Lorenzo Mattotti - Tutte le forme del colore

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Lorenzo Mattotti Seguendo le tracce

Esposizione personale di tavole originali e materiali di lavoro dell’artista Mostra organizzata e curata da COMICON nell’ambito del XX Salone Internazionale del Fumetto Mostra d’Oltremare 28 aprile - 1 maggio 2018 Napoli - Museo Pignatelli 6 aprile - 27 maggio 2018

Mostra promossa da Polo museale della Campania Direttore Polo museale della Campania Anna Imponente Direttore Museo Pignatelli Denise Maria Pagano Vicedirettore Museo Pignatelli Rosanna Naclerio Ufficio stampa Polo museale Simona Golia Consegnatario della mostra Giuseppe Dragotti VisioNa Società Cooperativa Claudio Curcio, Alessandro Spinosa, alino, Paola Alina Damiano, Antonella Cavaliere, Noemi Barricelli, Emanuele Soffitto, Carlo Cigliano, Paolo Louis Vincent Marrelli, Raffaele De Fazio Supervisione Generale Claudio Curcio Paola Alina Damiano Progetto grafico Doppiavù Cura e percorso espositivo Giovanna Durì con Simon Mattotti Scenografie e Allestimento Zè Design di Marcello Zoleo Ufficio stampa Studio Giampaglia-Locurcio (nazionale) Francesco Tedesco (locale) Logistica Eurohandling Srl Assicurazione Genis Broker Un sentito ringraziamento agli autori Enzo Borgini e Renato Calligaro Si ringraziano i prestatori Fulvio Calise, Giuseppina Cerami, Francesca Di Transo, Francesca Dovetto, Massimo Ielasi, Andrea Lo Vecchio, Marco Mignogna Si ringraziano Allegra Nelli, Vittorio Franchi, Lina Vergara, Rosanna Romano



Viandante, 2012, Télérama, J.J.Rousseau. L’illustrazione è stata utilizzata per il manifesto della mostra Seguendo le Tracce organizzata da COMICON in occasione della XX edizione del Salone Internazionale del Fumetto.


di Claudio Curcio Venti anni fa, probabilmente di notte come adesso, scrivevo l’introduzione del volume Acrobazie, catalogo che accompagnava l’omonima mostra di Lorenzo Mattotti che avevamo allestito a Castel Sant’Elmo, nell’ambito del 1° Salone Internazionale del Fumetto. Per quel primo COMICON, che oggi sembra lontanissimo, quasi come un sogno. Scrivevo che nel nostro entusiasmo di neofiti, avevamo molti dubbi su come organizzare il festival: che tipo di offerta proporre, quali mostre allestire, quali temi affrontare, come organizzare il programma, il percorso, e tutta una serie di dettagli che avremmo scoperto essere importantissimi solo col tempo; scrivevo inoltre che per la scelta del nostro primo ospite d’onore, non avevamo avuto nessun dubbio: Lorenzo Mattotti era sembrato a tutti la scelta perfetta per accompagnarci in questa avventura, un autore che era fumettista, illustratore, pittore, e che ci permetteva di fare il nostro “debutto in società” senza vergognarci. Era vero che avevamo scelto una strada non semplice, venti anni fa, con la nostra lucida follia che ci aveva fatto individuare come sede per una fiera di fumetto un castello quattrocentesco (e grazie al sostegno e alla lungimiranza dell’allora Soprintendente Spinosa, dobbiamo dire) in un’epoca in cui il medium fumetto era considerato molto diversamente da oggi. Scrivevo che desideravamo “contribuire a far affermar un’arte che, nella

Foto della mostra Seguendo le Tracce, organizzata da COMICON nell’ambito della XX edizione del Salone internazionale del Fumetto.

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Foto della mostra Seguendo le Tracce, organizzata da COMICON nell’ambito della XX edizione del Salone internazionale del Fumetto.

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patria delle arti, non riesce ad affrancarsi dall’etichetta di solo intrattenimento (per bambini per di più) che la imita da sempre” e gli originali di Mattotti, alcuni dei quali sono presenti in questo libro, ci aiutarono egregiamente a iniziare quel percorso che avrebbe contribuito, e lo dico senza falsa modestia, a portare in Italia il Fumetto nella posizione che gli compete, oggi, nei musei e nelle gallerie d’arte, di nuovo nelle librerie e al fianco delle arti “maggiori” senza complessi di inferiorità, grazie anche allo slancio che venti anni fa riuscimmo ad avere dal nostro primo grande ospite. Mattotti ci diede quella spinta, e con un soffio leggero ci gonfiò le vele a tal punto da permetterci una lunga navigazione, attraverso mari a volte tempestosi e sempre col rischio di naufragare, ma con tante soddisfazioni e con la consapevolezza che la nostra avventura sarebbe andata lontano. Piansi in quella inaugurazione (ma era la stanchezza… giuro) e non sarò mai abbastanza grato a Lorenzo per tutto quello che ha significato per noi, e per me, la sua presenza in quel giorno di ottobre 1998. Le nostre vite e le nostre carriere si sarebbero poi allontanate, Mattotti si trasferì in Francia proprio in quel periodo e la sua carriera prese una rampa di lancio che lo portò a raggiungere vette stratosferiche: le illustrazioni per “Le Monde”, per il “New Yorker”, per la moda, il manifesto di Cannes di lì a poco, per non fermarsi più in questi venti anni di attività


incessante e di altissimo livello; noi intanto mettevamo su un’associazione culturale prima, e una società cooperativa poi, per continuare col nostro sogno di un Salone del Fumetto nella nostra città, nonostante le difficoltà e le battaglie per far accettare, ancora, il Fumetto, come forma d’espressione adulta, come forma d’arte a sé stante. Poi le nostre strade si sono riavvicinate, prima nel 2008 quando lo invitammo a realizzare il manifesto per il decennale di COMICON (un disegno che probabilmente resterà il più forte dei nostri manifesti) per ritrovarsi definitivamente quando anche io andai a vivere a Parigi e cominciai a frequentare la galleria della moglie, occasione di ritrovare Lorenzo per chiacchierare un po’ dei suoi tanti progetti e del nostro desiderio di realizzare un festival sempre migliore. E poi siamo arrivati ai venti anni, e nuovamente senza alcun dubbio, abbiamo deciso che sarebbe dovuto essere lui il Magister di questa edizione, nonostante, e lo sappiamo bene, la caotica e gioiosa miscela di contenuti che è diventata COMICON, non sempre gli vada molto a genio. Ma ovviamente Mattotti ha accettato e ci ha regalato un altro bellissimo manifesto, e un’altra bellissima mostra: Seguendo le Tracce, che ritrova il filo di venti anni fa per far chiudere un cerchio. Che riapriremo, ancora e ancora, insieme a Mattotti. Grazie Lorenzo.

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I mondi interiori di Mattotti di Luca Raffaelli Ci sono artisti che riescono, con i loro disegni, a creare mondi. Ce ne sono altri, e sono pochi, che fanno persino di più, mostrandoci i loro tanti mondi interiori. Composti di immagini, sensazioni, sogni, stili, suggestioni, creazioni ed altro ancora. Tutto insieme. Credo davvero che arrivare a fare questo sia il massimo per un artista. Ed è peraltro un traguardo recente, possibile solo dopo la rivoluzione delle avanguardie artistiche del Novecento, quando la pittura ha mostrato l’altra faccia della realtà con l’impressionismo, l’espressionismo, l’astrattismo, il simbolismo, eccetera. E dopo la nascita della psicoanalisi e le teorie di Jung. Solo attraverso la libertà dell’arte e quella interiore la rappresentazione della realtà può prendere forme che rappresentano i nostri mondi più intimi. Dunque, per mostrare il proprio mondo, un artista deve avere in mano la propria libertà costruita attraverso questo bagaglio di conoscenza e di rielaborazione della conoscenza. E avere la mano pronta a costruire nuovi stili, a modificare le forme a seconda del mondo rivisitato e ricreato. Non c’è artista che meglio riesce ad essere tutto questo, un comunicatore dei propri molteplici mondi interiori, come Lorenzo Mattotti. Certo, ce ne sono altri, meravigliosi, che si avvicinano a quel sentire, a quel modo di creare. Giraud/Moebius, ad esempio. Ovvio. E poi Andrea Pazienza, Paz, Andrenza, con le sue mille identità artistiche (e mi fermo qui, anche se gli esempi da esaminare sono molti di più). Ma se Giraud/Moebius ha fatto la scelta di essere doppio è stato per una necessità vitale, e Paz per una infinita vitalità artistica (chiedo venia per aver cercato di sintetizzare con poche parole un argomento vastissimo), Mattotti ha fatto di questa inesauribile possibilità di creazioni di mondi interiori la sua ricerca personale. Anche per questo è difficile dividere l’arte di Mattotti. Esiste davvero un Mattotti fumettista, un Mattotti illustratore, e poi pittore, regista, animatore, scenografo? Partiamo da una considerazione, che è personale ma che mi permetto di considerare oggettiva: i disegni fumettistici di Mattotti, oltre ad essere belli, sono intriganti. Hanno bisogno di tempo per essere compresi e decodificati. Non si avvalgono di quelle scorciatoie, tipiche del fumetto popolare, che permettono una rapida comprensione. Ho spesso usato l’espressione “trampolino” per descrivere l’effetto che dovrebbe avere una classica vignetta di un fumetto. Questa non deve attrarre troppo l’attenzione del

pagina a fianco L’autoritratto di Lorenzo Mattotti in Incidenti.

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lettore su di sé per proiettarla verso la successiva. Perché un fumetto va letto. E perché si legga bisogna stare su una vignetta quanto basta. Non di più. In questo senso Mattotti è un autore di fumetti sui generis. E per sua fortuna è nato nel momento storico giusto. Quello in cui il fumetto davvero non deve essere più popolare per essere apprezzato. Oggi un lettore consapevole sa bene che se sceglie di essere davanti a un fumetto di Mattotti si deve preparare a un’esperienza particolare. E quello del fumetto (scusate se divago) è finalmente un linguaggio molto vario, e difficile davvero. Bisogna essere preparati per leggere la grande varietà di stili e linguaggi di cui oggi si compone. Mattotti ama creare complessità nelle sue vignette. Ama riportare i propri mondi, e spesso ama utilizzare lo spazio bianco per creare dubbi di interpretazione (ad esempio, ed è un esempio lampante, in Fuochi). Come a dire che il Mattotti fumettista sembra voler dilatare l’esperienza di lettura della vignetta. Come se questa fosse un mondo in cui entrare. E nel fumetto, solitamente, ciò non è e non deve essere. Così mi viene da pensare che non esista davvero un Mattotti illustratore diverso da quello fumettista. Mattotti non cambia il proprio stile a seconda del linguaggio che usa. È piuttosto il linguaggio a piegarsi alle sue necessità. O ancora meglio è Mattotti a costringere i linguaggi che usa a piegarsi alle proprie necessità. Anche per questo il Pinocchio disegnato da Mattotti e diretto da Enzo D’Alò non è un film riuscito: perché D’Alò ha pensato si potessero usare i suoi disegni senza abbracciare pienamente la sua poetica, senza piegare il suo Collodi al mondo metafisico, molto sognante e poco materico di Lorenzo (Pinocchio è materia vivente in un mondo concreto, quello in cui si soffre la povertà e il freddo che diventano solitudine). Dunque il Mattotti illustratore è Mattotti. Punto e basta. È il Mattotti che usa i colori e il bianco e nero, il carboncino o i pastelli. Quello che scrive, a proposito del suo libro su Venezia: “Dovevo fare qualcosa di onesto verso me stesso. Non ho pensato neanche per un momento di disegnare le gondole e Piazza San Marco, ho provato a capire in profondità la struttura della città”. Interiorizzare, bisogna. Far entrare le città, i mondi, le storie, i personaggi, e poi restituirli sulla carta dopo averli trasformati. Non per riprodurre il visibile ma per far vivere, del visibile, la rielaborazione interiore, l’enigma che può rivelarci il nostro pensiero nascosto, i nostri segreti, l’anima del mondo. L’illustrazione di Lorenzo Mattotti realizzata in occasione della XX edizione di COMICON, il Salone Internazionale del Fumetto di Napoli. Mattotti ha realizzato anche i manifesti per la I edizione (nel 1998) e la X edizione (nel 2008).

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Mattotti,

o del fumetto fuorviante di Sergio Brancato Alcune questioni di teoria del fumetto Le parole posseggono un enorme potere: consentono di nominare le cose che compongono l’irriducibile complessità del mondo, donandoci così l’illusione di poterle governare. Ciò vale per i concetti più profondi e universali – ad esempio quelli di vita e di morte, di tempo e di spazio, dell’io e dell’altro da sé – ma anche per le più comuni esperienze della quotidianità, ovvero per quello che può apparire ai nostri occhi come pacificato o non conflittuale. Recuperando lo specifico contesto di questa nostra riflessione, proviamo dunque a chiederci: di cosa parliamo quando parliamo di fumetto? Una domanda elementare, giocata sulla parafrasi di un celebre racconto di Raymond Carver, che presume una risposta in apparenza semplicissima: il fumetto è un medium che mette insieme scrittura e immagine. Dunque le parole, appunto, ma anche ciò a cui esse rimandano. Ad esempio, il mistero delle forme visive. Nel quadro di questa definizione, tutto sembrerebbe ricondotto sic et simpliciter a un’unità di senso e, pertanto, risolto. Ma in realtà la questione non è così semplice. In primo luogo, perché far coesistere le parole e le immagini all’interno del medesimo contesto comunicativo è un atto complesso e perfino “innaturale”, che giunge a depistare le funzioni consolidate del cervello umano. In secondo luogo, perché questa defi-

pagina a fianco Copertina per The New Yorker dell’8 nov. 2010. sotto Tre copertine per The New Yorker, la prima dell’8 nov. 1993, la seconda del 21 gen. 2008 e l’ultima dell’11 gen. 1999.

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...o del fumetto fuorviante

nizione non tiene conto dell’evoluzione tecnologica e culturale che ciclicamente investe ogni mezzo di comunicazione, rifondandolo in accordo con le trasformazioni della società e delle soggettività storiche che la compongono. È un elemento ricorrente: in ogni tipo di medium si verificano sistematicamente condizioni critiche, punti di rottura delle convenzioni linguistiche necessarie al processo di comunicazione, in cui i codici e le estetiche mutano e si sviluppano in direzioni impreviste. Ciò accade perché i media non sono “cose” ma “processi”, ovvero dinamiche fluide che partecipano al costante lavoro di elaborazione collettiva del principio di realtà, ovvero di quella realtà socialmente costruita che tutti – in una misura o nell’altra – condividiamo all’interno delle pratiche quotidiane e collettive tese a definire i termini storici della nostra esistenza. Alla luce di tali premesse, la domanda da cui eravamo partiti smette di essere un ozioso esercizio teorico, tutto sommato marginale o persino astratto, e si trasforma in un atto necessario a rimettere in gioco non solo il ruolo culturale del fumetto in quanto medium, ma soprattutto il suo correlato sociale fatto di azioni e interazioni, di strategie e antagonismi, di politica e immaginario. In questa prospettiva, i comics smettono di essere un “semplice” dispositivo dell’entertainment di massa per diventare un indicatore sociologicamente pregnante dei grandi processi di trasformazione che definiscono la nostra epoca: leggendo in filigrana la fitta trama di parole e immagini che compongono il suo linguaggio, possiamo farne emergere un significato ben più profondo che riguarda le strutture dell’immaginario e la qualità della vita quotidiana.

sopra e sotto Illustrazioni per Le Monde de Voyage. pagina a fianco Copertina per The New Yorker 26 ott. 2015.

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Lorenzo nel Paese delle Meraviglie di Paolo Interdonato

(sparidinchiostro.com)

Un autore completo Quando Italo Calvino enumera le proposte per il nuovo millennio nelle sue Lezioni americane, definisce sei valori centrali per la letteratura a venire. Per quanto personali, derivanti dalla vita e dall’enciclopedia dello scrittore, le proposte sono elencate in ordine di importanza, partendo dalla più rilevante: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità e Coerenza (che, nel libro che ci è arrivato, manca per la sopraggiunta morte dell’autore o forse perché nel nuovo millennio, questo valore pare un po’ sopravvalutato). C’è da chiedersi quali siano le qualità da attribuire a un autore di fumetti. Tutti i tentativi noti producono elenchi incongrui e inconsistenti che hanno a che fare con il segno, con la costruzione della pagina e con il ritmo; poi, con il racconto e l’originalità; qualche volta, si spingono fino all’uso degli strumenti e alla capacità di collaborare con le strutture editoriali. Si tratta di sistemi di valori con ogni evidenza incapaci di abbracciare la complessità delle storie in cui viviamo. Mi concedo un tentativo personale. Un lungo elenco mentale, sibilato tra i denti, strappando valori come fossero i petali di una margherita, e mi ritrovo a maneggiare la più insidiosa tra le qualità da riconoscere a un autore: la Completezza. Un “autore completo” è l’unico artefice di una narrazione a fumetti: la progetta, la sceneggia e la disegna. La definizione è paradossale per due motivi: da un lato, attribuisce a chi si occupa di una sola fase della realizzazione una decisa incompletezza, e quella, si sa, non è certo una virtù; dall’altro, sembra qualificare la bontà di chi realizza da solo i propri fumetti. Anche se, lo vediamo con chiarezza, le librerie pullulano di ciarpame disegnato con un unico nome in copertina, la Completezza mi seduce comunque con un suo fascino preciso: gli autori che più amo realizzano in solitudine le proprie pagine, rendendo invisibile la separazione tra sceneggiatura e disegno; forse, addirittura, non lavorano distinguendo le fasi di realizzazione. Nelle loro mani, il fumetto è un dispositivo narrativo, bello ed efficace, che prende vita dall’equilibrio tra le parti che lo compongono: nessuna ridondanza, nessuna discontinuità. Lorenzo Mattotti, classe 1954, fin dall’esordio propende per le collaborazioni. Nel corso del tempo ha spesso lavorato con sceneggiatori, scelti con cura e misura: soprattutto Fabrizio Ostani, che si firma Jerry

pagina a fianco Le avventure di Huckleberry Finn, ultima tavola, 1978.

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Kramsky, con cui ha stabilito un lungo sodalizio creativo, ma anche Antonio Tettamanti, Jorge Zentner, Lilia Ambrosi e Claudio Piersanti. Benché raramente sceneggi da solo i suoi fumetti, Mattotti è un autore “completo” come pochi altri. L’insieme dei suoi lavori, pur mostrando le evoluzioni conquistate con una ricerca continua, danno conto di una Coerenza che attraversa tanto le pagine a colori quanto quelle in bianco e nero.

in questa doppia pagina L’uomo alla finestra, tavole 1, 2, 3 e 4, 1992.

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L’insostenibile leggerezza dell’etere Diciamocelo. Questa Completezza è un valore inutile. Meglio tenersi ben saldi alle qualità definite da Italo Calvino. Leggendo le Lezioni americane è possibile affiancare le analisi di Calvino ai lavori di Lorenzo Mattotti. La coincidenza tra le sei proposte per il nuovo millennio e quanto emerge dai suoi fumetti è straordinaria. Leggerezza, Rapidità, Precisione, Visibilità, Molteplicità e Coerenza: mi pare evidente che questi valori siano tutti presenti fin dai pri-


Lorenzo nel Paese delle Meraviglie

mi lavori di Mattotti, ma che ognuno di loro reclami in modo particolare l’attenzione del lettore in alcuni momenti. Ed è altrettanto evidente che alcuni fumetti costituiscano i punti nodali esemplari, necessari per raccontare la carriera e l’eccezionalità dell’autore. Per esempio, la contrapposizione tra Leggerezza e Peso si manifesta fin da subito. Lorenzo Mattotti esordisce come fumettista con una rinuncia: interrompe il corso di studi in Architettura prima di iniziare la tesi di laurea. Decide di dedicarsi al fumetto, collaborando con due sceneggiatori diversi: Antonio Tettamanti, con cui realizza una serie di storie brevi per il settimanale milanese di annunci “Secondamano”, e Jerry Kramsky, con cui propone, nel 1977, Alice Brum Brum all’editore Ottaviano che sta mostrando una particolare sensibilità al fumetto. Si percepisce, guardando le pagine del giovane disegnatore, una caratteristica che sarà evidente anche nei lavori successivi: tavole colme di segni, tratteggi, tessiture e campiture; anni, dopo, quando apparirà il colore, sarà evidente a tutti i lettori il peso materico e concreto di quelle pagine. L’editore pone una condizione al fumettista quasi esordiente. Pubblicherà Alice Brum Brum, che i due autori vorrebbero invece intitolare La realtà è

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Lorenzo nel Paese delle Meraviglie

strabica, a patto che gli sia affiancato un adattamento letterario. A Mattotti piacerebbe lavorare sul Ragazzo rapito di Robert Louis Stevenson; dopo avere saputo che il romanzo è già stato trasposto a fumetti da Hugo Pratt, accetta il consiglio dell’editore e si dedica alle Avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Si fa aiutare nell’impresa da Antonio Tettamanti e affronta il romanzo come se fosse uno di quei vincoli che, proprio secondo Italo Calvino, accrescono la creatività. A questo limite narrativo ne affianca uno strutturale quando decide di sviluppare la pagina su quattro strisce. «Dopo tanti anni passati a balbettare tante maniere di disegnare», dice l’autore, “e a raccontare strambe storie alternative, il confronto con un grande classico fu l’occasione di dimostrare che ero capace di raccontare anche in maniera più tradizionale, divertendo e illustrando”. Pare quasi un discorso di normalizzazione della narrazione, fatto negli stessi anni in cui il francese Moebius teorizza l’assoluta libertà creativa del disegnatore, che può dedicarsi a racconti «a forma di farfalla o di fiamma di cerino». Eppure, confrontandosi con il romanzo di Twain, Mattotti trova una misura di narrazione e disegno. Carica la pagina di inchiostro, affastellando segni. Le sue tavole restituiscono «un western hippie e circense, tra fango e pioggia». E quando, nell’ultima pagina, si levano alberi altissimi che attraversano tutte le vignette, la Leggerezza sprigionata da quelle foglie dense e dagli uccelli che infittiscono il cielo, riporta alla mente la chiave di lettura che Italo Calvino dà del proprio lavoro in apertura alla prima delle sue Lezioni: “Dopo quarant’anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti diversi, è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio”.

pagina a fianco Jekyll & Hyde, tavola 2, 2002. sotto Jekyll & Hyde, dettaglio da tavola 24, 2002.

Rapidità, Fuochi e “l’orrore, l’orrore” Quando parla di Rapidità (e, in contrapposizione, di Lentezza) Calvino si riferisce alla questione del ritmo. I tempi della narrazione e della lettura sono il nucleo vitale del fumetto. Gli autori sviluppano il racconto inseguendo due movimenti apparentemente opposti: da un lato, scelgono il momento che deve essere rappresentato; dall’altro, costruiscono la giustapposizione di quei momenti sulla pagina. L’impianto visuale della pagina è la struttura ritmica del fumetto, lo spartito che il lettore deve eseguire. Poco dopo l’esperienza di Huckleberry Finn, Mattotti inizia a collaborare con “Alter Alter”. Il periodico è una costola di “Linus”, voluta dal 65


Sommario Introduzione di Claudio Curcio

I mondi interiori di Mattotti di Luca Raffaelli

Mattotti, o del fumetto fuorviante di Sergio Brancato

I turbamenti del giovane Mattotti di Daniele Barbieri

Rapporto dalla spia marziana su Mattotti di Jerry Kramsky

Lorenzo nel Paese delle Meraviglie di Paolo Interdonato

Disegni animati nel flusso del racconto di Paola Bristot

Mattotti in Scozia di Giorgio Carpinteri

Uomo, amico, artista di Igort

I maestri non s’inventano di Giovanna DurÏ

Bibliografia ragionata a cura di Loris Cantarelli

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Lorenzo Mattotti

Tutte le forme del colore COMICON Edizioni via Chiaia, 41 - 80121 Napoli tel/fax: 0814238127 e-mail: edizioni@comicon.it edizioni.comicon.it Collana: Gli Audaci (n.7) a cura di: Giovanna Durì, Raffaele De Fazio, Emanuele Soffitto Progetto grafico e impaginazione: Walter Dipino / Doppiavù Studio Cover design: Roberto Policastro / Doppiavù Studio Illustrazione di copertina: Lorenzo Mattotti Coordinamento Editoriale: Raffaele De Fazio Testi e omaggi di: Daniele Barbieri, Sergio Brancato, Paola Bristot, Giovanna Durì, Loris Cantarelli, Giorgio Carpinteri, Claudio Curcio, Paolo Interdonato, Jerry Kramsky, Luca Raffaelli, Igor Tuveri. © testi 2018: degli autori e degli aventi diritto © immagine di copertina: Angelo Caduto, 1995 - Lorenzo Mattotti - COMICON Edizioni © quarta di copertina: foto di Simone Florena per Ri-Tratti. © immagini 2018: Lorenzo Mattotti e degli aventi diritto. © Per le immagini e i testi Renato Calligaro - Vivacomix Un ringraziamento speciale alla curatrice Giovanna Durì per il prezioso aiuto. Per qualsiasi aggiunta e/o correzione alla bibliografia, potete contattare direttamente Loris Cantarelli (cantarelli@tiscali.it) Questo libro è stato stampato nel mese di aprile 2018 da Arti Grafiche Lapelosa (SA) ISBN 978-88-98049-71-4



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