Atti della Prima conferenza provinciale dei Servizi del Trentino

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Confcommercio Imprese per l’Italia Trentino

Associazione Attività di Servizio del Trentino

PRIMA CONFERENZA PROVINCIALE DEI SERVIZI Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

TRENTO - 26 NOVEMbRE 2010 Auditorium SEAC “Ivo Perini”

ATTI DEL CONVEGNO

Con il sostegno di

fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua del terziario


Confcommercio Imprese per l’Italia Trentino

Associazione Attività di Servizio del Trentino

La presente pubblicazione degli atti del convegno fa riferimento alla “Prima conferenza provinciale dei Servizi” tenutasi il 26 novembre 2010 presso l’Auditorium SEAC “Ivo Perini” di via Solteri 74 a Trento. L’evento è stato promosso e organizzato dall’Associazione Attività di Servizio del Trentino, aderente all’UNIONE – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO* www.unione.tn.it * Dal 30 maggio 2011, l’Unione Commercio Turismo Servizi e Piccole Medie Imprese della provincia di Trento ha assunto la denominazione “Unione delle Imprese, delle Attività Professionali e del Lavoro Autonomo – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO”. In breve, viene ora denominata “UNIONE” oppure “Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO”.

Segreteria organizzativa dell’evento: Giancarlo Baldi Hanno sostenuto questa iniziativa:

fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua del terziario

La pubblicazione degli atti è stata curata da: Maria Liana Dinacci, Mauro Marcantoni Hanno collaborato: Francesca Garbari, Giuseppe Marino Grafica e impaginazione: Gianfranco Rizzoli © IASA Edizioni 2011, Trento - www.iasatn.com


PRIMA CONFERENZA PROVINCIALE DEI SERVIZI Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

Trento - 26 novembre 2010 Auditorium SEAC “Ivo Perini”

ATTI DEL CONVEGNO


Riferimenti fotografici Pagg. 12, 13, 16, 18, 23, 27: Foto Rensi. Pag. 15: Piero Cavagna - Archivio Ufficio stampa PaT. Pag. 86: Carlo Baroni - Archivio fotografico FBK. Pag. 87: Archivio fotografico FBK.


n n n Sommario

Presentazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Mauro Marcantoni

APERTURA DEI LAVORI

Mario Oss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 Presidente Associazione Attività di Servizio del Trentino

Lorenzo Dellai. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Presidente Provincia autonoma di Trento

Giovanni Bort.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Presidente UNIONE – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO Vicepresidente Confcommercio Nazionale

Relazioni

Massimo Egidi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Rettore LUISS – Libera Università Internazionale degli Studi Sociali “Guido Carli” di Roma

Luigi Taranto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 Direttore Generale Confcommercio Imprese per l’Italia

Umberto Martini. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55 Docente di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Trento

testimonianze

Ambiente ed Energia. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 Sergio Bortolotti, Presidente Habitech e PVB

Informatica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69 Stefano Chelodi, Vicepresidente Associazione Attività di Servizio del Trentino

Statistica e ricerche di mercato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73 Andrea Giovanelli, Direttore Studio Giovanelli & Partners

Formazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 Annamaria Nicolussi, Direttore SEAC

Credito. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 Giorgio Rigotti, Presidente Confidimpresa Trentino

Innovazione e Ricerca. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 Andrea Simoni, Segretario generale FBK – Fondazione Bruno Kessler

Comunicazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 Pompeo Viganò, Vicepresidente MC-link

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Presentazione

Mauro Marcantoni

Sono uno dei mille iscritti all’Associazione Attività di Servizio del Trentino che ha organizzato questa Prima Conferenza Provinciale dei Servizi. Vorrei dedicare due parole di avvio per definire un po’ il campo del nostro ragionamento. Noi ci occuperemo delle attività di servizio, un oggetto quasi misterioso e poco perlustrato che corrisponde in sostanza a ciò che resta ”fuori” se escludiamo il terziario ridotto della Pubblica Amministrazione, il commercio e il turismo. Si tratta di un settore molto eterogeneo, estremamente dinamico e che sicuramente merita di essere considerato meglio per la valenza che riveste. Credo che questa prima conferenza abbia un valore e un punto di debolezza che coincidono. La debolezza riguarda il fatto che il settore dei servizi è veramente poco conosciuto, ma allo stesso tempo questo è un buon motivo per studiarlo, approfondirlo e ragionare su quanta rilevanza abbia per il Trentino. La seconda osservazione che vorrei fare riguarda le motivazioni. Quando, in seno alla giunta dell’associazione Attività di Servizio, si è pensato a questa conferenza, il punto di riferimento non era tanto il numero di associati, pur rilevante, ma capire cosa i servizi potevano significare per la crescita del nostro territorio, per sostenere le sfide che si prospettano nel futuro. Sfide che si giocano su tre terreni: la globalizzazione, perché ormai siamo immersi in un sistema globale e i servizi aiutano a decodificare la complessità e a capirla, perché per affrontarla bisogna prima comprenderla. E poi sono servizi che hanno una naturale attitudine per le reti, sia quelle lunghe che ci collegano con il resto del mondo, sia quelle corte che ci aiutano a fare coesione interna. Poi c’è il nodo della qualità. Il Trentino è piccolo e pregiato, quindi deve vincere la sfida della qualità per essere competitivo, e in questo

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

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i servizi sono molto importanti, perché per loro natura si occupano delle parti più importanti dei processi organizzativi e dei rapporti con il mercato e hanno ben presente il cliente. La personalizzazione è uno dei caratteri distintivi del mondo del terziario dei servizi, quindi certamente è un comparto che può essere lievito per la nostra crescita, per quella competitività territoriale che oggi è essenziale. Anche un’azienda ottima se non ha un ambiente attrezzato, gradevole e ben servito non regge il confronto con i mercati. Un motivo in più per ritenere i servizi privati un fattore importante nella competizione territoriale è che, accanto alle strade, alle fibre ottiche e ai servizi pubblici, ci sono anche le attività di servizio. Ci sono dei territori che, a uguali caratteristiche geografiche, fisiche e di mercato, raggiungono livelli di sviluppo diversi. Il sud e il nord, ad esempio. Ma anche nell’ambito del nord ci sono realtà che vanno meglio e realtà che vanno peggio. Ciò che fa la differenza, se tutte le altre condizioni sono uguali, è il capitale sociale, è quella grande ricchezza di cultura, atteggiamenti e competenze che stanno dentro un territorio. Il terziario dei servizi è un fattore importante di questo capitale. Ci auguriamo che l’incontro di oggi serva per farlo riconoscere meglio e per farlo crescere.


n n n apertura dei lavori

APERTURA DEI LAVORI



n n n apertura dei lavori

Mario Oss

Presidente Associazione Attività di Servizio del Trentino

Un cordiale benvenuto a tutti voi. Quando ho proposto al presidente Giovanni Bort di realizzare la prima conferenza provinciale dedicata ai servizi privati, non immaginavo che avrebbe avuto gli sviluppi sorprendenti che oggi possiamo insieme riscontrare: relatori di prim’ordine, ma soprattutto una partecipazione eccezionale, segno di un interesse che va molto oltre alle nostre aspettative. Non credo che la ragione di questo successo dipenda solo dalla bontà dell’idea. Credo invece che Mario Oss sia la forza espansiva dei servizi il principale motore di un’attenzione che finalmente ci consente di uscire da quella fascia grigia e marginale in cui siamo stati per anni confinati. Questo non per colpevole sottovalutazione, o peggio ancora per volontà esplicita di non voler riconoscere il nostro ruolo. La verità è che il terziario è già di per sé un settore residuale e, dentro questo settore, c’è un ulteriore residuo: le attività di servizio. C’è voluta l’evidenza dei fatti per cambiare questo radicato e preoccupante pregiudizio: l’evidenza della nostra capacità di crescere, anche in momenti di crisi; l’evidenza della nostra attitudine alla flessibilità, così preziosa per reagire alle dinamiche di mercato; l’evidenza della nostra ferma e qualificata volontà di sostenere lo sviluppo del Trentino, sia in termini di competitività che di qualità della convivenza. Per noi questo riconoscimento è un elemento di orgoglio e allo stesso tempo uno stimolo a fare di più e meglio. E questo vale per le nostre imprese, ma ancora di più per la nostra categoria, che, come è noto a tutti, fa parte della

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

L’Auditorium SEAC “Ivo Perini” (via Solteri 74) in cui si è tenuta la prima Conferenza Provinciale dei Servizi.

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grande famiglia dell’UNIONE – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO. Il periodo che stiamo attraversando è indubbiamente duro. Nel nostro territorio abbiamo risentito in modo più attenuato, almeno rispetto ad altre aree del Paese, della crisi profonda che ha fatto e che fa soffrire soprattutto le regioni caratterizzate da grandi distretti industriali. Tuttavia, non possiamo dire di aver la vita facile: i consumi calano anche qui, come calano i profitti di impresa. Le risorse pubbliche, anche in una Provincia per molti aspetti privilegiata, hanno per la prima volta registrato un trend in contrazione; il credito soffre e la gente è allarmata. Tutto questo, ovviamente, si riflette anche sulle aziende di servizio. Ma se consideriamo il ruolo cruciale che abbiamo assunto sia nell’economia che nel sociale, comprendiamo che queste difficoltà devono essere affrontate e superate nell’interesse non solo delle nostre imprese, ma anche dello sviluppo più complessivo del Trentino. In questa prospettiva, la responsabilità più immediata e diretta ricade sulle spalle di chi opera quotidianamente nel settore. Sono spalle forti e ne avrete testimonianza durante i sette interventi in programma nella seconda parte della conferenza, che sono un fiore all’occhiello non solo del nostro settore, ma dell’intera economia


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trentina. Le aziende, in questo sforzo, non possono essere lasciate sole. Per sostenerle, è innanzitutto essenziale il supporto pubblico, della Provincia autonoma in particolare. Un supporto che significa percepire e riconoscere la nostra presenza, sia in termini di numeri che di ruolo, facendo seguire azioni coerenti ed incisive. Per sostenerle, un contributo altrettanto importante deve poi venire dalla nostra associazione e dalla nostra capacità di fare sindacato di categoria, puntando su una molteplicità di obiettivi strategici. A questo proposito, ci prefiggiamo tre obiettivi prioritari: • Il primo è stimolare l’UNIONE e le sue società a fornire alle imprese servizi di supporto sempre più qualificati e convenienti. Essendo in casa SEAC, che è una delle realtà di servizio più accreditate in Italia e di cui mi onoro di essere il presidente, faccio innanzitutto mio l’invito. E in modo ancora più qualificato, penso che l’invito possa essere accolto da Giovanni Bort, nella sua duplice veste di presidente dell’UNIONE e di vicepresidente della Confcommercio Nazionale e da Luigi Taranto che di quest’ultima è il direttore. • Il secondo obiettivo che ci prefiggiamo è quello di rilanciare l’attività dell’Associazione di servizio sia supportando sempre di più i soci, sia sensibilizzando

Un momento durante la Prima Conferenza Provinciale dei Servizi. Da sinistra a destra: Mario Oss, Mauro Marcantoni (moderatore), Massimo Egidi, Umberto Martini.

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

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le realtà pubbliche e private sulle esigenze del comparto, sia, infine, facendo rete anche con iniziative come PagineBlu e il Progetto VEIS - Vetrina dell’Eccellenza e dell’Innovazione nei Servizi. • In ultimo, ma non certo per importanza, voglio ribadire la scelta di approfondire, cogliendo ogni occasione, le caratteristiche e il ruolo delle attività di servizio. Un approfondimento reso essenziale soprattutto per la straordinaria velocità con cui si trasformano e si evolvono le nostre aziende. L’incontro di oggi credo sia una evidente e significativa testimonianza di questa attenzione. Consentitemi di ringraziare in termini non di circostanza Massimo Egidi, il Magnifico Rettore dell’Università LUISS “Guido Carli”: lo ringraziamo per essere oggi qui con noi, ma anche e soprattutto per aver fatto decollare l’Università di Trento verso quei traguardi di eccellenza di cui oggi possiamo beneficiare; ringrazio poi Luigi Taranto per il prezioso e qualificato lavoro che sta svolgendo come Direttore generale di Confcommercio; ringrazio ancora il professor Umberto Martini, della Facoltà di Economia dell’Università di Trento, per l’impegno costante che caratterizza il suo lavoro di approfondimento delle tematiche del terziario, in particolare quelle del turismo. Permettetemi infine di rivolgere un ringraziamento e un caro saluto ai rappresentanti di alcune delle più prestigiose realtà del settore che operano in Trentino, ma con lo sguardo rivolto al mondo. In tema di ringraziamenti non voglio dimenticare i nostri sponsor Fondoest, Forte e SEAC. Ho terminato le mie brevi considerazioni, nella convinzione che il tempo che ci avete dedicato sia ben speso. Grazie a tutti. “VEIS – Vetrina dell’Eccellenza e dell’Innovazione nei Servizi”, pubblicazione curata dall’Associazione delle Attività di Servizio del Trentino (IASA Edizioni, 2007)


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Lorenzo Dellai

Presidente Provincia autonoma di Trento

Ci tenevo ad essere presente all’incontro di oggi, perché credo che, in un momento delicato come quello che stiamo attraversando, una conferenza di questo tipo possa avere una valenza molto importante per le attività di servizio, ma soprattutto sia significativa per la nostra comunità. Vorrei partire con una considerazione specifica. Penso che per il Trentino sia fondamentale capire che il mondo è cambiato, che il ciclo è cambiato. Si è aperto un nuovo registro a livello globale e la nostra autonomia, che pure è fortissima, non de- Lorenzo Dellai ve costituire una barriera a questi cambiamenti. Al contrario deve rappresentare uno strumento ulteriore per affrontarli al meglio. In seguito a questo cambiamento globale, è indispensabile tener presente che anche sistemi solidi come il nostro, costruito su decenni di processi di crescita e innovazione, possono subire dei crolli su più diversi fronti in tempi molto più rapidi di ciò che crediamo. Sappiamo bene che il Trentino ha delle performance molto positive nei diversi settori; ci sono dati che mostrano le tante realtà di grande qualità e solidità di cui possiamo vantarci ed esserne orgogliosi. Tuttavia, il Trentino ha due problemi che, se nell’epoca precedente potevano trovare un margine di tolleranza, adesso non possono essere più accettati. Questi due problemi sono: la bassa crescita e la bassa produttività. In primo luogo, il Trentino ha una quantità enorme di risorse sedimentate negli anni che riguardano la formazione del capitale umano, gli investimenti in ricerca, il capitale sociale e territoriale, ma tutto ciò non ha ancora prodotto la crescita che ci si

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16 La platea della Prima conferenza provinciale dei Servizi.

aspetterebbe. C’è uno stato potenziale ancora latente che non è messo in circuito. Secondariamente, non riusciamo ad esprimere sufficiente valore aggiunto per ora lavorata e questo implica bassa produttività. Questi due problemi non hanno impedito al Trentino, nei decenni scorsi, di arrivare a livelli alti di qualità sociale, ambientale, culturale, di qualità della vita dei nostri cittadini. Anche se siamo sempre in cima alle classifiche nazionali, dobbiamo ugualmente chiederci come mai questa grande qualità della vita sia stata accompagnata da una crescita non adeguata e non all’altezza delle nostre potenzialità. La risposta per me è alquanto ovvia. Questo compromesso è stato possibile grazie al forte ruolo assunto dalle finanze che la Provincia ha messo in campo. Il nuovo registro che a livello globale si è imposto, insieme alle nuove norme riguardanti il titolo sesto del nostro Statuto “effetto dell’applicazione della legge 42 sul federalismo fiscale” (accordo di Milano), ha fatto sì che questo


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compromesso storico fra bassa crescita e alta qualità della vita venisse completamente superato, dunque è indispensabile o abbassare la qualità della vita o innalzare la crescita. È chiaro che propendo per la seconda possibilità, nonostante sia consapevole che non ci sia ancora un’adeguata coscienza tra di noi. Questo spiega il conservatorismo, le resistenze, la pigrizia e le non-verità diffuse anche nei ceti dirigenti. Penso che per questi motivi sia importante mettere sul tavolo di lavoro alcuni ragionamenti mirati a valorizzare e sostenere la crescita, il ruolo, la funzione e l’azione del comparto dei servizi profit. Di queste cose si è parlato a lungo negli ultimi tempi e sono molto contento che nel protocollo che si è sottoscritto con le parti sociali qualche mese fa in materia di crescita di opportunità del sistema vi sia un riferimento preciso al comparto dei servizi. Un riferimento finalizzato a sostenere lo sforzo che dobbiamo fare per lo sviluppo del Trentino. In aggiunta, la manovra di bilancio della Provincia, già depositata e discussa in Commissione consiliare e in esame del Consiglio tra qualche settimana, individua in queste funzioni e in queste preoccupazioni i propri punti cardine. Se noi riuscissimo a orientare nuovamente una parte importante della domanda pubblica verso servizi innovativi, innesteremmo non soltanto un processo innovativo interno, ma offriremmo delle chance molto importanti ad una parte significativa del nostro comparto produttivo. Una preliminare ricognizione interna alla pubblica amministrazione che identifichi gli ampi spazi di miglioramento, che evidentemente ci sono, e la costruzione di una rete di collaborazioni con il mondo delle imprese e della ricerca, potrebbero fornire a questi ultimi una straordinaria opportunità di riqualificazione e di crescita. Nella manovra ci sono poi importanti segnali che vanno verso la modernizzazione del sistema, verso il completamento delle reti telematiche, che sono infrastrutture fondamentali per il potenziamento dei servizi. Pensiamo ad una strategia di maggiore selettività di incentivi alle imprese, anche qui connessi con i temi dell’innovazione e della crescita. Pensiamo anche ad un raccordo diverso fra università, sistema della ricerca, pubblica amministrazione e imprese. Pensiamo a proporre anche rapidamente una modifica legislativa della legge dei servizi alle

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18 Il tavolo dei relatori (da sinistra a destra): Giovanni Bort, Lorenzo Dellai, Mario Oss, Mauro Marcantoni.

imprese, legge che ha dato molto in tutti questi anni, ma che oggi esige una manutenzione in direzione dell’innovazione e della cultura imprenditoriale. Ritengo che questo incontro sia importante per tutte queste ragioni. Perché rilancia l’impegno di una importante associazione su questi fronti e perché offre anche alla pubblica amministrazione nuovi stimoli per costruire intese e per lavorare assieme. Sappiamo che il vostro è un settore particolare che ha anche elementi di criticità. È un settore rappresentato da piccole, piccolissime unità aziendali che può presentare vantaggi per certi versi, ma svantaggi per altri. Pertanto è necessario accompagnare tutto questo con misure che possano – e questo è un punto importante – promuovere l’attivazione di reti, di filiere, di realtà che mettano insieme le energie, che riescano a fare massa critica, che riescano a definire progetti entro i quali si possano riconoscere le imprese, piccole, medie o grandi che siano.


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È importante mettere in campo l’impegno e la consapevolezza necessari, affinché i campioni che abbiamo nel nostro territorio possano crescere. Il Trentino ha una caratteristica tra le altre particolarmente critica: ha paura di un soggetto quando questo diventa forte. Ma senza soggetti forti non si va da nessuna parte. Allora abbiamo bisogno di un settore, fatto sì di realtà così diversificate, ma che abbia anche dei campioni, dei soggetti forti che creino cultura di impresa, che indichino la direzione di marcia, che ci colleghino con sistemi diversi da quello locale. L’obiettivo è, quindi, far crescere i campioni, SEAC compresa, visto che è uno di questi, magari auspicando sempre più forme di collaborazione tra importanti realtà del nostro territorio. Con un’ottica che sia certamente rivolta al mercato locale, guai se non fosse così, ma che sia capace anche di fare del Trentino un laboratorio d’eccellenza nel campo dei servizi, è indispensabile inventare e testare prodotti che possano essere venduti sul mercato globale, capitalizzandone gli investimenti. Questa è la logica che vorremmo perseguire e crediamo molto nella collaborazione con il vostro mondo, con la vostra associazione e con il vostro settore. Grazie.

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Giovanni Bort

Presidente UNIONE – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO* Vicepresidente Confcommercio Nazionale

La prima edizione di ogni evento porta spesso con sé una certa componente di incertezza, che però oggi qui non mi pare di percepire. Questa Prima Conferenza Provinciale dei Servizi appare, a mio avviso, come la continuazione o l’evoluzione naturale di quel discorso che l’UNIONE grazie all’Associazione delle Attività di Servizio del Trentino porta avanti da molto tempo: la promozione attiva di una cultura dei servizi e di un terziario innovativo. Nonostante l’evidenza di dati e statistiche, non c’è corrispondenza tra il peso reale del terziario sull’e- Giovanni Bort conomia trentina e italiana e la sua rappresentazione presso l’opinione pubblica e presso i pubblici decisori. Manca ancora una vera consapevolezza dell’importanza che il nostro settore riveste. Basti pensare, come esempio, alla frequentissima cattiva abitudine di associare l’idea di innovazione ad uno solo dei suoi molti aspetti, ovvero l’innovazione tecnologica. Una delle ragioni di questo malinteso è da cercare, molto probabilmente, nella natura stessa delle attività di servizio; una natura che vorrei sintetizzare in tre parole chiave: molteplicità, rapidità, innovazione. Molteplicità, perché gli ambiti in cui operano le nostre aziende sono vastissimi e spesso molto distanti. L’estrema ricchezza dei servizi offerti dalle * Dal 30 maggio 2011, l’Unione Commercio Turismo Servizi e Piccole Medie Imprese della provincia di Trento ha assunto la denominazione “Unione delle Imprese, delle Attività Professionali e del Lavoro Autonomo – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO”. In breve, viene ora denominata “UNIONE” oppure “Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO”.

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

22 La sede dell’UNIONE – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO in via Solteri, a Trento.

aziende che operano nel terziario è tipica di un’economia molto avanzata. La loro crescita, la loro ulteriore specializzazione, la creazione continua di nuove attività e nuove figure professionali è una caratteristica indispensabile dello sviluppo. Rapidità, perché le attività di servizio sono, per così dire, la parte liquida del sistema economico, in quanto sono in grado di cambiare velocemente, adeguandosi opportunamente alle richieste di mercato. La componente immateriale, il software delle esperienze e il capitale umano favoriscono il dinamismo e permettono al terziario di essere sempre in testa nei piccoli e grandi cambiamenti globali. Innovazione, perché siamo naturalmente protesi verso il nuovo, verso il futuro, anche se va precisato che non è un nuovo generico e indistinto che ci attrae, quanto piuttosto la ricerca del continuo perfezionamento. Siamo consapevoli del ruolo che oggi rivestono le nuove tecnologie, ma dobbiamo anche riconoscere che lo sviluppo di queste tecnologie è successivo


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23 Il Presidente dell’UNIONE – Confcommercio Imprese per l’Italia TRENTINO Giovanni Bort e il Presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai al tavolo dei relatori.

e non precedente alle richieste e alle tendenze del mercato. Per questo sono soddisfatto di vedere oggi una prova concreta della consapevolezza di appartenere ad un sistema complesso e articolato, che sa fare della propria eterogeneità un punto di forza. Promuovere la cultura del terziario vuol dire anche contribuire a costruire un’identità e non più limitarsi ad essere considerati “altro” o “attività residuali”. Oggi nessuno potrebbe dire che siamo davanti a rappresentanti di attività marginali del nostro sistema economico, anzi, guardando quest’ampia platea, l’impressione è davvero l’opposto. La promozione di un’identità forte del terziario e delle attività di servizio è un impegno che UNIONE e Confcommercio per la parte nazionale hanno preso da tempo e iniziative come questa sono la conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Siamo consapevoli di non essere soli, siamo convinti, infatti, che oggi più che mai sia richiesta la capacità di guardare oltre le divisioni per saper stringere collaborazioni e alleanze con l’intera rappresentanza


Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

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del sistema economico. Il patto del Capranica, siglato a livello nazionale da Confcommercio, con altre sigle imprenditoriali, è stato un passo decisivo in questo senso. Oggi vedo molti rappresentanti di associazioni di impresa, non solo, come dicevo, per la trasversalità del mondo dei servizi, ma anche perché credo che tutti avvertano la medesima esigenza di fare squadra e di collaborare per crescere. Come saprete, la lingua cinese possiede un ideogramma per indicare l’idea di crisi che è formato dai concetti di pericolo e di opportunità. I pericoli per la nostra economia La quarta edizione di PagineBlu, la guida sono ancora molti e nemmeno gli pratica ai servizi e alle attività di servizio della provincia di Trento (IASA Edizioni, 2009). analisti sanno darci i contorni esatti di questa congiuntura. Dobbiamo allora saper cogliere e soprattutto saper creare opportunità di crescita e di sviluppo. Direi che oggi, grazie a questa riflessione sul mondo dei servizi, siamo tutti testimoni e partecipi di una di queste straordinarie opportunità. Con l’augurio di poter cogliere quanto più possibile da questa nostra riflessione e di contribuire alla crescita della nostra comunità, ringrazio tutti voi, i relatori e il presidente Mario Oss.


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Massimo Egidi Rettore LUISS – Libera Università Internazionale degli Studi Sociali “Guido Carli” di Roma

Europa: il difficile cammino dell’integrazione • Quest’anno, secondo le stime dell’FMI, il Fondo Monetario Internazionale, il ritmo di crescita dell’economia globale sarà compreso tra il 3% ed il 4%. Un dato medio che non mette in rilievo il fatto che la ripresa sarà a livello geografico a macchia di leopardo, in presenza di squilibri globali ancora operanti, e in particolare con di- Massimo Egidi soccupazione ancora elevata nelle economie mature. • A guidare la ripresa economica globale quest’anno saranno le economie emergenti, partendo dall’Asia e con l’esclusione del Giappone, mentre le prospettive di crescita per le economie avanzate saranno strettamente legate alle misure di stimolo che saranno messe in atto dai rispettivi Governi. Il contesto internazionale dopo la crisi 2008 • La crisi che ha segnato il 2009 sta modificando il posizionamento dell’Europa nei confronti di USA e Cina. • Il baricentro della crescita si sta spostando verso i paesi emergenti; i differenziali di crescita sono il sintomo di un cambiamento delle opportunità economiche nelle relazioni tra i grandi blocchi.

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

Composizione del valore in Italia

Tassi di crescita (previsioni) 2010-2011 2010 2011 Mondo 3,9 4,2 USA 2,7 2,3 Cina 10 9,7 India 7,7 7,8 Area euro 0,9 1,5 Italia 1 1,3 Germania 1,4 1,8 Francia 1,2 1,6

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• La crisi ha mostrato che il disequilibrio tra Stati Uniti e Cina non è più sostenibile. • Le famiglie statunitensi dovranno rientrare dai loro debiti e ricostituire i loro patrimoni finanziari, cosicché non potranno più fungere da “consumatori di ultima istanza” per i prodotti offerti dai paesi come la Cina, in cui la crescita è stata guidata dalle esportazioni. • Di conseguenza, la stessa economia statunitense dovrà aumentare le sue esportazioni; il calo del dollaro che si è verificato nel dopo-crisi aiuta l’economia americana a muoversi in quella direzione. Dove potranno indirizzarsi le esportazioni americane? • Circa il 55% di tutte le esportazioni americane oggi sono dirette verso i mercati emergenti, mentre le esportazioni in Europa costituiscono solo il 14% del totale. • Questo significa che l’andamento dei mercati emergenti è molto importante per la crescita economica globale e per le esportazioni americane. Nella regione asiatica, escluso il Giappone, la crescita si attesta al tasso annualizzato del 10%, mentre in America Latina – un’altra destinazione fondamentale per le esportazioni americane – il Pil sta crescendo di circa il 5% all’anno.


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Esportazioni USA: dove si indirizzeranno?

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

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La Casa Bianca, Washington. In un recente discorso Barack Obama ha dichiarato: «Ora che gli USA si stanno riprendendo dalla crisi, lo sbaglio peggiore da fare sarebbe quello di ricostruire l’economia sullo stesso cumulo di debiti o sul profilo virtuale della speculazione finanziaria».

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...da Il Sole 24 Ore del 7 novembre 2010: Mumbai, Dal nostro inviato: “Da ieri è partita una nuova sfida commerciale, questa volta in nome dell’apertura e non del protezionismo. Una sfida che ha lanciato Barack Obama da Mumbai al debutto del viaggio asiatico, che punta a un raddoppio dell’interscambio fra India e Stati Uniti in cinque anni, alla rimozione di barriere commerciali, a una facilitazione dei finanziamenti pubblici, a forti investimenti diretti nelle due direzioni e a nuovi accordi commerciali. Una sfida che avrà ricadute competitive sull’Europa, e sull’Italia in particolare che rischia di restare indietro in questa accelerazione impressa dall’America per la conquista di mercati emergenti. Il primo risultato di questa nuova aggressiva strategia per l’esportazione americana lo abbiamo avuto ieri, con una ventina di accordi firmati e annunciati da aziende americane e indiane per un valore complessivo di 10 miliardi di dollari, che sosterranno 54mila posti di lavoro negli Stati Uniti“. ...da La Repubblica del 7 novembre 2010: “Ora che gli Stati Uniti si stanno riprendendo dalla crisi, lo sbaglio peggiore da fare sarebbe ricostruire l’ economia sullo stesso cumulo di debiti o sui profitti virtuali della speculazione finanziaria. Per avere una crescita economica, dobbiamo ricostruire su delle fondamenta nuove e più forti. Una parte di queste fondamenta sta nel fare ciò che gli americani hanno sempre fatto meglio: scoprire, creare e realizzare prodotti venduti in tutto il mondo. Vogliamo farci conoscere non solo per ciò che consumiamo, ma per quello che produciamo. Più esportiamo all’ estero, più posti di lavoro creiamo in America. Infatti, per ogni miliardo di dollari che esportiamo, si creano da noi più di 5.000 posti di lavoro. È per questo motivo che ho stabilito l’ obiettivo di raddoppiare le esportazioni americane nei prossimi cinque anni. Per farlo, dobbiamo trovare nuovi clienti in nuovi mercati per le merci prodotte negli Stati Uniti. E tra i mercati che stanno crescendo più rapidamente al mondo, alcuni sono in Asia, dove viaggerò questa settimana. È difficile esagerare l’ importanza dell’ Asia per il nostro futuro economico. In Asia, si trovano tre

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

delle cinque principali economie del mondo, dove si sta espandendo rapidamente una classe media con redditi sempre più alti“. (Barack Obama)

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Tecnologia e innovazione • Gli Stati Uniti mantengono la supremazia tecnologica (high-tech) e la capacità di trasferire le invenzioni tecnologiche in innovazioni economicamente rilevanti. • Gli Stati Uniti rimangono la potenza che più attrae individui di alta qualificazione tecnica e professionale, e che in questo momento hanno urgente bisogno di ricostituire il capitale umano di media e alta qualificazione tecnologica, in parte emigrato in seguito alla finanziarizzazione dell’economia dell’ultimo ventennio. • Nella ripartizione della spesa per R&D a livello mondiale si è passati dal modello triadico degli anni ’90 che vedeva gli USA, l’Europa e il Giappone i principali produttori di conoscenza (insieme rappresentavano una quota dell’86% della spesa mondiale nel 1995) ad un modello multipolare in cui le economie asiatiche emergenti stanno giocando un ruolo sempre più rilevante a scapito dell’Europa che ha ceduto all’Asia la seconda posizione per ammontare di investimenti in ricerca e sviluppo. Il contesto mondiale post-crisi • La conversione strutturale verso le esportazioni sarà difficile e richiederà parecchio tempo, principalmente perché la produzione di beni high-tech da esportare richiede una manodopera specializzata, che è andata largamente persa e che non può essere ripristinata da un giorno all’altro. • Durante i dieci anni precedenti l’apice della bolla nel 2007, andarono in fumo circa quattro milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero americano, la cui quota di occupazione totale registrò un calo dal 17% al 12%. La disoccupazione rimase a un livello basso perché la fiorente economia domestica aveva creato abbastanza posti di lavoro nei servizi e nell’edilizia. • (Daniel Gros, Euronomics, settembre 2010)


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La composizione della spesa mondiale in R&D per aree geo-economiche

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Le migrazioni di forza lavoro: verso gli USA c’è una fortissima migrazione di personale qualificato sia dall’Asia centrale che da Europa e Oceania.


Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

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Che ruolo avrĂ la Cina? • Anche se aumenterĂ i consumi pubblici e privati interni, la Cina non potrĂ sostituire gli Stati Uniti nel ruolo da essi svolto negli anni pre-crisi. • Sebbene negli ultimi quindici anni i consumi delle famiglie cinesi siano aumentati meno del Pil – cosĂŹ che la loro quota è passata dal 42 al 35% – è pur vero che essi sono cresciuti due volte di piĂš di quelli americani, sette volte piĂš di quelli europei e giapponesi . • Gli investimenti cinesi sono mediamente aumentati piĂš del 10% all’anno e hanno rappresentano quasi il 40% del prodotto interno lordo. • Questa politica ha tra l’altro permesso di far superare la soglia di povertĂ a oltre 400 milioni di persone in soli dieci anni. Un traguardo certo non trascurabile; l’espansione della domanda interna ed una piĂš equa ridistribuzione del reddito saranno le probabili direzioni verso cui l’economia cinese si potrĂ muovere, con tutti i vantaggi connessi sul benessere della popolazione. ČąÂ?Â˜Â›Čą Çľ ž˜Â?ŠȹÂ?ÂŽÂ•Â•ÂŽČąÂ’Â–Â™Â˜Â›Â?ÂŠÂŁÂ’Â˜Â—Â’ČąÂŒÂ’Â—ÂŽÂœÂ’ČąÂ™ÂŽÂ›ČąÂŠÂ›ÂŽÂŠČąÂŽČąÂ™ÂŠÂŽÂœÂŽÇ°ČąĹ˜Ĺ–Ĺ–Ĺž ÇťÂ&#x;ÂŠÂ•Â˜Â›Â’ČąÂ™ÂŽÂ›ÂŒÂŽÂ—Â?žŠ•’ǰȹÂ?˜Â?ÂŠÂ•ÂŽČąÂ’Â–Â™Â˜Â›Â?ÂŠÂŁÂ’Â˜Â—Â’Ć˝Ĺ—Ĺ–Ĺ–Çź

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In sintesi: • L’economia USA deve allontanarsi dal modello di crescita basato sui consumi e sull’edilizia dell’ultimo decennio. Il Presidente Barack Obama ha abbracciato questa sfida ponendosi l’obiettivo di raddoppiare le esportazioni americane nei prossimi dieci anni. • Anche se aumenterà i consumi pubblici e privati interni, la Cina non si trasformerà in un paese con significativi disavanzi nella propria bilancia commerciale e – data anche la sua minore dimensione economica – non potrà sostituire gli Stati Uniti nel ruolo da essi svolto negli anni pre-crisi. • Che cosa potrà fare l’Europa? A livello aggregato, i fondamentali macroeconomici e la ricchezza finanziaria netta delle famiglie dei paesi dell’area EMU sono migliori di quelli statunitensi. Il contesto internazionale: i pericoli L’Europa farà da locomotiva? • All’apparenza, l’area dell’euro si mostra estremamente equilibrata sia in termini di cambio reale effettivo che di conti con l’estero. Tuttavia, come ben sappiamo, al suo interno ci sono paesi, quali la Grecia, la Spagna e l’Italia, che hanno perso molta competitività e altri, come la Germania, che l’hanno guadagnata. Così, la Germania ha conseguito (dal 2002) attivi di parte corrente sempre più consistenti, mentre gli altri principali paesi hanno a stento tenuto le posizioni o nettamente peggiorato i loro saldi di parte corrente. • Alla disciplina imposta dall’euro e da una politica monetaria unica, non è seguita la costruzione di uno stato federale, in cui gli squilibri “regionali” possano e debbano essere gestiti in maniera cooperativa, al fine di preservare il bene comune. • Per evitare la stagnazione i paesi più competitivi dell’ Unione (in primis, la Germania) dovrebbero espandere la propria finanza pubblica e contribuire così, sia direttamente che attraverso lo stimolo dei consumi privati delle proprie famiglie, al sostegno della domanda aggregata mondiale.

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

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Shanghai. L’economia cinese è in forte crescita e si è ormai imposta sul panorama internazionale. Ci si chiede se riuscirà nei prossimi anni a sostituire gli Stati Uniti d’America nel ruolo di traino dell’economia mondiale.

• Viceversa, pressoché tutti i paesi dell’Unione stanno avviando politiche fiscali restrittive. Ne deriva che le sue economie meno competitive rischiano di essere condannate a un lungo periodo di stagnazione. • Politiche fiscali restrittive ➛ disoccupazione ➛ peggioramento della già bassa competitività delle economie europee più deboli ➛ peggioramento degli squilibri relativi di bilancio pubblico ➛ rischio di ulteriori consolidamenti finanziari. Le politiche restrittive dei paesi dell’ Unione, sono imposte dai mercati finanziari internazionali. La ratio di questi segnali di mercato si basa su due fattori essenziali: • l’eterogeneità nel potenziale competitivo, che separa i diversi stati membri dell’ Unione e – in primis – la Germania rispetto ai paesi della zona mediterranea;


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• la mancanza di un governo economico europeo che sia in grado di controllare e gestire gli effetti di tale eterogeneità, nel breve termine, e di introdurre correttivi strutturali, nel medio-lungo termine. • Bisogna evitare che i processi europei di consolidamento fiscale abbiano l’effetto di condannare alla stagnazione gran parte dei paesi dell’area dell’euro e – peggio ancora – di aumentare i “global imbalances” e di compromettere così la fragile crescita internazionale. • Il graduale riassorbimento dei global imbalances richiede risposte coordinate di policy: dove vanno individuate? • Restano seri dubbi sul fatto che il G-20 possa diventare un vero decisore a livello internazionale. È irrealistico pensare che sia realizzabile un modello tipo “Bretton Woods 2”. Il contesto mondiale post-crisi: vie d’uscita? • Gli squilibri, interni all’Unione, hanno una “via di uscita”? • È ragionevole pensare che la Germania vorrà modificare il suo modello di crescita “export led”? • Insieme all’Italia, negli anni Novanta la Germania era “il malato d’Europa” in termini di competitività e di crescita. Nel giro di pochi anni però, a differenza dell’Italia, la Germania ha realizzato radicali processi di ristrutturazione specie del proprio settore manifatturiero. Tali processi si sono basati su innovazioni tecniche e organizzative, su forti incrementi nella produttività del lavoro. Ciò ha portato a una riduzione nella quota dei consumi interni rispetto al PIL tedesco e all’accentuazione del modello “export led”. • La Germania ha fondato la sua competitività internazionale sull’industria (manifatturiera) e non sui servizi. • Negli anni immediatamente precedenti la crisi, la scelta tedesca è sembrata vincente: il paese ha assunto un ruolo predominante nel commercio internazionale di un mondo sempre più globalizzato. • La crescita della domanda di beni di investimento in Cina e negli altri paesi emergenti paiono fornire una nuova e probante conferma alla bontà

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

di una simile scelta. Perché allora i tedeschi dovrebbero “cambiare cavallo”, abbandonando il modello “export led” e preoccupandosi della crescita del resto dell’Europa? Quali incentivi hanno a ridefinire la loro strategia apparentemente vincente? Una possibile risposta è racchiusa in due dati: (a) la quota maggioritaria dell’export tedesco è ancora concentrata in paesi dell’EU; (b) l’avanzo esterno tedesco di parte corrente è stato largamente controbilanciato dalla sottoscrizione, da parte dei maggiori gruppi bancari nazionali, di titoli del debito pubblico emessi da paesi europei in disavanzo. Pertanto, la crescita tedesca sarebbe difficilmente sostenibile se, nel medio periodo, il resto dei paesi dell’eurozona non crescesse o crescesse in misura ridotta. 38

• Difficilmente, la conseguente caduta nella domanda europea di prodotti manifatturieri tedeschi potrebbe essere compensata da stabili incrementi nella domanda di prodotti tedeschi da parte dei paesi emergenti. • Inoltre il precipitare delle difficoltà fiscali, proprie ai paesi europei più deboli, renderebbe necessari sostegni pubblici al vulnerabile settore finanziario tedesco; e non è affatto evidente che il costo di tali sostegni sarebbe inferiore all’esborso tedesco di un salvataggio europeo precoce di questi paesi. • Una prolungata stagnazione europea avrebbe pesanti riflessi negativi anche per la competitività e la crescita della stessa Germania; il graduale consolidamento fiscale dei paesi europei, che denunciano gli squilibri più preoccupanti nei loro conti pubblici, è compatibile con politiche europee aggregate di tipo espansivo; queste politiche potrebbero aprire l’opportunità per uno sviluppo dei servizi. In un continente che ha ancora una forte base industriale (Germania, Italia e Francia). (Non la finanziarizzazione…) • La liberalizzazione del settore bancario, del settore dell’energia e di quello delle utilities offre un ottimo esempio di come si potrebbe procedere per


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In un documento di lavoro della Commissione Europea si dice che l’uscita dalla crisi dovrà consentire l’ingresso in una nuova economia di mercato sociale e sostenibile, intelligente, più breve, che produca prosperità facendo perno sull’innovazione.


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avviare politiche espansive a livello europeo e per coinvolgere i tedeschi nel processo. Valorizzare il mercato interno come opportunitĂ per i giovani, come strumento di sicurezza comune, come sviluppo dell’ICT, e cosĂŹ via. Per realizzare un progetto del genere, serve però un progetto di rilancio politico. Una strada è quella della costruzione di una ComunitĂ dell’ambiente, dell’energia e della ricerca.

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Una possibile risposta europea • “L’uscita dalla crisi dovrĂ consentire l’ingresso in una nuova economia di mercato sociale e sostenibile, un’economia piĂš intelligente, piĂš verde, che produca prosperitĂ facendo leva sull’innovazione, su un uso migliore delle risorse e sulla conoscenza quale principale fattore di crescita. [‌] Il nostro successo dipenderĂ tuttavia dalla nostra capacitĂ di elaborare e di tradurre in pratica risposte strategiche coraggiose, in assenza delle quali rischiamo di entrare in una fase di crescita lenta che renderebbe solo piĂš difficile la risoluzione delle importanti questioni cui oggi si confronta l’Europaâ€?. (fonte: documento di lavoro della Commissione Europea “Consultazione sulla futura strategia UE 2020â€?, Bruxelles, 24.11.2009) La competitivitĂ in Italia ŠȹÂ?ÂŽÂœÂ?Â’Â—ÂŠÂŁÂ’Â˜Â—ÂŽČąÂ?ÂŽÂ•Â•ÂŽČąÂŽÂœÂ™Â˜Â›Â?ÂŠÂŁÂ’Â˜Â—Â’ČąÂ’Â?ÂŠÂ•Â’ÂŠÂ—ÂŽÇ°ČąĹ˜Ĺ–Ĺ–Ĺž ÇťÂ&#x;ÂŠÂ•Â˜Â›Â’ČąÂ™ÂŽÂ›ÂŒÂŽÂ—Â?žŠ•’ǰȹÂ?˜Â?ÂŠÂ•ÂŽČąÂ–Â˜Â—Â?Â˜Ć˝Ĺ—Ĺ–Ĺ–Çź

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La competitivitĂ in Italia. Le esportazioni italiane per paese di destinazione, 2008.

La Competizione fra Territori • Negli ultimi anni sono entrate a far parte dell’Unione Europea nazioni con un livello culturale e di industrializzazione non inferiore al nostro, ma con un reddito e un costo del lavoro piĂš bassi che hanno attratto investimenti anche grazie alle agevolazioni finanziate dall’UE. • La competizione tra territori all’interno della Unione sarĂ sempre piĂš forte, orientando le risorse verso le aree a maggiore richiamo. La risposta può essere soltanto attraverso: • la rimozione degli ostacoli che frenano l’attrazione di risorse, che sono in gran parte di carattere nazionale; • l’incremento di qualitĂ nei prodotti e nei servizi, fondati su un contenuto innovativo, culturale o tecnologico elevato. • Il primo ostacolo da rimuovere è il peso della burocrazia nei confronti dei nuovi investimenti che si traduce in tempi lunghissimi e soprattutto incerti.

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Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

Peraltro, una volta fatto ciò, voi potreste godere di un vantaggio competitivo nei confronti di altre aree rappresentato dalla disponibilitĂ di spazi per insediamenti produttivi altrove giĂ saturi. • Naturalmente non è solo la presenza della burocrazia a condizionare l’attrazione degli investimenti su un territorio, ma anche numerosi altri fattori quali: fiscalitĂ , dotazione di infrastrutture, opportunitĂ di mercato, attivazione di politiche per l’impresa ecc... Tuttavia, come dimostra un recente studio di Business International, tali fattori, sui quali l’Italia è comunque sfavorita nei confronti degli altri paesi europei, registrano – con l’eccezione della dotazione infrastrutturale – una convergenza dell’Italia verso la media dei paesi UE. • Innovazione, ricerca e trasferimento tecnologico e PMI. 6,1*$325(

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Indicatori di “facilitĂ di fare impresaâ€? secondo il Doing Business-Banca Mondiale: la posizione di Italia e Singapore a confronto nel ranking 2009 di 181 paesi.


n n n Relazioni

• Ridotte disuguaglianze sociali, politiche pubbliche efficienti, welfare, un elevata quota di spesa pubblica nel settore della ricerca e sviluppo, un territorio sano e una scarsa criminalità sono elementi di vantaggio competitivo. Riforme Europee: quale direzione per il futuro “L’Europa necessita di riforme collaborative e lungimiranti per ristabilire un livello di crescita forte e bilanciata e salvaguardare il suo modello sociale” ha affermato il Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale a Francoforte. Rivolgendosi al Congresso delle Banche Europee di Francoforte il 19 novembre scorso, ha affermato che la sola risposta è una maggiore cooperazione e una più ampia integrazione, e che è arrivato il momento di rafforzare le fondamenta economiche dell’Unione. “Il modello sociale europeo che include generose reti di sicurezza e protezione per i soggetti svantaggiati, è minacciato dall’alto livello di costi e di debiti pubblici“. Solo un approccio collaborativo guidato dal centro può produrre le riforme necessarie ad assicurare la stabilità, creare posti di lavoro e assicurare una crescita di lungo periodo. Per ottenere riforme ad ampio spettro i singoli Paesi europei devono cedere più autorità alle Istituzioni europee.

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Luigi Taranto

Direttore Generale Confcommercio Imprese per l’Italia

La questione che oggi ponete in discussione, cioè il ruolo dei servizi, anche in questo specifico contesto territoriale, può, a buon diritto, essere iscritta tra le priorità dell’agenda economica e politica del nostro Paese. Farò alcune riflessioni con un approccio un po’ “militante”, perché ciò fa parte del mio mestiere. In tal senso, Vi propongo di ragionare su un primo interrogativo: qual è la lezione fondamentale della crisi, anzi più esattamente della “grande crisi”? In genere, si risponde che tale lezione consiste nel Luigi Taranto riconoscimento del fatto che il nostro tempo è segnato dal primato dell’economia reale, del lavoro e dell’impresa. È una tesi sulla quale, credo, tutti conveniamo. Tuttavia, in molti contesti e anche nel nostro Paese, questa tesi si accompagna ad una più specifica declinazione. Una declinazione che, in buona sostanza, opera un’assimilazione immediata ed estremamente rigida tra il concetto dell’economia reale e il concetto, più puntuale e delimitato, del sistema manifatturiero, come se vi fosse quasi un’equazione identificativa ed integrale tra la struttura dell’economia reale e la struttura del sistema manifatturiero. Ebbene, proverò a fare un ragionamento sulla base di alcuni semplici dati oggettivi. Come il fatto che oggi, dentro la struttura dell’economia reale italiana, sta un sistema di servizi di mercato – quindi al netto dei servizi pubblici – che concorre alla formazione del PIL e alla formazione dell’occupazione nella misura, rispettivamente, del 58% e 53%. Naturalmente dire questo non significa negare che la struttura del sistema manifatturiero sia

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46 La sede di Confcommercio a Roma.

una ricchezza per questo Paese. Tutt’altro. E penso che in questa fase sia giusto lavorare per l’incremento della competitività del nostro sistema manifatturiero sul versante dell’export. Tuttavia sono convinto che questa non può rappresentare, per così dire, l’unica “via di uscita” dalla crisi e che, se dobbiamo perseguire un “di più” di produttività e di crescita, sia ragionevole ricercarlo anche altrove. Cioè, proprio in quella vasta area dei servizi che prima ricordavo, semplicemente perché essi contribuiscono nelle misure che prima descrivevo alla formazione della ricchezza e dell’occupazione del nostro Paese. Anche da questo punto di vista, non si tratta di operare una mera contrapposizione tra politica industriale e politica per i servizi: si tratta, invece, di integrarle pienamente. Oppure, se preferite, si tratta di praticare quel concetto di politica industriale che oggi anche il sistema-Europa fa proprio con i contenuti dell’agenda di “Europa 2020”, laddove viene formalizzato un


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concetto di politica industriale che rappresenta, per così dire, un approccio trasversale a tutti i fattori produttivi e che per tutti i fattori produttivi e per tutti i settori produttivi ricerca ragioni di maggiore crescita e competitività. Credo che quello che stiamo vivendo sia il momento migliore per procedere convinti in tale direzione. Stiamo, infatti, passando da una fase di recessione ad una fase di ritorno alla crescita. Una transizione in cui resta elevato il livello di sofferenza dell’economia reale ed in cui emergono due problemi ulteriori e particolarissimi. Il primo: l’uscita dalla recessione è un processo che si accompagna a condizioni di crescita non solo deboli, ma a tutt’oggi estremamente incerte. Il secondo: la crescita appare connotata da uno scarso recupero di occupazione e, dunque, vi è una priorità costituita dalla necessità di creare condizioni che consentano il più rapidamente possibile il riassorbimento della disoccupazione e la costruzione di nuova occupazione. E allora, mi chiedo e Vi chiedo: a chi toccherà questo ruolo – nel nostro Paese ma non solo – se non all’economia dei servizi? È evidente che le prospettive del sistema manifatturiero, anche per le spinte competitive sul versante dell’export, sono, nel migliore degli scenari possibili, prospettive di contenimento dei processi di riduzione della forza lavoro. È, infatti, difficile aspettarsi che recuperi significativi di occupazione possano venire dal sistema manifatturiero. Al riguardo, vi è un dato notissimo e che dovrebbe far riflettere tutti: quello segnalato qualche tempo fa dall’ISTAT, secondo il quale, nel nostro Paese, ci sono 2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano. Ecco, anche da questo punto di vista, dunque, sarebbe opportuno prestare maggiore attenzione al ruolo ed al sistema dei servizi, non solo e non tanto per chi in tale ambito già opera, ma anche rispetto ai futuri interessi generali del Paese. Quali possono essere, dunque, i contenuti e gli ingredienti fondamentali di una politica che si proponga di accompagnare la crescita della produttività anche all’interno del sistema dei servizi? Per trarre qualche indicazione circa queste componenti fondamentali, tento una rapidissima ricostruzione storica. Nel nostro Paese la crescita di produttività del settore è stata affidata principalmente alle regole di maggiore

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apertura dei mercati. Ma noi tutti sappiamo che vi è un altro potentissimo lievito per gli incrementi di produttività, in generale e in particolare nel sistema dei servizi: vale a dire, quello costituito dai processi di innovazione tecnologica, in senso stretto, ed organizzativa, in senso più ampio. Qualche mese fa il CENSIS ha presentato un’indagine interessante e ricca di dati, interrogandosi intorno alla possibilità di una politica per il sistema dei servizi. Ebbene, tra i dati che ho trovato più significativi vi sono quelli che testimoniano come negli ultimi anni la crescita di intensità degli investimenti in ICT in molti settori dei servizi, nella distribuzione commerciale, nei trasporti, nella logistica e nel turismo sia superiore all’intensità degli analoghi investimenti effettuati nel settore manifatturiero. È un dato importante, perché smentisce un luogo comune di lungo corso e davvero troppo consolidato: cioè, che il sistema dei servizi nel nostro Paese abbia una scarsissima vocazione a misurarsi sul terreno dell’innovazione e rispetto alla sfida della produttività. Ne deduco che una più forte spinta nelle politiche di accompagnamento ai processi di innovazione nel sistema dei servizi sarebbe davvero una scelta buona e giusta. Certo sono consapevole che esiste un problema-risorse soprattutto in una fase come quella attuale. Tuttavia, al di là di tale questione – rispetto alla quale vale ciò che in maniera unitaria le parti sociali hanno segnalato nei giorni scorsi al Governo, con il documento specificamente dedicato al tema dell’innovazione e della crescita – c’è, comunque, la necessità che, pure in questa fase, si faccia di più sul versante del sostegno ai processi di innovazione, privilegiando magari i meccanismi di incentivazione fiscale automatica. Penso che un punto fondamentale sia rappresentato dalla capacità di costruire quello che, nel citato documento delle parti sociali, è definito come un vero e proprio eco-sistema amichevole nei confronti dei processi di innovazione: una rete per l’innovazione. Quello che emerge sempre di più, infatti, è che il punto centrale per accompagnare e sospingere i processi di innovazione è una capacità cooperativa tra funzione pubblica, politiche pubbliche ed iniziativa organizzata dei privati.


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49 Nella struttura dell’economia reale italiana, sta un sistema di servizi di mercato che concorre alla formazione del PIL e alla formazione dell’occupazione nella misura, rispettivamente, del 58% e 53.

Da tale punto di vista, Vi ripropongo un tema classico e notissimo, partendo dall’esempio dei processi di innovazione tecnologica ed organizzativa all’interno della Pubblica amministrazione, che spingono molto fortemente, a cascata, i processi di innovazione anche su tutte le funzioni di interfaccia e di relazione con i cittadini e le imprese. Naturalmente è decisiva la capacità di organizzare prima la costruzione e poi il trasferimento dell’innovazione: elemento particolarmente rilevante in un Paese come il nostro, strutturalmente connotato da una massiccia presenza di piccole e medie imprese e di impresa diffusa. Ebbene, rispetto a questo punto vi sono due posizioni: una che ritiene le troppo ridotte economie di scala come incompatibili con seri processi di innovazione; l’altra – che ovviamente coincide con la mia – ragiona sulle condizioni rispetto alle quali i processi di innovazione possono essere accompagnati e sospinti anche sul terreno dell’impresa diffusa.


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Negli ultimi anni la crescita di intensità degli investimenti in ICT in molti settori dei servizi, nella distribuzione commerciale, nei trasporti, nella logistica e nel turismo è superiore all’intensità degli analoghi investimenti effettuati nel settore manifatturiero.

Sono convinto che questa seconda posizione corrisponda ad una necessità oggettiva e ineludibile. Perché non credo che, in un Paese come il nostro, ci si possa permettere di considerare come pregiudizialmente non vocato all’innovazione quel tessuto di imprese che rappresenta la componente maggioritaria della struttura dell’economia reale. Questo per quanto riguarda l’innovazione tecnologica in senso un po’ più stretto.


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Ma, come ricordavo prima, non è soltanto questione di tecnologie e di iniezioni di dosi aggiuntive di tecnologia. È anche questione di organizzazione: organizzazione del lavoro e della relazione tra capitale e lavoro nella maniera più efficiente rispetto alla possibilità di massimizzare gli effetti indotti dalla tecnologia sul terreno della produttività. Vi porto un esempio rilevantissimo di innovazione organizzativa praticabile da questo punto di vista: vale a dire, la stessa riforma del modello contrattuale definita tra le parti sociali nel 2009, che è un modello di architettura della contrattazione mirato a snellire e specializzare la funzione del contratto di primo livello e ad arricchire il ruolo della contrattazione di secondo livello, alternativamente aziendale o territoriale, specializzandola per “missione” ed individuandola come il luogo attraverso il quale realizzare i più puntuali scambi tra incrementi di dinamica salariale e incrementi della dinamica della produttività.

L’economia dei servizi si fonda sulle intelligenze, pertanto è indispensabile investire nell’educazione: scuola, Università e formazione continua.

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Montecitorio, sede del Parlamento Italiano. La politica deve impegnarsi affinché, in un momento così delicato, si individuino le priorità dalle quali cominciare a costruire la ripresa economica dell’Italia.


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È questa, secondo me, la giusta via. Ed è una via che ha a che fare strettamente con le esigenze del sistema dei servizi. Il quale, quasi per definizione, è il sistema che può essere meno ingabbiato all’interno della meccanica di strutture e di rapporti di lavoro rigidi e che, tuttavia, deve fare i conti con l’esigenza di una fase, come quella attuale, in cui la flessibilità sia governata, contrattata e sostenibile. Anche da questo punto di vista, i sistemi di contrattazione hanno strettamente a che fare con le esigenze delle imprese dei servizi. Riflettiamo su questo aspetto: l’economia dei servizi è fondamentalmente un’economia dell’intelligenza, fondata sulla qualità del capitale umano, delle persone che vi operano. Per questa economia è essenziale il sistema dell’educazione, la scuola, l’Università, e, più in generale e sempre di più, i processi di formazione continua. Da tale punto di vista, ovviamente, i fondi per la formazione continua, che nascono sulla base degli accordi tra le parti sociali, sono un’ulteriore leva per accompagnare i processi in corso e rispondere alle esigenze del sistema dei servizi. Formazione continua come condizione di quel sistema di sicurezza sociale che tutti – credo – vogliamo sempre più saldamente fondato sul lavoro. Anzi, su più lavoro, su una maggiore quantità di lavoro, perché poi è questa la condizione prima per una sicurezza sociale che sia non solo finanziariamente più sostenibile, ma anche socialmente più inclusiva. Vi ho proposto un tentativo di ragionamento sul ruolo odierno dell’economia dei servizi, sulle ragioni per le quali, a mio avviso, è conveniente – non per una parte o per l’altra, ma per il Paese più in generale – mettere la “questione servizi” al centro dell’agenda di politica economica. Vi ho suggerito le leve dell’innovazione tecnologica e dell’innovazione organizzativa, attraverso le quali al sistema dei servizi potrebbe essere chiesto di svolgere un ruolo più incisivo sul terreno del rafforzamento della produttività e della crescita e su quello del riassorbimento della disoccupazione e della costruzione di nuova occupazione. C’è qualche altra condizione per conseguire tali obiettivi? Naturalmente c’è la condizione macro-economica e generalissima, cui faceva riferimento il

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professor Egidi concludendo il suo intervento. Noi viviamo un tempo in cui la stabilità finanziaria è massimamente necessaria ed è tanto più necessaria in un Paese che vanta, o almeno vantava fino a non molto tempo fa, il triste primato del terzo debito pubblico al mondo, senza essere la terza economia del mondo. Sono formule usate dal Ministro dell’Economia, come quella – a me particolarmente cara – secondo cui “la stabilità finanziaria è assolutamente necessaria, ma da sola non è autosufficiente”. E allora, come si fa a conciliare l’esigenza di stabilità finanziaria con il riconoscimento della sua non-autosufficienza? Credo che la risposta a tale quesito risieda fondamentalmente nel fatto che, se non c’è un po’ più di crescita, diventa difficile rendere sostenibile ed accelerare lo stesso processo di risanamento strutturale della finanza pubblica. Il parametro è notissimo: consiste nel rapporto tra deficit e PIL. Per migliorarlo occorre, ovviamente, lavorare tanto per la riduzione del numeratore, quanto per l’accrescimento del denominatore. Dunque, va da sé che un po’ più di tensione sul terreno della crescita sarebbe davvero auspicabile. Ma tutto ciò richiede risorse finanziarie? Sì, anche. Il compito della politica è quello di riuscire a selezionare in tempi difficili quali siano le reali priorità. Noi, come parti sociali, un tentativo lo stiamo facendo: stiamo condividendo progressivamente una serie di documenti comuni che inviamo al Governo, cercando di segnalare queste priorità. Da parte nostra, questo vuole essere un esercizio di responsabilità in una fase straordinariamente difficile per la vita del Paese: un esercizio che, naturalmente, sollecita la responsabilità del sistema politico in generale e del sistema istituzionale. Quindi, fondamentalmente, per dirla con una formula, si tratta di rafforzare il circuito tra la stabilità finanziaria e la spinta alla crescita attraverso l’avanzamento del cantiere delle riforme, mettendo al centro dell’agenda della politica, del Governo e del Parlamento le questioni che attengono alla struttura dell’economia reale del Paese. Se, in una fase straordinaria come l’attuale, dovesse venire a mancare tale esercizio di responsabilità condivisa, tutto diventerebbe straordinariamente difficile.


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Umberto Martini

Docente di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Trento

La mia relazione si riferisce all’economia dei servizi e la prima considerazione al riguardo è se ci troviamo già in un’economia dei servizi propriamente detta o se siamo ancora in viaggio per arrivarci, dato lo spazio ancora molto rilevante dei settori industriali nella generazione del PIL e dell’occupazione. In primo luogo, uno dei problemi da affrontare è quello di definire cosa sia un servizio. Christian Grönroos, uno studioso europeo molto quotato a livello internazionale, ha scritto tanti anni fa che “un servizio è tutto ciò che noi Umberto Martini possiamo acquistare e vendere, quindi può essere oggetto di produzione, transazione e consumo, ma non può mai caderti su un piede”. Questa riflessione permette di iniziare il ragionamento sul tema dell’immaterialità: essendo legati indissolubilmente dalla nostra storia all’idea del materiale, siamo spesso spaventati da un modo di definire l’economia di questi anni come un sistema che va verso l’immateriale. Il fatto che un prodotto fisico, magari ad alto contenuto tecnologico, possa caderci su un piede e farci male ci dà sicurezza, mentre, all’opposto, il fatto di avere un sistema economico fondato sulla produzione immateriale intimorisce proprio per la sua intangibilità. Il concetto di valore legato alla produzione immateriale è al centro, negli ultimi anni, di un’infinità di approcci. A puro titolo esemplificativo e senza alcuna pretesa di completezza, vi mostro quattro libri recenti che hanno la parola immateriale nel titolo e che spaziano in settori profondamente diversi tra loro. Il primo è del collega Enzo Rullani, che ha scritto “La fabbrica

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dell’immateriale”, sfruttando una sorta di ossimoro che mette insieme qualcosa di così concreto come la fabbrica e il concetto dell’immaterialità, raccontandoci attraverso una serie di casi come produrre valore attraverso la conoscenza. Il secondo è edito dall’Unesco, che, nel suo patrimonio immateriale dell’umanità, ha recentemente inserito la dieta mediterranea. Il terzo è un libro di psicologia del lavoro che ci parla delle organizzazioni immateriali, l’organizzazione che si fa immateriale. Il quarto, infine, è “Immateriale/ Ultramateriale” di Toshiko Mori, un libro nel campo dell’architettura che ci fa riflettere sulla grandissima componente immateriale che è oggi presente nella realizzazione di opere, edifici ed infrastrutture. La rassegna potrebbe continuare a lungo: è possibile rilevare diversi approcci nei quali l’immateriale sta diventando importantissimo. L’importanza crescente dell’economia dei servizi è evidente anche se si fa riferimento alla composizione del valore generato dalle attività riconducibili a questo ambito. Su “Il Sole 24 Ore” è stata pubblicata qualche tempo fa questa tabella. Composizione del valore in Italia

Settore produttivo Agricoltura Industria Servizi

1950 42% 32% 26%

1960 29% 41% 30%

1980 13% 37% 50%

2010 4% 26% 70%

Al di là di un’analisi dettagliata dei dati, è abbastanza interessante leggere l’evoluzione della composizione del valore in Italia attraverso questi andamenti, vedere come nel giro di pochi anni la produzione di valore sia soprattutto da riferire al settore dei servizi. Si potrà poi discutere sulle modalità di calcolo e su tanti altri elementi, però è evidente che, se si ipotizzasse anche un errore di qualche punto percentuale, questi dati mostrano un trend chiarissimo. Recuperando ancora il contributo di Enzo Rullani, possiamo dire che l’epoca industriale ha segnato il suo tempo e si può dire, forse, che è addirittura già conclusa. Per l’importanza che ha avuto l’epoca industriale e


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57 Università degli Studi di Trento, Facoltà di Economia. (Foto Luisa Saviori, archivio Università di Trento)

per tutti questi fattori che ne annunciano il superamento, possiamo dire di essere entrati in una nuova epoca, quella post-industriale. La cosa rilevante che rende differente questo nuovo sistema è che risulta cambiato il concetto di produzione. Il mondo scientifico è entrato per qualche tempo in contatto con il concetto di produzione dei servizi, per quanto questo possa apparire strano. I servizi si realizzano, si producono, al pari dei prodotti, e il cliente chiede, allo stesso modo, sistemi articolati di servizio. Oggi un’automobile non si vende in quanto puro oggetto meccanico o elettronico, ma anche e soprattutto perché è abbinata ad una serie efficace di servizi e comfort che la completano e arricchiscono. Basta un dato: se negli ultimi anni, non ci fosse stata la formula finanziaria del leasing, è noto a tutti quanto si sarebbe ridotta la vendita di automobili. Ecco un esempio semplice per capire quanto i servizi sono fondamentali anche per i prodotti. Ci sono al riguardo una serie di elementi salienti, che in questa sede interessa solo introdurre. Le tecnologie hanno naturalmente una rilevanza


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fondamentale, guidano l’innovazione e, anzi, le nuove tecnologie possono essere considerate a tutti gli effetti driver del passaggio all’immateriale, in quanto permettono all’immateriale di essere un elemento concreto sul piano delle prestazioni e del contributo al cambiamento. Ciò che è interessante notare è che questo tipo di innovazione, con il passaggio all’immateriale, rende possibili delle cose che nell’era industriale non lo erano. Anche qui ne cito solo due che sono stati al centro di un grande dibattito negli ultimi anni: il telelavoro e la flessibilizzazione degli orari di lavoro. Se nel concetto industriale in senso stretto questo era difficilmente realizzabile, nel campo dei servizi queste innovazioni nella modalità di organizzazione del lavoro sono molto più attuabili, anzi, ci sono diversi casi di successo che dimostrano come possano funzionare. L’economia dei servizi però è terribilmente complessa, pertanto non bisogna illudersi che renda tutto più semplice. Per spiegare la complessità ricorro ad un artificio visivo che è questo tabellone all’aeroporto di Parigi. Il numero degli aerei cancellati ci ricorda l’eruzione del vulcano islandese

Aeroporto di Parigi nei giorni dell’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokull. Un evento naturale e imprevedibile può far entrare in crisi l’intero sistema dei trasporti aerei.


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Eyjafjallajokull all’inizio del 2010. Ebbene, un evento assolutamente naturale, incontrollabile e incontrovertibile come un’eruzione vulcanica ha rappresentato un disastro sul piano dell’organizzazione del nostro lavoro e delle nostre attività quotidiane. Aggiungendo poi una riflessione sui dati riguardanti le perdite economiche che in moltissimi settori si sono verificate, la situazione è ancora servizio è tutto ciò che noi possiamo più chiara. Nel settore del turismo, «Un acquistare e vendere, quindi può essere ad esempio, le conseguenze di que- oggetto di produzione, transazione e consumo, ma non può mai caderti su un sto evento naturale hanno avuto un piede» - Christian Grönroos. impatto considerevole e questo può essere facilmente comprensibile. Perché succede questo? Perché è vero che siamo nell’era della globalità, spostarsi è più facile, ci si sposta in aereo, si prenota via internet, ma è altrettanto vero che basta una nube troppo densa di ceneri affinché questo sistema vada in crisi. È un sistema fragile nella sua potenza, perché basta un fattore esterno a complicare drammaticamente il suo funzionamento. Vi ho sottoposto un aspetto sul quale urge riflettere. L’economia dei servizi, così come quella industriale, non è esente da alcune dinamiche globali né può essere considerata un’economia più amichevole. Un’altra osservazione che spesso viene introdotta nel dibattito è riassumibile con la “teoria della lunga coda”. Siamo a tutti gli effetti nell’economia dell’abbondanza, non più in quella della crescita a tutti i costi. In moltissimi Paesi il problema è la varietà del prodotto, la completezza dello stesso, il sistema dei servizi che sta attorno. Secondo questa teoria, riportata per la prima volta pochi anni fa sulla rivista americana Wired, si dice che in questo contesto è meglio produrre tante varietà in poche quantità di prodotti e di servizi, piuttosto che concentrarsi sull’enorme produzione di beni di massa standardizzati, perché in questo

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modo possiamo rispondere meglio alla grande varietà delle richieste dei consumatori. Noi veniamo invece da percorsi culturali, dominati dall’idea di distribuzione normale, di curva gaussiana, dove l’economia industriale dice che bisogna puntare sulla standardizzazione e sulle economie di scala, quindi focalizzare la produzione sul minimo costo, che si raggiunge nel punto di massima produzione. Abbiamo un simbolo chiarissimo di questo, proprio Secondo la teoria della lunga coda, non è più nell’analisi del settore della produzioconsigliabile concentrarsi sulla produzione di beni di massa standardizzati, ma sulla ne di automobili, che è da sempre produzione di molte varietà di prodotti e servizi in piccole quantità. stata studiata per spiegare come le economie di scala, alla fine, vincano. Ebbene, nell’economia dei servizi, si dice che “la regola economica non è più la standardizzazione e la grande ripetizione del medesimo prodotto, ma è la flessibilità, la velocità e le economie di gamma”. Allora, se questa è la nuova regola, esiste un prodotto che la rappresenta bene, come una volta era l’automobile? Si. Questa categoria merceologica dei Tablet testimonia il fatto che al momento esistono pochissimi produttori – forse solo sette – i quali offrono sostanzialmente lo stesso bene, differenziato nei dettagli, nella cura del design e sul comparto riguardante le prestazioni offerte. Questi produttori rientrano in quella testa di dinosauro di cui parlavo prima, ma, a questo punto, è necessario sottolineare l’esistenza di una coda. Dov’è, pertanto, l’economia di flessibilità, di gamma, quella coda del dinosauro di cui si parlava? Nelle applicazioni. Come sapete ognuno di questi sistemi ha migliaia di applicazioni che non sono di certo prodotte da grandi imprese. Qualcuno di voi saprà che alcuni giovani – se non sbaglio lombardi – si sono arricchiti vendendo l’applicazione del gioco della briscola. È una realtà


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Nell’economia dei servizi la regola economica non è più la standardizzazione e la grande produzione del medesimo prodotto, ma è la flessibilità, la velocità e le economie di gamma.

anche questa, esistono migliaia di applicazioni per i Tablet. È da considerarsi un’ottima idea di business quella di inventare un’applicazione per poi rivenderla a 99 centesimi di dollaro (o euro) ed entrare in questi nuovi sistemi. Insomma, cambia il consumo, perché cambia il consumatore. Il consumatore vuole essere coinvolto, vuole partecipare al processo di produzione, perché vuole sentire suo il bene che acquista. A volte lo fa rivolgendosi alla marca, che diventa un elemento che lo aiuta a identificarsi nel prodotto e nel servizio che acquista, altre volte lo fa volendo partecipare al processo produttivo. E questo nei servizi avviene molto spesso. Non è un caso che in particolare nel settore del turismo si parli di esperienza turistica. Oggi la nave da crociera è venduta così, come un’esperienza e non come un servizio (a sua volta standardizzato). Anche questa è una manifestazione importante del cosiddetto consumo edonistico. Riconoscerete qui i riferimenti a Zygmunt Bauman, e alla teoria del “consumo edonistico” come elemento fondamentale che ridefinisce il valore di un prodotto. Ancora una volta, la marca può aiutare a dare realizzazione a questo nuovo tipo di bisogno. Questo processo di trasformazione

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Il Tablet è il miglior esempio di economia di gamma. Esistono pochissimi grandi produttori di Tablet e migliaia di applicazioni prodotte sia da grandi che da piccole imprese.

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ci sta portando all’interno di una società liquida, nella quale la standardizzazione rimane ma non è più l’unica regola. Questo è un fattore importante: c’è la testa del dinosauro, ma c’è anche la lunga coda. La varietà, la velocità e la molteplicità sono elementi fondamentali, che vanno però integrati a quello che oggi Richard Normann, altro grande studioso nord-europeo dell’economia dei servizi, definisce un problema di generazione del valore. È necessario avere la capacità di gestire la flessibilità e non di subirla, di accontentare un consumatore sempre più evoluto e attento alla propria identificazione in ciò che acquista, sia esso un prodotto o un servizio. Si tratta di una grandissima sfida organizzativa. Credo, infine, che il modello di questa società liquida, articolata in molte applicazioni, ci riporti un po’ al cambiamento di paradigma che questa sera il presidente Dellai ha introdotto, quando ha detto “dobbiamo renderci conto che c’è un cambiamento del paradigma ormai molto forte”, perché probabilmente le regole per la formazione, la gestione e l’organizzazione e anche lo stesso modo di fare business dentro questo contesto non possono essere uguali alla società solida o semplicemente adattate ad essa, perché questa sarebbe una contraddizione di termini.


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testimonianze



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Ambiente ed Energia

Sergio Bortolotti, Presidente Habitech e PVB

Mi è stato affidato il tema della sostenibilità, un argomento sconosciuto a molti, ma che sta entrando prepotentemente nel nostro pensare e agire quotidiano. Che cosa vuol dire sostenibilità energetica? In realtà è l’evoluzione di un’idea che negli anni ’80 si definiva risparmio energetico, per poi diventare uso razionale dell’energia, poi ancora efficienza energetica e che oggi chiamiamo sostenibilità. È il tentativo di raggiungere un livello di vita qualitativamente alto, coniugando il biso- Sergio Bortolotti gno di energia che indiscutibilmente abbiamo e avremo in futuro con il rispetto per l’ambiente. Queste due necessità, questi due concetti erano fino a qualche tempo fa assolutamente in antitesi, in quanto l’idea del rispetto dell’ambiente precludeva qualsiasi intervento a vantaggio di uno sviluppo in campo energetico. Il timore di compromettere l’equilibrio naturale, per chi ha sempre avuto una certa sensibilità verso il tema, ha prodotto un preoccupante immobilismo. Negli ultimi anni, invece, la richiesta dei consumatori di un nuovo modo di vivere rispettoso dell’ambiente, ma confortevole, ha spinto il settore che rappresento ad una ricerca costante di metodologie di ottimizzazione del consumo di energia, finalizzate ad evitare gli sprechi. Il continuo aumento della domanda in questi termini ci spinge a voler ridurre la dipendenza dalle fonti energetiche fossili e l’effetto serra. Siamo tutti convinti che dobbiamo andare verso un ambiente gradevole e ospitale, ma sappiamo anche che senza energia

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66 Uno stand fieristico allestito da Habitech, il Distretto Tecnologico Trentino.

non c’è vita e non c’è sviluppo, per cui stiamo convincendoci che energia e ambiente devono, e possono, camminare assieme. La crisi economica di cui si è parlato è nota a tutti e penso che nessun imprenditore abbia davanti a sé uno scenario tranquillo e sereno per cui sorridere. È necessario pertanto pensare che l’energia, considerata in termini di green economy, possa essere uno degli strumenti con i quali uscire da questa situazione economicamente sfavorevole. È necessario intervenire. Dobbiamo pensare di produrre energia da fonti rinnovabili, di risparmiarla facendone un uso razionale. È indispensabile intervenire sugli immobili e sugli edifici nel quale l’energia viene maggiormente consumata, oltre ad essere il luogo nel quale viviamo. Dovremmo un giorno non troppo lontano pensare anche di agire nel settore dei trasporti e parlare più approfonditamente di mobilità. Tuttavia, bisogna essere consapevoli che da soli possiamo fare assolutamente poco, che unire le forze e fare rete è la modalità più adeguata per raggiungere risultati migliori ed imboccare una via d’uscita convincente.


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67 La produzione di energia da fonti rinnovabili e il suo uso razionale possono essere la strada per uscire da una situazione economica attualmente sfavorevole.

Da qualche mese sono presidente del Distretto tecnologico Habitech. È una sfida che ho accettato pur sapendo che i temi che stiamo trattando sono ancora molto nebulosi e che solo un po’ alla volta la questione energetica sta prendendo consistenza. È una sfida che vinceremo solo se riusciremo a mettere in rete il pubblico con il privato e il privato con il privato. Habitech, nata da un impulso della Provincia pur rimanendo una società privata, è costituita da trecento imprenditori che lavorano nel settore industriale, artigianale, commerciale e professionale. È una realtà trasversale che considera la sostenibilità come uno dei principali obiettivi di sviluppo economico. È nata per allargare i confini delle singole aziende, per avvicinare i territori e per poter considerare il Trentino il punto da cui partire e non uno spazio ristretto di terra in cui arroccarsi. La prima missione del Distretto è quella di trasformare il mercato edilizio, oggi asfittico, contribuendo a dargli valore. L’efficienza energetica non riguarda solo il modo in cui vengono costruiti gli edifici, ma anche le modalità con


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le quali vengono gestiti. Abbiamo adottato un linguaggio che interpreta la sostenibilità e che soprattutto la certifica. Credo che questo sia un modello nuovo. Nel mercato dei servizi tutti noi proponiamo qualcosa al cliente, però l’aver individuato qualcuno, qualche soggetto terzo, che certifichi la qualità dei nostri servizi, dei nostri impianti, delle nostre realizzazioni, penso sia una sfida imprenditoriale che dobbiamo assolutamente cogliere. È doveroso mettersi in discussione e avviare un processo di innovazione, sia culturale che pratico, per poter offrire ai clienti un prodotto che soddisfi a pieno le loro esigenze, rispettando i parametri che ci si è prefissati. Cosa chiediamo all’ente pubblico? Chiediamo di rompere il ghiaccio e fare da capofila, poiché oggi il privato è attanagliato dalla crisi che conosciamo e ha bisogno di raccogliere tutte le energie ed impegnarle per uscirne. Se la Provincia autonoma e gli altri enti pubblici cominceranno col mettere a disposizione i loro edifici su cui fare interventi di risanamento o azioni mirate al raggiungimento della più alta efficienza energetica, sarebbe un importante impulso per l’attivazione del mercato che riguarda l’edilizia, gli impianti e i servizi. Fare innovazione è sicuramente importante, fondamentale, bellissimo, ma bisogna trovare il modo per far avanzare le innovazioni che le Fondazioni Kessler e Mac e l’Università mettono in campo. Noi come Distretto ci proponiamo ogni giorno come veicolo per permettere a questo ciclo di proseguire e non di arrestarsi. Cosa vogliamo fare per il futuro? Per prima cosa intendiamo costituire filiere, riuscire a mettere insieme diversi imprenditori per fare veramente qualcosa di importante. Vogliamo farlo per uscire da questo territorio e andare a fare investimenti anche all’estero. Abbiamo già cominciato ad organizzare filiere, attivandoci nel settore del legno, del made in Italy e anche nel settore della co-generazione. Cercheremo di farlo costituendo delle ESCO territoriali che veramente mirino all’individuazione di iniziative concrete da realizzare sui singoli territori e con i singoli operatori economici locali. In questo modo sono convinto che il Distretto possa veramente ricoprire un ruolo sempre più concreto. È una sfida importante, cerchiamo di vincerla.


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Informatica

Stefano Chelodi, Vicepresidente Associazione Attività di Servizio del Trentino

L’informatica è un settore strategico, non lo scopriamo oggi, poiché è “rete di supporto” di tutti gli altri settori. È un settore, però, che risente di un’evoluzione continua, rapida e profonda e questo può essere da un lato un’opportunità, dall’altro un rischio, soprattutto se leghiamo questo ragionamento alle dimensioni delle imprese. Il fatturato della ICT (Information Comunication Technology), quindi includendo anche la comunicazione, in Italia è pari a 93 miliardi di euro, che equivalgono al 6,06 % del PIL nazionale. Questo Stefano Chelodi settore è composto da 90.000 imprese, 650.000 addetti. Il 94,4% delle imprese italiane IT, senza più il fattore comunicazione, si colloca tra 1 e 9 dipendenti. Siamo diciottesimi in Europa per il rapporto addetti/impresa e i quindicesimi per rapporto fatturato/impresa. Questi dati la dicono lunga sulla questione del dimensionamento. In Trentino abbiamo 894 aziende con un tasso di crescita molto alto (31% anno su anno) e 3965 addetti, 5 imprese che superano i 20 milioni di euro di fatturato, ne abbiamo 7 tra 5 e 20 milioni, 34 aziende tra 1 e 5 milioni e 54 aziende che superano il milione di euro; il resto si colloca in fasce inferiori. Il fatturato complessivo della ICT, quindi nuovamente con la Comunication, in Trentino è di 576 milioni di euro, il valore aggiunto generato dalle aziende di questo settore è di 213 milioni di euro, il valore della domanda del mercato trentino è di 222 milioni di euro, quindi un sistema abbastanza equilibrato. Abbiamo anche alcune eccellenze che sono state citate prima: nel settore delle associazioni e del commercio la SEAC, di cui siamo

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ospiti; nel settore delle banche abbiamo Informatica Bancaria Trentina e Phoenix; nel settore sanità c’è Gpi Aldebra; nel settore della pubblica amministrazione ci sono Informatica Trentina e Deda Group; nel settore delle piccole e medie imprese abbiamo Aldebra; nel settore trasporti e logistica c’è la SIMA; nel settore mobilità e territorio abbiamo CR Fiat I&S Sinergis Graphitec; infine nel settore Semantic Valley c’è Pervoice Gruppo Soluzioni tecnologiche Expert System. Possiamo dire che ci sono diverse imprese che sicuramente possono essere consideL’informatica è un settore strategico che fa da rate delle eccellenze. supporto a tutti gli altri settori. Bisogna aggiungere un altro valore importante: la ricerca. Abbiamo 790 ricercatori attivi, tra enti pubblici e privati. Si tratta di un settore importante e strategico, ma anche fragile, a causa della polverizzazione del numero delle imprese. Evidentemente chi detiene la governance, la responsabilità, la regia del sistema territoriale, in qualche modo ha delineato un progetto di prospettiva. Il presidente Dellai, nella riunione del 7 giugno scorso, ha indicato la nascita del Distretto della ICT quale obiettivo. Sicuramente è un obiettivo importante, sia che lo si consideri nell’ottica di Alfred Marshall, studioso ed economista inglese, quindi fisicamente unito, sia che si parli di una sorta di collaborazione territoriale legata maggiormente alle eccellenze di cui abbiamo parlato prima, quindi alle imprese forti di questo settore. In ogni caso, ciò che reputo importante è la necessità di costruire un tessuto più resistente, per poter cavalcare e sostenere questa sfida. Sul discorso del Distretto vorrei dire che è necessario sottolineare un aspetto rilevante, quasi fondamentale: noi abbiamo


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La nascita del Distretto della ICT, sia fisicamente unito sia in forma di collaborazione territoriale tra aziende del settore, è sicuramente un obiettivo importante.

fatto un lungo percorso con il tavolo di collaborazione territoriale a cui siedono diverse imprese dell’informatica, qui rappresentate, un tavolo voluto fortemente da Informatica Trentina. Abbiamo voluto e cercato con il professor Camussone di studiare e di delineare un po’ ciò che questa possibilità rappresenta per il settore nell’insieme. Fondamentale è la presenza di una società di sistema, in questo caso Informatica Trentina, la quale è passata dal ruolo che aveva nei primi anni 2000 di competitor con le aziende locali ad un ruolo di partner e di tutor, se mi è concesso questo termine, organizzando comunque momenti sia di crescita qualitativa che culturale per quanto riguarda le imprese del settore ed oltretutto è diventata sostenitrice del mercato locale, senza ledere alcuna regola vigente in materia di


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libera concorrenza, ma immettendosi nel 2010 con quasi 18 milioni di euro di business nel mercato. Da questo punto di vista, la possibilità di costituire un tessuto considerevole, che sia un distretto reale o che sia un distretto basato su collaborazioni, è assolutamente concreta. Ci sono 5 fattori positivi, dal mio punto di vista, su cui ragionare: la massa critica delle aziende esistenti, di cui abbiamo parlato; il settore della ricerca e i 790 ricercatori in Trentino; le eccellenze del settore, quindi le imprese leader o player di livello nazionale; le aziende di sistema come Informatica Trentina e Trentino Sviluppo, in grado di trainare e guidare tutto il comparto con obiettivi non solo di impresa, ma di sistema; in ultimo una governance orientata al supporto di un progetto strategico. È stato lo stesso presidente Dellai ad indicare la nascita del Distretto. Abbiamo anche fattori critici: poca cultura di distretto o di sistema e di collaborazione; difficoltà e scarsa propensione a lavorare insieme; scarsa percezione di quello che è il vero mercato nazionale e internazionale, perché se facessimo tutto questo per appropriarci della torta del mercato locale avremmo sbagliato completamente l’operazione; scarsa propensione alla competitività nazionale e internazionale; quindi, e non è offesa per nessuno, una scarsa cultura di impresa, con l’abitudine ormai consolidata di trasferire il rischio dell’imprenditore alla Pubblica Amministrazione e questo è un po’ un vizio della nostra autonomia. Esiste un progetto ambizioso di prospettiva, ci sono gli elementi per poterlo portare avanti, abbiamo una società di sistema che è Informatica Trentina, accompagnata magari da Trentino Sviluppo, la quale sta evolvendo verso un ruolo di supporto all’impresa locale. Sono convinto che, a questo punto, riflessioni come questa e il ruolo delle associazioni di categoria siano assolutamente fondamentali per costruire un collegamento tra quanto la Pubblica Amministrazione, come regista del sistema territoriale, può fare e quanto le imprese del territorio possono o debbono fare per garantire a se stesse, ai propri dipendenti e al territorio in cui vivono una prospettiva nella competizione futura che non sarà né facile né scontata e che sicuramente ci porrà di fronte a sfide assolutamente importanti.


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Statistica e ricerche di mercato

Andrea Giovanelli, Direttore Studio Giovanelli & Partners

Vorrei sintetizzare in pochi minuti una serie di punti di debolezza del settore nel quale opero per formulare poi tre proposte operative molto semplici. Statistiche e ricerche di mercato dunque. La complessità è quella di separare tali attività da altre attività consulenziali ricomprese nella cosiddetta Consulenza di direzione (Strategia, Marketing e vendite, Ricerca e Sviluppo, Qualità, Finanza e controllo, Organizzazione e Sistemi informativi, Formazione, Consulenza alle PMI, Consulenza alla pubblica amministrazione). Com’è stato eviden- Andrea Giovanelli ziato all’inizio dal dottor Marcantoni, ci sono delle difficoltà dal punto di vista metodologico di inquadramento statistico, non ci sono dati ISTAT che qualificano questo settore. Un settore dai confini non ben definiti, con basse barriere all’entrata, che le statistiche ufficiali non definiscono con chiarezza. Evidenti tuttavia una serie di limiti: in primo luogo, le piccole dimensioni, la frammentazione delle aziende. Se prendiamo come esempio il Registro Imprese sotto il codice Ateco 702209, che mi sembra più rispondente per comprendere società che si occupano di statistiche, ricerche e anche altre attività relativamente assimilabili, vediamo che nel 2009, a livello nazionale, ci sono oltre 13.000 società che danno lavoro a 45.000 professional e che l’85% delle imprese ha soltanto 1 o 2 occupati. Piccole dimensioni e frammentazione molto accentuata: ciò è ancora più vero nella nostra provincia. L’Associazione Attività di Servizio dell’UNIONE conta oltre 1000 associati e, non è stato evidenziato in precedenza, ma il 9% sono aziende che operano nel comparto delle libere professioni, l’8%

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nell’informatica, il 10% sono intermediari assicurativi e finanziari, il 5% pubblicità e convegnistica. È netta la prevalenza di realtà di piccole dimensioni. Un secondo limite è collegato alla congiuntura e al contesto economico. Il comparto in Italia soffre particolarmente. Secondo i dati del primo rapporto nazionale sul management consulting, che si è tenuto a Roma nel maggio del 2010, si evidenzia una contrazione aggregata del settore del 5% del fatturato del 2009 rispetto al 2008. I dati del 2010 sono leggermente migliori, ma dovrebbe permanere il segno negativo. Il terzo aspetto negativo, probabilmente il più complesso, riguarda il fatto che le nostre imprese soffrono per un incrocio non agevole fra la loro offerta di servizi e la domanda che promana dal mercato. Le società di consulenza medio-piccole, anzi prevalentemente piccole, sono polarizzate su clienti piccoli, prevalentemente locali. Solo il 20% sviluppa progetti internazionali e un altro 10% prevede di realizzarne nei prossimi tre anni. Perché domanda e offerta di servizi non sempre si incontrano? Spesso indagini e ricerche tendono ad essere internalizzate dalle imprese maggiori con manager che provengono dal consulting, anche se si rivolgono al mercato, fanno ricorso a realtà maggiori, più note, spesso di fuori provincia, oppure trovano in loco altre opportunità: penso a Trentino Export, alla Camera di Commercio con lo Sportello Sprint e l’Euro Info Centre, penso agli enti funzionali, alle agenzie e società di diritto privato diffuse, fra tutte Informatica Trentina, TSM, Trentino Sviluppo e così via. Soggetti importanti che erogano servizi. Le imprese di molti settori trovano in queste realtà una risposta tangibile alle loro esigenze. Risposte professionali, indubbiamente, che portano tuttavia le “altre” imprese dei servizi a confrontarsi con una concorrenza interna importante. Il quarto limite è che le imprese dei servizi sono tagliate fuori dalle contribuzioni pubbliche. Le società di ricerca, analisi di mercato, consulenza in genere, comprese quelle costituite da professionisti non sono soggetti ammessi a fruire dei contributi che l’Ente pubblico prevede invece per gli altri settori. Potrei fare numerosi casi: fra tutti la legge provinciale n. 6 del 1999 o “Legge Unica dell’economia”; o ancora, la legge provinciale 17/1993 “Servizi


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75 Le società di consulenza medio-piccole sono polarizzate su clienti piccoli, prevalentemente locali. Solo il 20% sviluppa progetti internazionali e un altro 10% prevede di realizzarne nei prossimi tre anni.

alle imprese”. Perché un’industria che acquista un capannone o macchinari o un commerciante che acquista un negozio o un albergatore che ristruttura l’ albergo può fruire di contributi pubblici, negati invece, ad esempio, ad uno studio professionale o ad una società di ricerche di mercato per acquistare laboratori, sale formazione? Tutti questi limiti, in parte interni alle imprese, in parte di contesto, contribuiscono al perpetrarsi di un circolo vizioso. Ma qual è lo spazio per le imprese locali? Come favorirne la crescita e agevolarne l’incontro con la domanda? Tre le proposte che ritengo attuabili nel breve termine. La prima è agevolare la crescita delle singole, estendendo a tale comparto le contribuzioni, gli incentivi, le opportunità previste per gli altri settori. In particolare, si potrebbe pensare alla revisione della legge sui servizi alle imprese che esclude dai benefici, in qualità di richiedenti, proprio le imprese dei servizi. Anche la Legge Unica sull’economia esclude dalle contribuzioni tali realtà, con parziale eccezione per agenzie di pubblicità e informatica. Sarebbe importante


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fare un’attenta riflessione su questo. I tempi sarebbero maturi. La seconda proposta riguarda la crescita di insieme, del Sistema delle imprese offerenti servizi. Le imprese della consulenza sono piccole, non fanno network. I comparti strategici per la Pubblica Amministrazione sono: energia, turismo, telecomunicazioni, informatica o Information technology, con nascita di realtà strategiche Le risorse destinate alla consulenza dalle per il territorio. Sarebbe importante aziende, pubbliche e private, sono contenute: è dunque fondamentale approcciare con la la creazione di un polo operativo, vimassima attenzione la domanda, tutti insieme. vo, della consulenza privata, dell’eccellenza dei servizi dove attuare iniziative, seminari, scambi di esperienze, comprendere i trend del mercato e seguire progetti comunitari. La terza misura, e mi avvio al termine, punta ad agevolare l’incontro fra domanda e offerta di terziario privato. Si pensi all’iniziativa dell’Associazione Attività di Servizio con VEIS, vetrina di aziende per l’eccellenza nei servizi o a PagineBlu, informazione semplice per far conoscere al mercato chi opera nei servizi. Cito per finire una frase del Presidente Mario Oss “lo sviluppo del Trentino sarà condizionato da un terziario generatore di crescita economica. I nodi da sciogliere: la qualità e la visibilità”. Visibilità significa far conoscere al mercato che esiste un’offerta locale di servizi ampia, con centinaia di imprese con caratteristiche e competenze le più varie. Il rapporto col mercato è peraltro delicato: va mediato. Il rapporto col cliente è delicato: sta cambiando. Le risorse destinate dalle aziende, pubbliche e private, alla consulenza sono contenute: è dunque fondamentale approcciare con la massima attenzione la domanda, tutti insieme. Termino qui e vi ringrazio per l’attenzione.


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Formazione

Annamaria Nicolussi, Direttore SEAC

Mi hanno assegnato il tema della formazione, anche se voi sapete che SEAC è soprattutto una Software House di prodotti gestionali fiscali, servizi erogati per le associazioni commercianti. Rilevata nel tempo la necessità di formare gli operatori sull’utilizzo delle procedure create da SEAC è nato presso la sede di Trento un centro di formazione permanente, con annesso albergo e ristorante, in modo da offrire un servizio completo ai nostri clienti. All’epoca venivano gestiti solo corsi tecnici, in seguito è stata colta l’opportunità di sfrut- Annamaria Nicolussi tare la consulenza, fornita dalla Società, in ambito di normativa del lavoro e fiscale, per organizzare, sempre presso la sede di Trento e con docenti interni al Gruppo, convegni di carattere normativo. Riscontrato il gradimento per questa iniziativa ed assistendo ai risultati positivi di questo esperimento, SEAC ha creato al suo interno SEAC CEFOR, una società completamente controllata dalla capogruppo e che si occupa essenzialmente dell’organizzazione di eventi formativi sulla normativa del lavoro e sulla fiscalità. Si è gradualmente ampliata l’offerta di formazione di carattere consulenziale, con tematiche di attualità legate alle continue modifiche introdotte dal Legislatore, ma soprattutto coinvolgendo, in veste di docenti, dipendenti della Pubblica Amministrazione, che direttamente seguono l’iter dell’emanazione di nuove normative e consulenti esperti nelle singole materie. L’introduzione da parte degli Ordini, dottori commercialisti, consulenti del lavoro, avvocati dei crediti formativi, ha offerto a SEAC l’opportunità e la necessità di essere presente con la realizzazione di convegni,

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78 La sede di SEAC a Trento, in via Solteri 74.

accreditati dagli ordini, non solo sul territorio provinciale ma su tutto il territorio nazionale. Sono state pertanto individuate delle sedi dislocate sul territorio, nelle quali sono stati creati dei centri permanenti di formazione e di aggiornamento. Pertanto siamo presenti con la nostra formazione permanente non solo a Trento, ma anche a Udine, Alessandria, Bologna, Parma, Rimini, Ancona e Roma. Un altro servizio collegato alla formazione è nato dalla necessità di poter mettere a disposizione dei nostri utenti gli eventi organizzati a Trento e che non possono essere ripetuti sul territorio, nelle sedi che prima ho citato, per la funzione particolare che ricopre il docente. Ad esempio, recentemente abbiamo organizzato qui a Trento un convegno per illustrare le novità introdotte dal “Collegato del Lavoro”; il docente di questo convegno è un componente del tavolo di lavoro del Ministero del Lavoro e quindi ha messo a nostra disposizione una giornata che, ovviamente, non poteva essere ripetuta sul territorio. In questi casi, SEAC si è attrezzata con un servizio di


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79 SEAC CEFOR è specializzata nella progettazione ed erogazione di Corsi ed eventi formativi sulla normativa del lavoro e sulla fiscalità.

VOD (Video On Demand), il quale rende disponibile, a chi non può essere presente al convegno, la visione del filmato registrato, elaborato e montato, attraverso un canale web. I corsi tecnici organizzati nell’arco dei primi 11 mesi del 2010 dalla nostra società sono stati 189 e hanno registrato la presenza di 2540 persone; i convegni - master, della durata di 3 giornate, sono stati 32 con 3200 presenze. Direttamente collegata alla formazione è nata anche l’opportunità di coinvolgere docenti esterni, dipendenti della Pubblica Amministrazione, nella stesura dei manuali della nostra editoria, in modo da poter offrire ai nostri clienti, oltre che la fornitura del software, la consulenza, la formazione e l’editoria. Per il futuro abbiamo numerosi ed interessanti progetti. Per gennaio stiamo già organizzando un percorso formativo che sfrutta una nuova metodologia. Saranno coinvolti come docenti un notaio e un avvocato che esamineranno e daranno risposte su casi pratici in materia di diritto di famiglia e successione ereditaria. Questo percorso interattivo si prospetta interessante


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80 SEAC dispone di un sistema di video on demand che permette a chi è interessato di seguire i convegni tenuti da importanti personalità direttamente dal proprio pc.

non solo per la categoria dei notai, ma per tutti coloro che devono affrontare casi pratici nel loro percorso professionale, imprenditoriale o privato su queste tematiche. Attiveremo degli incontri che non saranno solo rivolti ai nostri utilizzatori di software, ma anche a privati e aziende. Alla ricerca di sempre nuove opportunità la nostra società ha iniziato un percorso, in collaborazione con l’Università di Trento, per la realizzazione di un progetto formativo, del quale non anticipo le finalità, in quanto dovrebbe concretizzarsi a breve e pertanto eventuali risultati, se positivi, saranno presto portati a conoscenza sia a livello territoriale che nazionale. Per concludere, vi comunico anche che sono in atto delle procedure di confronto con Confcommercio Nazionale ed il Fondo FORTE per accreditare SEAC come ente formatore territoriale, se tale confronto porterà all’accreditamento della nostra società avremo la possibilità di organizzare una formazione gratuita a favore di tutti i nostri clienti.


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Credito

Giorgio Rigotti, Presidente Confidimpresa Trentino

Nell’ambito del comparto della consulenza, stante la situazione economico finanziaria di questi tempi, occupa un posto di rilievo e di particolare sensibilità quella legata all’accesso ed alla gestione del credito. Tutti siamo consapevoli delle difficoltà che trovano aziende e privati nell’accesso al credito e di quanto sia cambiato il rapporto banca-cliente. Il ruolo di un ente di garanzia non può più prescindere da una seria e approfondita valutazione delle situazioni passate, presenti e prospettiche. Il tempo della pura soddisfazione, Giorgio Rigotti del bisogno contingente di intervento creditizio è finito e i rapporti Confidi-Associati devono essere rifondati sulla base di collaborazioni durature, che consentano ai Confidi di meglio conoscere il proprio associato e all’associato di comprendere e apprezzare fino in fondo i vantaggi di essere parte di un meccanismo di garanzia – ad esempio quello di Confidimpresa – che oggi coinvolge oltre 4.000 aziende socie e garantisce circa 600 milioni di finanziamenti sul territorio trentino. Da tempo diciamo che da garanti dobbiamo trasformarci in partner. I primi segnali di questa trasformazione si stanno manifestando e perseguiamo con tenacia questo obiettivo. La nostra struttura ha predisposto strumenti, come quello della autovalutazione del merito creditizio per l’accesso al microcredito, che ci stanno portando a deliberare interventi di garanzie su aziende che vengono valutate su parametri non solamente legati al bilancio. Questi interventi sono automatici, ma è sempre previsto che si possa ricorrere a visite e incontri per meglio analizzare le esigenze. Stiamo incontrando

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aziende in espansione, aziende in difesa e aziende in difficoltà, cercando le migliori soluzioni, ma è necessario fare di più. Conoscersi e confrontarsi consente di pesare meglio gli elementi qualitativi di un’impresa, spesso non desumibili dal bilancio ma che possono portare a mettere in luce tutti quegli aspetti positivi che fanno la differenza in chiave futura. In termini di servizi, oltre al rilascio delle fidejussioni ed al farsi portatore di interessi comuni nei confronti di iniziative pubbliche o di altri istituti di credito, è necessario diffondere tra gli imprenditori consapevolezza La sede di Confidimpresa Trentino in via e conoscenza attraverso una analisi Degasperi, a Trento. condivisa della realtà imprenditoriale. Consapevolezza nella sostenibilità delle proprie iniziative, consapevolezza nella legittimità delle proprie richieste, ma anche consapevolezza dei propri limiti e delle difficoltà che potranno incontrare, offrendo soluzioni o scenari che consentano di attrezzarsi al meglio per avere successo. Se c’è una cosa che questa crisi ci ha insegnato è che non si può più improvvisare, non si può più delegare a terzi la conoscenza della propria azienda, del mercato in cui opera e delle dinamiche che mutano sempre più spesso. Il ricorso agli incentivi pubblici, che sono stati generosamente e provvidenzialmente messi in campo dalla Provincia autonoma di Trento con molteplici interventi, deve essere sfruttato dalle imprese come un’occasione per crescere qualitativamente, ancor prima che in dimensione, perché la qualità sarà il marchio delle aziende vincenti, lo sviluppo dimensionale sarà una conseguenza. Poter operare in un territorio in cui l’intervento pubblico non manca consente di formare una classe imprenditoriale con aziende votate


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83 L’obiettivo di Confidimpresa è quello di proporsi come interlocutore privilegiato tra le Istituzioni locali e il mondo delle aziende.

all’eccellenza. In questa ricerca, all’imprenditore è richiesto di conoscere un’infinità di cose, quantomeno nella loro essenzialità, in modo da sapere come affrontare le situazioni e di quali strumenti o strutture servirsi. Non possiamo nasconderci che processi di formazione e miglioramento di questa portata nell’immediato costituiscono un costo tangibile per le aziende in termini di risorse e di energie. Un altro insegnamento che ci viene dalla crisi che stiamo vivendo è che questa ha colpito più duramente laddove ha trovato situazioni di disorganizzazione, soprattutto dal punto di vista del credito e dei rapporti con gli erogatori del credito. Le banche hanno cambiato linguaggio. Si sono evolute o involute, a seconda di chi è a parlare, e ancora oggi molte aziende faticano a comprenderle. Un imprenditore oggi, parlando con il funzionario di banca che lo segue magari da anni, ha la sensazione di parlare con uno straniero. La vera difficoltà oggi è proprio questa. Una distanza di linguaggio che fa percepire


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un progressivo scollamento tra credito e fiducia, due termini che sono informa comunemente usati come sinonimi ma che in ambito economico e finanziario si stanno allontanando sempre più, separati da strumenti come lo scoring e il rating per citare i più comuni. Serve un mediatore che traduca le due esigenze, renda intelligibili le ragioni di entrambi e intervenga per avvicinare le parti fintanto che Confidimpresa Trentino il singolo imprenditore non avrà inapre alle famiglie teriorizzato i nuovi valori sulla base dei quali viene valutato. In termini esemplificativi, i nostri interventi coLa pubblicazione Confidimpresa Informa di aprile 2011. me garanti stanno avendo il maggiore successo, paradossalmente, laddove abbiamo sospeso la prima istanza di garanzia e richiesto un incontro con l’azienda per comprendere meglio la realtà. Questi semplici incontri hanno permesso sovente di identificare positive aree di intervento; agli incontri sono seguite le rivalutazioni delle richieste e dove opportuno anche un intervento presso le banche assieme all’azienda. Questa prassi è quella che oggi ci dà i migliori riscontri in termini di successo e di funzionalità degli interventi. Ritengo che questa possa essere la strada vincente per accompagnare le aziende nella nuova realtà che si sta profilando all’uscita da questo difficile momento. Aprile

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magazine di Confidimpresa Trentino s.c.

Autorizzazione del Tribunale di Trento n°1397 del 26.11.2009 Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70% NE/TN - Anno 2011 - n° 1 Diffusione gratuita

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Innovazione e Ricerca

Andrea Simoni, Segretario generale FBK – Fondazione Bruno Kessler

Il presidente Dellai citava prima l’importanza del mondo della ricerca. La ricerca c’è e in Trentino è diventata un sistema importante e riconosciuto a livello internazionale. I riconoscimenti arrivano da varie parti, non solo dal punto di vista scientifico, ma anche dal punto di vista della capacità di rapportarsi con il mondo produttivo. Sergio Bortolotti ha detto che le Fondazioni e l’Università devono fare sempre di più uno sforzo per cercare di trasferire i risultati della ricerca alle aziende. Sono perfettamente d’accordo su Andrea Simoni questo punto; alla Fondazione Kessler da un anno a questa parte abbiamo cambiato sostanzialmente la mission, che non consiste più solo nel perseguire l’eccellenza scientifica a livello internazionale attraverso le pubblicazioni per avere i ricercatori migliori, cosa peraltro importante per un territorio come il nostro. Abbiamo introdotto una forte attenzione al trasferimento dei risultati della nostra ricerca alle aziende, soprattutto a quelle trentine. Non si tratta certo di un passaggio facile per i ricercatori, che hanno vissuto per anni in un sistema in cui l’unico scopo era quello di competere con i propri pari a livello internazionale. Proprio in ragione di questa difficoltà abbiamo cercato di instaurare un rapporto strutturato con le principali Associazioni di Categoria: gli industriali, le cooperative e, recentemente, anche gli artigiani. Un rapporto strutturato che viene alimentato da alcuni ricercatori che non si dedicano più solo alla ricerca, ma sono impegnati a spiegare alle aziende qual è il ventaglio di possibilità che la ricerca può offrire e ai ricercatori quali sono le necessità delle aziende e

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La Clean Room del Polo Tecnologico di FBK. Nel 2010 il numero dei progetti di innovazione presentati è stato moltiplicato di cinque volte rispetto al 2009.


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87 La sede di FBK a Povo (Trento).

come queste lavorano. Com’è ben noto si tratta di due mondi molto diversi. Questo tipo di attività ha portato ottimi risultati, grazie anche all’elevato livello culturale dei nostri interlocutori, gli industriali e la federazione delle cooperative, che sono risultati molto attenti alle tematiche e inclini all’innovazione. Tant’è che nel 2010 abbiamo moltiplicato per 5 il numero dei progetti di innovazione presentati, rispetto allo scorso anno. Noi continueremo su questa linea e cercheremo di insistere affinché venga condivisa. Abbiamo ben 56 richieste, ad oggi, di aziende trentine che vogliono lavorare con la ricerca. Cercheremo di accontentarle tutte. Ritengo sia fondamentale creare questa modalità all’interno della Fondazione e della ricerca in generale. Il prof. Egidi prima sollecitava ad utilizzare al meglio le risorse che il sistema provinciale ha messo e continua a mettere in campo. Mi trova perfettamente d’accordo ed è proprio per questo che abbiamo cercato di puntare non solo all’eccellenza scientifica, ma anche ad aprire il fronte a questo nostro


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contributo ed è ciò che faremo nei prossimi anni, dando un supporto a tutto tondo. I risultati di cui parlavo prima non vengono solamente da aziende trentine, lavoriamo ad esempio con delle multinazionali giapponesi. Tuttavia lo sforzo rimane maggiormente concentrato sul nostro territorio. L’importante è riuscire insieme a sfruttare questa potenzialità, che deriva in parte da fonti di finanziamento europee. Pensate che nel 2007 avevamo un portafoglio progetti in Fondazione Kessler di 12 milioni di euro, oggi ne abbiamo uno di 39,7 milioni di euro. Abbiamo registrato quindi una crescita nell’abilità di recuperare fondi che non potevamo immaginare quando siamo partiti, dobbiamo ora sempre di più mettere a disposizione del sistema trentino questa capacità, attraverso il rapporto strutturato che vi ho brevemente descritto. 88


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Comunicazione

Pompeo Viganò, Vicepresidente MC-link

Io sono vicepresidente di MC-link, una realtà che opera nel settore delle telecomunicazioni, quindi, un mondo un po’ diverso da quello della semplice comunicazione. È nata da poco un’associazione che si chiama “Fedeltà e Servizi”, che si pone come obiettivo quello di portare avanti l’ispirazione delle aziende della ICT (Information and Communication Technology) all’interno dell’UNIONE. Cosa dire di questo mondo delle telecomunicazioni? Sono passati 20 anni dalla diffusione di internet e oggi non se ne può più fare a Pompeo Viganò meno. Le telecomunicazioni sono forse nella più grande fase di trasformazione degli ultimi 70 anni, dalla voce alla fibra, alla rete. Grazie a questi cambiamenti nel modo di comunicare, il mondo economico non solo ha passato gli ultimi 10 anni a ricercare modelli di sviluppo che fossero innovativi, toccando tutti gli aspetti di carattere infrastrutturale, societario, economico, sociale e quant’altro, con l’obiettivo di ottenere il superamento del digital divide e, visto dalla parte degli operatori, cercare di garantire in modo economicamente sostenibile l’accesso alla banda larga in maniera indistinta e indiscriminata. Vi posso garantire che per tutte le aziende di TLC (Telecomunicazioni) sono stati anni intensi, difficili, confusi e pieni di contraddizioni; anni in cui le aziende gestivano budget che non sono mai diventati bilanci o i bilanci che con molte alchimie sono stati trasformati in budget e, se questo fa sorridere, i dati di borsa e il crollo di molte società delle telecomunicazioni in borsa sono esempi reali e non barzellette. Insomma, era molto difficile portare avanti questo ruolo di importanza

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90 La sede di MC-link a Trento, in via Fersina.

notevole, sul quale molta attenzione era riposta soprattutto dalla Pubblica Amministrazione. In questi anni sono naufragati ambiziosi progetti di società commerciali nel mondo delle telecomunicazioni di carattere misto pubblico/privato. Questo lo dobbiamo dire perché le attese erano proprio quelle di riuscire a creare società commerciali miste pubblico/privato sul modello delle multi utilities. Però in Italia, come sapete, finora c’è un monopolista privato, che ha sempre condizionato fortemente il mercato. Devo dire che nella nostra regione sia Alpikom che Brenner hanno saputo stare in piedi nonostante gli attacchi e sono riuscite a garantire il proprio servizio al territorio, incrementando l’offerta di anno in anno, con non poche difficoltà sicuramente, stando attenti a non subire gli investimenti dei vari salti tecnologici che sono avvenuti. Ma quasi tutte le realtà a livello nazionale hanno chiuso i battenti. Posso dire che una delle ultime sarà Terre Cablate di Siena, che ha messo in gara per poche centinaia di migliaia di euro la rete


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cittadina della città di Siena. Immaginate quanti investimenti sono stati persi. Un bel mal di testa. Solo il 20 settembre del 2010 la Comunità Europea ha deliberato, dopo due anni di dibattiti, il nuovo regolamento per la costruzione delle nuove reti di fibra ottica. Per attirare l’attenzione vi faccio un po’ sorridere. In quegli anni un po’ tesi, uscendo dal cancello di casa mia, trovai una frase, “meno internet, più Cabernet”. Non ho mai capito se a scriverlo fosse stato mio figlio per le tensioni, qualche consigliere di Alpikom per i problemi avuti o qualche cliente incavolato a cui non funzionava l’ADSL. Eravamo in quei tempi in cui si vendeva qualcosa anche quando non era completamente a posto. Però, se noi proviamo a girare la frase “più internet per vendere più Cabernet”, ci rendiamo conto che, tastando il polso sul mondo dell’e-commerce nell’Italia digitale, non c’è da ridere poi così tanto. Leggo il contributo dato da Enzo Savarese in un convegno il 26 ottobre scorso. Enzo Savarese è commissario Agcom e così dice: L’Italia versa ancora in una situazione di arretratezza digitale. Gli stessi dati ci vedono leader in Europa sul fronte dei prezzi dei servizi tradizionali e della concorrenza infrastrutturata, ma ci classificano così sugli altri fronti: penetrazione della banda larga 17a posizione, con il 20,6%; numero delle famiglie connesse in internet 22a posizione, sull’Europa a 27; diffusione degli acquisti on line 23a posizione su 27; il contributo della ICT all’interno del PIL la 13a posizione con la ICT che contribuisce il 3,9% del PIL nazionale, rispetto ad una media europea del 5%; alfabetizzazione informatica grave problema. Questo nonostante, sempre nello stesso convegno, il dottor Paolo Nuti, presidente di AIIP (Associazione Italiana Internet Provider) conferma questa frase: I benchmark internazionali dimostrano che l’infrastrutturazione e la fornitura pervasiva di servizi di accesso a banda larga e ultra larga costituisce un fondamentale fattore di crescita che può portare ad

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un incremento del PIL di un abbondante punto e mezzo in più rispetto alle aree di riscontro non interessate da infrastruttura pervasiva. Allora qualcuno può chiedere come mai. Una delle risposte è quanto detto prima, cioè la confusione del mercato, l’altra sicuramente la dà un altro commissario Agcom, consigliere della commissione del Ministero per l’Infrastruttura, Nicola d’Angelo, il quale dice:

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Il tema dello sviluppo delle reti di nuova generazione è di estrema attualità. In Italia stiamo vivendo questa importante evoluzione che influenzerà il tessuto economico e sociale del Paese in modo disorganico e lento. Occorre una guida da parte delle istituzioni pubbliche che sappia agevolare la transazione, tutelando gli utilizzatori e garantendo il formarsi di condizioni di mercato concorrenziali. Ora, dopo questa parte, qualcuno potrebbe chiedersi a che punto siamo e, se queste sono le situazioni, quali sono le buone notizie. Da un lato generale condividiamo la necessità di una rete a guida pubblica e finalmente l’Italia sta cercando un modello. In questi giorni, sul tavolo del ministro Romani ci sono una serie di proposte per arrivare ad un’infrastrutturazione pervasiva. Abbiamo rischiato tutti, tutte le società delle TLC e del mondo ICT vicino, di essere espulsi dal mercato, però il mercato ha saputo espellere realtà disoneste con concorrenza sleale. Oggi, le realtà che concorrono a questo business ritengo siano molto serie e anche capaci di innovazione. E poi ci sono delle grandi opportunità all’interno del documento di strategia e legislatura per l’innovazione rilasciato il 19 novembre dalla Provincia, che provo a riassumere. Intanto lo sviluppo dei contenuti. È vero, i servizi si possono creare con le tecnologie, però le tecnologie per crescere hanno necessità continua di sviluppo dei contenuti. In questo caso la ricerca è fondamentale. Prima qualcuno ha parlato di migliaia di applicazioni su questi Tablet, pensiamo che in questo settore la capacità di creare contenuti sia vitale. Ma è necessario rilevare il grosso problema dell’alfabetizzazione informatica non solo


n n n Testimonianze

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Negli ultimi anni il mondo delle Telecomunicazioni ha subito i più rilevanti cambiamenti degli ultimi settant’anni. Si è passati dalla voce alla fibra, alla rete.

come strumento per utilizzare in maniera semplice internet, ma soprattutto per conoscere le tecnologie e le applicazioni; il commercio, e-commerce, ognuno di noi poi è sviluppatore e venditore di prodotti. Una grande opportunità di dialogo, anche in senso economico, non solo sul tessuto, con la Pubblica Amministrazione, e anche qui l’elenco dei progetti indicati nel piano di legislatura è notevole, come anche la formazione alle applicazioni che la Pubblica Amministrazione vorrà mettere in campo. Per ultimo, sicuramente le realtà di servizio migliorano con la qualità del proprio territorio per iniziativa delle aziende. Ultima cosa, rivolgo un apprezzamento alla strategia provinciale: siamo veramente indicati come modello a livello nazionale per il piano che la Provincia


Riflessioni sul ruolo dei servizi privati nello sviluppo del Trentino

94 Le rilevazioni Agcom affermano che in Italia l’utilizzo di Internet in famiglia pone l’Italia al 22° posto nell’Europa dei 27.

sta mettendo in atto. Mi auguro sinceramente che sia un piano che permetta anche alle piccole aziende di essere competitive e che permetta alle piccole aziende della ICT di crescere creando rete. Ci sono i campioni, ci vogliono i campioni, però anche creare rete fra le piccole e medie aziende è abbastanza importante. A questo titolo annuncio in anteprima che due tre giorni fa come MC-link siamo stati promotori di un’aggregazione di 15 piccoli operatori a livello nazionale che hanno costituito una S.p.A. per partecipare insieme a Telecom, Fastweb e altri grandi nomi al piano per la strategia nazionale con il ministro Romani. Anche questo è un modo per esportare strategia e servizi dal Trentino. Ci auguriamo possa essere di buon auspicio per una diffusione reale della banda larga.



Finito di stampare nel mese di luglio 2011 Presso la tipolitografia TEMI Editrice Trento



IASA Edizioni



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