Imprese e Territorio 04/2020

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COVER STORY

Non è una domanda retorica. Qui c’è davvero di mezzo il futuro del nostro Paese, perché l’Italia è già fanalino di coda in tanti settori, a cominciare dall’economia, e non può permettersi di esserlo anche sul digitale Lidia Romeo

Chi ha paura del digitale? Se guardando al futuro alcune paure sono giustificabili (ma superabili) altre lo sono molto meno. Non si tratta di psicologia ma di un’analisi puntuale della condizione macroeconomica e microeconomica in cui siamo immersi. Ne è convinto l’economista Giampaolo Galli, dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Roma dove insegna Economia Politica.

ITALIA MAGLIA NERA Il nodo di reale e fondata inquietudine per Galli sta nell’ammettere, senza girarci intorno, la grande situazione di difficoltà in cui si trova l’economia italiana: quella che negli ultimi 20 anni ha avuto la performance peggiore tra i Paesi avanzati. «La crescita della produttività italiana negli ultimi 20 anni è stata pressoché nulla – afferma senza possibilità di appello il professore - Significa che il reddito pro capite è uguale a quello di inizio millennio o meglio il 2% sotto i livelli del 2000. Abbiamo conosciuto in questo periodo una lieve decrescita. Per trovare Paesi che siano cresciuti meno di noi bisogna paragonare l’Italia a

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nazioni che hanno conosciuto guerre, rivoluzioni civili o immani calamità naturali». Persino la disgraziatissima Grecia negli ultimi 20 anni ha fatto meglio di noi, e il Giappone, considerato “il malato del mondo occidentale”, ha indicatori migliori dei nostri. Significa che in realtà è l’Italia il fanalino di coda. Questo è un paradosso, ma non può durare in eterno. Per uscirne bisogna puntare sulla produttività, sulla certezza del diritto e sulle semplificazioni a creare un nuovo contesto fiscale e burocratico che aiuti le imprese a crescere.

IL RUOLO DELLE PMI Abbiamo tante piccole e medie Pmi che hanno fatto la ricchezza della penisola ma questo non è sufficiente a bilanciare il numero di realtà che vivono in nicchie di mercato e che si rivelano non adeguate alle sfide che pone un contesto economico, interno ed esterno ai nostri confini, in forte cambiamento. Se la trasformazione digitale ci consente di fare un salto di produttività, questo è proprio ciò di cui abbiamo bisogno. «La sfida è formidabile –

afferma Galli – non basta avere un computer, e nemmeno un sito internet. Per esportare, ad esempio, oltre alla vetrina web, bisogna attuare una serie di cambiamenti a monte e a valle della vendita» come valutare cambiamenti del prodotto per renderlo appetibile anche alla clientela di altri paesi, in termini di prezzo, qualità, presentazione, poi bisogna lavorare sui tempi di consegna, gestire la logistica, valutare il posizionamento su altre vetrine o canali web, garantire un procedimento per i resi. «Servono investimenti massicci ma anche grande senso di opportunità» precisa l’economista con riferimento alla necessità di consorziarsi o sfruttare le identità di distretto «altrimenti è difficile ottenere visibilità nell’immenso mare del web». «Certo – ammette – ci sono prodotti che si prestano meglio di altri a questa sfida che comunque non si può rinviare e tanto meno evitare» se ne viene fuori con la produttività

STRADA OBBLIGATA Non si può prescindere dalla digitalizzazione: è una strada obbligata. L’emergen-


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