Il riso botanica | storia e arte | alimentazione | paesaggio coltivazione | ricerca | utilizzazione | mondo e mercato
il riso
ricerca Miglioramento genetico Elisabetta Lupotto, Stefano Cavigiolo, Pietro Piffanelli
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: le foto alle pagine 1 (Lorelyn Medina) e 596 (Gennady Kravestky) sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 104 e 105 sono di Renato Guttuso © Renato Guttuso by SIAE 2008.
ricerca Miglioramento genetico Introduzione Il riso nutre più della metà della popolazione mondiale costituendo di fatto l’unica sorgente di calorie per alcune aree geografiche del mondo. Nei prossimi 50 anni ci si attende che la popolazione mondiale cresca di circa un terzo e di questo la maggior parte sarà nei Paesi del Sud-Est asiatico, dove già la maggioranza della popolazione soffre di carenze alimentari. Vi sarà quindi bisogno di moltiplicare significativamente la produzione di riso e di grano per il fabbisogno alimentare umano, con un livello di efficienza superiore a quello avuto sino a ora. Purtroppo, nonostante il progredire continuo del miglioramento genetico classico, nell’ultima decade si è riscontrata una situazione quasi di stallo per quanto riguarda l’aumento di produttività di alcune specie tra le più importanti nell’alimentazione umana. Il riconoscimento delle limitazioni imposte dal miglioramento genetico classico ha portato all’evoluzione di una serie di tecnologie avanzate, note globalmente con il termine di biotecnologie, volte da un lato alla realizzazione di cultivar arricchite da geni alieni, conferenti caratteristiche preziose sia qualitative sia di resistenza, dall’altro allo sviluppo di conoscenze sempre più approfondite sul genoma. Parlare oggi di miglioramento genetico del riso significa affrontare l’argomento con una gran varietà di approcci diversi che vanno dalla genetica convenzionale, alle biotecnologie e alla genomica e post-genomica, dove il recente sequenziamento dell’intero genoma delle due sottospecie indica e japonica ha dato sicuramente origine a una nuova era del miglioramento genetico.
Genetica molecolare del riso
• Il progresso sostanziale effettuato
nel campo della genetica molecolare di Oryza sativa ha significato l’acquisizione, da parte di questa specie, di un ruolo di primaria importanza nello studio dei cereali, il gruppo di specie erbacee coltivate più antico e più importante, divenendo così, di fatto, il cereale modello, come lo divenne a suo tempo il Dittero Drosophila melanogaster (moscerino della frutta) per lo studio dei geni dello sviluppo negli organismi viventi, e come fu per la specie Arabidopsis thaliana, primo organismo vegetale superiore del cui genoma si è ottenuto il sequenziamento
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miglioramento genetico Il riso è una specie estremamente variabile nei caratteri ed è attualmente coltivato un po’ dovunque nel mondo, tra il 55° N in Cina e il 36° S in Cile. Sin dalla dinastia Han, in Cina venivano distinti due gruppi varietali: il riso Hsien e il riso Keng; essi corrispondono alle due sottospecie japonica e indica, successivamente classificate. Alcuni autori parlano anche della sottospecie javanica, ma le attuali conoscenze genetiche includono la javanica nella japonica, indicando nella japonica vera il tipo delle aree temperate, mentre la javanica viene considerata un tipo di japonica per le zone tropicali. Attualmente entrambe le sottospecie japonica e indica sono presenti nel mondo con una cospicua serie di cultivar, dalle caratteristiche più rispondenti alle richieste dei produttori e dei consumatori, e il metodo di coltivazione più diffuso e più produttivo è senza dubbio quello della sommersione (circa il 55%), cui segue un 25% di riso irrigato dalla pioggia, un 12% di riso in asciutta e un 8% di riso flottante. A fronte degli attuali 600 milioni circa di tonnellate di risone prodotto nel mondo, si stima che entro il 2025 essi debbano crescere fino ad almeno 850 milioni. Di conseguenza, lo sviluppo di nuove varietà più produttive, e dalle caratteristiche più consone a una coltura meno costosa e bisognosa dell’intervento umano, rappresenta una priorità fondamentale nel campo della ricerca. In generale, il processo di domesticazione determinò in O. sativa l’accumulo di modificazioni positive a carico di caratteri primari: numero di foglie, numero di ramificazioni secondarie della pannocchia, peso del granello, capacità di accestimento, velocità di crescita della plantula e delle foglie, sincronizzazione nello sviluppo delle pannocchie, capacità fotosintetica e durata del tempo di riempimento del granello. Contemporaneamente si ebbe la perdita di caratteri ancestrali, quali la pigmentazione del pericarpo, l’aristatura, la dormienza, la crodatura, la sensibilità al fotoperiodo, la fecondazione naturale incrociata. Dove il riso venne coltivato in terreni drenanti, si diversificarono i genotipi upland caratterizzati da precocità, ridotto accestimento, apparato radicale molto sviluppato. Oggi i risi upland vengono correntemente introdotti nei programmi di miglioramento genetico in Cina, dove si sviluppano varietà che possono tollerare situazioni di carenza idrica, e rappresentano una notevole risorsa nel miglioramento genetico delle moderne varietà. Il differenziamento genetico avvenuto in parallelo al processo di diversificazione ecogeografica ha portato alla formazione di barriere di sterilità tra genotipi della stessa specie provenienti da aree diverse; un esempio di incompatibilità deriva dalla sterilità degli incroci tra genotipi appartenenti alle due ssp. japonica e indica. Nella storia della coltivazione del riso, come per molte altre specie, la selezione varietale veniva effettuata empiricamente dagli agricoltori, così da assicurare la continua disponibilità di razze nuove, con caratteristiche migliorate, o semplicemente più resistenti a stress di natura biotica e abiotica. Nella storia del riso, grande importanza ebbero
Riso nell’Estremo Oriente
• Le primissime notizie sul riso risalgono
a ritrovamenti archeologici in Cina, nella provincia dell’Hunan, le cui analisi con il radiocarbonio datano a circa 7 mila anni a.C. Per la cultura cinese la coltivazione di questo cereale inizia però dal 3000 a.C. nell’era Shennung
Raccolta del riso in un’antica stampa cinese
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ricerca i movimenti del seme, dovuti a migrazioni di popoli, a commercio, a viaggi verso l’Estremo Oriente. Solo molto recentemente si è iniziato a migliorare le varietà mediante incrocio e selezione, per la realizzazione di genotipi con caratteri interessanti derivati da varietà provenienti da altre zone di coltivazione. Proprio in funzione dell’importanza del riso come fonte di nutrimento principale, nelle aree risicole del mondo esso seguì strade di miglioramento genetico diverse, per soddisfare sia il coltivatore e le condizioni colturali specifiche, sia il consumatore e le sue tradizioni. In molte aree, la selezione dalle popolazioni locali portò alla costituzione di varietà fortemente adattate ad ambienti specifici, risorsa genetica importante per il recupero di germoplasma caratterizzato da produttività e resistenze.
Mantenimento del germoplasma risicolo
• La variabilità genetica rappresenta
il prerequisito fondamentale su cui applicare i programmi di miglioramento genetico. Numerose varietà e linee caratterizzate da resistenza a malattie o insetti, tolleranza a stress di natura abiotica o biotica, o dotate di elevati standard qualitativi, derivano dall’applicazione corretta di metodologie di breeding convenzionale. Lo sviluppo di tali materiali risulta in prevalenza dallo sfruttamento della variabilità genetica disponibile nel germoplasma di O. sativa. Per altri aspetti, come per esempio la resistenza a particolari agenti biotici (batteri, insetti) o abiotici (eccesso di sale), la limitata disponibilità di caratteri favorevoli nel germoplasma coltivato spinge i breeder a sfruttare la variabilità presente in altri pool genici, come per esempio le specie selvatiche del genere Oryza, utilizzando, per trasferire questa variabilità all’interno delle varietà di interesse, tecnologie varie che vanno dall’incrocio e selezione, passando attraverso la coltura in vitro, fino all’applicazione delle tecniche di trasformazione genetica
Ricerca internazionale In funzione delle esigenze colturali e di mercato nel mondo, durante il secolo scorso furono fondati e si svilupparono grandi centri di ricerca, localizzati nelle aree che più dipendevano dallo sviluppo della ricerca per la produzione di riso che, come detto, è strettamente influenzata dalle condizioni geografiche di coltivazione. L’attività di queste grandi istituzioni si basa sullo sviluppo della ricerca genetica in senso lato, dalla raccolta delle risorse genetiche allo sviluppo delle tecniche colturali fino alla ricerca più avanzata basata sulle discipline molecolari e sulla genomica. Non deve essere trascurata inoltre l’importanza che queste istituzioni hanno come presenza territoriale in aiuto allo sviluppo della coltura del riso nel Paese, e come centri per la didattica e la formazione.
Collezione di germoplasma di riso appartenente all’areale di coltivazione temperato nel campo CRA di Vercelli
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miglioramento genetico In questa sede invece si cercherà di fornire un panorama di insieme sullo sviluppo del miglioramento genetico fondamentalmente iniziato e sviluppatosi nel secolo scorso nei vari punti strategici per il miglioramento genetico di questa specie. Partendo dalla zona temperata, dove la ssp. japonica costituisce la fonte principale di germoplasma, il Giappone è il Paese che iniziò attorno al 1927 un’attività di miglioramento genetico del riso mirata alla costituzione di varietà adattate a diversi ambienti, rispondenti a elevate concimazioni, resistenti agli attacchi di malattie fungine (Pyricularia grisea), batteriche (Xanthomonas campestris pv. oryzae) e virali, tolleranti restrizioni di natura pedoclimatica come il freddo e la composizione dei suoli. Venivano prese in considerazione anche le caratteristiche qualitative del granello in accordo alle richieste del mercato e dei consumatori locali, linea di ricerca a oggi predominante. La ricerca genetica convenzionale è oggi affiancata dalle nuove tecnologie molecolari. Il Centro di Ricerca per le Biotecnologie di Iwata sviluppa studi di biologia molecolare sull’interazione pianta-patogeno, identificazione di geni di difesa, mappatura e clonaggio di geni di interesse agronomico e mappatura di loci genetici complessi per tratti quantitativi (QTLs). La Repubblica Popolare Cinese sviluppa programmi di miglioramento genetico su entrambe le ssp. japonica (aree nel nord della Cina) e indica nella parte meridionale. Inizialmente l’attività di miglioramento portò alla selezione di varietà di tipo japonica da introduzioni giapponesi di germoplasma nell’isola di Formosa, i cosidetti tipi ponlai. Questi erano caratterizzati da elevata produttività, resistenza alla Pyricularia, precocità del ciclo e insensibilità a termo- e fotoperiodo, potendo essere coltivati anche a elevate latitudini. Gli anni recenti hanno visto l’attività di miglioramento genetico della Cina espandersi considerevolmente: dalla costituzione delle supervarietà, all’impiego degli ibridi, delle biotecnologie, e allo sviluppo dei risi New Plant Type, dove si sommano gli interventi della genetica convenzionale alle modificazioni genetiche Ogm. Menzione particolare deve esser fatta dello sviluppo dei programmi di miglioramento genetico all’Upland Rice Research Centre della China Agricultural University, per la costituzione di varietà produttive in condizione di terreno privo di sommersione (aerobic rice), mediante incrocio e selezione tra varietà tradizionali e risi upland. La tematica è anche oggetto di programmi di collaborazione internazionale tra Cina e Australia, con lo scopo della costituzione di varietà di riso con coltura in asciutta e resistente al freddo. L’Australia possiede una rete di ricerca sul riso sostenuta dal Governo e strettamente correlata alle necessità dell’industria, la RIRDC (Rural Industries Research & Development Corporations, che ha come maggiori obiettivi lo sviluppo di varietà competitive per il mercato, con tolleranza a stress biotici e abiotici, con maggior interesse sulla resistenza al freddo nelle prime fasi dello sviluppo della pianta.
Ricerca internazionale
• Rilevante importanza hanno i grandi
centri di ricerca nel Sud del mondo: primo l’IRRI nelle Filippine, il più antico e grande centro di ricerca sul riso a livello mondiale (www.irri.org). L’IRRI è un’istituzione che data quasi mezzo secolo ed è servita come modello di base per la costituzione, nel 1971, di una rete mondiale di ricerca che comprende 15 centri di ricerca, a formare il CGIAR (Consultative Group on International Agricultural Research)
• Nel continente africano si è
sviluppato il WARDA (West Africa Rice Development Association), nato nel 1970 a opera di 11 Paesi dell’Africa occidentale, sotto l’egida della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), dell’UNDP (United Nations Development Program) e dell’ECA (Economic Commission for Africa), conta oggi 21 Paesi partecipanti. Dal 2003 il suo nome è stato cambiato in The Africa Rice Centre (www.warda.cgiar.org)
• In America latina opera il CIAT (Centro Internazionale per l’Agricoltura Tropicale) con sede in Colombia (www.ciat.cgiar.org), anch’esso centro del CGIAR
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ricerca Dall’altro capo del mondo, nell’America del Nord, l’attività di miglioramento genetico partì con l’inizio del XX secolo nella Stazione di Crowley in Louisiana. Stazioni sperimentali della rete USDA-ARS anche in altri Stati risicoli (Arkansas, California, Texas) si svilupparono verso la costituzione di varietà diversificate per tipologia di granello, lunghezza del ciclo, tolleranza al freddo, ma con predominanza di alcune caratteristiche quali la taglia bassa, il portamento compatto, la foglia eretta e la resistenza a Pyricularia. Notevole è il contributo dato dall’Unità di Ricerca di Beaumont (Texas) per lo sviluppo di varietà caratterizzate da geni di resistenza ad ampio spettro alla Pyricularia (geni Pi). L’importanza del riso come coltura agraria è sottolineata dalla presenza – anche in Europa – di centri di ricerca dedicati al riso, dei quali il più importante è il CIRAD (Centro Internazionale di Ricerca e sviluppo in Agricoltura) di Montpellier (F), corrispondente dell’IRRI per la banca del germoplasma di riso (www.cirad.fr). In Italia sono due le organizzazioni che si occupano di ricerca sul riso: l’Ente Nazionale Risi (www.enterisi.it) e il Ministero dell’Agricoltura, che contribuì alla fondazione della Stazione sperimentale di risicoltura all’inizio del XX secolo quale principale ente di ricerca per il miglioramento genetico del riso italiano, ora Unità di Ricerca per la Risicoltura del CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura) (www.entecra.it). Verso il 1940 iniziarono i programmi di miglioramento genetico considerando incroci tra le due ssp. indica e japonica. Sotto gli auspici della FAO, fu iniziata successivamente un’attività di collaborazione internazionale alla quale partecipavano Paesi dell’Asia tropicale, per uno studio coordinato al fine del miglioramento della potenzialità genetica del riso: tale programma rappresentò il primo vero impegno di collaborazione internazionale focalizzato sul riso. In questo ambito si svilupparono gli studi sulla correlazione fenotipo-produttività della pianta, con l’individuazione delle caratteristiche morfologiche determinanti per l’incremento della potenzialità genetica della produzione, dove l’introduzione del gene sd-1 per la taglia bassa costituì – come per altre specie – la rivoluzione verde del riso. Ma l’intervento prioritario nella storia del miglioramento genetico del riso nel mondo è dovuto alla nascita e allo sviluppo dell’attività dell’International Rice Research Centre (IRRI) nelle Filippine. Nato nel 1960 a opera della Ford and Rockefeller Foundation, in cooperazione con il governo di Manila, è situato a 60 km a sud della capitale, presso il campus universitario di Los Banos, e comprende una struttura complessa per la ricerca, la didattica e la logistica, e un’azienda sperimentale di circa 250 ettari. L’IRRI è un’organizzazione di ricerca autonoma e conta su uno staff costituito da 14 Paesi di Asia e Africa; la sua missione prioritaria è rappresentata dalla ricerca per l’aiuto ai Paesi poveri del mondo, per assicurare una produzione di riso sostenibile e disponibile a tutti. L’atti-
Numero delle accessioni di riso presenti nelle diverse banche del germoplasma distribuite nel mondo Banche del germoplamsa di riso*
Numero di accessioni
IRRI
107.000
CAAS (Cina)
64.000
NBPGR (India)
54.000
NIAR (Giappone)
36.000
RRI (Thailandia)
24.000
RDA (Corea)
23.000
WARDA (Africa)
20.000
NSGC (USA)
17.000
CENARGEN (Brasile)
14.000
NARC (Laos)
12.000
IITA
12.000
VIR (Russia)
5500
PGRC (Vietnam)
4800
PGRI (Pakistan)
24.000
Australia
1400
RIR (Indonesia)
1000
Totale
398.100
*IRRI = International Rice Research Institute; CAAS = Chinese Academy of Agricultural Sciences; NBPGR = National Bureau of Plant Genetic Resources; NIAR = National Institute of Agrobiological Resources; RRI = Rice Research Institute; RDA = Rural Development Administration; WARDA = Africa Rice Centre; NSGC = National Small Grains Centre; CENARGEN = Embrapa Recursos Genéticos e Biotecnologia; EMBRAPA = Empresa Brasileira de Pesquisa Agropecuaria; NARC = National Agricultural Research Centre; IITA = International Institute for Tropical Agriculture; VIR = Vavilov Research Institute of Plant Industry; PGRC = Plant Genetic Resources Centre; PGRI = PARC Plant Genetic Resources Institute; PARC = Pakistan Agricultural Research Council; RIR = Research Institute for Rice.
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miglioramento genetico vità di ricerca, sperimentazione e formazione si svolge in stretta collaborazione con tutti i Paesi produttori di riso, basando la sua presenza capillare su di un sistema di contatto attraverso le istituzioni locali. Aspetti specifici del miglioramento genetico operato dall’IRRI su riso spaziano in tutti gli aspetti connessi alla coltura: risorse genetiche, tecniche colturali, programmi di incrocio, introgressione di geni da specie selvatiche, ricerche sul riso ibrido, selezione ricorrente per l’accumulo di geni favorevoli per caratteri quantitativi (QTLs), coltura in vitro e trasformazione genetica per l’introgressione di geni alieni per caratteristiche di resistenza, fino alla applicazione della selezione assistita con marcatori molecolari (MAB, Molecular Assisted Breeding). Le varietà sviluppate dall’IRRI hanno dato una svolta alla coltura del riso nelle aree del SudEst asiatico: esse sono diffuse e coltivate in tutte le aree risicole e vengono utilizzate come parentali donatori di caratteristiche élite nei programmi di miglioramento genetico della specie.
Accessioni mondiali di riso
• Il rapporto sullo Stato delle Risorse
Genetiche Vegetali mondiali prodotto dalla FAO evidenzia la presenza di circa 400.000 differenti accessioni di riso conservate nelle banche del germoplasma distribuite nei diversi Paesi del mondo. Di queste, la maggior parte risulta presente in un numero limitato di Paesi. Oltre il 25% delle accessioni mondiali è conservata presso l’IRRI nelle Filippine e più del 60% delle rimanenti si trova presso le banche genetiche presenti in Cina, India, Giappone, Thailandia e Corea
Miglioramento genetico in Italia La risicoltura italiana ha sempre avuto come esigenza prioritaria la disponibilità di nuove varietà più rispondenti alle richieste sia colturali sia del mercato. Le ragioni che nel corso degli anni hanno determinato questa necessità hanno riguardato soprattutto l’incremento della capacità produttiva, la resistenza alle malattie (in particolar modo al brusone), la riduzione della durata del ciclo colturale, la riduzione della taglia (per migliorare il comportamento nei confronti dell’allettamento) e più recentemente gli aspetti merceologici e qualitativi del prodotto. Il miglioramento genetico del riso in Italia ha una storia molto ben definita e ricca di eventi. Il suo sviluppo, dalla fine del XIX secolo a oggi, ha portato alla costituzione di numerosissime varietà, molte Foto R. Angelini
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ricerca delle quali – costituite nel secolo scorso – sono ancora oggi coltivate e sono divenute simbolo della produzione nazionale. Oltre alla coltura nel nostro Paese, le varietà italiane sono apprezzate e coltivate dagli altri Paesi risicoli dell’area Mediterranea: Francia, Spagna, Portogallo, Grecia. La coltura del riso, iniziata probabilmente con le incursioni arabe in Sicilia nell’VIII secolo, ma realizzatasi con documentazione storica nelle aree della Pianura Padana verso la fine del XIV secolo, si è avvalsa delle fonti di germoplasma provenienti dall’area temperata orientale, dove la ssp. japonica costituisce il background genetico prioritario. Nei primi tre secoli di vita, la risicoltura italiana non conobbe distinzione di varietà: per lungo tempo venne coltivata una popolazione di forme diverse nota con il nome di Nostrale. Il periodo storico a cavallo tra la fine dell’800 e i primi decenni del ’900 può essere considerato a ragion di logica una fase storica nell’evoluzione della nostra risicoltura. Le ricerche e le attività intraprese in quegli anni sono risultate determinanti segnando una vera e propria spinta propulsiva in questo particolare settore della nostra agricoltura. I risultati ottenuti nel campo della costituzione varietale hanno di fatto aperto la strada al miglioramento genetico del riso nel nostro Paese. Tra le molteplici attività inerenti il miglioramento genetico del riso, senza dubbio la pratica dell’importazione di varietà dai Paesi esteri ha rappresentato la prima via a essere esplorata. A indirizzare il miglioramento genetico in questo senso, furono fondamentali, nella prima metà del XIX secolo, le epidemie di brusone, causato dal fungo Pyricularia grisea (oryzae). Per riparare al preoccupante flagello, i tecnici, gli agricoltori, gli organismi provinciali e lo stesso Ministero dell’Agricoltura compresero la necessità di importare e tentare di acclimatare nuovi risi dall’Oriente che fossero di aiuto per l’Italia. Iniziò così l’importazione di risi robusti, dotati di capacità di resistenza al brusone
Foto L. Tamborini
Segregazioni per altezza della pianta derivate dall’incrocio Nano x Vialone (1926 circa), Museo della Stazione Sperimentale di risicoltura di Vercelli Nuove linee di riso in avanzato stadio di selezione sviluppate presso il CRA – Unità di Ricerca per la Risicoltura di Vercelli
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miglioramento genetico e in genere dotati di quei requisiti richiesti dalla coltura intensiva e dal mercato che lentamente andava aumentando d’importanza. L’enorme lavoro che seguì, e che portò all’introduzione di numerosissimi genotipi provenienti dai diversi Paesi in cui la risicoltura era diffusa, contrassegnò il XIX secolo con il termine di “secolo delle varietà”. La selezione massale, operata su tali introduzioni, portò all’identificazione di nuove “razze”, prima fra tutte il Bertone, noto come padre delle varietà di riso italiano in quanto prima vera fonte di resistenza al flagello del brusone, che risollevò le sorti della risicoltura nazionale. Le importazioni che seguirono interessarono numerosi Paesi, Giappone, Cina, Stati Uniti, Egitto, ma le numerose introduzioni si rivelarono poco adatte ai nostri climi. Curioso risulta inoltre il tentativo condotto già a quel tempo di importare varietà di riso adatte a crescere in condizioni di assenza di sommersione (la stessa tipologia che oggi viene indicata con il termine di aerobic rice), come rimedio ai problemi legati alla diffusione della malaria. Oggi gli studi in questo senso procedono guidati dalle esigenze di risparmio idrico e miglior gestione della risorsa in agricoltura. L’inizio del XX secolo fu caratterizzato da un’intensa attività congressuale sul riso. Il primo della serie fu il Congresso Risicolo di Novara nel 1901, seguito da quello di Mortara nel 1903. Qui venne dato un elenco di 41 razze di riso coltivate in Italia, completato nel 1905 a 44 razze. In questo elenco comparve per la prima volta il Chinese Originario, pietra miliare nella storia della risicoltura italiana. Attorno al 1901 il Chinese Originario era stato importato dal Giappone dal direttore delle Riserie Italiane di Trieste. Il sacco di semente venne diviso tra vari agricoltori i quali ne fecero selezioni personali tra le quali una ebbe particolare fortuna, una selezione effettuata nel 1902 da un risicoltore vercellese che in seguito divenne l’Originario. Questa varietà ebbe vita lunga restando in coltivazione fi-
Prove di acclimatazione del riso
Acclimatazione del riso in nuovi areali
• Le forti epidemie di brusone
(Pyricularia grisea) che devastarono la risicoltura italiana nella prima metà dell’800 costrinsero a intraprendere una massiccia opera di introduzione e acclimatazione di varietà di riso estere, il cui primo risultato pratico fu l’introduzione della razza Bertone
Prova preliminare di produzione di nuovi materiali genetici sviluppati presso il CRA – Unità di Ricerca per la Risicoltura di Vercelli
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ricerca no alla fine degli anni ’60, con superfici mai più raggiunte da altre varietà. Esso contribuì a risollevare le sorti della nostra risicoltura fornendo immediatamente un notevole incremento produttivo: da una produzione media di 24 q/ha nel 1905 si passò a 40 q/ha nel 1915 per arrivare, nel 1929, a 49 q/ha di media; nelle risaie nuove, scrive il Gobbetti, esso poteva arrivare a 55-60 quintali per ettaro. Nel 1912 il Prof. Novelli al Congresso di Vercelli così ricorda l’importanza del Chinese Originario: “Riteniamo di dover mettere in evidenza la provvidenziale importazione fattasi 9 anni fa di una varietà giapponese, che ha segnato nella storia della risicoltura un passo importantissimo per la grande resistenza e la grande produttività che tale varietà ha dimostrato di avere nella maggior parte delle nostre regioni risicole”. Dal Chinese Originario, singoli risicoltori trassero per selezione molte varietà interessanti: nel 1915 il Precoce 6 a ciclo più breve, così come l’Allorio e nel ’27 il Pierrot. Alcuni nomi restarono nella tradizione come il Maratelli, del 1919, e nel 1924 l’Ardito o Balilla, un riso a granello tondo ancora oggi di ampia coltivazione, che forse più di ogni altro mantiene intatta nel tempo la sua elevata capacità produttiva. I Congressi Risicoli Internazionali si susseguirono in quei primi anni del XX secolo: a Pavia nel 1906, a Vercelli nel 1912 e a Valencia in Spagna nel 1914. Le discussioni e gli interrogativi formulati, ai
Foto L. Tamborini
Pannocchie di antiche varietà di riso italiano conservate nel Museo della Stazione Sperimentale di risicoltura di Vercelli
Varietà storiche di riso italiane ottenute per ibridazione Varietà
Origine
Anno di nascita
Agostano
Nano × Chinese Ostiglia
Stazione sperimentale di Vercelli 1933
Greggio
Nano × Lady Wright
Stazione sperimentale di Vercelli 1935
Giuseppina Sampietro
Mantova × Vialone Nano
Stazione sperimentale di Vercelli 1937
Vialone Nano
Nano × Vialone
Stazione sperimentale di Vercelli 1937
Razza 77
Lady Wright × Greppi
Istituto di allevamento vegetale di Bologna 1941
Carnaroli
Vialone × Lancino
Privato 1945
Arborio
Vialone × Lady Wright
Privato 1946
Roncarolo
Lady Wright × Balilla
Privato 1948
Ribe
RB × (Balilla × RB)
Stazione sperimentale di Vercelli 1961
Roma
Balilla × Razza 77
Stazione sperimentale di Vercelli 1961
Baldo
Arborio × Stirpe 136
Ente Nazionale Risi 1964
Ringo
RB × (Balilla × RB)
Ente Nazionale Risi 1966
Volano
Stirpe 401 × Rizzotto
Società Italiana Sementi di Bologna 1966
Europa
Italpatna × Ribe
Ente Nazionale Risi 1971
Lido
Ringo × Norin 9
Società Italiana Sementi di Bologna 1976
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miglioramento genetico quali non si aveva spesso risposta concreta, e il riconoscimento della necessità di un’istituzione di riferimento che si occupasse in modo specifico dei problemi della risicoltura, portarono alla formulazione, nel Congresso di Mortara del 1903, della proposta di promuovere l’istituzione di una Stazione Risicola. Nel 1907, su proposta formale presentata dal marchese Vincenzo Ricci iniziò l’iter burocratico che portò nell’anno successivo alla fondazione della Stazione sperimentale di risicoltura e delle colture irrigue. La Stazione, alla cui costituzione contribuirono Enti pubblici e privati, ebbe un ruolo determinante nel processo dell’evoluzione varietale del riso italiano e divenne per molto tempo l’istituzione scientifica principale in Italia per il miglioramento genetico del riso. Nel primo decennio di vita della Stazione, alla Direzione si avvicendarono diversi funzionari, dei quali Giovanni Sampietro è forse il più conosciuto perché al suo nome è legato l’inizio della costituzione varietale effettuata per incrocio. Nascono le prime linee di incroci: Americano × Vialone, Americano × Chinese Ostiglia, e vengono iniziati gli incroci con un tipo di riso spontaneo che viene chiamato Nano. Proprio dall’incrocio Vialone × Nano, si orginerà la varietà Vialone Nano, che tanta fortuna ebbe e continua ad avere anche ai giorni nostri. Accanto al settore dei risi derivati dagli incroci artificiali si sviluppa il settore della selezione per linee pure, curato da Riccardo Chiappelli, che lavora soprattutto con la razza americana Lady Wright, importata dalla Stazione sperimentale nel 1925. L’importanza di Lady Wright nella storia della nostra risicoltura è notevole in quanto essa è considerata la madre dei risi italiani a granello lungo e cristallino. Questa razza, caratterizzata da elevata instabilità e continue disgiunzioni, offriva un materiale eccellente per effettuare selezione di linee con caratteristiche diverse. Essa fu la prima varietà a cariosside allungata, detta di tipo Carolina che, a seguito di selezioni e incroci con altre razze, permise la costituzione di una serie di varietà a grana lunga: Sesia e Stirpe 136, Razza 82, Rinaldo Bersani o R.B., Arborio, Razza 77 e, molto più tardi, Baldo. L’evoluzione varietale sin qui descritta si era svolta sotto la spinta della necessità di costituire varietà più produttive alle nostre latitudini, e più resistenti alle limitazioni ambientali – per esempio le basse temperature primaverili – e alle malattie. Il miglioramento genetico attuale tiene in maggiore considerazione, rispetto al passato, la stabilità produttiva, l’adattabilità a situazioni pedoclimatiche differenti e le caratteristiche qualitative del granello che fanno del riso forse una delle specie più differenziate per quanto riguarda la richiesta del consumatore e dell’industria. Il progredire degli studi genetici e le conoscenze approfondite dei geni che sono responsabili della costruzione di un ideotipo di pianta hanno prodotto una serie di varietà caratterizzate da vari tratti di importanza agronomica, a cui attingere nei programmi di incrocio e selezione.
Varietà italiane ottenute per selezione Varietà
Origine
Anno di nascita
Americano 1600
Selezione Colusa 1600
1921
Vialone Nero
Selezione da Ranghino
1904
Allorio
Selezione da Chinese Originario
1915
Maratelli
Selezione da Chinese Originario
1919
Balilla
Selezione da Chinese Originario
1924
Ardizzone
Selezione da Lady Wright
1925
Pierrot
selezione da Chinese Originario
1927
Stirpe 136
selezione da Lady Wright
1937
Sesia
Selezione da Lady Wright
1938
R.B.
Selezione da Sesia
1943
Gigante Vercelli
Selezione da Gigante inallettabile
1946
S. Andrea
selezione da Rizzotto
1961
Riso varietà Vialone Nano
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ricerca Un parziale recupero della precocità in genotipi di elevata capacità produttiva è presente nelle moderne varietà, ottenuto applicando le conoscenze di fisiologia della produzione, nella costruzione di una pianta caratterizzata da foglie strette, culmo rigido, ridotto apparato vegetativo, con elevata efficienza fotosintetica, e con aumentata capacità di utilizzo della risorsa idrica e azotata. Da non tralasciare infine l’importanza sempre crescente che le nuove tecniche di biologia molecolare e dei marcatori per il breeding assistito hanno nell’evoluzione varietale attuale. Alcuni degli aspetti principali che portano alla costituzione delle varietà attuali sono descritti in dettaglio nei paragrafi seguenti.
Miglioramento per la resistenza al freddo e per il vigore precoce
• Tra i caratteri importanti per
la risicoltura dell’area italiana, la resistenza al freddo e il vigore precoce occupano una posizione prioritaria. Difatti l’area risicola italiana principale si estende a livello del 45° parallelo, risultando quindi la zona coltivata a riso più a nord del pianeta. Le antiche varietà, caratterizzate da un ciclo lungo, erano seminate in primavera precoce e quindi soggette ai freddi primaverili. L’alta copertura di acqua aveva quindi anche una funzione protettiva, fungendo da volano termico nei confronti di abbassamenti termici improvvisi
Metodi nel miglioramento genetico Il riso costituisce la più importante coltura destinata all’alimentazione umana diretta. Sebbene la coltura sia in pratica ubiquitaria nel mondo, oltre il 92% dell’intero raccolto è ottenuto e consumato nel continente asiatico. Tuttavia, in queste aree di elevato consumo, le produzioni sono ancora basse e il divario tra la potenzialità produttiva delle cultivar e la resa reale è elevatissimo. Analogamente a quanto avviene per altre colture, il riso è meno produttivo nei suoi centri di origine rispetto ad altre aree di coltivazione. Questo fatto sembra dipendere dai fattori ambientali limitanti (stress biotici e abiotici) e alla minore disponibilità ad aggiornare i sistemi colturali e/o introdurre nuove tecniche. Un altro aspetto importante è che le varietà locali sono sovente dotate di un portamento vegetativo più vigoroso con un’elevata capacità competitiva intra e interspecifica. Qualora si intervenisse sulle varietà locali, si dovrebbe tener conto di questa competitività intrinseca da
Risaie allagate pronte per la semina
Foto D. Greppi
468
miglioramento genetico mantenere durante il processo di selezione verso una maggiore produttività. Questo fatto rende il miglioramento genetico del riso nelle zone del Sud-Est asiatico più complesso e difficoltoso di quanto non lo sia per il riso delle aree temperate, soprattutto per le aree risicole occidentali, dove l’intervento dell’agrotecnica rende la situazione colturale ottimale per la pianta. Nelle aree tropicali il miglioramento genetico deve combinare contemporaneamente resistenze a stress di varia natura, mentre negli ambienti più favorevoli con intensità luminosa elevata, dove vengono utilizzate agrotecniche avanzate, il miglioramento genetico può essere rivolto alla resa produttiva, alla resistenza all’allettamento, alla risposta nei confronti della concimazione azotata, alla qualità del granello. L’elevata competizione tra le piante nelle prime generazioni segreganti di un incrocio è uno dei più importanti fattori che influenzano la scelta del metodo di selezione. Nel riso, una quota importante della competizione tra individui è sicuramente quella per la luce, che inizia molto presto nel ciclo di sviluppo della pianta con l’accestimento, e porta gli individui più vigorosi a sottrarre spazio alle piante meno competitive. Queste, risultando più basse e più deboli, acquisiscono caratteristiche agronomicamente indesiderabili. In uno stadio di sviluppo più avanzato può manifestarsi competizione per fattori nutritivi, in particolare per l’azoto. In generale, il miglioramento genetico del riso può avvenire – con modalità convenzionali – attraverso tre strade principali: selezione da popolazioni in disgiunzione, incrocio e selezione e sfruttamento dell’eterosi. Di queste metodiche per lungo tempo è stata applicata la prima, soprattutto a carico delle introgressioni di germoplasma estero durante il periodo di acclimatazione, sostituita in seguito dall’incrocio e selezione e, più recentemente, dall’impiego degli ibridi. Pertanto, il passo iniziale nel miglioramento genetico del riso, come nelle altre specie, è il ricorso all’incrocio (ibridazione artificiale) fra due parentali recanti geni di interesse, al fine di sfruttare la ricombinazione genica per la selezione, nella risultante progenie, di individui dalle caratteristiche superiori.
Genotipo A
x
Genotipo B
F1 Inizio selezione F2
F3 Resistenza alle malattie Screening in condizioni naturali o saggi su plantula in ambiente controllato
Tipologia di granello
F4
Durata del ciclo
F5
Test preliminari di produzione
F6 Mantenimento in purezza e produzione di semente certificata
Altezza e architettura della pianta
Valutazioni qualitative e merceologiche
F7
VARIETÀ Schema del processo di breeding convenzionale
Ibridazione artificiale Nei programmi di miglioramento genetico si ricorre alla tecnica di ibridazione controllata (artificiale) con il preciso obiettivo di concentrare all’interno della progenie i geni provenienti da due differenti genitori. Attraverso tale operazione si assiste alla creazione di nuova variabilità su cui poter successivamente operare con la fase di selezione, sfruttando gli eventi di ricombinazione e segregazione a cui vanno incontro i geni a partire dalla generazione F2 e nelle generazioni successive. In questo ambito la disponibilità di tecniche di ibridazione efficienti può di fatto condizionare quelli che sono i tempi per il rilascio di nuovi genotipi. La complessità delle operazioni che si riscontrano nell’esecuzione degli incroci controllati aumenta passando dalle specie dioiche a quelle monoiche e, 469
ricerca nell’ambito di queste ultime, tra quelle autoincompatibili a quelle autocompatibili con fiori unisessuali fino a quelle con fiori ermafroditi come appunto il caso specifico del riso. Il riso, così come altri cereali, è considerato una specie a fecondazione prevalentemente autogama in cui però la percentuale di allogamia (ibridazione naturale) può raggiungere in alcune varietà e in condizioni particolari anche il 10%. Oltre ai problemi legati alla biologia riproduttiva degli organi fiorali, l’esecuzione dell’incrocio artificiale può trovare alcune difficoltà anche strettamente di tipo tecnico-pratico dovute per esempio alle ridotte dimensioni delle spighette, difficoltà che possono essere superate grazie all’acquisizione di un buon grado di manualità da parte dell’operatore. Tutte le diverse tecniche di ibridazione si basano essenzialmente sull’emasculazione delle spighette del genitore scelto come portaseme (genitore femminile), eliminando così la situazione di ermafroditismo che caratterizza il fiore del riso. Le fasi temporali in cui si sviluppa la pratica dell’incrocio sono rappresentate da: toelettatura, emasculazione e impollinazione. Tra le tecniche, le maggiori variazioni si riscontrano nella fase relativa all’emasculazione: essa può avvenire per asportazione oppure per devitalizzazione degli organi (antere) o dei gameti maschili (polline). Il metodo, definito classico, applicato per la prima volta in Italia da Sampietro nel 1925, consiste nel tagliare
Schema dell’ibridazione artificiale 1) La pannocchia viene ridotta per eliminare i fiori non adeguatamente sviluppati (a = arretrati, b = sviluppo corretto, c = passati) 2) Aspetto della pannocchia ridotta 3) Ciascun fiore viene poi tagliato in modo da asportare la calotta. La castrazione consiste nell’asportare, con una pinzetta, le 6 antere, avendo cura di non lacerare le due piumette del gineceo 4) Dalle piante paterne di estrae il polline, scuotendo le pannocchie su un foglio di carta 5) Con un pennello si lascia cadere qualche granello di polline in ciascun fiore castrato 6) La pannocchia fecondata viene infine protetta con un sacchetto di carta oleata
Schema del procedimento di ibridazione artificiale secondo la metodologia utilizzata da Sampietro presso la Stazione Sperimentale di risicoltura di Vercelli
a
b
c 1
2
3
4
5
6
470
miglioramento genetico
Tunnel per l’allevamento dei parentali Emasculazione manuale delle piante portaseme
più o meno trasversalmente mediante l’impiego di forbicine una porzione delle glumelle appena al di sopra delle antere, in modo da esporre le medesime senza ricorrere alla divaricazione come invece avviene per il frumento. L’operazione viene condotta solamente sui fiori ritenuti allo stadio ottimale, ovvero che presentino le antere a metà della cavità fiorale quando osservati in controluce. La scelta del momento in cui eseguire l’emasculazione risulta molto importante: se l’operazione viene eseguita troppo anticipatamente il fiore risulta ancora immaturo e può venire compromessa la ricettività dello stigma, mentre se eseguita in ritardo aumenta il rischio di autofecondazione. Dalla pannocchia vengono rimosse le spighette apicali normalmente già fiorite e quelle basali ancora immature. Procedendo in questo modo restano sulla pannocchia circa 40-50 fiori (in funzione delle dimensioni del panicolo) che possono essere così emasculati. L’asportazione delle 6 antere avviene tramite l’impiego di pinzette a punta ricurva, prestando particolare attenzione per non lacerare le pareti delle antere e aumentare così il rischio di autofecondazione. Dopo la castrazione del fiore, le pannocchie operate vengono racchiuse in un sacchetto di carta trasparente al fine di evitare impollinazioni indesiderate. Nel periodo compreso tra alcune ore fino a un massimo di un giorno, viene eseguita l’impollinazione, utilizzando il polline prodotto dal parentale scelto. Le pannocchie vengono prelevate o dalle piante impollinatrici allevate in vaso o viceversa raccolte direttamente in campo. L’impollinazione controllata può avvenire mediante l’utilizzo di polline isolato, antere o pannocchie. Nei primi due casi il polline o le antere vengono raccolti direttamente dalle pannocchie in antesi e successivamente distribuiti sui fiori castrati. In entrambi i casi si tratta di un metodo laborioso adatto perciò per un limitato numero di incroci. Il metodo maggiormente diffuso, perché più rapido e di facile attuazione, risulta invece l’impiego diretto delle pannocchie in fioritura, le quali possono venire inserite direttamente insieme alla pannocchie portaseme nel medesimo sacchetto
Isolamento delle pannocchie operate, fondamentale per garantire la riuscita dell’incrocio evitando fecondazioni accidentali con polline estraneo
Ibridazione artificiale
• Le tecniche di ibridazione artificiale
utilizzate nel riso prevedono l’emasculazione delle spighette appartenenti alla pannocchia del genitore portaseme, attraverso l’asportazione delle antere o la loro devitalizzazione mediante agenti fisici e la successiva impollinazione con polline del genitore maschile
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ricerca o viceversa si ricorre allo scuotimento delle stesse al di sopra di quelle precedentemente emasculate. Un secondo metodo di castrazione risulta quello messo a punto nel 1933 da Van der Meulen nel quale, successivamente al taglio delle glumelle, la rimozione degli stami avviene attraverso l’aspirazione mediante una pipetta Pasteur collegata a una pompa da vuoto. Dal 1973 tale metodologia risulta applicata in modo sistematico presso l’IRRI nelle Filippine, dove annualmente vengono realizzate diverse migliaia di ibridazioni. Oltre ai metodi che prevedono la castrazione dei portaseme mediante rimozione delle antere, esistono tecniche alternative che prevedono la devitalizzazione del polline attraverso l’impiego di trattamenti termici, in grado di devitalizzare i granuli pollinici senza ledere la fertilità del gineceo. I trattamenti termici utilizzati si distinguono a seconda che prevedano l’impiego di acqua fredda o calda: quest’ultimo è il più diffuso perché più efficace come agente sterilizzante. Operativamente l’emasculazione si realizza immergendo direttamente la pannocchia in acqua calda contenuta in un apposito recipiente termostatato. Nel caso specifico del riso sono state messe a punto diverse combinazioni tra temperatura utilizzata e tempo impiegato per il trattamento. In generale la combinazione più utilizzata risulta quella che prevede il trattamento della pannocchia con 43-43,5 °C per 4-5 minuti. Dopo il trattamento si realizza l’apertura temporanea dei fiori pronti per essere fecondati, mentre quelli che restano chiusi, perché immaturi o già fecondati, possono essere facilmente individuati e asportati dalla pannocchia. In generale la castrazione mediante l’acqua calda o il vuoto consente una maggiore efficienza in termini di numero di semi ibridi ottenuti nell’unità di tempo rispetto a quella manuale. Di contro quest’ultima non richiede l’uso di una strumentazione particolare e inoltre, se eseguita da personale competente, può fornire ugualmente buoni risultati. È evidente pertanto come la scelta della tecnica di ibridazione più appropriata risulti derivata da una serie di fattori: ambiente in cui si opera, esperienza dell’operatore e numero di incroci che si intende realizzare.
Apparato con pompa da vuoto per l’emasculazione mediante aspirazione delle antere dalle piante portaseme
Incrocio e selezione In generale, i progressi della selezione genetica sono legati alla presenza di variabilità nelle popolazioni disponibili da cui trarre i parentali per l’incrocio iniziale. Questa, a sua volta, è influenzata dalla storia selettiva del germoplasma prevalente nella popolazione. Le specie cereali – e tra queste anche il riso – sono caratterizzate dal possedere una grande variabilità genetica per caratteri morfologici, biochimici e fisiologici. L’impiego pratico di questa variabilità, teso al perfezionamento delle caratteristiche qualitative, produttive e agronomiche, ha permesso l’ottenimento di risultati positivi. Il riso inoltre, che come detto è coltivato in pressoché tutte le aree rurali del mondo, a latitudini molto diverse, esplica nel genere Oryza un’enorme potenzialità genetica.
Pannocchia risultante dall’incrocio
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miglioramento genetico Per citare uno degli esempi più interessanti a questo proposito, si può ricordare la costituzione di varietà di riso NERICA a opera del citato WARDA, istituto di ricerca africano. NERICA deriva da incroci tra O. sativa – da cui prende la produttività – con O. glaberrima, la specie che si è differenziata nel continente africano, dalla quale prende adattabilità all’ambiente di coltivazione, ciclo più breve, tolleranza a stress biotici e abiotici. Oltre a questi caratteri, da O. glaberrima derivano le proprietà organolettiche. La elevata sterilità e le problematiche legate all’incrocio iniziale sono state superate grazie all’intervento della tecnica degli aploidi con la coltura di antere (vedi successivamente); impiegando il backcross su O. sativa, per ridurre gli effetti indesiderabili della maggior parte degli alleli negativi di O. glaberrima, sono state ottenute linee fissate, completamente fertili, contenenti circa il 12% di genoma O. glaberrima nel background di O. sativa. A queste linee iniziali è stato dato il nome di NERICA (New Rice for Africa). Le varietà derivate da questo incrocio interspecifico e migliorate, rilasciate ufficialmente in Costa d’Avorio, Uganda e Nigeria, stanno diffondendosi nell’areale africano con grande successo, sia nelle zone di montagna sia nelle terre irrigate. In alcuni casi i risi NERICA si sono dimostrati superiori in produttività rispetto alle varietà di O. sativa, con gran soddisfazione dell’agricoltura locale.
Metodi di selezione del riso
• Riguardo al riso, le metodologie
di selezione più utilizzate dai breeder risultano: il metodo pedigree, il metodo bulk (o popolazione riunita), il metodo SSD (Single Seed Descent) e il reincrocio (backcross)
Selezione con il metodo pedigree
• Si basa su una selezione visiva che
mira a scegliere nella popolazione segregante i tipi migliori per i caratteri ricercati. È particolarmente efficace per i caratteri ad alta ereditabilità come altezza della pianta, ciclo colturale, tipologia di pannocchia ecc. La selezione condotta per caratteri a bassa ereditabilità come la produzione e le sue componenti risulta invece difficoltosa a seguito della notevole influenza esercitata dall’ambiente su questi caratteri
Metodi di selezione Tradizionalmente, sia per le aree tropicali sia per quelle temperate, il metodo di selezione adottato per il miglioramento genetico del riso è il bulk. Sebbene di semplice e diffuso impiego, il metodo bulk non è considerato di particolare successo. Infatti, in generale, non si sono ottenuti apprezzabili guadagni nella produttività; sembra che il maggiore svantaggio da esso presentato sia dovuto al forte effetFoto D. Gangemi
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ricerca to di competizione nelle generazioni segreganti, cosa che elimina, nelle popolazioni riunite, molti genotipi potenzialmente interessanti quando allevati in coltura pura. Il suo impiego è ora molto limitato, modificandolo in funzione di una riduzione della competizione tra le prime generazioni segreganti nelle prime fasi della selezione. Il metodo di selezione basato sul reincrocio risulta particolarmente utile nel caso si identifichi un carattere ben specifico da trasferire, come per esempio un gene di resistenza, da trasferire in una varietà migliorata, che viene ripetutamente impiegata come genitore ricorrente. L’impiego del reincrocio, associato all’analisi molecolare utilizzando marcatori di selezioni per il particolare tratto, può risultare particolarmente vantaggioso per geni importanti quali per esempio geni di resistenza a Pyricularia. Il metodo pedigree è stato in generale il più largamente impiegato con successo nel miglioramento genetico del riso, sebbene presenti anch’esso alcuni svantaggi. Infatti questo metodo richiede un forte impegno di tempo, in quanto le linee di selezione devono essere valutate in campo singolarmente. Alle osservazioni fenomorfologiche devono essere inoltre associati particolari test di qualità al granello, test di resistenza alle principali malattie e valutazione di altri caratteri. Per questi motivi si comprende come tale metodo, soprattutto nelle zone temperate, venga in realtà attuato con parecchie modifiche per semplificare la valutazione. Infine, una specifica menzione si deve all’impiego della maschiosterilità e alla selezione ricorrente nelle popolazioni. Nel riso, pianta strettamente autogama, il ritrovamento di fonti di maschio-sterilità genetica e genetico-citoplasmatica ha consentito l’applicazione di una schema di incrocio e selezione ricorrente con sfruttamento della ricombinazione genetica e dell’eterosi. Lo schema operativo prevede l’incrocio naturale tra un genotipo maschio-sterile – che possiede geni inducenti la maschio-sterilità – e genotipi donatori
Selezione con il metodo bulk o a popolazione riunita
• Consente di posticipare la scelta dei
tipi migliori quando i genotipi hanno raggiunto un sufficiente grado di omozigosi (F5-F6) facendo affidamento sull’azione selettiva esercitata dall’ambiente
Selezione con il metodo SSD
• Consente di ovviare ai problemi del
metodo pedigree relativi alla selezione eseguita in F2 su materiali altamente eterozigoti, rinviando tale selezione fino alla F5-F6. Rispetto al metodo bulk anziché raccogliere un pool di semi che verranno riseminati l’anno seguente, nel SSD il passaggio tra una generazione e quella successiva avviene raccogliendo un singolo seme per ciascuna pianta F2. In questo modo risulta possibile portare avanti un elevato numero di genotipi per generazione
Selezione con reincrocio o backcross
• È considerato come la migliore
strategia per l’introduzione di uno o pochi geni all’interno del genoma di una varietà o linea dall’elevato valore agronomico, ma deficitaria per alcuni caratteri. Nel riso tale metodologia risulta ampiamente sfruttata per l’introgressione di caratteri come resistenza alle malattie o agli insetti Linee di riso in selezione (metodo pedigree) presso il CRA di Vercelli
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miglioramento genetico di caratteri favorevoli. In F2 si ottiene una popolazione in cui, per effetto della fecondazione incrociata spontanea, viene forzata la ricombinazione tra fattori genetici di varia origine. È quindi possibile selezionare successivamente, per più cicli ricorrenti, piante che riuniscano le caratteristiche favorevoli conferite dai donatori. Il ricorso alla selezione ricorrente risulta particolarmente indicato qualora le varietà richieste debbano possedere una serie di caratteristiche che difficilmente possono essere riunite in un solo individuo tramite metodi di selezione tradizionali.
Ibridi
• L’introduzione della coltivazione di
ibridi di riso è avvenuta per la prima volta in Cina nel 1974
• Sempre in Cina, le varietà di riso
ibrido hanno consentito mediamente l’ottenimento di rese produttive unitarie superiori del 15-20 % rispetto ai rendimenti delle migliori varietà tradizionali
Ibridi Il fenomeno dell’eterosi principalmente noto nel mais è presente anche in altri cereali, riso compreso. Circa un terzo della popolazione mondiale basa il suo sostentamento sul riso: per questa ragione, una produzione che assicuri cibo ed energia è di primaria importanza per la sopravvivenza di molti Paesi in via di sviluppo. Il modo forse più eclatante per aumentare la resa produttiva deriva dall’impiego degli ibridi, per ottenere i quali si incrociano due genotipi parentali molto distanti geneticamente. Gli ibridi F1 derivati da incrocio tra due linee geneticamente diverse esprimono eterosi, o vigore ibrido, per caratteristiche agronomiche la maggior parte delle quali sono componenti principali della produzione: la lunghezza della pannocchia, il numero di pannocchie per pianta, il numero di granelli per pannocchia, il peso dei semi, la lunghezza del ciclo vegetativo, lo sviluppo dell’apparato radicale ecc. A causa dell’eterosi, le varietà ibride producono in media dal 10 al 40% in più delle migliori varietà convenzionali. In generale, le combinazioni F1 tra genotipi appartenenti alla ssp. indica presentano valori di eterosi superiori a quelli espressi tra genotipi japonica. Il riso ibrido è derivato principalmente da incroci tra varietà indica differenti, e, in misura
• In Cina la superficie annuale destinata
alla coltivazione di varietà di riso ibride è passata da 0,14 milioni di ettari nel 1976 a circa 15 milioni di ettari nel 2007, ricoprendo quasi la metà della superficie complessiva destinata alla coltivazione del riso
• L’impiego delle varietà ibride ha
permesso l’incremento della media produttiva nazionale che è passata da 3,5 t/ha alle attuali 6,2 t/ha
Parcelle di prova produzione al CRA di Vercelli
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ricerca molto inferiore, tra varietà japonica. Questo fatto è probabilmente da ricollegarsi alla maggiore variabilità genetica presente nel germoplasma indica rispetto al japonica, o anche alla maggiore pressione selettiva subita da quest’ultimo, che ha cumulato più fattori positivi in un minor numero di genotipi. Ovviamente, per molto tempo si è tentato di creare varietà ibride tra japonica e indica, ma la strada non è risultata percorribile in quanto l’incrocio è caratterizzato da elevata sterilità e, di conseguenza, da scarsissima produzione. Negli anni ’70, la Cina per prima introdusse varietà ibride di riso, con l’opera pionieristica del Centro Nazionale Cinese di Ricerca per il Riso Ibrido e lo Sviluppo, di Hunan. Da allora, la coltivazione del riso ibrido è cresciuta costantemente, e oggi impegna più di 30 milioni di ettari, che rappresentano circa la metà dalla superficie totale coltivata a riso. Il seme ibrido di riso viene prodotto usando un sistema a tre linee: una linea maschio sterile (A), una linea di mantenimento (B) e una linea ristoratrice (R). La linea A viene utilizzata come portaseme per incrocio con la linea R, per la produzione del seme F1. La linea A è moltiplicata per impollinazione con la linea B di mantenimento, incrocio che produce nuovamente seme maschio sterile. L’aumento di resa nella produzione è tale da giustificare ampiamente in Cina l’impiego di questo sistema abbastanza complesso per la produzione di seme ibrido. Con l’intervento dell’IRRI (Istituto di Ricerca Internazionale sul Riso) di Manila, Filippine, le varietà di riso ibrido sono state recentemente introdotte in altri Paesi nella fascia tropicale: India, Bangladesh, Brasile, Vietnam e Thailandia. La superficie coltivata con le varietà ibride sta gradualmente aumentando, sostituendo le varietà tradizionali a resa significativamente inferiore. Recentemente, in Cina è stato sviluppato un sistema completamente innovativo per la costituzione degli ibridi, che ha portato allo sviluppo di un nuovo materiale genetico indicato con il termine di Super-Ibrido. Tale varietà è originata dall’incrocio tra sottospecie indica, japonica e javanica, così da superare la barriera della sterilità. Al posto del sistema tradizionale delle tre linee A, B e R, il riso Super-Ibrido è derivato dall’incrocio tra due linee: una linea maschio-sterile sensibile al fotoperiodo, e una linea normale che funge da parentale maschile. La linea sensibile al fotoperiodo maschio-sterile mostra il 100% di sterilità in condizioni di giorno corto e bassa temperatura. Il seme ibrido viene prodotto in primavera crescendo tale linea maschio-sterile, insieme al parentale impollinatore. Il seme ibrido è raccolto dalle piante portaseme e utilizzato per le semine. Nella maggior parte della Cina, il riso è trapiantato in tarda primavera o inizio estate così che, al momento della fioritura, si hanno condizioni di giorno lungo e di temperatura permissiva e le piante diventano fertili. Come atteso, il riso SuperIbrido ha una resa più elevata, a causa dell’aumentato vigore ibri-
Ibridi Arize®
• Particolarmente interessante è il
nuovo gruppo di ibridi Arize® di Bayer CropScience, adattabili a diverse condizioni agroclimatiche e alle diverse esigenze del mercato. Tali ibridi sono caratterizzati da un’elevata purezza e germinabilità delle sementi, consentono un aumento della produttività media di circa il 20% rispetto alle normali varietà non ibride e presentano ottimi caratteri qualitativi e organolettici della granella. Gli ibridi Arize® sono oggi coltivati in 7 Paesi (Pakistan, Bangladesh, Vietnam, Filippine, Indonesia, Thailandia, India); nel 2011 si prevede una diffusione in oltre 11 Nazioni, corrispondenti al 70% della superficie mondiale coltivata a riso
• Lo sviluppo e la diffusione degli ibridi
Arize® sono fortemente supportati da: Food Agricolture Organisation of The United Nations (FAO), International Rice Research Institute (IRRI), IRRI Hybrid Rice Research and Development Consortium (IRRI-HRDC), United Nations Development Programme (UNDP) e Asian Development Bank (ADB)
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miglioramento genetico do. All’Istituto Nazionale di Ricerca sul Riso di Hang-zhou in Cina, il riso Super-Ibrido produce 120-130 q/ha, circa 1,5-2 q/ha in più a confronto con i migliori ibridi tradizionali. Caratteristica importante del Super-Ibrido è il portamento eretto delle foglie, carattere già identificato nel mais, che rappresenta l’ideotipo di una pianta adatta a trarre il maggior vantaggio dall’irraggiamento solare e dagli scambi gassosi con l’atmosfera. Con tali caratteristiche la pianta acquista un apparato fotosintetico più efficiente e pertanto risulta più produttiva. Il riso Super-Ibrido è un perfetto esempio di innovazione genetica con metodologie tradizionali e deriva da un lavoro di miglioramento genetico durato circa 10 anni. Introgressione di geni utili da specie selvatiche L’ampia variabilità genetica presente nel genere Oryza offre una fonte di geni di resistenza di inestimabile valore, la maggioranza dei quali però non può essere di diretto impiego nei programmi di miglioramento genetico in quanto le specie di Oryza portatrici dei geni di interesse non sono sessualmente compatibili con O. sativa. In sostanza, solo le Oryza caratterizzate dall’avere il genoma AA possono essere incrociate tra loro e permettere l’introgressione di geni alieni mediante metodologia convenzionale. Pertanto la O. sativa può essere facilmente incrociata con O. nivara, O. longistaminata e O. perennis, per l’introgressione di geni di resistenza specifici, recuperando poi le caratteristiche di O. sativa con ripetuti reincroci sul parentale O. sativa. Esempi che afferiscono a questi processi sono importanti pietre miliari nella storia del miglioramento genetico del riso. Il primo esempio di introgressione di un gene di resistenza è stato, negli anni ’70, il trasferimento della resistenza al grassy stunt virus (RSGV) da O. nivara a O. sativa mediante incrocio della specie selvatica con le cultivar ssp. indica IR8, IR20, IR24. I successivi reincroci e selezione delle linee resistenti hanno portato al rilascio delle varietà migliorate IR28, IR29 e IR30, seguite più tardi da altre varietà come IR32, IR34 e IR36. Da quel momento in poi il gene di resistenza è stato sempre incorporato nelle varietà costituite dall’IRRI di Manila. In analogia, un altro gene di resistenza, presente in O. longistaminata, è stato incorporato in O. sativa, la resistenza al brusone batterico (bacterial blight, BB), causato dal batterio Xanthomonas oryzae, che causa vere e proprie epidemie nel Sud-Est asiatico. Mediante incrocio, selezione e successivo reincrocio sul parentale O. sativa cv IR24, il gene di resistenza, Xa-21, è stato incorporato in varie cultivar; il gene conferisce resistenza a un ampio spettro di patotipi di BB presenti nelle Filippine. Esistono in letteratura molti altri esempi di introgressione di geni alieni in O. sativa anche dalle specie selvatiche caratterizzate da altri corredi genetici (BB, CCDD, EE, FF e GG), ma nella maggioranza dei casi le introgressioni hanno avuto problemi nell’essere mantenute in varietà coltivate.
Sintomi del brusone batterico causato da Xanthomonas oryzae
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ricerca Tecnica dei diplo-aploidi Un contributo importante nel miglioramento genetico dei cereali è derivato dallo sviluppo di individui diplo-aploidi a partire da coltura di antere. Attraverso tale tecnica si possono infatti ottenere piante perfettamente omozigoti per rigenerazione diretta dalle microspore (gameti maschili), accelerando il processo di rilascio di nuove varietà. L’ottenimento di tali materiali può avvenire sia attraverso l’impiego di metodi convenzionali, come per esempio nell’orzo attraverso lo sfruttamento del gene hap, sia in vitro mediante coltura di antere o ovari immaturi. Fin dall’inizio dell’applicazione delle moderne tecniche di miglioramento genetico, numerosi sforzi sono stati condotti per accelerare nel tempo la produzione di linee con un elevato grado di omozigosi. Nel riso, così come per altri cereali autogami, occorrono normalmente 5-6 generazioni di autofecondazione dopo l’incrocio, per ottenere un sufficiente grado di omozigosi. Con la coltura di antere espiantate partendo da ibridi F1 è possibile in 1-2 generazioni ottenere linee completamente omozigoti per tutti i caratteri. Dopo i primi ritrovamenti accidentali descritti da Guha e Maheshwari nel 1964, e i primi individui aploidi ottenuti nel riso da Niizeki e Oono nel 1968, nel corso degli anni si è assistito a un impressionante sviluppo di tale tecnica nei laboratori di tutto il mondo. L’applicabilità e lo sfruttamento di tale metodologia nei programmi di miglioramento genetico di una specie risulta funzione della risposta che questa è in grado di dare una volta posta nelle condizioni di coltura in vitro. Tra le diverse specie cerealicole, il riso risulta quella più rispondente, e questo fatto ha permesso un impiego estensivo della tecnica. La risposta in vitro è strettamente genotipo-dipendente: in generale la frequenza di rigenerazione risulta più elevata nelle varietà appartenenti alla ssp. japonica rispetto a quelle della ssp. indica. La frequenza di rigenerazione viene inoltre influenzata da diversi aspetti come: la
Tecnica della coltura di antere
• La tecnica della coltura di antere
con la rigenerazione di piante derivanti da microspore – aploidi o diplo-aploidi – è largamente utilizzata per vari scopi: la rigenerzione di piante da microspore segreganti, per l’esplorazione della variabilità genetica e la immediata fissazione in stato omozigote dei caratteri acquisiti, e per la rigenerazione di piante derivanti da incroci interspecifici
• Il principale vantaggio che deriva
dall’impiego di questa tecnica di miglioramento genetico risulta l’estrema rapidità con cui si ottengono genotipi completamente omozigoti permettendo una rapida e veloce selezione dei fenotipi
Tecnica della coltura di antere
Induzione di callo da microspore
Calli da microspore in rigenerazione
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Plantule rigenerate in vitro
miglioramento genetico qualità delle piante in cui viene condotto l’espianto, le condizioni colturali di crescita e lo stato fitosanitario. La rigenerazione di individui diplo-aploidi avviene attraverso un processo spontaneo di diploidizzazione del corredo genetico delle microspore che, nel caso di individui F1, presentano tutta la variabilità genetica della ricombinazione; non tutti i rigenerati da vitro sono diploidi e, in tal caso, si presentano sterili o albini. Questo aspetto peculiare è funzione della specie e del genotipo: tra i cereali, l’orzo presenta la percentuale più elevata di raddoppiamento spontaneo, pari all’87%, seguito dal riso con un valore superiore al 72%, dal grano con il 50% e infine dal mais con solo il 6,3%. La tecnica, di particolare efficacia, è correntemente impiegata nei programmi di miglioramento genetico dell’IRRI (Filippine). In Australia si è ricorso alla coltura di antere per ottenere genotipi DH di riso in grado di esprimere tolleranza alle basse temperature, uno dei principali problemi che condizionano la risicoltura di questo Paese. La coltura in vitro ha permesso di accelerare il rilascio di tali genotipi partendo da antere espiantate da individui F1 ottenuti incrociando varietà di riso australiane sensibili al freddo come Doongara e Amaroo con genotipi di riso appartenenti alla specie Oryza rufipogon introdotti dalla regione dello Yunnan in Cina e caratterizzati dal possedere elevata tolleranza alle basse temperature durante la fase riproduttiva. L’ottenimento di linee diploaploidi nel riso risulta inoltre utile per lo sviluppo di mapping populations sulle quali applicare studi di tipo molecolare con particolare riferimento ai caratteri di tipo quantitativo. Recentemente, molte ricerche hanno impiegato popolazioni diplo-aploidi per costruire mappe genetiche e localizzare QTL. Per esempio, attraverso la costruzione di una mappa di linkage in una popolazione diplo-aploide è stato possibile localizzare la presenza di due QTLs localizzati sui cromosomi 9 e 11 in grado di regolare il portamento più o meno eretto del culmo del riso. Altri studi simili hanno portato invece all’individuazione di QTLs per la lunghezza dell’ultimo internodo, per l’altezza della pianta, per l’intervallo semina-fioritura e per alcuni caratteri relativi alla produzione. In generale, numerose varietà, la maggior parte delle quali appartenenti alla ssp. japonica, sono state ottenute mediante l’impiego di tale tecnologia in Cina, Corea, Giappone e Stati Uniti.
Settori di impiego della tecnica dei diplo-aploidi
• L’importanza dell’impiego della tecnica
dei diplo-aploidi nel miglioramento genetico del riso è legata alla capacità di rilasciare rapidamente nuove varietà recanti caratteri agronomici migliorati, quali: la precocità del ciclo colturale, l’aumento della dimensione del granello, la riduzione della taglia, la resistenza a malattie, nonché la tolleranza a stress ambientali come il secco, le basse temperature o l’eccesso di sale
Miglioramento genetico per caratteri principali L’ideotipo moderno della pianta di riso è chiaramente dipendente da diversi fattori. Nell’area temperata occidentale le condizioni colturali, la meccanizzazione e le richieste del mercato e dell’industria hanno direzionato il miglioramento genetico verso una tipologia di pianta con caratteristiche fenotipiche ben definite, alcune delle quali sono sempre presenti nelle nuove
Pianta DH rigenerata
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ricerca varietà, indipendentemente dalla tipologia e qualità del granello. Esse sono riconducibili ai seguenti caratteri: produzione e sue componenti, architettura della pianta, durata del ciclo colturale, resistenza alle malattie, tolleranza a stress ambientali, qualità del granello.
Miglioramento genetico per produzione
• Nel corso della storia che ha
Miglioramento genetico per la produzione e sue componenti Nel riso, come negli altri cereali, il potenziale produttivo può essere definito come la produzione ottenuta da una data varietà quando questa si viene a trovare in condizioni ambientali favorevoli, dove acqua e nutrienti non sono fattori limitanti e malattie, parassiti e stress abiotici risultano efficacemente controllati. Nei cereali la produzione rappresentata dal quantitativo di granella prodotta per unità di superficie risulta scomponibile in una serie di fattori o componenti il cui singolo contributo concorre alla determinazione del valore finale. In generale per il riso vengono identificate come determinanti la produzione le seguenti componenti: il numero di culmi per metro quadrato, il numero di spighette per pannocchia, la percentuale di sterilità della pannocchia e il peso unitario delle cariossidi (peso dei 1000 semi). Accanto a questi caratteri puramente legati alle componenti morfologiche della pianta, esistono altri caratteri di natura prevalentemente fisiologica che esercitano un’influenza più o meno marcata sul risultato produttivo come: la risposta nei confronti della fertilizzazione azotata, la capacità fotosintetica e l’efficienza di traslocazione dei fotosintati dalle zone di produzione (source) verso quelle di accumulo (sink). L’analisi genetica ha permesso di assegnare a tali componenti morfologiche e fisiologiche un controllo di tipo poligenico. Tali caratteri agronomici risultano inoltre caratterizzati dal possedere un basso grado di ereditabilità non sempre di facile valutazione,
contraddistinto il miglioramento genetico di questo cereale, l’aumento della capacità produttiva ha rivestito e riveste tuttora uno tra i principali obiettivi su cui indirizzare le ricerche genetiche. Gli incrementi in termini di rendimenti per ettaro che si sono realizzati in un secolo di storia del riso hanno senza dubbio alla base interventi sostanziali nel miglioramento genetico che ha permesso il rilascio di nuove varietà dalle potenzialità accresciute. Un ruolo determinante va però riconosciuto anche allo sviluppo di agrotecniche sempre più efficienti e alla disponibilità di prodotti chimici, quali fertilizzanti di sintesi e molecole ad azione erbicida, fungicida e insetticida in grado di garantire condizioni colturali ottimali
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miglioramento genetico complicata inoltre da forti influenze dovute all’interazione con l’ambiente e con le diverse pratiche colturali. Tra i caratteri su cui il miglioramento genetico ha agito nel corso degli anni, quello relativo alla taglia della pianta è senza dubbio il primo su cui si sono concentrati gli sforzi e l’attenzione dei breeder. Nel riso, così come per gli altri cereali, l’altezza della pianta risulta dipendente sia dal numero di internodi che compongono il culmo sia dall’intensità del loro allungamento durante la fase di levata. Il numero di internodi poi risulta correlato al numero di foglie, variabile tra 10 e 20 per singolo culmo, dipendente anche dalla durata del ciclo vegetativo. Come ampiamente dimostrato, la taglia alta è fortemente correlata alla suscettibilità ad allettamento. Nei principali Paesi a tradizione risicola, compreso il nostro, il germoplasma di riso su cui si è basata la produzione nei primi decenni del XX secolo era rappresentato in netta prevalenza da varietà a taglia elevata e che andavano spesso incontro a problemi di allettamento con inevitabili perdite produttive. A livello internazionale, la riduzione della taglia delle varietà di riso si concretizzò di fatto nel 1960 con quella che ancora oggi viene ricordata con il termine di green revolution. Lo scenario mondiale di quel periodo era caratterizzato da una popolazione in forte espansione a cui si contrapponeva una contrazione delle aree destinate all’agricoltura con conseguente aumento della domanda di cibo. Tale situazione di crisi portò allo sviluppo di programmi di breeding mirati all’ottenimento di nuove varietà – soprattutto di riso e frumento – dalle maggiori capacità produttive. Il principale risultato fu l’introduzione di nuove varietà con morfologia della pianta definita semi-dwarf, ovvero caratterizzate dal possedere taglia ridotta, portamento eretto delle foglie, buona resistenza alla fertilizzazione azotata e conseguentemente all’allettamento. L’applicazione diffusa di tali varietà, e il conseguente aumento dei livelli di fertilizzazione azotata applicati, ha consentito in pratica il raddoppiamento delle produzioni di riso e grano. Il primo contributo della rivoluzione verde in Asia fu il rilascio nel 1966 da parte dell’IRRI, Filippine, della varietà ssp. indica IR8, la prima varietà di riso con morfologia e sviluppo della pianta di tipo semi-dwarf. L’introduzione di tale varietà, identificata in maniera univoca con il termine di “riso del miracolo”, favorì l’aumento della produzione di riso la quale mantenne, per molti anni, una crescita del 2,4% l’anno. L’IR8 fu sviluppata attraverso incrocio tra il mutante spontaneo di origine cinese Dee-geo-woo-gen (DGWG) omozigote recessivo per il gene semi-dwarf 1 (sd1) e la varietà di origine indonesiana Peta caratterizzata da taglia elevata. Successivamente anche le varietà Taichung Native 1 (TN1), originaria di Taiwan, e Tongil, originaria della Corea, sono state sviluppate mediante incrocio con DGWG e presentano nel genoma l’allele sd1. Analogamente, lo sviluppo di mutanti semi-dwarf e il loro conseguente impiego nei programmi di breeding hanno rivesti-
16 14 Frequenza
12 10 8 6 4 2 0 70
90 110 Altezza pianta (cm)
130
Diagramma della altezza delle antiche varietà di riso
16 14 Frequenza
12 10 8 6 4 2 0 60
70
80 90 100 110 120 Altezza pianta (cm)
Diagramma della altezza delle recenti varietà di riso italiane
La rivoluzione verde portò alla realizzazione di varietà più produttive e dall’architettura diversa dalle antiche varietà tradizionali. Questo si ottenne grazie alla riduzione della taglia. Le varietà moderne sono tutte di tipo semi-dwarf (a sinistra)
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ricerca to un ruolo fondamentale per lo sviluppo della risicoltura in altri Paesi come il Giappone e in California. In questi Paesi, attraverso trattamenti mutageni mediante l’impiego di raggi gamma, è stato possibile ottenere due varietà semi-dwarf nella ssp. japonica: Reimei per il Giappone e Calrose76 per gli USA. L’impiego di queste varietà in modo sistematico nei successivi programmi di breeding ha permesso una sostanziale riduzione della taglia di circa il 25%, lasciando praticamente immutata nelle dimensioni la pannocchia. Nel 1976 – sempre all’IRRI – venne derivata da IR8 la varietà IR36 caratterizzata, oltre che dalla taglia semi-dwarf, da un ciclo di crescita di circa 20 giorni inferiore a quello del suo progenitore. In generale, i diversi mutanti semi-dwarf ritrovati e/o ottenuti sono stati ampiamente caratterizzati sia a livello genetico sia fisiologico e sono stati applicati in maniera sistematica nei programmi di miglioramento genetico del riso. La principale caratteristica legata alla presenza in forma recessiva dell’allele sd1 è un blocco parziale della via metabolica che porta alla biosintesi dell’acido gibberellico (GA), principale ormone responsabile dell’accrescimento. A livello del locus sd1 il gene SD1 è in grado di codificare per un enzima la GA20 ossidasi-2 che catalizza le ultime fasi della via biosintetica delle gibberelline. Pertanto, la ridotta o totale perdita di funzionalità dell’enzima GA20 ossidasi-2 determina una diminuzione nel contenuto in acido gibberellico causando una riduzione nell’altezza della pianta. Il meccanismo di azione dell’allele sd1 risulta differente nelle due sottospecie indica e japonica. Nelle varietà indica (come IR8) l’allele contiene una delezione di 383 paia di basi tra l’esone 1 e l’esone 2, che induce uno spostamento della sequenza generando un nuovo codone di stop. Tale allele viene pertanto considerato come un allele nullo. Nelle varietà della ssp. japonica (Jikkoku, Reimei e Clarose 76) il gene sd1 presenta la sostituzione di un singolo nucleotide, che determina la modificazione di un singolo aminoacido. In generale l’effetto determinato dal gene sd1 nel riso risulta simile a quanto avviene nel grano con il gene Rht (Reduced height), in entrambi i casi si assiste a una riduzione della taglia a cui risulta associato un significativo incremento della produzione. Pur agendo entrambi sulle gibberelline, le basi molecolari per il carattere semi-dwarf risultano differenti nelle due specie. Mentre nel riso si assiste a una perdita di funzionalità dell’enzima GA20 ossidasi-2 che determina la mancata produzione di acido gibberellico, nel grano le varietà che presentano uno o entrambi i geni Rht manifestano un’insensibilità alle gibberelline. In generale, nel riso si assiste alla presenza di numerosi mutanti sia di tipo dwarf sia semi-dwarf, e la maggior parte di queste mutazioni risulta recessiva. Recentemente, sottoponendo la varietà NL8 al trattamento con raggi gamma, è stato possibile ottenere un mutante dwarf di riso il cui gene dwarf D-53 risulta dominante. I mutanti per questo gene, oltre a possedere la taglia ridotta, presentano abbondante accestimento, pannocchie
Miglioramento genetico del riso italiano
• Nella storia del miglioramento genetico
del riso italiano, la riduzione della taglia fu subito ricercata non appena fu introdotto l’incrocio: molti incroci furono programmati utilizzando come parentale donatore del carattere taglia bassa la razza di riso “Nano”. Il Nano, caratterizzato da una taglia estremamente ridotta, fu rinvenuto nel 1912 all’interno di una risaia di Chinese Originario, probabilmente per effetto di una mutazione naturale. Dagli incroci con il Nano, si svilupparono F2 con taglia scalare in variazione continua da un estremo all’altro dei due parentali, evidenziando una azione congiunta di più geni sull’espressione del carattere
Il germoplasma antico si caratterizza per la taglia elevata
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miglioramento genetico corte e culmi sottili. Sempre nel riso, oltre ai mutanti semi-dwarf, sono stati identificati circa 61 geni dwarf differenti (da d-1 a d-60) responsabili della riduzione nella taglia della pianta. L’introduzione dei marcatori molecolari ha permesso inoltre di individuare la presenza di diversi QTLs per quanto riguarda l’altezza della pianta. Più tardi, verso gli anni ’80, i genetisti e i fisiologi dell’IRRI evidenziarono come tali caratteristiche potevano limitare futuri incrementi del potenziale produttivo. Di fatto le varietà frutto della green revolution presentavano un’elevata produzione di culmi di accestimento nella maggior parte improduttivi oltre che un’elevata presenza di foglie. Questa particolare morfologia determinava una limitazione nella dimensione del sink rappresentato da pannocchie di ridotte dimensioni. Queste considerazioni indussero a mutare nuovamente il concetto di morfologia della pianta in funzione dell’incremento del potenziale produttivo. Nacque in questo modo un nuovo modello di pianta di riso le cui caratteristiche sintetizzate nel concetto di New Plant Type prevedono: una ridotta capacità di accestimento (circa 3-4 culmi per pianta in condizioni di semina diretta), 200-250 granelli per pannocchia, altezza della pianta compresa tra 90 e 100 cm, foglie scure ed erette, apparato radicale vigoroso, ciclo medio-breve (100-130 giorni) ed elevato harvest index. Proprio in relazione a questo ultimo aspetto nei cereali la produzione risulta funzione del quantitativo di biomassa prodotta dalla pianta e dell’harvest index (rapporto tra la produzione di granella e la produzione di paglia). Incrementi produttivi possone essere ottenuti agendo sulla biomassa totale viceversa sull’indice di raccolta oppure su entrambi. Le moderne varietà di riso a portamento semi-dwarf sono in grado di produrre circa 1819 t/ha di biomassa totale con un harvest index compreso tra 0,45 e 0,50. Per aumentare l’harvest index occorre agire cercando di aumentare le dimensioni del sink attraverso l’aumento del numero
Attività di miglioramento genetico in italia
• Anche nel nostro Paese il miglioramento
genetico del riso negli ultimi decenni ha portato a una sostanziale riduzione della taglia rilasciando nuove varietà caratterizzate da un’architettura della pianta di tipo semi-dwarf. Questo è stato possibile grazie all’introduzione, attraverso programmi di breeding mirati, del gene sd-1 proveniente in prevalenza da varietà di origine americana. In un recente lavoro di caratterizzazione fenotipica del germoplasma di riso italiano condotto i CRA Unità di Ricerca per la Risicoltura di Vercelli è stato possibile evidenziare l’effetto dell’introduzione di tale gene individuando una sostanziale riduzione nella taglia. Il miglioramento di questo carattere risulta ben evidenziato se si esegue il confronto tra il valore medio delle varietà rilasciate nei primi 50 anni del secolo scorso e quello delle varietà di riso a recente iscrizione, che risulta di circa 25 cm inferiore
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ricerca di granelli per pannocchia. Recentemente, uno studio condotto mediante l’impiego di marcatori molecolari su una popolazione di 164 linee F11 derivanti dall’incrocio tra le varietà Milyang 23 e Gihobyeo ha permesso di individuare la presenza di 75 QTL per nove caratteri determinanti la produzione. Tra questi: 12 QTL sono stati identificati per il numero di pannocchie per pianta, 10 per il numero di spighette per pannocchia, 11 per il peso dei 1000 semi e 12 per la lunghezza della pannocchia. Miglioramento genetico per precocità del ciclo Nel riso, la durata dell’intervallo tra la semina e la fioritura rappresenta uno dei principali caratteri agronomici in grado di influenzare la capacità di adattamento di una varietà nei differenti ambienti di coltivazione. Per tale ragione il controllo del carattere rientra tra i principali obiettivi preposti dal miglioramento genetico di questa coltura. Appurato che l’intervallo tra la fioritura e la maturazione fisiologica si dimostra relativamente costante nelle diverse varietà, l’epoca di fioritura si dimostra determinante nel discriminare tra genotipi precoci e tardivi. In generale l’epoca di fioritura è controllata da fattori genetici e da condizioni ambientali. La sensibilità al fotoperiodo nel riso risulta uno dei caratteri più complessi, in cui spesso gli studi condotti hanno portato a risultati non sempre in accordo tra loro. Il riso è una specie a giorno corto ovvero il passaggio dalla fase vegetativa a quella riproduttiva avviene quando la lunghezza del giorno risulta inferiore al fotoperiodo critico. Esiste un ampio grado di variabilità genetica relativamente a questo carattere, passando da varietà di riso che sono insensibili al fotoperiodo fino ad altre altamente sensibili. La manipolazione della sensibilità nei confronti di questo carattere risulta fondamentale sia nelle aree tropicali sia in quelle temperate di coltivazione al fine di ottimizzare il ciclo colturale in funzione delle caratteristiche ambientali. In generale, meno sensibile risulta una varietà maggiore è il range di variazione del fotoperiodo ottimale. La maggior parte delle varietà normalmente presenta l’optimun del fotoperiodo intorno alle 9,5-11 ore. Ancora, in condizioni di luce naturale le varietà insensibili risultano quelle più precoci mentre quelle più sensibili sono le più tardive. Ai nostri livelli di latitudine (45° parallelo) le varietà migliori per quanto riguarda l’adattamento ambientale devono avere caratteristiche di insensibilità o debole sensibilità al fotoperiodo: le varietà che risultano altamente sensibili al fotoperiodo non giungono a fioritura se poste in situazioni di giorno lungo. A livello genetico, diversi geni risultano coinvolti nella risposta al fotoperiodo, e tra questi sembra che il principale sia il gene Se1 (photoperiod sensitivity 1) che si trova localizzato sul cromosoma 6 del riso. Analogamente ad altri caratteri, l’epoca di fioritura può essere considerata un carattere complesso in ragione della variabilità continua manifestata nella progenie di un determinato incrocio. Per tale ragione il controllo del carattere può
Durata del ciclo biologico del riso
• Per le zone tropicali, le varietà
insensibili al fotoperiodo presentano una durata del ciclo variabile tra 90 e 160 giorni. Per le zone risicole di areali temperati (come la Pianura Padana) la durata del ciclo va da 110 a 180 giorni. L’esigenza di ottenere varietà di riso a ciclo precoce (<135 giorni) è legata al loro possibile impiego in semina ritardata dopo i trattamenti di controllo del riso crodo. Questa particolare esigenza ha determinato anche nel nostro Paese il rilascio di numerose varietà di riso caratterizzate dal possedere cicli colturali precoci se non in alcuni casi precocissimi (<125 giorni). L’importanza che rivestono tali varietà nella nostra risicoltura è poi confermata dall’analisi delle superfici coltivate: tra le prime cinque varietà più diffuse in Italia, ben quattro – Gladio, Selenio, Centauro e Loto – sono a ciclo colturale precoce
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miglioramento genetico essere spiegato solamente da un controllo di tipo poligenico. Lo sviluppo della genetica molecolare degli anni recenti ha permesso – attraverso le analisi dei QTLs – di chiarire il numero e la natura dei geni che sono coinvolti nel controllo della fioritura nel riso. In un lavoro pubblicato nel 2001, Yano et al. riportano l’identificazione, nella progenie ottenuta dall’incrocio tra le varietà Nipponbare (japonica) e Kassalath (indica), di 14 QTL coinvolti nel controllo dell’epoca di fioritura. Di questi Hd1 risulta il principale QTL in grado di determinare l’epoca di fioritura. Inoltre studi approfonditi hanno evidenziato che il gene che regola la risposta al fotoperiodo (Se1) è allelico all’Hd1. Studi genetici hanno dimostrato come Hd1 può funzionare in modo differente nelle condizioni di giorno corto o lungo, promuovendo la fioritura nelle condizioni di giorno corto e viceversa inibendola nel giorno lungo.
Resistenza al brusone
• Il brusone fungino del riso è una
malattia causata dal fungo Pyricularia grisea (sinonimo Pyricularia oryzae), teleomorfo Magnaporthe grisea, ed è di gran lunga non solo la più importante malattia fungina del riso, ma anche la più studiata. Infatti, l’interazione riso-Pyricularia è divenuta un sistema modello per lo studio della interazione ospite-patogeno, corredato negli anni recenti dal sequenziamento del genoma di entrambi gli organismi
Miglioramento genetico per resistenza alle malattie e altri agenti biotici I danni causati da malattie, insetti e virus rappresentano una seria causa di mancata produttività in varie aree del mondo, particolarmente nelle zone a clima caldo-umido tropicali e sub-tropicali.
Identificazione della posizione di alcuni geni Pi, geni responsabili della resistenza a Pyricularia grisea Chr 6
Chr 12
Chr 11
RG123
RG456
RZ536
Pi 1 NpB181
RZ612
RG457
RG241 Pi ta RZ397 RG869
Piz-5 RG64
RG303
RG9
G CT CT TC CG CT TC CT CG CT CA CT GA CT CG CTG CG CT CG G T CG TT CG G CTG CG G G CT CT TC CG CT TC CT CG CT CA CT GA CT CG CTG CG CT CG G T CG TT CG G CTG CG G 440 450 460 470 420 430
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ricerca In queste zone, la riduzione della variabilità genetica dovuta alla graduale sostituzione delle varietà locali con poche varietà coltivate, insieme alle agrotecniche e all’adozione della monocoltura, hanno causato una aumentata vulnerabilità della coltura nei confronti delle avversità biotiche. Nelle zone a clima temperato, in cui la coltura viene praticata con un solo ciclo all’anno, l’incidenza dei parassiti è molto inferiore e raramente si hanno epidemie. L’identificazione di fonti genetiche di resistenza al brusone e la costituzione di varietà nuove più competitive introgredendo in esse le fonti di resistenza alla malattia, sono obiettivi primari in ogni programma di miglioramento genetico della specie in ogni parte del mondo. Il controllo della malattia mediante la coltura di varietà caratterizzate da fonti di resistenza è ancora oggi il metodo più efficace per combattere il brusone che, se lasciato diffondere, può assumere proporzioni epidemiche. La dinamica e contemporanea evoluzione del patogeno con il suo ospite complica ulteriormente il compito del miglioramento genetico. Lo studio della variabilità genetica della popolazione di Pyricularia nei vari areali ha permesso di individuare i patotipi principali – raggruppati in un limitato numero di lineages – e i corrispondenti geni di resistenza a essi. Attualmente sono noti più di 40 geni di resistenza a Pyricularia (geni Pi), localizzati su tutti i 12 cromosomi del genoma del riso; di essi, solo alcuni sono stati clonati e caratterizzati. L’identificazione di genotipi di riso caratterizzati da uno specifico gene di resistenza e la costituzione di NILs (Near Isogenic Lines), linee contenenti il gene di resistenza in background genetici differenti, hanno permesso lo studio della patogenicità specifica dei singoli lineages. All’IRRI, nelle Filippine, sono state costituite varie NILs a
Controllo della resistenza nelle progenie segreganti
• Durante la fase di selezione, il controllo
della resistenza nelle progenie segreganti è correntemente effettuato mediante test di patogenicità effettuati con diverse metodiche. Su plantula, si può agire in ambiente controllato, mediante spruzzo di conidi di ceppi caratterizzati di Pyricularia ; il metodo è relativamente rapido e permette lo screening contemporaneo di un gran numero di genotipi. Viceversa, in campo aperto, si opera con allestimento di parcelle-test apposite, dove viene creato l’ambiente infettivo mediante l’allevamento di varietà altamente suscettibili, inframmezzate ai genotipi da valutare. In questo secondo caso, la sperimentazione si avvale della popolazione del patogeno naturalmente presente nell’ambiente di coltivazione, e quindi anche dell’evoluzione del patogeno
Schema sperimentale di incroci mirati alla costituzione di un genotipo di riso prevalentemente di tipo Balilla (granello tondo) con introgressione di geni Pi per resistenza a Pyricularia Pi-5 1° anno
Balilla × IRBL 5
2° anno
F1
3° anno
Pi-k
Pi-ta
Balilla × Kanto 51
×
F1
F1
Balilla × Saber
×
F1
F1
×
F1 × Balilla
4° anno
5° anno
F1 × Balilla
6° anno
F1 × Balilla
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Pi-b
Balilla × K1
BC1
BC2
BC3
F1
miglioramento genetico partire da incroci derivati da genotipi sia indica sia japonica così che, tramite esse, è stato possibile valutare ogni nuovo singolo gene di resistenza, i nuovi patotipi, effettuare clonaggio di posizione dei geni Pi, e iniziare programmi di miglioramento genetico per il pyramiding di geni Pi diversi entro un singolo genotipo. Molte varietà rilasciate dall’IRRI (varie IR) portano molteplici geni di resistenza a Pyricularia; l’opera di breeding americano ha permesso il rilascio recente di nuove varietà caratterizzate da potenti geni Pi ad ampio spettro (come per esempio il gene Pi-ta). Lo sviluppo attuale dei programmi di miglioramento genetico per l’introgressione e il pyramiding dei geni Pi nelle nuove varietà, si avvale dell’aiuto di marcatori molecolari di vario tipo atti a seguire l’introgressione e la presenza del/i geni Pi nelle nuove costituzioni. Forse il miglioramento genetico assistito con i marcatori molecolari per resistenza al brusone è uno degli esempi migliori e più efficaci di breeding assistito attualmente in sviluppo. Programmi di questo tipo sviluppati all’IRRI hanno permesso l’introgressione di 3 geni, Pi-1, Pi-2 e Pi-4 in 10 cultivar di primaria importanza, tra le quali IR36, IR50, IR64 e IR72. Molti altri Paesi stanno percorrendo questa strada per la costituzione di nuove varietà, tra i quali USA, Colombia, India, Thailandia, Vietnam. Tra i vari altri agenti biotici che attaccano la coltura del riso, come detto, ne esiste una grande varietà soprattutto in ambiente tropicale. I programmi di miglioramento genetico sono pertanto guidati dalle necessità locali, e il reperimento di genotipi con fonti di resistenza al particolare agente biotico è l’azione primaria che viene intrapresa in ogni caso, seguita dall’identificazione dei geni di resistenza specifici. Così il brusone batterico, causato da Xanthomonas oryzae, è stato studiato estensivamente all’IRRI. La resistenza agli isolati patogenici del batterio è controllata da vari geni diversi dei quali alcuni dominanti (per es. Xa1, Xa2, Xa3, Xa4, Xa6 e Xa10) e altri recessivi (per es. xa5, xa8 e xa9). Il gene Xa21 è stato inoltre oggetto di studio per l’ottenimento di cultivar migliorate tramite introgressione non convenzionale del gene, con trasferimento genico operato tramite Agrobacterium tumefaciens in O. sativa. Sono stati identificati almeno 9 major genes di resistenza a BB, e 1 QTL, posizionati in un cluster in un tratto di 30cM sul cromosoma 11 di O. sativa. Il gene Xa21 è stato identificato tramite clonaggio di posizione, e il suo prodotto genico identificato in una proteina chinasica di tipo recettoriale, ereditato come singolo tratto mendeliano dominante. Piante transgeniche ottenute introgredendo Xa21 mediante trasformazione genica sono risultate altamente resistenti a 29 patotipi di Xanthomonas oryzae di varia provenienza. Per quanto riguarda gli insetti, sebbene nell’areale mediterraneo essi siano presenti (Chilo, Sesamia) non rappresentano una primaria fonte di danno, come invece accade per il riso delle aree caldo-umide. Negli anni recenti, con l’apertura delle frontiere, nuove specie
Riso resistente al brusone
• Tra le diverse strategie di lotta
al brusone, sono da evidenziare i molteplici studi biotecnologici effettuati, nei quali geni di varia origine e codificanti proteine antifungine di varia natura sono stati introdotti nel riso e valutati. Per quanto riguarda il brusone in particolare, nel progetto europeo EURICE (QLK5-1999-1484) recentemente conclusosi, è stata con successo documentata resistenza a Magnaporthe ottenuta tramite trasformazione genetica con i geni afp di Aspergillus giganteous, che codificano per un piccolo peptide dalla potente attività antifungina
Trebbiatura delle parcelle sperimentali con mietitrebbia Iseki
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ricerca sono entrate nel nostro habitat, come per esempio il coleottero Lyssorhoptrus oryzophilus, introdotto dagli USA, che si sta diffondendo anche nei nostri ambienti. La resistenza agli insetti è di fatto uno dei pochi esempi di un vero breakthrough nello sviluppo delle biotecnologie vegetali: prova ne è che il mais bt (resistente alle infestazioni di Ostrinia nubilalis) è uno degli esempi più importanti tra le PGM coltivate nel mondo. Nel riso, la resistenza agli insetti è stata considerata prioritaria nella costituzione di varietà transgeniche recanti questo tratto e la Cina ha introdotto la coltura del riso bt dal 2005. Altre resistenze ad agenti biotici non hanno avuto il medesimo successo, sebbene ne siano disponibili svariate.
Tolleranza alla carenza idrica
• Tra gli obiettivi del miglioramento
genetico vi è senza dubbio lo sviluppo di nuove varietà in grado di esprimere una maggiore tolleranza alla carenza idrica, minimizzando gli effetti negativi sulla produzione. Una strategia seguita in questo senso ha riguardato la selezione di nuovi materiali genetici – spesso ottenuti mediante incrocio e selezione tra varietà convenzionali e risi upland –, nei quali fosse mantenuta la potenzialità produttiva anche in condizioni di ridotta disponibilità idrica
Miglioramento genetico per tolleranza agli stress abiotici Come già introdotto, la coltivazione del riso è presente in numerosi Paesi, interessando situazioni ambientali e pedo-climatiche differenziate. Anche in funzione della metodologia di coltivazione si passa da situazioni estreme quali per esempio quelle dei risi upland o di montagna, capaci di crescere con il solo approvvigionamento di acqua derivato dalla pioggia, per arrivare ai risi flottanti che crescono viceversa nelle paludi di alcune regioni tropicali di Asia, Africa e America Latina, dove l’acqua di sommersione della coltura può raggiungere altezze variabili comprese da 1 fino a 7 metri. La notevole differenziazione caratterizzante le condizioni di coltivazione nonché le variazioni ambientali spesso repentine e improvvise che si verificano durante il ciclo colturale espongono la pianta a una serie di stress di varia natura limitandone notevolmente la capacità produttiva. Tra le numerose tipologie di stress di natura abiotica che interessano il riso si ricordano quelli che nel corso
Negli ambienti aridi, come in Egitto, è fondamentale la disponibilità di varietà tolleranti alla carenza idrica
Foto R. Angelini
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miglioramento genetico degli anni sono stati maggiormente oggetto di miglioramento genetico, ovvero: la tolleranza alla carenza idrica, l’eccesso di sale nel suolo e le basse temperature. Tolleranza alla carenza idrica e all’accumulo di sale nel suolo Recentemente, anche nell’areale di coltivazione temperato, dove la disponibilità di acqua superficiale è quanto mai determinante per la crescita di tale coltura, a seguito dei mutamenti climatici che stanno caratterizzando questi ultimi anni, si sono verificate situazioni di deficit idrico con pesanti ripercussioni sulla produzione e qualità della coltura. I programmi di miglioramento genetico in questo settore hanno recentemente portato in Cina (URRC-CAU Upland Rice Research Centre, Università di Pechino) alla costituzione di varietà molto competitive come Qinai e alcune varietà Handao (japonica) e Nongxuan 2 (indica). In molti Paesi viene effettuato un grande sforzo nella costituzione di varietà competitive, tolleranti il secco, come in Egitto (derivativi delle varietà della serie Giza e Sakha). Tale metodologia operativa risulta però relativamente lenta a causa di: bassa ereditabilità che contraddistingue il carattere produzione in condizioni di stress, difficoltà di valutazione per la variabilità ambientale espressa dal campo, necessità di ripetere la selezione in più anni e ambienti differenti. Un’alternativa per lo sviluppo di queste varietà consiste nel ricercare e migliorare quelli che vengono identificati come caratteri secondari in grado di conferire tolleranza alla carenza idrica, andando poi ad agire su di essi con la selezione e il miglioramento genetico. Nel riso sono stati identificati diversi caratteri in grado di fornire un contributo alla tolleranza nei confronti della siccità. A tale proposito, molti studi riguardano lo sviluppo dell’apparato radicale. In genere, nelle varietà di riso upland, la presenza di un apparato radicale profondo, denso e caratterizzato da una buona capacità di penetrazione nel suolo risulta prerogativa fondamentale per garantire una buona performance anche in presenza di ridotta disponibilità idrica. Ancora, numerosi meccanismi di resistenza risultano associati alla porzione epigea della pianta (culmi e foglie). Variazioni genetiche significative nel germoplasma di riso sono state osservate per caratteri quali: arrotolamento fogliare (leaf rolling), chiusura degli stomi, presenza di cere epicuticolari, capacità di regolazione osmotica. Proprio quest’ultimo aspetto risulta tra i principali in grado di conferire resistenza alla carenza idrica nel riso. La capacità di accumulo dei soluti nelle cellule, durante la fase di stress idrico, consente di mantenere elevato il turgore dei tessuti e il potenziale dell’acqua nelle foglie, limitando il leaf rolling, la senescenza delle foglie e la morte dei tessuti. Ciò nonostante la selezione fenotipica per questi caratteri risulta estremamente difficile e richiede un notevole dispendio di lavoro e tempo. Numerosi QTLs associati specificatamente alle caratteristiche legate all’apparato radicale
Siccità in risaia
Coltivazione del riso e disponibilità d’acqua
• Nei 150 milioni di ettari in tutto il mondo destinati alla coltivazione del riso, circa il 28% risulta coltivato in condizioni di forte deficit idrico, contando solo sull’apporto di precipitazioni (rainfed rice). Il 13% cresce in condizioni di terreno drenante, nel quale risulta praticamente impossibile l’accumulo superficiale di acqua e dove la coltura cresce in suolo completamente aerobico (upland rice)
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ricerca e alla capacità di osmoregolazione sono stati identificati e documentati in diversi lavori. Lo studio dei caratteri principali quali la produzione e le sue componenti misurate in condizioni di stress, è iniziato solamente negli ultimi anni, e la ricerca internazionale ha promosso vari studi coordinati in uno sforzo comune per affrontare il problema. Attraverso il coordinamento tra ricercatori appartenenti all’IRRI e il Rice Research Institute in Thailandia, è stato possibile realizzare un mapping population di 219 linee diplo-aploidi ottenute dall’incrocio tra i genotipi CT9993-5-10-1-M e IR62266-42-6-2, rendendola disponibile ai diversi ricercatori operanti in India, Filippine, Thailandia e Stati Uniti con l’obiettivo di valutarne la risposta allo stress in situazioni pedoclimatiche differenti, e comparare i risultati attraverso l’analisi dei QTLs. Gli studi condotti in India hanno permesso di individuare le relazioni esistenti tra specifici QTLs per i caratteri della radice e la produzione, e di collocarli sul cromosoma 4 del riso. Sono stati inoltre identificati sul cromosoma 1 QTLs associati al mantenimento dello stato idrico della pianta, sul cromosoma 3 QTLs relativi alla produzione di biomassa e infine sul cromosoma 9 QTLs associati alla risposta della fioritura. Nei lavori condotti in Thailandia sono stati confermati i QTLs identificati in precedenza e inoltre ne sono stati individuati altri sul cromosoma 4 per la produzione di biomassa e granella in condizioni di stress. Attraverso lo sviluppo dell’International Rice Molecular Breeding Program nel 1998 a opera dell’IRRI, è iniziata un’attività mirata all’introgressione di questi QTLs per resistenza alla carenza idrica nel background genetico delle principali varietà commerciali di riso. L’obiettivo principale risulta pertanto lo sfruttamento della MAS per concentrare questi principali QTLs all’interno del genoma di varietà di riso dall’alto valore produttivo e commerciale,
Foto V. Bellettato
Sintomi di eccessivo contenuto di sali nel suolo
Danni dell’eccesso salino
• La pianta, in presenza di eccesso
salino, manifesta importanti fenomeni di sterilità che abbattono la produzione, e dal 1970 sono iniziati programmi di miglioramento genetico mirati alla costituzione di varietà tolleranti ma, nonostante gli sforzi considerevoli eseguiti attraverso programmi di ricerca nazionali e internazionali, lo sviluppo di nuovi materiali in grado di esprimere elevata tolleranza all’eccesso di sale ha riguardato solo poche varietà. Tra queste, la più nota è CSR10, sviluppata in India dal Central Soil Salinity Research Institute Prove del progetto CEDROME presso il CRA di Vercelli
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miglioramento genetico azione nota col nome di gene pyramiding. In Europa, la tematica ha avuto un ampio approfondimento nel progetto CEDROME (INCO-CT2005-015468) nell’ambito del VI Programma Quadro Eu, che vede coinvolti dieci partner internazionali, appartenenti all’area mediterranea e alla Cina. L’eccesso di sale nel suolo risulta un’altra fonte di stress ambientale in grado di influenzare negativamente numerosi aspetti della fisiologia della pianta del riso. L’eccesso di sali nel suolo può derivare da molti fattori tra i quali elevate temperature e conseguente concentrazione nelle acque di irrigazione, oppure colture in zone costiere dove le infiltrazioni di acqua di mare causano aumento della salinità delle acque e del suolo. Si è assistito spesso a un’associazione della resistenza con la taglia alta della pianta, individuando le varietà con il migliore valore di harvest index come quelle più sensibili all’eccesso di sale. In generale, lo sviluppo vigoroso in una varietà risulta una componente importante nella tolleranza a questo stress. A questo aspetto occorre aggiungere la capacità di limitare l’assorbimento di sodio da parte delle radici, la capacità di traslocarlo nelle diverse parti della pianta, e infine la capacità di tollerare elevate concentrazioni di sale nelle foglie. Uno dei principali approcci, utilizzati nel miglioramento genetico per il carattere di tolleranza, ha compreso incrocio e selezione eseguita in funzione di criteri fisiologici, e la seguente combinazione di questi caratteri favorevoli in un’unica varietà. Ciò ha permesso il rilascio da parte dell’IRRI nel 1997 di due varietà particolarmente tolleranti.
Tolleranza al freddo
• Le basse temperature nelle prime fasi
dell’emergenza sono uno stress abiotico comune per la coltura del riso nelle aree temperate. L’agrotecnica convenzionale prevede la sommersione per la funzione di volano termico dell’acqua, allo scopo di proteggere le giovani piantine dai freddi primaverili. In particolare, la bassa temperatura può essere critica in alcune fasi dello sviluppo, come per esempio nel momento dell’iniziazione della pannocchia che, alle nostre latitudini, può cadere durante ritorni di freddo causati da improvvise perturbazioni, risultando in vario grado di sterilità e spigatura ritardata
Tolleranza al freddo. Come per altri caratteri, anche nel riso si riscontra un elevato grado di diversità genetica per la risposta al freddo: la ssp. indica tipica delle zone tropicali è molto più sensibile al freddo della ssp. japonica, e quest’ultima differisce nella risposta tra i due gruppi di japonica tropicale e temperata. Il miglioramento genetico si avvale di osservazione visiva per il carattere di early vigor delle plantule nelle prime fasi dello sviluppo a basse temperature, ma questo tipo di screening è difficilmente valutabile a causa delle condizioni sperimentali variabili. Studi genetici attestano che il carattere di tolleranza al freddo è complesso e sicuramente controllata da più geni. È invece accertato che il danno da freddo alla foglia è sotto il controllo di un major gene Cts2(t) e l’espressione della clorosi della foglia è controllata dal gene Cts1(t). Analisi QTL per risposta al freddo allo stadio di plantula hanno permesso di identificare 5 QTLs associati al carattere, uno per ciascuno dei cromosomi 1, 9 e 11, e due sul cromosoma 3; ulteriori studi hanno identificato altri QTLs sui cromosomi 5 e 12. È noto inoltre che i QTLs che regolano la risposta al freddo a livello di plantula sono diversi dai QTLs responsabili della risposta al freddo a livello di iniziazione della pannocchia.
Tra gli stress abiotici, un abbassamento della temperatura attorno ai 13-11 °C durante la formazione del polline e la fioritura è una delle principali cause di sterilità con conseguente perdita di produzione
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ricerca Miglioramento genetico per la qualità del granello Una speciale digressione merita il miglioramento genetico del riso per la sua qualità, soprattutto nel considerare le produzioni di riso dei Paesi occidentali, dove la qualità riveste una particolare importanza, per soddisfare le esigenze dei consumatori e dell’industria. Il concetto di qualità per il riso sembra essere, allo stato attuale delle richieste di mercato, quanto mai complesso e misurato con parametri e caratteristiche estremamente differenti tra di loro. L’apertura globale dei mercati induce a caratterizzare il prodotto anche in funzione di nicchie di mercato che consentano di far apprezzare un prodotto di elevato valore, che lo renda preferenziale e competitivo rispetto ad altre produzioni. Tutti questi dati, disponibili oggi mediante tecniche analitiche a elevata definizione, contribuiscono a direzionare il miglioramento genetico verso la costituzione di nuove varietà oltre a meglio caratterizzare produzioni locali di varietà di particolare pregio in funzione per es. di marchi di qualità DOP e IGP. Queste e altre varietà tradizionali sono note per nome al consumatore italiano, e sono conosciute nel mondo come sinonimo di una qualità particolare, associata alla preparazione culinaria specifica. La metodologia di utilizzazione del riso ha senza dubbio influito sulla ricerca di specifici standard varietali, in particolar modo per quanto riguarda la tipologia e le caratteristiche qualitative del granello. L’estrema variabilità caratterizzante la nostra risicoltura si identifica nel panorama varietale nazionale. Attualmente risultano iscritti al Registro Nazionale delle varietà ben 143 genotipi di riso diversificati per caratteristiche morfologiche (taglia, portamento, tipo di pannocchia, ciclo di crescita), agronomiche (adattabilità a differenti condizioni pedoclimatiche) e qualitative (biometrie del granello, resa alla lavorazione, contenuto in amilosio, comportamento nei confronti della cottura). Questa elevata diversificazione varietale non viene mantenuta quando si sposta l’analisi a livello di distribuzione della superficie di coltivazione. Il panorama risicolo evidenzia infatti una realtà costituita da circa 15 varietà che da sole coprono circa il 90% dell’intera superficie nazionale, mentre le restanti varietà incidono per valori di superficie non significativi. Della produzione risicola nazionale disponibile, solitamente il 40% è destinato al mercato interno italiano, ed è rappresentato dalle varietà il cui prodotto è utilizzato per la preparazione di risotti, minestre e dei piatti della tradizione italiana. Il 50% è destinato verso i Paesi comunitari comprendendo prevalentemente le tipologie tondo e i tipi a profilo indica (lungo B); il rimanente 10% risulta destinato all’esportazione verso i Paesi extra CE. Fino a metà degli anni ’80, il panorama varietale italiano risultava caratterizzato da varietà tipicamente japonica accomunate dal possedere un granello tondeggiante o allungato a volte con endosperma più o meno perlato e con un contenuto in amilosio medio-basso. A partire dalla seconda
Riso pigmentato
• Negli anni recenti i risi pigmentati
sono entrati nell’uso comune per ricette di vario tipo, dai dolci alle insalate, così come i risi aromatici, bianchi o pigmentati, hanno conquistato un’interessante fetta di mercato. I risi pigmentati – dove i pigmenti appartengono alla classe dei metaboliti antiossidanti – risultano particolarmente interessanti come fonte di fibra, in quanto si consumano integrali, e per l’apporto di composti ad attività nutraceutica
Riso pigmentato
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miglioramento genetico Composizione dei diversi risi a confronto Tipo di riso
Proteine (g/100 g)
Fe (mg/100 g)
Zn (mg/100 g)
Fibre (mg/100 g)
Bianco pilato
6,8
1,2
0,5
0,6
Integrale
7,9
2,2
0,5
2,8
Riso rosso
7,0
5,5
3,3
2,0
Riso viola
8,3
3,9
2,2
1,4
Riso nero
8,5
3,5
4,9
metà degli anni ’80 si è registrato un aumento del consumo comunitario di risi a granello lungo e affusolato. Questo ha spinto la ricerca varietale verso l’ottenimento di genotipi con granello a profilo indica, identificati nella classificazione europea come Lungo B. Va precisato che il termine indica utilizzato per queste varietà è di puro riferimento per la tipica forma del granello, mentre il genoma resta prevalentemente japonica. Tutto questo ha creato una prima diversificazione del panorama varietale italiano aprendo nuovi spazi di mercato e nuove opportunità di commercializzazione al di fuori dei confini nazionali. L’industria poi, diversificando processi e prodotti derivati, ha ulteriormente direzionato il miglioramento varietale verso l’ottenimento di ge-
Varietà di riso completamente pigmentata
Sequenziamento del gene frg che determina l’aromaticità del riso
= Esone
Esone 8: contiene la regione conservata del motivo VSLELGGKSP
= Introne
Esone 9: contiene la regione per l’amminoacido conservato cisteina 28
Esone 10: contiene la regione conservata per il motivo EGCRLGSVVS
ATG
TAA 2
1
1
2
Riso normale Riso aromatico
3
3
4
4
5
5
6 7
6 7
8
9
8
9
10
10
11
12
11 12 13
13 14
14
15
AGGTTGCATTTACTGGGAGTTATGAAACTGGTAAAAAGATTATGGCTTCAGCTGCTCCTATGGTTAAG AGGTTGCATTTACTGGGAGTTATGAAACTGGTATATA- - - - - - - -TTTCAGCTGCTCCTATGGTTAAG ********************************* * * **********************
493
ricerca
Agrobacterium tumefaciens
T-DNA Tiplasmid
notipi dotati di granello con caratteristiche fisico-chimiche ideali per la trasformazione (endosperma cristallino, alto contenuto in amilosio, assenza di difetti). Attualmente il gruppo dei risi destinanti al parboiled rappresenta una fetta importante sia in termini di varietà sia in termini di superficie di diffusione, includendo genotipi a granello Lungo A e Lungo B. Altri settori sono occupati, sebbene in minor misura, dai risi aromatici (o fragrant) e dai risi pigmentati (rossi e neri). Oggi il miglioramento genetico per la qualità del granello si orienta verso l’impiego delle più recenti tecniche molecolari per assistere la selezione mediante marcatori funzionali designati a seguire le variazioni molecolari a livello dei geni responsabili dei tratti qualitativi. Primo fra tutti il gene waxy che regola il contenuto di amido nelle sue componenti amilosio e amilopectina, il gene frg (fragrant) la cui presenza in condizione di omozigosi recessiva determina l’aromaticità del genotipo, e geni per la pigmentazione (Rc e Rd), dove ancora l’aspetto fenotipico – riconducibile al colore del pericarpo – è facilmente tracciabile visivamente. Per la selezione assistita si dispone oggi di una serie cospicua di marcatori molecolari, per questi caratteri, di vario tipo (microsatelliti, SNPs ecc.) che permettono un rapido avanzamento delle selezioni nella costituzione varietale.
Cellula di pianta dicotiledone
Integrazione del T-DNA nel genoma vegetale Cellula trasformata In natura: crowngall
Agrobacterium tumefaciens
Cellula trasformata
T-DNA Tiplasmid
Biotecnologie come strumento per l’innovazione varietale Il settore di ricerca – successivamente divenuto operativo – delle biotecnologie vegetali nacque attorno al 1960, quindi data oggi circa mezzo secolo. L’evoluzione di questo settore fa capo inizialmente alla nascita della biologia cellulare e delle colture in vitro. Questa tecnica permette la rigenerazione di piante complete fertili a partire da colture in vitro di cellule e tessuti vegetali. Essa si è sviluppata dapprima con l’obiettivo prioritario di studiare le possibilità di rigenerare in vitro qualsiasi specie vegetale, soprattutto specie di interesse agrario, in funzione di esigenze ben precise nei programmi di miglioramento genetico (per es. colture di antere per l’ottenimento di piante diplo-aploidi). È interessante notare che il riso è stato una delle prime specie a essere effettivo in questo settore – e il primo come specie cereale – permettendo la costituzione di diverse varietà coltivate derivate con questa tecnica. La scoperta della variabilità genetica indotta dal passaggio in vitro – codificata negli anni ’80 con il termine di “variazione somaclonale” – ha portato le colture in vitro verso il settore biotecnologico con l’intento di sfruttare questa variabilità, spontanea o indotta, ai fini della realizzazione di cultivar migliorate per caratteristiche precise. Negli stessi anni veniva scoperto il meccanismo mediante il quale un batterio del suolo – Agrobacterium tumefaciens – era in grado di trasferire geni specifici residenti su un tratto di DNA del proprio plasmide Ti, alla cellula vegetale di specie dicotiledoni. L’enorme quantità di dati derivata dagli studi del processo di inge-
In vitro: pianta Processo naturale di trasformazione genetica a opera di Agrobacterium
Piante biotecnologiche
• Il trasferimento di geni esogeni nel
genoma di piante coltivate fu diretto inizialmente alla realizzazione di piante con caratteristiche di resistenza: a principi erbicidi, a patogeni, a insetti, a virus. Tutti questi tratti sono essenzialmente a favore del coltivatore. Lo sviluppo delle biotecnologie vegetali ha portato – in seconda battuta – alla realizzazione di piante modificate geneticamente per caratteristiche qualitative-nutrizionali, tali quindi da interessare direttamente il consumatore
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miglioramento genetico Breeding non-convenzionale
Valutazioni sperimentali in campo
Genotipo target
ESPIANTO
Gene di interesse
Coltura in vitro e trasformazione
T5
Ingegneria genetica nel riso con l’introduzione di un gene di resistenza
• Dopo la trasformazione operata
tramite infezione con Agrobacterium tumefaciens, i tessuti sono posti a proliferare e rigenerare in presenza di un selettore specifico che consente la rigenerazione dei cloni cellulari transgenici. Le plantule rigenerate (T0) sono analizzate tramite PCR per identificare gli individui contenenti il gene di interesse e, mediante anticorpi specifici, viene verificata la funzionalità del gene introdotto. La progenie di ogni singolo rigenerato transgenico viene allevata in serra e successivamente analizzata per la verifica dell’avvenuta trasmissione genetica nella progenie, poi portata in omozigosi in due generazioni di autofecondazione con controllo della segregazione del transgene
Caratterizzazione dell’evento di trasformazione
LINEE MIGLIORATE PROVE DI CAMPO VARIETÀ GM
Valutazione in ambiente controllato T1-T5
PIANTA TRANSGENICA Varietà GM, soggetta alle regolamentazioni internazionali e nazionali per gli OGM
gneria genetica di Agrobacterium portò, in un tempo relativamente breve, alla realizzazione di tecniche di trasformazione di specie vegetali mediate da Agrobacterium e/o dirette (sistema biolistico). Tra i cereali, specie monocotiledoni quindi non direttamente attaccabili da Agrobacterium, fu ancora il riso la prima a essere trasformata tramite questo sistema, dopo la scoperta che l’addizione di un elicitore – il composto fenolico acetosiringone – era in grado di promuovere l’introduzione di DNA mediata da Agrobacterium anche nelle specie monocotiledoni. Il riso, protagonista dell’evoluzione delle tecniche di trasferimento genico con geni di
Miglioramento genetico molecolare MAS (Marker Assisted Selection)
• I marcatori molecolari sono segmenti di
DNA identificati posti in vicinanza o entro geni di particolare interesse o comunque associati a caratteri élite
• La tecnologia dei marcatori molecolari è utilizzata per assistere la selezione e monitorare l’incorporazione di tratti genetici élite nelle linee in selezione
• MAS assiste i programmi di selezione
soprattutto quando i tratti da considerare sono molti, e non sempre fenotipicamente facili da identificare
Piante di riso cv Senia transgeniche per il gene afp (anti fungal protein) da Aspergillus giganteous resistente al brusone fogliare (a destra) a confronto con parentale normale, completamente distrutto (sinistra)
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ricerca vari organismi e dalle più svariate funzioni, è divenuto emblema della pianta Ogm rafforzata dal punto di vista nutritivo con la realizzazione del Golden Rice, un genotipo ottenuto introgredendo nel genoma di una varietà coltivata, geni per la sintesi di precursori della Vitamina A (www.biotech-info.net/GM_talev). Dagli anni ’90 in poi il termine biotecnologie vegetali divenne sinonimo di piante geneticamente modificate (piante Ogm), e dette origine al dibattito – ancora attuale – sulla possibilità o meno di considerare le piante Ogm cultivar analoghe alla controparte tradizionale. Dal 2005 la Cina ha introdotto la coltivazione estensiva del riso bt, in grado di difendersi dagli attacchi di insetti parassiti; all’IRRI, estensivi programmi di miglioramento genetico tendono alla incorporazione di vari tratti entro una medesima cultivar mediante tecniche diverse, utilizzando la transgenesi per l’introduzione di un carattere definito di resistenza entro una varietà ottenuta eventualmente da incrocio interspecifico, e sfruttando l’eterosi nella produzione di seme ibrido. Le stime dell’incremento produttivo ottenuto in questo modo prevedono una crescita del prodotto fino al 30% rispetto alla produzione attuale. La frontiera del miglioramento genetico non solo del riso, ma delle piante coltivate, sarà probabilmente questa. Ma il settore delle biotecnologie vegetali non include solamente le piante transgeniche. Esso comprende tutte le aree della biologia molecolare che permettono di osservare il genoma della pianta e comprendere i meccanismi essenziali che regolano l’espressione di geni chiave determinanti, come termine ultimo, le caratteristiche élite di un genotipo. Il miglioramento genetico convenzionale è ora affiancato da una gran varietà di metodologie genetico-molecolari, la principale delle quali riguarda l’impiego di marcatori molecolari. Questo ramo della biologia molecolare – sviluppatosi dagli anni ’80 – utilizza sequenze che fungono da “marcatori” per la presenza di particolari tratti fenotipici che sono osservabili quando, mediante analisi del DNA genomico esplorato con le sequenze in questione, essi si rivelano a esse specificatamente associati. Di questi marcatori molecolari, attualmente ne esiste una gran varietà, a partire dai marcatori RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism), ai microsatelliti SSR (Simple Sequence Repeats), sino agli SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms). L’impiego di questi ha permesso lo sviluppo dei programmi di miglioramento genetico assistito (MAB), il cui contributo è stato sostanziale nella costituzione di varietà moderne e competitive nel riso e in varie specie coltivate. Recenti sviluppi nel settore della genetica strutturale e funzionale su specie di importanza agronomica come mais e riso hanno permesso lo sviluppo di marcatori funzionali (FMs), i quali sono derivati da siti polimorfici di geni responsabili della variabilità genetica di tratti fenotipici. Nelle specie vegetali, i marcatori FM sono impiegati negli studi di miglioramento genetico e in studi sulla biodiversità. Grandi progetti
Genomica del riso
• Il riso è stato scelto alla fine degli
anni ’90 come pianta modello per il sequenziamento sistematico del genoma sia per la sua importanza a livello agronomico sia per la ridotta dimensione del genoma e le forti relazioni di sintenia (collinearità di porzioni di DNA) con il genoma di altri cereali
• Il riso appartiene alla famiglia delle
Poacee, uno dei gruppi maggiormente studiati a livello genetico, e si è stabilito, mediante analisi filogenetiche, che il genere Oryza si sia differenziato circa 70 milioni di anni orsono. Dal punto di vista genetico, il genere Oryza è attualmente costitutito da 24 specie di cui la specie coltivata Oryza sativa è la più diffusa: le due sottospecie principali – ssp. indica e ssp. japonica – si sono separate circa 1 milione di anni fa da una specie ancestrale comune. Le due sottospecie indica e japonica si sono adattate a diverse condizioni climatiche e sono in grado di crescere sia in zone geografiche temperate sia tropicali, pianeggianti e montagnose
• La vasta disponibilità di conoscenze accumulate a livello fenotipico e genetico sul riso hanno portato a considerare tale specie la pianta modello per lo studio delle basi genetiche dei caratteri di interesse agronomico e più in generale della fisiologia, biologia dello sviluppo, evoluzione dei cereali e delle monocotiledoni
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miglioramento genetico internazionali, dei quali menzioniamo il Rice Microarray Project del Ministero dell’Agricoltura Giapponese, hanno permesso di stabilire una banca dati derivata dall’analisi di espressione con cDNAs che coprono l’intero genoma del riso. Infine, sono proprio i vari mezzi investigativi forniti dalla complementazione delle varie aree delle biotecnologie a fornire i mezzi principali per la progressione del miglioramento genetico moderno delle specie coltivate. Termine ultimo di questo processo è l’analisi del genoma attuato mediante la genetica comparativa.
Banca dati del genoma del riso
• Con la creazione di grandi quantità
di dati genomici quali sequenze di DNA e profili di espressione genica, è indispensabile la creazione di strumenti bioinformatici per analizzare, organizzare e correlare tra loro i dati generati. La creazione di banche dati e interfacce web per la loro consultazione è di centrale importanza per rendere accessibile alla comunità scientifica la mole di dati genomici generati nei vari laboratori a livello internazionale. Negli ultimi anni numerose risorse bioinformatiche sono state sviluppate e rappresentano preziosi strumenti per assistere le attività sperimentali volte al miglioramento di caratteri importanti per la risicoltura, mediante l’identificazione di geni rilevanti per il controllo di specifiche funzioni cellulari
Il genoma del riso è stato decodificato Nel 2002, i codici genetici di Oryza sativa, sia indica sia japonica, sono stati pubblicati e resi disponibili alla comunità scientifica. Si è trattato del primo genoma di un cereale coltivato e domesticato dall’uomo a essere completamente decodificato. Il genoma del riso è costituito da 430 milioni di nucleotidi suddivisi in 12 cromosomi. Tale risultato è derivato dall’azione parallela di due iniziative internazionali che si sono focalizzate nel determinare con accuratezza le differenze e similarità tra i due genomi indica e japonica. Le due iniziative sono quelle guidate dall’International Rice Genome Sequencing Project e dal Beijing Genomics Institute. I dati generati da questa attività hanno permesso di comprendere i meccanismi di evoluzione dei genomi all’interno del genere Oryza. La disponibilità dell’intera sequenza del genoma nucleare delle due sottospecie del riso maggiormente coltivate nel mondo ha anche aperto la possibilità di realizzare una serie di approcci sperimentali atti alla definizione della struttura e del funzionamento dei geni, intesi come le unità principali del codice genetico del riso. La sequenza dei 12 cromosomi che costituiscono il genoma del riso è oggi disponibile nel sito web del TIGR con una specifica annotazione delle regioni codificanti
Prove dimostrative delle nuove linee finite al CRA di Vercelli
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ricerca e non codificanti del genoma, la loro correlazione con le mappe fisiche e mappe genetiche generate da vari laboratori negli anni scorsi. Tale livello di integrazione ha accelerato l’identificazione e il clonaggio di geni rilevanti per lo sviluppo e l’adattamento del riso a diverse condizioni ambientali. La decodifica del genoma di riso ha permesso la stima precisa del numero di geni – e quindi di proteine – che costituiscono il patrimonio genetico del riso. I numeri di geni identificati nelle due sottospecie di riso sequenziate indica e japonica sono molto simili, e in base al programma di predizione utilizzato variano da 4000 a 56.000. Una comparazione tra i due genomi vegetali maggiormente studiati a oggi, quello di Arabidopsis thaliana (specie modello per le dicotiledoni) e quello di Oryza sativa (specie modello per le monocotiledoni) ha mostrato una maggiore complessità a livello di organizzazione genica per il genoma del riso e l’esistenza di set di geni specifici per le due specie. I geni specifici del genoma del riso riflettono l’evoluzione di nuove funzioni anatomiche, fisiologiche e di adattamento a diverse condizioni ambientali. Queste si riflettono nella creazione di nuovi geni – e quindi nuove funzioni proteiche – alla base di nuove potenzialità a livello cellulare, di organi o di specifici tessuti della pianta.
Il genoma di riso e di Arabidopsis a confronto Arabidopsis
Riso
Dimensione genoma
125 Mb
430 Mb
N. di geni codificati
~25.000
~44.000
Lunghezza media/ gene
2,5 Kb
4,5 Kb
Densità genica
4 geni/Kb
6,5 geni/Kb
Trasposoni
10%
25%
N. fattori di trascrizione
1533
1706
Genomica funzionale del riso Negli ultimi cinque anni un notevole sforzo si è concentrato nello sviluppare strategie e tecnologie appropriate per definire la funzione dei circa 44.000 geni identificati nel genoma di riso dai progetti di sequenziamento sistematico (vedi sopra). La principale risorsa per la determinazione della funzione genica è la costituzione di collezioni di mutanti ottenuti mediante mutagenesi chimica, fisica o inserzionale. Lo sviluppo di tecnologie basate sulla PCR per l’identificazione di mutazioni puntiformi (di una singola base nucleotidica) quale il TILLING (acronimo di Targeting Induced Local Lesions In Genomes) o di delezioni (frammenti di DNA di alcune kilobasi) in uno specifico gene candidato, ha suscitato particolare interesse verso strategie non Ogm (organismi geneticamente modificati), basate su agenti mutageni classici (chimici e fisici) per identificare la funzione di specifici geni e correlarli al controllo di specifici caratteri di interesse agronomico. Per realizzare studi di genomica funzionale, si sono anche sviluppate strategie basate sulle attività di trasposoni e retrotrasposoni presenti nel genoma del riso. Tali trasposoni/retrotrasposoni – di cui il più noto è l’elemento Tos17 – sono sequenze di DNA in grado di spostarsi (evento di trasposizione) in diverse regioni cromosomiche e in tal modo causare l’inattivazione di specifici geni. È possibile, con metodologie di analisi genomica, reperire la
Genomica funzionale
• La genomica funzionale è un approccio
scientifico che ha come obiettivo la definizione della funzione dei geni codificati in un genoma e come questi geni contribuiscano alla regolazione di caratteri fenotipici e metabolici della pianta. Tale disciplina esamina le relazioni e interazioni esistenti tra migliaia di geni nel determinare quando e perché specifici caratteri siano espressi (per es. tempo di fioritura), quali set di geni sono implicati e in quali condizioni cellulari e/o ambientali
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miglioramento genetico posizione nel genoma in cui sono presenti tali trasposoni. L’inattivazione di geni causata da trasposoni/retrotrasposoni permette di definire la funzione di tali geni all’interno della cellula vegetale, dei tessuti della pianta e degli organi che la costituiscono. L’inattivazione di specifici geni infatti causa alterazioni a livello della regolazione o biosintesi di specifiche proteine necessarie al corretto funzionamento delle cellule dei vari tessuti e organi. È stato possibile creare collezioni di linee contenenti copie multiple del retrotrasposone Tos17 e mappare la loro posizione nel genoma di riso. A oggi sono disponibili più di 50.000 linee e sono state mappate circa 200.000 posizioni di retrotrasposoni Tos17 di cui circa il 30% è posizionato in porzioni del DNA contenenti geni. Tali linee si sono rivelate di estrema utilità per correlare alterazioni fenotipiche/ metaboliche all’inattivazione di specifici geni e definire in tal senso il loro specifico ruolo nello sviluppo o resistenza a stress biotici/ abiotici della pianta di riso. Un’iniziativa internazionale coordinata dai membri dell’International Functional Genomics Consortium (www.iris.irri.org) mira a creare linee mutanti per tutti i geni codificati nel genoma di riso. Come agenti mutageni per inattivare geni di riso si sono anche utilizzati trasposoni identificati in altre specie; è questo il caso dei sistemi Ac/Ds ed En/Spm di mais che sono stati trasferiti mediante trasformazione genetica nel riso. Tali trasposoni sono funzionanti nel riso e in grado di spostarsi in diverse posizioni del genoma inattivando specifiche sequenze geniche. I trasposoni vengono trasmessi da una generazione all’altra come il resto del genoma permettendo in tal modo di poter realizzare studi genetici di segregazione della presenza del trasposone in una specifica posizione e dei fenotipi osservati. Collezioni di mutanti generate con l’introduzione di tali trasposoni sono state create e caratterizzate a livello genomico per identificare in quali geni si sono inseriti. Linee mutanti stabilizzate sono a disposizione della comunità scientifiche per realizzare studi di caratterizzazione molecolare di specifiche classi di geni di riso e di correlazione gene-funzione.
Strategia di TILLING (Targeting Induced Local Lesions In Genomes)
• Negli ultimi anni, sono state sviluppate popolazioni TILLING di varietà di O. sativa ssp. sia indica sia japonica, e queste hanno permesso di correlare l’inattivazione di specifici geni candidati ad alterazioni anatomiche e fisiologiche della pianta di riso. Questi approcci di genetica inversa (dal gene alla sua funzione) hanno permesso di definire il ruolo di numerosi geni del riso nel controllo della crescita, nella resistenza agli stress, e nei metabolismi primario e secondario della pianta
Post genomica del riso A oggi gli studi di genomica funzionale e comparativa tra i genomi di Arabidopsis e riso hanno permesso di assegnare la funzione a circa 15.000 geni del riso (40% del numero stimato di 44.000). Tuttavia per circa il 30% dei geni presenti nel genoma del cereale resta sconosciuto il loro ruolo a livello di regolazione o biosintesi di specifiche funzioni cellulari. Una porzione significativa di tali geni a funzione ignota è solo presente nel genoma del riso; essi codificano per proteine con funzioni specifiche al riso e ai cereali (molti dei geni riso-specifici sono infatti presenti anche nei genomi di mais, grano e orzo) e la loro analisi sistematica condurrà con
Esempi di mutazione per taglia ridotta ottenute con trattamento EMS nella popolazione di TILLING della cv Volano (a sinistra)
499
ricerca molta probabilità alla scoperta di nuovi network di regolazione genica e di metabolismo cellulare. Le discipline della proteomica (studio della struttura delle proteine, delle loro modifiche e interazioni) e della metabolomica (studio della biosintesi di metaboliti sintetizzati dalle piante e del loro ruolo nelle cellule della pianta) assumeranno un ruolo determinante nel definire i meccanismi di interazione di specifiche funzioni geniche all’interno delle cellule. La bioinformatica assumerà un ruolo determinante nel garantire l’organizzazione, la consultazione e l’integrazione della miriade di dati genomici generati a livello internazionale. L’analisi dei dati genomici infatti permetterà di definire le basi molecolari di caratteri complessi, dei meccanismi che sottendono allo sviluppo o alla risposta e all’adattamento del riso a stress di tipo ambientale. Infine, la genetica comparativa è la scienza che mette a frutto i risultati derivati dagli studi di mappatura comparativa, termini assolutamente sconosciuti fino a pochi anni fa e che in questo ultimo periodo hanno assunto fondamentale importan-
Campo di riso per la produzione di semente certificata
Principali iniziative internazionali di genomica funzionale del riso Istituto
N. di linee mutanti (genotipo di riso impiegato)
Numero medio di inserzioni/ gene
Numero di inserzioni mappate nel genoma di riso
Sito web
Pohang University of Science and Technology, Pohang, Korea
60.000 (Dongjin, Hwayoung)
1,4
7000
http://postech.ac.kr/life/risd
Huazhong Agricultural University, China
42.000 (ZhongHua 11)
2
6000
http://www.ricefgchina.org
CIRAD-IRD-INRA-CNRS, Montpellier, France
46.000 (Nipponbare)
1,4
12.000
http://genoplanteinfo.infobiogen.fr/oryzatagline
Institute of Botany, Academia Sinica, Taiwan
20.000 (Tainung 67)
1,5
1500
http://trim.sinica.edu.tw
Tos17
National Institute of Agrobiological Sciences, Tsukuba, Japan
50.000 (Nipponbare)
10
18.000 (50.000 in DNA pools)
http://tos.nias.affrc.go.jp
Ac/Ds
Temasek Laboratory, Singapore
18.000 (Nipponbare)
1
2500
Gyeongsang National University, Korea
30.000 (Dongjin)
nd
nd
http://www.niab.go.kr
CSIRO, Canberra, Australia
8000 (Nipponbare)
2
nd
http://www.pi.csiro.au/fgrttpub/home.htm
EU project Cereal gene tags
10.000 (Nipponbare)
2-4
5000
University of Davis, USA
1200 (Nipponbare)
1
nd
Mutageno utilizzato
T-DNA
En/Spm
500
http://wwwplb.ucdavis.edu/Labs/sundar/index.htm
miglioramento genetico za nella comprensione dei meccanismi che stanno alla base dei principali caratteri che fanno di una cultivar un genotipo vincente. L’ultimo di questi risultati deriva proprio dagli studi sul riso. Ricercatori di tre centri in Giappone a Nagoya, Yokohama e Chiba, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca sul Riso di Hangzhou in Cina, hanno scoperto la base genetica dell’incremento della produttività. Infatti, è noto che molti tratti agronomicamente importanti delle piante coltivate sono sotto il controllo di QTL (Quantitative Trait Loci), che derivano da variazioni alleliche. I ricercatori hanno dimostrato che il QTL Gn1a nel riso, associato all’incremento produttivo del granello, è un gene che codifica un enzima coinvolto nel metabolismo ormonale della pianta, l’enzima citokinina ossidasi/reduttasi (OsCKX2), responsabile del catabolismo della citokinina. Una ridotta espressione del gene OsCKX2 causa un accumulo di citokinina nei meristemi delle infiorescenze, aumentando così il numero degli organi riproduttivi (spighette fiorali), che a loro volta si traducono in granelli, e quindi portano a un aumentato numero di semi per panicolo. Poiché altri QTL per altri tratti competitivi nel riso, come la ridotta taglia della pianta, sono noti, un lavoro di incrocio e selezione per la contemporanea compresenza dei due QTL nel genotipo corrispondente porta alla costruzione di un background genetico mirato per l’espressione dei due tratti importanti. La nuova varietà così ottenuta – mediante classico incrocio e selezione – produce il 25% in più di seme rispetto alla più produttiva varietà giapponese Koshihikari, che costituisce uno dei due parentali di partenza. Questi risultati, pubblicati sull’autorevole rivista internazionale Science, aprono nuovi orizzonti di immediata applicazione nella costituzione di nuove varietà competitive non solo nel riso ma anche nelle altre specie cereali e non.
Sequenziamento del genoma
• I geni del riso sono stati inizialmente
classificati in base alla presenza o meno di geni simili (ortologhi) nel genoma di Arabidopsis. L’esistenza di geni funzionali è stata poi confermata dall’identificazione di almeno 7000 geni espressi in cellule di riso le cui sequenze di DNA erano assenti nel genoma delle dicotiledoni. A oggi si stima che il 20% dei geni codificati nel genoma di riso siano riso-specifici; rimane da verificare quanti di questi rappresentino sequenze di DNA comuni ad altre monocotiledoni con particolare riferimento ai cereali. D’altra parte vi sono porzioni di DNA la cui presenza è esclusiva nelle dicotiledoni: è il caso della classe dei geni TIR-NBLRR che è completamente assente nel riso. Questa classe di geni, e altre identificate come riso-specifiche, si sono evolute e differenziate a seguito della separazione tra monocotiledoni e dicotiledoni, circa 200 milioni di anni or sono
501
il riso
ricerca Attività sementiera Luigi Tamborini
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: le foto alle pagine 1 (Lorelyn Medina) e 596 (Gennady Kravestky) sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 104 e 105 sono di Renato Guttuso © Renato Guttuso by SIAE 2008.
ricerca Attività sementiera Introduzione L’attività agricola non può prescindere da una ricerca continua della perfetta fusione tra tutti i fattori che intervengono nel pro cesso produttivo. L’utilizzo di sementi certificate, e quindi in pos sesso dei previsti requisiti genetici, tecnologici e fitosanitari, è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi prefissati sia in termini di quantità sia di qualità del raccolto. La validità di questa premessa va ancora più evidenziata nel caso specifico del riso, in quanto la produzione finale destinata al consumatore non è co stituita, come nel caso degli altri cereali, da un prodotto sfarinato, ma dal cereale stesso. All’interno della Comunità Europea è pos sibile porre in commercio solo sementi certificate ufficialmente.
Ente Nazionale Sementi Elette
• Viene costituito l’11 settembre 1954
e riconosciuto quale persona giuridica con DPR 12/11/1955 n. 1461. In base alla legge 25/11/1971, n. 1096 “Disciplina dell’attività sementiera”, che recepisce le direttive comunitarie in materia, l’ENSE è stato riconosciuto Ente di Diritto Pubblico e posto sotto la vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Con DPR 1/4/1978 n. 247 è stato compreso tra gli Enti scientifici di ricerca e sperimentazione necessari per lo sviluppo del Paese. Con D. Lgs. 29/10/1999 n. 454 è stato riordinato attribuendogli autonomia scientifica, statutaria, organizzativa, amministrativa e finanziaria e incaricandolo di svolgere i compiti che derivano dall’applicazione delle norme che disciplinano la produzione e la commercializzazione dei prodotti sementieri
Varietà L’entità fondamentale dell’attività sementiera è la varietà. Un in sieme di piante coltivate rappresenta una varietà se si distingue chiaramente sulla base di caratteri morfologici, fisiologici e/o mer ceologici; inoltre deve mantenere i propri caratteri distintivi quan do viene moltiplicato. Le norme prevedono che una varietà venga riconosciuta come tale quando risponde a determinati requisiti: – identità: una varietà è distinta se si differenzia nettamente per uno o più caratteri importanti da qualsiasi altra varietà nota nell’Unione europea; – omogeneità: una varietà si considera sufficientemente omo genea se le piante che la compongono, a parte qualche rara
Vista panoramica di un campo sperimentale
502
attività sementiera aberrazione, sono simili o geneticamente identiche per l’insieme della caratteristiche considerate a tal fine; –s tabilità: una varietà è stabile se resta conforme alla definizione dei suoi caratteri essenziali al termine delle sue riproduzioni o moltiplicazioni successive; – valore agronomico o di utilizzazione: una varietà possiede un valore agronomico o di utilizzazione soddisfacente se, visto l’insieme delle sue qualità, costituisce, rispetto alle altre varietà, almeno per la produzione in una determinata regione, un netto miglioramento per la coltivazione o per la gestione dei raccolti o per l’impiego dei prodotti ottenuti. L’eventuale deficienza di talune caratteristiche può essere compensata dalla presenza di altre caratteristiche favorevoli. Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali istituisce registri va rietali aventi lo scopo di permettere l’identificazione delle varietà stesse. L’iscrizione può essere richiesta dal costitutore o dai suoi aventi causa, sempre che offra la necessaria garanzia del mante nimento in purezza della varietà. L’iscrizione al Registro Nazionale delle varietà di riso è regola mentata dal Decreto 21 ottobre 2002 “Criteri per l’iscrizione al registro nazionale di varietà di riso” che individua le metodolo gie e le specifiche prove e determinazioni per la verifica delle condizioni cui deve soddisfare la varietà. La perdita di una delle caratteristiche o condizioni richieste comporta la cancellazione della varietà. Una varietà iscritta al Registro nazionale di uno stato membro dell’Unione Europea viene automaticamente inserita nel Cata logo Comunitario. Tutte le varietà presenti possono essere cer tificate e quindi commercializzate e coltivate nel territorio della Comunità Europea. Le varietà possono anche essere brevettate, offrendo al costitutore una maggior protezione. Esistono due tipologie di brevetto: il brevetto nazionale e il brevet to comunitario. Si differenziano per l’ambito territoriale di prote zione, il campo e le modalità di applicazione. L’Italia è senza dubbio la nazione principale, in ambito comunitario, sia per quanto riguarda la coltivazione del riso sia, soprattutto, per la produzione sementiera. Annualmente circa il 20% delle sementi certificate in Italia (la produzione totale nazionale oscilla tra 48.000 e 50.000 tonnellate) viene esportato, principalmente negli areali ri sicoli europei, ma anche, in minor misura, extraeuropei. L’elevato numero di varietà presenti nel registro italiano, cui va ad aggiungersi una rotazione tra varietà di nuova iscrizione e cancellazioni pari a circa 10 accessioni annue, ha spesso solle vato critiche da parte di diversi operatori del settore che ipotiz zano un’eccessiva frammentazione del mercato. A questo proposito vanno però evidenziate alcune osservazioni importanti: la prima è che il 60% della produzione sementiera totale si realizza con le 10 varietà più importanti, la seconda è
Varietà registrate nel Catalogo Comunitario A fine dicembre 2007 erano 263, così suddivise:
• Bulgaria: • Ungheria: • Francia: • Italia: • Spagna: • Grecia:
503
10 14 19 143 56 21
ricerca che l’elevata variabilità degli areali risicoli italiani necessita di un ampio panorama varietale al fine di permettere ai risicoltori una scelta adeguata alle diversificate condizioni pedo clima tiche. Certificazione delle sementi Sui cataloghi varietali, sia nazionali sia comunitari, non viene in dicato il costitutore bensì il responsabile del mantenimento in purezza. Pur corrispondendo, abitualmente, al costitutore della varietà, rappresenta il soggetto, persona fisica, ente o società, re sponsabile del mantenimento delle caratteristiche peculiari della cultivar, che ne hanno permesso l’iscrizione e ne determinano, o meno, il successo presso i coltivatori. Una varietà non ben con servata è suscettibile, nel corso degli anni, a una degenerazione dovuta a ibridazioni spontanee, microsegregazioni oppure anche solo a inquinamenti banali che ne possono compromettere i re quisiti fondamentali di identità, stabilità e omogeneità. Nel caso di piante autogame, quali il riso, il metodo di conservazione più dif fuso è quello delle “file-spiga”, attraverso il quale si procede alla produzione di piccoli quantitativi particolarmente controllati. L’iter di certificazione della produzione sementiera parte dalla verifica di queste attività. Il materiale derivante dalla selezione conservatrice viene ripro dotto attraverso una successione genealogica. Dal seme di prebase, la cui certificazione è volontaria, deriva il base, quindi la 1a riproduzione e la 2a riproduzione.
Etichette ufficiali di certificazione delle sementi di prebase (sopra) e di base (sotto) Etichette ufficiali di certificazione di sementi certificate di prima riproduzione (a destra) e di seconda riproduzione (a sinistra)
504
attività sementiera Schema della produzione sementiera Costituzione della varietà
Ammissione al registro delle varietà
Semente certificata
• L’utilizzo di sementi certificate
C o m m e r c i o
Selezione conservatrice
Controllo uff. della sel. cons.
Produz. seme PREBASE
Certificazione facoltativa
Produz. seme BASE
Certificazione obbligatoria
è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, sia in termini di quantità sia di qualità del raccolto; la garanzia di qualità della semente è rappresentata dalla presenza dell’etichetta ufficiale ENSE sulla confezione
Fasi principali della certificazione
Produz. seme CERTIF. 1a riproduzione
• Sopralluoghi alle colture portaseme • Controllo agli stabilimenti di selezione • Analisi di laboratorio • Post-controllo
2a riproduzione
Sopralluoghi alle colture portaseme Tutte le colture destinate alla produzione di seme devono essere soggette a un controllo. Le caratteristiche botaniche e in partico lare quelle riproduttive (autogamia o allogamia) di ciascuna specie determinano il numero e l’epoca delle visite. Nel caso del riso si effettua, di norma, un solo sopralluogo tra la fine di agosto e i pri mi venti giorni di settembre, in funzione del ciclo vegetativo della varietà, dell’epoca di semina, dell’andamento climatico e delle epurazioni manuali che devono essere realizzate. Le prime verifiche sono mirate a individuare con precisione gli ap pezzamenti da controllare attraverso la verifica dei dati catastali e a constatare il quantitativo e la categoria delle sementi utilizzate, verificando i cartellini ufficiali di certificazione. Si procede, quindi, alla visita dei campi accertando: – lo stato generale della coltura; – l’identificazione varietale; – la purezza varietale; – la presenza di piante manifestamente riconoscibili come riso crodo; – l’isolamento; – la presenza di gravi malattie trasmissibili per seme.
Gli standard minimi previsti dalla legislazione sementiera vengono verificati in ciascuna fase e in funzione delle categorie di certificazione
Stato generale della coltura. Al momento della visita in campo la coltura deve essere nello stato vegetativo ottimale per la miglio re osservazione dei caratteri varietali, deve presentarsi sufficien 505
ricerca temente uniforme e il moltiplicatore deve aver effettuato le op portune epurazioni. Non devono essere presenti forti infestazioni da malerbe, in particolare che impediscano la corretta rilevazione
Caratteri identificativi del riso che distinguono le varietà
Le caratteristiche della pannocchia sono fondamentali per l’identificazione delle varietà
506
Caratteri
Classi differenziali
Taglia
- Molto bassa (< 60 cm) - Bassa (da 60 a 80 cm) - Media (da 80 a 90 cm) - Alta (da 90 a 100 cm) - Molto alta (> 100 cm)
Colore nodi
Verde o pigmentato
Colore internodi
Verde o pigmentato
Colore guaina
Verde o pigmentato
Colore foglia
Verde o pigmentato
Pannocchia-tipo
- Compatta - Intermedia - Aperta
Pannocchia-portamento
- Eretta - Semieretta - Semipendula - Pendula
Pannocchia-distribuzione delle ariste
- Mutica - Solo sulla punta - Solo nel quarto superiore - Solo nella metà superiore - Sui 3/4 della lunghezza - Su tutta la lunghezza
Glumelle-colorazione apice
Pigmentato o apigmentato
Glumelle-colorazione carena e calotta
Pigmentate o apigmentate
Glumelle-villosità
- Assente - Debole - Forte - Molto forte
Cariosside-forma (rapporto lunghezza/larghezza)
- Arrotondata (< 1,75) - Semi-arrotondata (1,76-1,99) - Semi-affusolata (2,00-2,45) - Affusolata (2,46-2,99) - Tipo indica (> 3,00)
Cariosside-colore pericarpo
Bianco o colorato
Ciclo vegetativo (semina – maturazione)
- Precocissimo - Precoce - Medio - Di stagione - Tardivo
attività sementiera della coltivazione, o gravi avversità, quali aborto fiorale, alletta menti o particolari avversità climatiche.
Tolleranze di riso crodo ammesse per categoria di seme
Identificazione varietale. Occorre verificare la corrispondenza tra la varietà dichiarata e i caratteri identificativi della varietà stes sa. Al momento del sopralluogo sono ben rilevabili ed osservabili solo alcuni dei caratteri morfo-fisiologici che distinguono una va rietà, ma, di norma, sono ampiamente sufficienti per un’identifica zione certa e corretta della varietà in esame.
Categoria del seme impiegato
Standard di purezza varietale Categoria del seme impiegato
Categoria del seme da produrre
Standard di purezza minima (‰)
Percentuale massima di impurità varietali (‰)
Nucleo
Prebase
999,5
0,2
Prebase
Base
999,5
0,5
Base
1a ripr.
999
1,0
1a ripr.
2a ripr.
997
2,0
Tolleranza
Note
Nucleo
Nessuna
La presenza anche di una sola pianta comporta lo scarto totale della coltura
Prebase
Nessuna
In presenza di tracce la coltura può essere declassata
Base
1 pianta per 50 m2
1a ripr.
1 pianta per 50 m2
Purezza varietale. La presenza di piante appartenenti ad altre varietà o disgiuntive della varietà coltivata deve essere attenta mente valutata effettuando, se necessario, diversi saggi dove si determinano, con precisione, il numero di culmi presenti e il nu mero di culmi fuori-tipo. Presenza di piante manifestamente riconoscibili come riso crodo. Si tratta di forme selvatiche di piante appartenenti alla specie Oryza sativa, con granelli a pericarpo rosso o bianco, che presentano la caratteristica di “crodare”, ovvero, a maturazione, le cariossidi si staccano dal rachide e cadono nel terreno. Di norma si differenziano in modo netto dalle varietà coltivate, ma, talvolta, sono presenti piante tipiche della cv coltivata con pericarpo rosso e crodatura variabile.
Sintomi di Fusarium moniliforme
Distanze di isolamento
Isolamento. Le norme definiscono delle distanze minime rispetto a colture della stessa specie, ma di altra varietà o categoria.
Categoria del seme impiegato
Distanza minima
Nucleo
8 metri
Prebase
8 metri
Base
4 metri
1 riproduzione
4 metri
Tolleranza di piante con sintomi di Fusarium moniliforme Categoria del seme impiegato
Categoria del seme da produrre
Numero massimo ammesso di piante con sintomi
Prebase
Base
Tracce
Base
1a riproduzione
4 per 200 m2
1a riproduzione
2a riproduzione
8 per 200 m2
a
507
ricerca Presenza di gravi malattie trasmissibili per seme. La principale fitopatia trasmissibile per seme è il Fusarium moniliforme. L’ac certamento della presenza viene determinato in campo e i limiti previsti dalle normative in vigore sono estremamente restrittivi. Negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di un nuovo patogeno trasmissibile per seme, il nematode Aphelenchoides besseyii. Que sto parassita è considerato da quarantena e la sua presenza in un lotto di semente, anche come singolo individuo, determina lo scarto e la non commercializzazione dell’intero lotto. L’accertamento della possibile infestazione è demandata ai Servizi Fitosanitori Regionali in quanto elencato nelle direttive comunitarie fitopatologiche. Controllo agli stabilimenti di selezione La selezione meccanica è un’operazione finalizzata all’eliminazione dalle sementi di qualsiasi impurità presente. Attraverso una serie di lavorazioni si mira a ottenere un seme puro, privo di rotture, corpi estranei o materie inerti (sassolini, paglia, terriccio ecc.), e il più pos sibile esente da semi di altre specie (infestanti e non) o di diverse va rietà. Spesso si procede anche al trattamento chimico delle partite, al fine di proteggerle da eventuali attacchi fungini. Un impianto per la selezione meccanica per il riso deve prevedere una successione minima di macchine operatrici per le diverse fasi della lavorazione: – tarara – sbarbatore – cilindri alveolati e vagli – attrezzature per il trattamento conciante. Al termine della selezione meccanica il prodotto viene confeziona
Conca di raccolta Mantello alveolato
Coclea trasportatrice Funzionamento dei cilindri alveolati
Schema di un impianto di selezione meccanica per sementi di riso Elevatore Elevatore Sbarbatore
Elevatori
Vagli calibratori Tramoggia di carico
Cilindri alveolati Insacco
Pre-pulitore
Fonte: rielaborazione grafica da appunti di Romeo Piacco
508
attività sementiera to in imballaggi idonei alla commercializzazione. È a questo punto che intervengono i tecnici incaricati della certificazione, che cam pionano la merce pronta per la distribuzione, inviano i campioni prelevati ai laboratori per i successivi accertamenti e, in caso di esito positivo, rilasciano le etichette ufficiali di certificazione.
Normativa sull’analisi delle sementi
• Le operazioni di campionamento
Analisi di laboratorio Le analisi di laboratorio si distinguono in: – analisi genetiche – analisi fisiche – analisi fisiologiche – analisi dello stato sanitario.
e le analisi di laboratorio sono stabilite e regolamentate da precise norme nazionali e internazionali. Per quanto riguarda l’ambito nazionale il riferimento è il DM 22 dicembre 1992 “Metodi ufficiali di campionamento e analisi delle sementi”
Analisi genetiche. Determinano l’identità e la purezza varietale. Relativamente alla specie riso vengono effettuate sulla base dei caratteri morfologici del seme: dimensioni, forma, pigmentazioni, presenza o assenza della perlatura e in alcuni casi la villosità sono elementi che permettono una sufficiente differenziazione varietale. Analisi fisiche. Determinano le percentuali di seme puro, semi estranei e impurità inerti contenute nel campione di analisi. Costi tuiscono la frazione seme puro tutti i semi appartenenti alla specie dichiarata, siano essi maturi e integri o striminziti e immaturi. I semi estranei sono quelli riferibili a specie diversa da quella ana lizzata. Le impurità inerti sono definite rispetto a tutto ciò che non è seme (paglie, sassolini, grumi di terra ecc.). Analisi fisiologiche. La principale analisi di questo gruppo è la ger minabilità. Con essa si determina la percentuale di semi capaci di produrre germogli normali, ovvero plantule le cui strutture essen ziali abbiano uno sviluppo equilibrato.
L’analisi della grana rossa, specifica per il riso, rientra tra le analisi fisiche. È una particolare determinazione, in quanto riferita non a specie diverse, ma alla stessa specie
Analisi dello stato sanitario. Determinano l’eventuale presenza di patogeni. In particolare nel riso è possibile rilevare la presenza di infezioni dovute a Bipolaris oryzae e/o Alternaria spp.
Requisiti minimi previsti dalla legge sementiera per le sementi di riso
Post-controllo Campioni di seme proveniente dai campionamenti effettuati alla selezione meccanica vengono allevati in parcella, nella campagna seguente, al fine di verificare l’effettivo funzionamento dell’attività svolta. Si verificano in particolare l’identità varietale (a tal fine si utilizza un campione standard della varietà) e la purezza varie tale. Per quanto riguarda le categorie riproducibili si utilizzano le parcelle anche per un pre-controllo del materiale di propagazione che è stato immesso in commercio e, quindi, è possibile rilevare specifiche particolarità che si dovranno poi verificare nelle colture portaseme. Nel caso vengano rilevate a carico di una varietà ano malie non attribuibili a una singola coltivazione, si dovrà procede re a un accurato controllo alla selezione conservatrice. 509
Purezza specifica
Tutte le categorie
98%
Germinabilità
Tutte le categorie
85%
Cariossidi a pericarpo rosso (su 500 g di seme)
- Prebase e base - 1a riproduzione - 2a riproduzione
1 3 5
Presenza di Panicum spp. (su 500 g di seme)
- Prebase e base - 1a riproduzione - 2a riproduzione
1 3 5
ricerca Evoluzione varietale L’evoluzione varietale viene illustrata attraverso i dati delle ultime dieci annate agrarie.
Superfici certificate nelle principali province risicole italiane (ha) 2005/06
2006/07
Superficie certificata Osservando i dati totali a partire dalla campagna 1988-99 sino alla campagna 2007-08 si rileva una decisa e progressiva flessio ne delle coltivazioni da seme sino all’annata 2005-06 seguita da una ripresa nelle ultime due annate. Questo andamento è dovuto a diversi fattori: – la concentrazione delle coltivazioni presso aziende moltiplicatri ci particolarmente specializzate; – la riduzione delle coltivazioni da seme negli areali “periferici” della risicoltura italiana (Sardegna, Toscana, Veneto), che ave vano conosciuto forte espansione negli anni ’90. Le motivazioni
2007/08
Piemonte Vercelli
3398
3518
3531
Novara
2009
2012
2546
Alessandria
518
533
479
Cuneo
126
114
143
Biella
30
66
103
Torino
52
31
33
Totale Piemonte
6133
6273
6835
Evoluzione delle superfici certificate 13.000
Lombardia 2267
2285
2316
Milano
264
280
285
Mantova
23
64
68
Lodi
66
63
113
Cremona
19
0
0
Totale Lombardia
2640
2693
2782
12.500 Ettari certificati
Pavia
12.000 11.500 11.000 10.500 10.000 9500
Veneto Rovigo
278
241
181
Verona
135
175
167
Venezia
58
51
62
Totale Veneto
471
466
410
Sardegna Oristano
660
705
683
Cagliari
187
173
138
Totale Sardegna
847
878
821
510
1998/ 1999/ 2000/ 2001/ 2002/ 2003/ 2004/ 2005/ 2006/ 2007/ 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
attività sementiera
2006/07
2005/06
2004/05
2003/04
2002/03
2001/02
2000/01
1999/00
515 510 505 500 495 490 485 480 475 470
1998/99
Quintali (.000)
Quantitativi certificati
sono di diversa natura: economiche (costi di trasporto in primo luogo), tecniche (specializzazione delle aziende) e agronomiche (rotazioni e problematiche di irrigazione); – la riduzione delle superfici coltivate con varietà a ciclo medio tardivo o tardivo. A lato vengono riportate le superfici certificate nelle principali aree risicole italiane.
2005/06
2006/07
2007/08
Certificata
10.838
11.189
11.827
Totale
224.014
228.084
232.549
Regioni produttrici di riso: superficie totale e certificata (ettari)
Quantitativi certificati Con riferimento ai quantitativi certificati, si nota una sostanziale sta bilità delle produzioni, con due picchi in corrispondenza di annate in cui le esportazioni sono risultate particolarmente dinamiche.
Parcelle per la valutazione delle caratteristiche qualitative della semente
511
il riso
ricerca Ente Nazionale Risi Roberto Magnaghi
www.colturaecultura.it Diritti di sfruttamento economico: Bayer CropScience S.r.l. Realizzazione editoriale: ART Servizi Editoriali S.r.l. I nomi di coloro che hanno realizzato le fotografie sono riportati sopra le stesse; in tutti gli altri casi le immagini sono state fornite dagli Autori di ciascun capitolo o reperite da agenzie fotografiche. Crediti: le foto alle pagine 1 (Lorelyn Medina) e 596 (Gennady Kravestky) sono dell’agenzia Dreamstime.com. Le foto alle pagine 104 e 105 sono di Renato Guttuso © Renato Guttuso by SIAE 2008.
ricerca Ente Nazionale Risi In Europa il consumo di riso ha sempre assunto grande importanza tanto che ogni anno venivano importati ingenti quantitativi di prodotto. Dalla sola India, infatti, venivano importati circa 14.000.000 di quintali di riso Burma per essere lavorati in Gran Bretagna, Germania, Olanda e Italia. Nonostante il notevole flusso di importazione, i Paesi europei non disdegnavano di consumare anche il riso italiano. L’eccedenza della produzione nazionale di riso, almeno un sesto rispetto al consumo interno, veniva dunque collocata, allo stadio di semigreggio e lavorato, sui mercati europei e in particolare su quello francese. La concorrenza dei risi d’importazione e la guerra doganale con la Francia crearono enormi problemi alla produzione del nostro Paese, tanto che nel 1887, nell’ambito del pacchetto daziario in difesa della cerealicoltura nazionale, i governanti furono costretti a istituire una tariffa doganale sul riso. Il nuovo regime doganale creò le premesse per una ripresa del settore e la produzione raggiunse livelli elevati. Il dazio sul riso, fortemente “protettore”, fu mantenuto inalterato fino alla Prima guerra mondiale. Con la legislazione di guerra, l’intervento dello Stato sul settore divenne più importante; esso, infatti, non si limitò a disciplinare i prezzi e la distribuzione del prodotto, ma arrivò a operare interventi sulla produzione requisendo le derrate, e sulla trasformazione requisendo alcuni dei più importanti stabilimenti industriali. Nel 1917 venne instaurato un regime di monopolio negli acquisti e nelle vendite, dalle sementi al raccolto, in cui lo Stato, attraverso la requisizione, fissava il prezzo al produttore. Le esigenze di approvvigionamento alimentare posero fine al
Produzione di riso in Italia
• Verso la metà dell’800 l’Italia era già
il principale Paese produttore di riso in Europa con una produzione nazionale che si aggirava intorno allo 0,5% del raccolto mondiale
Riso in fioritura Risaie in Calabria
Foto E. Marmiroli
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ente nazionale risi lungo periodo protezionistico e determinarono l’abolizione delle protezioni tariffarie sul riso italiano, facendo registrare immediatamente una massiccia importazione di riso e una riduzione estremamente importante delle esportazioni. Le Commissioni militari di requisizione, che avevano avuto il compito di procedere alla raccolta del riso necessario all’approvvigionamento dell’esercito e della popolazione civile a prezzi calmierati, furono accusate di non aver operato secondo le logiche della trasparenza. Fu così che lo Stato, dopo aver proceduto alla loro liquidazione, trasferì le competenze del controllo sulla produzione e trasformazione a nuove forme di organizzazione e di aggregazione. Ogni potere decisionale riguardante i prezzi fu trasferito al Consorzio italiano per i cereali, all’interno del quale una sezione di industriali risieri fu investita del compito di procedere alla raccolta del prodotto requisito, alla sua lavorazione e distribuzione agli enti di consumo. I risicoltori, insoddisfatti dell’organizzazione data dallo Stato al settore, costituirono un sindacato di agricoltori a cui doveva essere obbligatoriamente consegnata la raccolta di tutto il risone prodotto al fine di poter così concentrare l’offerta ed essere in grado di concorrere alla formazione dei prezzi. Per superare queste divisioni, come avvenne per altre produzioni nazionali, nel 1919 venne costituito un organismo statale composto da risicoltori e da industriali trasformatori: il “Consorzio nazionale per il riso”. All’interno di questo Consorzio i produttori avevano il compito di procedere alla raccolta del risone precettato dal Sottosegretariato agli approvvigionamenti e ai consumi, di rilasciare i quantitativi necessari alle aziende per uso interno, e di consegnare il risone prodotto all’industria per la lavorazione; gli industriali avevano
Foto E. Marmiroli
Risaia allagata prima della semina
Risaie nel Novarese
Foto R. Angelini
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ricerca invece il compito di procedere alla trasformazione della materia prima e alla vendita attraverso i consorzi agrari provinciali. Il Consorzio nazionale per il riso non rappresentò però un effettivo passo avanti verso un riequilibro tra il settore agricolo e quello industriale; infatti, tra il 1919 e il 1920, nonostante la quasi invarianza dei prezzi del risone, si incrementò notevolmente il prezzo del riso lavorato. Aumentarono i contrasti e, in seguito a diverse vicende anche di carattere legale, il Consorzio fu sciolto. Nel corso degli anni Venti le esportazioni aumentarono notevolmente ma, corsi e ricorsi della storia, la situazione del mercato internazionale tornò a creare problemi alla produzione italiana. L’aumento delle superfici coltivate a riso si realizzò non solo in Italia bensì in tutti i principali Paesi produttori e questa situazione creò notevoli danni al nostro Paese, che da principale esportatore si trovò a dover affrontare la concorrenza di riso giapponese, nordamericano ed egiziano importato in diversi Paesi europei. Inoltre, Paesi come la Francia e l’Argentina, che avevano creato un’attività di trasformazione del risone, avevano imposto tariffe all’importazione particolarmente elevate. Ovviamente, tutto questo creò in Italia un’eccedenza di offerta del prodotto nazionale con la conseguente riduzione delle quotazioni di mercato. La difficile situazione di mercato spinse il governo a ricercare uno strumento in grado di affrontare una crisi così importante per il settore che, tra l’altro, vedeva in grande contrapposizione gli interessi dei produttori che privilegiavano il mercato interno sostenendo i prezzi e gli interessi degli industriali che privilegiavano il mercato estero. Questi contrasti spinsero le autorità di governo a creare una struttura in grado di regolamentare il mercato e di ridefinire i rapporti con l’industria.
Nascita dell’Ente Nazionale Risi
• L’Ente fu istituito a Milano nel 1931, con lo scopo di regolamentare il mercato e di ridefinire i rapporti con l’industria
• A esso era affidato il compito
di determinare il prezzo del risone e d’imporre all’acquirente un “diritto di contratto” per la sovvenzione delle esportazioni
Risaie nel Pavese
Foto R. Angelini
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ente nazionale risi Fu così istituito a Milano nel 1931 l’Ente Nazionale Risi, ente di diritto pubblico su base intercategoriale e dotato di poteri impositivi che gli permettevano di autofinanziarsi. Lo Stato delegò all’Ente il potere di determinare il prezzo del risone e d’imporre all’acquirente (commerciante, intermediario o grossista) un “diritto di contratto” attraverso il quale venivano sovvenzionate le esportazioni. Nella fase d’avvio (1931-33), l’Ente Nazionale Risi elaborò un programma articolato in alcuni punti strategici che lo stesso Ente realizzò nonostante i grandi problemi economici che si presentarono all’epoca: difesa dei prezzi; costruzioni di impianti a uso collettivo per essiccare e stoccare il prodotto raccolto, al fine di regolarne l’offerta nel corso della campagna di commercializzazione; sovvenzionare le esportazioni per mettere gli operatori in grado di affrontare la concorrenza asiatica; fornitura, previe contrattazioni dirette, di grossi quantitativi a organismi statali stranieri; intensa propaganda per l’incremento del consumo interno; opere sociali per lavoratori fissi e stagionali impiegati in risaia (circa 150.000 mondine) e per i loro figli. Nel 1933 fu avviata una riforma istituzionale dell’Ente che, di fatto, si limitò a prevedere la costituzione di un Comitato di presidenza, avviando l’Ente Nazionale Risi verso una gestione sempre più dirigistica e autocratica, consolidando la propria presenza come unico organismo di gestione del settore che lo portò a essere ricompreso nei cosiddetti “enti economici” paralleli. Nella seconda metà del 1932 l’Ente Nazionale Risi aveva intrapreso attività che lo avevano portato ad attuare una vera e propria direzione commerciale del settore, dalla produzione di riso da seme, alla compravendita del prodotto all’interno e all’estero. L’Ente Nazionale Risi costituì una serie di società controllate (per es. la SAPRI – Società anonima produttori riso – s’impose sul
Foto E. Marmiroli
Risaie e liquirizia in Calabria
Riso in fase di fioritura
Foto R. Angelini
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ricerca mercato anche come una diretta concorrente delle imprese private), di cui assunse la maggioranza prima e la totalità poi del capitale azionario, per poter esercitare in modo diretto diverse attività mutando di fatto la propria fisionomia da organo di disciplina di settore in ente pubblico imprenditoriale. Dall’azione multiforme dell’Ente la risicoltura italiana trasse tangibili benefici che determinarono aumenti produttivi sia in termini di ettari investiti sia in termini di resa. A interrompere, però, la parabola evolutiva, giunse purtroppo la guerra che portò con sé una drastica riduzione delle superfici coltivate, per penuria di mezzi tecnici e di mano d’opera, nonché uno scadimento qualitativo del prodotto, mentre l’Ente Nazionale Risi dovette trasformare l’ammasso del risone che era attuato a vantaggio dei produttori in ammasso obbligatorio per conto dello Stato. Cessate le ostilità belliche, anche la risicoltura risentì gravemente dello stato di disagio tecnico-economico, come la deficienza della mano d’opera, quella gravissima dei fertilizzanti, dei carburanti, degli altri mezzi e servizi della coltivazione. Iniziò così la contrazione della coltura del riso: dai 165.000 ettari coltivati nel 1941/42 ai 97.000 ettari nel 1945. La produzione diminuì ancor di più… dagli 8.500.000 quintali del 1941 si precipitò ai 3.500.000 del 1945. Già un anno dopo, però, nel settembre 1946, L’Italia e i Cereali poteva annunciare: “Secondo le ultime previsioni, il raccolto di risone ammonterà a 5.500.000 quintali, con una resa di 3.740.000 quintali di riso mondato. Questo miglioramento è dovuto in gran parte al fatto che le superfici coltivate a riso sono aumentate quest’anno del 29%: infatti sono passate dai 97.000 ettari del 1945 ai 130.000 di quest’anno”.
Dal dopoguerra a oggi
• Nel dopoguerra, L’Ente Nazionale Risi
affiancò alle attività di difesa economica del settore intense campagne promozionali per il rafforzamento commerciale: moltiplicò le strutture ricettive; sottopose ai collaudi più rigorosi macchine, attrezzi, concimi, diserbanti che potessero sveltire le operazioni colturali e diminuirne i costi; sollecitò il miglioramento delle varietà coltivabili ecc.
• La risicoltura italiana si presentò
così all’appuntamento con il Mercato Comune come settore organizzato e in grado di affrontare una nuova avventura
• L’inserimento del riso fra i prodotti
comunitari “protetti” – con una regolamentazione specifica e diversa dagli altri cereali – permise alla filiera italiana di incrementare la produzione triplicando, al contempo, il collocamento all’estero, grazie anche alle “restituzioni” accordate dalla CEE
Risaie nel Ferrarese
Foto R. Angelini
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ente nazionale risi La rapida “ricostruzione” riconfermava di quanta tenace intraprendenza fossero dotati i risicoltori, i quali nel frattempo avevano chiesto e ottenuto che l’Ente Nazionale Risi, anziché seguire il destino di tutti gli altri enti economici agricoli, rimanesse a capo del settore, integro nelle sue funzioni e attribuzioni. Negli anni successivi, l’Ente Nazionale Risi seppe adattare duttilmente la propria linea di condotta alle diverse congiunture determinate da vicende politiche ed economiche internazionali, pur facendo costante riferimento a quella che è la sua ragione d’essere: il progresso della risicoltura italiana e la tutela degli interessi di quanti operano nel suo contesto. L’Ente Nazionale Risi rappresentava infatti, allora come oggi, il più valido strumento di difesa sia per le categorie produttrici sia per il consumatore. In effetti, la difesa economica del settore costituiva fin dalle origini, come abbiamo visto, la funzione preminente dell’Ente Nazionale Risi, esplicantesi, in sintesi, nell’assicurare prezzi di sostegno ai produttori – sia che vigesse l’ammasso del risone sia poi la libera contrattazione – e nell’accordare congrui “rimborsi” agli esportatori, per consentire loro di presentare offerte competitive sui mercati stranieri. La dinamica attività dell’Ente, però, non si esauriva nell’assolvimento di tale compito primario. Interpretando nel significato più ampio la dizione della legge che lo aveva istituito, l’Ente Nazionale Risi aveva ripreso, nell’immediato dopoguerra, a svolgere intense campagne promozionali; a moltiplicare le strutture ricettive, sparse in tutte le province risicole, per la conservazione del prodotto; a sottoporre ai collaudi più rigorosi macchine, attrezzi, concimi, diserbanti che potessero sveltire le operazioni colturali e diminuirne i costi; a sollecitare, soprattutto, l’assiduo miglioramento delle varietà coltivabili.
Foto R. Angelini
Stoppie di riso dopo la trebbiatura
Risaie nel Vercellese
Foto R. Angelini
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ricerca La risicoltura italiana si presentò così all’appuntamento con il Mercato Comune come settore organizzato e in grado di affrontare una nuova avventura. L’inserimento del riso fra i prodotti comunitari “protetti” – con una regolamentazione specifica e diversa dagli altri cereali – permise alla filiera italiana di incrementare la produzione triplicando, al contempo, il collocamento all’estero grazie anche alle “restituzioni” accordate dalla CEE. L’Ente Nazionale Risi ha continuato a farsi carico di ogni possibile miglioramento qualitativo del prodotto e delle tecniche di produzione, consolidando gradualmente quel trinomio “ricerca – sperimentazione – divulgazione” che, per l’autonomia funzionale e operativa che lo distingue, rappresenta uno strumento di grande importanza per la filiera. Fulcro delle attività in cui si articola il trinomio è stato, come lo è tutt’ora, il Centro Ricerche sul Riso, nel quale genetisti, agronomi, chimici, fitopatologi si dedicano al perfezionamento del patrimonio varietale, alla ricerca di nuove varietà e nuove tecnologie di produzione. In molti appezzamenti sparsi nelle diverse province risicole vengono condotte dai tecnici dell’Ente prove comparative di fertilizzazione, diserbo con nuove sostanze o diverse formulazioni. Allorché i dati sperimentali risultano suffragati dai ripetuti controlli svolti nei campi del Centro Ricerche sul Riso e nelle periferiche risaie-pilota, i risicoltori vengono dettagliatamente informati delle innovazioni e degli accorgimenti che è consigliabile adottare, tramite i “tecnici di zona”, i quali adempiono alla funzione divulgativa loro demandata visitando le singole aziende produttrici.
Foto R. Angelini
Particolare di un campo sperimentale
Vista aerea di campi sperimentali dove vengono condotte le prove comparative varietali o dei diversi mezzi produttivi
Foto R. Angelini
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ente nazionale risi Negli anni Novanta, in considerazione di un aumento della produzione e di una progressiva riduzione della disponibilità della Commissione Europea a voler sovvenzionare le esportazioni, il settore conosce un periodo di crisi che dà luogo all’attivazione del meccanismo “dell’intervento”. L’Ente Nazionale Risi inizia così un’intensa attività di gestione dei ritiri della produzione offerta dai risicoltori e alle successive rivendite disposte dai regolamenti comunitari. Questa situazione, anche se a fasi alterne, interessa tutti gli anni Novanta e cessa nel 2004, per quanto riguarda i ritiri della produzione invenduta, e nel 2007 per quanto riguarda le rivendite del prodotto stoccato. Il settore, infatti, grazie alla nuova organizzazione del mercato risicolo varata con il regolamento CE 1785/2003 e all’allargamento dell’UE, conosce un momento favorevole potendo collocare sul mercato tutta la produzione nazionale. Nel corso degli anni di intervento, l’Ente Nazionale Risi ha comunque mantenuto fede ai propri obblighi gestendo contemporaneamente le attività per conto dell’Unione Europea, senza dimenticarsi di dare attuazione a tutti i compiti che sono previsti sia nella legge istitutiva sia nello statuto (modificatosi da ultimo nel 2006). Le attività di carattere statistico, l’attento monitoraggio delle vendite, la predisposizione dei bilanci preventivi e consuntivi di collocamento hanno permesso al settore di poter dialogare in modo puntuale con tutte le istituzioni preposte alle decisioni strategiche ottenendo risultati positivi per tutta la filiera. La storia e l’attualità dimostrano, quindi, che l’Ente Nazionale Risi continua a proporsi, come quando nacque, un obiettivo essenziale: essere utile al divenire della risicoltura italiana.
Foto V. Bellettato
Risaie nel Mantovano
Foto R. Angelini
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