Sosta in metallico lupanare, foto di gruppo per gli annali dell'erotismo.
Incartapecorito
manifesto
di
apocalittico
concerto - discese dal rombante volatile con affilato stiletto, onde far sua la mirabolante visione. Nei sozzi caffè ondate di impiegati, lamentazioni sulla penuria di capienti spazi per moderni veicoli, lirica interurbana per grazia della percettiva cacciatrice.
Recuperi-"oggetto"(-i)
perduto
in
casa
del
desiderio.
Archeologia del dileguato, dell'immemorabile. La maiuscola di amore pare marcare un'assenza, piÚ che un qualche nome proprio. Materico informale il prologo; in esso, alla falsa melodia della metrica, pretesto a stridori montaliani, risponde un indorarsi e rischiararsi del fondo pittorico, come per un sole invernale piÚ immaginato che visto. Altra ancora la ritmica degli eventi: d'apparenza uniforme, al secondo ascolto e ad ulteriori sguardi se ne colgono figure che un tempo si pensavano primarie - non solo attraversate, ma addirittura ingenerate da una serie di spasimi erotici, della materia e del linguaggio, che non stanno a due distinti poli ma si sovrappongono nella metafora sessuale del contatto fra due superfici, quella scritta-trasparente, e quella dipinta. La scrittura fantasma del buio. Colore che pare nascere dal supporto per emanazione, ma racconta di esservi caduto o filtrato. Nell'interior del corpo femminile scontornato della chiusa è la morte stessa a scomparire. Era la fellatio, la suzione del pene, il pompino. Due distinte versioni. In una investiva la massa cerebrale e la sfera neurocorticale, trovandosi queste contigue alla scena - il cazzo lentamente sospinto per la cavità palatale, la bocca che discendeva e risaliva verso l'alto con movimenti circolari od ellittici,
serpentine, spirali dentro e fuori, quasi ridiscendessero i Platters o il commissario tecnico reincarnatosi in veste da camera slacciata con discrezione sul basso ventre. Altro che progetto. Progettazione deprogettata, più che altro, nella quale da sé a sé si progettavano disfacendosi le opere. Di gola, con movimento verso il basso, la versione nordamericana virginale ed assorta l'espressione dell'operatrice - la bocca saliva ad ingoiare il coso poi giù . Tertium datur, nella tensione schematica di un angolo retto, quasi fosse sdraiata sopra il suo nutrimento vitale. Risuonava, con leggiadra fatuità , la marcia asburgica di Strauss, mitteleuropea, che per non cale andava oltre le apparenze e le circostanze, confutandone l'esistenza medesima e non solo i fondamenti ontologici, sempre più in là , non che discorresse della vita in senso puntuale. Il lapis nero, smussato, non punge più : scivola voluttuoso. Giunsero in compagnia di sé stessi, di due in molti, di uno - stando dentro lo zero: forse non compariranno nei manuali dell'arte e della letteratura, ma senz'altro li faranno sparire, nel senso di vanificazione e svanimento, subentro d'altre strutture. Non così triste, non essere così triste - era una creazione di Pynchon o la figlia dell'orco - entrambe le cose. Fra ocra e arancio la pelliccia, a denti serrati la sua lingua in un sorriso a strettissimo contatto lo struscio delle labbra sottili; la sua voce di incantatrice, i capelli cinerini, su un tale segreto
chiudere il libro e aprirne un altro, dove vi sia questa fiabesca figura, rovesciati gli ordinamenti - soqquadri, appunto, lei così potente
da
inebriare,
tramortire,
mandare
in
estasi,
addirittura uccidere di una morte deliziosa quanto l'amore e forse ancor più - quando si ritira non lascia che relitti d'insignificanza. Serapionesca. Pervinca. Da che paradiso discesa. Una droga anzi moltissime, tenerla invece nei libri da leggere in treno, chiunque leviterebbe per simili gioie; dai sospiri della tristezza ovunque udibile la logica - ella ritorna, con passo di ninfa, fuga e rifuga. Amata con intensità un troppo breve meriggio, senza penetrazioni né denudamenti nessuna fretta, lungamente baciandosi in bocca, stringendosi le mani sospinte fin sotto le vesti, ora solo la luce giallorosata su cui restarono impresse e riflesse le gesta dette dei sette samurai - fulminee, il silenzio di qualche monastero, tempio o biblioteca - toccarla così, per tutto il tempo. Pochi passi, ma decisivi, da lì alle bizzarre dimore degli orchi, che compagnia. Inserimento di stilemi tardo settecenteschi, narrativi e/o epistolari.
Quali geometrie? Pieghe, toroidi. "Ai fini della sopravvivenza è meglio eliminare rapidamente ogni aspetto temporale di una sequenza di eventi; o in altre parole, se nella catena dei processi cognitivi il "tempo" è abbandonato il prima possibile". Sentiamo Miller nel trentaquattro, dice quando abbasso gli occhi su quel cretto vedo un segno di equazione, il mondo in equilibrio, un mondo ridotto a zero, senza neppure una traccia a ricordarlo. Intrepido prosegue in quel cretto vorrei entrare fino agli occhi, per farli stravolgere ferocemente. Se qualcuno sapesse cosa significa leggere l'enigma di quella cosa che oggi si chiama un cretto o un buco, se qualcuno avesse il minimo sentimento intorno al fenomeno che si etichetta come osceno, il mondo precipiterebbe. Questi cosa sono? Obblighi, ma verso sÊ stessi. Le fanciulle erano sboccatissime, oltre ogni dire: lunga vita. Le due voci e i due corpi, le voci dei corpi e i corpi delle voci - femminili; stereofonie e sinfonie, tutto l'iride e qualchecosina oltre -
eliminare rapidamente ogni aspetto temporale - collina e montagna, filmico e fiabesco per lo piÚ lo scenario, indefinibile alquanto, retroagente per ultrametafisici canali il destinatario, una soglia multipla della primavera - non esistono sostanze semplici; semplicemente non esistono sostanze; si rimemori, ogniqualvolta. I loro occhi e le loro voci attraverso tutto il fumo d'infiniti mondi, pizie, vaticinanti, scrutatrici del moto dei corpi celesti ad occhi aperti e ad occhi chiusi, istante per istante - se vi sia retroazione è una domanda retorica - indagatrici di presagi ed incantesimi. Antifonali e asincronici i commentari. Si siede. Risorse composizionali i personaggi. Beve una scodella di tè insieme a qualcosa di dolce. Quasi che la sopravvivenza e la catena dei processi cognitivi fossero sinonimi - infatti. Mangia con la grazia di un uccellino. Senza fretta. Le mani si allungano esili e silenziose. Parla con un tenue filo di voce. Si guarda intorno, come da sempre smarrita. Termini della fantascienza; cose da computer; Sontag: tre reazioni alla sofferenza nel paesaggio godardiano, nel quale non vi sono conclusioni organiche nÊ connessioni, azione violenta, svisceramento di "idee", la trascendenza di un amore improvviso, arbitrario, romantico. Si tratta comunque non di soluzioni ma piuttosto dissoluzioni. Si eviti nel comporre di pensare alle cause e agli effetti - qualsiasi altro tipo di musica contiene sempre degli
sbagli. Secondo Pynchon fu messo a tacere, o scordato, chi vide una corrispondenza fra il conservazionismo della retroazione e il tipo di esistenza che si apprestava a condurre nel corso del processo (le ultime quattro parole sono un corsivo di Pynchon) di comprensione della retroazione. Qui il tema esterno era la storia economica, non si trattava, in questo caso, che di un contenitore per altri problemi, incommensurabilmente piĂš seri, per la precisione di ordine entropico, vale a dire dispersione irreversibile di energia e di informazioni, queste ultime da intendere nel senso forte di messaggi. In un'altra versione - tema le amebe - tutto si trasmette, senza cedere nulla, all'infinito e in tutti i sensi.
Dentro la fossa delle Marianne le citazioni per il colophon suonano tutto è bene quel che non finisce mai, milioni di anni perduti infilati in quella stanzina. Inediti i prototipi angelici, attraverso
l'ennesima
retroazione,
daccapo.
Ottica,
morfogenesi, retroazione, la metafisica dall'inizio infine, per forza, si ricomincia. Operare? non aver certezze, né garanzie - ad altri estremi - nel livore dell'inverno tale pensiero; la sofferenza comunque uno stato mentale. L'operazione? L'operazione dell'operatrice, la scrittura, la lettera - fra le figure virtuali del lettore e dello scrittore tertium datur a fare tutto il lavoro: è il testo. La fossa delle Marianne è anche metafora del moderno e della modernità - cosa può esserci dopo l'inabissamento in un che di senza fondo? Solo questo istante sospeso, fuori da tutto; il moderno riscritto nei suoi minimi, nella vicarietà di quei nulla che gli rimangono raffigurabili in qualche modo: è una fossa delle Marianne; postmoderno è un paradosso che finge una scena, nella quale sia ancora o sia mai stato là ciò che ormai da sempre è sparito nell'assenza, precisamente il tempo, lanterna magica, teatro d'ombre; il mondo del mito opposto al mito del mondo. La lentezza dell'arresto, in queste partenze; tutto si
ferma, si riassorbe nello stesso spazio conchiuso che trattiene tutto, accadendo là e non altrove, da questo sé a questo sé, più non si aspetta. Lentamente indugiano in operazioni indecifrabili, mani a disegnare nell'aria l'inafferrabilità ultima, perdita e trionfo così tenera e lontana, nella sua sfera - l'irrevocabile inafferrabilità di queste donne. Vedi Napoli e muori - assai difficili le condizioni di vita, salvo un soffio animasse materie peggio che inerti, poco importa si trattasse di vita o d'una qualche sua assenza: un qualche pur minimo differenziale e tutto si dissolve in leggerezza, splendore, incanto, senza verità e senza errore. Procedendo di persona in persona e da ciascuna a sé stessa, attraverso le altre - di tre è la terza senz'altro la meno visibile. Dentro a uno zero. Così di persona in altra e medesima, qualunque episodio escluso sul nascere - sono quattro. La vaghezza tutta venustà , come connotato femminile, subentrata nel sedicente progetto; la pittura non solo contiene, ma assorbe divora l'architettura; trattasi di abusi, d'altronde del rimirare l'arte pittorica risentono le cadenze tutte del dialogo (di pittura) - il rifiuto albertiano dell'indagine sulle cause dette particolari della seduzione si rovescia nell'attuarsi di programmi opposti; la venustà , connessa a vaghezza, è irriducibile all'universale; è libertà come vaghezza
fino a vacuità , non ponderazione ma leggiadria, non sono possibili in alcun modo responsabilità e scelte entro tali costellazioni in movimento. Se ne inferiscono matite e pennarelli come ben più che una tecnica, semmai un culto assai singolare. Nell'inno ad Artemis, subito ti trovasti armata o dea. Non luogo, atopos, non site. La sua essenza: sottrarsi e svanire. La visibilità di ciò
è senza evidenze, senza
somiglianze, a basso regime, bassissimo, oltre qualunque indicazione mediale. Il ratto di Persefone: fiori-crochi, iris, asfodeli, come balocchi, esche dell'invisibile; la persona invocata ha come appellativo il terminatore della morte (terminator of death - Yamantaka). All'incrocio d'un chiasma il punto di propagazione; quasi vedutistico, il che è dire prospettico. Una giornata paradisiaca in attesa. Il cerchio ha tutte le dimensioni. La conversazione fra esoteristi di cui al paragrafo si è "realmente" svolta. Adesso fa dei discorsi folkloristici. Potrebbe trattarsi di emissioni eteriche, risposero quelli di rimando. È la voce congiunta con il pensiero. Il mondo nient'altro che un'apparenza, rumori e disturbi. Spalancò la terra dalle molte strade. Se fossero botanici gli incanti. Di color ardesia scura il rivestimento esterno che pare trasparente.
La farfalla bizantina, portentosa nella voce di un'altra "questo tempo non è niente ma ti fa doppiamente perduta, Euridice, tu che sussisti come posta in gioco". Portentosa quanto la sua assenza. Questo tempo non è niente, poco più o poco meno di un artificio metrico, svolgentesi in quale spazio, eppure come per non cale e senza parere, dentro c'è tutto e di tutto, senza stare a cercare o aspettare. Questo tempo non è niente, ma fa doppiamente perduti e infinitamente
ritrovati
nell'indeterminazione
Orfeo
e
irreversibile
le dei
menadi, corpi
e
nell'annientamento del principio di individuazione - i veli dell'invisibile - dionisia - l'ipostasi nella sua sfrenatezza. Orchi titanici fecero Dionysos a pezzi e lo cucinarono, la sua vita ne fu, per l'infinitesima volta rigenerata, né morte, né miseria, né follia né suicidio; solo questa ricchezza incalcolabile. La si pensa: consustanziale alla musica. Una slava, l'altra magiara, le due fanciulle nella città dal doppio nome, di inenarrabile sfrenatezza l'ouverture, musica per
paesaggio
ungherese
(diapositive
e
cartoline)
e
antipittura; il subitaneo oscuramento dei lampioni, le persiane accostate, la fragranza selvaggia dei corpi insaziabili dalle
chiome sciolte e dai seni ricolmi, la sinergia fra venustà e sfrenatezza fin dalla bravata iniziale, volta a depennare, con successo, qualunque titolo di merito o d'infamia, venustà e sfrenatezza, per l'appunto, ancora. Pensate e dipinte in tracciati invisibili, le più strane bizzarrie: di sembianze plutarchesche il procedere, i terminali delle biografie si facevano beffe della morte, oltre ogni fine. Disarchiviata: dalle pagine in apparenza immobili, e di fatto latitanti in cui fluttuava - disarchiviatissima. Qual un intreccio di liane, il diagramma è sul blocnotes, uno schema da poco, la virginea selva e la luce che si fa nera attraverso un intreccio di liane; la casa piena di capelli biondi, lacaniana e cyranesca la premessa che tutto passasse attraverso la parola; segni, operando su materie addirittura preverbali, che meraviglia non voler di nulla convincere né dimostrare. Laboratorio di scrittura, il laboratorio di pizzo nero, così chiamato. Graduati intervalli, assai brevi, fino all'insignificanza attribuita al brevissimo; si defolia il calendario s'attinge ad un'assenza completa. Dionysos cucinato e mangiato dai titani in una fiaba di orchi, l'ulteriore immortalità che gliene venne; istante su istante, dentro lo stesso zero. Parallelo Orfeo sbranato dalle menadi, sia l'uno che le altre incarnati per sempre in un'eternità di suoni, separati da ogni episodio, precisamente questa la loro dimora, i loro corpi sono ritmi che il minimo
esercizio, fosse pure un sussurro o un fruscio, per quanto vicini al silenzio, richiama in risonanze infinite.
Singolarissimo appuntamento con non ben identificata ereditiera, mura feaci intorno all'equivoco zoo, tra levissimi tarassaci al benzopirene, accartocciati dall'emozione stavano i magnifici ribelli, in raccoglimento nella ferruginosa berlina. I nuovi comunardi, ilarità da kibbutz - non lo credevo mai -, attendendo verosimili istruzioni. cazzo, bisognerà aspettare a costo di crepare qui, io la voglio adesso. Pallido e risucchiato, s'introdusse l'ariostesco veterano, il mantello antracite a sonagli, gaudio, pioveva la zuccherosa grazia, cari amici non facciamola svegliar, la desolazione fluviale li rapì. Lirico scorcio urbano tra umidicce catapecchie storiche, già intravvedevano
l'alba
luminosa
nel
nefasto
giardino,
impacchettare la rimasuglia - questo sacchetto di plastica andrà
benissimo
-
la
diligente
prodezza
scomparve
nell'immaginaria latrina insieme, forse, alla loro istruzione. Altri emisferi.
L'acrilico pigiamino, la lampada spenta. Strane luci di ilarità . Filiformi crisalidi inermi su sottili zampette, il sogno della farfalla da Zhuangzi a Nabokov. Da giorni continuava a suonare il Deguello(_); si intonarono cori aziendali per esorcizzare l'imminente disfatta - l'istante in cui la mitragliatrice Remington s'inceppò , a Fort Alamo, la prima volta di una lunga serie; il Deguello dalla prima nota, per quaranta giorni, ininterrottamente, vennero con la tequila, l'aguardiente, la marijuana, la datura inoxia, altri intrugli ancora di scarsa identificabilità . Una divina immobilità il deserto. Altissimi cactus in un eccesso di luce. Indelimitato dalla presenza o dall'assenza di cactus in un eccesso di luce. Indelimitato dalla presenza o dall'assenza di alcunché. Dionigi e i suoi doppi, con occhi invisibili d'intelligenza immobile, da altezze immisurate contemplano. La caccia andò magnificamente; irresistibile il fascino bucolico, stravaccati gli spettatori a rimirar l'onde - leggiadra etera di radici sannite rimembra esperienze sciamaniche - di senile
compostezza
l'intrepido
cantore
di
oscuri,
impenetrabili enigmi. Le onniscienti vibrazioni del grande maestro.
Alacremente filmati gli angoli iberici; esterni: vaga per assolati disimpegni; potenze pagane in Damascio. Sublimi soggiorni. Ardenti macrò , eccoli varcare l'inebriante cancelletto. Donnacce rudi macellano conigli. A l'onda del mare la barca filava. Infilando l'uscita del settecentesco dipartimento asiatico t'o' chiavass'n'canna, miti passi di gazzella verso il repellente caffè operistico - citazioni da Mahler, Il coro dei bambini morti. È bucchinara: da Little Big Horn uno solo si salvò , ma da Fort Alamo nessuno tornò ; il jazz non era ancora stato inventato. Troppo tardi per avvertire i rangers. Vano telefonare. Graffire un dono, strusciarlo con molte voci e vari corpi, parvenze narrative della cosa, come accarezzare senza fretta i polpacci della ninfa; nessuna fretta, questa la frase ripetuta. Di natura divinatoria - strettamente, le obbligazioni, fino all'ineffabilità , il resto per lo più frizzi e lazzi. Lascivissima la femmina nello spazio gremito al massimo del suo atelier - tutta una vita e ben di più - divina, un delicato animo d'artista, inerzialmente dispersiva, lontana da tutto e proprio per questo in diretta prossimità dello splendore stesso della vita, da questa sottilissimamente fasciata quasi un abito. Irresistibile l'incanto. I pistoleros e gli accoltellatori muniti di navajas fecero da ultimi la loro comparsa, praticamente a cose fatte, sparando a casaccio sui moribondi e terrorizzando la soldataglia -
divagazioni al killer: pollice sulla lama, movimento dal basso verso l'alto - abusarono sessualmente di ogni essere, vivente e non, assente o presente che fosse, Cleopatras un nome e nume non solo messicano, come on down sweet Virginia, Ry Cooder alla chitarra acustica Don Cherry alla tromba tibetana. In una triangolazione del moderno Rosenberg, Sontag, TapiÊ: nuovo e moderno sono pensati ed esperiti nel loro tematizzarsi attraverso opere o deliberate assenze di queste il riferimento di Sontag a Cage - credeva profondamente in ciò che faceva, cioè niente - il deserto che si riprende tutto per immobili passi e figure di danza - il serotino cielo di Palermo negli occhi del carabiniere agonizzante e della consorte, i vetri dell'auto, ferma per sempre, frantumati, i volti sfigurati da una pistola a tamburo di grosso calibro, a lenti e strascicati passi s'era avvicinato l'ultimo degli assassini fra il rombo infernale delle
kawasaki
e
l'indifferenza
generale
d'una
notte
preannunciatasi caldissima. L'idea stessa di una estetologia in quanto sistematizzazione formalizzata di valori, crolla; in Sontag, in Rosenberg, in TapiÊ. Si tratta di una fase propriamente post-heideggeriana o se si preferisce metaheideggeriana del pensiero; se infatti nel commento anassimandreo il valore è identificato in una degradazione dell'essere propria alla metafisica occidentale, se ne ha qui il superamento.
Transumando per succedanei oppiati, il polveroso detonation boulevard trasudava tedio domenicale, allocchi agghindati a festa pronti a carpir, presenze semitiche riecheggiavano tra i tuscanici pilastri graffiti. Il cammino sulla retta via, sortirono pingui redenti che attendevano l'assistenza dell'acquoso sacerdote ribaltatosi dalla moresca vettura. Ebbe sanato gravi carenze, rifacendosi ad illustre casolare ove operavano analoghi
mutanti.
accompagnandosi
Ma con
persisteva agresti
l'amor
pastorale,
adolescenti
inquiete,
sicurissimo di eliminare residui laconici. Minaccioso, invitava i confratelli a seguire la disciplina, delucidando l'uman carname con mitici aneddoti. Il miglior avvocato - un bel dÏ vedremo. Proposte idilliache troncate alla radice, impossibile cogliere tanta leggiadria in consunti prati durante afosi pomeriggi alla ricerca di avveniristici contesti. Glorioso è l'edificio, teatro di desideri
che
non
invecchiano.
Statuario
era
l'amico
osservando intensamente l'invitante bestiario. Fu facile, ecco sĂŹ, se ci ha le cinquanta... rinascimentale turpissima meretrice, costellata di fronzoli dozzinali ma stimolanti, sedeva negligentemente tra i coloratissimi gingilli mentre intorno a ognuno si frantumava. Scomparve, forse nella lussureggiante ritirata, attesa con ardor. Sapiente tempismo come nei verdi
prati, una lisa coltre patchwork comprendeva in silenzio, sfrenatezza filosiderurgica, giĂ vi accorsero i candidi fanciulli per la benedizione, la necessitĂ di alcoolizzarsi per operare meglio - lottiamo contro le malattie tropicali - puttane della Trinacria lo freddarono. Mai frequentare simili rovinati messaggio pentecostale in previsioni assai oscure. Dinanzi erano sepolcri, tuie malaticce, scorreva impetuosa l'acqua, la nausea, lavarsi fa male alla pelle, crudele perversione ludica che si riteneva medicea, giacevano abbandonati i feticci deturpati dal giuoco educativo. Illusoria quiete vespertina, leggerezza
onnipresente
mentre
si
pregava
per
una
devastante, onirica apocalisse. Era lĂŹ, sciropposa, volatile folgore, rintocchi argentini tra la riarsa sterpaglia, voci crasse dell'adunata
festiva
seminsabbiata,
incombeva con giuliva celeritĂ
la
disidratazione
emergevano pittoreschi
esemplari avidi di conoscenza, domande a raffica sul senso della vita, erotismo aziendale che trastulla, orizzonte opaco e viscoso, apprensioni sanitarie ormai superflue, siamo tutti uguali.
Pietosa
lagna
collettiva,
esibizioni
circensi
inauguravano la stagione di caccia, immobili le foglie, proseguiva animatamente l'inebriante incontro di bocce. ------------------------------------------------------------------------------No alle storie tese procede blando il fatiscente sodalizio, celato da erotismi burleschi, spedizioni subcontinentali assai
eroiche librandosi tra variopinte essenze di degradante poliandria, torna flagellante traversando soddisfatto la ridente cittadella e voluttà rimena. Il candore del camice contrastava la semioscurità , già profondamente affumicato, adagiato in stralunata postura, siamo ormai nella foresta equatorial, la chioma corvina agitata,
ammirando
generose
curvilinee
che
non
gli
appartenevano con savio languore; una macilenta sinfonia pareva deturpare l'orfico paesaggio, tutto si trasforma, a lato l'ampolla avidamente svuotata - suggere il midollo, si avvicina morbosa la pasciuta donzella - irk! ti saprò fulminar... - mentre la truppa danza con tenacia apostolica - vedrai, là tra i cipressi, il ribollir dell'animo surclassato dall'esistenza. Vacillando esplora spazi che elargiscano certezze purificatrici - si capovolse la terra, la luna, le stelle, parlavan d'amor. Queste laceranti amarezze, vita grama, a me un laccio, non ci si può fossilizzare, uscì trionfante dalla spinosa clorofilla, silfide stigmatizzata, gloria e pace vera che travolge. Sognava di sognare. Il sogno si frantumò , soltanto un ritaglio violaceo, titillanti nuvole di insetti, un metafisico acroterio glassato, fugge lo scarlatto fauno tra i bucolici labirinti della greve scacchiera assira. Il gelido marmo che procreava huligani spesso zoofili, tempranti percorsi canini, losco spazio derattizzato. Passeggiate gongolanti, cori vinosi si alternavano
a grottesche apparizioni. Delusioni amorose, scorbuto, viva la Trinacria, soltanto noooiiii. Aroma di sanità . Uno scarafaggio agonizzante che si schianta, diffondendo segnali metallici di beatitudine, il risveglio di incerte passioni che traghettarono la manica, lavanderie a gettoni, cartoni animati pornosoft, gente rubiconda che sghignazza nel soporifero tinello barocco mentre il goliardico proconsole approfitta della lieta giovinezza. Portava con sé la festosità di interi canili, un leggendario albero magico, dibattersi contro il diabolico tabagismo, interminabile omelia sotto mussoliniano palagio venato di carminio, antiche amicizie conturbanti, le previsioni del fato indegno; vivere per un pastorale cunnilingus, non importa, questo prodotto così fragile, un tempo adorava le montagne russe, contro le fiocine e la brutalità . Memorie deliranti, senza colori, arcaica utilitaria che racchiudeva crociati ipertesi, in cerca di opulente meretrici tra il fangoso arativo, trottolin che trottolava, si ruppe il cul ma ebbe salva la vita. Il torrente prosciugato troneggiava nella brulla vallata, castighi truculenti echeggiavano nell'impalpabile aliseo, vittoria non sadica ma onesta, l'asburgico mercenario si volatilizzò , cuori infranti, la necessità della farmacopea.
La fossa delle Marianne Gemendo debolmente s'inabissa in piaceri. Senza numero. Molti nomi. Insostenibili pressioni e depressioni. Altro che pseudotautologie e banalizzazioni. Jean de Breyne, "Agenda Gallimard", segue data. Collegarsi a varie risme di carta. Onirica apocalisse - vesti dischiuse. Altro da: adesso fanno anche i moralisti e valutano secondo il principio di realtà , così lo chiamano loro. Di come fra le pieghe di un ozio apparente si celasse un'attività frenetica e tutto sommato inspiegabile se non di e da per se stessa. Istruttiva e insieme distruttiva la serata precedente: un florilegio di umilianti banalità . Sequela ributtante e ributtati i soggetti. In un disordine sciamanico la bambola - pure gli angeli c'entravano, le procedure erano ultrafisiche e manco a dirlo bizantinissime, sebbene più che di procedere si fosse trattato di un rimanere sospesi in beatitudini estatiche. Jean de Breyne, "Agenda Gallimard", di stupefacente perfezione il fraseggio e quant'altro. Sinfoniche e stereofoniche le due voci femminili, emesse si pensava da luoghi diversi, collina e montagna, differenti e pur
a loro modo consone, d'ineschivabile smisuratezza i portati. Fattori di assorbimento e retroazione della riflessione estetica nel corpo inventivo dell'opera - quali soglie. Cosa di più splendido della lentissima danza dei fiocchi di neve al di là dei vetri, con un potenziale di oblio di quanto stupida, cattiva, volgare nonché d'asfissiante cretinaggine fosse un'esistenza di computi beoti, errati per struttura - a ogni effetto impraticabile. Sagomando l'intradosso con festoni in controcurva - analoghi gli specchi in epoche successive - benché avesse sofferto di crisi di agitazione paradosse, al limite del patologico e del linguaggio disse dite loro che ho avuto una vita bellissima, quasi l'identificazione dello pseudo nella parte introduttiva al trattato dei nomi divini. Qualcosa di irrimediabilmente schifoso - un presentimento, nell'attesa di dolcissima androgina. Più che mai arduo distinguere fra suono e rumore, rari i criteri di organizzazione che aiutino; eppure dentro a questa differenza si vive, si alloggia ed alberga, non diversamente che in un appartamento o in una stanza. Nelle capitali del mondo morgane lo adoravano. Arbusti verdeggianti: catene zuccherine, esposizioni oniriche, nulla che si muova. Stravissuti panni e ridanciana pulzella. Normale:
ma il pensiero l'aveva superato, addio per sempre. Gli anni eterni che i giocattoli trattengono - con lei. A Cangrande: rimuoverli dalla miseria e condurli alla beatitudine. Occhi metallurgici - l'infelicissima etĂ del ferro, stravolgerli, Miller nel trentaquattro: entrare in quel cretto, fino agli occhi. Un modo ridotto a zero, se qualcuno leggesse l'enigma del cretto o buco, senza neppure una traccia a ricordarlo, se qualcuno avesse il minimo sentimento intorno al fenomeno che si etichetta come osceno, il mondo precipiterebbe, crollerebbe andrebbe giĂš , era l'ora, tempo dell'Europa centrale e distruzione del tempo dell'Europa centrale, come di ogni altro, Mozart. Wittgenstein stava arrivando.
Stilemi,
epistolari
e/o
narrativi
tardo
settecenteschi.
Un'ombra del libro di Tobia il nome, dalla fotocopia oscurata mal si leggeva se fosse l'angelo o Rachel, in velluti purpurei bordati di pizzo, Chicago, sweet home. Assolutamente postmoderno il sito o scenario, con i suoi minuscoli incisi nepalesi, triangoli a dispiegare ruote dentro le ruote; ideogrammi gestuali alle pareti fra le pieghettature della velina; grasse stesure, più in là , dileguavano in luce, si trattava di una doppia scrittura, dove l'ombra accoglieva tracce luminose, qua e là irrompeva una tenebra coprente, un esercizio, colpi sferrati nell'oscurità con delicati pennelli piatti, scelti con grandissima cura. Foto apparentemente casuals da cui intere vite si leggevano. Mai visto e riconoscibile il rossiccio dei capelli, come la luminosità della pelle quale irrompeva dalla scollatura del corsetto in velluto sotto che aspetto e che figura irrompesse il destino - in un anonimato di arcaico stampo spionistico. In perfetta sintonia i passi sottolineati in serata con il deludente corso degli eventi. Porco dio, avete visto l'ora: scrofe di diamante, trasmutazioni dello scettro e del fulmine, come amare la sua dama, che era una scrofa, se non diventando a sua volta un maiale? Movevasi a stento il
velocipede vichingo. Indietreggiava la catalana, piangendo la frantumazione dell'idilliaco specchietto. Astuzie assicurative suggerite da furibondi gendarmi. In un residence, con la certezza della quiete e delle giovani vergini da iniziare. In tenuta da Jim Morrison, nessun inghippo. L'ora? (the answer my friend is blowing in the wind). Cadde il silenzio che troncò il pastorale cicaleccio: la notte è fatta per dormire; insostenibile. Lirica interruzione per grazia della percettiva cacciatrice. Il Deguello(-) suonava da quaranta giorni. I messicani sparavano su Fort Alamo - pessimi tiratori. Il deserto e l'inerzia tutti dalla loro. Di delizie un abisso, una fossa delle Marianne, che tutto in sé assorbe. Fille de joie. Telefonare, ripercorrendo una strada arcinota. Di nuovo le imprevedibili perversioni dei canoni metaprogettuali. Iperdeterminazione in ogni segno. In ciascuna frase ipo e iper metrie. Tutto preso come per incantamento. Riemergendo dall'ottusa e greve stagione nella quale tornano i morti sulla terra e i vivi penetrano nel loro regno, a volte senza accorgersene. Poi tenuemente si scateneranno uragani, baci lunghissimi, un gettarsi a corpo morto per dissolversi figura dentro figura; assenti, questa sera, casa vuota, un filo di musica dall'apparecchio, la stufa che romba, la gatta, il più è tempo morto, le ore più buie adesso. L'inizio del viaggio della luce, il suo nome è notte.
L'ultimo vino e i primi pensieri. Notizie, quanto e come poco dorme; chiamarla, vale a dire chiamare sé stessi. Antero e Genoveffa i nomi festeggiati - la patrona di Parigi, una probabile emanazione di Notre Dame e Nerval. Grosso quaderno nero avuto in dono. Diceva - nonostante il sinistro rumore di ferraglia del kaliyuga e oltre questo. Sola saluta la musica che tutto e tutti sorregge, sola via l'assurdo. Ogni malattia è una malattia dell'anima. A futuri doni il pensiero. Sifonabilissima nonché abbracciabile dentro il sacco a pelo o la coperta termica, in fasi fra il sonno e l'agitazione fisica; da un'altra parte: guardare. Nei rarissimi luoghi ove la vita sembra respirare. Conversavano, ma da lì non si intendevano le parole poiché l'ascolto incrociava alte voci, fiorivano i corpi in sorrisi, di una luminosa oscurità il loro adagiarsi nella luce dell'alogena orientata a sinistra, verso l'alto. Dal telefono, ora di cena, una brezza autunnale, caldissima - il soffio stesso della vita. Prototipi angelici, invarianti intelligibili. Riduzione di spazio e simultanea estensione ad infinitum - un comporre e allineare su un nastro di illimitata lunghezza, cambiando di volta in volta alcuni segni, un computo di tutti gli ordinamenti possibili; ovunque l'anima desideri recarsi immediatamente giunge - ecco il crepuscolo, le cinque passate.
riccardo cavallo - enrica martinengo deguello
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