Riccardo Cavallo
Parafernalia
I
Di che blu e turchini s'azzurrasse acquerellandosi un niente di niente E che rosa assente vi s'invocasse piĂš che evocasse a Che oro s'alludesse di luminose specie e macchie e lune e galassie e quali Istruttive osservazioni - il cielo in una stanza e quante serenate a tanto cuore A tanta fessa a tanto fallo tanta tetta e tanto culo per imenei quasi celestiali
II
Qui: altrove tutt'altro guarda quell'apertura che inonda di luce la stanza vuota. là si trova la quiete. dal vuoto dello spirito la luce. che è l'infanzia della tenebra, in un contrappunto ed un controcanto nell'unico contraltare La stanza che da sÊ si canta e vuota splende una stanza in cielo
III
Guardate nella stanza chiusa, la stanza vuota Dove nasce la luce, abaco la parete un segno che sparisce il corpo
IV
Sussiste un algoritmo - lieu nul, vi si decifrano sirventesi Ancora da scrivere e la sommità ne fiorisce in cuspidi Al sommo e alla radice dell'albero cosmico. quale luce vi balla Eppur sta ferma, a che velocità altrettale seme fluisce l'ora su E giù per meandri tube gole condotti trombe lungo i rami tutti e foglia per foglia ed ogni foglio Una parete, una pagina che estinguendosi cresce su sé stessa In una metrica smisurata, abaco il foglio ed il segno sul muro
V
La parete dentro la stanza Un abaco la parete Dentro la parete una danza La stanza un abaco a venire libri d'ore ove Dilettosamente finiscono i tempi in un niente Di niente
VI
"ORDINA IMMEDIATAMENTE LA PARTENZA. SE LA MORTE SI AVVICINA DECAPITATELA": epifania di uno sguardo innamorandosene scorrendo il passo in un soffio sospeso un viso un quadro mai visto la metrica inventata di un evento smisurato il simulacro di un volto - da che iridi promanasse o in quali si riflettesse il vuoto luminoso che seta fluttuasse in quale tenebra ove si posassero ceneri e polvere donde sorgono fenici ne resta un segno sul muro il volteggio d'una chimera:
VII
(il sublime è adesso) il bianco al centro vuoto del foglio di una parete di una tovaglia: Ne irradiano incantazioni di là dall'acefalia sdoppiata ai Lati e della piaga invisibile di amfortas dentro la Parete invece un abaco un battito d'ala un soffio un passo In sospeso qui ancora la morte e da che iridi emanasse il vuoto Luminoso ed in quali si riflettesse la morte ancora qui A tergo risuona il nome: che pone termine alla morte - angeli proseguono e demoni e maghe in un trasparire di seta un calare di tenebre su sfarinarsi di gessi e tremolio di cere sussiste un algoritmo - lieu nul l'opera è nel foglio ma il foglio non è nell'opera abbozzo spaventevole essi stessi sui piedi seni sul posto senza muoversi luogo nullo
VIII
Uno schizzo da paura seta che ricade Nel vuoto del cosmo sorpresa senza veli fino A quale azzurro essi stessi sui piedi seni dentro il foglio l'opera tutta E il volteggio della chimera luogo nullo che estingue Ogni scenario abaco di segni una musica vi giace le polveri E le ceneri che trasvolano tornando fenici in vesti D'oro in vesti di fumo in vesti di luce in vesti di gloria fu Effetto di matita su una bianca trama luminosa sĂŹ da Risultare invisibile sinuoso tratto di danza il volteggio D'una chimera il guizzo d'una sirena un segno su un foglio la firma Il nome, di colui che pone termine alla morte
Appendice Si riportano qui brani non inseriti nella stesura finale di Parafernalia
Parafernalia abbozzo primo Quel che non apprendi oggi da noi non lo saprai mai. Se ci lasci ricadere in fondo a questo sentiero di dove cercavamo di issarci fino a te tutta una parte di te stessa che noi ti portavamo cadrĂ per sempre nel nulla.
Paraphernalia ii, i Cose che già raccontava lo scudo di achille, coincidenze di grammatica e lessico, in trame invisibili sarebbe già stato tutto compiuto, ed in scritture di frase, le basi pulsionali della fonazione, damigelle nude sotto cappe fiabesche, muri di pietra illuminati da torce e candelieri, carrozze fatate, porticine nel muro, veicoli interdimensionali, papiri d’oltrequi
Parafernalia abbozzo secondo IX Un abbozzo da brivido che serpeggia Lungo il dorso di mostri invisibili. All'impromptus sollevano le lunghe gonne Un fruscio una lieve brezza a disperdere il fumo delle apparenze Il pube dell'una contro il culo dell'altra fu passaggio dalle Monadi alle menadi e ritorno per lunghissimi minuti che mai Finirono una musica afroditica empie la notte una Nube di incanti un lascivo vorticare di fianchi Qui sul posto luogo zero un'onda di memoria il riflusso di una scomparsa
abbozzo quarto XIII È li' nella stanza buia Prosegue da uno seguita da due Luogo nullo all'esterno di ogni interno dentro Ogni esterno ci piove dentro scintillando aureo Pulviscolo che le si posa fra le cosce Sembra finire con: segue da quattro. Invece no, omissis, da tre: attraverso Il vano della portafinestra dell'atelier Il vuoto da cui tutto emana E ancora la nube, la selva, l'aquila, l'orso Un battito improvviso fra le reni che fremono le cosce Segue forse da cinque o da chissà dove. Si risolve così, nell'abbraccio di una ninfa E di un puro nome un'entità segnica che di colei Manda a memoria i respiri all'infinito nella cui musica sussiste Un algoritmo-abaco, partitura foglio che vola Rendendo possibile in tal modo e quali altri di parlare Della divinità iscritta al fondo del nostro essere.
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riccardo cavallo : parafernalia compostxt@issuu (2010)