MARKETING⁄COPYWRITING⁄GRAFICA⁄3D⁄WEB⁄ILLUSTRAZIONE⁄DESIGN⁄RICERCA
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o il calore del legno
marketing:.your logo goes here - rendering:.virtual Ikea - web.marketing:.app vs. webapp - comunicazione:.bada a come guardi
sommario
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your logo goes here gestione del marchio
virtual Ikea mobili digitali
ComunicAzione è un progetto editoriale di Tangherlini srl.
Direttore Editoriale Mirco Tangherlini Direttore Responsabile Riccardo Silvi
Iscrizione nel registro dei giornali e periodici N°14/12 del 2 Luglio 2012
Redazione Via Caduti del Lavoro, 2 60131 Ancona 071.2802604
visita il sito di ComunicAzione a questo indirizzo
www.comunicazionemagazine.com
focus il colore del legno
app vs. webapp piccole icone colorate
bada a come guardi comunicazione non verbale
design
In un periodo esasperato dalle innovazioni tecnologiche, questo portafotografie da scrivania, ispirato ad archiviatori vintage, rappresenta una boccata di tranquillità, non più batterie che si scaricano o USB da connettere.
18 contenitori trasparenti in cui inserire semplicemente le vostre immagini migliori o quelle a cui siete più legati. Il progetto nasce da un’idea della designer Roberta Picchietti.
foto manopola in bachelite per scorrere le immagini
contenitore in PVC lucido base in acciaio inox
editoriale
numerozero/012011
questione di budget
marketing⁄copywriting⁄grafica⁄3d⁄web⁄illustrazione⁄design⁄ricerca
di Mirco Tangherlini ComunicAzione è un progetto di Tangherlini srl
”lei ha buon gusto!“ ”...sono un pubblicitario!“
Sempre più spesso un’Agenzia di Comunicazione che lavora con professionalità deve confrontarsi con Aziende strangolate dal mercato. Soprattutto in questo momento si lavora con realtà che, immancabilmente, tendono a tagliare le spese di comunicazione, mandando insolute le fatture o arrivando ad estenuanti trattative sui preventivi. A mio parere, oggi più che mai è importante che il nostro lavoro di comunicatori venga analizzato nei risultati più che nei costi, ogni centesimo investito deve produrre ritorno o, almeno, deve documentare la creazione di contatti utili. Consiglio quindi alle Imprese di valutare anche investimenti alternativi alla comunicazione tradizionale, ma di non navigare al buio, indicando sempre all’Agenzia /Partner il budget a disposizione. Solo così si potrà realizzare una strategia di comunicazione mirata che potrà produrre i risultati sperati. Come al solito resto a disposizione per suggerimenti e commenti a questo indirizzo: mirco@tangherlini.it
Web/bello o utile? Marketing/è già 3.0 Illustrazione/un gioco di specchi che uccide la creatività 3D/rendering una nuova conquista in comunicazione
JON HAMM “Donald Drape
marketing grafica
IL MARCHIO È MIO E LO GESTISCO IO di Elisa Maria Carletti
Il marchio è un segno che permette di distinguere i beni o i servizi di un'impresa da quelli delle altre aziende. Secondo l'Art. 7 del Codice della Proprietà Industriale "possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese”. La principale funzione del marchio è di permettere al consumatore di identificare un prodotto, in modo da distinguerlo da prodotti simili
o identici forniti da aziende concorrenti. La protezione di un marchio può essere ottenuta attraverso la registrazione o anche solo attraverso l’uso (marchio di fatto). Il marchio di fatto, proprio per non essere stato registrato, gode di una tutela più labile. Il semplice uso del marchio non registrato attribuisce all'imprenditore il diritto esclusivo di usarlo con le modalità, nei limiti territoriali in cui lo ha sempre utilizzato e a patto che non sia già stato registrato prima. Qualora un altro soggetto richieda la registrazione di un marchio già usato da un altro, la legge tutela chi ha usato il marchio per molto tempo, senza tuttavia registrarlo.
È fuori dubbio che la registrazione del marchio offre una maggiore protezione, soprattutto in caso di conflitto con un marchio identico o simile. Un marchio realizzato ad hoc ha poi un considerevole valore commerciale per la maggior parte delle imprese e, per alcune di esse, può addirittura costituire il bene di maggior valore. Per questo motivo, un marchio andrebbe tutelato in tutti i Paesi di esportazione dei propri prodotti. Un marchio ben fatto ha l’obiettivo di tutelare il consumatore, evitando casi di confusione su chi effettivamente ha realizzato quel prodotto: originale, nuovo, non ingannevole e non lesivo del
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marketing buon costume sono le caratteristiche che un marchio deve soddisfare per essere registrabile.
Forti e deboli, espressivi e di fantasia Un marchio forte ha spiccata originalità e notevole capacità distintiva. Tale caratteristica lo porta nel tempo ad essere identificato con il bene stesso. Es. Rolex (orologi), Strega (liquore), Kleenex (fazzoletto), Google (ricerche su internet), iPod (lettore Mp3). Un marchio forte è quello di fantasia, che identifica un prodotto con l’uso di termini privi di valore semantico, ad es. Adidas (sebbene il nome di questo esempio sia la forma composta e ridotta del nome del fondatore, Adolf "Adi" Dassler). Un marchio debole presenta invece una minore originalità (ad esempio per una diretta relazione con il prodotto o servizio che contraddistingue) pur mantenendo una minima capacità distintiva necessaria per differenziarlo ed essere tutelato. Un marchio debole è quello espressivo, dal momento che richiama il prodotto identificandone alcune caratteristiche fondamentali, ad es. Benagol rientra in questa categoria.
Individuali, collettivi e di qualità Un marchio individuale ha il compito di distinguere il singolo prodotto o servizio. Un marchio collettivo invece serve a garantire l’origine, la natura o la qualità di prodotti o servizi. Di solito il marchio collettivo è chiesto da enti e associazioni per dare certezza alla provenienza e garantire la qualità (Vero Cuoio Italiano, Pura Lana Vergine). Il marchio di qualità, infine, ha la funzione di certificare che il prodotto abbia determinate caratteristiche qualitative e sia stato prodotto seguendo determinate procedure. I principali marchi di qualità sono:
specifica area geografica, ad es. prosciutto di Parma;
IGP
(Indicazione Geografica Protetta): identifica un prodotto di cui almeno uno degli stadi della produzione avviene in una specifica area geografica, ad es. lardo di Colonnata;
STG
(Specialità tradizionale garantita): ha il compito di valorizzare un metodo di produzione tradizionale, ma non fa riferimento a un’origine, ad es. mozzarella.
Marchi di origine (IT) DOC
(Denominazione di origine controllata) è un sistema di certificazione nazionale della qualità dei prodotti agroalimentari.
Marchi di origine (UE) DOP
(Denominazione di Origine Protetta): identifica un prodotto la cui produzione avviene in una
I CONSUMATORI DI MERCE CONTRAFFATTA: CONSAPEVOLI E SODDISFATTI Il mercato della contraffazione è alimentato dalla presenza di una domanda consistente da parte dei consumatori. Si tratta di acquirenti indifferenti al fatto di compiere un fatto illecito, convinti di “fare un affare”. In alcuni casi è un bisogno di status che spinge all’acquisto di un oggetto falso pressoché indistinguibile da un costosissimo originale e che dà a chi lo possiede l’illusione di appartenere a una cerchia esclusiva. Differente è il caso dei falsi di qualità inferiore: in questi casi l’acquirente non è interessato a far passare il prodotto per originale, e sembra farsi guidare esclusivamente dalla possibilità di risparmiare, dalla semplicità di acquisto o dalla ricerca di divertimento. La soddisfazione accomuna gli acquirenti, senza eccezione, non si prova vergogna e non si pensa di aver commesso un atto riprovevole o addirittura un reato. L’acquirente non percepisce il danno che si crea all’economia del Paese e alle aziende produttrici; il suo parere è che quelle merci hanno prezzi troppo cari che vanno ben al di là del loro valore reale. Manca quindi da parte del consumatore una visione d’insieme del fenomeno e una piena coscienza di quali siano le reali conseguenze del proprio agire: per questo motivo, accanto alle azioni repressive e sanzionatorie, sarebbe opportuno garantire un’adeguata informazione, rivolta soprattutto ai giovani, che metta in luce i danni all’economia e il ruolo della criminalità organizzata su tutta la filiera, uno dei pochi argomenti rispetto ai quali i consumatori mostrano di avere una certa sensibilità.
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L’impatto della contraffazione sul sistema Paese: dimensioni, caratteristiche e approfondimenti Il fatturato del mercato interno della contraffazione si stima che sia di
6 miliardi e 900 milioni di euro I settori più colpiti sono quelli dell’abbigliamento e degli accessori, il comparto CD, DVD e Software e quello dei prodotti alimentari. La stima dell’impatto sull’economia italiana evidenzia che:
se fossero stati venduti gli
stessi prodotti sul mercato legale si sarebbero avuti 13,7 miliardi di euro di valore di produzione aggiuntiva;
la
produzione avrebbe generato acquisti di materie prime, semilavorati e/o servizi all’estero per un valore delle importazioni pari a 4,2 miliardi di euro;
la
produzione complessiva degli stessi beni in canali ufficiali avrebbe assorbito circa 110.000 unità di lavoro a tempo pieno.
Una molteplicità di abusi minacciano la nostra economia
Non è solo la contraffazione del marchio, ovvero la riproduzione e commercializzazione di articoli che recano illecitamente un marchio identico a uno registrato, a costituire una seria minaccia per il sistema produttivo italiano; altri illeciti sono altrettanto diffusi, come:
contraffazione di design,
ovvero riproduzione e commercializzazione di articoli che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti coperti da modelli o disegni registrati;
contraffazione di indicazioni di origine.
Made in Italy e analoghe indicazioni. Si spacciano per prodotti italiani che hanno in tutto o in parte altre origini. Interessa soprattutto il settore alimentare ma anche quello delle calzature, altrettanto sensibile all’Italian sounding;
importazione parallela,
ovvero commercializzazione in Italia di prodotti destinati a un Paese diverso e poi venduti da noi attraverso canali non ufficiali, a prezzi inferiori a quelli normalmente praticati. Riguarda ad esempio il settore dei cosmetici.
Stima del fatturato della contraffazione in Italia per settori (2010) milioni di euro
Prodotti alimentari, alcolici e bevande Profumi e cosmetici Abbigliamento e accessori Apparecchi e materiale elettrico Materiale informatico CD, DVD, cassette audio e video Orologi e gioielli Giochi e giocattoli Medicinali Ricambi auto
1.084 / 15,7% 108 / 1,6% 2.488 / 35,9% 608 / 8,8% 243 / 3,5% 1.785/ 25,8% 449 / 6,5% 29 / 0,4% 20 / 0,3% 107 / 1,5% Fonte: dati Censis 2012
rendering
vero falso
vero falso
Solo una di queste due immagini del catalogo IKEA è un rendering, provate a capire quale
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VIRTUAL di Jens Hansegard per WSJ traduzione di Mirco Tangherlini
con l’utilizzo delle immagini virtuali l’azienda svedese risparmia sulle spese di marketing e non licenzia fotografi e falegnami
rendering Che cosa direste se sfogliando il nuovo catalogo IKEA di 324 pagine vi venisse comunicato che l'immagine del soggiorno che state guardando è stata creata da un grafico ed è semplicemente un insieme di pixel e poligoni generati da un computer? Il gigante svedese produttore di mobili per decenni ha investito per più di due terzi del suo budget in marketing e comunicazione, al fine di ottenere immagini alla moda, belle da vedere, illuminate con la giusta luce e che, soprattutto, incentivassero all’acquisto. Ma IKEA nel suo tentativo di contenere i costi e aumentare la produttività ha iniziato ad avere problemi economici e ha quindi
pensato di investire nell’utilizzo della grafica 3D. Quest'anno il 12% dei contenuti web, cataloghi e brochure IKEA sono stati realizzati utilizzando immagini virtuali e questo numero salirà al 25% il prossimo anno. La nota azienda svedese prevede, quest’anno, di pubblicare 208 milioni di cataloghi, più del doppio della produzione di Bibbie, con 62 differenti versioni e distribuite in 43 paesi. "Riguardo all’utilizzo del rendering", spiega Anneli Sjogren, direttore della fotografia IKEA, "Si tratta di un modo intelligente per risparmiare denaro. Non dobbiamo svendere o buttare le
file tridimensionali che derivano dal CAD - f.to supportato: .DWG - .3DS - .STP - .MAX - .U3D
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Materiale fornito dal committente
file bidimensionali utilizzati per la progettazione che siamo quotati (misure); devono avere tutte le indicazioni tecniche necessarie - f.to supportato: .DWG - .AI - .JPG- .PDF - .TIF indicazioni sulla strategia di marketing relativa al prodotto da renderizzare: target, posizionamento e altre informazioni importanti per analizzare a fondo il prodotto stesso
eventuali oggetti (maniglie, campioni di legno,...) che aiutino gli artisti 3D a modellare meglio e ad applicare materiali fotorealistici al prodotto
cucine utilizzate per le foto. È possibile creare un set ad hoc per ogni tipo di mobile, senza dover utilizzare gli stessi pavimenti per cucina e bagno". Attraverso questa tecnologia IKEA ha la possibilità di manipolare facilmente le immagini utilizzando il legno scuro per un determinato paese e con sfumature chiare per chi invece predilige legni visivamente “leggeri”. In questo modo IKEA, non solo risparmia molto denaro, ma questo tipo di strategia permette di mantenere prezzi bassi. La società svedese, durante l'ultimo decennio, ha ridotto i prezzi in media dal 2% al 3% ogni anno espandendosi e riuscendo
A seguito delle informazioni del committente gli architetti producono
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a ottenere profitti dall'operazione su base annua. Progettare un catalogo è un compito impegnativo che richiede circa 10 mesi dall'idea al prodotto finito. Fino al decennio scorso IKEA utilizzava i suoi enormi studi fotografici, quasi sicuramente i più grandi in Europa, con 94.000 metri quadrati, circa un terzo della dimensione di un negozio IKEA e impiegava 285 tra fotografi, falegnami, arredatori e altre persone che lavoravano a tempo pieno per le riprese fotografiche. Lo stesso edificio ora ospita anche il 3D team, ma a causa della carenza di persone in grado di
Gli architetti studiano l’ambiente fornendo indicazioni sui materiali (pavimento, pareti,...) da utilizzare nelle composizioni
Gli architetti forniscono la lista degli oggetti da utilizzare nella scena secondo lo stile del prodotto da renderizzare
Gli artisti 3D elaborano le texture che saranno utilizzate nella composizione (legni, metalli, vetri,...)
3 A seguito delle informazioni del committente gli artisti 3D elaborano la scena
I fotografi studiano l’illuminazione migliore per evidenziare il prodotto
12/13 fare questo lavoro, la società sta collaborando con scuole di fotografia per creare nuove competenze nel campo del rendering e del design 3D. Anche i fotografi tradizionali, con la loro esperienza sono stati riqualificati per dare il loro supporto professionale nel creare una scena senza fotocamera. "Con la fotografia reale sei vincolato dalle quattro pareti" ha detto Ms. Sjogren. "Una cucina deve essere costruita in una settimana o due e poi tolta dallo studio subito dopo lo scatto per fare spazio ad una camera da letto… tutto deve funzionare come un orologio." Se il prodotto è, per esempio, per
il mercato statunitense, per scelta dei potenziali acquirenti, dovrà necessariamente avere colori più scuri. " Ora supponiamo di voler vendere lo stesso prodotto in Giappone," ha aggiunto "I Giapponesi, come gli Scandinavi, amano sfumature chiare di legno". Invece di ricostruire la cucina e rifotografarla, si può facilmente cambiare il colore e lo sfondo direttamente sulla scena virtuale. Ma l’utilizzo del rendering non è del tutto privo di problemi. Se si prova a creare figure umane in 3D, queste tendono ad avere lo sguardo perso nel vuoto, e gli alimenti, i vegetali e tutto quello
che è legato al tessile sono spesso difficili da rendere utilizzando questa tecnica digitale.
in computer grafica hanno trascorso un anno a lavorare all’interno dell’azienda.
Gli elementi elaborati, inoltre, sono spesso troppo perfetti e, solo con la consulenza dei falegnami, si potrà aggiungere usura o impronte digitali su una superficie per renderla più “reale”.
Prima del loro arrivo, IKEA utilizzava i computer solo per ritoccare le fotografie.
"Supponiamo di avere una vecchia porta che è stata ridipinta, solo i falegnami sanno dove le superfici si usurano e con la loro attenzione maniacale per i dettagli potranno aiutare gli artisti 3D ad ottenere l'immagine migliore."
Questi praticanti sono stati incaricati della creazione dell'immagine di un prodotto IKEA senza usare la fotocamere. Hanno lavorato su una piccola sedia di legno e, dopo un anno, hanno ottenuto i risultati previsti.
IKEA ha iniziato a dedicarsi alla progettazione 3D già nel 2005, quando tre stagisti specializzati
Nell’infografica in basso è spiegata nei dettagli la dinamica che porta a commissionare un rendering.
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A questo punto si compone la scena preliminare che ci permetterà, con il committente, di valutare l’illuminazione e la composizione
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La prima scena sarà in scala di grigio ed in bassa risoluzione, e dovrà essere valutata ed approvata dal committente prima di passare allo step successivo; in questa fase il committente potrà apportare qualsiasi variazione alla composizione
formato GRANDE max 60x30 cm a 300dpi
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La seconda scena sarà a colori ed in bassa risoluzione, e dovrà essere valutata ed approvata dal committente prima di passare allo step successivo; in questa fase il committente potrà apportare qualsiasi variazione alla composizione
Il cromista ritocca l’immagine in base ai legni/campioni che gli sono stati assegnati e fornisce una stampa certificata da approvare
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Il catalogo viene studiato seguendo la strategia di marketing appropriata
formato MEDIO max 30x30 cm a 300dpi
formato PICCOLO max 15x15 cm a 300dpi
I copywriters si occupano della stesura dei testi Il committente applica il “visto si stampi” sulle prove di stampa finali si procede alla stampa e/o alla produzione del .PDF ottimizzato per tablet da mettere online.
focus
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o il calore del legno CATALOGO FINITURE il rendering del legno, venature al vivo, tonalità espressive Avere la possibilità di toccare il legno, di sentirne le venature, e magari immaginare di tuffarsi con la fantasia in un ambiente nuovo: una cucina, un bagno o un ufficio. Chi lavora nel settore del mobile conosce bene l’importanza di
far percepire al cliente l’essenza dei materiali, in particolar modo del legno, un materiale prezioso che va vissuto con la vista e con il tatto. Oggi, le aziende del settore, nella maggior parte dei casi, si dotano di campioni finiture realizzati con frammenti di legno, supporti assai costosi e ingombranti. D’altra parte si tratta di strumenti irrinunciabili da un punto di vista commerciale, che permettono di valutare e testare il colore e le venature, le finiture lucide e opache. Insomma di scegliere il proprio legno. Oggi nel settore della grafica e del rendering c’è ancora spazio per l’innovazione, l'evoluzione tecnologica unita alle esigenze sempre più marcate dei clienti e quindi delle aziende, spingono le agenzie a trovare soluzioni innovative, funzionali e a vol-
di Elisa Maria Carletti
te sorprendenti. L'obiettivo è sempre lo stesso: fornire alle aziende strumenti di comunicazione veramente efficaci e ottimizzati. Con questo spirito è nato il catalogo finiture in computer grafica, con l'intento di semplificare il supporto senza rinunciare alla funzione. Il risultato è un catalogo campioni finiture realizzato interamente con i rendering dei legni, senza limiti di tipologia, colore, finitura. La sensazione tattile del legno trasferita su carta. Un prodotto frutto di tre professionalità: il render, la serigrafia e le tecniche di stampa. I vantaggi commerciali per le aziende sono notevoli: rispar-
mio in termini di costo di realizzazione, di spazio, di peso. Accanto a questo, l'immagine dell'azienda fa un salto di qualità, con uno strumento di presentazione unico e innovativo che trascina il brand aziendale in un vero e proprio vortice di novità. I produttori di cucine che hanno realizzato un supporto con questa tecnica hanno avuto riscontri totalmente positivi da parte della rete commerciale, potendo contare su uno strumento snello e leggero che non manca di emozionare. Non si tratta comunque di uno strumento capace in ogni situazione di sostituire al 100% il legno di una finitura “reale” ma certamente rappresenta l'evoluzione più spinta nella riproduzione del reale su carta, un fantastico prodotto di comunicazione che si affianca ai tradizionali strumenti.
www.tangherlini.it
il gioiello salvavita
Health Code® è il primo sistema digitale che tutela la salute in caso di emergenza, ed è anche un bellissimo gioiello dal design attuale. Realizzato in acciaio Inox, HealthCode® è disponibile in due modelli esclusivi: Safe con uno stile essenziale e Life più morbido nelle forme. Un oggetto che non mancherà di stupire e di attirare l’attenzione dei tuoi amici. HealthCode® è per tutti, un regalo da fare a chi si vuole bene, adatto a tutte le fasce di età.
INDOSSA Il funzionamento di HealtCode® è semplice e alla portata di tutti. Apri la scatola e indossa il tuo gioiello. Il codice stampato sulla medaglietta è unico, è il tuo codice personale. Nella scatola troverai anche la “HealthCard” per entrare nella tua area riservata.
COMPILA Una volta entrato nella tua area personale, compila la cartella clinica con tutte le informazioni che potrebbero essere utili ai tuoi soccorritori e salvarti quindi la vita in caso di emergenza. I dati che ti servono per riempire la tua scheda sanitaria li puoi reperire dalle ultime analisi eseguite.
ENTRA Sulla “HealthCard” troverai un indirizzo internet personale per accedere alla tua area riservata. Per entrare basta digitarlo su qualsiasi browser e accreditarsi utilizzando il PIN. Nessuno a parte te può accedere per modificare le informazioni personali contenute. La “HealthCard” può essere facilmente conservata nel portafogli.
REGISTRA Dopo aver riempito la tua scheda non devi far altro che salvare i dati. Da questo momento in poi qualsiasi persona dotata di smartphone potrà con un semplice clic soccorrerti nella maniera più opportuna qualora tu abbia bisogno di aiuto.
regala HealthCode a chi vuoi bene lo trovi nelle migliori gioiellerie della tua città e online su
Scarica l’Applicazione gratuita per leggere il codice dal tuo smartphone digitando “HealthCode” sul motore di ricerca interno del tuo store. Per interpretare il codice è sufficiente qualsiasi altro lettore di QR Code (es.: e-nigma).
www.healthcode.it
via Caduti del Lavoro, 2 , Ancona, Italy support@healthcode.it, 0712802604
web marketing
APP Vs. WEBAPP
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Viaggio nel mondo delle “piccole icone colorate” che ci stanno cambiando la vita di Alessandra Ballone Burini
Le App hanno rappresentato, negli ultimi anni, una piccola rivoluzione nel modo di rapportarsi al web. Improvvisamente negli ultimi anni, il mondo dell’informazione e dell’intrattenimento online è passato dallo schermo del nostro computer alle nostre tasche, fruibile in ogni momento della giornata.
Un dato su tutti è estremamente significativo (e nemmeno molto recente): nel 2011 è avvenuto lo storico sorpasso negli Stati Uniti, il tempo trascorso utilizzando le App è stato di 7 minuti maggiore rispetto a quello passato davanti a un browser. Una stima che è certamente destinata a crescere.
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Ma cos’è un’App? Sebbene sia semplicemente un’abbreviazione di “Application Software”, con il termine App siamo abituati a identificare qualcosa di ben diverso da un semplice programma per il computer. Potremmo definirlo un software che va ad arricchire le funzioni di un dispositivo mobile (smartphone o tablet), a seconda delle esigenze dell’utente. Si fa coincidere spesso la nascita delle App con l’apertura, nel 2008, dell’App Store della Apple, ma piccoli programmi installabili su cellulare erano disponibili già da anni. Quello che è cambiato è la fruibilità delle applicazioni, ora facilmente installabili senza necessità di schede esterne, cavi di connessione a un computer o conoscenze tecniche: basta un tocco sullo schermo per avere il mondo, anzi il proprio mondo, in tasca. Una rivoluzione che ha portato l’American Dialect Society a proclamare “App” come parola dell’anno nel 2010. La tecnologia, si sa, ci ha abituato ai dualismi. Negli ultimi anni, ad esempio, abbiamo assistito alla battaglia tecnologica (e non solo) tra Apple/iOS e Google/Android. Con l’avvento dell’HTML5, il più avanzato linguaggio per il web, la sfida sembra essersi spostata all’interno dei nostri smartphone e tablet. La quinta incarnazione dell’HTML ha aperto la strada alle
Webapp, applicazioni che girano sul web tramite un semplice browser, ma che possiedono caratteristiche multimediali avanzate. In pratica, una sorta di pagine web evolute e pensate specificatamente per il mobile.
Che differenza c’è tra App native, cioè sviluppate per un certo dispositivo e con linguaggio proprietario, e Webapp? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di ciascun approccio? Quale delle due è preferibile utilizzare? Per capire meglio il panorama delle applicazioni per dispositivi mobili, le loro peculiarità e le principali differenze, affrontiamo il paragone per punti chiave, tenendo in considerazione diversi aspetti tecnici e funzionali.
Sviluppo e aggiornamento Le Webapp offrono l’indubbio vantaggio di essere relativamente più facili, veloci ed economiche da sviluppare. Non serve conoscere un linguaggio di programmazione specifico: ci si limita a utilizzare le poten-
zialità offerte da HTML, CSS, JavaScript e altre tecnologie web, affidabili e ben conosciute da designer e developer. Anche gli update risultano più centralizzati e non più limitati dai meccanismi di approvazione degli store. Gli utenti, di conseguenza, possono visualizzare la stessa versione dell’applicazione e non hanno bisogno di scaricare alcunché sul loro dispositivo.
Compatibilità e accessibilità Anche in questo caso, le Webapp si dimostrano più versatili, non essendo vincolate a un sistema operativo o, addirittura, a un dispositivo specifico. Il caso di Android è esemplare: l’enorme varietà di device sul mercato, ciascuno con la sua versione software e le sue caratteristiche hardware, rende molto difficile per gli sviluppatori assicurare una totale compatibilità. Una Webapp, d’altro canto, può essere visualizzata in ogni dispositivo che abbia una connessione a internet e un browser aggiornato: che si tratti di uno smartphone, un netbook o un tablet, l’utente avrà sempre accesso ai contenuti che desidera.
User experience È il grande punto di forza delle App native: la possibilità di garantire una navigazione fluida e delle performance di altissimo livello, anche offline. L’utilizzo di
un linguaggio di programmazione proprietario, infatti, permette un’immediatezza e una responsività che le Webapp faticano ancora a ottenere e assicura la possibilità di interfacciarsi a tutti i sensori del device (come la fotocamera), sfruttandone a pieno le funzioni, accedendo alle informazioni personali (come la rubrica dei contatti) e permettendo all’utente di essere costantemente aggiornato tramite le notifiche push. Sebbene l’HTML5 stia facendo passi da gigante per quanto riguarda l’accesso alle funzioni hardware, le App rimangono ancora la soluzione ideale per fornire funzioni avanzate e una user experience ottimale.
Distribuzione L’App Store di Apple e il Play Store di Google sono attualmente i più grandi negozi virtuali di applicazioni native per il mobile, visitati ogni giorno da migliaia di utenti. Tale distribuzione garantisce di conseguenza una notevole reperibilità e visibilità. D’altro canto, i singoli contenuti raccolti in una Webapp (ad esempio, una news o un’immagine) sono maggiormente rintracciabili nei motori di ricerca e facilmente condivisibili con altri utenti attraverso i social network. Le piccole aziende, inoltre, corrono il rischio di essere penalizzate dagli store, in cui per emergere dal mare di altre App simili è necessario farsi notare da chi gesti-
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shop sce la piattaforma piuttosto che dagli utenti.
Monetizzazione La possibilità di ottenere un riscontro in termini di profitto e visibilità è sicuramente uno dei motivi che spinge tante aziende a lanciarsi nel mercato delle applicazioni. Che si scelga di realizzare un’App nativa o una Webapp, esistono diverse fonti di guadagno, dai circuiti pubblicitari specifici per il mobile, alla possibilità di far pagare il download o l’accesso a sezioni specifiche tramite metodi di sottoscrizione. C’è da ricordare, tuttavia, che le Webapp, svincolandosi dagli store, permettono agli sviluppatori di portarsi a casa il 100% degli introiti, senza doverli spartire con i canali di distribuzione.
Come scegliere, dunque? Analizzati i vantaggi e gli svantaggi di ciascun approccio, è necessario domandarsi quale sia il target dell’applicazione, le disponibilità economiche e gli obiettivi che ci si prefigge. Per i piccoli business, le Webapp sono indubbiamente la strada più vantaggiosa, poiché economica e con un maggior potenziale bacino di utenti. Viceversa, se c’è la necessità di fornire funzioni più avanzate (come pagamenti in app), di sviluppare un gioco o di fornire ulteriori contenuti agli utenti abituali di un sito, la cre-
azione di App native sembra la scelta più adeguata. Da non trascurare, inoltre, anche la destinazione d’uso dell’applicazione. In uno studio del 2011, Yahoo! e Ipsos hanno mostrato che gli utenti preferiscono utilizzare il browser per lo shopping online, le ricerche e l’intrattenimento, mentre privilegiano le App per informarsi e navigare sui social network. Come tutti gli strumenti di marketing e comunicazione dunque, prima di scegliere un “mezzo” rispetto ad un altro, prima di fare un investimento di qualsiasi tipo è fondamentale fermarsi un secondo a pensare agli obiettivi, al target, alle funzionalità dello strumento e alle capacità di investimento.
Un compromesso: la soluzione ibrida Come spesso accade, di fronte a due strade così diverse si è cercato un sistema che incorpori il “meglio dei due mondi”. In questo caso, la soluzione è rappresentata dalle applicazioni ibride, cioè App che a uno scheletro nativo affiancano contenuti in HTML5. Un esempio è quello fornito dal Financial Times che nel 2011 ha lanciato la sua App ibrida (abbandonando di fatto lo sviluppo della nativa) ottenendo ottimi risultati, con un incremento del 15% delle sottoscrizioni e una
crescita del 19% del bacino di utenti.
Uno sguardo al futuro Se da un lato è prematuro ipotizzare la scomparsa delle App native, è indubbio che l’interesse verso gli approcci alternativi sia sempre maggiore, soprattutto se uno dei principali sostenitori delle Webapp è un gigante come Google, che vede nelle soluzioni ibride un modo per superare l’annoso scoglio della frammentazione di Android. D’altro canto, se grandi realtà editoriali seguono l’esempio della casa di Redmond, Facebook sceglie di fare un passo indietro, abbandonando l’HTML5 in favore di un’App nativa. Di certo, con il continuo sviluppo delle tecnologie web (HTML5 supporta ora anche la geolocalizzazione), le differenze tra App e Webapp si fanno sempre più sottili.
73% 27% search
63% 37% entertain
60% 40% manage
46% 54% inform
39% 61% navigate
Utilizzo del mobile: App vs. Browser Nota: 13-54 anni Fonte: Yahoo! e Ipsos "Mobile Modes: How to Connect with Mobile Consumers", Agosto 2011
35% 65% connect
31% 69%
comunicazione
ricordo visivo
costruzione visiva
ricordo uditivo
costruzione uditiva
emozioni fisiche sentimenti
introspezione
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Bada a come
Pma anche A Ra come LI GUARDI le regole base della comunicazione non verbale
di Mirco Tangherlini
comunicazione La nostra cultura si basa prevalentemente sulla parola, ma a volte ci facciamo delle opinioni su chi ci sta di fronte semplicemente con uno sguardo. Quando due persone si incontrano gran parte della comunicazione che li mette in relazione non è, infatti, verbale. Alcuni ricercatori hanno potuto affermare che, di norma, sono sufficienti appena 3 secondi per giungere a conclusioni su uno sconosciuto che incontriamo per la prima volta e a farci delle idee sul nostro interlocutore, anche prima di averlo sentito parlare.
trollare per capire cosa sta realmente pensando la persona che ci troviamo di fronte. LA DIFESA DEL TERRITORIO Come gli animali, anche noi umani abbiamo il nostro territorio da difendere, il luogo che non vogliamo venga valicato da chiunque, nella nostra cultura è di 70 cm / 1 m, nei paesi freddi si può arrivare fino a 2 m, mentre nei paesi più caldi si può ridurre fino a 20 cm.
distanza intima da 0 a 45 cm distanza personale da 45 cm a 1 m distanza sociale da 90 cm a 2 m distanza pubblica attorno ai 3 m
Durante un incontro ciò che viene comunicato con le parole rappresenta appena il 7%, il 38% deriva dal tono della voce mentre il 55% è rappresentato dai segnali trasmessi dai movimenti, quasi sempre involontari, del nostro corpo. Praticamente comunichiamo le nostre sensazioni al nostro interlocutore in maniera inconscia. Se quindi non impariamo a leggere i movimenti involontari della persona con cui ci stiamo relazionando non avremo alcuna consapevolezza delle informazioni che ci vengono inviate attraverso la comunicazione non verbale e non saremo in grado di controllare le nostre risposte. Questo articolo non ha la presunzione di dare tutte le risposte su un argomento così vasto ma spero possa fornirvi le informazioni necessarie a comprendere alcuni dei movimenti del corpo che bisogna assolutamente con-
La dimensione della distanza concessa ci permette di formulare una gradazione di tolleranza in base alla persona che ci troviamo davanti e in base al luogo in cui ci stiamo incontrando:
TOCCHIAMOCI A volte toccare leggermente uno sconosciuto potrebbe aiutarci a instaurare un legame minimo che lo predisporrà positivamente verso di noi. Uno studio recente ha evidenzia-
to che se i commessi di un grande magazzino toccano i clienti nel momento in cui interagiscono li predispongono all'acquisto. Il contatto conferisce fascino e prestigio, chi tocca viene giudicato più dominante, determinato, caloroso ed espressivo. LA STRETTA DI MANO Al primo incontro, soprattutto in ambito lavorativo, ci diamo la mano. Ma come si può interpretare una stretta di mano? Prima di tutto sappiamo che una salda stretta di mano genera un’impressione favorevole nel nostro interlocutore. Il tempo per cui si protrae la stretta deve essere quello giusto, se troppo breve o troppo lungo può inviare segnali sbagliati al nostro interlocutore. Persone che danno la mano in modo molle indicano timidezza o diffidenza. Oltre a questo se chi dà la mano poggia anche la mano sinistra sulla spalla dell'altro potrebbe voler indicare l'esigenza di imporre la propria superiorità, mentre se la mano non viene poggiata sulla spalla ma posizionata contro la spalla può indica re repulsione. LA POSTURA Proviamo ora ad analizzare la postura, nella posizione eretta, che sta assumendo la persona con cui stiamo parlando. Normalmente è possibile verificare almeno 4 posizioni fondamentali (vedi immagine 1): sicuro di sé, neutrale, sottomesso e pronto ad andarsene. In pratica se la persona con cui
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1 sicuro di sé
2 neutrale
3 sottomesso
4 pronto ad andarsene
immagine 1
stiamo avendo un colloquio di lavoro sta assumendo la posizione 4 (pronto ad andarsene) è inutile parlargli, ora, di un argomento importante, infatti sta già pensando a cosa farà dopo l’incontro. ADESSO SIEDITI Nel momento in cui l’incontro avviene seduti se la persona con cui stai parlando è davvero interessata a te e ai tuoi argomenti sarà lievemente protesa verso la tua direzione. Per convenzione, stando seduti, gli uomini mantengono le gambe larghe mentre le donne le tengono ravvicinate o accavallate. Se un uomo tende quindi a tenere le gambe scostate è sintomo di apertura o socievolezza, ma se le allarga troppo può diventare un manifesto segno di sfida. Allungare le gambe, sempre rimanendo seduti indica rilassamento ma se i piedi tendono ad incrociarsi può essere inviato un segnale disagio o, addirittura, voglia di scappare. Tenete anche d’occhio cosa succede sul tavolo: se il vostro interlocutore prende in mano una penna e la tiene in verticale sta esibendo un simbolo fallico e potrebbe inviare un segnale di competizione o marcatura del territorio. A ME GLI OCCHI Se sei particolarmente vicino al tuo interlocutore, tieni d'occhio la dimensione delle sue pupille, se
un argomento ci interessa davvero le nostre pupille tendono a dilatarsi. La moderna neurologia ha dimostrato che quando pensiamo gli occhi si spostano in posizioni diverse, questo perché si attivano parti diverse del cervello in base al pensiero formulato. Questa relazione tra occhio e cervello è stata chiamata LEM (lateral eye movement). Questa teoria è stata successivamente rielaborata da Richard Bandler, studente di psicologia e Jhonn Grinder, linguista, che hanno trasformato il LEM in EAC (eye accessing cue). Questo nuovo modello ipotizza: Chi pensa per immagini tende a orientare lo sguardo verso sinistra e leggermente in alto quando attiva un ricordo e in alto a destra quando genera nuovi pensieri. Se, per esempio, vi chiedo di pensare ad un albero guardereste in alto a sinistra se vi chiedo di pensare ad un albero disegnato in maniera infantile da un bambino guarderete in alto a destra. Chi pensa in maniera uditiva guarda a sinistra e al centro (per esempio quando si pensa a ciò che qualcuno ha detto) e a destra e al centro quando crea nuovi pensieri uditivi (per esempio quando pensa a quel che vorrebbe che qualcuno dicesse). Le sensazioni fisiche e i senti-
menti si trovano invece in basso a destra. Lo sguardo è rivolto dal lato opposto, in basso a sinistra, quando parliamo tra noi o cerchiamo di risolvere problemi logici. (Per comprendere meglio questi concetti guarda l’infografica di pagina 22). STAI MENTENDO Una delle ragioni per cui vorremmo capire il linguaggio non verbale della persona con cui stiamo parlando è per essere sicuri che non ci stia mentendo. Siamo tutti molto bravi a raccontare bugie con le parole, ma non sempre il nostro viso nasconde la nostra menzogna. Quindi se vogliamo essere sicuri che la persona che abbiamo davanti non ci stia mentendo cerchiamo di non ascoltare le sue parole per concentrarci meglio su quello che comunica con il resto del corpo. I segnali contradditori più evidenti dipendono dal sistema nervoso autonomo, e non siamo in grado di controllarli. Non è, infatti, possibile smettere di sudare, arrossire o impedire che le pupille si dilatino. Se ci sottopongono qualcosa su cui esprimere un giudizio e questa cosa non è di nostro gradimento, forse non vorremmo far trapelare questo nostro sentimento e proveremo a forzare la nostra mimica facciale sorridendo, ma non riusciremo mai a controllare l'area attorno agli occhi, le sopracciglia e la fronte. Detto questo anche un sorriso genuino (perfettamente simmetrico) è sempre diverso da uno falso (sempre asimmetrico). Ma quali sono i gesti che dobbiamo osservare per capire se
qualcuno ci sta mentendo? Il più comune che però viene solo al secondo posto è quello di grattarsi il naso (i gesti verso il viso aumentano quando si mente). Al primo posto troviamo il portarsi la mano davanti alla bocca come se ci vergognassimo di quanto stiamo dicendo. Tutti gli altri gesti: tirarsi il lobo dell'orecchio, aggiustarsi gli occhiali sono semplici deviazioni dei primi due. Ma attenzione, anche chi ascolta, se ritiene che quello che viene detto non corrisponde a realtà, può coprirsi la bocca e utilizzare i gesti descritti sopra per esprimere la propria perplessità su quanto si stà dicendo. Tutti sanno che una delle caratteristiche di chi mente può essere lo sguardo sfuggente, proprio per questo il mentitore si sforzerà di guardarci dritto negli occhi, ma tradirà sicuramente brevi guizzi dell'occhio o sposterà lo sguardo altrove fingendo di riordinare dei fogli sul tavolo, non riuscendo a controllare completamente il sistema nervoso autonomo. Chi mente tende anche a: passare la lingua sul labbro inferiore, aumentare la quantità delle deglutizioni, schiarirsi spesso la voce, a gesticolare di meno, mettere le mani sotto le cosce se si è seduti o in tasca se si è in piedi. Chiaramente quanto detto va sempre contestualizzato, e solo due o più atteggiamenti possono dare informazioni attendibili. Non dimentichiamo che a volte il nostro fiuto è molto più attento della tecnica.
tips
Questo numero è il frutto di un continuo lavoro di squadra, tutto il nostro team contribuisce attivamente alla sua realizzazione
Con le ultime 19 tesi, chiudiamo la sezione dedicata al Cluetrain Manifesto. Ogni punto rappresenta un piccolo mattone per la costruzione di una giusta strategia di comunicazione, che guarda al nuovo consumatore non come a un utente sprovveduto ma a un partner che può decidere il futuro della vostra Impresa.
Elisa Maria Carletti
responsabile marketing marketing@tangherlini.it
Graziano Giacani
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Mirco Tangherlini
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art director jr grafica@tangherlini.it
founder / art director mirco@tangherlini.it
Andrea Silvi
3d artist rendering@tangherlini.it
Truong Vinh Thanh
3d artist rendering2@tangherlini.it
Luca Grattafiori
web designer web@tangherlini.it
Valerio Scatassa
graphic designer grafica@tangherlini.it
Stefano Gagliardini
3d artist - web developer web2@tangherlini.it
Riccardo Silvi
account executive account@tangherlini.it
Giacomo Tamburini
graphic designer grafica2@tangherlini.it
Cinzia Mancinelli
amministrazione amministrazione@tangherlini.it
Alessandra Ballone Burini web designer
Roberta Picchietti
designer
Siete troppo occupati nel vostro business per rispondere a un’email? Oh, spiacenti, torneremo. Forse. Volete i nostri soldi? Noi vogliamo la vostra attenzione.
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Interrompete il viaggio, uscite da quell’auto-coinvolgimento nevrotico, venite alla festa.
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Niente paura, potete ancora fare soldi. A patto che non sia l’unica cosa che avete in mente.
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Avete notato che di per sé i soldi sono qualcosa di noioso e a una sola dimensione? Di cos’altro possiamo parlare?
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Il vostro prodotto si è rotto. Perché? Vorremmo parlare col tipo che l’ha fatto. La vostra strategia aziendale non significa niente. Vorremmo scambiare due parole con l’amministratore delegato. Che vuol dire che "non c’è"?
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Vogliamo che prendiate sul serio 50 milioni di noi almeno quanto prendete sul serio un solo reporter del Wall Street Journal.
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Conosciamo alcune persone della vostra azienda. Sono piuttosto bravi online. Ne nascondete altri, di bravi? Possono uscire ed entrare in gioco anche loro?
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Quando abbiamo delle domande, ci cerchiamo l’un l’altro per le risposte. Se non esercitaste un tale controllo sulle "vostre persone", sarebbero anche loro tra le persone che cercheremmo.
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Quando non siamo occupati a fare il vostro "mercato target", molti di noi sono le vostre persone. Preferiamo chiacchierare online con gli amici che guardare l’orologio. Questo farebbe conoscere il vostro nome molto di più del vostro sito internet da un milione di dollari. Ma siete voi a dirci che è la Divisione Marketing che deve parlare al mercato.
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Ci piacerebbe che sapeste cosa sta succedendo qui. Sarebbe davvero bello. Ma sarebbe un grave errore pensare che ce ne stiamo con le mani in mano.
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Abbiamo di meglio da fare che preoccuparci se riuscirete a cambiare in tempo. Il business è solo una parte della nostra vita. Sembra essere invece tutta la vostra. Pensateci: chi ha bisogno di chi?
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Il nostro potere è reale e lo sappiamo. Se non riuscite a vedere la luce alla fine del tunnel, arriverà qualcuno più attento, più interessante, più divertente con cui giocare.
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Anche nel peggiore dei casi, la nostra nuova conversazione è più interessante della maggior parte delle
fiere commerciali, più divertente di ogni sitcom televisiva, e certamente più vicina alla vita di qualsiasi sito web aziendale.
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Siamo leali verso noi stessi, i nostri amici, i nostri nuovi alleati, i nostri conoscenti, persino verso i nostri compagni di battute. Le aziende che non fanno parte di questo mondo non hanno nemmeno un futuro.
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Le aziende stanno spendendo miliardi di dollari per il problema dell’Anno 2000. Come fanno a non sentire la bomba a orologeria nei loro mercati? La posta in gioco è persino più alta.
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Siamo dentro e fuori le aziende. I confini delle nostre conversazioni sembrano il Muro di Berlino di oggi, ma in realtà sono solo una seccatura. Sappiamo che stanno crollando. Lavoreremo da entrambe le parti per farle venire giù.
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Alle aziende tradizionali le conversazioni online possono sembrare confuse. Ma ci stiamo organizzando più rapidamente di loro. Abbiamo strumenti migliori, più idee nuove, nessuna regola che ci rallenti.
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Ci stiamo svegliando e ci stiamo linkando. Stiamo a guardare, ma non ad aspettare.
non chiamateci
creativi
In comunicazione si tende a etichettare come “creativi” pensieri e comportamenti strani, bizzarri o trasgressivi, sottostimando del tutto la necessità che devono essere soprattutto efficaci e appropriati agli obiettivi. Il nostro compito è quello di aiutare il committente ad aumentare le proprie vendite, a migliorare il posizionamento del brand, ad avere più visite “reali” al sito internet aziendale. In questo processo interviene sicuramente un pizzico di originalità, ma il maggior contributo è dato da analisi, conoscenza del mercato e consapevolezza degli strumenti. Solo così sarà possibile ottenere dei risultati concreti che durino nel tempo. A nostro parere la comunicazione non deve essere “creativa” per forza, nel senso di eccentrica o bizzarra, ma “costruttiva”, in grado cioè di dare risposte e risultati concreti ai nostri clienti. Provocatoriamente abbiamo cancellato la parola creativa dal nostro “payoff”.
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