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Farmacia Club Salute
Il Gazzettino della
Distribuzione gratuita - Anno 12 - n. 4/2014 - Luglio/Agosto
FATTORE DI PROTEZIONE Speciale Pet Therapy Approfondimento Sigaretta elettronica
COPIA GRATUITA
Ricette Tempo di frutti di bosco
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Editoriale Sommario 4
SPECIALE
Pet Therapy
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BENESSERE
Preparare la pelle all’estate
APPROFONDIMENTO Sigaretta elettronica
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CONSIGLI
Il decalogo del caldo
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BENESSERE
Questione di sole (e fototipo)
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RICETTE
La rivincita dei Berries
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FARMACIE CLUB SALUTE
Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese Anno 12, n° 4 Luglio/Agosto 2014 Reg. Trib. Lecco N. 10/03 del 22/09/2003 Direttore responsabile Sergio Meda Comitato Scientifico dottor Paolo Borgarelli, dottoressa Valentina Guidi Collaboratori Laura Camanzi, Patrizia Mantoessi, Federico Meda, Federico Poli Coordinamento redazionale Hand&Made Milano - www.handemade.it Impaginazione e grafica De Marchi di De Marchi Simone - www.de-marchi.com Stampatore Gam Edit Srl – Italy, Via A. Moro, 8 - 24035 Curno (Bg) Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata Socio Effettivo A.N.E.S. ASSOCIAZIONE NAZIONALE EDITORIA PERIODICA SPECIALIZZATA
L’importante è indagare
Non pochi s’interrogano sull’efficacia della sigaretta elettronica, per ridurre il fumo di sigarette tradizionali o per smettere di fumare. Per i responsi ci siamo rivolti al professor Veronesi e al professor Polosa, due autorità nel settore, che si sono detti moderatamente ottimisti: al di là delle buone prospettive bisognerà attendere qualche anno perché mancano le indagini di lungo periodo e su un ampio campione, come quello proposto dal progetto Cronos, che coinvolge diecimila fumatori. L‘estate sollecita attenzione alla pelle in riferimento al sole che, oltre a essere un toccasana per le malattie reumatiche, crea una serie di problemi se l’esposizione è eccessiva e incontrollata, soprattutto se non si protegge la pelle con creme a protezione opportuna. Per salvaguardare la luminosità della pelle ci sono i trattamenti di scrub, un aiuto notevole per il ricambio cellulare. In inglese si chiamano berries, da noi soavemente frutti di bosco, coloratissimi e belli da vedere, oltre che provvidenziali: antinfiammatorie, antibatteriche, antiossidanti, rinfrescanti, astringenti, toniche e diuretiche, queste piccole bacche sono delle vere e proprie mini-farmacie, da sfruttare per il benessere e la nostra salute. Ancora l’inglese, per dire della Pet Therapy, che trova sempre maggiori impieghi con i cani per facilitare le terapie, con risultati eccellenti e a prova di effetti collaterali, non soltanto per i disabili e gli anziani. I tempi consigliano di controllare sempre la lista degli ingredienti ma non limitiamoci ai prodotti alimentari perché anche i cosmetici nascondono delle brutte sorprese: parliamo del Diossano, ad esempio, di cui approfondiamo la cattiva reputazione nello Spazio bimbi. Buona estate.
SM
Associata al sistema Confindustria
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Pet Therapy Sempre più associazioni, istituzioni e ospedali propongono attività con i cani per facilitare le terapie: i risultati sono eccellenti e a prova di effetti collaterali
La Pet Therapy nasce negli anni Cinquanta grazie allo psichiatra americano Boris Levinson, specializzato in disturbi del comportamento, dei bambini in particolare. La presenza del suo cane in studio favorisce il contatto con i piccoli pazienti che, intenti ad accarezzarlo e a giocarci, denotano rilassamento e inaspettate disponibilità al dialogo. Oltre all’intuizione, si deve a Levinson anche il termine Pet Therapy, ovvero “terapia per mezzo dell’animale”. Chiariamo subito: le attività con i quadrupedi non sono un’alternativa alla medicina, piuttosto un valido supporto: possono limitare i bisogni assistenziali dei soggetti (pensiamo ai disabili, o agli anziani) o per casi di patologia
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sociale - o pazienti in fase terminale, ad esempio - rappresentare l’unico sostegno in termini di serenità e gioia. I cani impiegati nella Pet Therapy sono proprietà di privati che hanno conseguito diplomi e certificazioni per diventare “operatori” e continuano a seguire corsi di aggiornamento e specializzazione. I cani, a loro volta, devono superare esami attitudinali, per verificare il rapporto con il proprietario-operatore (binomio) e la collocazione nelle attività di Pet Therapy. Tre step in compagnia di un veterinario, di un istruttore cinofilo e di un istruttore di Pet definiranno l’area di intervento della coppia: verde (compiti semplici, attività
Speciale tranquille, nessuna distrazione); giallo (attività più impegnative, con distrazioni, anche in compagnia di disabili); rosso (attività in ambienti affollati, rumorosi, impegnativi, in compagnia di pazienti dalle reazioni imprevedibili, ovvero con disabilità di qualsiasi tipo). È bene specificare che i cani non sono al servizio del paziente: la prima regola del conduttore (e della Pet Therapy) è di controllare il benessere dell’animale. In caso di disagio, stress, stanchezza l’attività viene interrotta.
DEFICIT FISICI E PSICHICI Nei pazienti portatori di deficit fisici l’incontro con l’animale potrà giovare nella stimolazione all’attività motoria, ad esempio accompagnandolo nella deambulazione; in altri casi il paziente potrà eseguire attività più o meno complesse rivolte alla cura dell’animale, come la toelettatura o l’alimentazione. L’attenzione necessaria a compiere questi semplici movimenti potrà essere molto utile al programma di riabilitazione nei casi di deficit motorio. Nei pazienti con problemi psichici in generale, l’animale sarà un utile catalizzatore dell’attenzione, e in alcuni casi favorirà l’inserimento sociale della persona, sentendosi protagonista di una azione finalizzata avente il cane come punto di riferimento. Le attenzioni di un animale possono essere molto utili per la riconquista dell’identità da parte dei pazienti.
AMBITI DI INTERVENTO «Il cane è molto versatile», ci spiega Patrizia Spada della onlus Dog4Life, «per questo è l’ideale per le terapie. È ben accetto dalla stragrande maggioranza delle persone e non ci sono vincoli per razze e taglie, anche se i Labrador sono i più impiegati: per carattere, sensibilità, attitudine al gioco». Noi del Gazzettino abbiamo assistito a una seduta di Pet Therapy presso l’Ospedale Niguarda di Milano, un’ora abbondante nella palestra dell’Unità Spinale, in compagnia di pazienti reduci da incidenti al midollo e costretti all’uso della sedia a rotelle. Patrizia si è presentata con Happy e Angel, entrambi La-
brador, rispettivamente color cioccolato e classico champagne. «Io ho due femmine», spiega in attesa dell’inizio della seduta, «perché sono di natura più tranquille e gestibili. Il maschio è più legato a dinamiche di territorio, è più competitivo. Loro vanno d’amore e d’accordo, sono molto apprezzate dai pazienti e appena mi vedono indossare la giacca rossa dell’associazione cominciano a scodinzolare». Il motivo è presto detto: la Pet Therapy per gli animali è una forma di svago, occasione per conoscere nuove persone, una dose extra di coccole e affetto. «Loro non comprendono la differenza tra abili e disabili, tra malati e medici, tra autistici e down. Vogliono solo divertirsi, essere messi alla prova, ricevere i loro premi». I cani infatti sono stimolati in giochi di abilità (recuperare una pallina o un manicotto), percorsi di birilli, salto di ostacoli o all’interno di cerchi, risposta a semplici comandi (tipo il “seduto”) che vedono coinvolti i pazienti, a loro volta responsabilizzati nel valutare il comportamento del quadrupede e gestire i “premi”, ovvero piccole dosi di cibo. «Questa è un esempio di attività con l’Unità spinale», continua Patrizia Spada, «che ha come obiettivi i miglioramenti dal punto di vista motorio (attività interattive), cognitivo (comprensione rapporto uomo/cane), sensoriale (contatto con l’animale), comunicativo (interazione verbale), sociale (è un’occasione per conoscere altre persone; creazione argomento di conversazione), occupazionale (gestire le necessità, dall’acqua ai suoi bisogni), fisiologico (riduce lo stress e può sia stimolare sia
DOG4LIFE Onlus con sede a Meda (Monza Brianza), organizza corsi di formazione e istruzione cinofili per istruttori, conduttori e educatori del cane, addestramento per cani addetti a servizi sociali (protezione civile), assistenza a disabili, non vedenti, non udenti. Inoltre promuove, sviluppa e coordina – con l’ausilio di personale medico specializzato – iniziative di Pet Therapy. Per maggiori informazioni www.dog4life.it
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Speciale rilassare), fino all’ambito psicologico, perché aiuta l’autostima (essendo di norma un animale ubbidiente) e riscalda un ambiente freddo come un Ospedale». Tutte cose che - vogliamo sottolinearlo - possono essere replicate o applicate a livello privato, scolastico e a qualsiasi tipo di disabilità o patologia: «Ho esordito parlando di versatilità, è giusto darne prova: da tempo è partito il progetto “Cane da lettura”, perché si è scoperto che bambini dislessici, balbuzienti e disabili lavorano meglio in compagnia di un cane: non li valuta, non li sgrida, non li corregge ma è molto presente fisicamente, dà frequenti segnali di approvazione e incoraggiamento e favorisce l’autostima. I bambini in loro compagnia svolgono esercizi che in classe non sono in grado di fare, per insicurezze varie legate al loro problema». di Federico Meda
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PROGETTO SPAZIO VITA Approfittiamo dello spazio di questa rubrica per sensibilizzare i lettori su un’iniziativa meritevole a cura dell’Unità spinale dell’Ospedale Niguarda di Milano: la costruzione di un nuova struttura da 500 metri quadri attigua allo spazio ospedaliero, dedicata ad attività integrative del percorso di riabilitazione. Uno spazio pensato principalmente per i più piccoli, per sentirsi bambini anche in ambiente ospedaliero. Per informazioni e donazioni (carta di credito, bonifico, Paypal) www.ausniguarda.it/Spazio_Vita
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Preparare la pelle al sole L’associazione tra sole e buonumore non nasce solamente dalla saggezza popolare: alcune ricerche hanno dimostrato come la luce sia in grado di influenzare il nostro umore. Con una conseguente sensazione di benessere che si ripercuote sul nostro corpo. La pelle, infatti, rivela all’esterno il nostro stato di salute! Se l’obiettivo è una pelle liscia come la seta con qualche cura in più si può salvaguardarne la luminosità anche durante l’estate, quando è soggetta all’esposizione massiccia al sole. Per evitare di renderla arida, priva di compattezza e rischiare di incrementare la comparsa di macchie si può effettuare una-due volte a settimana uno scrub nella zona fronte, naso e mento, evitando il contorno occhi e le labbra perché qui l’epidermide è più sottile. Lo scrub aiuta il turnover cellulare, stimola la microcircolazione sottocutanea e rivitalizza la pelle: una volta applicato si risciacqua con acqua tiepida e si asciuga senza strofinare. Dopo lo scrub bisogna
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nutrite la pelle con una maschera nutriente ed ammorbidente.
FATE ATTENZIONE Il sole ormai lo sappiamo è utile anche nella cura delle malattie reumatiche, determina l’attivazione della vitamina D importante per il consolidamento delle ossa (effetto antirachitico), aiuta il metabolismo cutaneo e potenzia il sistema immunitario. Il sole non ha solo effetti positivi e l’esposizione prolungata in mancanza di un’adeguata protezione può risultare dannosa, come ci spiega il professor Argenziano a pagina 18. Oltre al photoaging e a problemi più gravi, la cute esposta per lunghi periodi al sole diventa ruvida, presenta chiazze colorate in modo non uniforme (discromie), è solcata da rughe, si irrigidisce e perde elasticità. Questo perché i raggi ultravioletti distruggono tre proteine fonda-
Benessere mentali contenute nel derma, l’elastina che conferisce elasticità, il collagene responsabile della compattezza cutanea e l’acido ialuronico che, capace di trattenere l’acqua, conferisce turgore. In particolare i raggi ultravioletti UVB sono tra i responsabili dell’insorgenza di tumori cutanei, gli UVA penetrano in profondità è innescano la produzione di radicali liberi accelerando il processo di invecchiamento. Già nel 2007 il Ministero della Salute, accogliendo l’invito della Commissione Europea, ha sostenuto la Campagna dell’UE (Unione Europea) volta a fornire una informazione corretta sull’esposizione al sole per ridurre i rischi legati alla salute cercando di coinvolgere imprese e consumatori. La protezione dai raggi ultravioletti è presa in considerazione solo in quelle condizioni di prolungata esposizione come avviene nella stagione estiva o nel corso di un viaggio in paesi tropicali. In realtà il rischio radiazioni esiste tutto l’anno e il cancro cutaneo è anche il risultato di un effetto cumulativo delle radiazioni. Si può dire che a 20 anni si prepara la pelle che si avrà a 40.
ALIMENTARSI MEGLIO Per ridurre i rischi si può migliorare il proprio stile di vita, la qualità dell’alimentazione arricchendola di antiossidanti oltre ad applicare creme con filtro di protezione solare sulla pelle. Gli antiossidanti combattono i radicali liberi secondo due meccanismi, impedendone la formazione o intercettandoli e intrappolandoli. Questi ultimi sono detti scavenger come la vitamina C, la vitamina E e il Betacarotene. Allo stesso modo una dieta ricca di frutta e verdura consente di assumere una quota di carotenoidi attivi contro i radicali liberi, per altro poiché sono assorbiti in bassa percentuale è meglio assumerli anche come integratori attuando quella che viene definita fotoprotezione sistemica (di tutto l’organismo). In farmacia esistono prodotti contenenti carotenoidi in associazione (luteina, zeaxantina, licopene, betacarotene). Le miscele di antiossidanti assunte per via orale hanno dimostrato maggiore efficacia (sinergia) rispetto all’assunzione di singoli principi attivi. Per la stessa ragione meglio assumere vitami-
na C ed E insieme per prevenire la comparsa di eritema. Inoltre la vitamina C concorre alla formazione di collagene ed elastina e quindi contrasta perdita di tono ed elasticità della pelle cui va incontro per il fotoinvecchiamento. La pelle ha anche bisogno di alcuni oligoelementi,il selenio è utile per ridurre l’eritema indotto da raggi ultravioletti, mentre lo zinco riduce l’immunosoppressione indotta dai raggi ultravioletti.
FILTRI SOLARI Per quanto riguarda le creme con filtro solare possiamo dire che sono un valido alleato per evitare eritemi e scottature. Non devono generare un falso senso di sicurezza, non sono cosmetici inattaccabili dall’acqua (water proof) ma resistenti all’acqua (water resistant), da applicare in quantità adeguata ogni due ore circa e dopo ogni bagno in mare e devono essere scelte in base al fototipo. Il fototipo, definito dal dermatologo americano Fitzpatrick, in base alla colorazione (pigmentazione) della cute, degli occhi e dei capelli, indica la sensibilità di un individuo alla radiazione solare. Ma forse il fototipo potrebbe non essere solo un indicatore dell’incarnato, ma anche espressione della capacità naturale dell’individuo di proteggersi dallo stress ossidativo indotto dall’esposizione cronica la sole. Oggi per cercare di contrastare l’aumento delle patologie riconducibili ad una scorretta esposizione solare (fotodermatiti o dermatoeliosi) non ci si limita a considerare creme e filtri solari, ma anche alimenti e integratori formulati in modo specifico contenenti acidi grassi anche con l’obiettivo di controllare l’età biologica a dispetto di quella anagrafica. La prospettiva in termini di malattie della pelle può essere la modulazione del sistema immunitario della cute, anche alla luce della classificazione (mappatura) dei batteri cutanei. Sono stati infatti individuati i differenti microrganismi che popolano le diverse aree della pelle. La diversa composizione non solo può essere infatti influenzata da condizioni igieniche e stile di vita ma può anche essere cofattore di alcune malattie cutanee. di Patrizia Mantoessi, farmacista a Monza
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Approfondimento
SIGARETTA ELETTRONICA
L’E-CIG AIUTA A SMETTERE ?
Anche se il dibattito è ancora aperto - mancano indagini su più anni e su un campione più ampio, quello che il progetto Cronos garantirà – la sigaretta elettronica oltre a procurare danni molto contenuti (anche quelle che consentono di inalare nicotina) permette di ridurre progressivamente il fumo e in non pochi casi di allontanare questa schiavitù di Sergio Meda con la collaborazione del professor Riccardo Polosa, pneumologo e allergologo, Università di Catania
A differenza di quella composta di tabacco e carta (con eventuale filtro), la sigaretta elettronica è uno strumento che, attraverso una batteria ricaricabile, consente di inalare il vapore di una soluzione composta da acqua, glicole propilenico, glicerolo e aromi alimentari. Era stata accolta come un’ottimo sostituto della sigaretta tradizionale, con la possibilità di dire basta al fumo, ma le versioni con nicotina hanno generato molte polemiche, tanto che il Governo aveva inserito, lo scorso anno, il divieto di “svapare” (verbo che ha sostituito fumare, in caso di E-cig), nei luoghi pubblici, di fatto equiparandola alla sigaretta tradizionale. Poi il divieto è rimasto nei soli locali scolastici. La sigaretta elettronica è consentita in uffici, ristoranti, cinema, mezzi pubblici e bar, ma le polemiche - nei confronti dei vapori di nicotina, anche per il fumo passivo - non si sono placate.
POCHI ANNI PER IL VERDETTO Tra qualche anno sarà possibile convalidare i dati emersi dalle ricerche scientifiche sulla sigaretta elettronica: troppo pochi, sin qui, gli studi indipendenti condotti su un numero elevato di pazienti, soprattutto eseguiti in base a periodi di osservazione medio-lunghi (non si va oltre l’anno), ma le pri-
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me risultanze autorizzano l’ottimismo. Non a caso il professor Umberto Veronei, il noto oncologo, la prende in seria considerazione: «La sigaretta elettronica è uno strumento potenzialmente efficace per ridurre il numero di sigarette tradizionali, in alcuni casi anche per smettere di fumare». L’interesse del professor Veronesi va ovviamente oltre: «La ricerca deve poter fare di più e meglio e molto ci aspettiamo dal progetto Cosmos, uno screening del tumore del polmone a cui hanno aderito più di 11.000 persone». Duecento di loro, per consumi di sigarette tradizionali considerati forti fumatori, verranno coinvolti (col loro consenso) per studiare la sigaretta elettronica, stavolta utilizzando anche la nicotina. Soprattutto bisogna capire come aiutare le persone a mantenere l’astinenza dal fumo».
LE VARIABILI IN GIOCO Il piacere e la gestualità (come si tiene la sigaretta, come la si porta alla bocca, la suzione successiva), gli atti stessi del fumare una sigaretta sono la prima dipendenza, di ordine psicologico, alla quale si aggiunge la necessità quotidiana di nicotina, di cui l’organismo di chi fuma non può fare a meno. Ogni giorno quel certo quantitativo, da cui deriva la di-
Approfondimento
SIGARETTA ELETTRONICA pendenza. E le immancabili crisi di astinenza cui va incontro chi decide di gettare l’ultimo pacchetto senza rendersi conto che non può farne a meno. Per questo si suggerisce, a chi desidera smettere di fumare, un approccio graduale riducendo il livello di nicotina nell’organismo. Dosi a scalare, utilizzando prodotti sostitutivi. Questa modalità di trattamento è stato di recente convalidata dagli esperti Cochrane, un gruppo di epidemiologi che ha valutato 150 studi controllati, su 50.000 fumatori presi in esame.
UNA PLURALITÀ DI SISTEMI Non importa perciò il sostitutivo della sigaretta – possono essere cerotti, gomme da masticare, compresse da succhiare o inalatori orali - quel che conta è ridurre progressivamente il disagio provocato dalla mancanza di nicotina. Questi prodotti si trovano tutti in farmacia, sono in libera vendita (senza ricetta medica), si possono assumere anche in gravidanza, ma devono essere utilizzati rispettando le dosi e i tempi indicati (almeno per 2-3 mesi con un dosaggio da ridurre solitamente di un terzo ogni mese). In alcuni casi il medico, accanto al sostegno psicologico e all’aiuto comportamentale, ricorre agli antidepressivi (bupropione e varenicilina) per agevolare il progressivo distacco dalla sigaretta. Il primo riduce i sintomi dell’astinenza da nicotina, mentre il secondo diminuisce il desiderio della sigaretta e ne attenua il piacere. Solo il medico, ovviamente, li può prescrivere.
OMOLOGAZIONE E APPARTENENZA Con il professor Polosa abbiamo esaminato le ragioni che inducono la prima sigaretta, tra cui il fascino del rischio. Poi la dipendenza da nicotina, il vero problema sin qui troppe volte irrisolto Il professor Riccardo Polosa, pneumologo, allergolo e internista, docente a Catania, ha iniziato il suo contrasto al tabagismo nel Regno Unito, dove ha sostato negli anni successivi alla laurea. Tornato in Italia è stato uno dei ricercatori più attenti alle possibili soluzioni, a partire dalla sigaretta elettronica, dei cui dispositivi (oggi siamo alla seconda gene-
Tre studi nel Nord La ricerca italiana sulla sigaretta elettronica ha coinvolto tre istituti milanesi (Ieo, il Centro cardiologico Monzino e l’Ospedale San Raffaele) e una settantina di pazienti, tutti con una diagnosi recente di tumore o di infarto miocardico acuto, accomunati dall’essere fumatori da almeno 10 anni. «Con selezione casuale, 36 di loro sono stati seguiti con solo counselling da personale medico dedicato», spiega Carlo Cipolla, direttore della Divisione di Cardiologia dell’Ieo, «ovvero con uno strumento validato per la disassuefazione dal fumo, con il quale si può ottenere il 20-25% di successi se fatto bene e da un bravo psicologo. Gli altri hanno avuto a disposizione anche una sigaretta elettronica, senza tabacco e senza nicotina. Dopo 6 mesi il 60% dei pazienti inseriti nel gruppo delle sigarette elettroniche ha smesso, contro il solo 32% sull’altro versante, di coloro che non si sono avvalsi della sigaretta elettronica. Soprattutto chi l’ha usata si è dichiarato soddisfatto e non sono emersi effetti collaterali, aspetto fondamentale in un momento di caos legislativo e scientifico su questi strumenti».
razione) si occupa dal 2009. Con Polosa abbiamo affrontato il tema da diverse angolazioni, partendo dalla prima sigaretta che vale una sorta di iniziazione, di passaggio all’età adulta: «Meglio definirla una forma di emulazione o di omologazione a un gruppo. Ci sono ragazzi che iniziano per far colpo su una ragazza, per mostrarsi adulti, altri per sentirsi parte di una comunità in cui si è riconosciuti. Credo che la prima sigaretta faccia schifo a chiunque, perché l’uomo non è stato programmato per fumare. Per alcuni giovani c’è il fascino del rischio: la sigaretta vale la cocaina o il crack, ma stiamo parlando, in ogni caso, di una curiosità che produce danni, genera dipendenza. Non a caso si confonde il piacere di fumare con l’abitudine che provoca assuefazione. La nicotina, come altre sostanze, schiavizza. Non te ne liberi se non a prezzo di sacrifici, come per qualsiasi dipendenza».
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STATO E REGIONI INERTI Che cosa fa lo Stato contro il tabagismo, e soprattutto che cosa fanno le Regioni, cui è demandata la tutela sanitaria, è presto detto: «Lo Stato purtroppo non fa, anzi contravviene all’articolo 32 della Costituzione che prevede il diritto alla salute, fabbricando in proprio sigarette e vendendo anche quelle estere nonostante i costi sanitari enormi. Lo Stato è spacciatore di sigarette. Non esiste politica sanitaria contro il fumo, non ci sono nemmeno i Lea, i livelli essenziali di assistenza. Le Regioni hanno meno colpe ma non provvedono a potenziare i Centri antifumo che pure esistono e svolgono un’azione meritoria per convincere a smettere di fumare. In non pochi casi i Centri riducono drasticamente le loro attività, alcuni stanno addirittura chiudendo. E pensare che sono potenzialmente strutture in grado di creare ricchezza per un’azienda sanitaria locale, oltre a contribuire a un notevole risparmio in termini di spesa sanitaria». Sul tema tabagismo chi non fa sentire la propria voce? «I cittadini, i consumatori in generale, non certo quelli di sigarette. Il problema è che, a differenza di molti Paesi europei, di Comitati a tutela del consumatore, ce ne sono troppi in Italia. Tutti inefficaci. Basterebbe essere compatti, se centinaia di milioni di persone si attivassero presso il Parlamento Europeo molto potrebbe rapidamente cambiare».
E-CIG ITALIANE IN ORDINE Sul fronte della sigaretta elettronica c’è ancora molta confusione. «Penso che abbia parecchio senso per aiutare a smettere di fumare e, fatto non secondario, ne esamino l’efficacia per ridurre i rischi da combustione di carta e tabacco. Credo che sia utilissima, anche quella con nicotina, per limitare i danni in chi comunque non intende smettere. Se si “svapa” invece di fumare ci si fa certamente meno male. Anche quelle con nicotina producono effetti da 100 a 500 volte inferiori rispetto alle sigarette tradizionali. Non tutte le E-cig sono uguali, peraltro. Questo è un bel problema, ma rientra nella necessità di controllare i prodotti venduti nel nostro Paese. Le E-cig prodotte da noi, in base a una recente indagine, presentano un livello di contaminanti decisamente inferiori ai vaporizzatori
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elettronici prodotti, che so, in Cina. Ma anche in questo caso si parla di differenze enormi, le E-cig italiane sono dalle 300 alle 500 volte meno tossiche».
Fuma un italiano su cinque Dal 1964 a oggi, lo affermano i ricercatori del MD Anderson Cancer Center, Università del Texas, il vizio di fumare è dimezzato ma la riduzione dei fumatori non ha reso vincente la lotta contro il tumore al polmone che rimane la principale causa di morte, collegata agli agenti inquinanti e gli alti livelli di stress. In Italia, dati forniti dall’Istituto Mario Negri di Milano per il biennio 2011-2012, la percentuale dei fumatori in Italia è diminuita, passando dal 22,7% nel primo anno al 20,8% nel secondo. Un dato emerso dalle ricerche è che fumare occasionalmente - il cosiddetto social smoking, farlo solo in occasioni pubbliche, magari mondane - non faccia male. Una vera idiozia, secondo gli esperti. Come pure viene considerato inutile - un palliativo - il ricorso a sigari e pipa che utilizzano, in apparenza, solo tabacco. Si riducono infatti i problemi legati alla combustione (della carta ma non del tabacco) e soprattutto non si elimina il problema nicotina, che dà assuefazione e perciò dipendenza. Problema analogo si presenta con la sigaretta elettronica, quando si inala anche nicotina.
e se stavolta provassi
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Consigli Il decalogo del caldo 1. Uscire di casa nelle ore meno calde della giornata Evitare quindi la fascia dalle ore 11.00 alle 18.00. Se si esce comunque non dimenticare di proteggere il capo con un cappello di colore chiaro e gli occhi con occhiali da sole; inoltre proteggere la pelle dalle scottature con creme solari ad alto fattore protettivo. 2. Indossare un abbigliamento adeguato e leggero Sia in casa sia all’aperto, indossare abiti leggeri, non aderenti, preferibilmente di fibre naturali per far assorbire meglio il sudore e permettere la traspirazione della cute. 3. Rinfrescare l’ambiente domestico e di lavoro Schermare le finestre esposte al sole utilizzando tapparelle, persiane, tende etc. Chiudere le finestre durante il giorno e aprirle durante le ore più fresche della giornata (la sera e la notte). Se si utilizza l’aria condizionata, ricordarsi che questo efficace strumento va utilizzato adottando alcune precauzioni per evitare conseguenze sulla salute e eccessivi consumi energetici. In particolare, si raccomanda: • di utilizzarla preferibilmente nelle giornate con condizioni climatiche a rischio; di regolare la temperatura tra i 25°C - 27°C • di coprirsi nel passaggio da un ambiente caldo ad uno più freddo • di provvedere alla loro manutenzione e alla pulizia regolare dei filtri • di evitare l’uso contemporaneo di elettrodomestici che producono calore e consumo di energia. 4. Ridurre la temperatura corporea Fare bagni e docce con acqua tiepida, bagnarsi viso e braccia con acqua fresca. In casi di temperature molto elevate porre un panno bagnato sulla nuca. 5. Ridurre il livello di attività fisica Nelle ore più calde della giornata evitare di praticare all’aperto attività fisica intensa o lavori pesanti. 6. Bere con regolarità ed alimentarsi in maniera corretta Bere almeno 2 litri di acqua al giorno (salvo diversa indicazione del medico curante). Gli anziani devono bere anche se non ne sentono il bisogno. Evitare di bere alcolici e limitare l’assunzione di bevande gassate o troppo fredde. Mangiare preferibilmente cibi leggeri e con alto contenuto di acqua (frutta e verdura). Porre particolare
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attenzione alla conservazione degli alimenti ed evitare di lasciarli all’aperto per più di 2 ore. 7. Adottare alcune precauzioni se si esce in macchina Se si entra in un’auto parcheggiata al sole, prima di salire aprire gli sportelli, poi iniziare il viaggio a finestrini aperti o utilizzare il sistema di climatizzazione. Prestare attenzione nel sistemare i bambini sui seggiolini di sicurezza, verificare che non siano surriscaldati. Quando si parcheggia la macchina non lasciare mai, nemmeno per pochi minuti, persone o animali nell’abitacolo. 8. Conservare correttamente i farmaci Leggere attentamente le modalità di conservazione riportate sulle confezioni dei farmaci e conservare tutti i farmaci nella loro confezione, lontano da fonti di calore e da irradiazione solare diretta. Conservare in frigorifero i farmaci per i quali è prevista una temperatura di conservazione non superiore ai 25-30°C. 9. Adottare precauzioni particolari se si è a rischio Quando arriva il gran caldo, le persone anziane, con patologie croniche (cardiovascolari, respiratorie, neurologiche, diabete etc.) e le persone che assumono farmaci, devono osservare le seguenti precauzioni: • consultare il medico per un eventuale aggiustamento della terapia o della frequenza dei controlli clinici e di laboratorio (ad esempio per i diabetici è consigliabile aumentare la frequenza dei controlli glicemici) • segnalare al medico qualsiasi malessere, anche lieve, che sopraggiunga durante la terapia farmacologica • non sospendere mai di propria iniziativa la terapia in corso. 10. Sorvegliare e prendersi cura delle persone a rischio Nei periodi prolungati di caldo intenso, prestare attenzione a familiari o vicini di casa anziani, specialmente se vivono da soli e, ove possibile, aiutarli a svolgere alcune piccole faccende, come fare la spesa, ritirare i farmaci in farmacia etc. Segnalare ai servizi socio-sanitari eventuali situazioni che necessitano di un intervento, come persone che vivono in situazioni di grave indigenza o di pericolo per la salute (es. i senza tetto in condizioni di grave bisogno). Linee guida a cura del Ministero della Salute
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Questioni di sole (e fototipo) Con l’estate la pelle va preparata al sole, come potete leggere nell’articolo di Patrizia Mantoessi a pagina 8, ma anche difesa, dai raggi Uvb e Uva. Piccolo ripasso: i primi riconoscono le radiazioni ultraviolette di tipo B, sono responsabili dei danni maggiori alle cellule e il fattore di protezione indicato sulle creme è relativo proprio alla loro azione. Gli Uv di tipo A, invece, sono i responsabili dell’abbronzatura ma anche dell’invecchiamento della pelle, a partire dalle rughe. Purtroppo, anche se in percentuale minore, essi incidono nella formazione di tumori cutanei. Per questo è obbligatorio che le creme contengano anche questo filtro, riportando la dicitura sulla confezione. Ma non è stato sempre così. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Argenziano, Professore associato a Napoli e direttore della Skin Cancer Unit al Santa Maria Nuova di Reggio Emilia: «In precedenza si pensava che i raggi Uva fossero innocui per la pelle, o comunque non portassero a nessuna forma tumorale. Di qui il fiorire dei solarium e dei lettini, tutti a base di ultravioletti di genere A. I moderni studi hanno però evidenziato la correlazione
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di problemi cutanei con l’’esposizione, soprattutto nel lungo periodo». Quali sono i problemi creati dall’errata esposizione solare? Gli Uvb sono più aggressivi e possono portare alla comparsa di melanomi, forme più gravi e spesso sottovalutate. Si tratta di tumori della pelle pericolosi e silenti; si manifestano con nei deformi, che tendono a crescere e a cambiare colore. Ma non danno fastidio, né prurito. Sono più rari degli altri tumori cutanei, ma incidono nella misura di circa 20-30 su 100mila persone. La prevenzione e lo screening aiutano? Come classe medica ci siamo sempre concentrati sulla prevenzione del melanoma. I risultati ci danno ragione. Ora stiamo progressivamente aumentando l’attenzione sui danni provocati dai tumori epiteliali come il basalioma e lo spinalioma che sono le forme tumorali più frequenti del genere umano. Più del pol-
Benessere mone, della prostata, anche del seno. Gli effetti nocivi sono riconoscibili perché le lesioni palpabili, di colore rosso, spesso si ulcerano e sanguinano. Epiteliomi del genere sono meno pericolosi rispetto ai melanomi ma comunque da tenere sotto controllo, soprattutto dai 50 anni in su. L’importante, dicevamo in apertura, è la difesa della pelle. Attraverso il celeberrimo fattore di protezione. In sigla Spf, dall’inglese Sun Protector Factor. I prodotti moderni basano i loro risultati in base alla capacità di bloccare la radiazione solare. Per semplificare, una crema a “protezione 20” permette alla pelle di ricevere, senza causare problemi, un’energia solare 20 volte superiore senza l’uso del prodotto. A patto che si spalmi l’intero contenuto del tubetto, ogni due ore... Dato che non è possibile, meglio esporsi gradualmente, evitando le ore centrali della giornata. E proteggendo bene i giovani: è dimostrato che i problemi cutanei causati dal sole si manifestano in genere in età adulta ma sono provocati dalle ustioni solari dei primi 15-20 di vita, quando i ragazzi passano per ovvie ragioni più tempo esposti ai raggi ultravioletti. Bisogna ringraziare le mamme, quindi. Effettivamente se i genitori stanno attenti, diminuiscono di molto i fattori di rischio di un melanoma in età matura. Parimenti, se non si continua l’opera preventiva - ovvero si smette di proteggersi - si incrementa la possibilità dei tumori epiteliali. Quali sono le sue linee guida all’uso? Abbandonando le diciture numeriche fuorvianti - la protezione 100 era una chimera, giusto vietarla a livello normativo - adesso i prodotti si dividono in protezione bassa, media, alta. Io consiglio di usare sempre quella alta, ragionando di fototipo (colore della pelle) in ragione della quantità e della frequenza. Se si è bianchi di carnagione, ogni due ore spalmarsi la crema è d’obbligo. Se si è olivastri, mediterranei si può essere meno intransigenti. Per entrambi però consiglio la protezione massima. Per scrupolo. Altitudine, latitudine, mare, piscina: tutto uguale? Al mare, tra sabbia e superficie marina, la riflessione dei raggi - di tipo indiretto - è maggiore rispetto alla piscina. Come in montagna, dove le radiazioni au-
mentano perché si è oggettivamente più vicini al sole, è bene proteggersi meglio e man mano che si sale. La latitudine è un problema simile: noi mediterranei non siamo abituati al sole africo, non abbiamo sviluppato geneticamente una adeguata capacità di protezione naturale. Diciamo che l’attenzione di un irlandese con le lentiggini al sole in Italia è simile a quella di noi mediterranei verso il sole dei Caraibi. È infatti il sole che influisce sulla carnagione e il fototipo, non è vero Professore? Il colore della pelle dipende da un equilibrio naturale tra difesa dai raggi ultravioletti e capacità di produzione di sostanze vitaminiche essenziali da parte della pelle e stimolate dalla luce solare. In Africa il colore della pelle è più scuro perché concentrato sulla difesa, data l’enorme quantità di raggi nei pressi dell’equatore. Più ci spostiamo a nord e più la pelle necessita di chiarore per ricevere il più possibile dal sole lo stimolo adatto alla produzione di vitamine essenziali alla nostra sopravvivenza. Va prestata particolare attenzione ad alcune zone del corpo più sensibili? In realtà tutta la pelle lo è. Di solito ci concentriamo sul viso, forse anche per comodità, e dimentichiamo che la schiena è la parte più esposta di tutte, insieme alle spalle. Ma anche il dorso del piede è a rischio, ma assai dimenticato al momento dell’applicazione della crema. Capitolo nei? Sorrido di fronte a gente che si concentra sui nei, tralasciando la pelle sana. Sono già scuri di loro, non c’è una vera necessità di proteggere maggiormente i nei. Screening e controlli: frequenza ideale? A chi ha carnagione chiara e/o tanti nei, o ha subito danni solari, consiglio una visita annuale. Per gli altri di continuare a usare la crema. Acquistando i prodotti seguendo i consigli di un professionista. Il farmacista va benissimo. di Federico Poli, in collaborazione con Giuseppe Argenziano, Professore associato a Napoli e direttore della Skin Cancer Unit al Santa Maria Nuova di Reggio Emilia
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Ricette La rivincita dei Berries
In inglese si chiamano berries – traducibile con un poco invitante “bacche” – in italiano hanno un nome decisamente più appetibile e poetico, che richiama alla mente lunghe passeggiate e il fresco e la penombra dei sottoboschi. Fragoline, lamponi, more, mirtilli e ribes sono i principali protagonisti della categoria dei frutti di bosco, in cui trovano posto anche, se non altro per nome, gli ormai introvabili frutti dei gelsi, il sambuco e l’ossicocco, più noto come cranberry, un frutto rosso simile al mirtillo, molto utilizzato negli Stati Uniti per preparare una salsa da accompagnare alla carne. Coloratissimi e belli da vedere i frutti di bosco hanno un impiego gastronomico diffuso e variegato; i loro aromi si ritrovano in molti dolci e preparati che consumiamo abitualmente (yogurt, gelati, marmellate), ma per quanto siano presenti sulle nostre tavole, stentano ad essere considerati come frutti a sé stanti. E invece dovrebbero. Ricchi di virtù - antinfiammatori, antibatterici, antiossidanti, rinfrescanti, astringenti, tonici e diuretici – queste piccole bacche sono delle vere e proprie mini-farmacie, da sfruttare per il nostro benessere e la nostra salute. «I frutti di bosco in generale sono ricchi di vitamine, in particolare A, B, C ed E» precisa Giovanni Seveso, specialista in Scienze dell’alimentazione e dietetica, «contengono molti sali minerali, tra cui il potassio, importante per un’alimentazione sana, sono ricchi di fibre, essenziali per regolare l’intestino, e racchiudono considerevoli quantità di sostanze antiossidanti, che aiutano a proteggerci dai radicali liberi. Flavo-
noidi, antocianine e tannini, infatti, favoriscono la dilatazione delle arterie e contrastano in esse la formazione di placche, con ripercussioni positive su tutto il sistema cardiovascolare. Uno studio americano durato più di 18 anni ha dimostrato che il consumo di almeno 3 porzioni di frutti di bosco a settimana riduce del 30% le possibilità di incorrere in problemi al cuore. I frutti di bosco rappresentano dunque un vero toccasana per la circolazione, con benefici effetti su cellulite, varici, gambe gonfie, ritenzione idrica e emorroidi. Essendo inoltre composti per il 90% di acqua sono l’ideale in questa stagione calda, che è anche il momento in cui raggiungono la perfetta maturazione. Ultimo, ma non di poco conto, non contengono molte calorie: si va dalle 25 Kcal per 100 g del mirtillo, il più light dei frutti di bosco, alle 40 Kcal dell’uva spina». Un concentrato di motivi più che sufficiente per farli passare da semplice “decorazione” a frutta vera e propria.
PER TUTTI I GUSTI Le fragoline di bosco hanno, oltre al gusto, molte proprietà in più delle loro sorelle maggiori: più ferro, fosforo e vitamina C. Sono ricche di iodio, hanno un forte potere depurativo e sono indicate per combattere le infiammazioni del cavo orale. Non solo, grazie al magnesio che è un valido drenante, aiutano a ridurre la ritenzione dei liquidi e ad abbassare la pressione arteriosa, rivelandosi un valido aiuto per gli ipertesi. Le more, ricche di betacarotene e di vitamine, soprattutto C ed E, sono indicate per le persone che soffrono di reumatismi e infiammazioni alle articolazioni perché aiutano l’organismo a smaltire l’acido urico che vi ristagna. I lamponi sono tra i frutti di bosco quelli più ricchi di nutrienti: vitamine B1, B2, C, E, fosforo, potassio, calcio, fibre e acido folico. Abbassano la glicemia, hanno un effetto disintossicante e la loro azione diuretica aiuta, tra l’altro, a regolarizzare il ciclo mestruale. I mirtilli contengono le più alte concentrazioni di antociani, potenti antiossidanti che migliorano la circolazione sanguigna, aiutano a combattere i segni dell’invecchiamento, mantengono la pelle elastica e aiutano
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Ricette la vista, proteggendo la retina e migliorando la visione notturna. I ribes, che siano rossi, neri o bianchi (chiamati in quest’ultimo caso uva spina), hanno un effetto diuretico che aiuta a prevenire e combattere malattie reumatiche e articolari. Contengono potassio, fondamentale per mantenere i muscoli scattanti e alleviare i crampi, e hanno un quantitativo di vitamina C quattro volte superiore a quello delle arance. Qualche controindicazione? «Alcuni frutti di bosco», sottolinea Seveso, «in particolare fragoline e more, contengono salicilato, una sostanza che, nelle persone predisposte, potrebbe far insorgere allergie e intolleranze: comparsa di gonfiori, prurito e orticaria. Le more e i lamponi, inoltre, sono sconsigliate a chi soffre di diverticolosi a causa dei piccoli semi in essi contenuti che potrebbero rimanere incastrati nei diverticoli e infiammarli».
GOJI, LE BACCHE CHE ARRIVANO DALL’ORIENTE Tra i tanti “berries” benefici di cui abbiamo parlato ce n’è uno che da noi è ancora poco conosciuto, ma che sta a poco a poco prendendo piede: il Goji berries, ovvero le bacche di Goji note anche come le bacche della giovinezza. Originarie della Cina del Nord, sono da millenni conosciute e apprezzate dalle popolazioni asiatiche che le utilizzano come veri e propri integratori naturali. Contengono alte percentuali di vitamine C ed E, che proteggono dai radicali liberi e dallo stress ossidativo; rame, ferro, fosforo e manganese, che aiutano a regolare il metabolismo; potassio e magnesio, che aumentano la resistenza muscolare. Disintossicano, rinforzano il sistema immunitario e sono utili nelle diete perché danno un immediato senso di sazietà. Così come i frutti di bosco “nostrani”, anche le bacche di Goji, nonostante la sempre crescente pubblicizzazione, non possono essere considerate la panacea di tutti i mali, ma visto il sistema di protezione multifattoriale che apportano un loro moderato consumo, associato a uno stile di vita sano e un regime alimentare controllato, non può che arrecare benefici alla nostra salute. di Laura Camanzi in collaborazione con Giovanni Seveso, specialista in Scienze dell’alimentazione e dietetica
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Cheesecake ai frutti di bosco Per la base: 200 gr di biscotti secchi (anche integrali, a seconda dei gusti), 80 gr di burro. Per la crema: 3 uova, 250 gr di ricotta, 250 gr di robiola, 150 gr di zucchero, buccia di un limone grattugiata. Per la copertura: 250 gr di frutti di bosco, 3 cucchiai di zucchero, qualche goccia di limone. Tritate finemente i biscotti e uniteli al burro ammorbidito fino ad ottenere un impasto morbido. Foderate uno stampo con carta da forno e versateci il composto ottenuto, compattandolo bene con il dorso del cucchiaio e avendo cura di formare dei bordi laterali. Lasciate riposare in frigorifero per almeno 30 minuti. Nel frattempo preparate la crema amalgamando 3 tuorli con lo zucchero, la ricotta, setacciata per renderla più morbida, e la robiola. Montate gli albumi a neve ben ferma e uniteli delicatamente al resto. Versate la crema, che risulterà piuttosto liquida, sulla base di biscotto e cuocete a 150 ° per 35-40 minuti. Preparate la copertura mettendo i frutti di bosco in un pentolino con i tre cucchiai di zucchero e qualche goccia di limone e lasciandoli caramellare per pochi minuti. Una volta cotta e raffreddata, la torta potrà essere ricoperta dalla salsa di frutti di bosco.
“Specialisti nel Consiglio” Provincia di Bergamo Farmacia Amaglio Snc (Gorlago) Farmacia Antica Spezieria (Martinengo) Farmacia Bresciani (Seriate) Farmacia Corbelletta (Torre Boldone) Farmacia Dr. Del Ponte (Olmo al Brembo) Farmacia Facchinetti Snc (Palosco) Farmacia Isgro’ (Brembate) Farmacia Mazzoleni (Trescore Balneario) Farmacia Regina Pacis (Cenate Sotto) Farmacia San Giovanni (Albegno di Treviolo) Farmacia San Giovanni (Sotto il Monte Giovanni XXIII) Farmacia Servalli (Telgate) Farmacia Tacchinardi (Morengo)
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