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Farmacia Club Salute
Il Gazzettino della
Distribuzione gratuita - Anno 12 - n. 3/2014 - Maggio/Giugno
CORRERE O CAMMINARE? Speciale Sesso dopo gli “anta” Domande Chiarezza sul numero unico
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Benessere Il test per la disbiosi si fa in farmacia
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Editoriale Sommario 4
SPECIALE
Il sesso dopo gli “anta”
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BENESSERE
Il test per la disbiosi si fa in farmacia
APPROFONDIMENTO Camminare o correre?
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SPAZIO BIMBI
Dentaruolo e succhietto: binomio perfetto!
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DOMANDE
112 il numero della concordia
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RICETTE
Cioccolato mon amour
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FARMACIE CLUB SALUTE
Bimestrale di informazione al pubblico della Cooperativa Farmaceutica Lecchese Anno 12, n° 3 Maggio/Giugno 2014 Reg. Trib. Lecco N. 10/03 del 22/09/2003 Direttore responsabile Sergio Meda Comitato Scientifico dottor Paolo Borgarelli, dottoressa Valentina Guidi Collaboratori Laura Camanzi, Patrizia Mantoessi, Federico Meda, Gianni Poli Coordinamento redazionale Hand&Made Milano - www.handemade.it
Andiamo oltre i tabù Sino a qualche decennio fa l’argomento menopausa era in qualche modo eluso, almeno pubblicamente. Ora lo si può affrontare, anche perché con l’aumento dell’età media le donne trascorrono in menopausa un periodo assai più lungo rispetto a quello dell’età fertile. Per questo la medicina incomincia a prendersi cura di 10 milioni di connazionali impegnate a contrastare i problemi che le affliggono superata una certa età: dai dolori alla secchezza, dal calo del desiderio a veri e propri disagi esistenziali. Un altro tabù, decisamente relativo, si collega al numero unico per le emergenze, il 112, arrivato da noi con grave ritardo rispetto a quasi tutti i Paesi dell’Unione europea. In Italia funziona soltanto in alcune province della Lombardia ma sarà prossimamente esteso. Un vero tabù, scherzoso, viene dalle problematiche dei più piccoli, per la dentizione e per il desiderio di suggere e mordicchiare. Finalmente lo si può dire: dentaruolo e succhietto sono un binomio perfetto per la serenità degli under 2 anni. In questo numero abbiamo approfondito il quesito se sia meglio camminare o correre per dimagrire o comunque per stare meglio. L’attività fisica è in ogni caso una medicina utile ma va dosata, come tutto, in maniera opportuna. Camminare di buon passo facendo fit walking può essere abbinato con intelligenza alla corsa. Vediamo con quali controindicazioni. Concludiamo in dolcezza con il cioccolato: fa bene, come per tutto in dosi opportune.
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Il sesso dopo gli “anta” Con la menopausa sono diversi i problemi che affliggono le donne, dai dolori alla secchezza, dal calo del desiderio a veri e propri problemi esistenziali
Affrontare l’argomento menopausa, fino qualche decennio fa, era considerato un tabù. Un po’ come parlare di sesso in pubblico, o di una malattia con naturalezza. Le cose sono cambiate, di pari passo con l’età media della popolazione. E delle donne in particolare, le quali trascorrono in menopausa un periodo assai più lungo rispetto a quello dell’età fertile. Per questo la medicina incomincia a prendersi cura delle 10 milioni di italiane impegnate a contrastare i vari problemi che le affliggono superata la soglia degi “anta”. «La situazione ormonale che contraddistingue il passaggio tra l’età fertile e quella successiva non è semplice», ci spiega Gian Piero Siliquini, responsabile del servizio di Ostetricia e Ginecologia della Casa di Cura Sedes Sapientiae di Torino, «perché incide sul rapporto con
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il proprio corpo, le cui ultime - vere e profonde novità risalgono all’adolescenza, a più di trent’anni prima». Rispetto alla media UE, sono al 3° posto in quanto a longevità ma solo al 10° in quanto a stato di salute. «Perché si è poco portati ad aprirsi con il ginecologo. Ci si limita alla routine. Senza andare più a fondo, ad esempio parlando della sfera sessuale». Beninteso, è un problema - quello della timidezza - molto diffuso, che riguarda anche i professionisti della salute, non solo i pazienti. Gli stessi medici hanno pudore nel chiedere lumi sulla qualità della vita sessuale. «Invece dovrebbero farlo», continua Siliquini, «perché sono tante le pazienti che lamentano dolori o episodi di secchezza vaginale che non permettono una vita sessuale normale. Purtroppo se non si trovano risposte adeguate
Speciale e le terapie più comuni non garantiscono risultati efficaci, si finisce per metterci una pietra sopra. Con conseguenze psicologiche che potete facilmente immaginare». Il problema è che le terapie farmacologiche “classiche”, a base di estrogeni, presentano rischi aumentati per il tumore al seno. Mentre la fitoterapia rimane un buon palliativo ma non è risolutiva, e ha comunque un’incidenza sul rischio di tumore al seno
UN PERIODO COMPLICATO La menopausa è una fase della vita relativamente lunga che, partendo da cambiamenti a partenza ovarica, ha correlazioni psicosomatiche, psichiche e comportamentali. Come la gravidanza, la menopausa non deve essere considerata come una malattia, è una tappa evolutiva della donna sul piano biologico e psicologico. Progressivamente nel tempo, a pari passo con lo stress della vita della donna, la menopausa giunge prima, circa intorno
ai 47-48 anni, contro i 50 del secolo scorso. Mentre l’aspettativa di vita media della donna e di molto aumentata, una bambina nata oggi ha un’aspettativa di vita media di 86,6 anni, mentre nel 1880 era 36,6! È quindi importante prevedere tutte le soluzioni mediche e psicologiche che possano aiutare le donne in modo che la menopausa non rappresenti solo la perdita di alcune funzioni fisiologiche, ma anche un momento di prevenzione dei decenni che seguiranno, senza farsi sopraffare dalla rassegnazione o il pensiero che si può solo diventare nonne. Prima di tutto, va identificato il cambiamento: quale perdita disturba maggiormente? Per alcune conta molto la funzione corporea (la presenza di rughe può essere vissuta dolorosamente), per altre la perdita della funzione mestruale. Altre ancora ragionano da “ex mamme”. Oppure, a pesare, è la perdita della funzione sessuale. Di quest’ultima la realtà biologica non è cosi negativa come l’immagine sociale la presenta. La libido femminile è in buona parte legata alla frazione androgenica (testosterone) che continua ad essere prodotta dalle
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Speciale ghiandole surrenali e che proporzionalmente aumenta con la diminuzione degli ormoni estrogeni e progestativi di origine ovarica. Dal punto di vista biologico non c’è nessuna ragione perché la donna abbia un abbassamento della libido. Bisogna semplicemente prendere alcune precauzioni per evitare l’atrofia vaginale. Alcune donne sono disturbate maggiormente dalla perdita dell’intimità coniugale (molte subiscono le conseguenze negative delle difficoltà psico-sessuali del marito) oppure dalle perdite familiari (i figli escono di casa, il marito è sempre impegnato a lavoro, la scomparsa dei genitori). O da aumenti improvvisi di peso. Insomma, le conseguenze della menopausa sono tante e differenti, per questo bisogna conoscerne la natura e patteggiare con lei, senza insorgere contro l’invecchiamento e, se necessario, farsi aiutare dalla moderna medicina.
MONNA LISA TOUCH La celebre modella di Leonardo da Vinci, dà il nome a una nuova metodica, tutta italiana, che sta spopolando. «Si tratta di una laser terapia», spiega il dottor Siliquini, «che offre un rapido miglioramento della secchezza vaginale con conseguente diminuzione dell’incidenza di cistiti e vaginiti e forte miglioramento della qualità della vita sessuale, con risvolti positivi sia pratici che psicologici nella vita di coppia». I risultati sono ottimi, fino a questo momento - oltre 10mila i casi trattati nel mondo - ha dato ottimi risultati nell’85% dei casi. Solo in Italia, Monna Lisa Touch è stata utilizzata per oltre 1.000 trattamenti su circa 500 pazienti, in un’età compresa tra i 40 e i 75 anni, in menopausa naturale, chirurgica o indotta da terapia oncologica. Tecnicamente si tratta di un trattamento laser di ultima generazione, controllato da un sistema computerizzato che agendo delicatamente sui tessuti stimola la produzione di collagene, migliora la funzionalità dell’area trattata e ristabilisce il corretto equilibrio trofico della mucosa vaginale, permettendo di riconciliare le donne con loro stesse e di ritrovare il giusto feeling con il proprio partner durante la menopausa. La cura è indicata anche per il trattamento dei tessuti vaginali in seguito a interventi di cura per tumori ginecologici (mammella,
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ovaio, utero, vulva e vagina). «Monna Lisa», continua Siliquini, «garantisce un naturale fotoringiovanimento vaginale. È una pratica sicura ed efficace in quanto basata su una tecnologia specifica sviluppata appositamente. Senza gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche, corregge la riduzione di volume della mucosa, la rimodella e ne ripristina l’idratazione e l’elasticità, in modo indolore». I prezzi sono ancora piuttosto alti, perché la metodica è molto recente e ancora poco diffusa, ma sono destinati a scendere con il tempo: «Privatamente il prezzo varia tra i 220 e i 300 euro a seduta. In Lombardia, con il ticket, si scende a circa 80. Già dopo il primo trattamento si notano i primi risultati. Di norma se ne pianificano due o tre». di Federico Meda
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Benessere Il test per la disbiosi si fa in farmacia
Nel colon vi è una notevole quantità di flora batterica che può essere soggetta a squilibri nella sua composizione, con successiva sintomatologia che si riscontra in oltre il 70% della popolazione. Tale condizione è responsabile di gonfiori, coliti, stitichezza o diarrea, malessere generalizzato, stanchezza e spossatezza, in una sola parola disbiosi. Le cui cause sono le più varie: presenza di batteri patogeni, intolleranze alimentari, cattiva funzionalità degli enzimi digestivi, utilizzo di antibiotici e altri farmaci, cattive abitudini alimentari, stress psicofisico, infiammazione intestinale eccetera. Per scoprire se si è affetti da questo fenomeno intestinale esiste un test di valutazione che può essere effettuato in farmacia con un semplice controllo delle urine. Messo a punto da Natrix - laboratorio italiano specializzato in diagnostica che opera anche in collaborazione con i farmacisti - il test risponde al nome di Dysbio Check, il quale è in grado di controllare e monitorare lo stato di salute del proprio intestino, evidenziando l’eccesso o l’assenza di metaboliti derivati dalle attività metaboliche della
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Approfittane ora per eseguire il Dysbio check, proteggi il benessere del tuo intestino flora batterica e l’eventuale presenza di due metaboliti del triptofano (indicano e scatolo). Da sempre Natrix mette a punto test diagnostici focalizzati sulle problematiche intestinali degli italiani. E nel mese di maggio 2014, grazie alla collaborazione della tua farmacia di fiducia CFL, tutti i lettori/clienti godranno di uno sconto su Dysbio Check, oltre a beneficiare di utili consigli per combattere questa fastidiosa problematica. a cura della redazione
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Approfondimento STILI DI VITA
CAMMINARE O CORRERE?
Un buon interrogativo al quale cerchiamo di dare una o più risposte: per dimagrire o comunque per stare meglio sia la corsa sia il podismo hanno senso pieno. L’attività fisica è in ogni caso una medicina utile ma va dosata, come tutto, in maniera opportuna. Camminare di buon passo facendo fit walking può essere abbinato con intelligenza alla corsa. Vediamo con quali controindicazioni di Gianni Poli con la collaborazione del dottor Marcello Ghizzo, medico sportivo
Un sacco di persone, magari non più giovanissime (diciamo oltre i cinquanta), spesso per motivi estetici ma soprattutto per ragioni di salute - sollecitati da un medico che illustra loro i danni derivanti dal sovrappeso - si interrogano su come dimagrire in maniera conveniente, perdendo peso ma soprattutto sostituendo massa grassa (ciccia) con massa magra (muscoli). Il rientro nel gruppo non foltissimo dei soggetti normopeso non comporta soltanto una accorta revisione dell’alimentazione, con riduzione degli zuccheri (che promuovono depositi di grasso), ma suggerisce un’accorta modifica dello stile di vita: quindi il suggerimento è dire addio alla sedentarietà sostituendola con il sano movimento, medicina poco costosa e molto fruttuosa, a patto di non eccedere. Discorso valido anche per coloro che hanno già frequentato la corsa in passato: pure per loro è importante ricominciare con gradualità, allenandosi, avendo cioè costanza nella progressione, per attivare gli adattamenti utili del fisico, che va sempre sottoposto a sforzi graduali. Senza dimenticare, anche per gli ex-runner, che si può ricominciare programmando camminate a buon ritmo prima di far intervenire la corsa, ben più dispendiosa e certamente più appagante.
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A PROPOSITO DI CORSA La corsa è un buon esempio di errori che si possono commettere, sull’onda dell’entusiasmo e della sensazione di benessere (euforia) indotti sin dalle prime uscite, come testimonia il dottor Marcello Ghizzo, medico sportivo di chiara fama: «La corsa può essere un’attività fisica ideale per chi voglia dimagrire o anche solo mantenersi in peso forma. Basti pensare ai molteplici vantaggi all’apparato cardiovascolare: i valori della pressione arteriosa rientrano rapidamente nella normalità, nel sangue si riducono i trigliceridi, il colesterolo e la glicemia rientrano nei ranghi, senza dimenticare che aumenta anche l’HDL, il colesterolo cosiddetto buono. Ma è presente anche qualche controindicazione: la corsa sottopone l’organismo, soprattutto l’apparato muscolo-scheletrico, a un carico notevole: chi comincia a correre deve farlo con molta gradualità, ed è bene che alterni corsa e camminata veloce, abbinando all’allenamento vero e proprio un adeguato riscaldamento e qualche esercizio di stretching, di allungamento».
Approfondimento STILI DI VITA
L’arte del camminare veloci
UN PASSAGGIO OBBLIGATO Il primo passo, di assoluto buon senso, è comunque una visita da un medico sportivo in grado di individuare eventuali problemi che possano presentarsi e suggerire un programma di allenamento su misura, autenticamente personalizzato. Un secondo passo, anch’esso obbligato, è la scelta delle scarpe e dell’abbigliamento opportuno: «Per prevenire dolori articolari e muscolari», suggerisce Ghizzo, «è indispensabile dotarsi di scarpe adatte alla corsa ma soprattutto alla corporatura del soggetto, oltre a vestire indumenti che favoriscano la traspirazione e non trattengano il sudore. Per provvedere alle scarpe e agli indumenti ci sono in ogni città negozi specializzati, dotati di personale preparatissimo, in grado di indirizzare al meglio i clienti».
IL TEMPO E LA DISTANZA Dopodiché i criteri base della corsa valgono sia per chi inizia a correre sia per chi riprende dopo anni di
Il fitwalking - il camminare veloce per sentirsi in forma, per garantirsi tonicità fisica - è un’attività motoria con aspetti anche sportivi che si è sviluppata soprattutto nei paesi anglosassoni (dove è detto power walking) in contrapposizione al jogging, troppo usurante per l’apparato muscolo-scheetrico. In Italia ha avuto grande impulso grazie all’olimpionico di marcia (a Mosca 1980) Maurizio Damilano che ha creato una vera e propria scuola. Il fitwalking si prefigge di impostare un corretto modo di camminare, che non significa muovere semplicemente un passo dopo l’altro, più o meno lungo, più o meno rapido, bensì applicare la corretta meccanica del movimento. Il fitwalking ha a che fare soprattutto con la postura, con il corretto appoggio del piede e la spinta che imprimiamo a ogni passo, poi ciascuno può servirsene a piacimento, in funzione salutistica-ricreativa oppure con intenti agonistici. C’è chi lo pratica per stare bene (si chiama fitwalking-life style), altri per dimagrire, altri ancora per competere. Il fitwalking si differenzia dalla marcia, disciplina olimpica che prevede non solo che almeno un piede sia sempre a contatto del terreno ma che la gamba che tocca terra rimanga tesa sino a quando raggiunge la verticale del corpo. Chi pratica fitwalking sottoscrive un patto d’onore con se stesso, quello di camminare tutto l’anno, adattandosi via via agli stimoli allenanti, vale a dire a carichi di lavoro graduali e progressivi, alternati a momenti di recupero. Questo per evitare di stressare il fisico, esponendolo ad affaticamento e conseguenti lesioni a carico in particolare delle articolazioni. La continuità di azione, come potete intuire, è fondamentale. Costanza di applicazione e caparbietà garantiscono i miglioramenti nella camminata veloce e producono soddisfazione in chi vi si cimenta. Anche nel fitwalking è necessario, seppure con intensità e tempi diversi, allenare tutte le qualità fisiche, a partire dalla resistenza. E poi la forza, la velocità, la flessibilità e la coordinazione.
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inattività specifica: «È bene conoscere il tempo di cui si dispone e non la distanza da percorrere, nel senso che i chilometri all’esordio devono essere ridotti e percorsi lentamente. La velocità e le distanze in progressivo aumento vanno considerate solo in una seconda fase». Inizialmente si possono usare metodi empirici come il controllo della respirazione attraverso la conversazione con chi ti accompagna (è sempre meglio camminare o correre non da soli): se si cammina così veloci da non poter chiacchierare è bene rallentare. Se la conversazione è sostenibile si possono sostenere percorsi non eccessivamente prolungati. Se la conversazione fluisce tranquillamente il ritmo che si tiene permette di allenarsi in maniera prolungata. Non di corsa, camminando.
ACCIACCHI E DOLORETTI All’inizio vanno messi nel conto piccoli dolori muscolari e qualche problema alle articolazioni. È colpa della ruggine dell’organismo: «È importante», sottolinea Ghizzo, «non sottovalutare questi fastidi perché sono segnali di affaticamento. Nel caso è bene fermarsi. Qualche giorno di riposo può soltanto far bene. Quando si riprende l’attività bisogna farlo con carichi ridotti, nella gradualità, ricominciando non da capo ma da una situazione intermedia, non certo quella che ha determinato il contrattempo. Buona regola è lasciare almeno una giornata fra un’uscita e l’altra di allenamento». Se i dolori persistono è importante abbinare alla corsa alcuni esercizi specifici, utili a irrobustire la muscolatura: «I migliori sono quelli di stabilizzazione, ad esempio fare la bicicletta da supini, ma tutti i movimenti che agevolano il controllo motorio e la capacità muscolare, a livello addominale. Occorre prevenire l’affaticamento dei muscoli dorsali che spesso causano il mal di schiena a chi corre. E non solo, possono intervenire casi di pubalgia, lombalgia e dolori alle articolazioni, in particolare alle ginocchia».
I BENEFICI DI CORSA E PODISMO Guardando i dati, a parità di dispendio energetico (per una donna 7,4 chilometri di camminata equivalgono a 5,15 km di corsa. E 40 minuti di corsa
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hanno come controvalore una camminata di 1 ora e 20 minuti) il rischio legato alla pressione alta si riduce del 4.2% correndo, e del 7.2% camminando. Il colesterolo si abbatte del 4,3% correndo, e del 7% camminando. Il diabete ha un rischio diminuito del 12% sia correndo che camminando. Se ragioniamo di perdita di peso, la corsa - nelle persone sovrappeso - si è mostrata il 90% più efficace nel far dimagrire rispetto alla camminata.
UN REALE OBIETTIVO In ogni caso, prima di assumere qualsiasi scelta - meglio camminare, meglio correre - occorre interrogarsi sulle motivazioni, sull’obiettivo che intendiamo raggiungere: soltanto dimagrire o effettivamente cambiare lo stile di vita per essere tonici e performanti? Fare attività fisica o sport per poi rinunciarvi non appena raggiunto il peso desiderato non ha alcun senso. Ideale è il muoversi per continuare a farlo adeguatamente, per il proprio benessere. Muoversi non dev’essere un sacrificio bensì un piacere. Il sacrificio, se così possiamo dire, è decidere di dedicare del tempo a se stessi avendone soddisfazione. Va anche detto che molto spesso soltanto la pratica determina l’apprezzamento di una attività, fisica o mentale. La soluzione è quindi decidere di camminare di buon passo o correre, provarci e appassionarsi per i benefici e le emozioni che i risultati determinano. L’appetito non viene soltanto... mangiando.
Spazio bimbi Dentaruolo e succhietto: binomio perfetto! zia a portarsi le manine alla bocca, fino ad arrivare alla vera e propria suzione del pollice, gesto che può compromettere il corretto sviluppo della bocca e del palato. Per questo ad allattamento al seno consolidato è bene offrire al bambino il succhietto per addormentarlo o per rilassarlo. Tra il quinto e il diciottesimo mese di vita poi i sensi cominciano ad affinarsi, il desiderio di succhiare è ancora presente ma si alterna al desiderio di stringere il mondo tra i denti: mordere, per il bambino, non significa nient’altro che conoscere, apprendere, capire. E in questo periodo è bene offrire al bambino un dentaruolo, strumento realizzato per poter essere morso e per dare sollievo alle gengive infiammate.
L’OPTIMUM Fin dai primi giorni di vita il bambino utilizza la bocca per conoscere il mondo. All’inizio principalmente per alimentarsi al seno della madre, in seguito il bisogno naturale di succhiare si trasforma in un comportamento affettivo complesso, ricercato per finalità diverse da quelle nutritive: allentare la tensione, accompagnare il sonno, alleviare il dolore. A partire dal quinto mese di vita la bocca del bambino si prepara ad accogliere i primi dentini e successivamente le prime pappe, le gengive si gonfiano creando tensione ed irritazione che si esprime con l’intenso bisogno di mordere, di stringere tra i denti qualsiasi cosa per dare sollievo alle gengive e alleviare il dolore... In questo periodo è bene offrire al bambino oggetti diversi, pensati per accompagnarlo nella crescita e soddisfare al meglio i suoi bisogni.
SUCCHIARE PER RELAX Già in natura, a partire dalla quindicesima settimana di gestazione, il bambino inizia ad allenarsi con la suzione non nutritiva. E verso i due tre mesi ini-
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Le caratteristiche di un ottimo succhietto prevedono una tettarella morbida, simmetrica con profilo supersottile perché riduce il rischio di malocclusione e favorisce lo sviluppo ottimale della bocca. La mascherina, invece, meglio se semi-rigida con ampi fori di ventilazione: previene le irritazioni del contorno bocca. Il bottone frontale è meglio non presenti il classico anello, da dissuadere così il bambino dal giocare con il succhietto. Per quanto riguarda l’uso, è corretto proporre il succhietto al bambino per addormentarlo ad allattamento al seno consolidato; è bene controllare il succhietto con attenzione prima di ogni utilizzo, soprattutto se il bambino ha i denti e sostituirlo ai primi segni di usura o danneggiamento. Altrimenti, è buona norma farlo ogni due-tre mesi. Evitate di legarlo a nastri e cordoni fai da te: sono ricettacolo di batteri e - potenzialmente - pericolosi. Potrebbero impigliarsi da qualche parte o attirare l’attenzione di animali. Infine, consigliamo di ridurre l’utilizzo del succhietto durante il gioco e l’attività motoria del bambino fino ad eliminarlo tra i 2 e i 3 anni. a cura della redazione
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112 il numero della concordia Con grave ritardo e notevoli difficoltà ci stiamo adeguando al numero unico per le emergenze, già attivo da anni in quasi tutti i Paesi dell’Unione europea e da noi proposto soltanto in alcune province della Lombardia
Sull’esempio statunitense, che prevede la chiamata al 911 per qualsiasi emergenza sul territorio dei 50 Stati della Repubblica federale, anche l’Europa ha deciso giusto dieci anni fa di darsi un numero unico per le emergenze, il 112 e ha stabilito che tutti i Paesi membri avrebbero dovuto allinearsi entro il 2008. Alcuni stati dell’Unione europea si sono adeguati con tempestività, mentre da noi le cose sono andate per le lunghe, per via delle abitudini consolidate, difficili da rimuovere (anche a livello di istituzioni). Costretti a memorizzare una serie di numeri per le emergenze - il 112 per chiamare i carabinieri, il 113 per la polizia, il 118 per le
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ambulanze, il 115 per i vigili del fuoco - l’idea di affidarsi a un solo numero è apparso quasi destabilizzante. E poi il 112 era già dei Carabinieri, gli altri potevano... offendersi. Che cosa ci ha convinti a metterci in regola, anche se ancora non lo siamo a tutti gli effetti? Come al solito la minaccia di procedure d’infrazione già ventilata nel 2009 e negli ultimi mesi fattasi più pressante. Procedura d’infrazione significa multe salate della Comunità (le quote latte non rispettate da alcuni allevatori del Nord Italia sono un buon esempio in questo senso). In realtà già figuriamo nell’elenco dei Paesi che il
Domande numero unico per le emergenze (in sigla NUE 112), lo hanno introdotto a partire dal 2010, ma soltanto in via sperimentale e su un territorio limitato alla sola Lombardia, anzi meglio ad alcune province: Varese, Como, Lecco, Monza-Brianza e dal maggio 2013 anche Milano. Il 112 insomma è già operativo in queste zone con un centralino che filtra ogni emergenza, come è giusto che sia: il 112 è valido per segnalare un’emergenza sanitaria, un attacco cardiaco ad esempio, ma anche per un furto, un’aggressione, un incendio. Ma non annulla, nei fatti, i numeri di riferimento cui siamo da sempre abituati. Per il momento almeno.
AZIONE FILTRO Come esempio prendiamo l’attuale servizio che fa capo al numero 118, alle emergenze sanitarie. Chi lo compone in provincia di Milano si sente rispondere dal call center organizzato a Niguarda: «Buongiorno, numero unico dell’emergenza 112». L’operatore localizza automaticamente la posizione di chi chiama e compila una scheda con il nome di chi telefona e il motivo. Il tempo che in apparenza si perde per fornire questi dati in realtà è tempo guadagnato perché se la chiamata non riguarda le competenze specifiche del 118, in pochi secondi viene smistata alle centrali operative di riferimento: polizia, carabinieri, vigili del fuoco, vigili urbani o protezione civile. La bontà del numero unico, in America come altrove, si basa infatti sull’azione di filtro che il numero consente. Da noi fa fede, in proposito, l’esperienza di Varese dove l’Agenzia regionale emergenza urgenza (Areu) ha registrato che il 60% delle chiamate giunte al 118 non riguardavano la necessità di un’ambulanza. Il sistema permette inoltre di escludere tutte le telefonate improprie - scherzi o falsi allarmi, purtroppo anche quelli si verificano - o quelle dei bambini che giocano con i cellulari dei genitori.
ACCESSO GRATUITO I principi cardine che il NUE 112 deve rispettare sono: gratuità della chiamata, accessibilità da qualsiasi terminale, accessibilità per gli utenti disabili,
disponibilità di risposte multilingua e localizzazione di chi chiama. L’accesso al servizio di emergenza non può essere ostacolato dalla nazionalità o dalla posizione geografica del chiamante. Il processo di “Call Taking” (interlocuzione con l’utente) deve essere completo, preciso e rapido, affinché l’emergenza sia trasferita alla Centrale di secondo livello più adeguata a gestire la chiamata. Il “Call Dispatching” (lo smistamento più corretto) sarà perciò determinante nella risoluzione dell’emergenza. I nostalgici del 113, numero canonico per le emergenze nella testa di chi ha più di 40 anni, si arrenderanno all’evidenza di un sistema che semplifica il trattamento delle emergenze e lo rende tempestivo e accurato. Un passo molto significativo sulla strada di una intelligente integrazione europea. Integrazione di fatto e non solo di nome. di Gianni Poli
NEI 1991 I PRIMI PASSI VERSO IL NUMERO UNICO L’introduzione di un numero unico per le emergenze era già stata sollecitata nel 1976 dalla Conferenza europea delle amministrazioni delle Poste e Telecomunicazioni (CEPT) ma l’Unione, agli albori, ha cominciato a farsene carico a partire dal 1991. Nel 2004 è stato introdotto, a livello Ue, il 112, riconosciuto da tutte le reti telefoniche GSM e che quindi può essere raggiunto anche da telefoni sprovvisti di carta SIM. Una grande comodità per chi viaggia che non è quindi costretto a conoscere i numeri delle emergenze nei vari Paesi. Nel caso dell’Italia, non ancora allineata al sistema europeo legato al 112, la chiamata dell’utente straniero viene reindirizzata. Prossimamente in Italia cadranno tutti i numeri utili per le varie emergenze (112 i Carabinieri, 113 la Polizia di Stato, 115 i Vigili del Fuoco, 117 la Guardia di Finanza, 118 il soccorso sanitario, 1515 il Corpo Forestale dello Stato e il 1530 la Guardia Costiera) sostituiti dal 112 che li smisterà ai Corpi di riferimento.
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l’
17 maggio 2014 Giornata mondiale contro
Le malattie cardiovascolari sono al primo posto tra le cause di decesso in Italia, essendone responsabili nel 44% dei casi. L’ipertensione arteriosa è uno dei principali fattori di rischio.
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Ricette Cioccolato mon amour
Il nome scientifico della pianta è Theobroma Cacao. Non suona all’orecchio come la parola “cioccolato” ma racchiude qualità divine: letteralmente significa cibo degli dei. Dall’epoca precolombiana il cioccolato non ha mai smesso di far parlare di sé. Maya e Aztechi tostavano e macinavano i semi per consumarli sotto forma di bevanda (xocoatl), aromatizzata con pepe e peperoncino: aiutava ad alleviare la fatica. Fu Colombo a portarli per la prima volta in Europa all’inizio del Cinquecento, dove per secoli il consumo avvenne sotto forma di bevanda, preferendo alle forti spezie americane, l’abbinamento con zucchero, vaniglia e cannella. Col passare del tempo si affinarono le tecniche per sfruttare al meglio i semi di cacao, anche se la prima tavoletta come la intendiamo noi oggi, vide la luce solo nel 1875 in Svizzera, a Berna.
LA PERCENTUALE CHE FA LA DIFFERENZA In commercio esistono molte varietà di cioccolato, che differiscono tra loro per gusto e forma, per qualità e tostatura dei semi di cacao e per il procedimento di lavorazione adottato. I nomi dati ai diversi tipi sono in relazione alle percentuali degli ingredienti in esso contenuti: oltre al cioccolato classico, la cui quota minima di cacao deve essere del 35%, c’è il cioccolato fondente che deve contenerne almeno il 45%, quello
extra-fondente che ne prevede perlomeno il 70%, e quello al latte in cui alla pasta di cacao si aggiunge latte in polvere. Quello bianco non contenendo cacao, tecnicamente non potrebbe essere definito “cioccolato”: è formato da burro di cacao, latte e saccarosio. Più elevate sono le percentuali di cacao presenti, tanto migliore sarà la qualità del cioccolato. Le fasi essenziali della preparazione sono: la miscelazione, in cui all’ingrediente base della pasta di cacao vengono aggiunti altri componenti (burro di cacao, zucchero, latte, nocciole…); la fase di concaggio, inventata da Lindt nel 1880, che consiste nel mescolare tutti gli ingredienti in apposite impastatrici dette conche a temperatura costante e per tempi molto lunghi (per i cioccolati più pregiati questo trattamento dura più di una settimana). E infine la fase di temperaggio, cioè di raffreddamento graduale e omogeneo dell’impasto, che permette al cioccolato fuso di trasformarsi in una tavoletta in grado di spezzarsi e nello stesso tempo di sciogliersi morbidamente in bocca.
ALIMENTO DA RIVALUTARE Nel corso della storia il cioccolato è stato considerato non solo come alimento dal gusto piacevole, ma anche come trattamento per parecchi disturbi: coadiuvante per alleviare la fatica, così come sostenevano Maya e Aztechi, alleato nel contrastare i problemi circolatori... Questa accezione positiva e salutistica è durata fino all’industrializzazione della produzione dolciaria. Con la nascita dei prodotti zuccherati - che di cacao ne contenevano sempre meno - il cioccolato ha iniziato ad essere considerato come alimento controindicato alla salute. Dagli anni Settanta si è assistito, infatti, a una sua demonizzazione, al quale si attribuivano aumento del colesterolo, carie, brufoli, obesità. Ma è davvero così? Ne abbiamo parlato con Giovanni Seveso, specialista in Scienze dell’alimentazione e dietetica: «Il cioccolato è un alimento energizzante e ricostituente, ricco di vitamine, potassio, magnesio, ferro e altri oligoelementi utili per la salute. Va detto, fin da subito, che quando parliamo di accezioni positive di questo alimento stiamo parlando di cioccolato amaro ad alta percentuale di cacao, non dei mille altri
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Ricette prodotti derivati che si possono trovare sul mercato. È ottimo per gli sportivi: fornisce energia immediatamente disponibile, con un indice glicemico relativamente basso, ciò significa che, dopo averlo ingerito, lo zucchero nel sangue si innalza in modo regolare, meno velocemente che dopo il consumo di alcune bevande e cibi zuccherati. Grazie alle proprietà stimolanti di teobromina e caffeina, il cioccolato aiuta inoltre a ritrovare la concentrazione nei momenti di stress legati a studio e lavoro. Magnesio e calcio in esso contenuti regolarizzano il ritmo cardiaco, e polifenoli e flavonoidi potenziano la risposta immunitaria».
RINFORZA, STIMOLA, PROTEGGE «Il cioccolato fondente» continua Seveso «non solo non contiene colesterolo, ma essendo ricco di antiossidanti, se assunto quotidianamente nelle giuste quantità, è in grado di abbassare il colesterolo cattivo (LDL) e alzare quello buono (HDL). Ad oggi si sta inoltre verificando il suo impatto sulle malattie cardiovascolari: si è visto che il cioccolato fondente può aiutare a ripristinare la flessibilità delle arterie e a evitare che i globuli bianchi si attacchino alle pareti dei vasi sanguigni. Popolazioni che assumono grandi quantità di cacao sotto forma di bevanda secondo le modalità antiche, come gli Indios Kuna, hanno una pressione sanguigna stranamente bassa nonostante un’alimentazione ricca di sale». Abbassa la pressione sanguigna, migliora il colesterolo, riduce il rischio di malattie cardiovascolari. Questo basterebbe a riabilitare il cioccolato - di qualità, è ovvio - dalla cattiva reputazione che ha avuto negli ultimi anni. «Il cacao è anche un ottimo stimolante del metabolismo: l’epicatechina in esso presente ha il potere di rafforzare la massa muscolare e di ridurre quella grassa. Gli effetti positivi del cioccolato sulla massa corporea non sono però legati alla quantità consumata - inutile abbuffarsi quindi - ma alla frequenza con cui lo si consuma, che deve essere limitata e regolare. Per chi non ha problemi di sovrappeso e segue un’alimentazione sana, associata a una regolare attività fisica, un consumo quotidiano di circa 20 g di cioccolato fondente al giorno (circa 2 quadretti) può apportare una dose interessante di polifenoli all’organismo». di Laura Camanzi
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Mousse al cioccolato e rosmarino 200 g di cioccolato fondente 250 ml di latte 3 tuorli d’uovo 65 g di zucchero 10 g di rosmarino 500 ml di panna Fresco, digestivo e adatto alla stagione: un dolce al cucchiaio che unisce al sapore inconfondibile del cioccolato il gusto pungente del rosmarino Tritate il cioccolato fondente. Fate bollire il latte con le foglie di rosmarino e poi filtratelo. Montate a freddo in un tegame 3 tuorli con 65 g di zucchero; mettete sul fuoco aggiungendo a filo il latte, mescolando e portando a ebollizione, fino a ottenere una crema inglese aromatizzata al rosmarino. Togliete dal fuoco e aggiungete subito alla crema calda il cioccolato tritato, miscelando energicamente finché non si sarà sciolto. Una volta raffreddatasi, incorporate delicatamente alla crema al cioccolato 500 ml di panna montata. Versate il tutto in coppette o stampi monoporzione e lasciate rassodare in frigo per qualche ora prima di servire.
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