“Civitavecchia sotto le bombe” Bombardamento Strategico e Piani d’Inganno di Daniele Di Giulio LA DOTTRINA SUL DOMINIO DELL’ARIA Nel panorama del pensiero militare italiano risalta la figura del Gen. Giulio DOUHET1, maggior teorico dell’impiego dell’Arma Aerea. Infatti, alla fine del 1913 redasse “Norme per l’impiego degli aerei in guerra” in cui presagiva l’impiego dell’aviazione come arma a sé stante e risolutrice della battaglia. Successivamente nel 1921, elaborò la sua opera base “Il dominio dell’aria” che varcò i confini nazionali, studiata, analizzata, sottoposta ad aspre critiche o accolta con ampi, entusiastici consensi in Europa e negli Stati Uniti d’America. Il DOUHET in sintesi affermava: “il bombardiere, l’arma dell’avvenire, era il risolutore della prossima guerra. La sua missione, il bombardamento in massa delle città nemiche sulle quali si doveva portare la massima distruzione anche a mezzo della guerra chimica. L’arma aerea doveva essere indipendente e ad essa dovevano essere assegnate la massima parte delle risorse disponibili. La scorta ai bombardieri doveva essere affidata a un nuovo tipo di aereo, l'aereo da battaglia, il quale, oltre ad opporsi alla caccia, doveva portare: "una certa quantità di armi offensive contro la superficie". La caccia e le difese a terra non avevano nessuna possibilità di fronteggiare la minaccia”. DOUHET, a cui va riconosciuto il titolo di padre del bombardamento terroristico, eufemisticamente definito bombardamento strategico, non era il solo a proporre questa teoria, ma fu l'unico, prima ancora della Grande Guerra, a comprendere le mutazioni che avrebbe portato l'aviazione. L'originalità del suo pensiero consiste nella chiarezza con cui espone il principio dello spostamento del baricentro della guerra dai confini all'interno del paese, dai soldati ai cittadini, avendo per obiettivo assoluto il "dominio dell'aria" che solo poteva dare la vittoria definitiva. Era quindi necessario: "esercitare il massimo sforzo, sia pure transigendo sulle potenzialità dell'Esercito e della Marina, per crearsi una potenza aera che ci metta nelle migliori condizioni, in caso di conflitto, per conquistare il domino dell'aria", con la conseguente capacità di portare la guerra nel territorio nemico. E' risoluto nel sostenere che l'aviazione è decisiva. Percepisce che delle tre
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Giulio Douhet (Caserta, 30 maggio 1869 – Roma, 15 febbraio 1930) è stato un Generale dell’E.I., teorico della guerra aerea, contemporaneo degli altri sostenitori del bombardamento strategico Billy Mitchell e sir Hugh Trenchard.
missioni specifiche, osservazione, caccia e bombardamento, solo la terza può incidere: il bombardiere, che nel corso del primo conflitto mondiale si è affacciato su grandi città come Londra e Parigi, è l'avvenire, l'arma che porta la distruzione dal campo di battaglia alle retrovie, ai trasporti, alle fabbriche di armamenti, alle città, alle donne e ai bambini. Ironia della sorte i principi di Douhet ebbero la massima applicazione nel corso della Seconda Guerra Mondiale non da parte delle Forze dell’Asse ma dalle aviazioni alleate che in massicce formazioni di quadrimotori, violarono i cieli dell’Italia, Germania e Giappone.
PIANO D’INGANNO PER LA CAMPAGNA D’ITALIA La decisione di far eseguire l’invasione della Sicilia all’eliminazione delle forze dell’asse nell’Africa settentrionale venne presa durante la conferenza di Casablanca (Symbol) nel gennaio del 1943, e i piani per l’attacco alla penisola italiana si delinearono nel maggio del 1943 durante la terza conferenza di Washington (Trident, tra il presidente Roosevelt e Winston Churchill), che segnò la nascita della campagna d’Italia. In tale quadro Civitavecchia non è mai stata considerata un obiettivo di primario interesse pur rappresentando, in quanto città portuale vicino Roma e ad essa ben collegata attraverso la via Aurelia, un centro logistico di elevata importanza sia per i rifornimenti di materiali sia per l’afflusso di truppe ivi dislocate. Infatti, dal maggio 1943 al maggio del 1944 i bombardamenti sulla città assumono un valore strategico in quanto hanno principalmente lo scopo di spostare l’attenzione della Forze dell’Asse e occultare le reali intenzioni degli Alleati. I piani anglo americani prevedevano che l’inizio delle operazioni nella nostra penisola avvenissero con successivi azioni di sbarco che si concretizzarono nell’operazioni: “Husky” (Sicilia, 10 luglio 1943), “Avalanche” (Salerno, 9 settembre 1943) e “Shingle” (Anzio, 22 gennaio 1944). In tale ottica furono messi in atto, a preludio di ogni azione, bombardamenti strategici sulle località di sbarco effettivo, successivo e d’inganno per depistare l’intervento difensivo delle forze dell’asse. In particolare, il primo bombardamento di Civitavecchia fu preceduto addirittura da un depistaggio alquanto complesso per distogliere le reali intenzioni alleate. La mattina del 30 aprile 1943 alcuni pescatori del golfo di Cadice (Spagna) recuperarono il cadavere di un militare straniero e lo misero a disposizione dell’autorità portuale della località spagnola di Huelva. L’uomo indossava l’uniforme da ufficiale della Royal Navy, un giubbotto di salvataggio della Royal Air Force e portava una grossa borsa contenente diversi documenti, tra cui alcuni top secret diretti agli alti comandi inglesi del Mediterraneo. Tra i documenti, che appartenevano a un ufficiale di nome William Martin, vi erano prove di uno scalo effettuato a Gibilterra, che confermavano l’ipotesi che il malcapitato si trovasse a bordo di un aereo precipitato. La borsa e tutti i documenti furono consegnati ad un agente dei servizi segreti nazisti mentre il corpo fu restituito al vice-console inglese a Huelva. Il vice-console protestò con le autorità spagnole per ottenere la borsa, che fu infine restituita il 13 maggio, ma le buste, apparentemente intatte, erano
state aperte e il contenuto visionato. Il regime nazista era così entrato in possesso di documenti di notevole importanza, da cui si evinceva che gli alleati stavano fingendo di organizzare uno sbarco in Sicilia per coprire la vera intenzione di sbarcare in Grecia e in Sardegna (tra i porti d’imbarco per l’isola risultava anche la nostra città). I Nazisti erano caduti nella trappola dell’Operazione Mincemeat2 (organizzata dalla britannica Naval Intelligence Division) : non esistevano infatti né il maggiore William Martin (il corpo ritrovato era di un senzatetto gallese di 34 anni, Glyndwr Michael, morto dopo aver ingerito del veleno per topi) né il suo aereo, e i documenti che portava con sé erano fasulli.
BOMBARDAMENTI SULLA CITTÀ Civitavecchia quel terribile 14 maggio del 1943 iniziò il suo “calvario” a causa del bombardamento
particolarmente
dell’aviazione
alleata
metropolitano,
diventando
sacrificale” a sostegno
sul
intenso
suo
territorio
anche
“vittima
del citato piano
d’inganno perpetrato dagli Alleati per depistare le forze dell’Asse: il porto civitavecchiese, fondamentale per i flussi logistici (rifornimenti, movimenti di truppe) con la Sardegna doveva, a preludio di uno sbarco sull’isola, essere “distrutto”. Tale incursione area apparteneva ad un vasto disegno di manovra che interessava tutto il mediterraneo occidentale e si prefiggeva lo scopo di: - neutralizzare i rifornimenti dalla penisola italiana alle isole maggiori; - fiaccare il morale della popolazione con il carattere terroristico delle incursioni; - colpire l’attrezzatura operativa e logistica della Sicilia, della Sardegna e di Pantelleria. È opportuno evidenziare che l’azione contro la Sicilia fu rivolta in genere su infrastrutture costiere mentre quella contro la Sardegna interessò anche obiettivi interni dell’isola. Tale differenziazione rientrava nel piano d’inganno mirato a rafforzare in Hitler l’idea che gli Alleati
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Per confermare il successo del depistaggio, inviarono un messaggio in codice a Winston Churchill, in quel momento oltreoceano: “mincemeat swallowed, rod, line and sinker“ ovvero, “carne trita inghiottita con canna, lenza e piombino”.
preferissero la Sardegna alla Sicilia per un eventuale sbarco delle proprie forze terrestri. La Sardegna avrebbe esattamente rappresentato un facile gradino per accedere alla Corsica e un trampolino di lancio piazzato in una posizione quasi ideale per consentire un balzo sulla terraferma francese o su quella italiana. Infatti, truppe tedesche ed italiane furono inviate in Sardegna per rafforzarne la difesa, invece tra il 9 ed il 10 luglio del 1943 gli Alleati implementarono l’operazione Husky e circa 160.000 u. delle forze alleate sbarcarono sul territorio siciliano. In particolare, la nostra città fu investita durante il suo primo tragico bombardamento dall’incursione di 48 B-17 (le cosiddette fortezze volanti, aerei quadrimotori classe bombardieri pesanti) in 3 ondate successive, dalle ore 15.25 alle ore 15.40, senza preventivo segnale di allarme. L’obiettivo principale dell’azione consisteva nella neutralizzazione del porto ma conseguì effetti collaterali devastanti sulla zona urbana. Le vittime, civili e militari, secondo i dati forniti dai Bollettini di Guerra del Comando Supremo, salirono progressivamente da 29 a 295 (ultima comunicazione è del 31 maggio 1943). In realtà si toccò il numero di 400 (valutazione per difetto); una cifra esatta non è determinabile a causa sia dei numerosi dispersi di cui non è nota la sorte sia delle difformità numeriche tra i vari elenchi di diversa origine. I bombardamenti degli alleati sulla città di Civitavecchia continuarono e raggiunsero il numero elevatissimo di 87 (l’ultimo è del 22/5/1944) e, mentre all’inizio del conflitto, semplici allarmi, ricadute di frammenti di proiettili contro-aerei, malori o distorsioni per cadute durante le corse ai rifugi, ebbero “l’onore” di meticolose registrazioni nei documenti ufficiali, successivamente le stesse notizie sui raid divennero sempre più scarne, sintetiche: di molti bombardamenti (per esempio attacchi condotti da aerei da ricognizione) non è neppure ricordata la data. In tale contesto, intensi interventi aerei furono concepiti e condotti in contemporanea con i piani d’inganno: le bombe colpivano sia i luoghi di effettivo e successivo sbarco sia le altre località (tra cui Civitavecchia) che per loro posizione inducessero le forze dell’asse a spostare su di esse altre unità di difesa, allontanando conseguentemente le proprie truppe dalle reali località di sbarco degli alleati. Il raid più intenso si verificò il 30 agosto 1943: il primo attacco ebbe luogo tra le 12.30 e le 13.00 a cura di circa 60 bombardieri i Marauder (bimotori statunitensi) che centrarono con precisione obiettivi ferroviari, mentre altri due violenti interventi, non preceduti da allarme, furono condotti alle ore 21.15 e alle 23 con 30 aerei che sganciarono bombe dirompenti ad alto potenziale e spezzoni incendiari sul porto, sulla città (ormai pressoché disabitata) e in profondità fino in collina. La ragione di questo intenso bombardamento, apparentemente incomprensibile considerando i scarsi risultati raggiunti, è da collegarsi alla continua attività di depistaggio condotta dagli Alleati nei confronti delle Forze dell’Asse: si voleva far credere che il successivo sbarco in Italia sarebbe avvenuto nella zona di Civitavecchia a nord di Roma, ma il 9 settembre 1943 gli Alleati avviarono l’operazione “Avalanche” con lo sbarco a Salerno.
Successivamente, si verificarono continui bombardamenti sulla città (dal 7 dicembre 1943 al 16 gennaio 1944) per depistare l’operazione “Shingle” che gli Alleati avviarono con lo sbarco ad Anzio il 22 gennaio 1944. I raid su Civitavecchia si interruppero per tre mesi e ripresero il 3 maggio sino al 22 maggio 1944: si tentò di far credere al Gen. Kesserling, comandante tedesco preposto alla difesa di Roma, che gli alleati stessero ripetendo lo stesso inganno verificatosi ad Anzio, utilizzando il bombardamento su Civitavecchia, fornendo al Comando tedesco notizie false sullo sviluppo delle operazioni e rendendo visibile al nemico attività addestrative per un’eventuale sbarco di truppe alleate nella zona Napoli-Salerno. Ovviamente non si condusse nessun sbarco su Civitavecchia ma si continuò con i raid aerei su Civitavecchia per rafforzare in Kesserling la convinzione di un piano diversivo. Il 5 giugno del 1944 la 5^ Armata statunitense, agli ordini del Generale Mark Wayne Clark, superò le ultime linee difensive dell'esercito tedesco ed entrò nella città di Roma. Successivamente, iniziò l’inseguimento delle forze tedesche a nord di Roma ed inviò il VI Corpo d’Armata lungo la statale Aurelia per occupare il porto di Civitavecchia che risultava fondamentale ai fini dei rifornimenti delle truppe statunitensi nell’avanzata verso nord. Il 7 giugno del 1944 la città fu finalmente liberata, pagando un prezzo inverosimile sia per le distruzioni e danneggiamenti delle infrastrutture (sinteticamente il 78% della consistenza prebellica e analiticamente il 75% dell’agglomerato urbano, il 90% delle chiese, l’85% delle scuole, il 100% del porto, il 100% del cimitero, il 40% delle industrie, il 96% degli impianti elettrici e il 100% degli impianti elettrici) sia in termini di vite umane: 430 civili e 3150 militari (dato non ufficiale).
BIBLIOGRAFIA: La campagna d’Italia 1943-1945, G.A. Sheperd ed. Garzanti 1970; La battaglia d’Italia, Baldini & Castoldi, Milano 1970; 2194 giorni di guerra, Alfreda Pallavisini e Cesare Salmaggi ed. Monadori 1989; Uomini e battaglie della Seconda Guerra Mondiale, John Keegan ed. Rizzoli 1989; Obiettivo Civitavecchia 1943-1993, bollettino d’informazione del Comune di Civitavecchia 1993; Glorie di Civitavecchia, bollettino d’informazione del Comune di Civitavecchia e della SG 1998.