Distribuzione gratuita - Anno 11 - n. 1/2013 - Gennaio/Febbraio
DIPENDENZE MODERNE Speciale ObesitĂ infantile Consigli RIsolvere la calvizie Ricette Zuppe invernali
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Editoriale Sommario 4
SPECIALE
Il segreto è muoverli
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CONSIGLI
Brutte cadute
APPROFONDIMENTO Dipendenze moderne
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BENESSERE
Sindrome premestruale
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DOMANDE
Sop e Otc, questi sconosciuti
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RICETTE
D’inverno ci si in-zuppa!
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FARMACIE CLUB SALUTE
La forma diventa sostanza Un piccolo moto di stupore ve lo concediamo, per il nuovo formato. Lo si può riporre in tasca o in borsetta, senza doverlo piegare. Gli inglesi lo definiscono handbook, da noi si dice tascabile. In realtà noi l’abbiamo valutato come pratico, comodo da maneggiare, non solo da custodire. Con indubbi vantaggi per chi legge. Talvolta la forma diventa sostanza, perché alla praticità si somma la possibilità di meglio gestire i contenuti, su più pagine, con intermezzi (i riquadri, per non chiamarli box) che risaltano maggiormente. Tutto per migliorare il giornale.
Impaginazione e grafica De Marchi di De Marchi Simone - www.de-marchi.com
I contenuti sono quelli in cui vi riconoscete. Stavolta muoviamo da un tema rilevante, l’obesità dei bambini, che offre opportunità di soluzione legate al movimento e allo stile alimentare, dimentico delle scuse. E poi il problema delle dipendenze, sempre più palpabile, esaminato con un’esperta del settore. Dalla tv, dal computer o dagli smartphone di cui sembriamo non poter fare a meno. Non è così. Poi la caduta dei capelli, problema che affligge. Il quesito riguarda la differenza tra gli Otc e i Sop. A livello di benessere, invece, ci occupiamo della sindrome premestruale. Chiudiamo con le zuppe, per dire dell’alimentazione che da questo numero viviamo in maniera diversa.
Stampatore Gam Edit Srl – Italy, Via A. Moro, 8 - 24035 Curno (Bg)
Buone nuove, con l’anno nuovo.
Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese Anno 11, n° 1 Gennaio-Febbraio 2013 Reg. Trib. Lecco N. 10/03 del 22/09/2003 Direttore responsabile Sergio Meda Comitato Scientifico dottor Paolo Borgarelli, dottoressa Valentina Guidi Collaboratori Laura Camanzi, Alvise Mamprin, Patrizia Mantoessi, Vittoria Pietropoli, Gianni Poli, Claudio Zubani Coordinamento redazionale Hand&Made Milano - www.handemade.it
Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata Socio Effettivo
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A.N.E.S. ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA Associata al sistema Confindustria
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Il segreto è muoverli Il sovrappeso e l’obesità, che ne è la conseguenza inevitabile se non intervengono gli opportuni correttivi, si combattono con l’attività fisica e un’alimentazione più equilibrata. “I ciccioni” in famiglia sono spesso una scusa per non occuparsene I bambini in sovrappeso, a serio rischio di diventare degli adulti obesi, è bene che non vengano lasciati al loro destino. Viste le risultanze statistiche - l’Organizzazione mondiale della Sanità individua negli eccessi ponderali la quinta causa di decesso per gli adulti, vale a dire i soggetti di almeno 20 bene sarebbe contrastare i dati decisamente sgradevoli che li riguardano: ragionando del solo nostro Paese, un bambino italiano ogni sei è grasso oppure già obeso. In Campania, Puglia, Sicilia la percentuale dei minori sovrappeso è addirittura del 23%. Quanto ai costi sociale si stima in 8 miliardi di euro il prezzo che il Sistema sanitario nazionale paga per i problemi di peso. Come procedere, visto che rapidi correttivi non ne esistono? L’ideale, dicono pediatri e nutrizionisti che all’infanzia dedicano la loro attenzione, sarebbe modificare gli stili di vita, sia dei figli sia dei genitori, perché il problema è decisamente relativo all’ambito familiare. «E non certo per la genetica, che è ormai accertato essere un fattore secondario. In base agli studi più accreditati la familiarità gioca un ruolo compreso tra il 30 e il 60%, non incide più di tanto», segnala il professor Manuel Castello, pediatra di grido. «Il primo problema, non ce ne vogliano»- sottolinea Castello - «è la noncuranza dei genitori che non hanno cognizione del peso alterato dei figli e del disordine alimentare. Conosco mamme preoccupatissime, convinte che i figli non abbiano mai appetito, mentre in realtà mangiano praticamente solo fuori pasto, merendine non propriamente sane». Ma il problema non è certamente solo nutrizionale. «L’eccesso di peso si collega alla cattiva alimentazione dei ragazzini ma soprattutto alla sedentarietà. La differenza la può fare solo il “muoversi dei figli”, sempre più legati alle tecnologie di cui dispongono. Anni fa c’era il problema del televisore che faceva da babysitter, i figli vi venivano parcheggiati con disin-
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Speciale voltura. Ora i figli stanno ore davanti a un computer, avvinti a Facebook, oppure si impegnano a lungo con la playstation, indifferenti a qualsiasi gioco che coinvolga un’attività fisica». Anche la scuola ha grandi responsabilità, perché ha dimenticato per intero antiche logiche salutistiche: «L’educazione fisica è un’espressione vuota, in assenza di luoghi adatti e attrezzati per praticarla. È un problema di organizzazione che andrebbe rivista perché per anni abbiamo usato il modello britannico non considerando che nel Regno Unito ogni giorno è prevista un’ora di attività fisica. Da noi, dalle due iniziali, si è passati a un’ora la settimana».
Il ruolo degli adipociti Molto si gioca negli anni dell’adolescenza perché si determina allora il potenziale di un individuo, in rapporto al numero di adipociti. In un soggetto normopeso se ne contano dai 25 ai 30 miliardi, mentre i soggetti obesi vantano, si fa per dire, tra i 40 e i 100 miliardi di adipociti. Da adulti le dimensioni degli adipociti aumentano quando si ingrassa e diminuiscono quando si dimagrisce. Negli obesi il volume degli adipociti è circa il doppio di quello dei soggetti normopeso.
Non ci sono i santi, come dicevano le nostre nonne: l’unico contrasto all’eccesso di peso è una condotta responsabile, che metta insieme le consapevolezze di molti soggetti, senza costrizioni e forzature. Ciascuno con le proprie responsabilità. Anche i medici specifici. «La soluzione», segnala il professor Castello, «è il pediatra-nutrizionista. di Gianni Poli con la collaborazione di Manuel Castello, pediatra
Una promettente Fondazione Una novità di pochi mesi fa sul fronte della lotta all’obesità infantile è la Fondazione italiana che fa riferimento al sito www.obesitainfantile.org. Un ente benemerito che contrasta una gigantesca piaga che affligge il nostro Paese: bimbi sovrappeso e obesi hanno un incremento del 2% annuo che deve vivere un’inversione di tendenza. Sorta per avviare un percorso rieducativo, modificare i comportamenti e le abitudini alimentari, la Fondazione rivolge le sue attenzioni ai bambini e alle loro famiglie, il vero bersaglio da colpire per primo, in attesa di procedere anche nei confronti della scuola, non ancora preparata alla rivoluzione. In particolare esorta piccoli e adulti al movimento, se possibile allo sport, sul modello di Let’s Move, la
Fondazione Usa per la quale si adopera da anni Michelle Obama, la moglie del Presidente. La Fondazione ha da poco aperto tre ambulatori a disposizione dei bambini e dei genitori per visite gratuite. Il primo a Pomezia (Roma), il secondo a Catania, in località La Playa, il terzo a Scarlino, in Maremma. I pediatri e i nutrizionisti che operano con la Fondazione segnalano che i bambini fino a due anni si autoregolano senza problemi. Poi entrano in gioco i genitori con i loro errori nutrizionali e il loro lassismo, perché poco si curano del sovrappeso dei figli. Non a caso le esperienze nei campus estivi, già vissute nel 2012, segnalano che i figli, una volta tornati a casa, sono i primi a rieducare i loro genitori.
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Consigli
Brutte cadute Il più delle volta passa inosservata, ma per chi ne è colpito può rappresentare un vero e proprio problema estetico con conseguenze anche a livello emotivo rappresentate da insicurezza e perdita di autostima. Stiamo parlando della calvizie, altrimenti detta in termini specialistici alopecia
Si definisce con alopecia il processo di diminuzione della qualità e della quantità di capelli che può portare anche alla loro totale scomparsa. La parola deriva dal greco alópex che significa volpe, in quanto è un tipo di perdita di capelli a chiazze, come quella della stessa volpe in primavera. Esistono diverse forme di alopecia, a seconda della zona del cuoio capelluto interessato e delle caratteristiche con le quali si presenta la perdita di capelli. Quella di cui ci occupiamo è l’alopecia androgenetica, ovvero la più diffusa, tanto da essere definita calvizie comune. Pur non essendo
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una vera e propria malattia, l’alopecia androgenetica viene spesso vissuta come un profondo disagio, con ripercussioni negative sul piano psicologico e sociale. La maggior frequenza dell’alopecia androgenetica nell’uomo rispetto alla donna è dovuta alla sua doppia origine, sottolineata dai termini “andro” e “genetica”. Da un lato, infatti, è necessaria la presenza di ormoni androgeni, tipicamente maschili, mentre dall’altro occorre una predisposizione genetica dei follicoli piliferi a subirne gli stimoli involutivi. Questa particolare tipologia riguarda solo i capelli delle zone frontali e superiori del capo. Si è a lungo definita alopecia seborroica perché frequentemente è accompagnata da un’elevata secrezione sebacea. Tuttavia gli studiosi hanno abbandonato questa definizione dopo aver dimostrato che il sebo non è la causa della calvizie androgenetica, ma solo un fenomeno associato, peraltro non sempre presente.
COME FUNZIONA L’alopecia androgenetica è legata all’attività della 5alfa-reduttasi di tipo II, un enzima che trasforma il testosterone in diidrotestosterone (DHT). Bisogna precisare che gli unici androgeni che danneggiano il cuoio capelluto sono il DHT e l’androstenedione, entrambi prodotti di reazioni fisiologiche subite dal testosterone; al contrario il testosterone stesso non ha alcuna azione dannosa nei confronti dei capelli. Le cure farmacologiche attualmente conosciute sono due: la Finasteride ed il Minoxidil. Tali farmaci possiedono una certa efficacia quando la calvizie androgenetica si trova ancora in uno stadio intermedio; in una fase avanzata è possibile intervenire con successo soltanto mediante la ridistribuzione chirurgica dei bulbi piliferi (autotrapianto di capelli) o tramite tecniche di infoltimento alternative, possibilmente brevettate e certificate da aziende che operano nel settore da numerosi anni.
FINASTERIDE Il farmaco più importante è la Finasteride, approvato per il trattamento dell’alopecia androgenetica maschile dalla FDA (Food&Drug Administration) statunitense nel 1997. Agisce inibendo la 5alfa-reduttasi di
tipo II, prescritto in quantità di 1 mg al giorno. Diminuendo i livelli di DHT, la finasteride può prevenire il rimpicciolimento dei follicoli ed indurre quelli miniaturizzati a produrre capelli. In questo modo previene un’ulteriore caduta dei capelli e promuove la ricrescita. Un grosso vantaggio della Finasteride risiede nella sua capacità di inibire selettivamente la sintesi di DHT a partire dal testosterone, senza quindi impedire l’effetto fisiologico di quest’ormone nei tessuti. La terapia va continuata per tutta la vita poiché dopo alcuni mesi dalla sospensione i capelli torneranno a cadere un’eventuale ripresa della terapia non porta gli stessi benefici. I numerosi anni trascorsi dall’inizio del suo utilizzo in questa problematica sono un’ulteriore garanzia dell’ottima tollerabilità del farmaco, almeno nel breve e medio periodo.
RISULTATI A distanza di un anno dall’inizio del trattamento, circa il 50% degli uomini di età compresa tra i 18 ed i 41 anni registra un arresto della caduta, mentre la rimanente percentuale apprezza anche una certa ricrescita. Solo in una piccolissima parte di casi, intorno all’1%, il farmaco si rivela inefficace o deve essere sospeso per la comparsa di effetti collaterali significativi. I primi segni visibili, in caso di successo della terapia, sono comunque osservabili già dopo un periodo di 4-6 mesi. Al contrario del Minoxidil, la Finasteride si
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Consigli L’alopecia androgenetica riguarda solo i capelli delle zone frontali e superiori al capo è dimostrata più efficace nel promuovere la ricrescita ed arrestare la caduta nella zona frontale rispetto a quella del vertice. Inoltre, la Finasteride sortisce migliori effetti terapeutici grazie alla modalità d’azione più mirata e alla migliore biodisponibilità. Nelle donne sembra meno efficace rispetto agli uomini, in particolare nel periodo post-menopausale, quando la caduta dei capelli è imputabile soprattutto al calo degli estrogeni. In età fertile è invece sconsigliata per i possibili effetti teratogeni su un eventuale feto.
MINOXIDIL Distribuito nel cuoio capelluto sottoforma di lozione, il Minoxidil è utilizzato con un certo successo per contrastare la caduta dei capelli. Assunto per via orale, il farmaco esercita invece una potente azione antipertensiva. Praticamente, il Minoxidil mima l’azione di un fattore di crescita e provoca l’apertura dei canali intracellulari del potassio a livello delle cellule muscolari lisce delle arteriole periferiche. Quest’azione produce un effetto vasodilatatore periferico diretto che risulta immediatamente evidente a carico del microcircolo della papilla dermica. Tuttavia non sembra che la sola vasodilatazione possa promuovere la crescita dei capelli, ma questo meccanismo, secondo alcuni ricercatori, potrebbe in qualche modo favorire il prolungarsi della fase anagen, la prima del ciclo di vita del capello, invertendo il processo di miniaturizzazione del fusto. Considerando il meccanismo d’azione del farmaco è chiaro che esso può agire solo dove esiste un centro germinativo e non potrà quindi mai far crescere capelli su una zona di alopecia cicatriziale. La possibile utilità del Minoxidil contro la caduta dei capelli fu intravista già sul finire degli anni ‘70, quando vennero riportati i primi episodi di ipertricosi in seguito a trattamento antiipertensivo. Questo effetto collaterale fu apprezzato anche negli anni a venire, in seguito alle varie segnalazioni di reversibi-
lità dell’alopecia durante il trattamento. Al contrario della Finasteride, il Minoxidil non contrasta le cause endocrine della calvizie, per questo motivo risulta meno efficace quando il problema è particolarmente accentuato, ma in compenso gli effetti collaterali sono limitati. L’efficacia anticaduta è comunque subordinata a una regolare e metodica applicazione. La dose giornaliera, sia nel caso di preparati al 2% o al 5%, è di 1 ml due volte al giorno, preferibilmente mattina e sera o comunque con un intervallo intorno alle 12 ore, per almeno quattro mesi. Sebbene sia naturale la tentazione di applicarne di più, pensando a un più veloce ottenimento dei risultati sperati, questo è da evitare in quanto, trattandosi sempre di lozione alcolica che può produrre irritazione del cuoio capelluto, si rischia persino l’annullamento degli effetti positivi di stimolazione della crescita in quanto le infiammazioni perifollicolari sono tra le principali concause di caduta di capelli. Il Minoxidil è un principio attivo molto sensibile, per questo motivo è necessario applicarlo da solo e non insieme ad altri prodotti. Inoltre è sconsigliato utilizzare subito dopo l’applicazione l’asciugacapelli, in quanto il calore potrebbe portare a degradazione termica della sostanza con conseguente inutilità dell’utilizzo.
RISULTATI Studi sperimentali dimostrano che il Minoxidil è più efficace nella regione del vertice rispetto a quella frontale, in particolare quando l’area interessata presenta peli intermedi. Nei soggetti che rispondono al trattamento si osserva un graduale e progressivo aumento del diametro e della lunghezza dei capelli, con arresto della caduta e una ricrescita degli stessi. Tuttavia, se il trattamento viene interrotto bruscamente si ha una rapida accentuazione del problema ed entro pochi mesi si ripresenta la situazione antecedente il trattamento. A risultato acquisito si può comunque passare a una terapia “di mantenimento” basata sulla diminuzione del numero di applicazioni o del dosaggio giornaliero. L’importante, a tal proposito, è rispettare le indicazioni del farmacista o del dermatologo in merito a dosi, durata e modalità di assunzione. di Claudio Zubani, farmacista a Ballabio Lecco
Why Mylan? See Inside. Da 50 anni ci occupiamo di salute, ma un nostro punto di forza non è mai cambiato: cercare sempre di fare ciò che è giusto. Trasformiamo le parole in fatti, producendo farmaci equivalenti di elevata qualità a costi sostenibili e collaborando con il tuo farmacista per consentirgli di fornirti le informazioni di cui hai bisogno. See Inside. Acquisisci il codice o visita www.SeeInsideMylan.it per saperne di piú. Copyright 2012 Mylan Inc. All Rights Reserved. MYL07 12/2012
Approfondimento Dipendenze moderne
Quel vuoto dentro di noi La dipendenza si caratterizza come un bisogno assoluto e irrefrenabile. I sintomi sono numerosi, possono interessare la sfera psicologica e quella fisiologica, e avere conseguenze sempre piÚ serie: a livello sociale, familiare, lavorativo, affettivo. In questo Approfondimento affrontiamo le problematiche moderne, legate all’uso - spesso smodato - del computer e del telefonino, senza tralasciare novità come lo shopping e i social network. di Federico Poli, in collaborazione con Daniela Grazioli psicoterapeuta
«Per quanto riguarda le cause», come ci spiega la psicoterapeuta Daniela Grazioli, «di solito si tratta di mancanze, cui la psiche e il corpo rispondono in modo illusorio disfunzionale accusando disfunzioni. La natura di questi squilibri è molto soggettiva, alla pari delle vie di fuga. C’è chi trova un sollievo apparente nello shopping, chi nella rete, chi abbuffandosi a più non posso». Gioco e droghe, invece, fanno parte di altre sfere: «la scommessa, l’azzardo, si connatura come una sfida con il destino. Noi contro la macchina, vediamo chi è più fortunato. Come sappiamo è una lotta impari. Le sostanze stupefacenti sono maggiormente legate a un discorso esistenziale: il non voler essere ciò che si è. E non c’entra il tipo di droga, fa parte della moda anche questa ritualità. In un mondo fortemente “social”, è ovvio che vadano per la maggiore stupefacenti eccitanti, come cocaina e anfetamine. Di fatto si superano inibizioni, si ha una marcia in più. L’eroina, più legata alla società del secolo passato, è droga introspettiva, solitaria. Ma il discorso non cambia: è la difficoltà ad accettarsi e a sentirsi accettati che spinge al consumo.
La varie fasi della dipendenza La continua richiesta di una situazione o di una sostanza si connota come il Craving: è la perdita progressiva di controllo, ci si indirizza unicamente sulla fonte del problema, senza rendersene conto. Dopo il Craving è la volta dell’Assuefazione (o Tolleranza), quando si sente il bisogno di aumentare le dosi, il tempo o la frequenza per provare l’effetto provato in precedenza. Nel momento in cui l’assenza o la sospensione dell’atto inizia a creare problemi si comincia a parlare di Astinenza e, parallelamente, di compromissione dei contesti: lavoro, famiglia e amicizie finiscono in secondo piano e le energie sono canalizzate esclusivamente sulla ricerca e l’utilizzo di sostanze o situazioni. Questo aumento progressivo si traduce fatalmente in Compulsione che, in aggiunta a stress e ansia, fa perdere il controllo degli impulsi psicofisici. Si intravedono così i primi sintomi: oltre a una trascuratezza generale, pensieri e comportamenti risultano viziati, iniziano i disturbi dell’umore, fasi depressive, sensi di
Approfondimento Dipendenze moderne
colpa, vergogna e perdita dell’autostima. Col tempo concentrazione, memoria, attenzione vengono meno, condizionati anche da problemi a riposare e rilassarsi. Nel momento in cui questa spirale negativa crea reali perdite (di tipo economico, lavorativo, familiare), la dipendenza è al suo culmine: la persona afflitta, pur di assecondarla, diventa capace di qualsiasi cosa. Come mettere a repentaglio libertà, sicurezza e incolumità sua e di altre persone.
Il problema della gratuità «Da cibo e internet non ti salvi», continua la dottoressa Grazioli, «perché il primo è necessario e almeno tre volte al giorno lo si consuma. Il secondo è praticamente gratuito e accessibile in ogni dove. Casa, ufficio, cellulare: l’appagamento da contenuti della rete - scommesse, materiale hard, social network - è istantaneo. Il problema della modernità, a livello di dipendenze, è proprio questo. Tutto è a portata di mano». O di click. Infatti alla base di tutto c’è la semplicità - intesa come la fruibilità 24 ore su 24 - che consente di uscirne mai. «Se diminuiscono, o si annullano, le pause tra un’assunzione e un’altra», continua Daniela Grazioli, «gli effetti di una dipendenza raddoppiano. Assistiamo a persone che passano la notte davanti al computer, continuano al lavoro, sui mezzi pubblici, durante i viaggi, perfino in vacanza!». Questa incapacità a staccarsi della rete è detta Piu, uso patologico di internet (dall’inglese Patological Internet Use). Che può intendersi come specifico (se dedicato a una particolare attività) o generalizzato (si perde tempo online senza motivo, si controlla assiduamente la posta elettronica). Entrambi i meccanismi portano a generare ossessione e compulsione, di qui il circolo vizioso.
Sindrome da disconnessione Una nevrosi moderna è determinata dalla mancanza di accesso alla rete, in inglese Nomofobia (da No-mobile), per problemi di connessione, guasti all’hardware o banalmente per esaurimento della batteria. Lo stato di mancanza può essere causa di stress e ansia - probabilmente per le dinamiche sociali che le stesse tecnologie hanno creato - perché il mondo sembra improvvisamente deserto di possibilità, stimoli e scambi
emotivi. Manca il supporto principe che, per certe categorie di persone, consente di scavalcare tempi ed emozioni di difficile gestione, tipiche dei rapporti umani che il web tende ad azzerare.
Amicodipendenza I social network sono portatori sani di informazioni, di conoscenza, di legami. Questo è indubbio. Inoltre, in quanto aggregatori di notizie e di link, hanno cambiato la fruizione della rete come la intendevamo fino a qualche anno fa. Prima internet si basava sulla ricerca o sulla visita di grandi portali di contenuti. Ora ognuno è portale di se stesso e si organizza (e condivide) la navigazione a seconda dei suoi gusti: per immagini (Instagram e Pinterest), per citazioni e frasi (Twitter), per musica (MySpace) o, come nel caso di Facebook (che è poi lo standard occidentale, esistono social network simili in Russia, in Asia, in Sud America), per le relazioni sociali. Purtroppo anche questo genere di strumenti crea dipendenze, in questo caso vere e proprie Friendship addiction. Connessione, aggiornamento, controllo della propria pagina possono dar vita a sintomi di Craving, Tolleranza (Assuefazione) e Astinenza alla pari delle dipendenze da sostanze. Perché questi siti sembrano infondere un caratteristico senso di sicurezza, personalità e socialità di tipo “virtuale”. Ma anche di competizione (tra utenti), distorsione delle relazioni interpersonali... In modo fittizio proviamo piacere, soddisfazione, affettività verso persone sconosciute (e che forse non conosceremo mai) con il rischio di sentirne la mancanza nella vita reale o, come anticipato, in caso di mancanza di rete.
La differenza tra grandi e piccini Mentre per un adulto la dipendenza è il risultato di un vuoto, di un disturbo, per un bambino il discorso è diverso. «Difficilmente si nasce disturbati, i problemi derivano dalla famiglia, dell’ambiente che li circonda. La dipendenza da videogiochi, da televisione, da qualsiasi tipo di attività passiva è una forma di consolazione, forse perché il ragazzo non è ascoltato, perché fa una vita che non gli piace, perché è troppo solo. La fuga, in questo senso, si configura più come
un tentativo di rifugiarsi in un altro mondo». Detto questo, il problema delle dipendenze tra gli under 18 è spesso sovrastimato: «sono convinta che chi cresce con un computer ovunque, con il cellulare di ultima generazione del padre, e con un Ipad in mano alla maestra, utilizzi la tecnologia in maniera differente rispetto agli adulti che hanno, ora, dai quarant’anni in su». Per capirsi, secondo la psicoterapeuta, un sedicenne sempre collegato a Facebook spaventa meno di un padre di famiglia in perenne febbre da aggiornamento dei social network. «Ognuno è figlio dei suoi tempi: gente della mia generazione non può tollerare lo studio accompagnato dalla musica, o dal vociare televisivo, tantomeno dagli avvisi dei messaggi e dei social network. Eppure tanti adolescenti riescono a mantenere la concentrazione facendo più cose contemporaneamente. È un dato di fatto, in quanto tale tendo a minimizzarlo. Le vere vittime sono più favorevolmente coloro i quali, fino a poco tempo fa, non avevano accesso a queste tecnologie. E si ritrovano rapiti da chat, contenuti in precedenza di difficile approvvigionamento - pensate al porno, ad esempio - senza avere gli adeguati strumenti per utilizzarli».
Sert e psicoterarapia Se per i giovani la terapia non è l’unica soluzione a volte basta un po’ di tempo, il cambio di stagione della vita, una ritrovata armonia con i genitori, una pratica sportiva o culturale - per gli adulti è vero il contrario. «Difficilmente hanno la forza per riconoscere pubblicamente la propria dipendenza, la tossicità dei loro comportamenti. Se ne rendono conto ma si vergognano terribilmente. L’unica via d’uscita è risalire alla mancanza, al vuoto che diversi comportamenti dipendenti colmano in modo illusorio, cercare di “riempirlo” in maniera funzionale. Risolvendo infine il problema. Un percorso che è possibile compiere solo con un intervento psicoterapico, presso i Sert o privatamente». I Sert, acronimo di Servizi per le tossicodipendenze, sono dislocati su tutto il territorio nazionale e garantiscono sostegno e terapie mettendo a disposizione medici, infermieri, educatori, assistenti sanitari, assistenti sociali e psicologi. I servizi non sono a pagamento, chi si rivolge è obbligato a fornire i propri dati anagrafici ma è garantito sia il segreto
professionale, sia il diritto all’anonimato grazie a un codice identificativo. Negli ultimi anni le aree di intervento si sono moltiplicate: ad alcol e droghe si sono aggiunte gioco d’azzardo, acquisti compulsivi, tecnodipendenze, appetititi innati, dipendenze affettive (da genitore, partner, figli), sesso e cibo.
INTOSSICATI DA SHOPPING È una dipendenza legata all’uso delle carte bancomat e di credito, poiché illudono sull’effettiva capacità di spesa e permettono di dilazionare o posticipare i pagamenti. Sono tantissime, e in ogni parte d’Italia, le persone in cura nei Sert per superare questo tipo di problema che, curiosamente, non si limita ai vestiti o alle scarpe ma comprende articoli per la casa, tappeti, libri, accessori tecnologici, trattamenti benessere: veramente qualsiasi cosa. «Diversamente da internet e dal cibo, lo shopping non è poi così a portata di mano», ci spiega la dottoressa Grazioli: «basterebbe non utilizzare le carte magnetiche per scongiurare il pericolo». Il vero dramma in questo caso riguarda l’entità dei danni, che questo genere di dipendenza comporta, come per il gioco d’azzardo. In primis i debiti (con banche, conoscenti, parenti), successivamente la ricostruzione dei rapporti e dell’autostima.
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Benessere Sindrome premestruale La sindrome premestruale colpisce in modo lieve il 60-70% delle donne, in modo medio il 12-36%, in modo grave il 3-8%. Non è quindi sempre una malattia, potremmo definirla più un complesso di sintomi fisici e psichici che interessa le donne in età fertile e si manifesta ciclicamente nel periodo post-ovulatorio (seconda metà del ciclo sessuale che si calcola a partire dal primo giorno del ciclo). È caratterizzata da sintomi fisici quali insonnia, ipersonnia, aumentato bisogno di cibi dolci e salati, mastodinia, gonfiore addominale, ritenzione idrica e sintomi psichici quali irritabilità malinconia, calo del tono dell’umore, sentimenti di autosvalutazione, sensazione di non farcela più, per altro molto eterogenei e variabili per intensità da donna a donna e da un ciclo all’altro. Nei casi limite si parla di “disturbo disforico premestruale”, in cui l’intensità dei sintomi è invalidante e tale da creare disabilità e compromettere la qualità della vita. Un’ipotesi per spiegare la sindrome premestruale disforica sta forse nella maggiore vulnerabilità del sistema nervoso alle variazioni ormonali durante il ciclo, così come avviene in menopausa quando cala il tasso degli estrogeni. Infatti le donne affette da disturbo disforico hanno più probabilità in menopausa di soffrire di vampate, di calo del tono dell’umore, di disturbi del sonno.
VULNERABILITÀ BIOLOGICA In fase premestruale si è osservata una carenza di serotonina e di melatonina che spiega almeno in parte i disturbi dell’umore e di sonno; un calo delle molecole del piacere (le beta-endorfine) e una variazione della funzione dell’aldosterone che induce la ritenzione idrica. Possiamo dire che forse esiste una sorta di vulnerabilità biologica che si accentua in fase premestruale e che i cambiamenti ormonali attivano e sostengono. I sintomi, per lo meno quelli psichici, sono caratteristici di un disturbo ansioso-depressivo: alterazioni della condotta alimentare - per cui si abusa di cioccolato, cibi elaborati dolci o salati - conflitti
interpersonali, difficoltà di concentrazione, sensazione di affaticamento e insofferenza. Entro certi limiti le fluttuazioni dell’umore e dei livelli di ansia sono fisiologici ed esprimono le diverse fasi del ciclo riproduttivo della donna. Il disagio nasce quando i sintomi sono di intensità tale da limitare le attività lavorative e scolastiche nonché compromettere la qualità delle relazioni sociali o quelle di coppia. Solitamente uno o più sintomi compaiono durante i cinque giorni o più che precedono il ciclo in almeno tre mesi consecutivi e scompaiono entro il quarto giorno dall’inizio del flusso e non ricompaiono fino al tredicesimo giorno.
COME DIFENDERSI Le misure di intervento sono sul piano igenico-alimentare, farmacologico e fitoterapico. Una regolare attività fisica migliora l’umore e riduce il gonfiore, un’alimentazione ricca di cibi freschi e un’adeguata quantità di sonno contrastano rispettivamente ritenzione e irritabilità, sono utili supplementazioni di calcio, magnesio, ferro, l-triptofano e vitamina E. in acuto alcuni antinfiammatori possono contenere il dolore mentre l’utilizzo di diuretici, ansiolitici, antidepressivi o contraccettivi restano a discrezione del medico ginecologo di fiducia. Il dolore al seno, secondo le evidenze di alcuni studi clinici, può essere ridotto dall’assunzione di agnocasto attivo anche sulla cefalea, l’edema generalizzato, la stipsi e le alterazioni dell’umore che precedono la comparsa del ciclo. Tra i Fiori di Bach, Crab Apple aiuta il processo di depurazione mentale e fisica, aiuta a contrastare la sensazione di autosvalutazione e rifiuto fisico, mentre Walnut protegge e aiuta a rivederci nelle fasi di cambiamento. Prestare maggiore attenzione alle problematiche del partner, senza banalizzare sul fatto che le donne siano umorali e gli uomini istintivi, ci aiuta a comprendere che uomini e donne risentono in modo diverso dei cambiamenti ormonali. Nelle donne incidono maggiormente sulla paura e sull’umore, negli gli uomini sull’appetito sessuale e sulla rabbia. Saperlo e prenderne coscienza concorre a migliorare la qualità di vita e delle relazioni interpersonali. di Patrizia Mantoessi, farmacista a Monza
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Domande Sop e Otc, questi sconosciuti Ogni tanto andare in farmacia può risultare più enigmatico di quanto si pensi, soprattutto se ci si imbatte in sigle come Sop e Otc, che poco sembrano voler dire. Ma vediamole nel dettaglio I Sop sono i farmaci senza obbligo di prescrizione, venduti solo dietro consiglio del farmacista, utili per risolvere patologie minori o comuni, ma di cui vanno illustrati comunque i possibili rischi. Spesso contengono gli stessi principi attivi dei medicinali per cui è necessaria la ricetta, ma in dosaggi inferiori. Gli Otc, dall’inglese over the counter, sono i cosiddetti “farmaci da banco” o di automedicazione. Si tratta di medicinali che per la loro composizione, il loro obiettivo terapeutico, sono concepiti per essere utilizzati anche senza l’intervento del medico, il farmacista li può esporre sul banco e possono inoltre essere oggetto di pubblicità.
Cosa dice la legge A definire per la prima volta la categoria dei medicinali non soggetti a prescrizione medica, è stato il decreto legislativo 539/1992, che ne ha stabilito anche le caratteristiche: • in condizioni normali di utilizzo non devono presentare pericoli rilevanti per la salute • non devono contenere sostanze dagli effetti ancora poco conosciuti • non possono essere somministrati per iniezione intramuscolare o endovenosa • possono essere consigliati dal farmacista Gli Otc sono quindi un sottogruppo dei medicinali non soggetti a prescrizione medica. Il Servizio sanitario nazionale (Ssn) non sovvenziona questi farmaci, il cui costo è totalmente a carico del cittadino.
Effetti indesiderati La qualifica stessa di “farmaco da banco” sottintende un elevato grado di sicurezza, sempre se assunto secondo indicazione. I rischi, infatti, sono strettamente legati alle dosi e alla durata della terapia: l’abuso può portare a un sovradosaggio accidentale. Un esempio
particolarmente significativo lo può dare il paracetamolo, un analgesico-antifebbrile di comune impiego e normalmente ben tollerato, ma se assunto in modo smodato provoca gravi conseguenze, compromettendo reni e fegato. Non vanno sottovalutati anche i problemi terapeutici: l’uso prolungato di un farmaco Otc può mascherare e ritardare la diagnosi di una malattia latente, traendo in errore anche il medico curante. Un dolore alla testa improvviso e persistente, una tosse ostinata, mal di stomaco sono segnali spesso sottovalutati, perché comuni, ma che possono nascondere molto di più. In questi casi l’automedicazione, rimandando il ricorso al medico, può comportare un pericolo per il paziente. Per questa ragione è indispensabile che l’assunzione del farmaco sia limitata nel tempo e non venga proseguita se inefficace o se, dopo una iniziale attenuazione, i sintomi si ripresentano con l’originaria intensità.
Non è tutto Rientrano nella fascia C tutti quei farmaci non rimborsati dal Servizio sanitario nazionale - come gli Otc - ma che possono essere acquistati previa ricetta medica. Non sono pubblicizzabili né esponibili, si trovano solo in farmacia e la prescrizione ha una durata limitata nel tempo, che va a seconda del principio attivo da assumere. Inoltre il farmacista è tenuto a informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali equivalenti per composizione e funzione, ma con eventuale costo differente. Ci sono anche i farmaci di fascia A, con le stesse caratteristiche di quelli sopracitati, ma a carico del Sistema sanitario nazionale. Per eventuali chiarimenti collegatevi al sito del ministero della salute http://www.salute.gov.it di Vittoria Pietropoli
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D’inverno ci si in-zuppa Zuppe, creme e vellutate, dalle consistenze e dai sapori morbidi e confortanti, come è giusto che siano i cibi in questo periodo Nate come piatti poveri, le zuppe hanno alla loro base pochi semplici ingredienti, dettati dalla necessità di usufruire di ciò che la terra poteva donare in quel momento. D’inverno poi si faceva di questa necessità virtù, trasformando le poche verdure disponibili in pietanze che gratificassero il corpo e scaldassero l’anima. Ormai non sono più considerate cibo di sopravvivenza, ma col tempo non hanno comunque perso quel fascino di piatto che scalda e rinfranca. La zuppa è, alla lettera, una minestra di brodo in cui non vi siano né pasta né riso, ma solo pezzi di pane. Spesso però finiscono in questa categoria anche vicini di banco, come creme, minestre e vellutate, che si differenziano una dall’altra solo per piccole sfumature. Rientrano tutte a pieno titolo nella definizione di “comfort food”, di quel cibo del conforto che fa subito “casa”. Ricette simbolo della cucina buona e genuina, sapori semplici e autentici, che coccolano, scaldano e fanno stare bene. Non serve molto per portare in tavola un piatto che riconcili con il grigio invernale: ingredienti genuini, una pentola e, a volte, un frullatore. E le versioni sono così tante che non è possibile non trovarne una di proprio gusto. Possono essere leggere o sostanziose, di verdure o di legumi, tradizionali o creative. Possono prestarsi a storici abbinamenti o puntare su mix più insoliti, accompagnare carne o pesce, rifarsi alla tradizione regionale o puntare verso mete più esotiche. Non esiste cucina nel mondo, infatti, che non abbia almeno una zuppa nel suo repertorio.
Non solo buone Le raccomandazioni dell’Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) sottolineano l’importanza di un’alimentazione a base di vegetali: cereali, legumi, ortaggi. E zuppe, creme e vellutate sono un concentrato di tutto questo. «Sono piatti dalle funzioni multiple», come chiarisce Roberta
Sabatini, specialista in Scienze dell’alimentazione e dietetica, «la loro applicabilità spazia da situazioni in cui si debba tener sotto controllo il regime calorico, a situazioni in cui ci sia la necessità di regolarizzare diverse funzioni. Veri e propri concentrati di vitamine, proteine, fibre e sali minerali, sono ideali per combattere i malanni di stagione e un valido aiuto per la linea. Saziano senza riempire troppo, hanno
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Ricette proprietà depurative, drenanti e disintossicanti. L’importante è che ci sia una variabilità nella proposta di verdure nell’arco della settimana. Per dare ulteriore valore nutrizionale si possono aggiungere dei farinacei: pasta, riso, o meglio ancora, farro e orzo. Questi ultimi non solo sono più facilmente digeribili, ma assorbendo più acqua, hanno una resa superiore, che garantisce maggiore senso di sazietà. Le zuppe sono poi un’ottima soluzione per portare in tavola i legumi, troppo spesso dimenticati. Fonte di proteine vegetali, fagioli, lenticchie e piselli, se associati ai cereali e inseriti in un regime alimentare bilanciato, possono rappresentare una valida alternativa alla carne. Le fibre di cui sono ricchi aiutano a migliorare il transito intestinale e giocano un importante ruolo nella funzione di regolarizzazione, cosa da non sottovalutare in periodi di stanchezza e stress psico-fisico. 100 gr di legumi apportano 15 gr di fibre, più della metà del fabbisogno giornaliero».
Fra tradizione… Ogni regione ha la sua zuppa, con i propri metodi di preparazione e di insaporimento, ma con un denominatore comune: una cottura lenta e prolungata che fonde i singoli sapori in un unico gusto finale. Ed è così che si può facilmente passare dalla pasta e
fagioli nel Veneto, al minestrone ligure con le verdure della Riviera e il pesto finale, passando per quello lombardo, che prevede, invece, l’aggiunta di riso, verza e battuto di lardo. Dalla sostanziosa e saporita minestra d’orzo del Trentino con pancetta affumicata, si scende alla ribollita toscana, con fagioli, cavolo nero e fette di pane, che andrebbe mangiata riscaldata il giorno dopo per apprezzarne maggiormente il sapore. E più a sud si trovano la stracciatella laziale, la zuppa di cicoria napoletana o il macco di fave nella cucina sicula. Un excursus lacunoso e incompleto, che invita a cercare e ricordare piatti che da sempre esistono nelle nostre tradizioni e che, per fortuna, stanno tornando in auge, a volte così come li facevano i nostri nonni, in altri casi alleggeriti e rivisitati in chiave moderna.
… e innovazione Se un tempo fare una zuppa significava mettere in pentola quello che si aveva a disposizione (certe sere in cui il frigorifero è vuoto succede ancora così), oggi diventa un gioco di fantasia. Questi piatti sono meravigliose occasioni per sperimentare sapori nuovi, per mescolare profumi, per giocare con sfumature e contrasti e riscoprire verdure dimenticate. «La globalizzazione alimentare ha importato prodotti e sapori
Festival internazionale della zuppa Nato ormai più di 10 anni fa in Francia, in uno dei quartieri più interculturali di Lille, come accorgimento per celebrare le diversità che uniscono, questo festival di strada sta da allora girando per l’Europa (Cracovia, Berlino, Barcellona, Francoforte, Bologna), portando con sé la sua festosa allegria e il suo spirito di aggregazione e integrazione. La zuppa è un piatto comune a tutti i popoli e a tutte le culture, ha origini povere e popolari e può essere re-inventata in infiniti modi, dando vita a sempre nuove ricette. Questa è la filosofia alla base del progetto S.O.U.P.E. (Symbole d’Ouverture et d’Union des Peuples Européens) che promuove e organizza questo festival. Partecipare è semplicissimo: si prepara
a casa la propria zuppa, possibilmente in abbondante quantità, e poi la si serve per strada a chi desidera assaggiarla. Il tutto ovviamente gratis, perché la zuppa rappresenta simbolicamente un dono e un reciproco regalo. Il festival prevede poi dei vincitori decretati sia dai “comuni” assaggiatori, sia da una giuria d’elezione. Si può vincere la partecipazione alle edizioni successive, ma l’obiettivo non è la gloria della miglior ricetta, ma quello di condividere e far festa, riappropriandosi del diritto di vivere insieme diversi e mescolati. Dal 2005 approdato anche in Italia, è possibile vivere questa esperienza a Bologna, nel quartiere Corticella, solitamente la domenica prima del 25 aprile. www.associazioneoltre.org
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Ricette sinora sconosciuti», precisa la dottoressa Sabatini. «Alle consuete erbe aromatiche si sono affiancate spezie dai profumi pungenti come zafferano, curcuma, zenzero e curry, che hanno arricchito ancora di più il già ampio panorama. Si rivelano utili in regimi di dieta ipocalorica perché insaporiscono i cibi non aggiungendo calorie e sono un valido sostituto del sale. Recenti studi hanno dimostrato che quando la percezione del sapore è minima, il senso di sazietà arriva più tardi, solo dopo aver ingerito una quantità maggiore di cibo. In questo senso le spezie con i loro sapori forti e decisi vengono in soccorso. Non solo, ricche di vitamine e sali minerali come calcio, potassio, magnesio e manganese, sono vere e proprie miniere di antiossidanti e micronutrienti che apportano benefici ad ampio raggio. La curcuma ha funzioni antitumorali riconosciute e si rivela molto utile in caso di epatiti e infiammazioni del fegato, aiutando a fluidificare la bile prodotta quotidianamente. Lo zenzero ha proprietà antibatteriche e digestive ed è molto utile per combattere la nausea. Il coriandolo, con il suo lieve sapore di limone, favorisce la digestione, aiuta a contrastare l’inappetenza e ha proprietà antispasmodiche».
RICETTE Crema di piselli con polpettine di ricotta Sbucciare due patate, tagliarle a dadini e rosolarle in un tegame con una noce di burro. Aggiungere 250 gr di pisellini surgelati e proseguire per qualche minuto la cottura. Coprire con acqua o con brodo vegetale e cuocere per 30 minuti. Passare il tutto nel frullatore o con il passaverdure, aggiustare di sale e rimettere sul fuoco fino al raggiungimento di una consistenza cremosa. Nel frattempo preparare le polpettine, amalgamando 100 gr di ricotta con abbondante parmigiano grattugiato. A piacere aggiungere nell’impasto anche una tra queste erbe aromatiche: basilico, prezzemolo, maggiorana, erba cipollina, menta. Servite la crema con un filo d’olio a crudo e le polpette di ricotta. Vellutata di carote e zenzero Una crema che unisce al sapore dolce delle carote quello pungente e leggermente piccante di una radice che arriva da lontano. In un tegame fate appas-
sire una cipolla tritata finemente e 10 gr di zenzero fresco grattugiato con due cucchiai d’olio. Aggiungete 700 g di carote sbucciate e tagliate a rondelle, fatele insaporire e poi coprite con brodo vegetale. Portate avanti la cottura per 20-30 minuti, frullate e aggiustate di sale. Servite con una spolverata di coriandolo fresco tritato. Abbinamenti insoliti, ma vincenti Legumi e pesce aiutano a vivere di più. Dati alla mano lo dimostra un recente studio di Harvard: sostituire la carne rossa con questi due alimenti aiuta a ridurre la mortalità del 20%, riducendo i decessi legati a tumori e malattie cardiovascolari. E allora perché non approfittarne? Creme, zuppe e vellutate ben si prestano a questi abbinamenti insoliti: zuppa di lenticchie e cozze, vellutata di cannellini e rana pescatrice, crema di ceci e gamberi, minestra di fagioli e baccalà, purea di fave e seppioline… e l’elenco potrebbe continuare. Gustosi, raffinati, saporiti, originali, questi piatti uniscono terra e mare, tradizione e modernità, sono buoni e fanno bene. Motivo in più per portarli più spesso sulle nostre tavole. Laura Camanzi, in collaborazione con Roberta Sabatini, specialista in scienza dell’Alimentazione e Dietetica
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