Distribuzione gratuita - Anno 9 - n. 6/2011 - Novembre/Dicembre
TROPPI FARMACI AI BAMBINI SPECIALE
Orientamenti scolastici
ANZIANI
Attenzione a quota 35 decibel
Christian Boiron, farmacista, Direttore Generale del Gruppo Boiron.
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Sommario 2
SPECIALE
Orientamenti scolastici
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CONSIGLI
Carbone benefico
APPROFONDIMENTO Troppi farmaci ai minori
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ANZIANI
Attenzione a quota 35 decibel
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SALUTE A 4 ZAMPE
Feromoni dei gatti
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BENESSERE
Questioni femminili
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SPAZIO BIMBI
Igiene orale
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RISPONDE IL FARMACISTA
Minori sotto i riflettori Grande attenzione, peraltro non esclusiva, nei confronti dei giovanissimi che in questo numero fanno la parte del leone. A partire dall’aletta di copertina, se mai vi fosse sfuggita, dove si esamina con semplicità e rigore la questione dell’igiene orale dei piccoli che trova anche all’interno la sua disciplina nei suggerimenti di una odontoiatra molto esperta di bambini. Dopodiché si passa all’approfondimento incentrato su tema di recente attualità, con relativi interrogativi e non poche ansietà, viste le cattive abitudini, molte legate al “fai da te”, di genitori che ai loro piccolini, entro il primo anno di vita, danno persino gli antibiotici, senza nemmeno chiedere consiglio al pediatra. A seguire, avanzando con l’età degli interessati, ecco lo Speciale dedicato all’orientamento scolastico, una scelta delicata da affrontare per tempo, quando alla chiusura della terza Media inferiore mancano ancora alcuni mesi. Suggerimenti che trovano conforto nel buon senso e nell’esperienza dei docenti, che trattano il tema orientamento con la massima serietà, come si conviene. Ci occupiamo anche di gatti, non necessariamente cuccioli, in merito ai feromoni che li mettono in condizione di tranquillità, visto che gli equilibri degli amici felini sono estremamente delicati. Ma l’esperto che ci conduce nel tema racconta molto del comportamento e delle abitudini, dei segnali di disagio ma soprattutto di marcamento del territorio, un principio sacro ai piccoli felini di casa nostra. Nessuno escluso. Un argomento di grande rilevanza soprattutto al femminile è la cistite, che una farmacista analizza nelle problematiche di più ampio respiro, con la consueta abilità. Nella sezione dei Consigli un amico farmacista suggerisce l’impiego del carbone vegetale, o legno di betulla, che appartiene ai rimedi antichi validi su più fronti: ottimo per i problemi intestinali, efficace nel contrastare un principio di avvelenamento ma anche per risolvere i problemi di alito cattivo. Si assume da solo, il carbone vegetale, o in associazioni con altri vegetali, non a caso.
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Orientamenti da non smarrire Provvedere per tempo è già un buon suggerimento, considerato che la fatidica domanda – che cosa pensi di fare, una volta uscito dalle Medie inferiori? – trova, spesso e volentieri, una faccia a punto di domanda e uno sconsolato interrogativo: «Non so, voi che cosa avete pensato sia adatto a me?». Tempi difficili, in ogni senso, per gli adolescenti che devono orientarsi nella scelta del corso superiore di studi. Una decisione che non segna definitivamente il destino di nessuno – c’è sempre tempo, almeno cinque anni per prendere una decisione accorta – ma sicuramente pone in imbarazzo adolescenti e genitori. Con un’avvertenza da prendere in seria considerazione: se vostro figlio non ha mai dimostrato passione per lo studio e con ogni probabilità non avrà voglia d’impegnarsi più di tanto, si può pensare immediatamente a un corso di studi che lo abiliti a una professione, poiché l’intoppo del servizio militare, quanto qualcuno chiamava “l’anno buttato”, ormai non c’è più. Un’altra avvertenza: chi segnala ai genitori l’ipotesi di non proseguire gli studi per avviarsi a un lavoro concreto, magari svolto a malincuore dai connazionali, potrebbe essere nel giusto. L’idea dell’emancipazione economica, in difetto di voglia di studiare, può essere una buona idea di questi tempi.
SAPER SCEGLIERE Tendenze personali, competenze già acquisite, gusti e predilezioni vanno assecondate, nei limiti del possibile, senza gravare mai l’adolescente con atteggiamenti di eccessiva responsabilizzazione. Come detto, alcune scelte hanno sbocchi plurimi, non condizionano in giovane età l’esistenza di alcuno. Di certo un’attenta valutazione di quanto oggi richiede il mercato – si sa, attualmente mancano esponenti delle professioni sanitarie, in particolare infermieri, e di sicuro la laurea in farmacia prelude a una serie di possibilità lavorative – ma occorre tenere ben presente che la società evolve, quello che vale
oggi può non avere rilievo tra cinque anni. A proposito di eredi, è chiaro che chi ha il papà dentista o commercialista o notaio, potrebbe fare a meno di scegliere, avviandosi alla professione “di famiglia”, ma anche qui attenzione: bisognerà sempre verificare se il
soggetto è interessato o meno a seguire le orme paterne. Spesso è l’ultima delle decisioni che un adolescente vorrebbe prendere, anche soltanto per l’inevitabile confronto che si pone, non subito, ma a distanza di tempo.
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Speciale
«Sono pochi i ragazzi che hanno le idee chiare, e qualcuno pensa che fare il “tronista in tv” sia una soluzione di grande efficacia. A volte finisce a schiaffoni con i genitori, in senso non tanto figurato» Altro luogo comune da sfatare, la bontà o l’eccellenza di alcune scuole sul territorio, anche lì tutto cambia e poi si può sempre “cascar male”. Anche i titoli di studio che facevano un tempo pensare a uno sbocco quasi sicuro (il diploma di ragioniere garantiva un futuro perlomeno da contabile) oggi sono spesso dei “pezzi di carta” che non servono a trovare un impiego. Questo non perché il mondo si sia messo a vorticare, ma perché il mercato senza regole, che alcuni definiscono “più libero”, condiziona le scelte, generando incertezza, insicurezza e confusione. Il concetto di precarietà è in agguato, ne parlano genitori e figli guardando con timore al futuro.
MAI SOSTITUIRSI AI FIGLI Ma ascoltiamo il parere di due insegnanti che vivono realtà completamente diverse: Luigina Locatelli insegna a Milano presso una scuola media mentre Alfonso Lucari insegna in una media di Catanzaro. «Nessuno ha la
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soluzione in tasca», racconta la Locatelli, «soprattutto per un quesito esistenziale che si pone in un’età di transito, per sua natura delicata. Tutto è in crescita e trasformazione a partire dal fisico dei ragazzi che si sviluppano senza una regola precisa. Il dialogo con gli insegnanti, il confronto con i genitori, diciamo con il mondo degli adulti, può essere fattivo così come certi soggetti, un po’ ribelli, lo rifiutano. Vanno assecondati, nessuna imposizione, al momento opportuno decideranno di chiedere loro un parere, un consiglio. Allora, come sempre, insegnanti e genitori devono esserci, tentare di ascoltare e non sentenziare mai. La scelta, mai come in questi, casi, dev’essere accompagnata». «In molti casi – racconta Lucari – i ragazzi chiamati a interrogarsi sul futuro non hanno risposte, magari ti dicono che per loro il futuro non c’è. C’è una carenza di speranze, questo è indubbio, ma vanno aiutati a formulare una scelta che tiene nel conto chi sono e che cosa già amano. Nelle scuole medie superiori si organizzano gli open day che sono un’ottima C
L’anello rosso
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occasione per fornire informazioni sugli istituti che frequenteranno l’anno successivo. Di certo occorrono per i ragazzi e per i loro genitori degli appigli, dei punti fermi. Sono pochi i ragazzi che hanno le idee chiare, e qualcuno pensa davvero che fare il “tronista in tv” sia una soluzione di grande efficacia. A volte finisce a schiaffoni con i genitori, in senso non tanto figurato». Su un punto i due concordano, senza indugi. Mai sostituirsi ai ragazzi nelle scelte che devono comunque essere dei giovani. «Alcuni genitori non orientano, tendono a imporre la loro ottica, operano una scelta drastica, anche se questa visibilmente contrasta con le attitudini e i desideri del figlio/a. I ragazzi vanno ascoltati sempre, a maggiore ragione in un momento delicato come quello di passaggio. Stanno diventando grandi ma ancora non lo sono». Da ultimo, in molte realtà italiane sono presenti i servizi di counselling e la possibilità di usufruire degli psicologi che molte scuole mettono a disposizione per aiutare genitori e figli a gestire al meglio la prima scelta importante della loro vita. Gianni Poli con la consulenza di Luigina Locatelli e Alfonso Lucari, insegnanti CY CMY
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In Farmacia
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Consigli
Carbone benefico Definito vegetale o attivo, in realtà di legno di Betulla, è un coadiuvante del nostro organismo, ottimo per contrastare problemi intestinali, principi di avvelenamento e alito cattivo. Lo si assume da solo o in associazione con Finocchio, Anice o Coriandolo Il carbone vegetale, o attivo, o carbone di legna di Betulla, ha molteplici proprietà funzionali per il benessere del nostro organismo. Si presenta come una polvere finissima che può poi essere utilizzata nella formulazione di altre forme farmaceutiche solide come capsule o compresse. Per quanto riguarda la sua produzione a livello industriale, si ottiene generalmente per distillazione secca dal legno di Betula Alba e da altri legni appartenenti ai generi Salix, Populus e Tilia, appositamente coltivati. La polvere di carbone attivo, presente nella Farmacopea Ufficiale, si prepara per pirolisi (un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore e senza agenti ossidanti) della polpa di legno e viene “attivato” attraverso un particolare processo in grado di rimuovere le sostanze precedentemente adsorbite con diminuzione della grandezza delle particelle e produzione di una fitta rete di pori indispensabili per il processo di absorbimento. Dal punto di vista funzionale è un coadiuvante tradizionalmente utilizzato in presenza di problemi quali aerofagia, coliti, fermentazioni intestinali e gastriti, ma non solo. Le sue minuscole particelle hanno la proprietà di trattenere tra di loro l’aria che si sviluppa a livello gastrico, ad esempio quando si ingurgita troppa aria durante i pasti, e a livello intestinale, dovuta in questo caso alle fermentazioni anomale dei cibi. In tal modo, viene eliminato il gonfiore e tensione delle pareti addominali, ma anche le infiammazioni. Quando viene utilizzato per
questo tipo di problematiche, la fitoterapia suggerisce di assumerlo in associazione ad altri prodotti come il Finocchio, l’Anice o il Coriandolo, in quanto anche queste piante riducono a loro volta le fermentazioni e migliorano la digestione.
PANACEA CONTRO L’AVVELENAMENTO Il carbone vegetale è risultato importante anche per curare casi di avvelenamento o intossicazione a seguito di morsi e punture di insetti e animali o a causa di sostanze tossiche ingerite, per il quale risulta efficace assorbendo le tossine mentre la persona colpita si reca nell’ospedale più vicino. In tal senso è l’unico absorbente attualmente riconosciuto dal gruppo di esperti dell’FDA (Food and Drug Administration) per il trattamento di soggetti che abbiano ingerito sostanze tossiche. Durante il periodo di assunzione sarà indispensabile mantenere una buona idratazione organica così da dare una spinta alla rimozione di tossine e depurare il corpo in tutto il suo insieme, evitando anche che il carbone attivo assorba sostanze importanti per l’organismo.
Gli studi hanno dimostrato che può inoltre essere utilizzato per combattere l’alito cattivo nel caso in cui questo sia dovuto ad una anomala fermentazione intestinale. Può essere preso sia prima che dopo i pasti, ma si consiglia l’assunzione lontana da quella dei farmaci che potrebbero vedere il loro assorbimento ridotto proprio a causa del legame con il carbone stesso che ne andrebbe a ridurre la concentrazione nei siti di azione.
IN FARMACIA In commercio esistono innumerevoli prodotti a base di carbone vegetale. Le forme farmaceutiche prevalenti sono la polvere, da sciogliere preferibilmente in acqua calda, ma può andare bene anche un qualsiasi altro liquido; le capsule e le compresse che, a seconda della ditta produttrice, conterranno un diverso quantitativo di sostanza che andrà quindi ad influenzarne il numero di somministrazioni quotidiane. Claudio Zubani, Farmacista a Ballabio (Lecco)
Approfondimento CATTIVE ABITUDINI
Troppi farmaci ai bambini? L’allarme viene da prestigiosi enti che hanno fotografato una curiosa realtà del nostro sistema: rispetto a Paesi simili al nostro per abitudini e cultura i piccoli vengono trattati con non meno di tre farmaci l’anno, tra cui gli antibiotici che altrove non sono contemplati se non in casi eccezionali. Spesso il “fai da te” viene dai genitori che non consultano il pediatra
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ortunatamente la gran parte dei bambini italiani è sana, non ha necessità di assumere farmaci, ma un dato genera un certo sconcerto: ogni anno per le comuni malattie dell’infanzia i bambini italiani assumono, in media, non meno di tre farmaci. Siamo ben lontani dagli standard europei, al di sotto dei due farmaci (1,95). Il 52% dei piccoli italiani assume almeno un antibiotico durante l’anno, ben di più di quanto non accada ai bambini inglesi (solo il 14%). Le differenze si annotano anche a livello nazionale: se in Puglia il 69% dei bambini viene curato con gli antibiotici, nel Lazio questo accade solo al 36% di loro. Di media l’8% dei bambini italiani subisce un ricovero durante l’anno in ospedale, ma tra Friuli Venezia Giulia e Abruzzo la percentuale fa riflettere, visto che è doppia (gli abruzzesi vengono ricoverati più facilmente). Questa realtà è stata fotografata nel corso di un convegno milanese in cui si è dibattuto di “Uso razionale dei farmaci per i bambini e i loro genitori”, promosso dall’Istituto Mario Negri di Milano. Nel mirino anche i parti cesarei, il 38% del totale, a dimostrazione che si medicalizzano anche le nascite. Lo conferma Maurizio Bonati, Responsabile del Laboratorio per la Salute Materno-Infantile dell’Istituto: «Con differenze sostanziali da regione a regione: i parti cesarei sono il 24% del totale in Friuli Venezia Giulia mentre in Campania hanno raggiunto la cifra sbalorditiva del 62%».
IN FONDO ALLA CLASSIFICA Nonostante l’Italia sia la 18° nazione per “sviluppo umano”, è purtroppo tra i Paesi europei con i maggiori contrasti, in termini di disuguaglianza nel benessere. Le modalità, la qualità e le aspettative del nascere e crescere oggi in Italia sono ancora, e sempre più, condizionate dal luogo di residenza e dalle condizioni sociali. «Nel corso dell’ultimo decennio», aggiunge Bonati, «poco è stato fatto per contrastare le di-
suguaglianze, e queste si sono accentuate. Essere bambino straniero, appartenere ad una famiglia numerosa e povera, essere disabile, vivere al Sud non son condizioni rare oggi in Italia e sono le condizioni ad alto rischio di deprivazione sociale e sanitaria per l’infanzia italiana». Anche l’Osmed, l’Osservatorio sull’impiego dei Medicinali, ha rilevato lo scorso anno che i bambini italiani assumevano troppi farmaci. Il consumo giornaliero di medicine da parte di bambini tra 0 e 4 anni era aumentato del 29%. Un enorme cambiamento non solo culturale - fino a qualche anno fa i bambini non assumevano nessuna medicina se non in base all’indicazione del pediatra - ma anche sociale. L’idea ormai invalsa è che se un bambino ha un qualsiasi malessere, dal mal di denti al mal di pancia, la soluzione sia dargli immediatamente una medicina. Il dato più allarmante è certamente quello che riguarda il consumo di farmaci che non sono indicati per il trattamento sui bambini: «Sento parlare – racconta Stefano Govoni, docente di Farmacologia a Pavia – di farmaci antiaritmici, ipertensivi, antiasmatici, antidepressivi, antibiotici. Si tratta di farmaci off label, per i quali c’è bisogno di una ricetta, che ai bambini possono essere somministrati esclusivamente sotto scrupoloso controllo del pediatra». In base ai dati raccolti dal Centro Antiveleni di Milano nel 2010 ben 3100 casi di errori terapeutici hanno visto protagonisti i bambini, per lo più sotto i cinque anni, e nella stragrande maggioranza dei casi l’errore è avvenuto in casa: dosi eccessive, farmaci sbagliati, terapie fai da te. Il recente convegno di settembre, promosso dal Mario Negri, poneva l’accento sull’efficacia dei farmaci ma anche sulla possibilità di indebolire le difese immunitarie dei più piccoli, mettendo a rischio la salute e la crescita armonica dei bambini. Un problema aggravato dal fatto che il 90% dei farmaci abitualmente utilizzati per i bambini, anche per i più piccoli, è stato creato e sperimentato per la popolazione adulta.
NO AGLI ABUSI «L’errore più frequente quando si utilizzano i farmaci sui bambini», ricorda il professor Govoni, «è quello di ragionare di un dosaggio più basso in base al peso del paziente, senza tener conto delle differenze dei bambini sul piano cellulare. L’abuso di farmaci, come ad esempio capita spesso con antibiotici, antinfiammatori o cortisonici, rischia di compromettere la salute e la stessa crescita dei bambini, indebolendone gravemente le difese immunitarie. L’abitudine di rispondere anche a un comune raffreddore o alle influenze con l’utilizzo di antibiotici sta favorendo ad esempio lo sviluppo di super-batteri che resistono agli attacchi e mutano, per aggirare le difese create da farmaci basati su molecole “vecchie”, mentre l’uso di cortisonici andrebbe invece eliminato sotto i 5 anni». Le abitudini sbagliate sarebbero alla base di un fenomeno preoccupante che interessa le nuove generazioni, vale a dire la ridotta capacità immunitaria, confermata da studi, soprattutto per coloro che sono nati dopo gli anni ‘50, il periodo del grande sviluppo e diffusione della farmacologia. Patologie acute, come infarto e ictus oppure malattie con un grande trend di crescita come l’ipertensione o ipertrofia della prostata sono sì in aumento per fattori come l’alimentazione, i ritmi di vita più frenetici, ma anche per l’abuso di certi farmaci. Alcune regole per preservare i bambini dall’eccesso di farmaci sono, innanzitutto, valutare sempre se i sintomi che il bambino presenta siano assolutamente da trattare con una terapia farmacologica; promuovere lo studio di
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Approfondimento
CATTIVE ABITUDINI
prodotti pensati e creati ad hoc per le caratteristiche e le esigenze dei bambini; limitare allo stretto indispensabile l’uso di farmaci su bambini più piccoli, soprattutto in fase di sviluppo: ogni intervento su di loro potrebbe rappresentare un rischio per la loro crescita. Infine non ricorrere all’ospedale e al pronto soccorso per ogni minima indisposizione: no, insomma, all’allarmismo. Fra i consigli dati dai pediatri c’è anche quello di affrontare in modo naturale le leggere malattie, riscoprendo alcuni dei vecchi metodi usati dalle nonne, che forse sono meno efficaci nell’immediato ma che poi risultano fondamentali per permettere ai bambini di sviluppare le loro difese immunitarie aiutandoli ad affrontare gli attacchi alla salute per tutta la vita.
L’ideale? Un contrassegno I farmaci pediatrici, secondo Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti, dovrebbero essere ben riconoscibili In merito al tema “troppi farmaci ai bambini” ci siamo confrontati con Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti (FOFI). Sorpreso, presidente, da questa preoccupata denuncia, emersa di recente, nel corso di un convegno? «Per la verità non sono sorpreso, visto che ormai da tempo molte realtà scientifiche, a cominciare dal Laboratorio di salute materna e infantile dell’Istituto Mario Negri, segnalano come in Italia vi sia un sovra trattamento dei sintomi rispetto ad altri Paesi, in particolare al frequente ricorso agli antibiotici. Ma questa è solo una parte della questione. L’altra è il ricorso a molecole differenti rispetto a quelle di uso prevalente in Europa e, quindi, alla prescrizione off-label. Si tratta di avviare un’attività sempre più forte sul piano culturale». Uno dei rilievi più frequenti è che i farmaci per l’infanzia, a parte quelli nipiologici, per la primissima infanzia, non hanno dosaggi equiparati al peso dei soggetti che li devono assumere. Problema che un tempo non sussisteva, in quanto i farmacisti preparatori potevano procedere con dosaggi opportuni, in ossequio alle disposizioni dei medici. «La mancanza dei dosaggi è effettivamente un problema, al quale ancora oggi, però, ovviano i farmacisti preparatori, in particolare quando si deve mantenere la continuità terapeutica tra ospedale e territorio. Non a caso la Federazione degli Ordini dei Farmacisti ha operato per diffondere e migliorare la cultura del galenico: ultima in ordine di tempo l’apertura di una scuola permanente per farmacisti preparatori in collaborazione con la Sifap. Però è chiaro che da almeno cinquant’anni viviamo l’era del farmaco industriale e la soluzione non può prescindere da un impegno delle aziende in questo senso. D’altra parte, in assenza di un contributo pubblico mirato alla ricerca scientifica in campo pediatrico, è anche difficile per le aziende intraprendere l’iter di registrazione di tutte le formulazioni pediatriche che possono servire». Tra i compiti dei farmacisti rientra la farmacovigilanza: c’è una particolare attenzione della categoria verso le ricette dei pediatri italiani, in termini di possibili interazioni o effetti avversi? Se sì, in che termini la raccomandate? «Come è noto, la farmacovigilanza si basa sulle re-
azioni avverse segnalate, non su una attività di ricerca del farmacista o del medico, quindi il professionista è tenuto a segnalarle tutte. In questo senso, anche a seguito della recente direttiva europea che ha potenziato il ruolo del farmacista, c’è la massima attenzione di tutta la professione a questo aspetto. Tanto è vero che la FOFI ha messo a punto un sistema telematico di supporto alla segnalazione che ha contribuito a aumentare significativamente il numero delle segnalazioni. A mio avviso, però, molto si può fare per rendere più sicuro l’uso del farmaco nei bambini nell’ambiente domestico. Da tempo abbiamo proposto che le confezioni pediatriche riportino un contrassegno che le rendano immediatamente riconoscibili come tali, in quanto l’indicazione del nome commerciale e del dosaggio possono non essere sufficienti, soprattutto in una società che sta diventando multietnica e in cui non è detto che tutti abbiano una sufficiente conoscenza della lingua». Che tipo di cautela si sente di suggerire ai colleghi farmacisti in rapporto al tema “troppi farmaci al bambini”? «Certamente non possiamo e non dobbiamo interferire con le prescrizioni del medico curante. Quello che possiamo fare è moltiplicare l’impegno nella verifica della prescrizione – perché un errore nella compilazione può sempre accadere – e nel fornire al genitore tutte le indicazioni necessarie riguardo a modalità di assunzione e conservazione del medicinale e, insomma, insistendo su tutti quegli atti che differenziano la dispensazione di un medicinale dalla vendita di un prodotto qualsiasi. Ma questo i farmacisti lo sanno e lo fanno già. Lo stesso vale per l’automedicazione per i bambini. A questo proposito, poi, se il genitore si reca in farmacia senza il figlio è bene informarsi non soltanto dell’età ma anche del peso e delle presenza di condizioni particolari che possono guidare la scelta di un farmaco da banco o anche far consigliare l’intervento del pediatra». Gianni Poli con la collaborazione di Stefano Govoni, farmacologo e di Andrea Mandelli presidente FOFI
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Anziani
Attenzione a quota 35 Parliamo di decibel, del livello minimo di percezione dei suoni, al di sotto dei quale le parole non risultano comprensibili. Oggi un’ampia gamma di protesi acustiche sopperiscono al problema, legato all’invecchiamento dell’organo uditivo
Due categorie di protesi
Ipoacusia percettiva involutiva senile: un nome complicato da ricordare per intero, meglio allora fare riferimento al più semplice presbiacusia, vale a dire la capacità uditiva che il tempo riduce per l’invecchiamento precoce dell’organo dell’udito. Il paziente affetto da presbiacusia non avverte particolari problemi sino a quando la perdita uditiva non supera la soglia di 35 decibel, quella di idoneità sociale. Al di sotto del livello 35 la percezione è distorta, tanto che si avvertono i suoni ma le parole risultano incomprensibili. L’utilizzo precoce dell’apparecchio acustico consente di arrestare il degrado della funzione uditiva, come segnala il dottor Enrico Fagnani, dirigente Audiologo presso la Fondazione Cà Granda Policlinico di Milano.
A chi compete l’indicazione della protesi? La decisione di applicarla tocca all’otorinolaringoiatra o all’audiologo. È invece competenza dell’audioprotesista, figura tecnico professionale che oggi esce da un apposito corso di laurea, programmare, adattare e personalizzare l’apparecchio acustico. Gli audioprotesisti operano in centri acustici dedicati.
Un primo consiglio, dottore. Mai sottostimare la fase iniziale di presbiacusia, è opportuno correre per tempo ai ripari con un’idonea protesi acustica.
Veniamo agli apparecchi acustici. Quali le accortezze nella scelta e nell’uso? La scelta si lega ad una decina di aziende al mondo che li producono, tutte meritevo-
Le protesi acustiche si suddividono in due grandi categorie: quelle per via ossea nelle quali l’apparecchio acustico è inserito all’interno della stanghetta degli occhiali, utili per correggere le ipoacusie trasmissive (perdite uditive, valutate con l’esame audiometrico, in cui il nervo acustico ha
Consigli utili ai portatori Ai portatori di protesi acustica si suggeriscono alcune avvertenze: • Controlli otorinolaringoiatrici periodici, ogni 6-8 mesi. La presenza della protesi o di una sua parte all’interno del condotto uditivo determina, infatti, un possibile ristagno di cerume che deve essere periodicamente rimosso. Quando tra la protesi e la membrana del timpano vi è abbondante cerume l’apparecchio non funziona bene e può “fischiare” (effetto Larsen). Per prevenire il tappo di cerume ci sono farmaci e strumenti idonei all’igiene dei condotti uditivi (non i bastoncini) • Un esame audiometrico almeno una volta all’anno.
• Igiene accurata della protesi acustica, in particolare quella endoauricolare, per rimuovere ogni possibile agente che possa penetrare all’interno dell’apparecchio. Nelle protesi retroauricolari è invece necessaria una attenta igiene della parte che entra nel condotto uditivo (la chiocciola di materiale plastico). • Fare attenzione a possibili dermatiti del condotto uditivo che danno fastidioso prurito. Per prevenire queste dermatiti è bene cospargere la superficie della chiocciola o della protesi endoauricolare con gocce auricolari o lozioni a base di cortisone.
ancora una buona funzionalità), e protesi acustiche per via aerea. Queste, a seconda del posizionamento, si distinguono in retroauricolari, con l’apparecchio acustico posto dietro il padiglione auricolare, ed endoauricolari, con l’apparecchio inserito nel condotto uditivo esterno.
li perché il livello qualitativo dei prodotti è molto elevato. L’evoluzione tecnologica dei nostri giorni, con software appositamente dedicati, i progressi dell’elettronica con la miniaturizzazione (circuiti al silicio) hanno consentito risultati davvero eccezionali. Oggi disponiamo di protesi acustiche molto piccole, che possono essere inserite all’interno del condotto uditivo, quasi invisibili ma in grado di fornire prestazioni molto raffinate. Quanto all’uso, le protesi fanno parte di un percorso terapeutico riabilitativo, vanno frequentemente monitorate nei 2-3 mesi successivi all’applicazione, la programmazione e l’adattamento si effettuano tramite PC, con software dedicati. Problemi per qualcuno ad adottarle, come in passato? Gli adulti oggi, e sempre di più, vivono gli apparecchi acustici come estensioni sensoriali a fini di comunicazione. Si va fortunatamente perdendo la convinzione che sia meglio nascondere la protesi piuttosto che utilizzarla. E i bambini? Quanto ai piccoli, gli scandinavi sono gli inventori degli apparecchi colorati loro dedicati, le cover come le chiamiamo noi. Divertenti e molto bene accette. Giuseppe Lupi in collaborazione con Enrico Fagnani, audiologo
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Feromoni dei gatti Di feromoni (appaganti) abbiamo parlato nel numero di luglio/agosto a proposito dei cani, per l’azione tranquillizzante che questi prodotti di sintesi, analoghi a quelli naturali, hanno nei confronti dei nostri amici a quattro zampe, vuoi cuccioli o cani adulti, eliminando gran parte dei loro timori. Altri feromoni, di diversa natura, sono prodotti dai gatti, che usano questi segnali chimici per marcare il territorio e le loro abitudini, alle quali non possono rinunciare. Segnali che si ritrovano in Feliway, l’equivalente di sintesi dei feromoni naturali, che i gli amici felini depositano sugli oggetti e nei luoghi familiari tramite lo strofinio delle guance, per garantirsi un messaggio di calma e benessere. Ne ragioniamo con il dottor Andrea Fiorentini, veterinario, responsabile della Business Unit Animali di Compagnia di Ceva: «Il gatto spesso ha difficoltà di relazione, non è un animale da branco, anche se sempre di più la gente lo vive come animale da compagnia. Soprattutto quando il gatto pretende attenzione, ha voglia di giocare, non presenta i disturbi del comportamento figli di altrettanti sintomi di disagio. Gatti socializzati se ne vedono sempre di più, ma va considerato che il territorio presenta non pochi cambiamenti, generando in loro paura o stress». È così importante il territorio, per un gatto? È fondamentale, e l’animale deve padroneggiarlo, tanto che divide l’ambiente in ambiti ben precisi: il luogo in cui mangia dev’essere ben diverso da quello in cui sporca o in cui si riposa oppure ancora in cui gioca. Il gatto divide ulteriormente lo spazio in “sentieri” che percorre abitualmente e che marca anch’essi con i feromoni. La marcatura serve per identificare il territorio ad evitare di affrontare situazioni sconosciute. Noi li abbiamo semplicemente riprodotti. Feliway è un analogo di sintesi dei feromoni di benessere del gatto. L’uso di segnali chimici è normale per comu-
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Salute a 4 zampe
Il territorio è fondamentale, e l’animale deve padroneggiarlo, tanto che divide l’ambiente in ambiti ben precisi. Il gatto divide ulteriormente lo spazio in “sentieri” che percorre abitualmente e che marca anch’essi con i feromoni. La marcatura serve per identificare il territorio ad evitare di affrontare situazioni sconosciute nicare tra membri della stessa specie e per aumentare la propria fiducia. E i cambiamenti in casa, il territorio prediletto, che effetto producono? Senza arrivare al cambiamento di abitazione, molto destabilizzante per chiunque, anche per gli umani, basta lo spostamento dei mobili, la stessa imbiancatura di una stanza, l’arrivo di un bebè o di altri gatti in casa: tutti episodi che mettono in discussione le abitudini del gatto e il suo equilibrio. Un diffusore o uno spray bastano a risolvere ogni problema? In larga parte il diffusore (lo spray serve anche per dare tranquillità al gatto in viaggio) dà un forte aiuto, ma non è la panacea di tutti i mali. I feromoni danno comunque un messaggio di benessere, rendono l’ambiente più gradevole.
Quali sono i segnali più evidenti di disagio per il gatto? I disturbi alimentari o del comportamento (il gatto che esce solo di notte, quando non c’è nessuno, perché timoroso di tutto, le graffiature e le marcature urinarie) sono i sintomi di una difficoltà, ma anche lo scarso interesse al gioco è una manifestazione ben precisa, che il possessore di un gatto solitamente avverte. I veterinari a suo avviso hanno cognizione di queste realtà? I veterinari si occupano sempre di più dell’area comportamentale del gatto, ne hanno cognizione anche perché conoscono a menadito i feromoni negativi, quelli di allarme, di paura, delle situazioni di stress.
pecia con lesioni cutanee. La toelettatura in eccesso fa sì che il gatto rimuova grandi quantità di peli fino a provocarsi lesioni. È un comportamento da analizzare caso per caso, ma è spesso figlio di stress o di paura. Poi c’è la marcatura con urina su superfici verticali (bordi delle porte, angoli delle pareti). Infine ci sono le graffiature effettuate dall’alto verso il basso con le zampe. Queste svolgono prevalentemente una funzione di comunicazione attraverso la combinazione di segnali visivi (le tracce lasciate dai graffi) e olfattivi (feromoni secreti dalle ghiandole interdigitali). Generalmente i gatti le producono vicino ai luoghi di riposo, di alimentazione e di passaggio tra l’interno e l’esterno dell’abitazione. Ci tranquillizzi, l’uso di Feliway non dà assuefazione. No, assolutamente, e nemmeno si tratta di un ansiolitico. Non è un copriodore. Che significa In passato, per correggere certi comportamenti, si usavano i repellenti, che davano estremo disturbo ai gatti. Per fortuna questi strumenti non hanno quasi più impiego.
di Sergio Meda con la collaborazione di Andrea Fiorentini, veterinario
Ci faccia degli esempi I leccamenti eccessivi, che procurano alo-
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Questioni femminili L’infezione del tratto urinario (Uti) è un problema che coinvolge frequentemente la popolazione femminile. Una donna su tre, infatti, ha sperimentato almeno una volta nella vita un episodio di cistite Benché possa essere asintomatica, la cistite si associa a minzione dolorosa, bruciore, pressione e dolore pelvico, urine torbide (con eventuali tracce di sangue), stanchezza. I fattori di rischio includono l’attività sessuale, la gravidanza, la menopausa, il diabete, l’utilizzo di cateteri, l’ostruzione del tratto urinario. Sorprendentemente anche i bam-
bini possono soffrire di cistite, in particolare le femmine sotto i cinque anni di età, accompagnata da febbre.
Fattori di rischio • In gravidanza circa l’8% delle donne sof-
fre di infezioni del tratto urinario, il che aumenta i rischi per altre complicazioni per la madre e per il feto. L’incidenza è correlata alla stasi dell’urina e al ridotto svuotamento dei reni, residuo e reflusso nella vescica, aumento del pH favorevole alla crescita batterica. • In menopausa l’incidenza aumenta fino al 10-15% tra i 65-70 anni e 20-50% sopra gli 80 anni, a causa delle modifiche anatomiche e funzionali che concorrono al calo degli estrogeni. Una delle soluzioni – su indicazione del medico - è infatti applicare localmente gli estrogeni per ridurre il fenomeno.
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Benessere
La banale prevenzione prevede un’igiene intima adeguata, bere molta acqua, svuotare la vescica prima e dopo il rapporto sessuale, usare biancheria di cotone • Normalmente il tratto urinario è sterile, talvolta però i batteri vi possono migrare dall’intestino retto o dalla vagina. Circa l’80% delle infezioni sono infatti causate da batteri come Escherichia Coli - alberga normalmente nel nostro intestino (colon). È dotato di fimbrie, prolungamenti proteinacei filamentosi, con cui si ancora alle cellule dell’apparato urinario (uretra e rene) e da qui prolifera formando colonie di batteri - Staphylococcus saprofiticus (10-15% in donne giovani) e, in misura minore, Klebsiella pneumonia, Proteus mirabilis, Enterobacter acrogenes. • Funghi come Candida, Aspergillus, Criptococcus. • Alcuni comportamenti sembrano correlarsi alla cistite: frequenti rapporti sessuali nei mesi precedenti, un nuovo partner, l’utilizzo di diaframma e di prodotti spermicidi. La responsabilità di altri, invece, come l’utilizzo di collant, l’ab-
bigliamento attillato o l’uso di salvaslip, non è stata ancora dimostrata.
Trattamenti Per trattare al meglio le infezioni urinarie è fondamentale una diagnosi tempestiva (esame delle urine), l’eradicazione della carica batterica, la riduzione delle ricadute. In presenza di batteri i trattamenti convenzionali prevedono – per episodi acuti e recidive – l’assunzione di antibiotici. Metodi alternativi di prevenzione e trattamento - utilizzabili anche in gravidanza - sono la somministrazione in forma di succo o tavolette di mirtillo rosso o Cramberry (Vaccinium macrocarpon), capace di ostacolare l’adesione dei batteri (E.Coli) all’uretra. Meglio in associazione con vitamina C, con la quale sembra esserci una sinergia d’azione. Un’altra sostanza ad azione antisettica e antinfiammatoria – ma che non è indicata durante la gestazione -è l’Uva ursina (Arctostaphylus uva ursi) che garantisce ottimi
risultati se le urine vengono alcalinizzate da una dieta ricca di vegetali. Anche il Dmannosio, uno zucchero semplice, è in grado di prevenire l’adesione di ceppi batterici di Escherichia Coli alle cellule dell’apparato urinario, idem i Lactobacilli (L. rhamnosus , L.reuteri) già presenti nella flora batterica vaginale e capaci di mantenere il pH acido nelle urine, prevenendo la proliferazione dei microrganismi e la colonizzazione dei batteri dannosi.
Prospettive Sono in fase di studio l’uso di salvaslip impregnati di Lactobacillis (per ristabilire l’equilibrio vaginale riducendo il rischio di infezione), l’utilizzo di cateteri con proprietà antibatteriche, fino alla possibilità di immunizzare pazienti con alto rischio di recidive: alcuni studi condotti con ceppi inattivati di E.Coli fanno bene sperare ma molti aspetti sono ancora da chiarire.
di Patrizia Mantoessi, Farmacista a Monza
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Spazio bimbi
Uno stile di vita L’igiene orale prevede abitudini indotte sin dalla prima infanzia alle quali non si deroga. Vediamole insieme I disastri di un tempo si sono attenuati, ma ogni tanto capita ancora ai dentisti di visitare bambini che a tre anni hanno i denti neri o presentano larghi vuoti in bocca perché i denti da latte sono già caduti. Colpa degli zuccheri elargiti a profusione da genitori malaccorti che, col miele spalmato sul ciuccio o i biberon di acqua e zucchero, o ricolmi di succhi di frutta, pensavano di tenere tranquilli i loro piccoli. «Casi rari, per fortuna – racconta la dottoressa Maria Teresa Gallo, medico chirurgo e dentista a Torino – ma non dimentichiamo che, già all’asilo e nella prima scolarità, assistiamo ai danni prodotti dalla sedentarietà e dalle merendine. Nessun desiderio di colpevolizzarle, basterebbe ridurne il consumo, per il sovrappeso che inducono in soggetti già poco portati al movimento, costretti seduti a scuola per ore e ore, oltre a marcare, in senso cariogeno, i denti dei bambini».
Quanto tempo dovrebbe durare uno spazzolino? In generale tre mesi. Se si deteriora molto prima vuol dire che il bambino lo usa male, magari in presenza dell’apparecchio correttivo.
Parliamo allora di igiene orale, di uno stile di vita che deve iniziare dalla prima infanzia. Quando le mamme accorte utilizzano una garzina arrotolata su un dito per lavare le gengive dei piccoli. Questo sin dai primi mesi del figlio. Poi, a partire dai due anni, entrano in gioco gli spazzolini specifici adatti alla prima infanzia, con setole medie. Sono spazzolini piccoli con i quali i genitori lavano i denti ai bimbi insegnando loro pian piano come si fa.
Che tipo di dentifricio suggerisce per i bambini? In generale i prodotti ad alta percentuale di fluoro, quelli in vendita in farmacia, poi va
A quale età si emancipano, fanno da sé? In teoria dai 4 anni questo è possibile, ma vanno sempre controllati nei loro movimenti. Soprattutto nei tre momenti fondamentali di ogni giorno, dopo i pasti. Certo, un bambino all’asilo, piuttosto che pulirsi con lo spazzolino di un compagno è meglio se salta il turno, se provvede la sera accuratamente. Dopo il pasto serale la pulizia è cruciale perché di notte, nel lungo periodo di sonno, la placca batterica può agire indisturbata.
A proposito, l’apparecchio ortodontico dà problemi? A livello d’igiene parecchi. Noi diamo ad ogni paziente il kit con lo spazzolino, le pastiglie antiplacca, lo scovolino per pulire i denti nei punti più difficilmente raggiungibili, ma il problema é che il bambino eviterà di usare lo spazzolino là dove avverte dolore, di conseguenza il controllo dev’essere molto accurato. Infatti è proprio nei punti in cui è presente una grande quantità di placca e di conseguenza un’infiammazione gengivale, che il paziente avvertirà maggior fastidio e quindi tenderà ad evitare lo spazzolamento.
considerato il gusto del bambino che può preferire questo o quel sapore. Idem per i collutori, anch’essi medicati, al fluoro, ma suggerisco anche lo spazzolino per la lingua, che elimina impurità e batteri. Il filo interdentale è utile, come per gli adulti? Per i bambini provvede solitamente la natura. Salvo i casi di mal occlusione i denti decidui hanno spazi fra loro che si puliscono agevolmente, quasi da soli. Siamo in presenza di gengive sane, di giusta altezza. Negli adulti, dove c’è un’otturazione o nel caso di una protesi lo spazio interdentale si modifica, il filo diventa indispensabile. E gli spazzolini elettrici? Sono favorevole, anche se alcuni igienisti dentali sostengono che sino a 10 anni è bene procedere con gli spazzolini tradizionali per apprendere correttamente i movimenti necessari ad una corretta igiene. Gli spazzolini elettrici garantiscono una pulizia accurata, nei due minuti di spazzolamento suggeriti per tutti, a tutte le età. Merito delle spazzole e dei ciuffetti che ruotano in ogni direzione. Sergio Meda in collaborazione con Maria Teresa Gallo, Medico chirurgo e Odontoiatra
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Risponde il Farmacista
Conservazione dei farmaci
Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese Anno 9, n° 6 Novembre-Dicembre 2011 Reg. Trib. Lecco N. 10/03 del 22/09/2003 Direttore responsabile Sergio Meda
Quali sono le precauzioni da prendere? Per quanto tempo un farmaco è utilizzabile, a confezione aperta? Luisella, Varese
Per prima cosa meglio custodirli in un armadietto, chiuso a chiave e posto in alto, fuori dalla portata dei bambini. I farmaci vanno sempre conservati a temperatura ambiente, in luogo asciutto e al riparo dalla luce diretta. Devono sostare sempre nell’involucro originale (il prodotto protetto dall’umidità), senza mai togliere il foglietto illustrativo che accompagna la confezione . D’estate la temperatura dell’armadietto delle medicine non deve superare i 30 gradi. Mai lasciare i farmaci in auto, soprattutto quando fa caldo. Alcuni farmaci - vaccini, insulina, calcitonine, gamma-globuline, granulari - ai quali è stata aggiunta acqua, devono essere conservati in frigorifero, riposti in alto a temperatura compatibile con quella indicata sulle confezioni (magari nel cassetto della frutta, dove si hanno meno variazioni; mai riporli nel congelatore). Se si verifica un guasto o black-out al frigorifero (oltre l’ora), tutti i farmaci che vi sostano vanno buttati e sostituiti. Attenzione all’umidità, in bagno o in cucina, perché capsule, polveri, compresse e cerotti possono deteriorarsi precocemente. Meglio mantenere il batuffolo di cotone presente in alcune confezioni di compresse, perché trattiene l’umidità migliora la conservazione del farmaco. Mai travasare farmaci in forma liquida in contenitori diversi dall’originale, tantomeno in contenitori per alimenti e bibite. Ricordiamoci che la data di scadenza riportata sulla scatola di qualunque farmaco si riferisce al prodotto integro: dal momento in cui si apre la confezione la durata del prodotto può variare a seconda del farmaco stesso. Pertanto è importante chiedere sempre al farmacista per quanto tempo il farmaco, una volta aperto, può essere usato.
Comitato Scientifico dottor Paolo Borgarelli dottoressa Valentina Guidi Collaboratori Giuseppe Lupi, Patrizia Mantoessi, Federico Meda, Gianni Poli, Claudio Zubani Coordinamento redazionale Hand&Made Milano Impaginazione e grafica De Marchi di De Marchi Simone www.de-marchi.com Stampatore Gam Edit Srl – Italy Via A. Moro, 8 - 24035 Curno (Bg) Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata Socio Effettivo A.N.E.S. ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA
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