poi un programma che coinvolge circa 5.000 pazienti con tumori gastrici, del colon-retto, della mammella e del polmone, in cui misuriamo gli stessi marcatori, e in particolare quelli che si sono rivelati più importanti nei soggetti sani, per verificare se possiamo predire la risposta alle terapie e la correlazione con una maggiore o minore sopravvivenza. Questo è importante perché potrebbe permettere di modificare le terapie in base ai risultati. Nell’ambito dello studio sui soggetti sani, i quali vengono poi seguiti prospetticamente nel tempo per valutare chi di loro svilupperà una diagnosi di tumore, sarà possibile anche valutare tutte le informazioni sullo stile di vita, l’alimentazione, l’ambiente, ricercando le possibili influenze sullo sviluppo della malattia. Quanti ricercatori impegna uno studio di questa portata e per quanto tempo? La ricerca è iniziata 4 anni fa e deve continuare, per completare il follow-up dei nuovi arruolati, almeno altri 5 anni. Vede impegnati 45 tra ricercatori e borsisti di 8 Unità Operative con un finanziamento dell’AIRC di 5 milioni di euro. Per arruolare i pazienti con tumore sono stati coinvolti diversi centri oncologici presso: l’Istituto dei Tumori di Milano, l’Istituto Humanitas (Rozzano, MI), a Bergamo l’Ospedale Papa Giovanni XXIII, l’Ospedale di Treviglio e il Policlinico San Marco di Zingonia, a Roma gli Ospedali San Filippo Neri e San Giovanni e l’Istituto dei Tumori di Bari. Cosa indicano i primi risultati? Abbiamo iniziato le determinazioni in cieco sui campioni di sangue già prelevati, ma i risultati finali potranno essere valutati solo al termine del follow-up. Alcuni marcatori della coagulazione sono già noti, altri sono in via di definizione. I primi dati ottenuti, seppur preliminari, sembrano accendere i riflettori su alcuni marcatori come possibili campanelli di allarme per il rischio di tumore. Si tratta in particolare di D-dimero, fibrinogeno e Thrombin Generation. I primi due sono valutatati da soli o in combinazione per predire la sopravvivenza nella popolazione totale. Alti livelli di TG, dopo l’asportazione del tumore, sono associati a una maggiore possibilità di recidiva ma aiutano anche a predire il tromboembolismo venoso nella popolazione totale.
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È arrivata la stagione influenzale Bisogna correre ai ripari Quest’anno si cambia aria con Sanispira® Virus & Batteri, un filtro nasale coadiuvante contro le infezioni batteriche e virali dell’apparato respiratorio Secondo i dati di InfluNet, il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza, nel periodo autunnale più di 190.000 persone sono state contagiate; e questo numero è destinato ad aumentare. Ma l’influenza non fa più paura. Oggi c’è una novità nella gamma di filtri nasali Sanispira®: Virus & Batteri, studiato appositamente per intrappolare e neutralizzare gli agenti responsabili dei sintomi influenzali. Il nucleo centrale del prodotto è costituito da un gel cationico biocompatibile, arricchito con delle particelle attive di argento, che intrappola e neutralizza virus e batteri presenti nell’aria. Il funzionamento è tanto semplice quanto efficace: l’aria che attraversa Sanispira® viene costretta, dalla forma a spirale del filtro, a seguire un percorso guidato che crea un vero e proprio effetto ciclone, spingendo gli agenti patogeni verso il gel. Il filtro nasale Sanispira® è praticamente invisibile e consente di svolgere normalmente qualsiasi attività, anche professionale, disponendo al tempo stesso di una protezione appropriata contro
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Sanispira® l’influenza, raffreddore e mal di gola. Sanispira® è la linea di dispositivi di protezione naturale delle vie respiratorie e comprende diversi prodotti, ognuno studiato per il trattamento di un problema diverso: Dolcenotte, con essenza di cirmolo e camomilla, riduce il russare favorendo il riposo notturno; Allergia, contrasta l’inalazione di pollini, polveri e acari presenti nell’aria responsabili dei sintomi della rinite allergica; Naso Chiuso, con essenza di eucalipto e mentolo, dona un rapido sollievo dalla congestione nasale, favorendo il respiro; Smog & Odori, con essenza di agrumi e propoli, contrasta l’inalazione di polveri sottili, come PM10, PM2.5 e PM1, e dei cattivi odori.
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Sulle piste Arrivare in forma all’appuntamento con la neve aiuta a ridurre la possibilità di lesioni come la distorsione del ginocchio, molto frequente tra gli sciatori
traumi sportivi
Forza, resistenza, coordinazione, equilibrio, elasticità. Sono molte le doti indispensabili sulla neve insieme a una buona dose di buon senso, che si rivela utile ancor prima di prenotare la settimana bianca. Perché se la mente ricorda perfettamente come mettersi in pista, il corpo ha bisogno di un periodo di preparazione prima di tornare in azione. Lo sci richiede infatti un forte impegno da parte dei muscoli e delle strutture articolari: da qui la necessità di mettere in agenda, almeno uno-due mesi prima della partenza, un programma di allenamento. Non c’è bisogno di un personal trainer, di frequentare corsi o iscriversi in palestra, ma di lavorare con costanza e gradualità, in base alla propria forma fisica di partenza, assolutamente sì. Arrivare preparati sulle piste significa godersi le vacanze senza soffrire la sera per gli sforzi compiuti e ridurre le possibilità di infortunio.
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La preparazione atletica Se non siamo in sovrappeso e non soffriamo di particolari patologie, possiamo allenarci a casa, impiegando oltre a un tappetino, una sbarra e il bosu, la tavoletta circolare, con diametro di 60 cm, caratterizzata da una cupola di gomma morbida che rende l’appoggio instabile. Prima di affrontare gli esercizi specifici, dobbiamo però curare la preparazione fisica generale ricordando di rispettare le proporzioni “auree” di ogni allenamento: riscaldamento, parte centrale e defaticamento. Per la fase di riscaldamento, utile per aumentare la resistenza allo sforzo e diminuire la frequenza cardiaca a riposo, si può scegliere tra running, tapis roulant, vogatore, step o cicloergometri. L’allenamento deve potenziare la muscolatura e l’elasticità di braccia, gambe e del Core, la zona centrale del complesso coxo-lombo-pelvico che rappresenta
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un punto di reazione stabile per il resto del corpo. Gli esercizi devono sollecitare anche la motilità articolare e migliorare la resistenza cardiovascolare. Per rafforzare la muscolatura coinvolgendo grandi masse, si consigliano lo squat, le distensioni su panca e le trazioni alla sbarra. Il primo, in particolare, permette di allenare quella forza esplosiva che serve nello sci, ma deve essere eseguito correttamente per non nuocere a ginocchia e schiena. Gli esercizi più specificatamente legati allo sci lavorano su tendini e legamenti e quindi sull’elasticità e l’equilibrio. Qui entrano in gioco le tavolette propriocettive che consentono di allenarsi simulando le variazioni improvvise tipiche dello sci. Non ultimo lo stretching, che interessa la catena cinetica posteriore.
Due esercizi a parete Uno degli esercizi più efficaci per potenziare gli arti inferiori prevede di piegarsi sulle ginocchia tenendo il busto eretto, appoggiandosi a una parete, per eseguire poi un salto in alto distendendo le gambe e slanciando le braccia. Una serie di 5 balzi seguita da un minuto di riposo e quindi da altri 5 balzi ripetuta per tre volte è un ottimo punto di partenza per un allenamento a casa. Sempre appoggiati alla parete, con le gambe leggermente divaricate e un pallone dietro la schiena, possiamo scendere fino a toccare i talloni tenendo il busto dritto: l’esercizio, eseguito con 15 ripetizioni in 4 serie, è ottimo per migliorare l’elasticità.
I traumi più comuni Tra gli sciatori i più frequenti sono agli arti inferiori: al ginocchio, soprattutto, e quindi alla gambe e alla caviglia. Negli snowboarder sono invece più frequenti quelli agli arti superiori. In caso d’emergenza, il protocollo di primo soccorso è lo stesso e si riassume in un acronimo: RICE. Rest (riposo), Ice (ghiaccio), Compression (compressione), Elevation (elevazione). Saranno l’esame clinico e le indagini strumentali a definire la diagnosi e quindi la terapia. La distorsione del ginocchio è il trauma più comune per lo sciatore. Le lesioni più frequenti sono quella del legamento collaterale mediale (che spesso si risolve con dei “brace”) la meniscale mediale, del legamento crociato anteriore, le lesioni capsulo legamentose del compartimento esterno e meniscali esterne, che spesso richiedono un intervento chirurgico. In questi casi, l’artroscopia è effettuata di norma in anestesia locale: l’intervento dura circa 20 minuti e può consistere in una meniscectomia selettiva o nella sutura della
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il consiglio Piccoli sciatori I più temerari inforcano gli sci a 4 anni. A 8 provano lo snowboard e a 10 approdano al fondo. Non c’è bisogno di far bruciare le tappe ai nostri piccoli sciatori, anche se siamo grandi appassionati di montagna. Più che l’età conta infatti la crescita del bambino, le sue capacità motorie e di equilibrio e gli insegnamenti che riceve. Sì quindi alle lezioni con un maestro per imparare i fondamenti e scongiurare traumi e cadute. Attenzione all’abbigliamento, dal casco agli occhiali da sole e alla protezione della pelle con creme con adeguato SPF. Una visita dal pediatra prima della partenza, per verificare lo stato di salute del bambino, è sempre consigliata.
lesione meniscale con sistemi di fissazione all-inside. Dopo 4 ore il paziente può rientrare a casa con i bastoni canadesi e contare dopo una decina di giorni in un pieno recupero. Più complessi gli interventi al pivot centrale, che contemplano diverse tipologie di impianti tendinei (gracile e semitendinoso, tendine rotuleo, tendini da donatore o sintetici). Durano circa un’ora e necessitano di un’anestesia spinale e di una degenza di almeno un giorno. Il paziente viene dimesso con canadesi e tutore ortopedico con una prognosi di 15 giorni, ma la ripresa completa, compresa l’attività sportiva, richiede almeno 4 mesi. In caso di patologie concomitanti, con trattamenti chirurgici, all-in-one-procedure, i tempi di recupero variano ovviamente in base alle lesioni e al paziente.
Claudio Mazzola
Direttore Medico della S.C. Ortopedia delle Articolazioni, E.O. Ospedali Galliera Genova
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La psicologia del traffico Imparare a conoscere i limiti della percezione, non sottovalutare l’influenza delle emozioni e delle distrazioni al volante: sono molte le lezioni che provengono da questa “nuova” disciplina, che si sta facendo strada nella formazione, nella prevenzione e nella riabilitazione
Il fattore umano, statistiche alla mano, è responsabile del 94,7% degli incidenti stradali. Fra le cause più comuni, telefonare o scrivere al cellulare e il mancato uso delle cinture di sicurezza, soprattutto di quelle posteriori. Da qui l’importanza della Psicologia del Traffico, che attinge dalle varie branche della materia per tutelare la salute pubblica nell’ambito della circolazione stradale e migliorare la qualità della mobilità studiando il comportamento degli utilizzatori della strada, i processi psicologici e le infrastrutture. La strada è un luogo in cui sono presenti molti rischi: grazie alle regole, che ci forniscono una serie di informazioni, possiamo attivare il sistema di percezione del rischio e focalizzare l’attenzione su quegli aspetti del comportamento altrui che condurranno a una corretta previsione. Esistono situazioni imprevedibili dovute a fattori umani (l’attraversamento di un pedone) o ambientali (le condizioni atmosferiche) che possono limitare la nostra percezione. Comportamenti che possono apparire ininfluenti possono comportare gravi rischi per chi è sulla strada. Regole precise, comportamenti adeguati e conoscenza dei processi psicologici coinvolti, aiutano a salvaguardare la vita, nostra e degli altri. La Psicologia del Traffico è presente in diversi ambiti: comunicazione, formazione, Commissioni patenti, ricostruzioni di sinistri, progettazione di veicoli, riabilitazione. Può sensibilizzare i cittadini sugli incidenti, la percezione del rischio, la guida degli anzia-
ni, dei giovani patentati, la comunicazione verbale e non verbale nelle campagne di prevenzione. Importante il suo contributo nella formazione di persone, comunità e amministrazioni sugli strumenti che possono essere impiegati nelle scuole e autoscuole, nei corsi per il recupero dei punti e per modificare i comportamenti scorretti alla guida. La psicologia delle emozioni è utilissima per insegnare a controllare stress, ansia, paura, rabbia, tristezza, euforia, che influenzano negativamente la guida. Gli studi cognitivi sono un valido strumento per comprendere i meccanismi che sottendono percezione, attenzione e memoria. Capire quante cose (non) si possono fare contemporaneamente mentre guidiamo, cosa sono i secondi di cecità visiva che accompagnano l’invio di un messaggio, come si modifica la percezione con l’abuso di alcol e stupefacenti sono temi cari alla Psicologia del Traffico. Non ultima la neuropsicologia, disciplina indispensabile per la riabilitazione dopo gli incidenti stradali, la valutazione dell’idoneità alla guida degli anziani, nei conducenti professionisti, non professionisti recidivi alle violazioni. Perché una volta acceso il quadro, siamo responsabili della nostra vita ma anche di quella degli altri che sono con noi in macchina e nella strada.
Stefania Puglisi
Psicologo-Psicoterapeuta e Mediatore Familiare, Genova • puglisistefania-psicologo-genova.com
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