capitolo 1: besame mucho
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Boris ha la nausea. Si sporge dalla balaustra per riempirsi i polmoni di aria salmastra. L’idea è buona, ma il mare è troppo lontano: respira solo l’odore insipido e dolciastro delle magnolie, macchie più chiare nell’ombra appena sotto di lui. Allora ci vomita sopra, mentre una sigaretta dimenticata gli brucia crudelmente le dita. L’orchestra suona “Besame mucho” in stile afrocubano. È una di quelle notti, e sta per finire.
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Si pulisce le labbra con il fazzoletto e rimane lì a succhiarsi le dita dolenti martellando la balaustra con il piede – besame – ma niente da fare, non riesce a ricordare le parole della canzone.
Getta il fazzoletto, accende una sigaretta per togliersi l’amaro di bocca e porta il suo malessere - besame muuucho – a passeggiare tra le statue.
Un attimo. La voglia di lasciarsi cadere nella piscina e fluttuare in mezzo a tutto quel blu come in un letto con le lenzuola blu. La bocca e le orecchie piene di acqua fredda.
L’istante successivo non ci pensa nemmeno più: immobile, ascolta qualcosa che gli fa sobbalzare il cuore e gli arrotonda la bocca.
Ascolta l’orchestra che non suona più, solo un sassofono nel buio sroUna donna che non conosce lo ferma per dirgli qualcosa che non capisce.
tola una spirale di note sognanti.
Gli posa una mano sul braccio ma già lei non c’è più.
Poi tutto si spegne in un sospiro.
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Un post-scriptum di poche righe, un minuscolo frammento di notte ma per Boris è come se quell’uomo avesse appena messo il proprio nome in fondo a una pagina nera. Alza gli occhi e vede Barney.
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“C’è Barney!”. Lei alza la testa e il suo sorriso vacilla. “Cosa?” il suo aspetto è esattamente lo stesso di quando otto ore prima è uscita dal bagno, al punto che lui si sente all’improvviso
“È di sotto che suona nell’orchestra!”
miserabile: la barba lunga, il suo odore di uomo stanco, i vestiti
quasi lo grida e lei lo guarda senza
sgualciti. Pauline gli fa sempre questo effetto, dopo mezzanotte.
capire. “Barney? Sei sicuro?”
Una casa immensa piena di voci stanche, di fumo, di quadri appesi alle pareti bianche. A volte un tappeto attutisce il rumore dei suoi passi, a volte Boris scivola sul marmo, come chi vaga su una spiaggia tra i relitti di un naufragio. Ma questa è solo una festa, e presto farà giorno. Rocky guarda passare Boris e dice “Che-palle-andiamo-via”.
Alla fine si alza e lo segue in giardino. Rocky ha gli occhi piccolissimi, i capelli impomatati di brillantina, ma Boris non si ferma, sale le scale più in fretta che può. Cerca Pauline e la sua mano trema su ogni maniglia.
Ma Barney non c’è più.
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capitolo 2: vestito di luce
Di pomeriggio Barney si annoia.
Si sveglia sempre quando la cittĂ , oppressa dal caldo, sonnecchia. Gira e rigira nella stanza in cerca di sigarette, oppure, il piĂš delle volte, rimane sdraiato sul letto a fissare la luce e gli insetti che camminano sul soffitto.
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Comunque non c’è nulla da fare. A volte Barney se ne rammarica, quando dimentica il motivo per cui è qui. Allora si svuota di nuovo la testa e va tutto bene - quando non funziona, quando ha veramente voglia di urlare, scende dal suo barbiere che lo chiama señor e che gli fa scivolare il rasoio sulle guance e lo spruzza di lozione blu.
Sopra il lavandino c’è uno specchio. Ogni tanto arriva fino al lavandino, fa scorrere un filo
Barney ha imparato a non incrociare mai
d’acqua rugginosa, si bagna il viso. Ma l’acqua è tiepida
lo sguardo dell’uomo che vive lì,
e non serve a niente. Tuttavia ricomincia.
nemmeno quando si fa la barba.
lentamente, cerimoniosamente, come un matador.
È una piccola cittadina di gente dalla pelle scura, che non suda mai e che, al calar della notte, canta battendo i tacchi sul terreno.
Attraverso le fessure della veneziana può vedere i gabbiani che si librano nell’aria cocente. Più tardi quando i pescatori rientreranno, le loro grida riempiranno la stanza, e lo faranno impazzire. Nel frattempo si lucida le scarpe e ripensa alla sera prima.
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Poi Barney si veste di rosa -
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