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Pensioni, fra inflazione e fisco la coperta è corta Intervista a Sergio Ginepri

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PANTERE GRIGIE

PANTERE GRIGIE

L'INTERVISTA

PENSIONI, FRA INFLAZIONE E FISCO LA COPERTA È CORTA

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PAOLA TOSCANI

Si ricomincia a parlare di inflazione, che galoppa a ritmi che non si vedevano da decenni. Come impatterà questa corsa sui pensionati e quali effetti avranno le misure allo studio, in particolare la riforma fiscale? Ne abbiamo parlato con Sergio Ginebri, componente del Comitato Scientifico del Cer, che proprio in queste settimane sta realizzando il Rapporto CER-CUPLA su “Pensioni, inflazione e fisco”. Già nel precedente rapporto era emerso come negli ultimi dieci anni il potere di acquisto delle pensioni si sia ridotto drasticamente. Si prendano i trattamenti fino a 1.500 euro lorde al mese: in questo caso la perdita è stata di circa il 2,6 per cento, che corrispondono a circa 30 euro il mese. Se poi si sale di reddito (2.000 euro lordi mensili) il valore reale è diminuito del 6 per cento, cioè circa 100 euro il mese, e di circa il 10 per cento nel caso di un reddito lordo di 4.000 euro. I dati sono in via di aggiornamento, ma intanto ciò che è chiaro è che “si è creata nel tempo una grande disparità

Sergio Ginepri

di trattamento fiscale tra lavoratori e pensionati autonomi e dipendenti” sottolinea Ginebri. Perché i pensionati si sono impoveriti in questi anni? È stato per via dell’effetto combinato di due fattori. Il primo è il meccanismo di adeguamento automatico del valore delle pensioni alle variazioni dei prezzi, responsabile principale della perdita di potere di acquisto delle pensioni superiori a 1.500 euro lordi mensili. Dal 2012 l’aggiustamento annuale delle pensioni avviene per importi complessivi e non per fasce di importo. Facciamo un esempio? Prendiamo una pensione di 2.000 euro lorde mensili: viene rivalutata solo per il 77 per cento, e una di 4.500 euro solo per il 40 per cento. Le mancate rivalutazioni hanno determinato la gran parte delle perdite di potere di acquisto di cui parlavamo, soprattutto per quelle di importo più alto. È poi c’è l’aumento del prelievo fiscale sui redditi pensionistici: e questo, a nostro avviso, è il responsabile principale dell’impoverimento negli ultimi dieci anni delle pensioni di minore importo, cioè inferiori a 1.500 euro lorde mensili. Se poi si confronta con il reddito da lavoro dipendente la disparità emerge chiaramente. Dove si è inceppato il meccanismo? Quando fu introdotto, nel 1983, il sistema di tassazione diretta dei redditi, le detrazioni di imposta furono differenziate e già allora c’era una disparità di trattamento, ma comunque limitata. Ad aumentarla esponenzialmente è stata la recente introduzione del bonus Irpef. Questa ha prodotto l’attuale marcata disparità che possiamo calcolare in circa 1.100 euro l’anno per un reddito lordo attorno ai 9.000 euro. Cosa si propone nel rapporto CUPLA/Cer? Presentiamo due possibili interventi di riforma del trattamento fiscale dei redditi da pensione. La prima consiste in un allineamento delle detrazioni da lavoro dipendente e da pensione: interesserebbe una grande platea di pensionati, coinvolgendo anche chi riceve importi medioalti. Poi c’è l’idea del nuovo bonus Irpef pensionati che percepiscono redditi medio-bassi. E poi si propone un diverso sistema di indicizzazione. Favorirebbe i pensionati, penalizzando i lavoratori? No. Si deve tener presente che oggi il meccanismo di indicizzazione lavora in modo imperfetto perché non tiene conto di alcune spese essenziali dei pensionati, soprattutto di quelli di basso reddito. L’attuale indicatore esclude infatti alcune spese di forte impatto, come quelle in campo sanitario, il contributo che viene chiesto per partecipare alle spese riconosciute dal SSN, come analisi, esami diagnostici e medicina specialistica. Queste spese sono tenute fuori dal parametro al quale al momento si fa riferimento, ovvero l’indice dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (FOI). Sono invece contemplate nell’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’Unione europea (IPCA). Nel nostro rapporto CER-CUPLA riteniamo che il parametro IPCA per misurare le variazioni del costo della vita sia molto più adeguato di quello attualmente in uso. Prima di tutto perché l’indice FOI fa riferimento all’intera collettività nazionale, mentre l’IPCA registra gli esborsi effettivi per consumi finali delle famiglie. E poi perché la variazione, con l’IPCA, viene calcolata anche per classi di spesa: questo consentirebbe degli accorgimenti nel meccanismo di adeguamento automatico delle pensioni. Ad esempio tenendo conto della composizione specifica del paniere di spesa dei pensionati meno agiati. E intanto l’inflazione galoppa a ritmi che non si vedevano da decenni… A maggior ragione in una situazione come questa bisognerebbe avere un meccanismo di indicizzazione e di aggiustamento dei valori delle pensioni molto sensibile alle spese dei pensionati, soprattutto quelli delle fasce più povere della popolazione. La nostra proposta, elaborata con il CUPLA, va in questa direzione. L’aumento dei prezzi colpirà i pensionati, quanto i lavoratori dipendenti. Come conciliare i diversi interessi, se la coperta è corta e le risorse limitate? La novità più importante che si è verificata negli ultimi tempi è stata la riunione tra CUPLA e sindacati dei lavoratori dipendenti per presentare piattaforme concordate. Il tavolo è aperto e la volontà di presentare richieste comuni è concreto.

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