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Afghanistan, cronaca di una tragedia annunciata

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PANTERE GRIGIE

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ATTUALITÀ

ANGELA BELLONE

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Centododici bambini afghani moriranno ogni giorno nel corso del 2022 per mancanza di cibo, acqua pulita, cure mediche. Sono un milione e centomila quelli che si trovano in una condizione di malnutrizione grave, e per le bambine il destino può essere ancora peggiore. A sei mesi (il 15 febbraio) dalla ripresa del potere da parte dei talebani e dal ritiro del contingente internazionale, il Paese asiatico vive un’emergenza umanitaria che assume ogni giorno toni sempre più disperati. Ci sono dei luoghi al mondo, e l’Afghanistan è senza dubbio uno di questi, dove nascere donna è una condanna senza possibilità di appello. “Sono profondamente preoccupata – ha detto di recente Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef - per le notizie di un incremento dei matrimoni precoci in Afghanistan. Abbiamo ricevuto rapporti credibili di famiglie che offrono figlie di appena 20 giorni per un futuro matrimonio in cambio di una dote”. Si chiama “Nekah” il contratto matrimoniale con il quale si promette una figlia in sposa in cambio della dote. Povertà e arretratezza culturale da sempre sono una miscela esplosiva, soprattutto quando sono in gioco i diritti dei più deboli. Del resto, nonostante il balzo in avanti che si è verificato negli ultimi dieci anni, il tasso complessivo di alfabetizzazione del Paese è del

43%. Per molte famiglie povere la Nekah significa avere denaro sufficiente a non morire di fame, almeno nell’immediato, condannando la “sposa” a un avvenire segnato da violenze, prevaricazioni, nessuna possibilità di riscatto in un Paese culturalmente avverso all’universo femminile. Un Paese nel quale il destino di una ragazza è segnato dalla nascita, dove circa la metà delle donne è vittima di violenza di genere. Secondo l’Unesco una ragazza su tre si sposa prima dei 18 anni, e una su cinque prima dei 15. Un Paese che negli ultimi anni aveva provato, nonostante una serie di ancestrali resistenze, a modificare questa concezione arcaica assicurando alle donne il diritto all’istruzione e ad accedere ai ranghi della vita sociale e politica. Un sogno, forse un’illusione andata in frantumi con il ritorno dei talebani, che ad agosto hanno chiuso tutte le scuole secondarie femminili e le università pubbliche. In alcune province lo scorso 2 febbraio le università sono state riaperte. Come ha riferito un corrispondente dell’agenzia Afp, un esiguo numero di donne è stato avvistato all’ingresso dell'Università di Laghman. Erano tutte coperte dal burka. Un segnale dei talebani, secondo gli osservatori internazionali, per convincere le democrazie occidentali circa la volontà di intraprendere un percorso verso il riconoscimento dei diritti umani. Si vedrà. Per ora, l’Afghanistan è alle prese con una sorta di nuovo Medioevo che si snoda attraverso un clima estremo e un’economia tra le più povere al mondo, con tutte le eccezioni e le contraddizioni legate alla coltivazione del papavero da oppio. Eppure, secondo il New York Times che cita un lavoro della United States Geological Survey, l’agenzia scientifica del governo degli Stati Uniti, il sottosuolo del Paese è ricchissimo di minerali come oro, rame, cobalto, ferro, litio (il “petrolio” del terzo millennio, considerati i suoi molteplici usi). Per non parlare dei giacimenti delle “REE”, vale a dire le Rare Earth Elements (Terre rare), elementi strategici per l’industria dei cellulari, delle batterie, per la realizzazione di componenti di satelliti, missili e sistemi di comunicazione. Quarant’anni di guerre, a partire dall’invasione russa del 1979, passando dal governo dei mujaheddin, i conflitti tribali, e infine le violenze di ogni genere durante il primo regime dei talebani, hanno lasciato un solco profondo e tanti campi pieni zeppi di mine anti-uomo. Su questo tessuto lacerato, che i vent’anni di “transizione” assistita dalla missione internazionale hanno solo in parte riparato, si sono sovrapposte epidemie di diarrea acuta, morbillo e Dengue, e infine il Covid 19. Il risultato è quello di un Paese allo stremo, nel quale più della metà della popolazione non ha accesso a cibo, medicinali, acqua pulita, servizi sanitari, istruzione. Il più grave dei problemi, in questo momento, è quello che gli esperti definiscono “malnutrizione acuta”, un concetto che in parole povere si traduce in fame nera per quasi 9 milioni di persone. Nei primi mesi del 2022 i talebani hanno avviato incontri diplomatici in Europa, probabilmente alla ricerca di una sorta di legittimazione da parte della comunità internazionale, ma soprattutto per chiedere il ripristino degli aiuti economici senza i quali il Paese è destinato a precipitare nel baratro. Nel frattempo, più di un milione di bambini è in pericolo di vita, e l’80% della popolazione non ha accesso all’acqua pulita. Oltre 18 milioni di persone, in questo momento, hanno bisogno di assistenza medica urgente. Secondo l’Alto commissariato per i Rifugiati Unhcr, 9 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case, in un inverno che sarà ricordato come uno dei più duri della storia afghana.

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