La Grandiosa Dc Comics - All'origine del supereroe

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La Grandiosa DC Comics All’origine del supereroe Mostra collettiva di tavole originali e materiali dedicata alla storica casa editrice USA. Napoli COMICON – Villa Pignatelli 19 marzo 2016 – 2 maggio 2016 Organizzata e curata da Napoli COMICON via Chiaia, 41 - 80121 Napoli tel/fax: 0814238127 e-mail: info@comicon.it www.comicon.it nell’ambito del XVIII Salone Internazionale del Fumetto - 2016 Associazione COMICON/VisioNa Soc. Coop: Claudio Curcio, alino, alina, Alessandro Spinosa Antonella Cavaliere,Carlo Cigliano, Giuseppe Colella, Noemi Barricelli, Valentina Langella, Raffaele De Fazio Cura dell’esposizione: alino&alina Scenografie e Allestimento: Zè Design di Marcello Zoleo Collaborazione all’allestimento: Filli Filosa Logistica: Eurohandling Supervisione Generale: Claudio Curcio Progetto grafico: Doppiavù La mostra e il catalogo non sarebbero stati possibili senza l’apporto di Alessio Danesi. Un sentito ringraziamento alla DC Comics e alla redazione RW-Lion. E a tutti gli autori in mostra e nel catalogo. E inoltre: Vladimir&Lucha, Gisèle de Haan, Manu Gnappetta, Sabrina Semprini, Sami, Viola Bufano, Angelo e Graziano Giuliano, Marco e Giuseppe Damiano, Roberto Policastro, Walter Dipino. Le tavole originali pubblicate su questo volume e presenti in mostra appartengono alle collezioni private di: Francesco Assone, Francesco Bazzana, Lee Bermejo, Massimo Cuomo, Alessio Danesi, Werther Dell’Edera, Carmine Di Giandomenico, Scott Eder, Fabrizio Fiorentino, Antonio Fuso, Giovanni Nahmias, Davide Occhicone, Pasquale Qualano, Sylvain Rapilly, Paolo Rinaldi, Lorenzo Ruggiero, Enrico Salvini, Luca Silvestre, Claudio Villa.






Sommario Introduzioni di Claudio Curcio ...................................... 3 L’origine di un Mito ................................ 9 L’invenzione del Mito Supereroi e modernità in Italia di Sergio Brancato ................................... 11 Un grande passo per l’Umanità di Alessio Danesi ...................................... 15 La DC Comics in Italia di Luca Boschi con un intervento di Alessio Danesi ........ 37 Fantascienza di Riccardo Corbò ................................... 55 Miti e archetipi nell’universo Dc Comics di Adriano Ercolani ................................. 71 Super e Supereroi ............................... 79 Uniti per la giustizia: l’eroica trinità della DC Comics di Alessandro Di Nocera .......................... 81 I primi Maestri della DC Comics di Alberto Becattini .................................. 95 Le grandi saghe di Riccardo Corbò ................................. 109 Jack, Curt, Carmine e Neal: i grandi autori Dc Comics di Andrea Antonazzo, Elena Pizzi, Riccardo Galardini ................................ 125 Alan Moore, l’uomo del Rinascimento americano di Leonardo Rizzi ................................... 137 Il Rinascimento Americano di Moore, Gaiman e Morrison. La Vertigo di Lorenzo Corti ..................................... 155 Wildstorm: una Tempesta Perfetta di Matteo Casali ..................................... 171

Italians Golden Age

di Alberto Becattini ................................ 181

Italians Modern Age

di Alessio Danesi ..................................... 193 Serial Heroes di Carlo Coratelli .................................... 207 DCinema di Andrea Fornasiero .............................. 221 Pipistrelli e Kryptoniani in Bit: Quarant’anni di videogiochi DC Comics di Alessandro “Doc Manhattan” Apreda 233 .................................... 241 Bibliografia Bibliografia italiana di Loris Cantarelli ................................... 242



L’invenzione del Mito Supereroi e modernità in Italia It’s a bird... It’s a plane... It’s Superman! di Sergio Brancato Occorre ritornare alla riflessione sugli anni Trenta, dunque al periodo nevralgico nella fondazione dell’immaginario novecentesco, quello in cui si consolidano gli apparati produttivi e le pratiche collettive delle comunicazioni di massa così come le conosciamo, per cogliere il complesso portato della DC Comics nell’economia dell’industria culturale. È un passaggio necessario a tradurre l’analisi del fenomeno fumettistico su un piano più generale, rendendolo atto alla comprensione dei grandi processi di trasformazione culturale che hanno plasmato l’esperienza storica del secolo XX, un arco di tempo che potremmo dire passato ma non trascorso: un secolo magari “breve”, come lo definisce Eric Hobsbawm in un celebre studio, e tuttavia così “denso” di accadimenti e mutazioni paradigmatiche da non potersi ancora ritenere risolto. Per molti versi, quasi si trattasse di un’ucronia alla Philip K. Dick, tutti noi siamo ancora imprigionati nel Novecento, in un secolo già “transitato” eppure inconsapevole della propria fine. Non a caso, la metafora più fortunata

pagina a fianco La copertina di Alex Ross per il volume Justice League: Liberty & Justice del 2004.

Ancora una illustrazione di Alex Ross dedicata al supergruppo per antonomasia dell’Universo DC.

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Superman e il suo alter ego Clark Kent in un’illustrazione di Joe Shuster del 1940.

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e pertinente dell’immaginario contemporaneo è la figura della morte parziale inscritta nello zombie, il non-morto che non nutre alcuna cognizione dell’esistere sebbene si ostini a farlo. Una tra le grandi mutazioni che ebbero luogo nel corso dei fatidici Thirties è rappresentata proprio dalla DC Comics, che come è noto fu fondata – e non è dettaglio di poco conto – da un reduce della Grande Guerra, un militare ritornato dal fronte del conflitto che aveva segnato catastroficamente la fine della Belle Époque e il reale accesso al nuovo secolo. Queste figure “sopravvissute” al contatto diretto con la caduta della visione ottocentesca del mondo rappresentarono, sia per il Vecchio che per il Nuovo Continente, l’innesco di comportamenti sociali senza precedenti, nuovi protagonismi nel campo delle arte e delle scienze così come in quello dell’impresa. Nella fattispecie, l’elemento maggiormente innovativo della DC si lega, in particolare, al fatto che essa fu la prima casa editrice a proporre testate destinate a ospitare fumetti originali, ovvero realizzati espressamente per la pubblicazione periodica in quei piccoli fascicoli (ai tempi non ancora formalizzati in ciò che oggi definiamo come comic book), dunque non limitandosi alla ristampa delle strip e delle sunday page già apparse sui grandi quotidiani di Hearst e Pulitzer. La sua rilevanza nella definizione e nella stessa autonomia mediatica dei comics si lega soprattutto a questa strategia commerciale, all’epoca rischiosa e – almeno inizialmente – non confortata dal riscontro del pubblico, ma che anticipava le successive riconfigurazioni dei linguaggi audiovisivi. La DC fu invece generata da un atto rivoluzionario che registrò un enorme impatto sulle architetture sociali della cultura di massa, riassettando gli equilibri del sistema dei media e aprendo il campo della comunicazione a una radicale rivisitazione dei generi narrativi. Tuttavia, la messa a punto di un formato editoriale come il comic book non sarebbe stata possibile senza un forte catalizzatore dell’immaginazione collettiva, capace di riorganizzare le pratiche del consumo del fumetto intorno a un supporto rinnovato: dunque di ripensare alle radici la stessa forma del pubblico del medium disegnato. Simbolo di questa complessa dinamica è il dispositivo del supereroe, rappresentato al massimo grado dal prototipo Superman (dal quale, inevitabilmente, derivano tutti gli altri): nato come una sorta di poliziotto iperbolico – ricordiamo che la sigla e lo stesso brand DC rimandano alla centralità della testata Detective Comics – il personaggio creato da Jerry Siegel e Joe Shuster raccoglie e riannoda tra loro i fili di trame molto antiche, risalenti alle origini


L’invenzione del Mito - Supereroi e modernità in Italia

preistoriche della narrazione, per giungere a caratterizzare i processi di modernizzazione che hanno luogo sulla scena della metropoli industriale. È proprio questa capacità di collegare strategicamente la germinalità semantica del Mito alle comunicazioni di massa nell’età dei media audiovisivi che rende Superman così attuale, così pronto a diramarsi in una molteplicità incensibile di gemmazioni successive che ne riprendono e dispiegano la produzione di senso: da Batman a Wonder Woman, da Capitan Marvel a Capitan America e fino ai giorni nostri, attraversando una lunga e poliedrica galleria di figure dell’immaginario. Tuttavia, oltre alla sua durevolezza, il dispositivo simbolico del supereroe si segnala soprattutto per la straordinaria velocità con cui si afferma nel quadro dei processi comunicativi. L’Uomo d’Acciaio è già protagonista, un solo anno dopo l’esordio editoriale, dell’Esposizione Universale di New York nel 1939, dove – sulle pagine di un albo speciale a grande tiratura – il personaggio di Siegel e Shuster appare testimonial in grado di pubblicizzare lo spirito del tempo novecentesco. Seguirà da subito la sua massiccia presenza nell’advertising, nel cinema di animazione con la mitica serie realizzata da Max e Dave Fleischer nei primi anni Quaranta, nella televisione con le Adventures of Superman interpretate da George Reeves nel decennio successivo, e perfino nel musical con l’opera It’s a Bird... It’s a Plane... It’s Superman! di Strouse e Adams messa in scena a Broadway alla metà degli anni Sessanta: sin dal suo apparire, la creatura di Siegel e Shuster dà rapidamente vita a uno dei più efficaci e versatili apparati espressivi dell’industria culturale planetaria, che accompagna e sigla l’esperienza delle soggettività novecentesche trasformandosi in uno dei miti più rappresentativi della modernità e dei suoi “snodi” epocali. L’estrema funzionalità di Super-man è dimostrata anche dal suo rapido arrivo in Italia, un paese che con la legge Alfieri del 1938 aveva visto l’estensione dell’ideologia autarchica alle produzioni culturali estere. Eppure, già nell’estate del 1939 – dunque ad appena un anno dall’esordio americano – appare sugli Albi dell’Audace la versione nazionalizzata del

Copertina di Curt Swan per Superman #139 del 1960.

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personaggio. Smarrendo l’allure della propria nominazione originale, che sintetizza – nomen omen – significato e significante dell’oggetto mediatico, il pubblico italiano si ritrova a leggere le mirabolanti avventure di Ciclone, adattamento delle strip quotidiane d’oltreoceano, probabilmente senza rendersi conto appieno della sostanza rivoluzionaria che si addensava in quelle “ingenue” storielle disegnate. La politica di pubblicare solo le versioni a striscia del personaggio verrà praticata da tutti gli editori che, in maniera per lo più piratesca, importano nel nostro paese quello che negli Usa – ma non solo lì – sta diventando una vera e propria icona culturale. Solo nel 1954, anno della nascita della televisione in Italia, la Mondadori acquisisce i diritti dei personaggi DC e comincia a pubblicare le serie regolari americane negli Albi del Falco, sulle cui pagine appariranno – nell’arco di circa due decenni e seicento numeri – Superman (benché ribattezzato, almeno sino agli anni Sessanta, con il meno autarchico, ma sempre alquanto provinciale nome di Nembo Kid), Batman, Hawkman, Flash e gran parte del bestiario supereroico statunitense. Grazie ai colorati albi mondadoriani, di formato più piccolo rispetto ai comic

Due interpretazioni dell’Uomo d’Acciaio di Curt Swan degli anni ’60.

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book originali, il pubblico italiano si riconnette al piano planetario dei processi comunicativi, integrando nel proprio immaginario la nuova figura dell’eroe mitologico configurata dalla scuderia DC Comics. Corrono, da noi, gli anni difficili della ricostruzione nazionale dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale: per quanto riguarda i consumi culturali si passa d’emblée dall’autarchia fascista alla variegata fantasmagoria importata, dapprima, con le navi da guerra per il divertimento delle truppe statunitensi, e in seguito con le operazioni politico-economiche del piano Marshall. Negli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto, l’Italia scopre o riscopre fenomeni tipici della modernità come il jazz, il cinema western o i fumetti di supereroi:


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in breve, la cultura di massa ritrova la propria dimensione globale, ciò che – più o meno in quello stesso periodo – un sociologo innovativo e anticonvenzionale come Edgar Morin definiva come “la prima cultura universale della specie”. Superman, Batman e gli altri – sebbene vivendo tra gli alti ed i bassi del nostro sistema editoriale – partecipano a questa de-provincializzazione dell’immaginario italiano, collegando le soggettività generazionali emergenti al piano globale dell’industria culturale. Il loro consumo seriale e il loro insediarsi nelle pratiche dell’immaginazione quotidiana a partire dal linguaggio fa sì che si avvii il recupero di quel gap temporale tra un paese ancora fondamentalmente contadino e un mondo che si colloca in maniera sempre più precisa nell’orizzonte della modernità industriale. Non si può non cogliere, infatti, il dato relativo al “corpo” del supereroe DC, caratterizzato sempre e comunque da un rapporto diretto con i processi di innovazione tecnologica: sia che si parli di Superman, che integra nel proprio corpo l’estetica e le funzioni della fabbrica (è l’Uomo d’Acciaio, più veloce di un proiettile, più potente di una locomotiva e, inoltre, vola come un aereo), sia che ci si riferisca a Batman, che “attrezza” il proprio corpo di protesi meccaniche capaci di ridefinirne i limiti d’azione, la costante dei personaggi DC Comics risiede nell’esibizione di una sensibilità nuova, sempre allineata ai mutamenti del sentire collettivo e alle condizioni del nesso organico tra tecnologia e cultura. I supereroi DC possono essere considerati alla stregua di “attori” che inscenano in maniera efficace e sintetica le grandi trasformazioni in atto nel ventesimo secolo, i profondi cambiamenti che cogliamo nella percezione sociale dei saperi così come nel mutare della vita quotidiana e dei modelli di comunicazione. I poteri di Superman e l’armamentario ipertecnologico di Batman (ma anche, per esempio, la natura metamorfica e immateriale di J’onn J’onzz il Segugio di Marte, che richiama alla mente l’inquietudine della folla anonima e anomica raccontata da Baudelaire e Poe) rimandano alla ridefinizione del corpo nella sua interazione con il mondo che Marshall McLuhan individua nelle caratteristiche inedite dei nuovi (allora) mass media. La pubblicazione dei supereroi DC nel nostro paese – passata negli anni per diversi editori, dalla Corno di Luciano Secchi alla RW-Lion – testimonia la necessità di modernizzarsi non soltanto sul piano industriale, ma anche su quello culturale attraverso la condivisione di un immaginario planetario che si identifica sempre

La copertina dell’edizione tascabile del fondamentale saggio Apocalittici e Integrati di Umberto Eco pubblicata nel 1964.

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Copertina di Dick Sprang per Batman #23 del giugno 1944.

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più nelle icone della cultura pop. Nel novero di questa iconosfera mediatica, i personaggi della DC Comics sembrano svolgere un ruolo importante nel riconnettere le narrazioni basiche del mito – con la loro funzionalità elementare – alle pratiche e ai rituali dei nostri tempi, caratterizzati da inedite modalità di interazione sociale. In qualche misura, per gli adolescenti italiani che negli anni Cinquanta e Sessanta integravano nella loro dieta mediatica le suggestioni superomistiche della DC e l’esperienza di ri-territorializzazione della neonata televisione, vivere ed elaborare i mutamenti che intervenivano nell’età dei media elettronici diveniva più semplice: cos’altro sono i superpoteri di Superman – super-udito, supervista, eccetera – se non la perifrasi simbolica (e, certo, mitologica) di un corpo del consumo che si spostava dalla centralità “hard” della tradizionale fabbrica industriale ai nuovi confini dell’esperienza mondana prospettati dal potenziamento dei sensi tipico dei media istantanei? In altri termini, Superman e i suoi epigoni tendono a prefigurare l’avvento dell’uomo televisivo. Si può quindi affermare che la rilevanza della DC Comics in Italia si leghi essenzialmente al contributo che questa casa editrice – ormai indissolubilmente identificata con la trasversalità linguistica del dispositivo supereroico – ha offerto ai processi di riallineamento con la modernità vissuti dal nostro paese nel transito dalla ricostruzione post-bellica agli anni – brevi e folgoranti – del boom economico. È soprattutto in questo slittamento tra una vecchia idea della nazione a un’altra, maggiormente caratterizzata dalle dinamiche dei consumi e dall’adesione allo spostamento d’asse verso le istanze della globalizzazione, che va inquadrata l’incidenza degli apparati simbolici prodotti dalla DC. Non se ne accorgono tutti, in verità. Il dibattito italiano sulla cultura di massa nel dopoguerra rientra, inevitabilmente, nel quadro ideologico del conflitto politico in atto. Impregnati dai residui persistenti dell’idealismo crociano, ma anche da discutibili “ortodossie” marxiste, occorrerà attendere la dissidenza intellettuale di figure quali Elio Vittorini, Oreste del Buono o Gianni Rodari per rendere “dicibile” l’esistenza culturale dei fumetti. Anche tra costoro, tuttavia, si affermano tassonomie in cui si riflette un’idea nell’insieme ideologicamente attardata dell’industria culturale: le esplicita Umberto Eco nella sua opera fondamentale, Apocalittici e integrati, pubblicata nel 1964. In questa eterogenea trattazione sulle “comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa”, che nella


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sua innegabile importanza registra tuttavia il limite di una sostanziale disorganicità, Eco definisce di fatto una scala di valori tra fumetti come i Peanuts di Schulz, lo Steve Canyon di Caniff e le produzioni più tipicamente seriali della DC. Nel capitolo intitolato Il mito di Superman, in particolare, il semiologo adatta la precedente riflessione mcluhaniana de La sposa meccanica a un modello analitico fondato sulle proprietà del testo seriale e sulle sue dipendenze dai retaggi delle tradizionali espressioni narrative, chiudendo con l’ipotesi che Superman costituisca, in fondo, una sorta di riemergenza del fiabesco – e, in qualche misura, del pensiero magico – nel mondo disincantato della civiltà industriale. Questa percezione del supereroe a fumetti, innegabilmente innervata di derive francofortesi, verrà superata negli anni Settanta dall’innovativo approccio ai temi dell’immaginario del sociologo Alberto Abruzzese, che coglie nelle produzioni della DC Comics la capacità di restituire non solo gli aspetti “pacificanti” dei media di massa, la loro capacità di interagire coi soggetti del consumo gratificandone i desideri, ma anche le inquietudini relative alla costruzione dell’individualismo nel quadro di uno scenario sociologicamente mai così mobile, in cui la produzione seriale della casa editrice americana “scompone e commenta la catastrofe urbana, lo sguardo dell’individuo, (…) l’identificazione cinematografica, il superomismo antitecnologico”. A distanza di molti anni, queste righe contenute nel fondamentale saggio La Grande Scimmia (1979) mantengono una sostanziale attualità, dimostrando – anche agli occhi di chi oggi si nutre delle mitologie digitali di blockbuster cinematografici e telefilm post-seriali – che la qualità innovativa dei processi di affabulazione di massa avviati dalla DC Comics in quei lontani anni Trenta ha saputo tradursi nei mutamenti sistemici dei media sino a restituire, sia pure dentro l’apparenza della continuità, una condizione ormai altra dalla modernità industriale.

Superman al salvataggio dell’amata Lois in una vignetta di Joe Shuster dell’inizio degli anni ’40.

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