Distribuzione gratuita - Anno 8 7 - n. 1/2010 5/2009 - Gennaio/Febbraio Settembre/Ottobre
IL LETARGO DEGLI UMANI FOCUS Aerosolterapia
BENESSERE Un inverno termale
ANZIANI Ipovisione in tarda etĂ In aletta Pressione in gravidanza
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SPECIALE
Il letargo degli umani
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CONSIGLI
Pressione in gravidanza
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FOCUS
Aerosolterapia
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BENESSERE
Un inverno termale
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ANZIANI
Ipovisione in tarda età
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SPAZIO BIMBI
Dislessia, questa sconosciuta
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RISPONDE IL FARMACISTA
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Quei colori che ravvivano Stagione, l’inverno, che ingrigisce, appiattisce, uniforma anche gli umori. Per far fronte all’apatia – il dolce far niente che invoglia al letargo gli umani, per via di ritmi contadini, leggetene nel parere di un illustre antropologo medico nel testo che apre questo numero – il Gazzettino della Farmacia prosegue nel suo lifting, attento alle esigenze, anche formali, di chi legge. Ogni numero avrà un colore di riferimento, il viola (non teatrale) vi accompagna in questa occasione ma presto seguiranno il rosa primavera, il verde estivo, l’arancio di Ferragosto, l’amaranto di fine estate. Da ultimo l’azzurro, a rendere lieve il prossimo autunno, fatto di luce troppo presto già artificiale. Giochi cromatici per rinfrancare l’umore, pensati anche per i meteoropatici, pur se annotiamo il loro ciglio burbero, quasi severo. Magari ammiccano. Temi di stretta utilità, quando non d’attualità – il trattamento della dislessia è un buon esempio di come antagonizzare per tempo un disagio invalidante – costellano questo numero che si occupa, sul fronte medico,
di pressione in gravidanza e di maculopatie. Per dire della tutela della vita che si affaccia e di quella che volge al tramonto ma di cui occorre, il più possibile, salvaguardare la visione del circostante. La vista, non dimentichiamolo, aggiunge una esse alla vita, la esse di salute (e sanità). E ancora, ci occupiamo di terapie termali, tornate al centro dell’interesse sanitario dopo le stagioni in cui tutto era dato a tutti, con disdicevoli sperperi. Per finire, i quesiti rivolti ai nostri farmacisti, ben lieti di essere utili negli approfondimenti o nella risoluzione di legittimi interrogativi. Lecito è, sempre, domandare; rispondere, nel nostro caso, è un dovere più che una cortesia. Un anno sinceramente buono, il 2010. Colorato. Vitale. Sorridente, come ci auguriamo sia ognuno di voi. S.M.
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In letargo anche l’uomo, a modo suo e se gli va affascina proprio perché in apparenza non esiste alcuna necessità, di ridurre i ritmi durante l’inverno. Sembra piuttosto il contrario, visto che in questa stagione molti esponenti della specie umana appaiono ben felici di fare, scelgono l’iperattività come dimensione da privilegiare, mentre altri oziano tra le coltri, palesemente impigriti.
A differenza degli animali che ne hanno necessità biologica, l’inverno degli umani può prevedere il rallentamento delle attività come pure la loro esasperazione. Di mezzo c’è molto di storico e parecchio di sociale Con Tullio Seppilli, padovano, classe 1928, un’autorità nel campo dell’antropologia medica – presiede la Società italiana di An-
tropologia medica oltre a essere direttore dell’Istituto di Etnologia e Antropologia culturale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia – abbiamo cercato di capire quale sia il rapporto tra l’animale uomo e il letargo, quella particolare condizione che impone ad altre specie di rallentare in inverno i propri ritmi biologici, di abbassare il metabolismo, di avere minor necessità di calore, di cibo, di ossigeno. Un tema, quello del letargo negli umani, che
In questa stagione alcuni esponenti della specie umana appaiono ben felici di fare, scelgono l’iperattività come dimensione da privilegiare, mentre altri oziano tra le coltri, palesemente impigriti
A quale uomo facciamo riferimento, professore? L’interessante questione riguarda un tema molto caro all’antropologia medica: quanto ci sia di biologico e quanto di sociale nel comportamento di noi umani, quanto insomma ci viene imposto dalla natura e quanto dall’apprendimento sociale, dai comportamenti rituali di massa. Se facciamo riferimento alla civiltà rurale, ai contadini - ancora esistono, non dimentichiamolo - molto si collega ai cicli e quindi alle stagioni. Molto succede in estate, molto meno in inverno, quando le ore di luce sono ridotte. Invece di dedicarsi alle colture, d’inverno i contadini badano di più al bestiame, alle greggi. Non possiamo poi dimenticare che il diverso ritmo è anche di natura storico-sociale. Gli uomini si abituano a vivere in un certo modo per consuetudine e comodità, possono frequentare ritmi frenetici o abbassarli, secondo le condizioni climatiche e le necessità sociali. È chiaro che la siesta appartiene, come abitudine, a certe latitudini, in cui qualsiasi attività nelle ore più calde della giornata è preclusa. Dal punto di vista genetico cosa capita? Mi sento di dire che geneticamente gli animali che necessitano di un periodo invernale di rallentamento, del così detto letargo, trasmettono questo imprinting alle generazioni successive. Le ridotte necessità di calore, di cibo, di
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Speciale
L’uomo è l’animale che meglio di ogni altro si adatta ai condizionamenti esterni, alle mutate condizioni di vita
ossigeno, in sostanza il metabolismo che si abbassa, fanno parte di una sola stagione, quella invernale. Diverso è il caso dell’uomo in cui si ragiona di stile di vita, magari collettivo, riconoscibile e riconosciuto, senza alcuna implicazione genetica. L’uomo è l’animale che meglio di ogni altro si adatta ai condizionamenti esterni, alle mutate condizioni di vita. Allora si ragiona sempre di un problema storico-sociale. Dato per scontato che la civiltà contadina cercasse, e in qualche modo trovasse, una sua forma di
Esecutivo 200x85 (1)
25-09-2008
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letargo invernale, va riconosciuto che un cambiamento radicale – ad esempio la generazione successiva che si sposta a lavorare in città, si urbanizza – porta conseguenze immediate: abitudini diverse e la capacità di assumere ritmi conseguenti, frenetici anche nel loro mutamento. Questo per dire che anche nei cicli tipicamente biologici, e quelli stagionali lo sono, si accavallano matrici sociali e matrici biologiche che influenzano sempre noi umani.
Stringiamo le fila del discorso: l’inverno può indurre una sorta di letargo anche negli umani? Può succedere: le notti più lunghe, il freddo intenso, anche se mitigato dal riscaldamento, le condizioni naturali possono indurre una sorta di letargo, diciamo un rallentamento studiato. Visto però che siamo disposti al cambiamento più di ogni altra specie animale, possiamo pure vivere l’inverno con propensione a ritmi diversi, magari frenetici, giusto per contrastare il freddo. Ci sta anche l’iperattività. Storico-sociale, come si diceva e per nulla genetica. Sergio Meda, in collaborazione con l’antropologo Tullio Seppilli
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Consigli
In gravidanza pressione sotto controllo Valensise, «e giocare d’anticipo quando possibile. Si può attuare, infatti, una prevenzione nei confronti della Preeclampsia identificando nelle prime settimane di gravidanza le donne a rischio per destinarle ad una sorveglianza prenatale intensiva e ad interventi di profilassi secondaria che prevengono il peggioramento del processo patologico. Maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di Preeclampsia sono una precedente gravidanza complicata da tale patologia, patologie renali o diabete preesistente la gestazione, ipertensione o gravidanze gemellari. Ci sono poi sintomi che se comparsi dopo la ventesima settimana potrebbero suonare come campanelli d’allarme per un suo successivo sviluppo: ipertensione, cefalee, nausea e vomito, proteinuria, disturbi visivi e rallentamento della crescita fetale. Il ricorso ad un controllo approfondito diventa in questi casi indispensabile». Laura Camanzi
Sin dall’inizio della gravidanza è bene tenere sotto controllo la pressione, questo perché un innalzamento dei valori potrebbe interferire, anche seriamente, con il benessere della madre e del feto. Valori pressori normali durante la gestazione sono quelli compresi nell’intervallo tra 140 mmHg di massima (sistolica) e 90 mmHg di minima (diastolica). Un superamento di questi valori, diagnosticato quanto prima, può rilevare eventuali patologie e aiutare a tenerle sotto controllo. Il suggerimento del professor Valensise del Dipartimento di Patologia ostetrica dell’Ospedale Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina di Roma è quello di misurare spesso la pressione durante i mesi di gravidanza (almeno una volta ogni mese) e di aumentare i controlli soprattutto nell’ultimo trimestre (1-2 volte a settimana). «Circa il 20% delle future mamme si trova ad avere durante la gravidanza problemi pressori che possono indurre rischi sia per la sua
salute sia per quella del bambino. L’ipertensione gestazionale è quella che compare dopo la ventesima settimana in donne solitamente normotese: in donne cioè che fino a quel momento non hanno mai avuto problemi di pressione alta. È una reazione anomala alla gravidanza, di solito si risolve subito dopo il parto ma non va sottovalutata». Si parla di ipertensione gestazionale lieve quando i valori sono compresi tra 160 mmHg di massima e 110 mmHg di minima e di una forma più severa quando sono superiori. Si parla, invece, di Preeclampsia quando a tali valori pressori si associa anche proteinuria (presenza di proteine nelle urine). In tal caso i rischi sono molto elevati sia per la madre, che può subire gravi danni a livello di cuore, fegato, cervello e reni, sia per il feto per il quale si può verificare un rallentamento o un blocco della crescita. Cosa fare per evitare tutto questo? «Controllare periodicamente la pressione», ricorda nuovamente
5 regole d'oro 1. Non utilizzare misuratori elettronici non validati per l’uso durante la gravidanza, che possono sottostimare la pressione anche fino a 50 mmHg e che possono quindi non rilevare segnali importanti. 2. Cercare di effettuare le misurazioni sempre allo stesso braccio e possibilmente anche alla stessa ora del giorno. 3. Misurare la pressione due volte al giorno al giorno, (mattina e sera) 4. Prima della misurazione rilassarsi e stare a riposo per circa 5-10 minuti. 5. Tenere un diario con le misurazioni della pressione da mostrare al proprio medico durante le visite programmate.
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Nebulizziamoli! L’uso di farmaci in forma di aerosol è consolidato ormai da anni, proprio perché spesso rappresenta la migliore via di somministrazione possibile Uno degli aspetti più importanti nella progettazione di un nuovo farmaco è quello di garantire il massimo assorbimento e la massima concentrazione di principio attivo solo dove serve, in modo da ridurre i dosaggi necessari a garantire l'efficacia e il rischio di effetti collaterali a carico di altri organi o tessuti. Poiché la maggior parte delle malattie delle vie respiratorie e dei polmoni coinvolge le loro superfici, il farmaco ideale dovrebbe essere somministrato direttamente su queste; l'aerosol, in questo caso, rappresenta la via di somministrazione più vantaggiosa, con un’efficacia paragonabile a quella ottenuta via endovena.
POLIVALENTE L’aerosol può essere utilizzato nel trattamento di infezioni delle vie aeree superiori e dell'apparato respiratorio in generale, ma anche di malattie non infettive come l'asma, o degenerative come l'enfisema o la fibrosi polmonare. Specie in questi ultimi casi, normalmente trattati con principi attivi molto potenti ed attivi su tutto l'organismo, la somministrazione mediante aerosol consente di ridurre sensibilmente la dose necessaria minimizzando gli effetti indesiderati sull'organismo del paziente. Le principali classi di farmaci utilizzati in forma di aerosol comprendono antibiotici, prevalentemente per la cura di infezioni batteriche, broncodilatatori, per il trattamento sintomatico dell'asma, antinfiammatori cortisonici e mucolitici - entrambi utili soprattutto nel trattamento dei sintomi e dell'evoluzione di affezioni acute e croniche.
METODICHE I preparati per aerosolterapia sono somministrati sia mediante inalatore pressurizzato, ideale ed essenziale per disporre del farmaco in qualsiasi circostanza, sia attraverso apparecchi nebulizzatori. I primi offrono, indubbiamente, una grande comodità e praticità d'uso, specie quando il farmaco è ideato per essere assunto al bisogno; tuttavia non sono adatti per volumi superiori ai pochi decimi di millilitro. Un aspetto spesso sottovalutato sia dal medico che dal paziente consiste nella somministrazione pratica del farmaco, che nel caso dell'aerosolterapia, per quanto semplice, è molto delicata e richiede una certa attenzione. I principi attivi vengono infatti formulati per essere nebulizzati in una specifica quantità al minuto; e rallentare o accelerare questo processo potrebbe influire negativamente sull'assorbimento del principio attivo e sulla sua efficacia. Le prestazioni dei diversi dispositivi di nebulizzazione devono quindi poter essere paragonate secondo criteri e parametri standard in modo da poterne adattare la modalità d'uso in funzione del farmaco e della posologia. Tra i parametri più importanti ricordiamo il diametro aerodinamico medio delle particelle nebulizzate o MMAD (Mass Median Aerodynamic Diameter), il quale rappresenta un indice della quantità di farmaco che è stata correttamente nebulizzata ed è assorbibile dai tessuti del paziente. La percentuale di particelle nebulizzate in grado di raggiungere le vie aeree inferiori, e quindi di essere ben assorbite, dipende infatti dalle loro dimensioni, ovvero dal diametro aerodinamico medio; tanto più piccolo sarà questo valore tanto maggiore sarà il percorso che potranno compiere prima di depositarsi sulla superficie delle vie aeree. Particelle di diametro superiore ai 7 micron (millesimi di millimetro) tenderanno a depositarsi nelle vie aeree superiori come la faringe ed il primo tratto della trachea, particelle con diame-
L’aerosol può essere utilizzato nel trattamento di infezioni delle vie aeree superiori e dell'apparato respiratorio in generale, ma anche di malattie non infettive come l'asma, o degenerative come l'enfisema o la fibrosi polmonare
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Focus
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tro medio intorno ai 5 micron tenderanno a depositarsi nei bronchi, mentre particelle di diametro inferiore ai 3 micron andranno a depositarsi nei bronchioli e negli alveoli polmonari. La capacità di un certo dispositivo di generare costantemente particelle di piccolo diametro, è quindi un ottimo indice della qualità dell’apparecchio stesso.
In generale gli apparecchi per aerosolterapia venduti in farmacia hanno prestazioni assolutamente paragonabili a quelle di un apparato ospedaliero, con il vantaggio di essere pensati per un uso pratico e semplice anche da parte del paziente. La maggior parte dei modelli in commercio sono di tipo pneumatico oppure ad ultrasuoni. I nebulizzatori pneumatici sono adatti alla somministrazione di quasi ogni tipo di principio attivo. La qualità delle loro prestazioni tuttavia dipende dal flusso gassoso che sono in grado di generare: un flusso insufficiente può determinare un aumento del diametro delle particelle e di conseguenza una riduzione dell'assorbimento ottimale del farmaco. Le prestazioni dei nebulizzatori ad ultrasuoni, invece, sono molto meno influenzate dalle variazioni del flusso gassoso generato, ma occorre tenere presente che alcuni farmaci potrebbero essere poco o mal veicolati. In generale un apparecchio per aerosolterapia, affidabile e di qualità, dovrebbe: possedere una pressione di esercizio di 1,5-2,5 atmosfere o bar; essere in grado di generare un flusso gassoso di 9-12 litri al minuto con un valore di MMAD di 2-3 micron; avere un tempo di nebulizzazione, riferito a 2 o 3 millilitri di soluzione, compreso fra i 5-7 minuti. Per finire, sono da preferire i modelli dotati di ampolla in materiale sintetico, erogatore
a boccaglio o, specialmente per i bambini, con maschera di misura opportuna, e dotati di valvole di inspirazione ed espirazione. In ogni caso è sempre meglio chiedere informazioni e chiarimenti al proprio medico o al farmacista: talvolta può essere necessario adattare o modificare la dose o i tempi di nebulizzazione in funzione delle caratteristiche e dell’efficienza del nostro apparecchio. I farmaci, infatti, sono ideati per essere sicuri, e nella maggior parte dei casi gli effetti collaterali si manifestano quando la dose o la modalità di somministrazione non vengono rispettate. Paolo Borgarelli in collaborazioine con Gianluigi Nieddu
Glossario L’aerosol è una forma farmaceutica utilizzata per la somministrazione inalatoria di alcuni principi attivi e consiste nella trasformazione del farmaco, originariamente in forma di polvere o di liquido, in nebulizzazione, una fine sospensione gassosa di microgocce del diametro di pochi millesimi di millimetro.
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Benessere
Un inverno termale Non sono certo una novità, le cure termali sono conosciute (e apprezzate) da millenni, in particolare nel bacino del Mediterraneo. Solo a Roma si contavano svariati stabilimenti, completi di palestre, sale massaggi e biblioteche, antesignani delle moderne Spa (acronimo di Salus per aquam, letteralmente “in salute grazie all’acqua”). Le strutture moderne sono caratterizzate dalla presenza di uno staff medico, capeggiato da un direttore sanitario, che effettua le cure – a base di acqua termale certificata dal Ministero della salute – secondo la prescrizione del proprio medico di base o di uno specialista. Le acque – ma anche i fanghi e le grotte, come vedremo - non curano soltanto patologie cutanee. Intervengono favorevolmente sull’apparato digerente, respiratorio, uditivo e riproduttivo, risolvono problematiche osteoarticolari e deambulatorie e sono molto utili nella cura di particolari forme allergiche.
Pelle
Apparato locomotore I trattamenti nelle Spa possono raggiungere buoni risultati in caso di patologie degenerative, infiammatorie o traumatiche croniche (alcuni esempi: osteoartrosi, osteoporosi, reumatismi in genere, gotta, tendiniti, fibrositi) e sono efficaci per la riabilitazione e il recupero post intervento. Non ci sono effettivi meccanismi di azione, le acque termali tendono, per loro natura, ad alleviare il dolore, la contrattura muscolare e la frequenza degli accessi acuti: tutte proprietà che favoriscono il recupero funzionale.
Apparato urinario Si prestano - in particolare per i calcoli - le oligominerali, le bicarbonate e quelle calciche, che svolgono anche notevoli azioni preventive.
Apparato digerente
Dagli eczemi alla psoriasi, dalla dermatite seborroica all’acne, dalle micosi cutanee all’orticaria: con la sola eccezione di alcune forme acute o particolarmente gravi, tutte le patologie dermatologiche traggono giovamento dai trattamenti termali. Le acque predilette dalla pelle sono le solfuree (stimolano la vasodilatazione, le azioni antiseborroiche, esfolianti e detergenti), le salso-bromo-iodiche (di origine marina, hanno proprietà antisettiche), le radioattive (in particolare quelle contenenti il gas radon), le oligominerali e le bicarbonate (le più diffuse in natura).
Ogni minerale possiede una sua azione biologica particolare e - è corretto segnalarlo - non sempre è adatta e producente per una particolare patologia. Ci limitiamo a segnalare che le più utilizzate sono le bicarbonate, le solfate, le salse (a base di sodio e cloro) mediante bibite, docce o irrigazioni rettali. Hanno effetti genericamente lassativi e specificatamente terapeutici a livello del tubo digerente.
Vie respiratorie
Apparato genitale
Basse o alte - intese come vie - non cambia nulla, le terapie inalatorie sono efficaci per la cura e il potenziamento delle difese immunitarie di tutto l’apparato respiratorio: sindromi bronchiali e rinusitiche, rinopatie, laringiti, sinusiti, e otiti (che siano sierose, purulente o catarrali).
Sono moltissime, soprattutto al femminile, le patologie che possono essere curate attraverso trattamenti termali a base di acque solfuree, salsobromoiodiche, bicarbonate, solfate. Sono, a tutti gli effetti, dei veri e propri agenti terapeutici ginecologici con caratteristiche - per citarne solo
alcune - decongestionanti, antibatteriche, antipruriginose, antinfiammatorie, antisettiche.
Metodologie Abbiamo cercato, in poco spazio, di darvi una panoramica delle competenze dei centri termali, senza però approfondire le metodiche e la somministrazione, anch’esse altrettanto varie. Per quanto riguarda le sole acque, è possibile intervenire internamente - con bibite, irrigazioni, inalazioni, insufflazioni e politzer sulfureo (alternativa più soft all’insufflazione: inalazione di gas sulfureo durante una deglutizione a narici chiuse) - ed esternamente. Queste ultime metodiche consistono nella balneoterapia (i classici bagni: idromassaggio, ginnastica idrica, docce), la antroterapia e la peloidoterapia. Per antroterapia si intendono i trattamenti in grotte caldoumide o secche (denominate stufe), mentre la peloidoterapia è l’insieme delle cure a base di fanghi (ad esempio le muffe, le torbe, i limi eccetera). Un argomento come le cure termali meriterebbe un numero speciale del Gazzettino. Abbiamo provato a spiegarvi e raccontarvi le basi. Come sempre è compito del medico e del farmacista indirizzarvi dallo specialista per pianificare un trattamento personalizzato. Federico Meda, in collaborazione con Stefano Nobili, medico di medicina generale
Solo in farmacia Esistono diversi prodotti - perlopiù cosmetici - a base di acque termali e ogni grande centro ha una propria linea personalizzata. Certo, non ci si può aspettare gli stessi effetti di un trattamento in loco, ma creme e spray sono ottimi per l’igiene intima, la pulizia delle vie respiratorie, la cura della pelle e dei capelli.
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Ipovisione in tarda età Le degenerazioni maculari: vediamo quando come e perché si manifestano, e come risolverle, con l’aiuto del dottor David Ciacci Posto che l’età media dei pazienti aumenta costantemente - a oggi in Italia si può considerare intorno ai 75-80 anni - una delle patologie più diffuse negli anziani è la degenerazione maculare, detta anche “maculopatia”. Vediamo di saperne di più: dal punto di visita anatomico la zona interessata è una porzione molto importante dell’occhio, di piccole dimensioni (4x5 mm), situata sulla retina al polo posteriore. Tecnicamente corrisponde alla zona oculare dove si concentrano tutte le informazioni visive, raccolte attraverso i coni e i bastoncelli, che sono le cellule nervose dell’occhio preposte a captare gli stimoli luminosi che appaiono nel nostro campo visivo. Queste informazioni arrivano alla retina per poi essere trasferite al cervello tramite il nervo ottico e le vie ottiche secondarie, per l’elaborazione definitiva e il riconoscimento delle immagini (regione occipitale o dell’area visiva). Un’alterazione a livello della zona maculare può quindi provocare gravi danni alla visione. Dal punto di vista statistico, la degenerazione maculare, legata all’età o senile, nei paesi industrializzati è una delle maggiori cause di ipovisione nei soggetti di età superiore ai 50 anni. Generalmente la maculopatia è sempre bilaterale e colpisce in percentuale simile uomini e donne.
CAUSE E SINTOMI Dal punto di vista eziopatogenetico (delle cause della malattia ndr) la degenerazione maculare è legata sia a fattori genetici sia a fattori ambientali. Cause predisponenti possono essere il fumo, l’ipertensione,
l’obesità, postumi di una cataratta o postumi di un’infiammazione secondaria a seguito di un intervento di cataratta, ma soprattutto fattori di carattere vascolare degenerativo: ipercolesterolemia, aumento della viscosità ematica, alterazioni del metabolismo. Il soggetto con maculopatia generalmente non la avverte in fase iniziale; i primi sintomi si manifestano quando la patologia è già in corso. Il paziente riconosce la distorsione di un’immagine nel suo campo visivo o può notare una macchia nera nella porzione centrale dello sguardo (si tratta già di uno stadio più avanzato), o annotare un’alterazione della visione centrale dell’occhio. Come sempre una visita oculistica è fondamentale in questi casi poiché permette di riscontrare in maniera precoce la patologia, di evidenziarla prima che si manifesti e di definirne la qualità: se secca oppure umida. Impiegando esami specialistici elettrofisiologici se ne accerta anche l’entità.
ESAME DIAGNOSTICO La valutazione diagnostica si effettua mediante esami non invasivi, quali ad esem-
pio il test di Amsler, proposto mediante l’utilizzo di una griglia particolare che permette di vedere se il soggetto registra la distorsione delle linee sulla griglia, oppure attraverso OCT3, un esame scanner a luce laser che si effettua in pochi minuti, o con esami più invasivi attraverso l’utilizzo della fluorangiografia all’indocianina o alla fluorescina. Importante per la valutazione della maculopatia è la visione del soggetto, in quanto inizialmente questi non perde la visione ma in breve tempo gli si riducono i decimi del visus, il cui abbassamento è proporzionale all’entità della maculopatia. La maculopatia secca non è essudativa, mentre quella umida è essudativa e si può trattare con il laser. Il 90% delle maculopatie è di tipo non essudativo, le residue sono essudative e perciò a maggior rischio d’involuzione prognostica più infausta. Da segnalare anche che molti soggetti con maculopatia presentano anche un foro maculare, che è una piccola rottura della regione della macula, situazione che quindi va a produrre una sintomatologia più marcata, ma soprattutto un abbassamento della vista con tendenza allo scollamento dello stato retinico della regione maculare (si ricorda che la retina è formata
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Anziani
da 10 strati). Nonostante la maculopatia sia una patologia rilevante, con frequenti difficoltà per chi ne soffre, la diagnosi precoce e un adeguato inquadramento diagnostico, nonché l’utilizzo di consigli specialistici e farmacologici permettono un buon controllo della patologia, con la possibilità di bloccarne l’evoluzione e di trattarla, a volte, in maniera quasi risolutiva.
RIMEDI E DEGENERAZIONI I farmaci di largo impiego per le maculopatie di tipo non essudativo sono gli antiossidanti orali (a base di vitamina E di altre vitamine), mentre per quelle di carattere essudativo grandi risultati sono stati ottenuti con la terapia fotodinamica attraverso l’utilizzo del laser e di un colorante, la “verteporfina”. In non pochi pazienti si utilizzano con grande successo terapie con iniezioni intravitreali assolutamente indolori, da effettuarsi però in camera operatoria in sterilità e sicurezza, con farmaci che tendono a bloccare l’evoluzione della maculopatia mediante un’azione diretta sulla regione maculare.
formando anche delle piccole pseudomembrane, che possono generare un’alterazione della regione maculare in quanto si formano delle microaderenze tra il vitreo e l’interfaccia microretinica e quindi la retina, membrane che possono produrre uno scollamento della retina della regione maculare procurando l’ipovisione. In questi casi, dopo particolari accertamenti, si può utilizzare la terapia chirurgica che oggi con grandissimi risultati (generalmente in anestesia locale) riesce a risolvere, attraverso la chirurgia vitreo retinica, tali tipi di disturbi: si può asportare la membrana epiretinica attraverso delle piccole sonde, attraverso un’azione particolarmente mirata sulla regione maculare ad opera di specialisti esperti nella chirurgia retinica. In conclusione la maculopatia è un’affezione che si può arrestare e trattare con buoni risultati dal punto di vista terapeutico e chirurgico. Allo studio vi sono nuovi farmaci di carattere angiogenetico che derivano dall’applicazione in altre patologie e che potranno produrre miglioramenti anche permanenti in maculopatie di carattere essudativo. David Ciacci
Qualche volta la maculopatia può evolvere anche in maniera diversa, in particolare
Lìberati dalla tosse, libera il respiro È un medicinale. Leggere attentamente il foglio illustrativo. Aut. Min. 28/03/2008.
GLOSSARIO Macula Piccola macchia giallastra (1-3 mm di diametro) situata al centro della retina che controlla la capacità di discriminazione fine: riconoscere gli oggetti e i colori, leggere e scrivere. Il resto della retina serve ad ampliare il campo visivo e ad attirare l'attenzione sugli oggetti individuati. Retina Struttura nervosa che ricopre l’interno dell’intero bulbo oculare. In essa sono contenute le cellule nervose (bastoncelli e coni) capaci di trasformare uno stimolo di natura luminosa in un impulso nervoso. Fluoroangiografia Esame che permette di visualizzare il circolo vascolare della retina. OCT La Tomografia a coerenza ottica (OCT è la sigla inglese) esamina la superficie retinica interna ed i tessuti ad essa adiacenti. Con uno strumento di ultima generazione, lo StratusOCT (OCT-3), si ottiene una visualizzazione “quasi istologica” delle strutture retiniche.
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Spazio Bimbi
Dislessia, questa sconosciuta La dislessia è un disturbo dell’apprendimento che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. In quanto poco nota, la dislessia è poco riconosciuta o riconosciuta tardivamente, con importanti ripercussioni psicologiche nell’individuo,
COME SI RICONOSCE Come si riconosce un bambino dislessico? Spesso viene indicato come un bambino che legge e scrive commettendo troppi errori, rimane indietro, non impara, è pigro. Ma se si va a ben vedere si noterà che questo bambino mostra difficoltà nel riconoscimento dei grafemi uguali o simili, ma orientati in modo differente (p e b; d e q; u e n; b e d) o grafemi che differiscono per dei particolari (n e m; f e t), possono tralasciare nella lettura o nella scrittura alcune consonanti e leggere capo anziché campo;
termini che non sono di uso corrente. Nel prosieguo degli studi anche i ragazzi che hanno ottenuto dei miglioramenti avranno difficoltà nell’apprendimento delle lingue (inglese, ma anche latino e greco) e i problemi si riscontreranno a livello di lingua scritta. In associazione alla dislessia si possono affiancare situazioni che complicano ulteriormente il quadro e sono ad essa collegate; vi può essere disgrafia, cioè la difficoltà di scrivere i fonemi in modo leggibile, disortografia cioè la difficoltà a trasformare il linguaggio parlato in scritto, discalculia cioè la difficoltà ad effettuare il calcolo mentale o scritto.
DIAGNOSI PER TEMPO
nonostante coinvolga il 4-5% della popolazione, vale a dire 2,5 milioni di italiani. É altresì un disturbo genetico, un danno di origine neurobiologico causato da un alterato funzionamento di un gruppo di cellule atte al riconoscimento di lettere e parole, fatto che impedisce il riconoscimento automatico delle stesse, anche se il livello intellettivo dei soggetti affetti dal disturbo è del tutto normale. La diagnosi dev’essere precoce - nelle prime classi della scuola elementare, ma già qualche segnale può verificarsi nella scuola materna – per poter intraprendere un tempestivo percorso terapeutico; infatti dalla dislessia non si può guarire ma si possono migliorare le abilità di questi bambini, attraverso un lungo percorso riabilitativo che dovrà coinvolgere anche la famiglia e la scuola.
possono avere difficoltà a procedere nella lettura sullo stesso rigo, possono saltare parole o delle intere righe. Spesso invertono dei grafemi come il e li, la e al, in e ni, o invertono delle sillabe leggendo talovo anziché tavolo. Il soggetto che ha difficoltà di lettura predilige il processo intuitivo a dispetto di quello di decodificazione, infatti leggerà la prima parte della parola inventando l’altra e ciò produce una maggiore possibilità di errori. Un dislessico nello studio si stanca maggiormente perché ha bisogno di più concentrazione, le cose non gli vengono automatiche; può leggere un capitolo ma non cogliere il significato, può avere difficoltà nell’imparare le tabelline, nel memorizzare le note musicali, nell’imparare in ordine i giorni della settimana o i mesi dell’anno, nel rammentare nomi o date o memorizzare
Frequentemente si arriva alla diagnosi in modo tardivo, perché le difficoltà specifiche dell’apprendimento non sono state adeguatamente inquadrate e il bambino vive delle frustrazioni derivanti da insuccessi scolastici che il più delle volte generano diminuzione dell’autostima. Emerge centrale il ruolo della scuola che se da una parte deve conoscere l’esistenza del disturbo ed essere attenta ad individuare precocemente ogni segnale che il bambino presenta, dall’altra deve rigorosamente ottemperare a quelle disposizioni che il Ministero della Istruzione emana al fine di evitare l’insuccesso e la dispersione scolastica che porteranno a una successiva mancata realizzazione sociale. Alla luce dell’impatto che la dislessia ha, è in discussione in Parlamento un progetto di legge che raccoglie le misure da adottare in termini di valutazioni scolastiche e non solo (esame per la patente) con strumenti compensativi (calcolatrice, computer) e dispensativi (dispensa dalle prove scritte delle lingue straniere, tempi più lunghi per prove scritte, interrogazioni programmate). Può aiutare l’autostima di questi ragazzi sapere che Beethoven, Walt Disney, Agatha Christie, Bill Gates, Tom Cruise e forse Leonardo sono stati o sono soggetti dislessici? Fabio Maria Massara, Pediatra
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Risponde il Farmacista
Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese Anno 8, n° 1 Gennaio-Febbraio 2010 Reg. Trib. Lecco N. 10/03 del 22/09/2003 Direttore responsabile Sergio Meda Comitato Scientifico dottor Paolo Borgarelli dottoressa Valentina Guidi Collaboratori Laura Camanzi, David Ciacci, Fabio Maria Massara, Federico Meda Coordinamento redazionale Hand&Made Milano Impaginazione e grafica De Marchi di De Marchi Simone www.de-marchi.com
In questo periodo ho spesso i polpastrelli rossi e doloranti, può spiegarmi il perché? La nostra pelle non è strutturata per sopportare in modo efficace il freddo, per cui a temperature inferiori ai 5° gradi centigradi il nostro organismo reagisce con una vasocostrizione venosa e arteriorale importante. Questa reazione causa una minore irrorazione della pelle che può iniziare a desquamare, seccare e necrotizzare.
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I geloni sono l’espressione di una prolungata esposizione al freddo e si manifestano in genere in 4 gradi diversi: • il primo si manifesta con un eritema gelonico; • il secondo prevede la necrosi dell’epidermide e la formazione di bolle; • il terzo riguarda il derma della cute, sulla quale si manifestano piaghe nerastre; • il quarto, infine, è il più grave: che colpisce le aponeurosi, i muscoli e i tendini distruggendoli. I geloni sono molto frequenti nei pazienti che hanno problemi legati il microcircolo (la fitta rete dei vasi sanguigni). Le cure si basano, prevalentemente, sulla prevenzione: non fumare, portare i guanti, utilizzare creme idratanti e protettrici, non usare creme al cortisone. In caso di lesioni importanti è necessario ricorrere anche a terapie corticosteroidee, ovviamente sotto stretto controllo del medico.
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