DITLINDE PERSEFONE MENDEZ
TESTI 2007 - 2011
senza titolo
foto punitiva inchiodata alla parete, la donzelletta in versione campestre, davanti a te un cigno, un’adepta dei draghi o dell’eroina, qual vorstellung di corto vedere avvolta in spire robotiche, chi potrebbe anelare a ciò, con magari la pretesa di rivederla e che oda silenziosamente la gracchiante scoperta dell’ateismo o altre confutazioni parateologali patafisiche, meglio non pensare ai tavoli ligi con apparati ancor più ligi e atmosfera pesante, confettura semovente pane di spago e bevanda gusto cacao guatemalteco, ingrasseremo mica, animo anemos vāyu, benché fosse il regno di indra o altri urlatori prezzolati, impossibile darti cosa vorresti e comunque non ora non qui, vale lo stesso per chi riattivò non si sa quale varietà di ourobouros, si perse anche l’efebo libico tra le disciplinate orme del palagio della guarigione, trafitta la sfera incantata, a pezzi la narrazione, playstation oppure miles davis sempre che sia la giornata adatta, sognare di sognarti, un sogno troppo comatoso, svapna o altro modello di turiya per nuove sensazioni, inutile appropinquarsi a ciliegi in fiore o flushing meadows, sciocco ogni fiacco tentativo di sortita dal vastissimo penitenziario con ora d’aria in poli petrolchimici o in laboratori telescopici, bang pa in, esterno giorno, alla vostra destra una dacia acquatica, entusiasmo ebetudine e succo di crisantemo, sat nam, accentuare o ridurre la luminosità, scandinavi alterati trangugiavano l’acqua reale, cavolaia trasformata in padiglioni museali, molto prima trifoglio gigante e frammenti dei dati di coscienza della sera precedente, ora dal logorante monologo quadrangoli con individui assai motivati, autentici commerci tra utilizzabili o esistentivi, se tu dai una cosa a me, oblò sull’opaca radura, infelici le tuje e i pini, qui sarebbe una figata ma spiacerebbe doversi spostare chissà quante volte al giorno, la non funzionalità, la problematicità, l’inaudita scarsità di pensiero di chi era già insopportabile al ginnasio e figuriamoci adesso, moltiplicazioni e accumulazioni con ridenti parate, acque stregate dove prosperano gamberi di fiume. Se ancora ci fosse sufficiente apertura verso chissà quale abisso a sorpresa, quale audacia nel pronao del polivalente espacio cultural, mai dovechessia alcuna legge é stata insegnata né potevano intravvedersi orme che non fossero di affaristi predicatori o vice versa, iniziative cartapestaie faranno risplendere indicibili luci taboritiche e immaginabili risvolti, la condivisione del corno di lepre, camminare leggeri
cercando di sortire dall’ilico poiché il pneumatico troppo radicato era già da sempre e lo psichico polverizzatosi in chissà quale inflazione, viva la gente, dietro inguardabili affreschi, davanti i grandi del presente, applausi scroscianti e viscerali, non temerai il terrore della notte né le spire dei cobra, anticipazioni della percezione, vi conoscete, certo certo, si las cosas que uno quiere se pudieran alcanzar tu me quisieras lo mismo o giù di lì, pusillanimi tentativi di plagio o come potranno essere definiti se ancora vi saranno possibili giuochi linguistici, se avete compilato i moduli appositi che son stati distribuiti, ecco il moro dagli stivali improbabili, poi una carampana fine carriera con calzone da collasso, un pasciuto specialista di sconosciuti dipartimenti, una dama senza ermellino che ci teneva a precisare che, un dottore professore che era meglio non interpellare in quanto coinvolto in realtà significative, pure troppo, con o senza sciroppo ci si perderebbe per strada magari con mal d’auto, ecco i calici delle cicogne ricolmarsi di ginger o scoppioingola, storia parallela della fabbricazione della soda a barranquilla o in altri luoghi, laboratori di uraniborg che lo faranno scomparir, los familiares de la novia, questa nostra realtà appunto, lo diceva prima l’insigne e stimatissimo, potesse transitare negli altiforni o in non precisate discariche di gerico, i passi avanti nell’elefantesco macchinario, tolleranza zero verso questo tipo di intransigenze e non altro, sarà perché si fa parte di questa cosa qua, motivare i giovani, motivarli proprio verso l’apertura, che sia imboccare il vecchio o partire senza formazione verso mondi sconosciuti, siam già in ritardo per le conclusioni e se qualcheduno avesse delle domande o si trovasse in disaccordo, se parlasse più forte, non si sente, questa nostra rivista, bellissima, i nostri progetti, lo zelo dei nostri collaboratori, interno giorno, scrivania in subbuglio e stati di agitazione, non é per essere indolenti, trovandosi con le mani legate, per non dire incaprettati, non potendo promettere nulla perché quelli là non si sa come sono entrati e al momento non si prevede granché, conciossiaché il suo nome avrà trentasei lettere, quadriglia missionaria su gracili bufali, gracile anche l’aperitivo, ecco la donzella in tweed antiassalto, stavamo dicendo, in fuga dal minaccioso coacervo, prodromi durante un avvilente diaporama e uno sguaiato concerto celtico con crescente prosieguo in sconsacrato tempio, trombe forse di gerico con polifonie e melopee, affinarsi del paesaggio acustico che diveniva derviscio, sosta fatale su sabbie fluviali e l’istoriarsi di inenarrabili folgorazioni, l’entrata nella corrente a rischio di contaminazione da parte di livide damigelle, stizziti eterni e via dicendo, un magico ritiro in antro propizio alla disopacizzazione e alle danze che continuarono nelle selve, in prossimità delle acque, nella nebbia, qualsiasi
luogo, fino all’irruzione del glaciale shabbat che comprimeva ogni cosa, ancora qualche escursione notturna rileggendo passi illuminanti, sempre che, poi misteriose aperture che sembravano chiusure a tripla mandata o reclusioni con tecnologie proprie risalita sul fantasmagorico grattacielo, fulgida la volta o cielo da celare che incoraggiava tornei di kendo, si vedeva anziano e niente saggio e la sentiva rifiorire, un samovar molto decadente e la persuasione a una gita rigenerante tra i vortici partenopei a risanar la fiacca unione con l’imbufalita concubina, aporetico sarebbe ricongiungersi, synousia antigelo dall’arsenale, nell’impossibilità di avere con te un rapporto orale, cosi’ il testo, biblico referente alla necessità della condivisione di insanabili disgrazie piu’ che a improbabile fellatio o altre giostre pigre, intanto dal tempio il nataraja riaccendeva adimensionali fiamme nella durata, cloroformio nelle proliferazioni noematiche e le restanti vorstellungen, in principio erat sermo, volteggi puranici interrotti da chilometrici messaggi dove si macerava, prendeva coscienza delle avvilenti sfere, lanciava sprovvedute richieste di soccorso, si lagnava più di geremia, inserimento di laconici aforismi pescati direttamente nella rete ovvero riciclando quanto restava di fiacchi esiti, chi parla non sa chi sa non parla, bovindi stile fascio e strazianti châlets prototirolesi, un insolito temporale era finito da poco e l’aria pareva più respirabile, ultracorpi che si pascevano strada facendo, fonte magnesiaca con risultati psichedelici, fiere genti piene di risorse forse perché non tirano via niente, mai, che se corrispondono alla sfera decameronesca é meglio neanche immaginare le crocifissioni (sangiovannidellacroce, appunto), prosseneti convertiti alle ultime encicliche, un po’ problematico trasporto di componibili mobiletti komsomolskaija o largiti dalla portaerei del truciolato, funeste zaffate di naftalina mista a cipolla egizia e rivolgendo pensierini non proprio apostolici e trangugiando bevande del terzo reich
udakacandra
infiorescenze da urlo, sensazione gravemente emozionante senza oggetto preciso o forse infiniti prismi newtoniani, esaustivi percorsi kilometrici sulle rive d’un metastorico ruscello dal letto più largo di quello del gange trasformabile per l’occasione in ricca area per pic-nic o circolo per molto soavi autocoscienze collettive, se traza un sendero muy amargo oppure nessuna valutazione è immaginabile, esplose un calore da altiforni addizionato al clima mefitico tipico dei luoghi ovvero all’audace ripresa di corazzate sagre paesane straripanti melopee lisce e caribù arrostiti, gli stati dello spirto verso una sorta di trance metayogica, a stento comprendevasi di trovarsi già all’indomani del corpus domini, non avendo riesumato breviari né mulini da preghiera per la bisogna. Immaginifiche labirintiche rappresaglie, notti particolarmente bianche, recitando l’om o meditando su possibili vie che trasportino al bello in un gnoseologia accessoria, la dominazione degli erlebnisse ancora e sempre, stato originario degli evasi dalla zoologia, vertiginosa dialettica di fittissime epistole che narravano di sovraccariche riflessioni über den grund vom satz, con strascichi di cante (canere, carmen, giardino magico o villa neroniana) jondo, une flore blanca que se arranca sin piedad o altri nonsensi linguistici, amore che fuggi da me tornerai e altre robe vediche polverizzatesi malamente nella durata o in inebrianti sessioni ofite che si sentiva la conflagrazione e forse la condivisione delle tutte le disgrazie di infiniti universi possibili, ahi lasso, profumata infusione giavanese rigenerante meno nociva dell’amarone o di prestigiose caraffe liturgiche, viscerale auspicio irresistibile del corporeo, rimembranze non proprio mirifiche, 1982, esterno giorno, valle poco incantata e contaminata da giostre venatorie sabaude, seguaci di wötan lasciarono tracce qua e là, tulilemblemblem, che cosa sarà stato attivato da chi, ennesimo fiacco tentativo di catarsi scritturale, depressione caspica arricchita da eventi bellici per nulla incoraggianti che forse rispecchiano la natura caprina di codesto anno, gli annessi e i connessi, che belzebù o chi per esso se li porti, possano gli inceneritori di tutto il mondo essere colpiti da orticarione senza tregua, da prurito anale persistente anzichenò, possano essi ancora girare tumultuosamente e senza sosta in tutti i ricchi sedici piani di barocchi inferni bauddha oppure possano i loro congiunti rivoltarglisi contro, una volta per tutte oppure a puntate, secca, cielo allo zinco più
schegge di che un sano whirling possa farli precipitare,in una surreale gita verso il fiume in improbabili autocoscienze, rusticana superficie assediata, onore ai sommi veggenti, fulgidi progetti di improbabili ricerche interdisciplinari che non vedranno la luce né tantomeno il giorno, ruvide discese nei sotterranei dell’opprimente edificio misericordioso, tra i tanti palpiti, macilente stesure nell’hangar ermeneutico per kafkiani sapienzei, possa tutto ciò finire in una fitta foresta di ortiche giganti, s’è perduto in quali spire parecchio punitive e sembra essere come certe mattinate plumbee alle scuole medie sulle quali conviene sospendere il giudizio, la negatività ontologica peggio degli olocausti nucleari o degli esperimenti a los alamos o quale accidente nervino, valori autentici o storie di vita vissuta o vera, che differenza fa, c’è sempre chi non è bastevolmente all’altezza di chissà quali corti di re artù e i suoi sgherri o altri seguaci scarsamente prezzolati, forse non era troppo cotto o provvisto di qualità elegiache o cos’altro ancora, atmosfere insostenibili con serie di coproduzioni indicibili, non saranno bastevoli fiorite ghirlande di rinascite né il wat pho, eppure sono vivo dovette dirsi, consolatorio nel coacervo di perle di sapienza per bufali neanche acquatici tenuto assieme con argomenti mirifici e sformati di pepite di entlebuch sepolte da ingredienti segreti, come aveva detto lei sì anche a voi e per tutti noi, così è stato udito anche dalle mura e forse ma forse dai sordi che lo istoriarono ai ciechi, il convoglio s’arrestò in una enclave da urlo, frammenti di declamazioni sui grandi del presente, lattine giganti di bevande esilaranti, nubi zeppeliniane di misture fatate, distributori di snacks polverizzati da palle chiodate o vigorose orde di imbestialiti, qui vissero e si espansero grandiosi saggi illuminati e illuminanti, con successivi ampliamenti faunistici non tra i più leggiadri, frattanto giunsero segnali di vita che narravano di gite sulle nevi dello yeti ovvero di risanamenti piu’ o meno riusciti di settori molto out ultimamente, con glosse criptiche anzichenò, niente chalet metastorico né visioni della piana di lumbini, troppo screanzati gli eventi degli ultimi tempi, al limite se proprio proprio dopo tutto ciò che era stato fatto, largito e via dicendo, non restare a dormir sola, quasi necessario rifugiarsi in un covo di lesbiche delle caverne o in un coro polifonico barbaricino, tra un po’ l’ora stregata farà il suo ingresso e una trincia di sonno rem sarà carpita o sacrificata agli dei delle zone contaminate o denuclearizzate, incapacità di redigere minimaliste epistole, qual strazio, sortendo dall’antro cinematografico apparve l’imbufalita consorte del reduce da sindromi patatropicali ovvero inebrianti traversate riparatorie nei mari corallini di sontuosi arcipelaghi di gusto eccelso, ahi que dolor, credeva che il contributo alla dissoluzione della loro fulgida unione ovvero chissà
quali incontri conturbanti, con sosta verso ruderi pseudogotici per concludere narrazioni di stati di agitazione o sortite dagli emisferi next age anch’essi asfittici, ecco appunto, la notte più lunga tra turanici ulivi fulgidi chiari di luna ragioni della fede o vicende non tanto lecite, atmosfere vellutate tra acacie fiorite e rimembranze fin troppo articolate o proliferanti, frattanto schiudevasi una dimensione altra, privazione e interrogazione mentre gli eventi venivano inghiottiti in poco efficace precipitazione, passaggio alla lotta armata o quasi o forse che trattavasi di tornei di sumo tra verdi colline poco nirvaniche, nell’antro sensazioni troppo potenti con strascichi lirici anzichenò, poi il ricomparire dell’improbabile hombre sotto ancor più incredibili sfaccettature prima di essere – o forse già da sempre - trascinato verso universi di elettra o altri personaggi orrifici senza pietà, tipo giona nella balena senza storion, aiuto aiuto sembrava quasi sussurrare, stati indescrivibili nella scacchiera magica o regno di non si capisce quali prestigiosi principi o principî, der stand der faktizität, solidi palagi rigurgitanti meraviglie, calici dell’amicizia carichi di frammentazioni cordiali o conflagrazioni pneumatiche, verso percorsi napoleonici interrogandosi sulla storicità o la schiavitu’, altra discesa in sotterranei non proprio apostolici, poco dopo un altro essere la fece scomparir e con essa i significati dei significanti o la spazzatura di inconsistenti distanze semantiche, soleggiato l’arcadico pascolo o cosa cavolo era, non poteva mica continuare così, forse se non avesse avuto l’audio, intanto tra gli orrifici il prosieguo gli orrori e le oscillazioni traboccanti di insolubili, la grandama traeva notevole godimento visibile ovvero respirabile, pare, anche le gite rustiche erano una gran figata piena di entusiasmo e motivazione, chi non partecipava non poteva certo ritenersi degno del da-sein o degli esistentivi, diamine, opacizzazione del tattva che lo condusse dalla sua antica amante con deliranti manovre ovvero sessioni shivaite verso sublimi metafisiche della luce riciclate piu’ da vite precedenti che non da plumbei contesti attuali dove il logos si appiattiva sulla consistenza del rognone o la possibilità dell’agnello macellato, ritirandosi su se medesimo e risultando di un corpo ferito, affranto, demolito da ansiolitici di fortuna, litri di bevande metamoscovite, aforismi insopportabili e ionosfere invelenite, impossibile riciclare seta o candore o altri artifizi, dov’è finito quel senza eguale, che cosa é stato distrutto da chi, l’entropia e i serpenti intorpiditi che si mordono la coda senza neanche un’ombra gnostica, annientamento o ultracorpi, d’altro non succede nulla direbbero alcuni, crisi filosofica ed esistenziale arricchita da interruzioni troncamenti alla radice operazioni assai pragmatiche, metamorfici flushing meadows senza che i mostri atterrassero con le loro
molestie, cupe vampe o livide e soporifiche stanze di fortuna, quale aridità, tra i preta non dev’essere un granché, meglio così oppure also sprache qual paragrafo di sein und zeit che rifarà la sua invasione, proseguiva l’effusione dello spirto democratico su baghdad, giornate belliche cariche di tensioni psicologiche oltreché di raffiche, vale la pena approfondire, aridi universi giuridici decifrati alla bell’e meglio, la sacralità dell’anandagocara senza elisir psicotropi, le perle ai porci, storie parallele verso la sorgente petrolifera, sembrava quasi dunque di sentirsi venir meno l’augusto terreno da sotto le estremità, una percezione avvilente eternamente presente e ineffabile, tra i giardini di allah qualche fiore inebriante spandeva sogni a tripla mandata o altri nonsensi, tra le mura di chissà quale profeta che ogni primo sabato del mese stordiva i piu’ coriacei decantando miracolose virtù, meglio le montagne russe che parevano addirsi all’instabilità contestuale o alle sue articolazioni, ecco dunque le anime difettose di chi si nutre di negligenza menefreghismo e illusioni atroci, solenne la costruzione color topo in puro cemento armato con vista sul tempio dell’unione di maiali, accanto cataste di riviste fin troppo prestigiose dal cui riciclaggio sostenere popoli lontani o altre iniziative ammirevoli, come sempre, fastoso ritorno da attricetta isterica, blasonato da oscure pratiche purificatrici o edificanti soggiorni su ciò che resta del vicino oriente preconflagrazione, se aveva dunque gettato i semi, quali frutti deliziosi, massaie rurali gongolanti e funzionari lividi che raccattavano gli ultimi petroldollari su tavoli poco arcadici, è bello ritrovarsi, con canti e danze, poi al piano superiore della mescita futurista liquidando le meraviglie della casa, fotografie introvabili di memorabili mattanze di camosci carpite per l’occasione - ché non si sa mai, a volte tornano - durante interminabili giornate di zinco consacrate ai pilastri di improbabili esistenze, cos’avrà poi fatto la juve ergo qualcosa é rimasto, l’epa ingorda protesa in avanti, la giacca gessata che sprigionava potere e gloria, accanto i soliti seggi in plastica scarlatta, nota coronata niente fascinosa ma era già tanto che qualcheduno si prodigasse in sfere melodiose, eccoci, was heisst sich in bedeutung orientieren, chiedetelo a quel sapiente avvolto da loden tirolese e virgulti dai nomi biblici ovvero dall’ipernutrita sposa, altra vacca da guerra, la mattina uno sfolgorio di bevande liofilizzate in preparazione a cammini salvifici verso cime asfittiche, l’altare pieghevole sostituito da un provvidenziale sasso, non so proprio come far oppure né con la guerra né con gli eserciti ma col suo santo spirito, phänomenologie des geist, signore del grande universo piu’ altri attributi forse plotiniani, zitti voialtri o vi do un pugnatone sulla testa, e adesso con plinio ci sarà una bella caccia al tesoro, su forza, ora le tue
labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo, il prosieguo si perse per carducciane scarpate o nei calderoni infernali, una taunus carica di vettovaglie verso un pianoro poco propizio, oggi vi osservavo, qual novità , osservatori permanenti di rose niente mistiche, e la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altrooo, se pesco chi fuma dietro i pini lo concio per le feste, de jure predae, l’abitabilità del pneuma o altre vicende per dolorosa via, ecco il bigoncio approntarsi per il lauto pasto, e ringraziamo anche per coloro che non ne hanno
senza titolo
il trip da in fieri divenne infitias, sperare che si materializzasse la dea nera o qualche divinità dissidente, esterno giorno, area quasi boschiva nella contea dell’antico forfice dove un tempo apparivano singolari fate, cielo turchino come in cicli precedenti tra mappe della via della perfezione o battiti delle ciglia del misericordioso, ormai la cronologia non ha alcun rilievo, meraviglia che non ci siano stati incontri altri, degni di nota, da catalogo operistico o da urlo, mestizia in agguato tra le frasche, frattanto il poco celeste mandato tra i miracoli dell’accanimento agonistico, della progettualità o del vassallaggio, accanto al padiglione tutto lo stardust immaginabile, sbandieratori ligi o pigri, divi prezzolati dal fantaturismo, la visione del sabba, sostanzialmente più adatto vedersi fuori dal coacervo di consacrazioni e benedizioni, insonnia incipiente, risalire con il velocipede l’angusto asfalto, le membra che si illanguidivano e sembrava di dover percorrere ancora non si sa quante parasanghe, i trapassi dei guru che cercano informazioni presso gli indovini o consultano i tarocchi marsigliesi prima di varcare l’uscio, bianco per le vesti e per gli spirti, raggiungendo ciò che resta di stregate fortificazioni o una discarica, che amarezza o che detonazione, meglio non approfondire eventuali fantasticherie, niente storie-lampo ma rigori argomentativi che in un apparente torpore divenivano fanzines da leggersi presumibilmente l’indomani, quanto potrebbe essere ritemprante fuggire dalla caldana sofistica verso la valle delle rose o da un’altra parte, percorrere placide radure istoriate da pittori itineranti, il cicerone narrava della grandezza degli asburgo-coburgo, sacre famiglie di tutto il mondo unitevi, la condusse in un’arena e la fece scomparir dove un tempo prosperavano i cedri prima che il clero provvedesse a disboscare per costruire altri regni dei cieli, sessione senza tregua che fu anche l’ultima della serie, detestabile anche soltanto immaginare anticipazioni della percezione, esistenze disordinate, così lui, il resto in un calice di gin o calvados, come se ci si dovesse giustificare di fronte a quei bifolchi, clima polare, ritrarsi della luce, altro messaggio gravemente criptico, quell’altro essere in fuga da sé medesimo, la sua sensibilità l’aveva riportato, attraverso gli ulivi, trascendere quattrini o stati civili come se ci si catapultasse in un night anni cinquanta mentre fuori non cambia nulla, che ci si trovi sull’oceano o in un rimasuglio di vestigia della legione tebea, iniziato da una carampana
non si era mai ripreso, sentirsi malissimo, non poteva accettare che potesse finire mai e per nessuna ragione, socialità, uova fatali, fuga da un retablo aragonese, possa dunque pacificarsi questo monsone, giungeva una missiva in due episodi, sul merito e il demerito, annotava poi la vita mia é un abisso di viltà, deleterio spiegarlo attraverso asettici codici, in hoc signo dunque, inusitato definire se medesimi in un gran canyon di colpevolezze, ascenderai ai cieli di indra o altre divinità, non vederlo era straziante ma vederlo poteva essere anche più doloroso, vista la cornice entro la quale ci si trovava a esser gettati, nell’ambito di cui all’oggetto sopra, frattanto notizie sui fiordalisi, sui balletti russi e altro ciarpame riempitivo, dalla sacra sponda ancora più fiorita la cronaca, voluttuosi segnali che senza scomporsi anelavano ancora e sempre a una ripresa di sentieri interrotti, quello che sei per me, non-sensi linguistici e ancor più surreali referenti empirici, la problematicità, tanta che neanche si poteva immaginare, la preziosità, polvere aurifera appunto, carteggio traboccante con estensione dalle repubbliche liberate dall’est, asteron panton to kallistos, inutile aggiungere altro ad asteniche serialità che selciavano anche l’etere, periplo tra le fioriture, mala tempora currunt, evidente disagio nell’orrido antro, così lui, ma lo spegnimento degli elettrodomestici aveva posto in essere un silenzio che gli era parso eterno, rotto il quale riesumò giasone il tessalo, la nuova colchide e considerazioni inattuali sul volo, le ali, il piombo, cosa poteva voler dire l’onirico in tutto ciò, non ci sono parole né sottotitoli ma non si possono polverizzare anche i sogni o ciò che resta dell’immaginazione, senza baloccamenti né setacciamenti, fraseggi che facevano entrare in una sorta di crisi cognitiva oppure associare riti dionisiaci a personaggi sbagliati, o che estendevano un’indifferenza senza pietà, qui le cronache erano molto diverse, hai avuto il verbo o assaggiato il nerbo, non così né così, impossibile sarà, non movimento, verso l’alba prendeva atto che morfeo doveva aver sospeso l’erogazione aggiungendo che si trattava di una notte da incubo, dall’altra parte la rilettura del quijote, alice in wonderland e presto anche dei villancicos di juana de la cruz, fuori di lì seguaci di raggruppamenti in cerca di ridefinizione, domani ancora o forse verso camelot, spazi unici rinvigoriti da improbabili narratologi, così è stato udito o così potevano dedurre certe astrologie giudiziarie, visibilità minima, agire comunicativo ridotto al telematico e forse presto ai piccioni viaggiatori, inutile parlare di fiori o filtri, eccoci, psicodrammi politichesi e mai niente di più, a cosa anelare se non a una venuta dei farc o a una pioggia opportuna di blue mountain introvabile come i margini della filosofia, a meno di non manifestarsi quali sostanze angeliche, senza ali di cera né mappe
eurosiderali, prestazioni da macchina desiderante tra temperature arroventate da onde anomale d’aria fritta, bovindi stile fascio o châlets prototirolesi, un insolito temporale finito da poco, aria piÚ respirabile, ultracorpi che si pascevano strada facendo, fonti magnesiache con effetti psichedelici, professionisti di successo con qualcosa che non funziona tanto, libri edificanti sul percorso di capitalisti che riscoprono la mistica, cosa vuoi ancora leggere, preferibili numeri introvabili di penthouse o diari segreti dell’anonimo ravennate, fiere genti piene di risorse che non tirano via niente, mai, colori prismatici, provvidenziale sospiro della pia unione del transito o di una congrega di prosseneti convertiti in infestanti encicliche al lume di lampade next age, l’incedere di matrone cingolate tra cui la regina del mambo, specialisti, patiti della clessidra, augustissimi e altri sontuosi esseri, si rilegga il libro di amos
the fortune of the warrior
intenso carteggio e successiva frequentazione in situazioni di contrabbando, presto gli aneliti divennero altri e restò poco da carteggiar, algidi loculi di importante polo vicino all’arsenale dove fu schiaffato il giovane winston, ritorno sull’isola nel sordido quadro di programmi catturati da noti prosseneti in rappresentanza delle loro maestadi che nel frattempo transitavano in esotici postriboli o svendevano mobili museali, sfarzi europei catapultavano in rutilanti settori accanto a fornitori di vini sudafricani, padiglioni insediati tra pascoli di angeliche pecorelle, in una locanda non distante giungeva a brandelli l’esperto di catari forse con volo a pedali redarguito da torvi osti e cani mordaci, tra orpelli oceanografici, fiere impagliate e imponente argenteria, catramose bevande o funebri pietanze, attraversamento dell’esagono su un catorcio e approdo al cospetto di candide scogliere del mito fondatore, circuito più potente del mezcal ma con poco scintillanti sbocchi, concerti metal ispirati al petrarca e sguaiato certamen di vari esemplari che travestiti da scoto eriugena o alberto magno sfidavano lo spazio sonoro, fiacche tenzoni riaccesero gli astanti, locuzioni irreperibili o personaggi sconosciuti da quelle parti alimentarono effusioni di letizia dispiegando principi immateriali, il novelliere sfuggito a grezzi precetti si prestava alla laida bisogna nello sguincio ambiente interattivo, commemorare l’umanista tra allievi storditi e politici irrequieti, contorto incedere di indigeste rappresentazioni dei secoli bui nell'immaginario collettivo, meridiane occhieggianti da fatiscenti palagi, piante velenose, memorie di attempate grafomani in saraceniche valli, scisto viola e giunte manigolde, alticci trappisti evasi in tempo utile, la progressiva estinzione e l’immotivato insediamento fuori dall’europa e da ogni principio di realtà, la mitologica consistenza si esaurì ché la struttura stava cambiando e gli stolti si imbaldanzivano, liquefatte le euritmie si dilatavano i varchi e una fatale serie di accidenti
open the kingdom
sprovvisti di televisore si procurarono l’agognato video, messaggio di frammentazione in una cornice di levità e spazio etereo, scorze fabulose, nebulosità e movimenti di dissolvenza, van dyck o caravaggio, ancora benefattori nell’ecatombe dei beni comuni, insignificanti aneddoti e grifagna operosità svilita da malparlieri, un piroettante insieme di storie nella disamina dei propri delitti, so was the wheel set in motion, squarciare il velo, da letture del visibile, povertà e devianza irradiava il carisma di pie donne tra sporte ricolme di vesti griffate d'altri tempi e refezioni, strano ardire di biechi dialoghi e aperture verso l’altro, infedeli raccolti in oscuri sottoscala, potere e riconoscimento in un silenzioso scambio decapitarono il gruppo di sovrani senza difficoltà giacché nulla è dato e niente permane, industriosi santi senza stellanti chiostri e propizie fusioni tra metallici frullii, non li devono dissolvere i raggi del sole né i lucidi dardi del giorno, tonache imbrattate d’olio e sangue mai praticherebbero discipline altre, spiccava ancora l’ascia a impedire la dissipazione sorprendendo i presenti per la caricatura del discorso, aria arroventata e alberi di guernica, fiori o corde di arpe immaginarie, abbattere crocefissi e altri artifizi, madri avide di pecunia e prestigio, ora che è stato assimilato in forma di concetto tutto il vigore che poteva sprigionare da pitoni e megere che riconquistano fra sconcertate sponde le sorgenti facendo muggire il suolo e uscire ombre dai sepolcri, tableaux vivants in attesa di salvar l’anime, allegro parlatorio per sussiegose affariste o rimbalzo in catacombe a predicar mendicità di pristini navigatori, ceffi da forca animati da vibrante entusiasmo istruivano virgulti, la narrazione e i suoi sottogeneri, la molteplicità di spunti di riflessione a rotta di collo tra maghi rimbecilliti addetti alla comunicazione, formule che fanno esplodere la gola a chi ingurgitò il veleno del mondo o sradicano pietre e selve
le merveilleux et ses sources
l’apertura s’inoltrava nella luminosità che restava ostruita, solo un velo opaco e anche le esistenze disabitate e vuote mentre a ridosso, confuso, divampava un fulgore, in alto un tragitto o una recita, foglie dal brillante verde o copioso fluire di sangue e vitalità, come se la vita fosse un dono o peggio ancora un diritto, più di un luogo in cui andare vagando, scrupolosamente fiaccati da vetuste descrizioni a indagar affinità da tempo vagheggiate o magnificenti testimonianze di tormentati legami, in tali operazioni si svela la genialità a cui perviene chi è ispirato, una dama stomacata con la sua ancella, viaggiatori immersi in inchiostro di bistro tra ombre di procelle e stravaganti ritratti nell’abbaglio di veleggiare verso insolite esperienze o allegorie e decollazioni, profuso dettaglio nel velluto delle tele, un astrolabio accanto a un calice, pennuti dai vividi colori, ecce ancilla domini, la creazione e il grande ventaglio della critica alla luce di strampalate riflessioni dove riciclar quesiti annunciati da roland barthes o altri sostenitori della lingua come soggetto generatore del testo, un poema visibile sulla pagina come spazio grafico che si può ascoltare oppure parla attraverso il lettore attento alla tangibilità del codice, la materia delle parole tra scorie e ciarpame, suono del primordiale impulso e ritmo in accordi o disaccordi che privilegiarono il significante precisando i gruppi nominali o si addentrarono nel lato oscuro, infelice sintesi di nozioni enciclopediche e malfermi procedimenti saggistici, ora che si fa buio e manca poco perché stuoli di screanzati arrivino a fare a pezzi ciò che resta sarebbe magnifico tornare al luogo in cui lo scempio era ancora assente, prima che il rimpannucciato funzionario scombinasse chiostri e filatoi, dietro le quinte confuse sperimentazioni del prezzolato miserabile lasciavano unicamente percezioni d’ombre, contorni foschi, profili contro divisori che a suo dire ritraevano l’intero universo, un singolare allestimento concorreva a dissimulare l’artifizio
dargestelle wirklichkeit
cenobio, campeggio o psicodramma, effetti sedativi ma non per molto tra stilizzata natura, assortite conflagrazioni, fata morgana o compiuti autolesionismi, un prossimo kolossal d’ispirazione napoleonica che liquidasse le ermeneutiche sul senso della vita, durante un soffocante pomeriggio approdò a un meeting su solluccheri contemporanei poi vi ritornò per ragioni altre, nel fieristico alveare di ruderi industriali un esangue sottofondo illanguidiva soporiferi interventi del massimo conoscitore affiancato da butirrosi sproloqui su infernali miniature mentre il brulicame di intorpiditi rapaci annullava ogni nozione, thus he brought that splendid chariot to a halt between the two armies, gita in corriera a dresden poi ostaggio di terrificante pratico-inerte che ingenerava aneliti all’appropriazione del rame, tra campi di rape e capannoni alla deriva la giudiziosa ripulitura di sozze sale per banchetti, nella curiosa fusione tra caricaturali imprenditori, losche congreghe e sbalorditive sacche di regressione appariva più probo affiliarsi a gruppi di inferociti o rileggere l’unico e le sue proprietà, forsennati videro l’arpagone con altri loschi proferire inesattezze sull’esicasmo, depressione e scontentezza della situazione non creativa, insonnia votata al piagnisteo e sprofondamento in evaporate orchestre o turbolenti cori, gigantesca trappola senza astri, durante smaniose letture notturne nel randagismo si inserì roba secentesca, utile usbergo da dilettantismi di reazionari e fole di moderne amazzoni coronate di elettrodi
in case of loss
in illo tempore figure o personificazioni da scaltrito bestiario tra regali avvelenati e animali serpenteschi, tra impavidi sotterfugi, un mondo alla rovescia o un fiacco trompe-l’œil, un universo di racconti in falsa prospettiva o in cerca di inquietante innocenza, paseabase el rey moro, la pietra filosofale e l’albero dei desideri si schiantarono i desideri delle creature rivelando il simulacro dei vittoriosi, come un incantatore di serpenti che spira dopo aver consacrato un pilastro o recide questo insopportabile fluire con la spada ben temprata del distacco, il presunto sovrano trascina la badessa nel sotterraneo labirintico della sola interrogazione possibile, la stranezza dell’esistenza in improbabile equilibrio al di sopra di un tutto sicuramente maggiore della parte ma sempre più simile al niente, forse un’idra riciclata da una confraternita di gnostici che esaltavano la provvidenziale rapidità dell’addomesticamento e la brutalità dello spirito mercatale, o una creatura in fuga da un trittico di bosch, il soggiorno quaggiù un fatto illusorio, una spossante accumulazione di immagini che derivano forse da viaggi errati sprovvisti di tranquille sicurezze o ancoraggi stabili e sicuri quali certi regni e i loro riferimenti più noti o altre pessime metafore, un problema di governance o un’assimilazione sbagliata dell’aufklärung, lune che irradiano in cima a singolari alberi dalle radici aeree o vigorosi rami di cactus, neanche il tempo di posare le zampe a terra, meno fustigante perdere la testa e non retrocedere di fronte a morte e guerra dissetandosi da fiori e ruscelli
trostspiegel
scatola di immagini per circuiti magici, dovendo il mondo essere fatalmente investito conviene predisporre il globo alla dissipazione, duelli alla spada, un incendio di roma, corvi aggiogati a sedioli, sollazzi per evitare che il massacro ricominciasse, un gioco di figure o di parole in cui sostituire il re di cuori, il segnale esatto della cottura al forno occultato al profano ma indiscusso per l’esegeta, frasi su biglietti chiusi, camera trasformata in lectorium, fusione e martellatura tra rituali cabirici e pristini modelli, aveva cercato di tramutare diversi oggetti nel loro contrario, un’èra di bontà e di saggezza nell’ora vile della metamorfosi, nel miscuglio di buon senso e portenti il contrario della pace non era la conflagrazione ma l’insonnia, ne mergar, inquietante banalità di un rebus per illustrare il segreto della grande opera o di un trattato sull’energia nera, il cielo è più vasto e più alto che altrove, così la gravità di una goccia di pioggia primaverile o l’angolo di un raggio di sole sull’ala di una farfalla, mentre nel viaggio delle fiabe la caravella si levava festosamente verso il cielo il prezioso palischermo rimase attaccato all’onda, ciò che è in alto è come ciò che è in basso, folgorante pensiero, vele ripiegate, continuare senza scomporsi la crociera senza incrociare il cetaceo che mena verso sponde altre, remava utilizzando una interminabile matita e si vide affastellare intorno una schiera di femmine prese d'amore, bevve tre volte troppo e si congedò dalla vita, l’abito si dispiega in corolla nell’oceano senz’acqua dove i pesci sono solubili, nel sogno si avvicinava l’elefante bianco, vano voler rintacciar puntuali funzioni o predefiniti segni del frammisto background, stentata risoluzione per raccogliticci diaporama, occorre cercare quella mèta dalla quale gli esseri più non ritornano e dalla quale s’é distesa l’operosità antica, inquietanti le circostanze, non poche titubanze, tracce di antigono gonata tra editti rupestri dell’amato dagli dèi, è tempo di ritirarsi nella foresta, disarcionati dalle categorie del reale gli astanti si dibattevano in lanci di uova cosmiche, nel convoglio amerindi risentiti sproloquiavano di tecnologia, prestigiosi marchi, madri detenute fuori le mura, open the kingdom, entrata nel fortilizio con tutti i crismi, il
pingue poligrafo ritemprato dalle proprie osservazioni, seta grezza color zafferano istoriata da chiomati e reliquiari o risvegli virtuali di configurazioni archetipiche riciclate dalla trattistica, glorioso presente di pesci fuor d’acqua, scorgere un forte ascendente, quale forza, fortes indigne tuli mihi insultare, spirito avventuroso e animo romantico, collera irreprimibile, lapidazione, si vede che è uno bravo e sembra quasi sacrificato in quell’antro, pause nei periodi di crisi su sfondo di paesaggio urbano, let him choose glory that he may prosper, veder implodere imperi e ascendere imbecilli nutriti di auster e immondizia musicale, tra le conchiglie a completar la carriera esplorando vantaggiosi ripari per il viandante, ultima scena del dramma nella camera segreta, nel momento in cui ella fu sulla stuoia si trasformò in spaventevole volpe che lo scannò come se fosse un pollo, esperienza imperdibile che andava fatta, la natura del prelievo e altri giuochi per imbestiati, chiunque si occupi di cronache fiaccandosi sulmultimediatico rivolto a divoratori che misurano il presunto incanto dell’essere
bound upon a wheel of fire
da arguti narratori sperimentazione, arte o invenzione fantastica, sacri mostri in laboratori sconquassati, decisivi progressi filologici, a man may without hesitation kill anyone who attacks him with a weapon in his hand, premesse necessarie per cogliere la specificità, l’imperturbabilità della fanciulla tra fortunali o singolari astri che dardeggiassero a oltranza fatali raggi, con lo spiedo corsa all’acquitrinoso covile dell’empia bestia per farla a pezzi, indietro gli immortali tra pietre e ferro, immagini di individui soggiogati ai capricci della natura, disarmati di fronte a sventure, terrorizzati da tenebre e animali selvatici, discendere in silenzio tra paraboliche reti, l’ordine che si estingue ardendo di castità e abilità a imbrigliare perigliose acque in notti bianche di gelo sopra un confuso ammasso di verzieri incantati, alberi della conoscenza si imbevono in un invariato bagliore tra piagnistei e strazi di chi si sfianca a estrarre da ipnotici sofismi il serafico suono primigenio, ancora leggende nere, sottile trama di scaltrite e delicate figure in testi fondanti, rapidità di scrittura e ferocia di spirito scudisciano chi componeva versi così convulsamente da non avere il tempo di posare i piedi per terra, un regalo velenoso, un veleno così potente che fece vacillare l’innocente universo sul suo asse, luogo irreale per cenacolo di scherani di satana al patibolo, uscendo dal fiume il mostro dalla lunga coda e dalla testa di sauro durante la notte spaventava il mondo sublunare, anche il bardo perse in tal modo la sua amata prima di ritirarsi per sempre a sfamare maiali e altro oscuro bestiame, significativi confronti con i vicini enti ed esseri, infinite possibilità tra presunte trame strutturanti e sensibilità artistica di seminatori curatori massimi esperti capaci di grandiosi contributi a un'estetica della cementazione, completezza o nuova vita di relazione, trasparenze morfologiche, edite, bibite, post mortem nulla voluptas
Ditlinde Persefone Mendez testi 2007 - 2011
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