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il pomodoro
paesaggio Pomodoro in Italia Davide Papotti
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paesaggio Pomodoro in Italia Una “geografia del pomodoro”? Nei ricordi scolastici di ciascuno di noi affiorerà inevitabilmente l’immagine di un sussidiario che, nella sezione di geografia, forni sce i principali dati relativi a uno stato o a una regione (estensio ne in chilometri quadrati, numero di abitanti, principali città ecc.); con, immancabili, i “principali prodotti agricoli”. La geografia di un prodotto agricolo non si esaurisce però nella sola messa a fuoco della diffusione delle coltivazioni, cioè in un’analisi del dove esso viene coltivato all’interno di un contesto territoriale delimitato. La distribuzione dei fenomeni sulla superficie terrestre è solamente una (anche se certamente una delle più popolari e condivise) delle linee di indagine che il sapere geografico può frequentare. Nella “cassetta degli attrezzi” interpretativa proposta dalla geo grafia non esiste solamente la categoria statica della distribuzio ne, una sorta di fotografia istantanea, scattata in un determinato momento storico, del “cosa è dove”; esiste per es. anche la pro spettiva dinamica della diffusione, lo studio delle modalità con cui un determinato oggetto di indagine (nel caso preso qui in analisi la coltivazione del pomodoro) si è espanso a partire da una o più aree di origine. Le modalità con cui un elemento si diffonde sulla superficie terrestre possono infatti fornire utili informazioni sui va lori che ispirano l’azione umana sul territorio e sulle strategie che una società adotta nei processi di territorializzazione. Anche le forme stesse dei paesaggi, le fattezze con cui essi si presentano ai nostri occhi, rappresentano un sorta di archivio delle azioni che l’uomo ha compiuto in un determinato territorio.
Geografia come studio del paesaggio
• Ogni prodotto agricolo possiede una
propria geografia, che non è fatta solo dell’elenco dei paesi o delle regioni in cui esso viene coltivato, ma anche della sua storia di diffusione in un determinato territorio e dell’analisi dei paesaggi che esso produce
• Il paesaggio, infatti, va inteso come
il risultato della correlazione fra ambiente naturale e azioni umane. Questa dimensione relazionale del paesaggio è stata ben colta nella tradizione di studi geografici, come dimostra la definizione datane da uno dei maestri della geografia italiana, Roberto Almagià, quasi un secolo fa: “[il filo conduttore della geografia umana risulta essere lo studio] dell’aspetto della Terra o del paesaggio geografico, quale esso risulta per la presenza e l’opera dell’uomo. Si deduce anche da ciò la natura complessa delle ricerche di geografia umana, che sono sempre ricerche su fatti di interdipendenza e di reciproche connessioni e correlazioni: correlazioni di vari fenomeni umani tra loro, e dei fenomeni biologici e fisici, tutti insieme concorrenti a creare quello che abbiamo chiamato il paesaggio geografico” (La Geografia Umana, 1916)
Foto R. Angelini
Strutture serricole, campi di pomodoro, mais e terreni preparati per la semina nella campagna lombarda
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pomodoro in Italia Le singole situazioni paesaggistiche che troviamo sulla superficie terrestre rappresentano il risultato dell’incontro fra le caratteristi che ambientali di un determinato territorio (la conformazione mor fologica, il clima, la struttura e tessitura dei terreni, la presenza di acque ecc.) e le azioni storiche compiute dalle comunità che tali territori hanno trasformato nel corso del tempo. Le colture agrico le hanno avuto un ruolo primario nei processi di trasformazione del paesaggio, e per questo lo studio delle forme che esse assu mono nei vari contesti geografici di apparizione costituisce una proficua direzione di ricerca per comprendere al meglio il ruolo economico, sociale e culturale delle pratiche agricole.
Necessità di riscoprire i paesaggi colturali
• Un’opera di sensibilizzazione alla
“lettura” dei paesaggi agricoli appare auspicabile in un panorama, quale quello contemporaneo, che vede una crescente popolazione urbana, di norma totalmente ignara dei processi produttivi del ciclo agricolo e incapace, pertanto, di riconoscere le tipologie colturali, le tecniche di coltivazione, i paesaggi a esse correlati. La crescente dissociazione fra il produttore di beni alimentari e il consumatore (legata anche ai fenomeni di delocalizzazione produttiva su scala planetaria e alla crescente industrializzazione dell’agricoltura) rappresenta uno dei tratti culturali più caratteristici della società contemporanea; il tentativo di sanare questa frattura passa anche attraverso la riscoperta della capacità di interpretare i segni paesaggistici caratteristici del territorio agricolo
Paesaggi del pomodoro La coltura del pomodoro è diffusa, anche solo rimanendo nel contesto nazionale italiano, in diversi scenari geografici. Essa caratterizza diversi ambiti territoriali: dalle pianure alluvionali della Lombardia alle coste campane affacciate sul Tirreno, dal Tavoliere agli altopiani delle Murge in Puglia, dalle valli della Ba silicata alle costiere della Calabria, dal pedemonte collinare emi liano alle colline della Sicilia. I regolari filari delle piante di pomodoro caratterizzano dunque aree assai diversificate, contribuendo a una sorta di coerenza visuale dei paesaggi rurali italiani, a una visione di insieme che mostra da un lato diffusi caratteri di affinità e dall’altro specifiche unicità ambientali. La geografia del pomodoro, come quella di altre colture, si esprime in una sorta di cartografia a macchia di leopardo, con concentrazioni in alcune aree e parziali “vuoti” in altre. Il pomodoro rappresenta nondimeno un “tema portante” di molta agricoltura della penisola, pur presentando dirette correla
Cintura di orti intorno all’abitato di Barletta nel Nord Barese
Foto R. Angelini
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paesaggio
Coltivazione di pomodoro sui terrazzi del Vesuvio. Si noti la varietà delle specie arboree ed arbustive presenti in un ridotto appezzamento di terra
zioni visuali con differenti tipologie paesaggistiche. La riconosci bilità della coltura, sia per la forma regolare degli impianti sia per la tipicità del frutto, contribuisce d’altronde a farne uno scenario facilmente identificabile, anche all’interno di “teatri” paesaggisti ci diversificati. L’adattabilità agronomica della coltura trova in un certo senso un parallelo in un’adattabilità “paesaggistica”, che permette a questa coltivazione di inserirsi in differenti scenari ambientali. Il rapporto con il paesaggio circostante può rimandare a una semplice e generica associazione tipologica (essere dunque cor relato a una categoria generale di fattezza territoriale, come per es. una costa marina, un’estesa pianura, un sistema collinare), oppure può suggerire, attraverso la presenza di elementi facil mente riconoscibili, precise localizzazioni geografiche (come nel caso, per es., delle coltivazioni di pomodoro che si estendono ai piedi del Vesuvio). Avviene dunque, sfogliando un atlante icono grafico delle coltivazioni di pomodoro nella penisola, qualcosa di simile a ciò che si prova di fronte a un album fotografico di fami glia, quando si possono osservare una o più persone – sempre le medesime – ritratte in luoghi diversi. Le coltivazioni di pomodoro non hanno solamente una funzio ne “attiva” d’intervento sugli aspetti visuali dei paesaggi rurali italiani, nel senso che contribuiscono a definire l’assetto territo riale di una determinata area geografica; in un certo senso esse sono anche caratterizzate, in funzione “passiva”, dalla varietà degli scenari territoriali. Dalle coordinate di fondo dello spazio geografico nel quale le coltivazioni sono immerse esse traggo no parte del loro profilo identitario: la loro percezione visuale viene mediata dalle caratteristiche di base del territorio che le circonda.
Coltivazione in consociazione nell’area del Monte Vesuvio in Campania
Pomodoro coltura “nazionale”?
• Le coltivazioni di pomodoro sono diffuse con estensioni quantitativamente significative in ben dodici regioni italiane su venti. La distribuzione di questa coltura coinvolge tanto regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna), quanto del centro (Toscana, Lazio, Abruzzo) e del Sud (Puglia, Campania, Sicilia, Calabria, Basilicata). Altre regioni (come il Molise, le Marche, l’Umbria, la Sardegna) possiedono superfici di minor estensione coltivate a pomodoro, non prive tuttavia, in certi casi, di forti tradizioni storiche e di profondo radicamento nel tessuto produttivo e culturale. La consolidata diffusione di questa coltura la rende dunque effettivamente “nazionale”, caratterizzante cioè quasi l’intera penisola
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pomodoro in Italia Paesaggi della coltura del pomodoro La coltivazione del pomodoro è riconoscibile, nella stragrande maggioranza delle sue apparizioni, per il caratteristico ordine geo metrico che essa imposta nei campi, con veri e propri “filari” di piante (tecnicamente detti a “fila semplice” oppure a “fila binata” a seconda che abbiano una o due serie di piantine in parallelo). Questi impianti regolari, grazie alla loro ritmica successione, crea no una sorta di “effetto-striatura” nel paesaggio agricolo. Il risulta to è l’allineamento delle prospettive visuali di osservazione lungo le quali tende a scorrere lo sguardo di chi contempla il paesaggio stesso; quest’ultimo sembra in un certo senso “suggerire” le di rezioni ottiche preferenziali per la sua lettura, fornendo precise “istruzioni per l’uso” per la sua contemplazione. La coltivazione a file ravvicinate, con ridotti intervalli fra una li nea di piante e la successiva, può far sì che il paesaggio dei campi di pomodoro appaia, soprattutto da una prospettiva vi suale perpendicolare all’orientamento delle file stesse, come un ininterrotto “tappeto verde”, un’uniforme copertura vegetale del terreno. La densità colturale, va ricordato, dipende anche dalla varietà di pomodoro coltivata (a frutto allungato, a frutto tondo, cherry ecc.), che determina un differente assetto strutturale del campo. Le caratteristiche dei paesaggi del pomodoro variano ovviamente a seconda della morfologia dei territori, che possono asseconda re gli aspetti visuali di omogeneità e di regolarità (come accade per es. nelle aree di pianura) oppure, al contrario, proporre varietà di prospettive e di punti di fuga (come accade nelle aree collinari, o comunque in presenza di pendii).
Paesaggi del pomodoro come paesaggi mediterranei
• Molti storici hanno indagato l’identità
dell’area geografica mediterranea a partire dalla diffusione delle colture tipiche di questo contesto climatico e morfologico. Celebre, per es., la tesi sostenuta dallo storico francese Fernand Braudel (1902-1985), secondo cui la civiltà mediterranea finiva per coincidere con l’area di diffusione dell’olivo. Seguendo questa pista interpretativa, si può pensare anche ai paesaggi del pomodoro come a uno dei tratti accomunanti l’area mediterranea. Basta seguire, per es., l’elenco dei paesi dove si coltiva questa pianta. In ambito europeo l’Italia rappresenta il primo produttore di questo ortaggio, seguito dalla Spagna, dalla Grecia, dal Portogallo e dalla Francia. Le coltivazioni di pomodoro segnano dunque un “arco mediterraneo” che procede senza soluzione di continuità dalla Spagna meridionale alla Grecia, contribuendo a connotare quella “area meridionale” dell’Europa che si profila insieme come un concentrato di geografia fisica, di storia condivisa, di paesaggi insieme coerenti e ricorrenti
Coltivazioni di pomodoro a Mola, Bari La caratteristica regolarità delle “striature” formate nei campi dalle file di pomodoro
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paesaggio Foto R. Angelini
Coltivazione di pomodorini sulle pendici collinari in Campania
Campi di pomodoro (verde) intorno all’Abbazia di Pomposa (FE)
La coltura del pomodoro, infine, può essere combinata con altre colture, di tipo sia arboreo che erbaceo, con cui è compatibile. Accade dunque, specialmente nel Mezzogiorno, di trovare col ture miste di pomodoro e di ulivo, in cui la trama del campo è ordinata dalle piantine del primo, con elevazioni di alberi isolati o a filare del secondo. Anche gli alberi di frutta possono trovarsi in coltivazioni di consociazione con il pomodoro, con conseguente creazione di paesaggi agricoli più movimentati e variati rispetto alla monocoltura. Di altissima efficienza produttiva erano le colture consociate con il San Marzano dell’Agro Noverino-Sarnese, dove su piccoli Coltivazione su sostegno di pomodoro Corbarino in orti familiari in Campania
Coltivazione in collina di pomodoro Corbarino. Sullo sfondo l’inconfondibile silhouette del monte Vesuvio
Abbassando l’ottica visuale di osservazione, le file di pomodoro appaiono come un ininterrotto tappeto verde
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pomodoro in Italia appezzamenti la coltivazione in verticale del famoso pomodoro lasciava spazi tra le file per altre colture orticole in successio ne fra loro (basilico, fagiolo, carota, lattuga, prezzemolo ecc.). Quando le colture a ciclo autunno-vernino venivano trapiantate tra gli spazi tanto da sostituire automaticamente le piante di po modoro distrutte dal freddo, si realizzavano le cosiddette colture a staffetta. In casi come questi si vengono dunque a formare paesaggi agri coli in un certo senso “ibridi”, che valorizzano insieme la biodiver sità vegetale e la piacevolezza estetica del paesaggio.
Pomodoro, una coltura flessibile
• Non solamente il pomodoro è una
coltura che si trova ampliamente distribuita sul territorio italiano, ma le stesse forme di coltivazione si presentano diversificate e di molteplice natura. Il pomodoro può essere infatti coltivato come monocoltura oppure in associazione con altre tipologie colturali, soprattutto arboree (ulivo o alberi da frutta). Può essere coltivato a fila semplice o a fila binata, può essere contornato da canaletti di irrigazione oppure accompagnato da tubature per il sistema di irrigazione a goccia, può essere coltivato a terra oppure elevato attraverso l’uso di appositi sostegni. Ciascuna di queste tecniche differenti produce paesaggi leggermente diversificati per aspetto e struttura compositiva, “variazioni sul tema”, per così dire, rispetto alla tipologia primaria
Stagionalità dei paesaggi del pomodoro Come avviene per molte altre colture, il pomodoro presenta pae saggi leggermente differenziati a seconda del calendario stagio nale e, di conseguenza, a seconda delle fasi del processo di col tivazione. I medesimi processi di crescita della pianta prima e del frutto poi contribuiscono a far variare l’aspetto cromatico dei campi, che passano dal verde tenero e chiaro delle piantine appena trapian tate al colore verde più scuro della pianta cresciuta, dal mono cromo paesaggio verde dei frutti ancora in fase di maturazione alle punteggiature di rosso legate alla maturazione dei pomodori. Attraverso questi lievi cambiamenti, che possono apparire detta gli, ma che in realtà influenzano in maniera rilevante la percezione visuale, i paesaggi del pomodoro esprimono la propria dinamicità di fondo. Come la maggior parte dei paesaggi agricoli, essi vivono non solo di alternanze stagionali, ma anche di lievi variazioni gior naliere e di graduali cambiamenti legati al ciclo vegetativo delle colture.
Il verde delle piante e il rosso dei frutti compongono un’ordinata tessitura vegetale orientata lungo la pendenza collinare. Nell’immagine coltivazioni in Campania
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paesaggio Foto R. Angelini
Dinamicità come componente intrinseca del concetto di paesaggio
• Il paesaggio che abbiamo sotto i nostri
occhi rappresenta in un certo senso l’ultimo fotogramma di un film che affonda le radici nel passato e che continuamente si evolve. Il paesaggio, come già osservato in precedenza, costituisce l’esito di una serie complessa di relazioni e di equilibri che si sviluppano costantemente nel tempo, un risultato che viene rimesso continuamente in discussione sia dall’azione della natura sia da quella umana (e dalle loro complesse interrelazioni). Per questo motivo il paesaggio non è mai statico, ma piuttosto dinamico. Ce lo ricorda anche una definizione ufficiale di un geografo, Renato Toniolo, che in un testo del 1954 così definiva il paesaggio geografico: “la manifestazione collettiva di forme, che tendono a organizzarsi in un dato momento con un certo equilibrio e aspetto, che si evolvono col tempo e sono reciprocamente legate da qualche rapporto”
Dopo la raccolta meccanizzata, i paesaggi del pomodoro assumono un aspetto devastato, con le piante pesantemente danneggiate e numerosi frutti schiacciati a terra
Il più efficace impatto visuale, congiuntamente alla maggior ri conoscibilità cromatica, si ottiene ovviamente durante la tarda fase di maturazione, quando il frutto della pianta assume il carat teristico colore rosso. Un campo di pomodori diventa in questa fase ancora più facilmente riconoscibile, per l’unicità dell’acco stamento cromatico fra il verde della pianta e l’acceso tono rosso del frutto. Il paesaggio cambia radicalmente dopo il raccolto, quando i cam pi, a seguito del passaggio dei macchinari appositamente impie gati, assumono un aspetto desolato di devastazione, nel quale i
Regolari filari di pomodoro si spingono fino al limitare della costa pugliese Coltivazioni di pomodoro nel paesaggio collinare della Basilicata
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pomodoro in Italia regolari filari delle pianta lasciano spazio a disordinati affastella menti di residui vegetali, costellati di quando in quando dalle mac chie rosse dei frutti rimasti a terra o caduti durante le operazioni. Il colore rosso brillante del pomodoro non cessa con la raccolta di caratterizzare i paesaggi, ma accompagna con la sua vistosa pre senza tutte le fasi di lavorazione. Nelle aree che accanto ai campi di coltivazione possiedono anche impianti per la lavorazione del frutto e per la produzione di conserve e di altri derivati, i trattori e i carri usati per il trasporto costruiscono nelle settimane del rac colto veri e propri “fiumi rossi” che seguono specifiche traiettorie. I pomodori caduti involontariamente a terra durante il trasporto, similmente alle briciole utilizzate da Pollicino nella fiaba, svelano il percorso effettuato dai carri nel tragitto dal luogo di produzione al luogo di trasformazione.
Foto R. Angelini
Paesaggi tecnologici La tecnologia utilizzata nelle coltivazioni agricole, sia essa re lativa alle pratiche di semina, a quelle di irrigazione o a quelle di raccolta, contribuisce a connotare i paesaggi del pomodo ro. La scelta di allineare le piante a fila semplice o a fila binata, per esempio, oppure la determinazione della distanza degli assi fra le bine, comportano un impatto sulla matrice paesaggistica della coltivazione di pomodoro. Anche le diverse tecniche di irri gazione portano con sé un differente portato infrastrutturale. Se si sceglie l’infiltrazione laterale attraverso solchi, la scansione delle file di piante e la loro densità verranno direttamente in fluenzate. La tecnologia non ha effetti solamente sulla struttura di base della coltivazione, ma determina anche la presenza – o l’assenza – di elementi tecnici che contribuiscono a connotare il paesaggio. La posa di tubazioni per l’irrigazione a goccia od il posizionamento di cannoni per lo spargimento a pioggia, per es., possiedono un diverso impatto infrastrutturale sul terreno,
Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
Foto R. Angelini
La tecnologia impiegata nelle coltivazioni contribuisce a connotare il paesaggio
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paesaggio
Importanza del “technoscape”
• Il sociologo indiano Arjun Appadurai,
in un sua opera del 1996 intitolata Modernity at large. Cultural dimensions of globalization, afferma che non si possono comprendere appieno i paesaggi della contemporaneità senza tenere in debita considerazione il ruolo assunto dalla tecnologia. I “paesaggi tecnologici”, secondo Appadurai, rappresentano “la configurazione globale, anch’essa fluida, della tecnologia e il fatto che la tecnologia, alta o bassa che sia, meccanica o informatica, si muove ora ad alta velocità attraverso diversi tipi di confine un tempo malagevoli”. Anche i paesaggi dell’agricoltura sono fortemente influenzati e innervati dalla tecnologia. Le diverse forme tecnologiche adottate influenzano l’aspetto esteriore e le qualità estetiche che percepiamo nelle realtà territoriali. Il discorso coinvolge tutte le tecniche agronomiche che vengono utilizzate nel corso della coltivazione
Coltivazioni costiere in serra a Marina di Vittoria (RG)
con differenti componenti visuali inserite nel paesaggio. Il livello di meccanizzazione di un’area agricola influenza la percezione dei paesaggi anche attraverso la frequenza di passaggio di mez zi come i trattori o la dotazione di macchinari da impiegare nella varie fasi di coltivazione. Paesaggi artificiali delle serre Una forma particolare di paesaggio viene creata da un apparato tecnologico infrastrutturale, quello delle serre, specificamente progettato e costruito per “artificializzare” il ciclo di crescita del le piante, fornendo loro temperature e livelli di umidità più favo revoli e controllabili. Le serre possono essere di diversa forma (con copertura arrotondata o a spiovente, per es.), di diverse
Aratura
Foto R. Angelini
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pomodoro in Italia Foto R. Angelini
Serre e artificializzazione del paesaggio agricolo
• Le serre rappresentano il valore
massimo di impatto visuale che una coltivazione agricola può apportare al paesaggio. Contemplando certe zone di coltivazione intensiva del pomodoro in serra, non si vede altro che una indifferenziata distesa di edifici bianchi, che da lontano non sembrano nemmeno essere associabili a una realtà agricola. La necessità di “separare” la pianta dalle condizioni climatiche esterne, per assicurarle livelli di umidità e temperature ottimali, produce un fortissimo impatto sull’organizzazione dei paesaggi agricoli
Il riflesso della luce solare ben evidenzia la presenza delle serre per la coltivazione del pomodoro nella piana del Sele, in provincia di Salerno
dimensioni (in lunghezza, in larghezza e in altezza) e costrui te con differenti materiali (legno o metallo). La coltivazione del pomodoro contribuisce alla diffusione, sul territorio della peni sola italiana, delle serre. In alcune aree di pianura, nelle quali possono essere agevolmente utilizzati impianti di copertura di notevoli dimensioni – come avviene per esempio nel caso della Piana del Sele in provincia di Salerno – le aree di coltivazione del pomodoro possono essere quasi interamente attrezzate con apposite serre. Questo tipo di impianto produttivo possiede un forte impatto visuale sui paesaggi rurali. Da un lato esso contri buisce a rendere la coltura stessa quasi “invisibile”, o perlomeno poco visibile: non è facile, di fronte a una distesa di serre chiuse, comprendere a prima vista quale tipologia di coltivazione esse
Paesaggi vitali o paesaggi abbandonati?
• In virtù dell’alto grado di
meccanizzazione, spesso il mondo rurale sembra ospitare sempre più di frequente una «agricoltura senza agricoltori», per riprendere un’efficace definizione proposta dal geografo Francesco Adamo. I campi appaiono deserti durante la maggior parte del ciclo di lavorazione dei prodotti, e il pomodoro non fa eccezione sotto questo punto di vista. Solamente in occasioni di alcune fasi specifiche del ciclo colturale – la messa a dimora delle piantine, lo spargimento di concimi, in alcuni casi l’irrigazione, la raccolta – i campi si animano di persone e tornano a mostrare la necessità dell’intervento umano nella prassi agricola. L’alternarsi di vitalità e di apparente abbandono determina il susseguirsi di una sorta di “sistole” e “diastole” nella componente antropica del paesaggio agricolo
La coltivazione in serra possiede un notevole impatto paesaggistico, trasformando le aree di produzione in estese distese bianche. Nell’immagine si possono osservare serre con struttura portante in legno
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paesaggio racchiudono al loro interno. Dall’altro lato, ovviamente, la pre senza massiccia delle serre rende estremamente riconoscibile la destinazione agricola dei suoli, che risultano, almeno in certi casi, pressoché interamente coperti da queste strutture artificiali impiantate dall’uomo. Il paesaggio agricolo raggiunge dunque in questi casi una sorta di vertice del livello di artificialità, presen tandosi con colori e forme assolutamente estranee al tradiziona le panorama colturale.
Pomodoro e società multietnica
• La raccolta dei pomodori rappresenta
un tipico lavoro stagionale, in grado di attrarre un alto numero di persone in periodi di tempo relativamente concentrati. Il lavoro nei campi è faticoso, coincide in questo caso con i mesi più caldi della stagione estiva, comporta un’esposizione continuata all’aria aperta e al sole, necessita di un contatto tattile con la terra, spesso in posizione corporea disagevole. Insomma, la raccolta del pomodoro può rientrare di diritto nella lista dei lavori contraddistinti da almeno due delle tre “d” associate alle attività meno appetibili: dirty, demanding (sporco e impegnativo) e dangerous (pericoloso). Per questo motivo, i lavori stagionali in agricoltura in Italia richiamano in maniera sempre più consistente manodopera immigrata, proveniente da paesi stranieri. Oggi è consueto vedere all’opera nei campi di pomodoro braccianti di origine cinese, indiana, pakistana, senegalese ecc.
Paesaggi umani e coltivazione del pomodoro I paesaggi non sono caratterizzati solamente dalle componen ti fisiche del territorio, o dagli elementi vegetali e animali che su di esse si insediano. Componente importante dei paesaggi in generale, e di quelli agricoli nello specifico, è quella umana: non solo, ovviamente, in termini di infrastrutture e di elementi tangibilmente visibili (case, strade, edifici vari ecc.), ma anche in termini di vera e propria apparizione degli uomini e delle don ne negli scenari spaziali. Un campo pieno di contadini intenti al lavoro è ovviamente ben diverso da un campo che appare “disabitato”, che si caratterizza per l’assenza dell’attore primario impegnato nelle sue attive “recite”. Eugenio Turri nel suo volume Il paesaggio come teatro (1998) parla proprio di questa compo nente teatrale come di un aspetto costitutivo delle dinamiche paesaggistiche: “L’importanza dello scenario non è solo nella sua funzione di contenitore, perché in generale è esso stesso a suggerire i toni della rappresentazione […] a ispirare la gioia o la paura, il senso del dramma o il senso del ridicolo, della grandezza o della piccolezza delle vicende umane, quindi a dare il senso della recitazione che è poi riconoscere l’importanza di una scenografia appropriata al tipo di vicende e al tipo di linguaggio in ogni rappresentazione teatrale”.
Raccolta del pomodoro nel basso Ferrarese
Foto R. Angelini
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pomodoro in Italia La presenza di figure umane contribuisce, sia pur nella volatilità delle loro apparizioni, a connotare i paesaggi come vissuti, come abitati, come brulicanti di attività. Oppure, al contrario, l’assenza di persone in uno scenario agricolo suggerisce una sensazione di “vuoto”, di “abbandono”, visto che l’evidente attore principale delle trasformazioni territoriali non appare direttamente, ma solo in virtù delle tracce che ha lasciato. Per questo motivo, perché sono in grado di influenzare direttamente il gradiente di presen za umana nel territorio, le tecnologie adottate per la semina, per l’irrigazione, per il raccolto, hanno un diretto influsso sui “pae saggi umani” che animano gli scenari spaziali. Nell’analisi dei paesaggi umani si può introdurre un’ulteriore variabile, recependo il suggerimento concettuale proposto da Arjun Appadurai con il termine “ethnoscape” (letteralmente: “pa esaggio etnico”). Con “ethnoscape” Appadurai (1996) intende “quel panorama di persone che costituisce il mondo mutevole in cui viviamo: turisti, immigrati, rifugiati, esiliati, lavoratori ospiti, e altri gruppi e individui in movimento costituiscono un tratto essenziale del mondo e sembrano in grado di influenzare la politica delle (e tra le) nazioni a un livello mai raggiunto prima”. I paesaggi del pomodoro sono coinvolti in pieno da questi flussi etnici, in quanto gran parte dell’attuale manodopera stagionale impegnata nella fase di raccolta –in particolar modo, ma non esclusivamente, nelle regioni meridionali– è composta da citta dini stranieri. Il lavoro agricolo nei campi, dunque, rappresenta uno dei luoghi dove i moderni paesaggi etnici mettono in scena la propria visibilità.
La raccolta fatta a mano anima di presenze i campi durante il periodo estivo
Il periodo del raccolto rappresenta uno dei momenti di massima animazione dei paesaggi umani nei campi agricoli e accentua il contrasto fra il verde delle piante e il rosso acceso dei frutti
Paesaggi sensoriali del pomodoro I paesaggi del pomodoro non si rivolgono solamente al senso tradizionalmente più correlato all’osservazione del territorio, la
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paesaggio vista, ma si caratterizzano, perlomeno in caso di coltivazioni estensive, anche per un aspetto olfattivo. La fase della raccolta, sia essa effettuata a mano in cassette oppure a macchina in contenitori di maggiori dimensioni, comporta sempre la caduta a terra di qualche frutto, che rimane sul terreno a marcire. La decomposizione dei frutti rimasti nei campi dopo la raccolta pro duce in poco tempo un caratteristico odore, che può diffonder si anche a diversi chilometri di distanza, raggiungendo talvolta aree urbane contigue a quelle colturali. La presenza di questo caratteristico, ancorché poco piacevole, odore enfatizza la per cezione del calendario agricolo, e nello specifico segnala l’avvio del periodo di raccolta.
I “mangiamaccheroni”
• Lo storico Emilio Sereni diede alle
stampe nel 1958 un interessante e avvincente saggio intitolato Note di storia dell’alimentazione nel Mezzogiorno: napoletani da mangiafoglie a mangiamaccheroni. Nel testo l’autore spiega il passaggio che la popolazione partenopea fece da una dieta prevalentemente vegetariana a una dieta improntata sulla pasta. La dieta a base di pasta si afferma definitivamente, almeno a giudicare dalla frequenza nei testi letterari del termine di “mangiamaccheroni” per indicare i Napoletani, a partire dal ’600. Lo storico ci dice anche che il condimento della pasta con la salsa di pomodoro, che oggi ci appare “inevitabile”, si afferma definitivamente solo nella prima metà dell’800
Paesaggi gustativi e storia culturale Il paesaggio del pomodoro rappresenta ovviamente anche un ri flesso delle abitudini alimentari di una popolazione. La estensio ne, la frequenza e la distribuzione delle coltivazioni di pomodoro si fanno specchio dei regimi alimentari dominanti, a una deter minata altezza cronologica, in uno specifico territorio. L’accre sciuta capacità tecnica e commerciale di trasporto delle derrate agricoli ha svincolato i territorio dall’obbligo dell’autoproduzione e dell’autosufficienza, e gli scaffali ortofrutticoli rappresentano oggi quasi un atlante del mondo, con merce proveniente dalle più diverse regioni. Nondimeno, un certo legame di “tipicità” ca ratterizza ancora i paesaggi agricoli dei paesi con forte tradizio ne colturale storica come l’Italia. Si potrebbe dunque riassume re scherzosamente tale relazione con la formula: “Dimmi in che paesaggi agricoli vivi e ti dirò che cosa mangi”. I paesaggi del pomodoro diffusi nella penisola, in questa prospettiva, possono essere osservati come un riflesso dell’importanza di questo or
Le serre rappresentano il massimo grado di artificializzazione del paesaggio agrario del pomodoro. Né le piante né la terra sono più visibili; cioò che appare all’osservatore è solo un’ininterrotta sequela di teli di plastica bianca
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pomodoro in Italia taggio nella dieta alimentare degli italiani, e in particolare nella cosiddetta “dieta mediterranea”, che vede il pomodoro prota gonista nel condimento di uno dei piatti più tipici e nazionali: la pasta.
Un buon pomodoro nasce in un bel paesaggio?
Paesaggio del pomodoro e valorizzazione delle tipicità geografiche La valorizzazione di un prodotto agricolo passa oggi anche at traverso la promozione dei paesaggi nei quali esso viene col tivato. L’affermazione e il consolidamento delle politiche di ri conoscimento delle tipicità geografiche (Indicazione Geografica Protetta e Denominazione di Origine Protetta) portata avanti dall’Unione Europea ha avuto fra le sue conseguenze una rin novata attenzione del mercato verso i territori di produzione. Il marketing non ha mancato di seguire questa nuova pista geo grafica di valorizzazione, e l’immaginario iconografico legato al territorio si sposa sempre di più, nella prassi promozionale, alle immagini del prodotto stesso. Le rinnovate richieste di qualità del pubblico contemporaneo, le aspettative di un cibo “buono, pulito e giusto” (per utilizzare il trittico interpretativo proposto da Carlo Petrini nel suo omonimo libro sottotitolato Principi di nuova gastronomia, del 2005) e la attenzione verso la “filiera corta” di produzione (che assicuri un prodotto agricolo coltivato il più possibile in loco) hanno riportato al centro del discorso la com ponente territoriale. In questo senso le immagini dei paesaggi del pomodoro acquisiscono una nuova importanza nella comu nicazione di marketing del prodotto, in quanto si fanno portatrici di valori positivi. La ricerca di un “buon pomodoro” si incrocia dunque con la immagine dei “bei paesaggi” all’interno dei quali esso viene prodotto.
• La promozione del cibo tende
a enfatizzare in misura crescente le caratteristiche di naturalità e di genuinità. Per veicolare questi valori si utilizzano sempre più spesso, nelle strategie di marketing, immagini territoriali correlate alle aree di produzione. Se da un lato dunque l’immagine territoriale entra da protagonista nella promozione del prodotto alimentare, dall’altro lato l’immagine del cibo viene sempre più di frequente inserita nelle campagne di marketing turistico. Il turismo enogastronomico sta diventando una componente sempre più importante del settore della mobilità ricreativa. Esso richiede immagini territoriali appetibili, rassicuranti, positive: i “bei” paesaggi agricoli si caricano di significati e di connotazioni positive legate alla opposizione con le aree sovraffollate e caotiche delle città, alla genuinità del cibo, alla esigenza di un’alimentazione naturale e corretta, al senso di ricreazione e di vacanza che dà l’immersione negli scenari territoriali extraurbani. La corrispondenza biunivoca fra fascino paesaggistico e qualità alimentare in questo modo si rinsalda in un abbraccio reciproco: un pomodoro buono nasce auspicabilmente in un bel paesaggio, e una bella infilata di campi di pomodoro produce presumibilmente buoni frutti
Coltivazione di pomodoro Corbarino sulle colline di Corbara (Salerno). Si noti l’utilizzo di sostegni tradizionali in legno
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