Nona edizione
Nona Edizione
“Le imprese che crescono sono un patrimonio di tutti�
Questo non è un libro di economia. Raccoglie – è vero – storie di imprese: quelle che abbiamo raccontato, sul Resto del Carlino, nella rassegna del Premio Mascagni, con il quale Confindustria Emilia Area Centro vuole ricordare l’imprenditore Paolo Mascagni, scomparso nel 2011. Ma le storie degli imprenditori non andrebbero – oggi più che mai – nelle pagine della sezione economica: né in quelle dei giornali, né in quelle dei libri di storia. Esse sono infatti, innanzitutto, storie di uomini. E quindi di cuore, di sentimenti. Sono da sempre convinto che a mandare avanti il mondo non sia il denaro; né la politica, né la forza degli eserciti. A scandire la storia, a segnarne le tappe, sono piuttosto, appunto, i sentimenti. È con il cuore, è seguendo un desiderio che si intraprende un’opera. Perfino un’azione negativa è mossa da un sentimento: malvagio, certo, ma tante guerre sono state mosse per brama di potere più che per brama di denaro. E così, al contrario, tante cose grandi – scoperte geografiche, scientifiche, opere letterarie – sono state dettate dalla voglia di costruire qualcosa. Da un sentimento appunto. Gli imprenditori di solito non vengono collocati in questa schiera. Si pensa che chi apre un’azienda lo faccia, come si suol dire con un’espressione consueta, “per fini di lucro”. E certo il lucro è giusto e pure indispensabile, altrimenti non ci sarebbero né imprese né posti di lavoro. Ma sono convinto, convintissimo che chi intraprende un’opera industriale è mosso principalmente dal desiderio di costruire qualcosa: per sé e per gli altri. Oggi più che mai. Con i tempi che corrono, investire del denaro (che magari si potrebbe godere tranquillamente vivendo di rendita) per aprire un’azienda che non si sa come andrà a finire, è quasi una cosa da pazzi. Ma il mondo va avanti proprio per queste pazzie, per il desiderio e direi quasi per l’istinto irrinunciabile che ha – che deve avere – ogni essere umano: quello di pensare al futuro, quello di costruire qualcosa che gli sopravviva. Per questo, le storie di imprese che qui raccogliamo sono per prima cosa storie di uomini, e più di cuore che di calcolo. Come direttore del Resto del Carlino, non posso che ringraziare Confindustria per questo grande regalo che ci fa con il Premio Mascagni; e ringraziare, naturalmente, tutti questi imprenditori che hanno messo a rischio i lor capitali, e impiegato il loro tempo, per contribuire al futuro della nostra terra.
Michele Brambilla Direttore QN - Quotidiano Nazionale e il Resto del Carlino
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Quest’anno, l’edizione numero nove del Premio “Paolo Mascagni”, l’iniziativa istituita da Confindustria Emilia in collaborazione con il Resto del Carlino, si è svolta in un contesto del tutto anomalo. L’emergenza del Covid-19, soprattutto il periodo di lockdown della scorsa primavera, non ha inciso su questo percorso. E come ogni anno, 32 nostre aziende si sono raccontate, offrendo ciascuna la propria esperienza e la propria testimonianza a disposizione del pubblico. Nonostante le maggiori difficoltà quotidiane portate dalle procedure di contrasto al virus, gli imprenditori sono riusciti a dedicare tempo ai giornalisti per mettere in evidenza i progetti sviluppati, i cambiamenti in essere, le idee concretizzate. Sia quelle programmate da tempo sia quelle che, invece, sono emerse all’improvviso per rispondere a esigenze nuove, causate dall’emergenza sanitaria e sociale. Questo Premio, con il suo percorso settimanale di interviste, è diventato, ancora più che nel passato, un esempio di come, anche nei momenti più duri, il nostro tessuto imprenditoriale riesca a non cedere agli ostacoli, e anzi sia capace di reagire e mettere in atto sempre nuove azioni, attività, soluzioni che rispondono alle sfide. Succede in tempi normali, e accade anche in tempi decisamente fuori dal comune, come quelli che stiamo ancora vivendo. E credo che, in futuro, in queste testimonianze in particolare potremo trovare indizi utili per ricordarci l’anno che abbiamo vissuto e a cosa abbiamo dovuto reagire. Le storie di queste 32 imprese vanno ad unirsi a quelle precedenti, componendo un mosaico di oltre 350 aziende coinvolte in questi nove anni, che raccontano la varietà e la profondità del nostro tessuto produttivo, oltre che l’ingegno e l’impegno degli imprenditori e di tutti coloro che sono al loro fianco in questa costante avventura che si chiama cultura d’impresa.
Valter Caiumi Presidente Confindustria Emilia Area Centro
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Le aziende dalla A alla Z
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Bio 5 Bombonette Casoni DZ Trasmissioni Emilia Foods Ente Certificazione Macchine Esseti F.T.P. F.lli Benazzi Garc GFC Chimica Gruppo Coind Hydroplants Imprima Logikamente Makeitalia Miele Minelli Utensili Modula Motovario Officine Barbieri Progea Quick Load Selettra Tipografia Altedo TNS Tredigraph Txt Vection Italy Webasto Zadi Zuffellato Technologies
26 30 16 20 48 66 42 38 52 64 18 58 12 32 68 36 50 10 14 44 22 40 60 72 34 24 70 46 54 62 28 56
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LE AZIENDE
MINELLI UTENSILI
il Resto del Carlino 11/02/2020
Un modello che non c’era
Nella foto: Salvatore Minelli e lo staff di Minelli Utensili
“Dalle Trabant agli utensili di precisione” Salvatore Minelli nell’87 lasciò la Marelli e si mise in proprio, ora fornisce colossi meccanici e medicali. “Lavorai anche alle auto nella Ddr…” di Lorenzo Pedrini
Brillano, quando parla del suo lavoro, e sembrano ancora più azzurri di quanto già non siano. Sono gli occhi di Salvatore Minelli, fondatore e titolare dal 1987, nonostante la pensione già maturata, della Minelli Utensili di Casalecchio di Reno. Dopo quasi 30 anni da dipendente, come nacque l’idea di fondare un’azienda? “A fine anni ‘70 seguivo le linee di produzione dell’utensileria nell’allora Magneti Marelli, poi mi sono spostato in un altro opificio che, dopo 9 anni, ho finito per ri-
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levare, coinvolgendo mia moglie e mio figlio, che allora si stava diplomando”. Fu un’opportunità da cogliere al volo, ma anche uno di quei rischi che non tutti avrebbero coraggio di affrontare. “Fu un treno sul quale salire in fretta, di quelli che passano una volta nella vita, e io mi feci trovare pronto. Ricordo, però, accanto alle molte soddisfazioni venute col tempo, anche la paura dei primi mesi, quando ogni commessa era una boccata di ossigeno e il capitale della ditta era un
ventesimo dell’ammontare del mio debito con le banche”. Per sopravvivere, allora, è servito rimboccarsi le maniche, facendo però un mestiere che lei ha sempre amato. “La passione per ciò che si fa era e resta la chiave di tutto, sia quando avevamo quattro clienti sia ora che ne abbiamo più di 80, e io ho sempre e solo fatto il mio lavoro, da contoterzista e a beneficio dei player della grande produzione”. E qual è questo mestiere? “Progettare e realizzare strumentazioni di precisione su misura per ogni tipo di clientela, dai colossi del Packaging e dell’Automotive a quelli del Biomedicale e dell’Oleodinamica, e dare modo a chi si rivolge a noi di utilizzare prodotti all’avanguardia, con la garanzia di un’assistenza efficace e costante”. Una posizione, nell’indotto dei grandi marchi, che richiede capacità ed espone pure a qualche rischio. “Stare dove stiamo, negli anni in cui c’è stato da soffrire, ci ha messo davanti al lato più duro della crisi, ma ci sprona anche, vista la nostra natura di progettisti, a costanti investimenti su ricerca e sviluppo, anche sul fronte di una digitalizzazione sulla quale mio figlio sta dando un enorme contributo”. Lei, intanto, ogni mattina continua ad alzare la serranda. “Nel mio piccolo continuo a dare il mio contributo, e a coordinare il lavoro di giovani apprendisti, che vanno formati, e di un lato ingegneristico di livello molto elevato. Lo faccio con amore e con la forza dell’esperienza, maturata anche, a suo tempo, nella realizzazione di uno stabilimento per la produzione della mitica Trabant nell’allora Ddr, che ricordo con particolare soddisfazione”.
LA SCHEDA
1987 Anno di fondazione della Minelli Utensili di Casalecchio di Reno
14 + 3
Il numero di dipendenti, sommato ai tre titolari della famiglia Minelli
20%
La quota di export internazionale, realizzata indirettamente, tramite clientela multinazionale, tra Polonia, Repubblica Ceca e San Marino
1,8
In milioni di euro. Fatturato globale 2018, con le previsioni per il 2019 che restano in linea
2%
La percentuale del fatturato investita in ricerca e sviluppo
1.000
In metri quadri, la superficie dello stabilimento di Casalecchio
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HYDROPLANTS
il Resto del Carlino 18/02/2020
Un modello che non c’era
Nella foto: Saverio Santi
Fiori e affari: un giardino dentro l’azienda Arredare con il verde e la natura, le idee innovative della modenese Hydroplants. “Partimmo nel 1986 con un negozio di piante” di Roberto Grimaldi Arredare con piante e fiori. Non solo il proprio giardino di casa, ma anche il balcone, il cortile, l’ufficio, qualsiasi spazio che abbia bisogno di un’iniezione di verde e di natura. È l’idea sviluppata nel corso di ormai più di trent’anni da Hydroplants, azienda modenese che conta trenta dipendenti e fa registrare un fatturato in crescita: oltre 2 milioni di euro nel 2019. È l’amministratore delegato Saverio Santi a raccontare quali sono stati i punti di svolta di un’azienda innovativa e unica nel suo genere.
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Come è nata Hydroplants? “Come un semplice negozio di piante. Io e gli altri soci avevamo una preparazione di studi in agraria e nel 1986 abbiamo compiuto così il nostro primo passo. Eravamo specializzati nell’idrocultura, quella tecnica che permette di coltivare piante senza terra, servendosi di materiali inerti e fertilizzanti”.
Quando c’è stato il primo cambio di passo? “Ci siamo specializzati sempre di più nella
consulenza progettuale. Non ci limitavamo a vendere la singola pianta ma a progettare gli spazi verdi del cliente. Poi dopo qualche anno abbiamo trasferito lo stesso concetto di servizio sull’outdoor, occupandoci di giardini all’aperto”.
Perché questa viene considerata una svolta? “Perché abbiamo introdotto il concetto di design, di tendenza, di moda. È nato un gruppo di lavoro misto, che prevede tuttora l’architetto, il tecnico e il botanico. Il nostro ora è un servizio completo: ci prendiamo carico della direzione lavori, dell’installazione di tutti gli impianti, dei lavori in muratura, della successiva manutenzione ma anche di progettare il design degli arredi”.
Venite cercati più dai privati o dagli imprenditori? “Sono due mercati distinti che riusciamo a servire. Negli ultimi anni ha preso piede una maggior sensibilità all’interno delle aziende: si cerca l’ambiente confortevole per i dipendenti, rendendolo il più verde possibile, aggiungendo piante, fioriere, anche piccoli alberi se il cliente lo desidera”.
Chi è in cerca di idee cosa fa? “Siamo noi a proporre diverse soluzioni a seconda degli spazi in cui dobbiamo intervenire. Presso la nostra azienda abbiamo creato una serra-show room dove sono stati realizzati tanti ambienti arredati: l’angolo pop, quella della romantica campagna inglese, quello del feeling contemporaneo e high tech, quello che rimanda alla meditazione zen o ricorda il rinascimento toscano”.
C’è una tendenza futuristica che sta prendendo piede? “Ci chiedono spesso di attrezzare ambienti di lavoro all’aperto. Adesso con il wi-fi è sufficiente poter utilizzare un portatile collegato a Internet. Con sistemi di ombreggiatura e arredi outdoor, si possono creare uffici all’aperto”.
IL BILANCIO Il fatturato sale a di euro
2,2 milioni 5%
In crescita di circa il rispetto a quello del 2018.
30 i dipendenti
Fondata nel 1986 a Modena, Dalla competenza alla rete di vendita Hydroplants conta trenta nel dipendenti Sensormatic nascesu a Bologna 1979 comeedistributore di sensori e prodotti per macchine realizza un fatturato globale cheautomatiche grazie a Marco Marziani, che di stringe nel 2019 ha raggiunto la cifra 2,2 i primi accordi di rappresentanza con ditte estere, euro,e con un aumento in milioni particolaredi tedesche giapponesi, specializzate neldel campo dei sensori e deialtrasduttori elettronici 4,8% rispetto 2018, quando peraveva l’industria. Negli anni Sensormatic inizia addiocfatto registrare 2,1 milioni cuparsi con competenza specifica di tutto ciò che euro.l’automazione industriale. Con l’ingresso riguarda in La azienda figlia del fondatore, Elisabetta sededella degli uffici e il cosiddetto Marziani, Sensormatic ottiene nelin1996 certifigardening (che consiste unlavivacazione del proprio sistema qualità secondo la norio e in serre), si estende per mativa UNIdiverse EN ISO 9002, garantendo alla propria clientela un servizio e una gestione tendono al complessivi 22.000 metri che quadri. massimo delleuno richieste del mercato. SenEsisterispetto anche spazio esposormatic conta 11 dipendenti e si avvale della collasitivo della dedicato completamente borazione propria unità produttiva Sm.Prox, specializzata nelladesign, realizzazione di sensori all’outdoor in via EmiliainduttiEst vi, apuntatori laserche e lavorazioni La400 rete di Modena, consistecustom. in circa vendita è composta da ingegneri ed esperti in eletmetri quadrati espositivi. Lo spazio tronica e automazione, un’organizzazione esterna di agenti che coprono aree principali del mercato è dedicato nonle solo all’arredo per italiano e una buona rete a di sistemi distributori. 2018 si esterni ma anche diIl omè chiuso con un fatturato di 4 milioni di euro, in breggiamento, coperture crescita del 5% sull’anno precedenteeegiardini del 14% sul 2016, lo 0,6% del quale derivante dai mercati ested’inverno. ri, in particolare Repubblica di San Marino, Francia e Austria.
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MODULA
il Resto del Carlino 25/02/2020
Nella foto: Franco Stefani
Un modello che non c’era
“Così do un cervello a scaffali e magazzini” Il sistema automatizzato Modula per la logistica e la gestione delle scorte:“Interconnesso a sistemi informatici delle aziende” di Gianpaolo Annese Stoccare merce in modo automatico ottimizzando elettronicamente la gestione delle scorte, risparmiare fino al 90 per cento di spazio a terra, facilitare il compito degli operatori non più costretti a piegarsi o correre da una parte all’altra per sistemare colli e ricambi tra gli scaffali. Questo è quello che fanno ogni giorno i magazzini verticali a cassetti Modula, prodotti nell’omonima azienda di Salvaterra, fondata nel 1987 dall’ingegnere Franco Stefani.
Un’interconnessione costante quindi?
Ingegner Stefani, qual è il valore aggiunto delle aziende che hanno Modula?
“Generalmente esisteva un magazzino centrale con gli operatori concentrati in loco. I Modula possono essere distribuiti invece nei diversi punti dell’azienda, guidare linee produttive, magazzini o fungere da buffer ed è possibile avere sotto controllo ogni prelievo o deposito in ogni diverso nodo, favorendo il just in time e razionalizzando al massimo quindi le scorte. Con
“Il grande vantaggio – risponde – è disporre di un software dedicato che si integra nel cervellone informativo aziendale (sistema gestionale ERP) e aiuta l’impresa a gestire i prelievi e i riordini, tenendo sotto controllo tutte le scorte in magazzino”.
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“Sì, un sistema integrato nell’azienda: in particolare noi abbiamo un processo WMS (Warehouse Management System) che consente di connetterci a qualsiasi sistema informativo e operativo. In questo modo possiamo interfacciarci con i sistemi informatici dei nostri clienti”.
Come funzionava la gestione del magazzino nelle aziende prima che arrivasse Modula?
Modula la posizione dell’uomo è centrale. Il suo ruolo s’innalza da manutentore a supervisore dei processi”.
Come le è venuta l’idea di realizzare Modula? “Conoscendo le tecnologie elettroniche ho intuito che uno strumento del genere potesse servire alle aziende prima ancora che le imprese stesse potessero rendersene conto”.
LA SCHEDA
Chi sono i vostri principali clienti? “Si spazia dalle grandi società di produzione aeronautica alle imprese che realizzano metropolitane e treni, passando per l’industria dell’auto, elettronica, chimica, plastica, meccanica e tessile, oltre che naturalmente, sebbene in minima parte, la ceramica. Le prime firme mondiali in questi ambiti sono nostri clienti. In tre ospedali in Cina vengono utilizzati per esempio gli impianti di Modula. Abbiamo oltre 15mila referenze in almeno 200 diverse merceologie che fanno riferimento a Modula”.
Allargando il discorso alla situazione industriale, l’Italia è in una congiuntura economica particolarmente preoccupante. Come uscirne? “Il problema è che continuiamo a perdere tempo. Sul piano politico non si decide davvero nulla. Se io avessi un’impresa amministrata come viene gestito lo Stato italiano sarei fallito dieci anni fa. E purtroppo non intravedo cambiamenti importanti e sostanziali”.
1987 Anno di nascita di Modula,
azienda italiana che produce magazzini automatici verticali grazie all’idea del suo presidente e fondatore, Franco Stefani
15.000 I clienti nel mondo 4.000 La capacità produttiva di
macchine ogni anno
3 I poli produttivi: in Italia (a Salva-
terra di Casalgrande, Reggio Emilia), Stati Uniti (a Lewiston, Maine) e Cina (a Suzhou). In ottobre prevista la inaugurazione di una fabbrica in Ohio
9 Le filiali in Europa, America, Asia e Africa
100 I dealer autorizzati 700 I dipendenti tra Stati
Ci sono responsabilità anche delle industrie?
Cina e Italia
“L’industria si sta arrangiando, ci stiamo facendo in quattro per mantenere le nostre aziende aperte ai mercati, ma con una difficoltà enorme. Personalmente per esempio quello che ho fatto l’ho realizzato senza aiuto dello Stato. C’è solo un provvedimento pubblico che ci tengo venga ricordato...”.
duti
Quale?
Uniti,
2.650 I magazzini automatici ven163 milioni Il fatturato di gruppo nel 2019, in crescita del 18,2% rispetto al 2018
25%
La crescita aggregata di Modula negli ultimi cinque anni
“Industria 4.0 dell’ex ministro Calenda, la defiscalizzazione degli investimenti in tecnologia innovativa. È stato il più bel segnale di fiducia che il Sistema Italia ci ha lanciato. Anche noi ne abbiamo usufruito”.
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CASONI
il Resto del Carlino 03/03/2020
Nella foto: Piergiorgio Pola
“Alla Casoni distilliamo storia e futuro” Modena, l’azienda è tornata alla famiglia che la fondò nel 1814: oltre allo storico Anicione, nuovi liquori legati ai gusti del territorio di Viviana Bruschi Dopo alcuni passaggi di proprietà, dal gruppo Averna alla Campari, ‘Casoni Fabbricazioni Liquori’ è tornata nel 2016 tutta finalese. Tre soci, Piergiorgio Pola, Paolo Molinari e Alessandro Fabbri, hanno comprato da Campari l’azienda, che produce oltre 18 milioni di bottiglie l’anno, esportate in tutto il mondo.
Sono passati oltre due secoli da quando l’azienda è stata fondata, nel 1814 come distilleria, ad oggi. Cosa significa per voi averla riportata a Finale? “Io e il mio socio Paolo Molinari - risponde Piergiorgio Pola - siamo nati e cresciuti a
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Finale Emilia. Casoni, quindi, la conosciamo da sempre. Io per la storicità e l’importanza dell’azienda nel territorio, Paolo perché parte della famiglia Casoni. È stato un onore aver riportato un pezzo di storia di Finale di nuovo a casa”.
Il prodotto cult dell’azienda? “Sicuramente il nostro Anicione: nasciamo nel 1814 come distillatori di anice e ancora oggi la ricetta di questo prodotto è la stessa di 200 anni fa”.
I liquori, attuali e futuri? “Nel 2017 abbiamo lanciato una linea di pro-
dotti Premium legati alla tradizione dell’azienda e del territorio: Amaro del Ciclista, Gin Tabar e Vermouth Tomaso Agnini. L’Amaro del Ciclista nasce da una storia del bisnonno di Paolo, che faceva 100 km per andare a trovare la sua amata in bici. Il Tabar è un premium Gin che presenta una nota d’anice. I Vermouth presentano due aromatizzazioni legate alla tradizione del territorio modenese: uno al mallo di noce e uno all’aceto balsamico di Modena Igp”.
Quali vanno per la maggiore in Italia e all’estero? “Nel mercato italiano, la linea premium va alla grande, in particolar modo l’Amaro del Ciclista, medaglia d’oro all’International Wine and Spirit Competition 2019. Per l’export c’è una grande richiesta di liquori della tradizione italiana, ma non solo: negli Usa, per esempio, stiamo ottenendo ottimi risultati con l’Amaro del Ciclista, con l’Aperitivo 1814 e con Alamea, una linea di liquori esotici sviluppata con uno dei più importanti ‘bartender’ di fama internazionale, Daniele Dalla Pola”.
Il mangiar sano, con l’occhio alla bilancia e alla salute influisce sul consumo dei liquori? “Si beve meno, ma si beve meglio. In cucina i liquori più utilizzati sono i liquori per dolci, basti pensare alla tipica zuppa inglese. Ma vi è pure una ricerca di tipicità per altri tipi di ricette, il nostro Vermouth all’Aceto Balsamico di Modena Igp, ad esempio, viene utilizzato come ingrediente in molte riduzioni”.
Il settore è competitivo? “È un settore difficile e abbastanza saturo, ma 200 anni di storia ci consentono di avere un ‘expertise’ che si fa strada tra i colossi internazionali”.
LA SCHEDA 34
milioni Oltre di fatturato ( L’azienda ha
+0,5%) 74 dipendenti
2
stabilimenti, a Finale e nella repubblica slovacca
È il 1814 quando i fratelli Giovanni e Pietro Casoni di Finale Emilia aprono una piccola fabbrica di liquori. Da quattro anni è tornata in mano alla famiglia: Paolo Molinari è nipote del Cavaliere del Lavoro Mario Casoni. L’azienda occupa 74 dipendenti e nel 2019 ha fatturato 34,2 milioni, +0,5% sul 2018. Nella sede di Finale di oltre 15mila mq si trovano il laboratorio (l’1% del fatturato è investito in ricerca e sviluppo), e la sede produttiva: qui si imbottigliano fino a 60mila bottiglie al giorno distribuite in particolare in America, Germania, Regno Unito, Belgio, Francia, Spagna (la quota export è pari al 48%). Nella Repubblica Slovacca un secondo stabilimento da 4 milioni di bottiglie all’anno, per il mercato dell’est Europa.
Le strategie future? “Continueremo ad investire sulla ricerca e sviluppo per proporre prodotti ricercati”.
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GFC CHIMICA
il Resto del Carlino 10/03/2020
Nella foto: Dario Cervellati
“Con la ricerca creiamo le vernici del futuro” Ferrara, l’attività della GFC Chimica punta su un laboratorio che lavora anche per altre realtà. È un piccolo centro di eccellenza. di Alberto Lazzarini È il classico esempio di come la ricerca sia fondamentale per garantire lo sviluppo. Insomma: senza la ricerca la produzione non decolla. Stiamo parlando della GFC Chimica, un’interessante quanto innovativa realtà industriale nata a cavallo del nuovo millennio alla periferia nord di Ferrara, in forte crescita negli ultimissimi anni. Si occupa di vernici. Titolare e amministratore delegato è Dario Cervellati, 44 anni, una laurea in storia contemporanea, poi l’ingresso in azienda con il
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padre Gianfranco, il fondatore.
Cervellati, ricordando i suoi studi, potremmo dire che GFC ha saputo adattarsi alla storia ma anche al mercato. “Dopo il boom edilizio e del ‘decorativo’ degli anni ‘80 si è andati verso una grande specializzazione. Da qui è nato e si è sviluppato il nostro laboratorio dove i nostri tecnici (laureati e periti chimici) effettuano svariate ricerche per tante aziende. GFC Chimica nasce
proprio per diventare il laboratorio di tutte le aziende che non possono averne di propri e un centro di eccellenza capace di collaborare con le più grandi realtà del settore per sviluppare tecnologie di avanguardia”.
Tutto questo ha fortemente sostenuto anche la produzione. “Certo, il fatto che riusciamo a dare risposte concrete alla clientela ci rende autorevoli sul mercato e ‘facilitati’ quando proponiamo prodotti realizzati direttamente da noi”.
Com’è articolata l’azienda? “È strutturata in tre reparti: un laboratorio di certificazione di prodotto che riceve i campioni dei clienti ed esegue i test basati su norme internazionali per comprovarne la qualità; un laboratorio di ricerca e sviluppo che sviluppa e migliora i prodotti dei clienti, elabora nuove tecnologie, partecipa a progetti europei; un reparto di produzione che si nutre delle formule fornite dal laboratorio per fornire prodotti ad alto valore aggiunto”.
Contate su varie collaborazioni specializzate? “Certo, ad esempio con le Università a cominciare da quella di Ferrara”.
C’è poi il bellissimo capitolo della decorazione… “Sì, è il brand dei decorativi, Ferrara Design, di proprietà GFC. Sta crescendo anche sui mercati internazionali (la quota export si aggira sul 20%) e oggi è presente in diversi paesi come Romania, Russia, Cina, Algeria; molti altri sono i contatti. Produce decorativi con effetti particolari grazie a stucco speciale, effetto marmo, colore che cambia”.
La formazione dei vostri dipendenti ha delle particolarità. “Avviene tutto all’interno. Sì, li formiamo noi”.
LA SCHEDA Fatturato in aumento milioni a quota
2,7
Questa impresa occupa dipendenti.
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Consistenti gli investimenti
GFC Chimica ha iniziato l’attività a Ferrara nel 1998 specializzandosi in pitture e vernici per l’edilizia. Gianfranco Cervellati, tecnico di colorificio e direttore tecnico e commerciale di una ditta di distribuzione di materie prime per colorifici, vede crescere molte aziende del settore ma realizza che parecchie di loro non sviluppano alcun comparto tecnico e di ricerca. Quindi fonda la GFC Chimica. Le due linee di prodotti che oggi generano il maggior fatturato sono le paste concentrate di pigmento e i decorativi ad effetto speciale. L’azienda occupa 16 dipendenti. Nel 2019 ha fatturato 2,7 milioni di euro, con un incremento del 17,1% sul 2018. Consistenti gli investimenti (il 15% del fatturato) in ricerca e sviluppo.
Il futuro è… “Il nostro team studia il modo per rendere attive e funzionalizzate le pitture e stiamo immaginando come migliorare il risparmio energetico”.
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DZ TRASMISSIONI
il Resto del Carlino 17/03/2020
Nella foto: Claudio Pullega
“Le nostre trasmissioni sui treni tedeschi” Bologna, la Dz produce parti meccaniche che permettono di cambiare la direzione del moto: “Capacità costante di innovare” di Lorenzo Pedrini Fabbricare componenti tecnici dal nome difficile, che trovano la loro ragione d’essere in un ventaglio vastissimo di applicazioni industriali. Parliamo dei gruppi a squadro, gioiellini tecnologici che rendono possibile il moto angolare e che, dal 1986, sono al centro del lavoro della Dz Trasmissioni di Zola Predosa, guidata da Claudio Pullega.
Quarant’anni e non sentirli, ma, in realtà, la vostra storia parte da ancora più lontano.
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“Le radici dell’azienda, che prende il nome dal fondatore, Didimo Zanetti, risalgono addirittura al 1946. Poi, nel 1979, ho iniziato a collaborare con Didimo e suo figlio Andrea, occupandomi di progettazione, per poi subentrare assieme a lui, sette anni più tardi, al volante della macchina”.
Convincersi a fare questo passo, però, non è stato semplice. “Desideravo, dopo anni da dipendente, fare qualcosa per mio conto e pensavo di rileva-
re un’azienda che fabbricava campanelli per motociclette. Su consiglio di mia moglie, poi, mi sono lasciato convincere da Andrea, nonostante mi sembrasse poco interessante occuparmi di conto lavoro, tralasciando il lato progettuale”.
LA SCHEDA
E invece? “Invece si è rivelata la scelta giusta, e il mondo dei rinvii angolari è subito diventato il mio, finché, nel 1996, ho acquistato anche l’altro 50% delle quote, rendendo autonoma la Dz e innescando un processo che, anche grazie ai mercati esteri, ha visto lievitare il fatturato, pur continuando a contare sulle forniture dei nostri terzisti ‘a chilometro zero’”.
Tutto questo con i gruppi a squadro. Ma, nello specifico, di che cosa si tratta? “Sono rinvii angolari, ossia parti meccaniche che rimandano il moto generato da una macchina in direzioni diverse da quella di partenza, associati, ad esempio, a martinetti per operazioni di sollevamento o, più semplicemente, al meccanismo di funzionamento delle tende di casa”.
Se dovesse citare qualche progetto particolare, quali ricorderebbe? “Penserei a come ciò che realizziamo permette di alzare o abbassare i palcoscenici dei teatri, di far spuntare i gradini retrattili dalle porte dei treni tedeschi, oppure alle particolari applicazioni dei prodotti Dz alla tecnologia satellitare”.
La prima ragione di questi successi, con soli tredici dipendenti, dove sta? “Sta certamente in un parco di fornitori di prossimità che sono con noi da sempre, assicurando risparmio, disponibilità totale e un rapporto basato sulla fiducia, ma anche nella nostra capacità costante di innovare e in scelte imprenditoriali oculate, che hanno selezionato con intelligenza i fronti sui quali competere”.
Un terzo
dei prodotti vanno all’estero Principalmente nella UE: Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna Anno di fondazione: (per la Dz Trasmissioni, nata da un ramo della Didimo Zanetti, fabbrica risalente al 1946)
1986
Numero dipendenti:
12
Prodotti: Rinvii angolari, martinetti, attuatori Principali mercati esteri: Paesi della UE (Francia, Germania, Spagna, Olanda e Gran Bretagna) Quota export: nel 2018 e 2019: nel 2017:
32% 28%
Fatturato globale 2019: milioni di euro Investimenti in ricerca e sviluppo (% sul fatturato): nel 2019 e 2018, nel 2017,
5,6
1%
2%
21
OFFICINE BARBIERI
il Resto del Carlino 21/04/2020
Nella foto: Dante, Nicola e Annalisa Barbieri
“Investendo siamo un’azienda d’acciaio” Dalla copertura dello stadio della Juventus a componenti del Mose di Venezia: l’attività delle ferraresi Officine Barbieri di Alberto Lazzarini Da quarant’anni sono duri come l’acciaio, anzi lo lavorano, lo modellano. Con successo. Sono le Officine Barbieri, realtà produttiva ubicata nell’Emilia profonda, in una località del Comune di Bondeno, nel Ferrarese, per la precisione a Scortichino. Qui il titolare, Nicola Barbieri, 85 anni, fa il punto della situazione, al netto del Coronavirus di questi tempi imperanti.
Barbieri, quali sono i vostri prodotti di punta? “Potrei definirle delle strutture meccaniche medio-pesanti per conto terzi. Ma in realtà
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realizziamo un prodotto finito, in genere non una semplice componente. Trasformiamo in prodotto il disegno che il cliente ci dà; insomma, dal taglio al pezzo finito”.
Qualche esempio… “La copertura dello Juventus Stadium a Torino, importanti componenti del Mose di Venezia, macchine per il riciclaggio, così importanti oggi, componenti per autogru, pezzi per il sistema ferroviario”.
Le Officine sono un’azienda a carattere familiare.
“Esattamente. Mia moglie Maria è co-titolare, ha lavorato qui fino a dieci anni fa. Con me operano i nostri figli Roberta (in amministrazione) e Dante (in produzione), la nipote Annalisa (attivissima, è anche componente del Consiglio dei giovani di Confindustria, ndr) e presto entrerà anche l’altro nipote Federico”.
La sua è una storia che viene da lontano… “Ho studiato alle ‘Taddia’ di Cento; con me c’era anche il futuro vescovo ausiliario di Bologna Ernesto Vecchi. La mia prima occupazione è stata in Montedison a Ferrara come tornitore, poi per molti anni ho fatto l’idraulico sui Lidi ferraresi. Nel 1981 ho creato l’azienda”.
LA SCHEDA Nel 2019 fatturato a quota milioni
13,7
I dipendenti sono
126
Si punta a consolidare la produzione per l’estero
Che è subito cresciuta. “Appena 5 anni più tardi abbiamo acquisito la Ossind che si occupa di taglio delle lamiere”.
Possiamo dire che uno dei motivi del vostro successo è l’innovazione? “Certamente. Nei nostri stabilimenti si trovano macchine all’avanguardia, robot “intelligenti” e, soprattutto, manodopera specializzata, quella che manca in molte realtà produttive e che spesso tarpa le ali all’espansione del business. Del resto, negli stabilimenti del nostro Gruppo, situati a Scortichino e Zerbinate, la visione nel lungo periodo e l’investimento in alta tecnologia sono stati e sono alla base dei risultati compiuti negli anni”.
Virus a parte, come giudica il mercato? “L’epidemia va a inserirsi in una situazione di per sé già complicata col mercato stanco. Le commesse pubbliche italiane sono pressoché ferme e, sul fronte estero, la Germania evidenzia grandi difficoltà: soffre anche a seguito delle misure protezionistiche assunte dagli Usa per quanto riguarda il settore automotive”.
Officine Barbieri Spa è un’azienda con 126 dipendenti, leader nella produzione di strutture meccaniche medio - pesanti per conto terzi. Vanta un parco macchine di circa 40 tra macchine utensili e robot di saldatura e oltre 100 saldatrici. Le costruzioni realizzate sono destinate a vari settori: macchine da movimentazione, sollevamento, edilizia, demolizione, riciclaggio. Il fatturato del 2019 è stato di 13,7 milioni di euro, in linea con il 2018, anno che mostrò una crescita del 13,3%. Tra gli obiettivi vi sono: il consolidamento della produzione per i mercati esteri e l’individuazione di un proprio prodotto, da affiancare alla produzione per conto terzi, nel quale esprimere il proprio estro creativo.
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TNS
il Resto del Carlino 28/04/2020
Nella foto: Giovanni Misté
“Avanti a mille, in volo con il wireless” Bologna, parla l’ad della ‘costola’ italiana di Tns, azienda specializzata nelle tecnologie applicate ai pagamenti: dai modem al Pos di Lorenzo Pedrini Parlare di servizi nel mondo del credito, da diversi decenni, significa anche parlare di tecnologie di comunicazione e, in particolare, di quelle applicate ai pagamenti. Di questo, dai primi anni ‘90, si occupa Giovanni Misté, ora amministratore della costola italiana di Transaction Network Services, dopo un percorso avviato con la fu Openet, assieme al padre Domenico, quando modem e Pos erano oggetti misteriosi.
Che cosa vuol dire fare business in un settore nato e cresciuto con voi? “Significa saper cavalcare il vento del cam-
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biamento e dell’evoluzione tecnica, sfruttando, nel nostro caso, le opportunità prima impensabili che si celavano dietro a un passaggio nevralgico degli affari come quello del pagamento”.
Intermediazione, dunque, che renda più semplici ed economiche operazioni delle quali non si può fare a meno. “Esatto, considerando che quando abbiamo cominciato l’informatizzazione dei pagamenti era agli albori e mio padre, che lavorava in Olivetti, fu tra i primi ad applicarsi a questo comparto”.
Con tutte le incognite del caso... “Con tutto il know-how ancora da costruire, aggiungo, visto che a metà anni ‘90 i Pos, che sono di fatto piccoli modem, effettuavano pesanti chiamate interurbane sulla linea telefonica di allora, triangolandole fra banche, clienti e venditori con costi elevati in termini di tempo e denaro”.
Voi, per rimediare al problema, avete investito sul rinnovo dell’infrastruttura. “L’idea vincente fu posizionare dei nodi di copertura provinciali nella rete sconfinata che si stava formando, facendo in modo che gli esercenti potessero pagare solo la chiamata urbana e addossando invece agli istituti di credito i costi del ‘trasporto’ dei dati tra province”.
Un prodotto intelligente, ma pur sempre un solo prodotto. “Dal 1996 al 2002 questa trovata è stata sufficiente a scavare la nostra nicchia di mercato, finché la multinazionale Tns si è rivolta a noi, con il suo portato di nuove tecnologie e i suoi capitali, per fare il passo successivo. Finendo per rilevare il 100% delle nostre quote, così, Tns ha spalancato per noi un futuro legato al wireless e alla penetrazione nei mercati esteri, con la moltiplicazione di prodotti e clienti che è venuta di conseguenza”.
E Bologna, in questo modo, è diventata il centro di un network ben più ampio di prima. “Ora gestiamo tutti i tipi di comunicazione e di tecnologia Ip, tra Sim intelligenti che lavorano in roaming per selezionare gli operatori più performanti e la scomparsa graduale di cavi e collegamenti fisici, mettendo sicurezza ed efficienza al primo posto e affacciandoci in Germania, Austria, Svizzera e nell’Europa Orientale”.
LA SCHEDA
1996
Anno di fondazione: Openet Srl, poi fusa per incorporazione nel 2003 in Transaction Network Services Srl
14
Numero dipendenti. Prevista assunzione di persone nel corso del 2020.
2
Mercati esteri In primis Grecia, Croazia, Ungheria, gestite dall’Italia. Germania, Austria e Svizzera tramite la consociata Transaction Network Services GMBH.
2%
Quota export
18,3 milioni di euro Il fatturato globale 2019, + rispetto al 2018
2,3%
Società consociate Transaction Network Service Inc. (USA), Transaction Network Service Ltd (Irlanda), Transaction Network Service GMBH (Germania).
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BIO 5
il Resto del Carlino 05/05/2020
Nella foto: Angelo Mancini e i figli
“Emergenza coronavirus? Siamo nati pronti” Bologna, dal 1986 la Bio 5 pioniera nel garantire alle aziende sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. “La crisi ci ha trovato preparati” di Lorenzo Pedrini
Una delle sfide più pressanti con cui la nostra comunità dovrà confrontarsi, in particolare in questa nuova fase di convivenza con il Coronavirus, è quella legata alle garanzie di sicurezza negli ambienti di lavoro. Un’eccellenza in questo campo Bologna già la possedeva: i Laboratori Bio 5, fondati nel 1986 dall’attuale presidente del gruppo, Angelo Mancini.
Il tema ora è particolarmente caldo, ma per voi, a conti fatti, si parla del pane
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quotidiano. “Abbiamo 35 anni di esperienza e la nostra storia comincia quando io, sulla scorta delle mie specializzazioni di Medicina del Lavoro e Igiene, aprii il primo Laboratorio di analisi, a metà anni ‘80. Inutile dire che l’emergenza ci ha trovato preparati”.
Dopo gli inizi quasi pioneristici, il gruppo era cresciuto. “Già nel 1991 era nata una nuova realtà laboratoriale a marchio Bio 5, dedicata specifica-
mente, oltre alle analisi, a servizi di welfare e sicurezza pensati per ampliare il concetto stesso di Medicina del lavoro, con una rinnovata attenzione alla prevenzione. Poi, pochi anni fa, abbiamo riunito tutte le attività laboratoriali, formative e di ufficio sotto un solo tetto, nella nuova palazzina da mille metri quadri di Castelmaggiore”.
LA SCHEDA
Qual è il servizio offerto alle aziende? “La parola d’ordine, per noi, è l’integrazione di un’enorme varietà di competenze trasversali in materia di qualità delle lavorazioni, sicurezza, ambiente e salute, per affiancare chi si rivolge a Bio 5 in un viaggio in cui la cultura della prevenzione diventi un vantaggio di impresa”.
Il tutto restando ancorati a un territorio che vi ha dato tanto. “Certo, con i miei tre figli che hanno subito saputo destreggiarsi in un parco clienti ben fidelizzato e radicato nel tessuto industriale della Packaging Valley, e con l’apporto di oltre 50 professionisti di alto livello, tra medici, ingegneri, chimici, biologi, infermieri e periti, quasi tutti bolognesi come noi”.
Innovare sempre, oggi l’attualità lo impone. “Ovviamente la crescita tecnologica è sempre stata una necessità e un punto fermo, ma con l’arrivo dell’ondata Covid tutto si è, se possibile, accelerato. Da qui il rafforzamento delle nostre attività di consulenza e partnership, gestite sempre più da remoto, e l’adozione tempestiva, per noi e per i nostri clienti, di tutti quei dispositivi di sicurezza e distanziamento che le attuali normative impongono”.
La società Bio 5 conta
20 dipendenti e 30 collaboratori 1986
Anno di fondazione: nasce il Bio 5 Laboratorio Analisi Srl, e nel 1991 il Laboratorio Analisi Bio 5 Servizi Srl
20
Numero dipendenti complessivi delle due società. comprendendo i collaboratori.
50
2,1
milioni di euro Il fatturato globale 2019, in crescita del sul 2018
14,3%
20%
del fatturato Gli investimenti in ricerca e sviluppo
1.000
metri quadri Lo stabilimento principale: una palazzina di uffici, ambulatori e laboratori di nuova realizzazione
E il futuro? “Serve la formazione di una nuova cultura della sicurezza sul lavoro, in fretta e per il bene di tutti, da costruire su un know-how che noi già da tempo possediamo e promuoviamo”.
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ZADI
il Resto del Carlino 12/05/2020
Nella foto: il team di Zadi Group. Al centro, con la cartellina in mano, Renato Bruno
“Elettronica nell’auto, ma fatta su misura” La ’Zadi’ di Carpi, nel Modenese: “Dalle serrature agli immobiliser ai fanali, ai tappi: idee d’avanguardia e solidità nella realizzazione” di Maria Silvia Cabri Un settore molto ampio quello servito dalla Zadi di Carpi (Modena), azienda che progetta e produce componentistica elettromeccanica per il settore automotive, agricolo ed industriale: sviluppa progetti in co-design per i più prestigiosi costruttori mondiali di motocicli, veicoli ricreazionali, minivetture e trattori. Inoltre, vanta una vasta gamma di componenti, che comprende: kit di serrature meccaniche, elettromeccaniche ed elettroniche con immobiliser, strumenti e cruscotti analogici e digitali, fanali e luci, interruttori e odometri. Come spiega Renato Bruno, Ceo dal 2014.
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‘Produrre tecnologia competitiva’. È la vostra mission? “Sicuramente è il nostro proposito, portato avanti a 360 gradi. Cerchiamo innovazione, ma senza scordare la praticità delle tecnologie tradizionali; il miglior equilibrio tra proposte stilistiche estreme e la loro realizzazione in modo efficiente e solido”.
Tra le vostre parole chiave vi sono know how, innovazione, competenza, affidabilità, efficienza. Come le declinate? “Competenza: i nostri prodotti sono il risultato di una fusione tra competenze nel design
meccanico, ottico ed elettronico, ingegneria dei processi, insieme alla conoscenza pluriennale del mercato. Affidabilità: in conformità ai più elevati principi di controllo di qualità e attraverso i nostri controlli di processo vogliamo fornire prodotti in grado di garantire ai nostri clienti la realizzazione dei requisiti stabiliti. Efficienza: la sfida è creare valore aggiunto, questo è possibile grazie alla reale conoscenza della tecnologia dentro Zadi group”.
Una tecnologia ‘verticale’… “Uno dei nostri elementi distintivi. Al nostro interno abbiamo tutta la filiera: la fonderia, per lavorare il materiale ‘grezzo’, metalli o plastiche, stampati, ma anche l’elettronica. Ci consente di apportare migliorie e innovazioni pratiche e tecnologiche, ed essere molto competitivi”.
Quanto è importante la voce ‘Ricerca e sviluppo’? “Fondamentale. Possiamo contare su di un laboratorio di ricerca, sviluppo e testing per rispondere alle specifiche richieste e avere il controllo sistematico dei processi, grazie alla collaborazione di Cevlab, azienda parte di Zadi Group, che garantisce le soluzioni più innovative, affidabili e convenienti per il cliente”.
Brevetti all’attivo? “Oltre un centinaio. Molti per la fanaleria ma anche per la centralina elettronica, specie delle moto. Dal tappo elettrico agli avanzati sistemi ‘keyless-hands free’ e la fanaleria ‘full led’”.
LA SCHEDA Una storia lunga quasi 60 anni Fatturato nel 2019 in crescita
1,8%
dell’
I dipendenti sono
200
La Zadi Spa nasce nel 1962, quando Antonio Zavatti ed Enrico Diacci, dipendenti della Magneti Marelli, lasciano l’azienda e intraprendono la progettazione e la produzione di stampi per il loro ex datore di lavoro. Il nome Zadi è la fusione dell’inizio dei loro cognomi. L’azienda inizia la produzione di serrature e nel 1968 diventa fornitrice di Piaggio, un trampolino di lancio che, nel giro di pochi anni, la porterà ad essere leader nazionale per le serrature per motocicli. Oggi Zadi fa parte di un gruppo che ha un fatturato superiore a 160 milioni, con oltre 600 dipendenti, e sedi in Italia, Germania e Cina. La singola Zadi impiega 200 persone; nel 2019 il fatturato è di 28 milioni, (+1,8%). L’export è verso Europa, Nord America, Cina, India, Tailandia.
Che quota riveste l’export? “Oltre il 65%. Il momento attuale è difficile ma il nostro sguardo è di medio-lungo periodo. Spinta per ulteriori innovazioni”.
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BOMBONETTE
il Resto del Carlino 20/05/2020
Nella foto: Daniele Setti
“Il portadolci d’Italia è made in Modena” Camposanto, dal 1993 la “Bombonette” fornisce le scatole di cartone, eleganti e colorate per pasticcini e gelati. “Clienti anche negli Usa” di Viviana Bruschi Dolci, paste, pasticcini, torte gelato in scatole di cartone, eleganti e colorate. Al tempo del Covid 19 il ‘portadolci’ ‘Bombonette’, azienda della Bassa modenese, è uno degli ‘oggetti’ da asporto più amati nelle case degli italiani. Un packaging ricercato anche in Europa e negli Usa. «Abbiamo contribuito a rendere meno duro questo drammatico periodo», dichiara l’ad e direttore commerciale di Bombonette Daniele Setti, che dal 2008 affianca il padre Fiano in azienda. È lui, infatti, il cavalier Fiano Setti a fondare, nel ’93, Bombonette.
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Dottor Daniele Setti, avete lavorato durante l’emergenza? “Non ci siamo mai fermati, la consegna a domicilio ha fatto sì che le aziende alimentari e i piccoli artigiani continuassero a fare ordini, noi li abbiamo evasi. La nostra azienda opera principalmente sul mercato nazionale (90% del fatturato), con una novantina di agenti sparsi in tutte le province. Da qualche anno stiamo investendo in numerosi mercati esteri: negli Usa (30% del fatturato estero), sul mercato Europeo, con crescita in Germania, Svizzera, Spagna, Croazia e nuovi investimenti in
Nord America”.
Il settore è competitivo? “Nel nostro Paese è composto da tante piccole aziende che offrono prodotti standard e da poche altre con prodotti più qualificati. I mercati esteri invece sono più strutturati, Francia e Spagna quelli più forti”.
Chi sono i vostri clienti e quali sono le loro esigenze? “Sono pasticcerie, gelaterie, enoteche, rosticcerie, alcune importanti aziende del mondo dolciario e gran parte del comparto alimentare. Chiedono prodotti sempre più personalizzati e innovativi; un servizio sempre più veloce e affidabile. I clienti di fascia alta chiedono un fornitore che sia anche un consulente, in grado di aiutarli a soddisfare le loro nuove esigenze e ad affrontare nuovi mercati con prodotti sempre più innovativi”.
Qual è la differenza tra i vostri due brand: ‘Bombonette’ e ‘Mrs Bombon’? “Il primo, col quale siamo nati, caratterizza tutti i nostri prodotti realizzati in cartone ondulato di altissima qualità e di cui siamo leader in Italia; Mrs Bombon, nato una decina di anni fa, rappresenta, invece, i prodotti realizzati in cartoncino teso per soddisfare le esigenze dei clienti che chiedono ‘porta torte’ e ‘porta paste’ realizzati con questa tipologia di materiale, il più utilizzato per pasticcerie e gelaterie”.
Il futuro di Bombonette? “Conquistare nuovi mercati e fortificare la nostra presenza su quelli esistenti. A tal fine stiamo realizzando una nuova divisione con relativa unità produttiva, specializzata nella progettazione e produzione di ‘display’ e accessori vari rivolti alla nostra clientela ma anche industrie dolciarie e alimentari italiane ed estere”.
LA SCHEDA Il fatturato supera i
12 milioni all’anno
Cresciuto anche di quasi il
30% l’export
I dipendenti fissi sono
51
L’intuizione del cavalier Fiano Setti si è trasformata in una delle realtà italiane del packaging più amate e diffuse, artefice di un prodotto unico e rivoluzionario. Bombonette ha 51 dipendenti, con punte di 90 nei periodi di maggiore produzione, un fatturato che nel 2019 ha toccato i 12,5 milioni, con una crescita del 6,2% rispetto al 2018 anche nell’export. Settore, quest’ultimo (a quota 6.8%), che nel 2019 ha fatturato 870 mila euro, con un incremento del 29% rispetto all’anno precedente. Il 2% del giro d’affari annuo è destinato a ricerca e sviluppo, e nel triennio 2017- 2020 oltre 3 milioni di euro sono investiti in attrezzature legate a Industria 4.0.
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IMPRIMA
il Resto del Carlino 26/05/2020
Nella foto: Pantaleo Ingrosso e i figli Federico e Michelangelo
“Il segreto è badare molto all’etichetta” Ferrara, l’Imprima produce i ‘label’ adesivi per grandi industrie, dalla Ferrero alla Lavazza. “Prodotti personalizzati, anticipiamo le esigenze” di Alberto Lazzarini Non c’è casa italiana che non ne abbia una. È un indovinello? No, una semplice constatazione: tutti quanti entriamo quasi quotidianamente in contatto con un’etichetta della società Imprima, applicata su un prodotto alimentare o biomedicale, meccanico o informatico. Ecco due esempi di marchi, ma la lista sarebbe lunghissima: Ferrero Rocher e Lavazza. La Imprima è un’azienda con sede a Vigarano Mainarda, a pochi chilometri da Ferrara in direzione Modena, con uno stabilimento di 6mila metri quadrati. Può vantare una splendida storia di creatività, impegno, sacrificio e tanta passione, originata dal fondatore, Pantaleo Ingrosso, un imprenditore salentino che sposò una signora ferrarese e dette vita a quella che era una microazienda. Da qualche tempo è affiancato dai figli Federico e Michelangelo.
Quando tutto iniziò, signor Ingrosso?
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“Nell’ormai lontano 1979. Prima avevo maturato due importanti esperienze a Roma e Milano, anche con le Edizioni Paoline. Poi, appunto nel 1979, nell’abitazione dei miei suoceri a Porporana, nelle campagne ferraresi, iniziai l’attività, ma poco dopo ero già qui a Vigarano Mainarda”.
Ci parli del prodotto che realizzate. “La nostra azienda è specializzata in etichette durevoli. Posso aggiungere che non abbiamo prodotti standardizzati, cioè tutto è personalizzato. È quindi evidente che il cliente debba essere costantemente, e giustamente, seguito”.
La sua è una realtà consolidata… “Quarantaquattro dipendenti, oltre otto milioni di fatturato, un importante portafoglio clienti”.
In questi casi si è sempre alla ricerca del perché del successo.
“Credo sia dovuto a due importanti fattori: cercare di anticipare le richieste della clientela più esigente, investendo con coraggio e lungimiranza in nuovi progetti; e proporsi - già lo accennavo - come un partner che lavora in costante sinergia con i propri clienti, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati”.
Come avete “tradotto” il valore “innovazione” nella concretezza aziendale? “L’azienda vanta una vasta area produttiva e un assortimento di macchine in grado di garantire un ampio ventaglio di possibilità di stampa, taglio e confezione: rotative tipografiche e flexografiche; semi-rotative offset e tipografiche; macchinari per la stampa a caldo, per la stampa combinata serigrafica-tipografica e digitale; dispositivi per l’applicazione di ologrammi e per la realizzazione di etichette e di cartellini anticontraffazione”.
Da cosa deriva, o da cosa è stimolata, la soddisfazione che palesemente prova per il suo lavoro? “La mia non è una soddisfazione venale. Nasce dalla capacità che abbiamo di migliorare sempre, frutto della volontà di mettere in campo tutti noi stessi per cercare di essere i migliori”.
Poi è arrivato il Coronavirus, in che modo ne avete risentito? “La nostra azienda è rimasta aperta durante il periodo di confinamento, in quanto legata alle filiere autorizzate. Sono aumentati i turni del personale, per far calare il numero di dipendenti presenti in uno stesso momento. Sono state applicate tutte le disposizioni: distanziamento, utilizzo di visiere, mascherine, guanti, gel igienizzanti. Però la crescita del fatturato collegato all’alimentare non ha compensato il calo di ordinativi da altri settori. Il fatturato, quindi, ha subìto una contrazione”.
So che ha un importante rapporto col territorio. “È vero. Di questa zona sono quasi tutti i dipendenti. E poi, sono felice di poter fare quel che posso per la comunità”.
LA SCHEDA Nata nel
1979
44 dipendenti Fatturato 8,2 milioni
Ha
In ricerca e sviluppo investito il
2% ogni anno
Tra i partner, la 3M Imprima, sede a Vigarano Mainarda, è specializzata in prodotti e servizi per l’etichettatura, l’identificazione e la tracciabilità del prodotto. Offre progettazione grafica e stampa di etichette e tags RFID. Vende inoltre stampanti e accessori per la stampa a trasferimento termico, progetta software e soluzioni personalizzate per periferiche di stampa, dà assistenza tecnica postvendita. Nel 1979, Pantaleo Ingrosso inizia l’attività producendo etichette adesive in un piccolo magazzino. Negli anni si sono strette importanti collaborazioni con multinazionali come 3M, di cui Imprima è Gold Converter per l’Italia, e Avery Dennison. Numerosi i settori serviti: alimentare, industriale, automotive, chimico, farmaceutico, estetico, tessile, informatico. L’azienda conta 44 dipendenti. Negli ultimi 2 anni il fatturato si è attestato sugli 8,2 milioni, con una quota export del 4%, in leggera crescita. Importante il settore dedicato all’innovazione e sviluppo in cui si investe circa il 2% del fatturato.
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TIPOGRAFIA ALTEDO
il Resto del Carlino 02/06/2020
Nella foto: Mattia Trentini
“Vi presento il futuro: la carta stampata” Bologna, la Tipografia Altedo investe nei settori di nicchia dei cataloghi e packaging di lusso: “Tecnologie di punta per clienti importanti” di Lorenzo Pedrini Un materiale antico e sempre più prezioso, che per trovare spazio nel mondo dominato dal digitale deve per forza sposare i concetti di innovazione e qualità. Parliamo della carta stampata, declinata secondo la visione di Tipografia Altedo, azienda di lungo corso che, grazie agli sforzi dell’amministratore delegato Mattia Trentini e del suo team, ha saputo fare tesoro del passato e puntare forte sul futuro.
Trentini, come è cambiato il vostro lavoro da quando lei è subentrato ai suoi
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genitori? “È cambiato molto, ma resta immutato il nostro spirito e i nostri valori: comunicare con la carta stampata. La sfida che ci ha portato a fare un salto, in termini sia di operatività sia di target, è stato applicare l’innovazione al nostro core business, e puntare a settori di nicchia realizzando prodotti di alto livello. Ci siamo concentrati sulla progettazione, produzione e confezionamento di prodotti di lusso come cataloghi, packaging e progetti speciali. Questo grazie a un team molto motivato e proattivo”.
Una rivoluzione culturale, insomma, frutto anche di una profonda evoluzione tecnica. “Esatto, perché se da un lato ci siamo dedicati alla creazione di un network di conoscenze all’avanguardia, tramite collaborazioni con università ed esperti, dall’altro abbiamo investito per acquisire strumenti tecnologici in linea con i tempi che corrono, come le macchine per il taglio laser. Insomma, tecniche all’avanguardia e una continua ricerca di materiali innovativi”.
La prova di questo scatto in avanti nei prodotti di qualità è il livello dei clienti. “Serviamo aziende importanti nei comparti automotive e arredamento, oltre a brand della moda e del lusso, tentando sempre di offrire un servizio ben più ampio della semplice produzione, che passa da una consulenza attenta e puntuale e dalla progettazione a quattro mani di soluzioni dedicate, tanto sul versante delle materie prime selezionate quanto su quello artistico”.
E vi siete guadagnati fior di certificazioni. “Abbiamo ricevuto diverse menzioni importanti, ma quella che ci rende più orgogliosi è certamente la certificazione ‘The Academy of Certified Printers’. Siamo una delle tre aziende in Italia che ha conseguito questo prestigioso risultato. Grazie all’attenzione dedicataci da un gruppo di punta del mercato internazionale come la francese Arjowiggins Creative Papers”.
Può citare qualcuno dei vostri progetti più innovativi? “Dei numerosi progetti realizzati, si segnalano ’The Blind Line’, opera realizzata interamente col taglio laser e arricchita dalla tecnologia TAG che rende interattiva la carta, e ’Sports Light’, un concept realizzato per Le Coq Sportif che utilizza la tecnica del video mapping abbinata a materiali cartotecnici, e che prova come carta e digitale possano diventare sinergici”.
LA SCHEDA 1980
Anno di fondazione
10
Numero dei dipendenti Fatturato globale 2019:
+13% rispetto al 2018; quello del 2018 è stato
+10% rispetto al 2017 Settori di riferimento: Moda, Design, Arte, Lusso, Automotive
8%
del fatturato Investimenti in ricerca e sviluppo Premi:
6 riconoscimenti
internazionali negli ultimi tre anni: Premio Gmund Award 2017, Germany; Premio Gmund Award 2017, Germany; Premio Gmund Award 2018, Germany; Ida Design Award Honorable mention 2019, Usa; Ida Design Award Honorable mention 2020, Usa; Academy of Certified Printers, France
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MAKEITALIA
il Resto del Carlino 09/06/2020
Nella foto: Roberto Ferrari, Marcello Carretta e Francesco Tonolo
“Serve strategia per gestire le forniture” L’attività e la crescita di Makeitalia di Castelfranco Emilia, società di consulenza specializzata nella supply chain di Silvia Saracino Si sono conosciuti quando lavoravano alla Ferrari e hanno deciso di condividere le proprie competenze per creare una società di consulenza specializzata in supply chain, le strategie di gestione e ottimizzazione della fornitura aziendale. Così alla fine del 2008 Marcello Carretta, Roberto Ferrari e Francesco Tonolo hanno fondato Makeitalia con sede principale a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena: nata come start-up, negli anni è diventata una società da 90 dipendenti e un fatturato che nel 2019 è arrivato a
36
8 milioni e 700mila euro.
Quali sono le esigenze delle aziende nella gestione della fornitura? “Il problema è la mancanza di approvvigionamento nel tempo e nei modi necessari: dalla piccola alla grande azienda l’esigenza è quella di uniformare la metodologia ai vari approcci e Paesi. Spesso capita che un pezzo arrivi in ritardo e gestire una fornitura di migliaia di pezzi al giorno è molto complesso. Bisogna lavorare a monte, l’obiettivo è quel-
lo di arrivare ad una fornitura ineccepibile nella qualità e nel tempo”.
Gestite forniture a livello internazionale: in questi mesi di emergenza i canali con la Cina si sono interrotti? “A gennaio e febbraio, quando c’è stato il primo lockdown in Cina, avevamo previsto problemi di approvvigionamento in Italia e in Europa e così è stato. Poi la pandemia è degenerata e paradossalmente, che si ricevesse o meno il materiale non era un problema perché le aziende erano ferme. La Cina resta una realtà imprescindibile, è una fabbrica mondiale che approvvigiona tutti i settori, chi più chi meno ma tutti sono coinvolti”.
In quali settori operate principalmente? “Nasciamo nel settore automotive in cui abbiamo i principali clienti, viviamo nella motor valley conosciuta in tutto il mondo e siamo anche nella regione dove i settori meccanica e macchine automatiche sono un’eccellenza mondiale. In questi 12 anni abbiamo coperto vari comparti, packaging, food and beverage, packaging biomedicale. Fin da subito la nostra attività si è ramificata in Italia e in Europa, abbiamo lavorato moltissimo con la Cina e tutt’ora ci lavoriamo”.
Quali sono i piani futuri? “Negli anni siamo cresciuti diventando una realtà unica a livello nazionale grazie ad un’alta specializzazione nella supply chain, non siamo ‘tuttologi’ della consulenza. In questo momento storico la cosa più importante è mantenere la forza lavorativa, sfruttarla per prepararsi e crescere. Investiamo molto in crescita delle nostre persone, questo momento ci consente di fare training interno. L’aiuto dello Stato è fondamentale ma mai come può esserlo l’aiuto che noi stessi diamo a noi stessi, sia come aziende che come cittadini”.
LA SCHEDA Affari in Italia e in tutto il mondo Il fatturato ha sfiorato i milioni di euro
9
I dipendenti sono
90
Nata nel 2008 dall’intraprendenza di tre imprenditori, la società di consulenza Makeitalia specializzata in supply chain è cresciuta in modo esponenziale arrivando a raggiungere un fatturato di 8 milioni e 700mila euro nel 2019. La società, la cui sede principale è a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, occupa 90 dipendenti e opera sia in Italia che all’estero gestendo forniture aziendali a livello internazionale. Tra i Paesi in cui è presente ci sono Germania, Svezia, Cina, Brasile, Regno Unito, Canada. La società fa parte del Gruppo Galileon, holding che ha acquisito il 100% di Makeitalia ed il 75% di Oltre solutions srl, azienda di Bologna che propone soluzioni software innovative.
37
F.T.P.
il Resto del Carlino 16/06/2020
Nella foto: Stefano Talami
“Cybersicurezza, addestrare i dipendenti” La Ftp di Formigine aiuta le aziende a parare gli attacchi informatici: “C’è chi condivide contenuti creativi su cloud: comodo, ma rischioso” di Gianpaolo Annese l’Italia o per il mondo, o implementare sistemi Una task force pronta ad aiutare le aziende a difendersi contro gli attacchi del cybercridi sicurezza con l’obiettivo di proteggere i dati mine, e nello stesso tempo a offrire soluzioni delle aziende”. per fluidificare il passaggio di informazioni Come si difende un’azienda dai cyber atall’interno delle organizzazioni. La formigitacchi? nese Ftp, 20 anni di vita, ormai è una socie“Una buona difesa deve essere infrastruttà leader nella consulenza informatica, per turale, ma riguardare anche i processi e la l’esperienza maturata al fianco delle più afformazione del personale. Noi, ad esempio, fermate realtà industriali della Motor Valley simuliamo attacchi hacker per saggiare la camodenese, ma attiva anche nei settori della pacità difensiva dell’azienda, per capire quanceramica, agricoltura, comunicazione. to è vulnerabile, per trovare i punti deboli: una Stefano Talami, chief executive officer di pratica paragonabile a un check up medico”.
Ftp, può fare degli esempi di quello che proponete alle aziende? “La nostra mission è affiancare il cliente nella gestione delle attività quotidiane, offrendo soluzioni e progetti chiavi in mano: ottimizzare, per esempio, il networking con una sede dell’azienda dislocata altrove, oppure gestire il personale commerciale in giro per
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Quali sono gli obiettivi degli attacchi dall’esterno? “Da un lato ci sono incursioni finalizzate a ‘rubare’ dati sensibili e progetti industriali. Dall’altro, attacchi che bloccano o indeboliscono i progetti informatici fino a quando non viene pagato un riscatto, richieste che posso-
no essere anche milionarie”.
L’Italia sembra in ritardo su questo fronte. “Da anni noi sensibilizziamo le aziende sul tema, avvertendole che a breve si sarebbe scatenato uno tsunami. Come dicevo, la sfida è essere preparati non solo da un punto di vista dell’Information technology, ma anche a livello di processo e di formazione del personale”.
LA SCHEDA
Può fare un esempio?
Crescita del
“Le mail phishing sono molto pericolose. Sensibilizzare il personale sul riconoscimento di ‘dati malevoli’, malware, può essere decisivo per il futuro delle aziende. Così come se voglio scambiare dati che riguardano il settore creativo condividendoli magari su un cloud, dove tutti possono agevolmente accedere: rischio di individuare una modalità funzionale, ma suscettibile di essere violata. Sono sufficienti magari un paio di passaggi in più per garantire la stessa accessibilità, ma con una maggiore protezione di quei dati”.
e
Un altro fronte su cui lavorate è il manager service, la gestione corretta dei sistemi informatici. “La buona gestione informatica non è appannaggio solo delle grandi aziende. Tutte le imprese possono utilizzare una serie di metodi efficaci. Quando parliamo con i clienti, ci imbattiamo in realtà molto frammentate, stratificate, in cui i diversi reparti faticano a parlarsi tra loro. Noi consentiamo alle aziende di avere una visione sistemica, di insieme dei processi interni”.
In prospettiva, quali sono gli ambiti su cui volete ancora svilupparvi? “L’obiettivo è accompagnare e supportare sempre di più il comparto industriale e il mondo delle piccole e medie imprese, alle prese con le opportunità delle tecnologie 4.0 che rendono sempre più ‘intelligenti’ i processi. Per esempio, insieme a partner prestigiosi, abbiamo collaborato con l’Università di Verona per avvicinarla al mondo delle imprese attraverso il progetto ‘Ice Lab’, un laboratorio che simula le linee di distribuzione di un ambiente industriale. È un esempio di impianto connesso al suo gemello di simulazione virtuale, a cui FTP ha contribuito creando un’infrastruttura di reti sicura, flessibile e formando adeguatamente il team di laboratorio”.
6,6%
56 dipendenti
Operante nel Nord Italia, l’azienda punta anche al Centro: filiale a Pesaro Ftp Srl nasce dall’incontro, alla fine degli anni ’90, di tre liberi professionisti negli ambienti IT di società di prestigio del settore automotive. Paolo Fiorani, Carlo Paganelli e Stefano Talami hanno scelto di unirsi e creare nel tempo un gruppo di lavoro coeso e capace. Il ventaglio di servizi può essere sintetizzato in tre macro-aree: System Integrator; Cyber Security; Software. Ftp ha 56 dipendenti e negli ultimi anni ha visto crescere costantemente il giro d’affari: nel 2019 il fatturato ha raggiunto i 4 milioni di euro, con un incremento del 6,6% rispetto all’anno precedente, mentre nel 2018 la crescita è stata del 9%. Gli investimenti in ricerca e sviluppo si attestano al 5% annuo del fatturato. Il portafoglio clienti spazia da grandi aziende leader in vari settori (automotive, ceramica, agricoltura, comunicazione) alle Pmi dell’Italia settentrionale; l’obiettivo è estendersi progressivamente nel centro Italia. Per questo nel 2019 è stata avviata una filiale a Pesaro.
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PROGEA
il Resto del Carlino 23/06/2020
Nella foto: Paolo Fiorani
“I nostri software vi portano nel futuro” La modenese Progea è attiva nel settore dell’automazione. Il Ceo Fiorani: “Realizziamo prodotti aperti, semplici e flessibili” di Maria Silvia Cabri Ha una vocazione fortemente innovativa Progea, software house per il settore dell’automazione, che nata focalizzandosi nel settore della supervisione industriale, si è poi concentrata nello sviluppo di una piattaforma di supervisione aperta, semplice ed intuitiva, basata su Windows, alla luce delle proprie esperienze e di quelle del mercato dei system integrator. Con il suo prodotto di punta Movicon.NExT, è l’unica realtà italiana sul mercato internazionale dei produttori di piattaforme software per l’automazione. Come spiega Paolo Fiorani, Ceo del Gruppo Progea.
basati su architetture standard, aperti, semplici e flessibili, che garantiscano ai clienti il successo nelle loro applicazioni di automazione. La nostra piattaforma Scada guarda al futuro, aperta, scalabile ed integrabile a qualsiasi altro sistema. Grazie all’esperienza maturata in ricerca e sviluppo ed applicazione dal 1991, siamo in grado di soddisfare anche le richieste più esigenti, grazie alla produzione e distribuzione di una suite di prodotti software per l’automazione basati sulle più moderne tecnologie”.
Qual è la vostra mission?
In cosa consiste la piattaforma Movicon. NExT?
“Progettare e produrre prodotti software
“Si tratta di un nuovo software, completa-
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mente riprogettato sulle tecnologie del futuro e che mette a frutto l’oramai trentennale esperienza di Progea nel settore, creando un nuovo punto di riferimento. La piattaforma è nata per superare i limiti delle tradizionali tecnologie Scada/Mes/Hmi proponendo soluzioni software di nuova generazione, che offrono ai produttori e progettisti l’opportunità di aumentare significativamente la propria efficienza, qualità e flessibilità”.
Machine Learning? “Progea ha già realizzato l’integrazione delle tecnologie di Machine Learning e di Intelligenza Artificiale per realizzare funzionalità innovative nei sistemi Hmi e di Supervisione, mettendo a disposizione degli utilizzatori e progettisti, la funzionalità di Realtà Aumentata Cognitiva, con la quale gli utenti possono usare la video camera per esplorare i sistemi d’automazione ed i loro componenti, visivamente, ed il sistema Movicon.NExT individuerà le parti riconosciute visualizzando le informazioni realtime e i dati funzionali, statistici o diagnostici disponibili per ogni componente individuato”.
I vostri software si applicheranno anche al futuro dei computer? “Ovviamente. Alla base della nostra filosofia vi è sempre stata l’indipendenza dall’hardware, in modo tale che gli utenti potessero utilizzare tecnologie standard e di mercato, senza vincoli proprietari. Quando saranno sul mercato i computer quantistici, occorrerà attendere anche sistemi operativi adeguati, cui ci appoggeremo per distribuire piattaforme compatibili”.
Sono scalabili le vostre ‘librerie’? “La piattaforma Movicon.NExT è la più scalabile attualmente sul mercato, perché consente la realizzazione di progetti di automazione industriale sia per piccoli sistemi embedded, anche basati su Linux, passando per i PC basati su Windows, fino alle ‘sale di controllo’ basate su architetture di Server Ridondati, con Client distribuiti su reti locali o geografiche”.
LA SCHEDA 130mila
Oltre licenze vendute nel mondo Ha sedi operative in tutta Italia Dal
1991 sul mercato
Dal 1991 Progea produce software per la visualizzazione, l’acquisizione dati e la gestione dei processi per l’automazione industriale. Oltre 130mila licenze vendute in tutto il mondo, dalla Cina al Vaticano. Unica realtà italiana sul mercato internazionale dei produttori di piattaforme software per l’automazione, è riconosciuta per la professionalità e l’innovazione nei prodotti software, considerati un punto di riferimento per migliorare la produttività, ridurre i costi operativi e ottimizzare l’operatività in ogni comparto dell’automazione, dal settore automobilistico, all’automazione degli edifici, dal manifatturiero, al farmaceutico, dall’energia, all’oil&gas, dalle infrastrutture, all’acqua e acque reflue, fino ai servizi. Oltre alla sede centrale di Modena, Progea è presente sul mercato italiano e mondiale con sedi operative dalla Lombardia al Trentino Alto Adige, di Legnano, dalla Germania alla Svizzera, fino all’America.
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ESSETI
il Resto del Carlino 30/06/2020
Nella foto: Alberto Zanella
“La nostra sfida ai cinesi sull’elettronica” Argelato di Bologna, la Esseti produce circuiti stampati e ha raffinato la sua tecnologia. Zanella: “Andiamo oltre i prodotti standard” di Lorenzo Pedrini Era una piccola grande eccellenza italiana, fino al prepotente ingresso sul mercato, dopo il 2000, dei produttori estremo orientali. Ora, invece, i circuiti stampati di cui si occupa la Esseti di Argelato, in provincia di Bologna, resistono nel Belpaese come produzioni di alto spessore tecnico ma dai volumi ridotti, grazie alla competenza di aziende come quella rappresentata dal 27enne Alberto Zanella, socio e Responsabile marketing e commerciale.
La vostra storia insegna che ci sono momenti in cui è necessario cambiare rotta.
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“È dal 1979 che Esseti produce circuiti stampati, lo stesso anno in cui mia madre, Doriana Gambato, entrò in azienda in qualità di chimica, prima di cominciare, nel 2004, a rilevare le quote sociali che ora possiede per intero. In mezzo, c’è stata la svolta dettata dalla comparsa dei produttori cinesi, che ci ha portato a rivedere profondamente la nostra struttura e la nostra filosofia”.
In quali termini? “Se, nei primi decenni di vita, aziende come la nostra potevano accontentarsi di realizzare prodotti standard, tanto i clienti entra-
vano da soli, dopo l’arrivo dei cinesi e della loro potenza di fuoco il nostro fatturato non sarebbe più stato in grado di competere. Dai primi anni 2000, quindi, ci siamo orientati su produzioni speciali che in Cina non realizzano, delle quali forniamo versioni custom, adattate, assieme alle varie forme di consulenza, sulle specifiche esigenze del cliente”.
Ha un fatturato
Di quali clienti parliamo?
di
“Parliamo di decine di soggetti attivi nei più diversi comparti, dal medicale al militare e alle telecomunicazioni, ai quali garantiamo circuiti italiani, distribuiti in piccoli lotti ad alto valore aggiunto”.
Fondata nel , lavora all’estero soprattutto con Francia e Germania
LA SCHEDA 2 milioni di euro 1979
1979 Numero dipendenti: 9
Anno di fondazione:
E riuscite a far fruttare queste nicchie pur essendo relativamente pochi e molto giovani. “I dipendenti, tutti diplomati, sono 15, per un’età media che non supera i 40 anni. Tra l’altro, buona parte di loro viene dal nostro territorio, anche grazie alla nostra collaborazione, sul fronte dei tirocini, con il polo scolastico delle Aldini-Valeriani”.
Non mancate, poi, nemmeno di limitare l’impatto sociale di quanto producete. “È un punto d’onore, per noi, lottare contro il degrado dell’ambiente e le violazioni dei diritti umani legate all’estrazione, in Africa occidentale, di alcuni dei minerali che utilizziamo. Ci assicuriamo sempre che i nostri fornitori non reperiscano le materie prime in zone in cui ci possa essere sfruttamento”.
Principali mercati esteri: Francia e Germania Fatturato globale
2,7 milioni di euro 2018: 2,7 milioni di euro
2019:
Fatturato export 2019:
10,1%
5,7% 2017: 2,6% 2018:
Investimenti in ricerca e sviluppo (% sul fatturato):
9-10%
Stabilimento principale: Argelato,
A testimoniarlo, del resto, ci sono le certificazioni di cui vi fregiate.
1.600 metri quadri
“Sì, dalle dichiarazioni ‘Rohs’ e ‘Reach’, sull’assenza di sostanze pericolose nei nostri prodotti, al protocollo ‘Conflict Mineral’ già citato, fino al certificato 2018 sulla ‘Politica integrata qualità e ambiente’”.
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MOTOVARIO
il Resto del Carlino 07/07/2020
Nella foto: Franco Pacini
“Siamo noi il motore (elettrico) della ripresa” La Motovario di Modena: “Portiamo ’movimento’ nel mondo industriale: dall’imballaggio alla ceramica, dall’imbottigliamento ai pastifici” di Viviana Bruschi
Ingegner Franco Pacini, siete un po’ il ‘movimento’ del mondo industriale, diciamo che senza di voi tutto si ferma. “Siamo specializzati nella produzione e commercializzazione di motoriduttori, motori elettrici, azionamenti fino alla fornitura di soluzioni meccatroniche complete, soluzioni che trovano utilizzo in quasi tutti i processi industriali in cui è previsto un sollevamento, una miscelazione, una traslazione. Movimento, insomma”.
I vostri principali settori di intervento quali sono? “Impianti e macchine per la ceramica, l’imballaggio e l’imbottigliamento; la preparazio-
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ne della pasta, attrezzature all’avanguardia per palestre, giochi per i parchi, distributori di bevande, grandi nastri trasportatori per ‘veicolare’ minerali e materie prime, e il cibo. Sono soltanto alcune delle centinaia di applicazione dei prodotti di Motovario”.
Che cosa è cambiato in mezzo secolo? “La passione e la competenza nel portare il ‘movimento’ nel mondo industriale sono le stesse, tanto che il nostro motto è “Heart of Motion” e il valore del nostro marchio a livello internazionale è indiscusso. Apparteniamo a un gruppo internazionale ma siamo protagonisti di una straordinaria storia e di una cultura tutta italiana, in una regione, l’EmiliaRomagna, dove sono nate e cresciute imprese
di tutti i settori”.
Quindi, nel complesso che cosa è cambiato? “Sviluppiamo nuovi prodotti. E applichiamo una nuova filosofia incentrata sulla soddisfazione dei clienti e su una maggiore valorizzazione del nostro patrimonio umano”.
LA SCHEDA
Il settore è competitivo? “Come ogni settore. Con il progetto ‘Lean Manufacturing’, Motovario vuole riportare al centro dell’agenda aziendale il continuo miglioramento della performance operativa, sicurezza sul lavoro e rispetto dell’ambiente. Sulla qualità dei nostri prodotti applichiamo il ‘benchmark’, un test giornaliero e il livello di servizio, che significa il giusto prodotto nella giusta quantità consegnato ai nostri clienti quando richiesti. Soddisfatte queste tre priorità, ci focalizziamo su costi, produttività, consumi in modo da rendere i prodotti Motovario sempre più competitivi”.
Quali sono i vostri progetti futuri? “L’ampliamento del portafoglio prodotti, e grazie alle sinergie col Gruppo Teco stiamo lavorando a nuovi prodotti per offrire soluzioni meccatroniche complete, con l’obiettivo di assumere il ruolo di ‘key contractor’ per i clienti. Stiamo estendendo la gamma dei riduttori: Motovario è marchio globale, e vogliamo entrare in altri settori e in altri mercati”.
E che cosa chiedono i vostri clienti? “Cercano il meglio, soluzioni ottimali che soddisfino i criteri di sicurezza, qualità, tempestività di risposta e di consegna, e non ultimo la competitività. Nel nostro settore c’è crescente richiesta di soluzioni integrate e di forniture globali, ed è ciò che stiamo facendo”.
È vero che a gennaio, prima dell’esplosione dell’epidemia di Coronavirus, voi avevate già acquistato guanti e mascherine? “Sì, è così. In quel periodo si parlava di Covid solo in Cina. Tutela, sicurezza, salute dei nostri dipendenti sono le priorità. In più, per andare incontro alle mutate esigenze delle nostre dipendenti con figli da 0 a 14 anni, abbiamo messo a disposizione 5 ore di permesso retribuito. Un piccolo aiuto, ma utile. Abbiamo anche raccolto fondi poi devoluti agli ospedali modenesi”.
Fatturato Il
136 milioni
60% è export
Filiali in Europa, Cina, India
600
e Usa: oltre dipendenti tra Modena e il mondo L’azienda, fondata 55 anni fa a Formigine, è organizzata su due stabilimenti tra Formigine e Ubersetto. La produzione è fortemente orientata all’export (60%), con filiali in Europa (Francia, Spagna, Germania e Regno Unito) e nel resto del mondo (Cina, India, Stati Uniti). A partire dal 2015, Motovario fa parte di Teco Electric & Machinery Co. Ltd., importante gruppo industriale di Taiwan quotato alla Borsa di Taipei, leader mondiale nella progettazione e produzione di motori e convertitori di frequenza ed apparecchiature meccatroniche, con stabilimenti in tutto il mondo. L’azienda modenese conta 427 dipendenti (altri 200 nel resto del mondo) e un fatturato che nel 2019 ha superato i 136 milioni di euro (+ 8.8% rispetto al 2017), di cui il 3% investiti in ricerca e sviluppo. Motovario è un marchio globale, e sta lavorando per entrare in altri settori e altri mercati.
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TXT
il Resto del Carlino 14/07/2020
Nella foto: Mauro Padovani
“TXT, da piccola libreria a grande azienda” L’impresa ferrarese è leader nella commercializzazione di testi scolastici. “Ci siamo trasformati grazie all’informatica” di Alberto Lazzarini Come trasformare un piccolo negozio in un’azienda dal fatturato che sfiora i 100 milioni: potrebbe essere il tema di un convegno dal taglio teorico o professorale. Niente di questo. Si tratta infatti della semplice descrizione di un’attività lavorativa e produttiva vera, che nel corso degli anni è cresciuta enormemente. Stiamo parlando della TXT di cui è fondatore e titolare Mauro Padovani e direttore generale Filippo Spanò; la sede è a Ferrara e si è imposta come leader nella commercializzazione di libri scolastici.
Padovani, lei nel 1991 aveva questa piccola libreria a Ferrara e commercializza-
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va molti libri scolastici. Poi scoprì che… “…che con l’informatica era molto meglio. Infatti, era complicato vendere 20-30.000 copie e in fretta. All’epoca i pc erano rari. Ma grazie al software di un amico, Roberto Fiorazzi (che fu a lungo mio socio), riuscii a facilitare enormemente il lavoro”.
Qualche anno dopo la svolta. “Nel 1996 Coop decise una sperimentazione con noi poiché piaceva il nostro modello pratico di organizzazione informatica. Raddoppiamo e triplicammo collaborando con altre sedi del gruppo. L’anno dopo nacque l’azienda a Santa Maria Maddalena, al di là dal Po, nel Veneto. Nel 2008 acquistai il 50% del mio
socio e accelerai negli investimenti: il fatturato aumentò del 50% per 3 anni a fila”.
Parliamo ancora di numeri. “I dipendenti sono 300 di cui 270 stagionali. Quasi 100 milioni il fatturato. Cinque milioni i libri lavorati, fra ingresso e uscita, nel nostro stabilimento (14.000 metri quadrati). 5.000 tonnellate di materiale. Da pochi anni …abbiamo attraversato il Po e la nuova sede è qui a Ferrara, la mia città”.
Il vostro principale interlocutore è la grande distribuzione. Ma ora non solo. “Tre anni fa abbiamo pensato di aggiungere il retail, cioè gli 8.000 punti vendita (librerie e cartolibrerie). Un’importante quota di consumatori, poi, acquista online: investiremo anche in questo settore”.
Direttore Spanò, in genere i cambi di direzione avvengono quando qualcosa non funziona. TXT, invece, andava e va a gonfie vele… “È la prova che ci sono sempre margini di miglioramento. Sono qui da un paio di anni. Provengo da un settore molto diverso (alberghi di lusso, ndr) e Mauro Padovani voleva idee nuove, capacità manageriale. Abbiamo idee affini. Ci siamo trovati subito”.
I progetti sono tanti. “Abbiamo completato lo stabilimento. Il sorter automatico ‘lavora’ (etichettatura, inscatolamento, spedizione, ndr) 60.000 libri al giorno. Nei periodi di punta come questo si opera 24 su 24 su 4 turni”.
LA SCHEDA Movimenta milioni di copie Quando è a pieno regime impiega circa
300 dipendenti La TXT di Ferrara è leader in Italia nella commercializzazione dei libri scolastici e di editoria varia all’interno della Grande distribuzione organizzata, che ogni anno movimenta circa 4,5 milioni di copie, serve oltre 1.500 punti vendita, raggiunge oltre un milione di famiglie e impiega quasi 300 dipendenti (270 stagionali). Nata nel 1997 da un’intuizione di Mauro Padovani, già nel 2004 il fatturato supera i 10 milioni e nel 2010 i ricavi balzano a 36 milioni. Nel 2017, l’azienda entra nel canale retail delle librerie e delle cartolibrerie. L’anno dopo l’azienda assume Filippo Spanò, al quale viene affidata la direzione generale: i ricavi vanno prima a 84 milioni nel 2018 e successivamente a 92 milioni. Sempre a fine 2018 l’azienda acquista un sito di 14.000 metri quadri a Ferrara.
Col trasferimento a Ferrara è aumentato il numero dei curricula che arrivano per coprire gli oltre 300 posti stagionali. “È vero. Ferrara è città universitaria e quindi tanti giovani ci scrivono. Ma si propongono anche molte donne e persone che hanno ancora alcuni anni di attività prima della pensione”.
Come affrontate il Covid? “Abbiamo posto in essere tutte le misure richieste legate agli accessi, al distanziamento, al lavoro in piccoli gruppi”.
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EMILIA FOODS
il Resto del Carlino 21/07/2020
Nella foto: Roberta Frequenza
“La ricetta di Emilia Foods? Cibo e fantasia” ‘Reinventa’ piatti tipicamente italiani per il mercato estero “E ora stiamo portando in Italia prodotti innovativi e sostenibili” di Maria Silvia Cabri Nel 2013 nasce Emilia Foods: il desiderio che ha animato Ivan Manfredi, Ceo and Founder, frutto della sua esperienza lavorativa, era quello di partire dai prodotti tipicamente italiani e ‘reinventarli’ per il mercato estero. Il tutto, lavorando con le eccellenze e sempre pronti a mettersi in discussione e affrontare sfide sempre nuove, come spiega Roberta Frequenza, Responsabile marketing di Emilia Foods.
Quali sono i vostri punti di forza?
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“Emilia Foods può contare su un team molto giovane, legato da una passione comune per il food; le persone sono molto in sintonia fra di loro e proiettate nella ricerca di nuovi trend nel campo alimentare. Si parte dallo studio di una ricetta che possa essere replicata in produzione, sviluppata nel laboratorio interno, chieste consulenze a chef industriali. Quando il prodotto è realizzabile a livello industriale, inizia la ricerca del miglior partner che ci possa seguire nel progetto. Questo garantisce esperienza e tradizione messi a servizio dell’innovazione”.
‘Emilia’ e ‘Foods’: come coniugate la tradizione italiana con il cibo americano? “C’è una particolare attenzione ai trend sviluppati sul mercato statunitense, all’avanguardia in merito alla sperimentazione alimentare e particolarmente ricettivo e aperto ai cambiamenti. Ma non dimentichiamo dove affondano le nostre radici e per noi reinterpretare le ricette di tradizioni diverse e lontane dalla nostra è sicuramente stimolante. Inoltre, lavoriamo con l’eccellenza italiana, rappresentata da aziende disposte a mettersi in discussione e affrontare con noi sfide sempre nuove”.
‘Via Emilia’: che filosofia c’è alla base? “La nostra avventura è partita proprio come inizia ogni viaggio che si rispetti: con la curiosità e la voglia di esplorare il mondo e scoprirne le potenzialità. Abbiamo messo in valigia il buon cibo e la fantasia che sono tipici del nostro Paese e ci siamo messi in cammino. Abbiamo creato nuove sinergie, facendo incontrare culture diverse, trend e nuove abitudini di consumo unendo il meglio della nostra capacità alle richieste di un mercato in continuo cambiamento”.
Prossime sfide? “Ampliare ulteriormente i nostri orizzonti, il che per noi significa anche ‘tornare a casa’, non solo metaforicamente. Grazie all’esperienza maturata, abbiamo iniziato a studiare una linea di prodotti capace di unire quello che avevamo appreso negli anni, viaggiando in posti lontani, e le nostre conoscenze e competenze. Abbiamo lavorato e lavoriamo nel mondo, ma è arrivato il momento di portare in Italia prodotti innovativi e sostenibili. La sfida è appena iniziata: lo scorso maggio abbiamo lanciato la nostra linea di carne vegetale in Despar. Stiamo già raccogliendo risposte più che positive e puntiamo ad ampliare la nostra presenza sul mercato italiano entro il 2020 e su quello europeo nel 2021”.
LA SCHEDA
Fatturato a quota
25 milioni
2013
Dal l’azienda ha registrato una crescita continua Emilia Foods nasce nel 2013, come risultato finale dell’esperienza lavorativa maturata da Ivan Manfredi in aziende rinomate sia produttive sia impegnate nell’export, e dal desiderio di reinventare, senza stravolgerli, prodotti tipici della tradizione italiana per il mercato estero, con particolare attenzione ai trend sviluppati sul mercato statunitense, particolarmente ricettivo e aperto ai cambiamenti. L’azienda all’inizio era composta da tre soli dipendenti, mentre oggi ha un organico di ventisette persone. I risultati finora ottenuti sono stati più che positivi, tanto che nel triennio 2016-2019 l’azienda ha visto una crescita totale di più dell’80 per cento, con un fatturato nel 2019 di più di 25 milioni di euro; crescita che si conta di mantenere nel 2020.
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MIELE
il Resto del Carlino 28/07/2020
Nella foto: Corrado Girotti con la madre Maria Adelaide Carlotti
“Noi, una barriera d’acqua contro il virus” Bologna, lavatrici di 18 metri per pulire e disinfettare camici, uniformi e tute: così la Miele Srl ha difeso aziende e strutture sanitarie di Lorenzo Pedrini Lavare e disinfettare, igienizzare e sanificare. Qualche mese fa sembravano semplici attività di routine, necessarie al buon funzionamento dell’industria e dei servizi alla persona, come lo sono tanti altri anelli della catena economica. Il Coronavirus ha cambiato tutto e i preziosi sforzi delle lavanderie industriali, come la Miele Srl di Castel Maggiore guidata da Corrado Girotti, sono finiti sotto i riflettori. Tra innovazione, rispetto dell’ambiente e cura della salute pubblica.
Girotti, come avete gestito queste set-
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timane di tanto lavoro e immensa responsabilità? “Sono stati giorni complessi, durante i quali ci siamo fatti in quattro per stare dietro alle esigenze pressanti del mondo della sanità e di quelle aziende che, come noi, non hanno mai chiuso perché considerate indispensabili. È stata una sfida grande come nessun’altra, ma, accanto alla fatica e alle preoccupazioni quotidiane, ci ha anche permesso di mostrare il meglio di noi. E l’abbiamo superata”.
Grazie alla competenza, ma anche alla solidarietà dei vostri colleghi. “Sì, perché essere sulla breccia dal 1998 e avere creato un polo all’avanguardia tecnologica e organizzativa ha fornito una solida base, ma per affrontare le contingenze legate al Covid abbiamo avuto, come tanti, bisogno di aiuto. Per questo desidero ringraziare Confindustria, per l’assistenza qualificata, e aziende come Marposs, Ducati e Marchesini, per averci donato un’indispensabile fornitura di mascherine”.
Così, avete potuto immediatamente gettarvi a capofitto in quello che sapete fare meglio. “Esatto, con la competenza maturata in 22 anni, iniziata quando mia madre, Maria Adelaide Carlotti, rilevò un piccolo impianto a Borgo Panigale. E con le capacità e la rapidità garantite dalle nostre apparecchiature di ultima generazione”.
Di quali macchinari parliamo? “Parliamo di due lavatrici da 18 metri, che lavano 9 quintali di vestiti e camici all’ora per conto di case di riposo e cliniche pubbliche e private, sia lato paziente che lato operatore, ma anche delle uniformi della Polizia Municipale, delle tute dei piloti di note case automobilistiche e dell’abbigliamento da lavoro delle maestranze di note eccellenze industriali. Poi ci sono le macchine per stirare, disinfettare, piegare e impacchettare, perché tutto sia perfetto”.
Perfetto anche da quello chimico? “Sono queste le nuove frontiere del nostro mestiere: l’analisi microbica, la lotta agli sprechi, in particolare idrici, e la ricerca, tramite l’uso di specifici detersivi e detergenti, di un basso impatto ecologico. Il tutto garantito da certificazioni come la UNI EN 14065, che assicura la qualità microbiologica dei capi trattati e l’assenza di ogni contaminazione, e dai controlli periodici svolti da un laboratorio accreditato Sinal”.
LA SCHEDA +8% 3,1 milioni nel 2019 La ditta ha 43 dipendenti Fatturato
in una sede nuova da
4mila metri quadrati
Anno di fondazione: 1998 quando Maria Adelaide Carlotti rilevò un piccolo impianto a Borgo Panigale, nella periferia bolognese. Fatturato 2019: 3,1 milioni di euro (+8% rispetto al 2018) 2018: 2,8 milioni di euro (+4% rispetto al 2017) 2017: 2,7 milioni di euro Investimenti: Oltre 100 mila euro nella realizzazione della nuova sede di Castel Maggiore, di oltre 4mila metri quadri, con impianti all’avanguardia e macchinari innovativi. Al lavoro due lavatrici di 18 metri in grado di lavare nove quintali di vestiti ogni ora. Certificazioni: La UNI EN 14065 che assicura la qualità microbiologica dei capi trattati e l’assenza di ogni contaminazione.
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F.LLI BENAZZI
il Resto del Carlino 04/08/2020
Nella foto: Fabiano e Luciano Benazzi
“Più magazzini e camion meno inquinanti” Ferrara, la F.lli Benazzi è specializzata nelle attività di trasporto di prodotti alimentari. “Abbiamo mezzi green, con propulsori a metano” di Alberto Lazzarini Tutto cominciò con un camion, un semplice camion acquistato dopo aver chiesto il denaro al padre. Luciano Benazzi dette inizio così a una splendida avventura imprenditoriale che oggi conta centinaia di veicoli e che ha visto, vede e vedrà protagonista la sua famiglia con vari componenti e generazioni. Fabiano Benazzi, fratello di Luciano e suo socio, parla naturalmente con orgoglio di questa storia, economica e non solo, che fra non molto taglierà il traguardo del mezzo secolo all’insegna dell’autotrasporto, settore - anche questo - che con i decenni si è fortemente evoluto e che lascia davvero poco spazio all’improvvisazione.
da (sede a Caprile di Codigoro nel Basso Ferrarese) effettua trasporto merci, in particolare di prodotti alimentari.
Vicepresidente Benazzi la vostra azien-
“È vero: siamo molto attivi anche nel compar-
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“Sì, la nostra specializzazione è il trasporto di pomodori e il principale partner è Conserve Italia, la più importante azienda del settore della nostra area territoriale”.
Il parco auto è grande e qualificato... “Abbiamo 81 trattori stradali, quasi tutti euro6, e 350 semirimorchi adattati in larghissima parte al trasporto, che citavo, di pomodori”.
Il vostro business spazia però anche in altri settori.
to-legno e nel vitivinicolo (grazie in particolare a Tavernello e San Crispino, ndr)”.
Avete realizzato opere logistiche importanti. “Sì, collegate all’attività di stoccaggio. Abbiamo costruito tre nuovi magazzini con uno spazio coperto di 13.000 metri quadrati e una cella di oltre 2.000 metri quadrati. Presto sorgerà il magazzino 4, un’imponente struttura di 9.500 metri quadrati che porterà la superficie di stoccaggio da 15.000 metri quadrati a 24.500 metri quadrati, completamente dedicato alla vicina industria conserviera Valfrutta”.
È poi in atto anche una collaborazione con il Comune di Codigoro. “Realizzeremo, a nostre spese, un’area di parcheggio per 30 auto a beneficio della frazione di Caprile”.
Un imprenditore deve necessariamente apportare innovazioni di processo e di prodotto... “È fondamentale. Per quanto ci riguarda posso portare l’esempio dei nostri camion ai quali abbiamo azzerato le attese nel carico del pomodoro; sul fronte prodotto, quasi tutti i nostri mezzi sono green, cioè con propulsori a metano: consumano meno e inquinano meno”.
Anche inventiva e creatività non possono mancare. “Già, è nel dna dell’imprenditore. Anche noi le abbiamo sperimentate con successo, come quella volta che abbiamo trasportato un tratto di gasdotto in Qatar”.
Completiamo i dati della Benazzi. “Abbiamo 88 collaboratori e il fatturato sfiora i 15 milioni, il 21% grazie all’export”.
A proposito di fatturato, l’emergenza Covid avrà fatto danni (economici) anche da voi...
LA SCHEDA 15
Il fatturato sfiora i milioni. Il business si è sviluppato anche all’estero, dalla Francia alla Germania La ‘F.lli Benazzi’ nasce nel 1973 dall’intraprendenza di Luciano Benazzi. Oggi è guidata dai due soci, e fratelli, Luciano e Fabiano; ha sede a Codigoro, in provincia di Ferrara, ed è una realtà consolidata nel settore dei trasporti merci. L’impresa conta oggi 88 addetti, con un parco mezzi di 81 trattori stradali e più di 350 semirimorchi che, in larga parte, hanno una configurazione speciale per la raccolta del pomodoro. Negli anni, oltre a quella dei trasporti, è stata sviluppata anche l’attività di stoccaggio, grazie alla realizzazione di nuovi magazzini. Con questi siti, interamente dedicati al food, la sede di Codigoro è diventata così anche una importante piattaforma logistica per l’industria alimentare e per il settore del vino. Altri settori in cui opera l’azienda sono quelli del legname e delle condotte petrolifere. La F.lli Benazzi lavora per l’80% sul territorio nazionale, ma è presente anche in Francia, Svizzera e Germania. Il fatturato è prossimo ai 15 milioni di euro.
“Il primo semestre ha registrato un calo dell’810%. Ma le attese per la seconda parte dell’anno dicono che dovremmo recuperare attorno al 5%. C’è chi sta peggio”.
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VECTION ITALY
il Resto del Carlino 11/08/2020
Nella foto: Gianmarco Biagi
“Portiamo il digitale nel cuore delle aziende” Bologna, la Vection Italy lavora con realtà di tutto il mondo. La guida Gianmarco Biagi: “Il futuro passa dalle nostre soluzioni” di Lorenzo Pedrini Tutto il reale è virtuale e tutto il virtuale reale. Potremmo aggiornare così, seguendo il filo di un’innovazione che da business si fa vera e propria missione, una delle massime più note della storia della filosofia. Già, perché di questo si occupa Vection Italy Srl, il braccio italiano, con sede a Casalecchio di Reno, in provincia di Bologna, della Vection Technologies controllata dalla holding Settepuntonove Srl, presieduta da Gianmarco Biagi.
Dalla realtà virtuale alla realtà aumentata, a tecniche avveniristiche di progettazione tridimensionale. Il Bologne-
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se è casa vostra, ma il vostro mondo è ben più grande. “Vection è una multinazionale che progetta e produce soluzioni per la trasformazione digitale di altre aziende e, come tale, non si ferma certo di fronte ai confini geografici. Le nostre sedi di Ricerca e sviluppo, infatti, sono a Casalecchio e a Bari, quelle produttive a Mumbai, in India, e nelle Filippine, quelle commerciali a San Francisco e a Perth, nella lontana Australia”.
Un Paese agli antipodi, nel quale avete costruito una parte non secondaria del
vostro successo. “Siamo un’azienda giovane, nata nel 2016, ma questo non ci ha impedito di quotarci, un anno fa e tra i pochissimi esempi italiani, proprio all’Asx, la Borsa australiana. Questo in seguito al successo registrato all’evento di selezione Road Show Australia, finanziato dall’advisor locale Regency in collaborazione con Yon”.
Ma perché dall’altra parte del globo la tecnologia è una regola. “Abbiamo trovato un ambiente ricettivo e operatori molto capaci, che hanno saputo valorizzare il nostro modello di lavoro e capire che il futuro passa per la progettazione custom dei prodotti, attraverso piattaforme digitali che abbattono i costi e affinano la qualità del risultato finale. Dal punto di vista del design ma anche sui versanti delle prestazioni, del marketing, della manutenzione e della sicurezza”.
Un principio, tra l’altro, valido per ogni settore merceologico. “Sì, e il nostro parco clienti ne è la prova, dai grandi marchi del comparto health care a quelli dell’automotive e dall’universo del fashion ai musei e ai macchinari industriali di nuova generazione. Ci bastano la professionalità di una settantina di collaboratori e la versatilità di una platform collaborativa come la nostra FrameS per soddisfare eccellenze come ad esempio Automobili Lamborghini, Ferretti Yacht, Coesia, Philip Morris e molti, molti altri”.
Il punto, quindi, sta in una prototipazione che riduce i margini di errore e garantisce un vero risparmio.
LA SCHEDA È quotata in Borsa in Australia I dipendenti sono
72
Sedi in tutto il mondo
Sono i numeri di Vection Italy a certificare la bontà delle prestazioni dell’azienda sbarcata, nel 2019, sul mercato borsistico australiano. Dalla nascita avvenuta nel 2016, il polo dell’innovazione sorto alle porte di Bologna ha infatti rapidamente raggiunto una capitalizzazione pari, oggi, a 35 milioni di dollari australiani, per un attivo pari a 6,2 milioni. Una crescita costante, che, grazie agli investimenti continui in materia di ricerca e sviluppo, lascia presagire ulteriori consolidamenti e che, negli ultimi mesi, ha proceduto a balzi superiori al 100% del valore azionario. Alla base dell’ottimo andamento, oltre a politiche societarie che stanno dando i frutti sperati, c’è però anche l’efficienza di una capillare rete di collaboratori sparsi ai quattro angoli del globo, con 72 dipendenti che prestano la loro opera nelle 5 sedi nazionali e internazionali del gruppo.
“Esatto, convogliando un’intera catena, produttiva prima e distributiva poi, in uno schermo o in un visore 3D. Con tanto, aggiungo, di traduzione simultanea, per fare in modo che progettisti, ingegneri e venditori possano gestire ogni fase di lavoro da remoto, con precisione millimetrica e rinnovata efficienza. In tempi di post-pandemia non ci sembra poco”.
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ZUFFELLATO
il Resto del Carlino 18/08/2020
Nella foto: Enrico Zuffellato
“Il futuro delle imprese è la digitalizzazione” L’attività della ferrarese Zuffellato, realtà di spicco del settore informatico: “Sarà questo processo a fare la differenza” di Alberto Lazzarini Nel segno della digitalizzazione, non ci sono alternative. È questo il futuro delle aziende produttive e di servizio, degli studi professionali. Non ha dubbi Enrico Zuffellato, amministratore delegato della ‘Zuffellato technologies’, la società di informatica con sede a Ferrara (zona fiera) attivissima da quasi mezzo secolo in questo settore divenuto sempre più strategico per ogni tipo di attività. Tre milioni circa di fatturato, una trentina di addetti, un deciso orientamento verso ricerca e sviluppo, l’azienda vanta radici (familiari) solide e uno spiccato quanto inevitabile orientamento verso l’organizzazione di un futuro che va configurandosi di giorno in giorno grazie alle nuove tecnologie.
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Abbiamo parlato di radici familiari... “La Zuffellato è nata nel 1975 grazie ai miei genitori, Giovanni e Vittorina Nori (tuttora presidente); io sono l’amministratore delegato (Enrico è laureato in economia) e la responsabile tecnica è mia sorella Barbara, laureata in ingegneria informatica. Zuffellato iniziò ad operare agli albori dell’informatica”.
Poi un primo salto di qualità. “Sì, cominciammo a studiare e a proporre i gestionali”.
Con gli anni 2000 un’altra svolta, e che svolta... “Diventammo partner di molte aziende, so-
prattutto quelle agroalimentari alle quali iniziammo a offrire un servizio altamente qualificato in particolare nel campo dell’agricoltura di precisione. In definitiva, dopo l’industria 4.0 nasceva anche l’agricoltura 4.0 e con essa il percorso necessario quanto virtuoso di tracciabilità dei prodotti, in un quadro di grande sicurezza della filiera alimentare”.
Fra i vostri clienti figurano anche molti studi professionali. “Certamente. Vorrei sottolineare, in particolare, la rilevanza che assume la digitalizzazione dei processi che li riguardavano in relazione alle imprese loro clienti. Un esempio su tutti: i dati di bilancio che, se sono precisi e rapidi, influiscono non poco sull’organizzazione e naturalmente sui costi”.
Quanto ha inciso il Covid sulla vostra attività? “Ha inciso molto ma non ci siamo mai fermati nemmeno nel periodo di lockdown perchè una parte importante dell’attività era svolta con le imprese agricole che hanno proseguito il lavoro. Certo, però, molti progetti si sono dovuti accantonare”.
E ora? “Le aziende italiane sono sempre attentissime e attivissime. In settembre potrebbero ...mettere il turbo puntando sull’innovazione che, ricordiamolo, è un processo culturale necessariamente lungo e complesso. Certo le difficoltà di mercato sono forti, la burocrazia non aiuta”.
Essere imprenditore per lei significa...
LA SCHEDA
È sul mercato dal
1975
Tra i segmenti di riferimento anche i professionisti “La tua visione, la nostra tecnologia” è un po’ il “grido di battaglia” della Zuffellato Technologies, sede legale e operativa a Ferrara. È attiva dal 1975 in ambito ICT con l’obiettivo di offrire un insieme di prodotti e servizi in grado di soddisfare le più ampie aspettative dei clienti. Si occupa di digitalizzazione dei processi produttivi e gestionali, tramite applicazioni innovative che ottimizzano le metodologie operative, rispondono agli obblighi normativi, riducono il rischio legato all’incertezza e diminuiscono i costi delle imprese. Zuffellato opera principalmente in due segmenti di riferimento, quello delle aziende produttive e quello dei professionisti; negli ultimi anni si è distinta per lo sviluppo di progetti software nell’ambito del piano Industria 4.0 e in particolare nel settore agroalimentare.
“Credere fermamente in ciò che si sta facendo, verificare bene quali sono i punti di forza dell’azienda, da incentivare, e quelli deboli da supportare. Occorre anche abbandonare i settori che non daranno frutti. Fondamentale è la semina...Direi che non c’è una strategia unica, ma di una cosa sono convinto: il futuro si chiama digitalizzazione. Sarà questo processo a fare la differenza”.
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GRUPPO COIND
il Resto del Carlino 25/08/2020
Nella foto: Luca Cioffi
“Vi rivelo l’impero (nascosto) del caffè” Bologna, il Gruppo Coind fornisce prodotti a marchio per la grande distribuzione “Tostiamo 7mila tonnellate di chicchi all’anno” di Lorenzo Pedrini Fare, si sa, è più importante di apparire. E fare bene, affiancando qualità, innovazione e un’esperienza pluridecennale, può rendere un marchio sconosciuto ai più una delle più solide realtà italiane nei settori nei quali opera. È questa, dal lontano 1961, la missione del Gruppo Coind, nato a Castel Maggiore, nel Bolognese, quando la grande distribuzione era ancora agli albori e divenuto oggi, sotto la guida nel neopresidente Luca Cioffi, un punto di riferimento nei campi del caffè, della sanificazione e della cosmetica. In quel mondo in continua crescita che sono i prodotti a marchio del distributore.
Presidente, la vostra è un’azienda che
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ha precorso i tempi, pur rimanendo nell’ombra. “Ogni grande storia industriale è particolare, ma la nostra lo è più di altre, visto che, a conti fatti, siamo fra i gruppi meno noti al pubblico ma più diffusi in Italia. Un paradosso, questo, frutto delle scelte iniziali dei fondatori, che hanno puntato sul concetto di private label in tempi pionieristici, seguendo un modello che fa dei suoi principali clienti i suoi azionisti di riferimento”.
Parliamo di marchi conosciuti da tutti, che nei primi anni Sessanta, però, erano ai primi vagiti. “Parliamo, per fare dei nomi, di colossi no-
strani come Coop e Conad e di altrettanto importanti gruppi stranieri, che ci onoriamo, in molti casi, di avere accompagnato lungo buona parte del loro percorso di crescita. Con la costante, vale la pena rimarcarlo, di una continua ricerca dello sviluppo tecnologico e dell’ampliamento dei comparti di interesse e con una sempre crescente attenzione alla sostenibilità”.
E tutto è partito, come confermano ancora oggi le vostre quote di mercato, dal caffè. “La torrefazione è stata la base di partenza di Coind, e il suo frutto è sempre rimasto il nostro prodotto di punta, da quando abbiamo iniziato a tostarlo in piccole quantità a quando siamo arrivati a coprire il 60% delle quote nazionali di caffè a marchio del distributore. Ma siamo anche andati oltre, rifornendo – con le nostre etichette Attibassi, Meseta e Carracci – un’ampia rete di bar e gettandoci, in tempi recenti, sull’e-commerce e sul mercato del monoporzione”.
Dall’Italia, poi, vi siete espansi anche all’estero. “Il caffè, nella percezione degli stranieri, resta pur sempre un’eccellenza italiana e questo ci ha portato, progressivamente, ad uscire dai confini. Ora, infatti, siamo presenti in 60 Paesi con i nostri prodotti, ormai sempre più ecologici nel packaging e nella sostanza, e con i nostri operatori, in continuo aumento”.
Accanto al caffè, però, c’è anche molto altro. “Ci sono il mondo della sanificazione, cresciuto di importanza negli ultimi mesi e gestito, assieme al caffè, dallo stabilimento di Bologna e quello, in carico alla sede veneziana di Noale, della cosmesi e dei prodotti da toilette. Anche in questi casi, l’orizzonte di riferimento è la grande distribuzione e le grandi sfide, a maggior ragione, sono legate alla salute dell’ambiente e dei consumatori”.
LA SCHEDA 3
stabilimenti tra Emilia e Veneto I dipendenti sono
220
Orizzonti di vendita su
60 Paesi
Saranno 60 il prossimo anno le primavere del Gruppo Coind, fondato a Castel Maggiore nel 1961. Oggi, mentre il fatturato è arrivato a 74 milioni di euro, gli stabilimenti attivi sono diventati tre, e tre sono le aree principali di business. Tutte legate alla realizzazione di produzioni a marchio del distributore. I 220 dipendenti di Coind si dividono tra le due divisioni dell’impianto bolognese, l’una dedicata alla torrefazione del caffè per conto dei maggiori gruppi della Gdo e l’altra a prodotti per la sanificazione, e la divisione veneziana di Noale, cosmetica e toeletteria. Nel caso del caffè, cuore storico di Coind, sono 7mila le tonnellate di chicchi tostate ogni anno, a copertura del 60% delle quote nazionali di mercato e con orizzonti di vendita su 60 Paesi, anche grazie ai 16 milioni di euro recentemente investiti in macchinari all’avanguardia. In Veneto, il comparto della cura del corpo ha chiuso il 2019 con 10mila tonnellate e 25 milioni di pezzi prodotti.
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QUICK LOAD
il Resto del Carlino 01/09/2020
Nella foto: Davide Valentini
“C’era una volta il robot. Ora ci siamo noi” Bologna, la Quick Load realizza isole di automazione e fornisce consulenza e sviluppo. “Dal 1997 seguiamo la rivoluzione del settore” di Lorenzo Pedrini Cartesiani, in virtù dei tre assi che si incrociano ad angolo retto, oppure antropomorfi, con le articolazioni meccaniche che si innestano l’una sull’altra sul modello del corpo umano. Sono i robot che la Quick Load di Castel Guelfo progetta, costruisce e, per gli antropomorfi, importa dal Giappone, fin dal 1997 e sotto l’abile coordinamento di figure come Davide Valentini, fondatore del gruppo, legale rappresentante e responsabile dell’area commerciale.
I vostri robot non assomigliano a quelli di Asimov, ma aiutano lo stesso l’uomo.
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“I nostri robot servono a creare isole di automazione che facilitino il funzionamento delle linee di produzione delle aziende clienti, di ogni dimensione e attive in settori che spaziano dall’automotive alle macchine utensili. Principalmente, si tratta di celle per carico e scarico e sbavatura pezzi, che siamo in grado di assemblare a partire da macchinari di importazione, come quelli della giapponese Nachi, fornitore di Toyota, oppure di realizzare in proprio”.
Poi, una volta che la macchina gira, pensate a tutto il resto. “Quella dell’automazione è una rivoluzione che, legata a doppio filo all’evoluzione digita-
le, sta investendo ogni forma di produzione. Per questo noi, tra clientele esigenti, maestranze iperqualificate e fornitori di primo livello, abbiamo presto iniziato ad andare ben oltre la mera realizzazione del prodotto. Forniamo un ‘pacchetto chiavi in mano’, fatto di macchinari all’avanguardia ma anche delle relative tecnologie di gestione”.
Perché le macchine bisogna anche saperle usare. “Spaziamo dall’integrazione elettrica, pneumatica e software di ogni impianto con l’ambiente in cui dovrà essere inserito, alle attività di consulenza, manutenzione e certificazione che ne eleveranno le performance rendendole costanti. Questo, ragionando con il cliente su come migliorarne il funzionamento e adattarlo a contesti ed esigenze ogni volta differenti”.
Oggi la robotica è molto diversa da fine anni ’90. “Noi siamo partiti con tre operatori del settore che si separarono dalla loro casa madre e fondarono Quick Load, come nelle più classiche avventure industriali, tra le mura di un garage. A quei tempi esisteva ancora il concetto di magazzino, con la necessità di progettare macchine dedicate a una singola lavorazione, statiche e poco versatili. Ora lo scopo è dare vita a oggetti in continuo movimento, con macchinari che devono adattarsi ora per ora a produrre pezzi sempre nuovi e inserirsi in una rete mai tanto complessa”.
LA SCHEDA
Fatturato e
10 milioni
27 dipendenti
L’export è un quinto del giro d’affari Il
5% dei ricavi in ricerca
Era il 1997 quando tre dipendenti del nascente indotto della robotica industriale scelsero di fondare Quick Load, il polo dell’automazione che, nato in un garage alle porte di Bologna, ha oggi un fatturato di oltre 10 milioni. Accanto ai tre soci fondatori nella nuova area produttiva di Castel Guelfo di oltre 2.500 mq, lavorano 17 dipendenti, in sinergia con quelli delle consociate Eurobot Group e GS Computers. Dal quartier generale, investendo in ricerca una quota annua dei ricavi del 5%, le isole robotiche Quick Load raggiungono, oltre alla Packaging Valley e all’Italia, anche i mercati svizzero, belga, francese e tedesco, per una quota di export di un quinto del giro di affari e un fatturato 2018 a +11,2% rispetto al 2017, a sua volta a +29% sul 2016.
E in un mercato sfaccettato. “Una volta l’hardware aveva costi enormi e i clienti erano pochi e molto strutturati. Ora dobbiamo essere competitivi e capaci di innovare di continuo. Come ci impegniamo a fare, anche oggi, per ripartire dopo il calo di ordini legato al Coronavirus”.
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WEBASTO
il Resto del Carlino 08/09/2020
Nella foto: Patrizia Draghetti
“Idee e impianti per fornire aria pulita” Molinella, la Webasto Thermo & Comfort realizza sistemi di climatizzazione. “Investiamo su efficienza energetica e digitalizzazione” di Lorenzo Pedrini Sono le difficoltà, spesso, il terreno più fertile per far germogliare le idee migliori e, così, anche la più tragica delle pandemie può diventare semplicemente un’altra prova da superare. Con l’ingegno e le capacità di una multinazionale come Webasto (società tedesca fondata nel 1901 con sede a Stockdorf, vicino a Monaco, e con numerose onorificenze nel suo palmares), leader a livello internazionale nell’applicare soluzioni innovative al trasporto veicolare, e, soprattutto, con la competenza degli ingegneri della divisione ‘Thermo & Confort’, il braccio tricolore del gruppo, basato a Molinella e guidato dall’amministratore delegato Patrizia Draghetti.
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Andiamo con ordine. Prima di tutto, dove e come inizia la storia italiana di Webasto? “L’attuale Webasto Thermo & Comfort Italy Srl – risponde l’amministratore delegato – trae origine da uno storico produttore di sistemi di climatizzazione per l’aftermarket dei veicoli come Diavia, fondato nel lontano 1970 a Bologna ed entrato, a partire dagli anni ‘90 nell’orbita di colossi internazionali come General Motors e Delphi. Nel 2012, poi, l’azienda è stata acquisita dal gruppo tedesco Webasto, che, oltre al mondo del clima e dei tetti per auto, si occupa anche di tecnologie di trasmissione e alimentazione per ogni tipologia
di veicolo”.
Nella sede della Bassa emiliana, però, il core business riguarda l’aria condizionata. “Esatto, assieme alla progettazione, costruzione e distribuzione di sistemi di filtraggio aereo, e, fino al momento in cui le case automobilistiche non montavano autonomamente i sistemi di aerazione, abbiamo avuto all’attivo una lunga collaborazione in esclusiva con marchi come Ferrari, Maserati e Alfa Romeo. Poi, con il passaggio da Delphi a Webasto, abbiamo abbandonato l’auto e, ora, ci rivolgiamo ai veicoli speciali, dagli autobus al trasporto di beni commerciali deperibili e dalle ambulanze ai trattori”.
Puntando forte, immaginiamo, sui mantra dell’innovazione e della sostenibilità. “Innanzitutto sull’efficienza energetica condizione ormai ineludibile per lo sviluppo industriale, e sulla digitalizzazione delle linee di produzione, in ottica 4.0. Nello specifico, poi, abbiamo investito sulla prototipazione, grazie all’arrivo di una stampante 3D che velocizza e rende più accurati i test sui prodotti in cantiere, e sulle simulazioni ambientali, ospitate in una nuova galleria climatica dove mettere alla prova gli impianti, scendendo a temperature di 40 gradi sotto lo zero e risalendo fino a 60 gradi sopra”.
L’ultima grande idea, invece, è un portato dell’emergenza Covid. “Ci siamo mossi fin da subito per dare un contributo alla comunità e il risultato è stato un sistema di filtrazione dell’aria ad alte prestazioni, immaginato per le ambulanze ma, crediamo, applicabile anche ad altri contesti, che ha il merito di rimuovere con efficacia il 99,9% dei contaminanti dall’aria che respiriamo, offrendo un livello di filtraggio di grado medicale Hepa-14. Viste le grandi richieste del mercato, sembra che abbiamo avuto ragione”.
LA SCHEDA Ricavi per e
46 milioni
195 dipendenti
Decisiva la formazione:
2019
4.200
nel oltre ore di corsi di perfezionamento A mezzo secolo esatto dalla fondazione del suo progenitore, la bolognese Diavia, Webasto Thermo & Comfort Italy Srl dà lavoro oggi a 195 dipendenti, impiegati principalmente nei 44mila metri quadrati (25mila dei quali al coperto) dello stabilimento bolognese di Molinella. Il suo fatturato annuo, in linea nel 2019 rispetto all’esercizio 2018, è pari a 46,1 milioni di euro, ben 31,1 dei quali (68% dei ricavi totali) si sviluppa su mercati esteri europei (Austria, Germania e Francia) ed extraeuropei (Bielorussia, Turchia e Stati Uniti). Una delle chiavi di volta del successo dell’azienda, inoltre, risulta essere lo sforzo profuso sul fronte della formazione interna, come provano le 4.248 ore di corsi di perfezionamento erogate nel solo anno passato. La casa madre, invece, con il quartier generale a Monaco di Baviera, nel 2019 ha generato vendite pari a 3,7 miliardi di euro, impiegando quasi 14mila dipendenti nelle sue 50 sedi sparse per il globo, 30 delle quali sono stabilimenti produttivi.
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GARC
il Resto del Carlino 15/09/2020
Nella foto: Andrea Grillenzoni
“Insieme agli edifici costruiamo il futuro” Carpi, la Garc offre infrastrutture, impianti e servizi sempre più protesi all’ambiente. “La tecnologia per gestire gli impatti, anche sociali” di Maria Silvia Cabri Costruzioni e infrastrutture, coperture, impianti, servizi per l’ambiente ed energie rinnovabili: è decisamente molto ampio il ventaglio di servizi offerti da Garc Spa di Carpi, azienda fondata nel lontano 1975. Una realtà dalle solide basi e in continua espansione, come spiega Andrea Grillenzoni, direttore generale Garc.
Quali sono i vostri principali punti di forza? “La visione unita alla capacità di rendere concrete le scelte che, all’inizio, sembravano audaci. Ci sentiamo la responsabilità di
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essere professionisti nei nostri ambiti di attività, vale a dire le costruzioni e l’ambiente. L’attenzione alle persone ci porta poi ad essere coesi e determinati nella ricerca del sapere, del bello, del ben fatto, in ogni ambito del nostro lavoro, dall’approccio commerciale, passando a quello progettuale, esecutivo e di gestione delle opere e dei servizi che offriamo. Costi certi, tempi chiari e rispetto quasi maniacale di tutti gli accordi presi”.
Come vi siete evoluti nel corso degli anni? “L’evoluzione è uno dei nostri quattro pilastri,
su cui ci fondiamo. Gli altri sono preservare, generare e distribuire. Nasciamo nel 1975 come impresa generale di costruzioni, e da allora siamo evoluti sommando nuove competenze. Il concetto che lega il passato al presente di Garc Spa si esprime nel termine ‘interazione’. Lo scopo dell’azienda è governare la complessità, non inseguirla”.
Può farci un esempio di questa vostra filosofia? “La tecnologia ha cambiato il modo di proporre il progetto ed ecco che, ad esempio, la Realtà Virtuale e la Realtà Aumentata consentono ai clienti di percorrere gli spazi ancor prima di vedere edificate le costruzioni. Non esiste però nulla di tutto questo che non parta dall’uomo, dalla scintilla della sua intelligenza e dalla forza della sua azione. Ecco perché il supporto alle comunità locali, attraverso l’affiancamento a progetti sociali legati al mondo dello sport, della cultura, della salute, della salvaguardia ambientale diventano parte essenziale della strategia”.
L’emergenza legata alla epidemia Covid vi ha duramente colpito al cuore… “Abbiamo perso durante la pandemia il nostro amico, padre, fratello, zio, socio e collega Giorgio Grillenzoni. Siamo però certi che sta continuando a spingerci a percorrere con ancor maggior determinazione la strada che avevamo tracciato insieme”.
Quali sono i vostri progetti futuri? “Ad aprile abbiamo ottenuto la certificazione B.Corp, che conferma l’elevatissimo standard che abbiamo raggiunto nella gestione dei nostri impatti sociali ed ambientali. Dobbiamo immaginare di Ri-Costruire l’ambiente attraverso l’ideazione di edifici che interagiscono in relazione positiva con il contesto, e servizi basati sull’evoluzione della tecnologia. Continueremo a progettare e costruire perché, davvero, crediamo nel futuro e vogliamo esserne parte buona ed attiva”.
LA SCHEDA Attiva da
45 anni
261 dipendenti Nel 2019 il valore della Ha
produzione ha toccato gli milioni di euro
81
Garc SpA nasce a Carpi 1975 come impresa generale di costruzioni, e si è evoluta nel tempo elevando il proprio ruolo di Main Contractor, sommando nuove competenze e una specializzazione nella costruzione di opere complesse a servizi innovativi che le hanno permesso di affermarsi e proseguire lungo la direttrice del successo e dell’affidabilità, valorizzando lo straordinario patrimonio umano e professionale di cui dispone. Garc ha 261 dipendenti, è attiva nei settori delle costruzioni, sia industriali che civili, e nell’ambiente attraverso la progettazione, sviluppo, costruzione e gestione di impianti di trattamento e fornitura di servizi di gestione e raccolta. Opera su tutto il territorio nazionale. Il valore della produzione (indicatore del valore prodotto) al 31 dicembre 2018 era di 60.441.57 euro, nel 2019 ha toccato 81 milioni di euro.
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ENTE CERTIFICAZIONE MACCHINE il Resto del Carlino 22/09/2020
Nella foto: Luca Bedonni
“Così certifichiamo prodotti in tutto il mondo” Bologna, l’attività della Ecm: “Specializzati nelle macchine, abbiamo sedi dalla Cina agli Stati Uniti”. Dopo l’ok via libera alla vendita di Maria Silvia Cabri Ente Certificazione Macchine di Valsamoggia (Bologna) è un ente indipendente di certificazione, ispezione, testing e formazione. Negli anni, Ecm ha ampliato i propri settori di intervento e l’offerta dei servizi, attraverso l’ottenimento di accreditamenti e notifiche, come spiega il direttore dei servizi e presidente Luca Bedonni.
Come nasce l’azienda? “Oltre venti anni fa, a Savignano sul Panaro, due imprenditori, Antonio Bedonni, mio padre, e Andrea Secchi (cui è subentrata in qualità di vice presidente la figlia Federica Sec-
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chi, ndr) grazie alla loro lungimiranza, hanno dato vita ad un sistema di certificazioni nel mondo delle macchine, dai carrelli elevatori ai torni, trapani, macchine movimento terra, trattori, mezzi automatici”.
Di cosa vi occupate? “Le aziende, per potere immettere sul mercato un proprio prodotto (macchine, dispositivi medici, dispositivi elettrici, elettronici), devono avere una certificazione CE e rispettare le relative normative di riferimento. Se gli esiti sono positivi, ed ottengono la certificazione, possono inserire il loro prodotto nel mercato”.
Che settori trattate? “Siamo nati nel campo delle macchine, poi ci siamo ampliati, sia come numero di dipendenti che come accreditamenti da parte della Commissione europea come Organismo notificato nr. 1282. Siamo tra i primi dieci al mondo come numero di accreditamenti; inoltre siamo accreditati per la certificazione dei Sistemi di Gestione per la Qualità per i seguenti standard internazionali: EN ISO 9001 ed EN ISO 13485, nonché siamo Laboratorio di Prova accreditato secondo lo standard ISO 17025”.
Poi vi è il settore dei dispositivi medici… “Negli ultimi anni gli accreditamenti sono cresciuti con riferimento alla marcatura dei certificati CE dei dispositivi medici. Al riguardo nel luglio scorso abbiamo inaugurato la nuova specifica sede di Valsamoggia di fianco a quella già esistente”.
Avete più sedi? “Quella principale è a Valsamoggia, cui si aggiungono altri 13 stabilimenti in giro per il mondo: Cina, Corea, Stati Uniti, Israele, India, Argentina. Qui ci occupiamo di certificare prodotti che vogliono essere esportati in Italia e al contempo prodotti italiani da vendere all’estero”.
Quali i vostri punti di forza? “Siamo una società privata; rispetto ad altre organizzazioni garantiamo risposte immediate in tempi certi nonché un rapporto costante con il cliente e la massima competenza dei nostri tecnici laureati”.
Cos’è la camera anecoica? “Un ambiente in laboratorio privo di interferenze elettromagnetiche per testare i dispositivi elettrici ed elettronici dal punto di vista della compatibilità elettromagnetica. Permette di effettuare prove e misurazioni in condizioni controllate, al fine di valutare le emissioni elettromagnetiche dei prodotti e macchinari testati, consentendo ai clienti di seguire da remoto le attività di testing e vedere i risultati in tempo reale”.
LA SCHEDA Fatturato di
5 milioni
La quota export è pari al Impiega
30%
35 persone
L’Ente Certificazione Macchine nasce nel 1996 a Savignano sul Panaro (Modena) e poi, grazie alla costante espansione in termini di servizi e personale, costruisce i propri uffici a Valsamoggia (Bologna), dove attualmente si trova la sede centrale. Ecm può vantare una ventennale esperienza nella certificazione di prodotti, macchinari e attrezzature di lavoro. Attraverso le sue 4 divisioni operative - certificazioni, laboratorio di prova, ispezioni e formazione – rappresenta un punto di riferimento per le aziende nelle verifiche di conformità agli standard imposti dalle direttive comunitarie e ai maggiori standard internazionali. Nel corso degli anni, Ecm ha ampliato le proprie risorse e i propri settori di competenza. Attualmente sono 35 i dipendenti; la quota dell’export è al 30% del fatturato che nel 2019 ammontava a 5 milioni di euro.
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LOGIKAMENTE
il Resto del Carlino 29/09/2020
Nella foto: Francesca Cavazzuti e Stefano Ciammarughi
“Con noi i magazzini diventano intelligenti” L’attività della ferrarese Logikamente, specializzata in software e in sistemi per rendere più efficiente la logistica delle imprese di Alberto Lazzarini È un’azienda giovane, di idee e di carta di identità. Non ha ancora compiuto dieci anni ma è già fortemente strutturata e operativa in un settore proiettato verso il futuro. Stiamo parlando di Logikamente, una software house con sede a Ferrara (zona nord, a un tiro di schioppo dal casello autostradale), specializzata nello sviluppo di software finalizzati a migliorare, ma anche a controllare, i risultati offerti dalla produzione. Non solo: propone anche soluzioni per la gestione del magazzino, il suo efficientamento e l’ottimizzazione dei processi logistici interni ed esterni alla fabbrica; il tutto in ottica Industria 4.0. Titolare e amministratore delegato della società è Stefano Ciammarughi, affiancato da Francesca Cavazzuti (financial
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manager). Il terzo socio, Filippo Orlando, guida la filiale trentina.
Ciammarughi, lei è anche il fondatore della società. Come è nata l’idea? “Ancor prima di terminare gli studi (laurea in informatica, ndr) ho lavorato presso la Zuffellato Technologies, sempre di Ferrara, di cui Logikamente, che ho avviato nel 2011, è stata uno spin-off”.
All’inizio il vostro core business era un po’ diverso. “Sì, nei primi anni avevamo puntato solo sullo sviluppo di progetti comunicazione su web poi ci siamo indirizzati anche verso altri segmenti di mercato che hanno come protagoniste le Pmi
del manifatturiero. Oggi il web digital viene gestito dall’unità operativa di Trento”.
Qualche dato dell’azienda… “Siamo undici addetti, tutti di età inferiore ai 40 anni. Il fatturato ha ormai superato i 400.000 euro. Il nostro obiettivo è di raggiungere il milione di euro entro il 2023”.
LA SCHEDA
Su cosa puntate in particolare? “Sull’innovazione di processo e di prodotto. Il progresso, in questo campo, è costante. Quindi, l’attenzione concreta verso ricerca e sviluppo è una caratteristica fondamentale della nostra azienda”.
Si continua a parlare molto, e senza dubbio giustamente, di Industria 4.0. “Il futuro non può che passare proprio per l’Industria 4.0. L’Italia è un po’ indietro in questo settore rispetto ad altri Paesi europei e deve perciò accelerare. Devono crederci le aziende, deve dare il suo sostegno il Governo”.
In cosa consiste la ‘Gestione intelligente del magazzino’? “È un processo che rientra sempre in ottica Industria 4.0; si tratta dell’efficientamento tramite l’utilizzo dei dati. Stiamo lanciando un nuovo prodotto per il magazzino intelligente introducendo un’etichetta elettronica che comunica con software gestionali anche già presenti in azienda. Con il nostro sistema l’etichetta elettronica dà informazioni sempre aggiornate all’operatore del magazzino”.
Dov’è collocata la vostra area mercato? “Nel nord-est, in Lombardia e in Emilia-Romagna, principalmente. Vorremmo radicarci ed espanderci di più anche nel Ferrarese. Abbiamo un ottimo cliente negli Stati Uniti”.
Un’azienda all’avanguardia non può tralasciare la formazione…
Business orientato a Industria 4.0 Da Ferrara a Trento: ecco come viene sviluppato il business Logikamente è una software house con sede a Ferrara specializzata nello sviluppo di software di tipo Mes (Manufacturing Execution System) per il miglioramento e il monitoraggio delle performance di produzione, e di soluzioni per la gestione del magazzino e l’ottimizzazione dei processi logistici interni ed esterni alla fabbrica in ottica Industria 4.0. L’azienda, nata nel 2011 da uno spin-off della Zuffellato Technologies, sotto la guida di Stefano Ciammarughi e Francesca Cavazzuti, rispettivamente Ceo e financial manager, avviò la sua attività come web agency. A seguito dell’ingresso in società del terzo socio, Filippo Orlando, e della sua Geeksolution, Logikamente ha trasferito alla sede di Trento tutte le attività di marketing digitale e di sviluppo di siti web, mantenendo nella sede di Ferrara il proprio core business orientato al 100% allo sviluppo di software ed applicazioni per l’industria manifatturiera.
“La formazione è fondamentale soprattutto nel nostro campo. I nostri dipendenti partecipano a corsi in Italia e all’estero. Ma facciamo di più: divulghiamo la cultura del software che rappresenta un’ottima opportunità di impiego per i giovani. Così, spesso andiamo nelle scuole a raccontare ciò che facciamo e partecipiamo al progetto alternanza scuola-lavoro. Più d’uno studente è diventato nostro collaboratore”.
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TREDIGRAPH
il Resto del Carlino 06/10/2020
Nella foto: Vittorio Manzini
“Portiamo i clienti in un mondo fantastico” Modena, la Tredigraph realizza video in computer grafica per la comunicazione delle aziende: “Il reale interagisce con l’animazione” di Maria Silvia Cabri Comunicare in modo innovativo ed efficiente: questo uno dei pilastri alla base della Tredigraph di Spilamberto (Modena), una video factory che dal 1999 si occupa della produzione di filmati e animazioni 3D: propone progetti e prodotti e aiuta le aziende a comunicare in modo innovativo e coinvolgente, spiega il Ceo Vittorio Manzini.
Come nasce Tredigraph? “Nel 1999, dal mio sogno, per diverso tempo rimasto chiuso in un cassetto, di trasformare una passione, quella per la computer grafica, in un lavoro a tempo pieno. Con un passato da pilota militare e, successivamente, di progettista industriale, sentivo di avere l’entusiasmo e le competenze giuste per lanciarmi in questa
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avventura. Così ho deciso di fondare una microazienda, composta da me e da mia sorella Carlotta, addetta all’amministrazione. Il progetto era quello di produrre immagini e animazioni 3D. Poi il gruppo ha iniziato a crescere e negli anni si sono aggiunti alla squadra altri tre soci: Alessandro Roli, e Marco e Luca Bertini. Oggi l’azienda è composta da undici persone e, nel panorama delle case di produzioni video, si è fatta strada guadagnandosi l’opportunità di realizzare con successo video e animazioni per aziende di altissimo livello, alcune delle quali leader mondiali nel mercato di loro pertinenza”
Qual è la vostra mission? “Siamo una video agency, che si occupa dell’ideazione creativa, dello sviluppo e della post-
produzione di filmati e animazioni. Sono tre i settori principali: animazioni 3D, video produzioni tradizionali e filmati immersivi VR 360”.
Cliente ‘tipo’? “La media-grande azienda di sviluppo tecnologico e automazione industriale. Realizziamo video per svariati settori produttivi quali food & beverage, automotive, industrial manufacturing, logistic automation, digital devices ecc. Non ci occupiamo solo delle fasi produttive ma anche dell’ideazione creativa, in un percorso condiviso e strutturato al fianco dei clienti. Per questo nel corso degli anni si sono consolidate collaborazioni strette con aziende di fama mondiale che ci hanno dato visibilità e soddisfazioni in tutto il mondo”.
Cosa si prova nel realizzare queste animazioni? “C’è sempre grande soddisfazione nel vedere elementi virtuali prendere vita in un video. Persone reali che interagiscono con elementi in computer grafica. Robot animati che compiono azioni apparentemente impossibili. Riprese fatte su scenari mediocri trasformate in ambientazioni incredibili o completamente diverse. Tutto questo con l’obiettivo di trasmettere al meglio un messaggio, un’informazione. La creatività visiva al servizio della comunicazione aziendale. Un connubio entusiasmante di tecnologia, competenza, passione e fantasia per filmati credibili ed efficaci”.
Rapporto con l’estero?
LA SCHEDA Fatturato Export
1 milione
+15%
Usa, Cina e Giappone tra i primi mercati esteri In portafoglio
400 aziende
Tredigraph è stata fondata a Spilamberto (Modena) nel 1999 da Vittorio Manzini, attuale Ceo. All’inizio erano lui e la sorella Carlotta, oggi l’azienda conta cinque soci e 6 dipendenti. Tredigraph è diventata fornitrice consolidata di alcune tra le aziende leader mondiali nei diversi settori del food, beverage, automotive, factory automation, tissue e real estate, con un portfolio clienti di oltre 400 aziende, una produzione di più di 1.500 video e animazioni 3D. I principali mercati esteri sono Cee, Usa, Cina, Giappone, con una quota export del 27%. Il fatturato globale nel 2019 è stato di 1,024 milioni di euro (+1% rispetto al 2018); quello export, nel 2019, di 271 mila euro (+15% rispetto al 2018).
“La maggior parte dei nostri clienti ha le sedi principali all’estero. Le produzioni di Tredigraph sono spesso rivolte al mercato americano ed europeo e spesso le nostre produzioni si svolgono all’estero. A volte è l’unico modo per avere un controllo completo dei girati video e garantire l’elevata qualità del risultato finale”.
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SELETTRA
il Resto del Carlino 13/10/2020
Nella foto: Sergio Pozzi
Selettra, dove i piccoli motori crescono Il presidente Pozzi: “Partono da qui prodotti che vanno dal parapendio alle motoseghe, passando per veicoli e go-kart” di Lorenzo Pedrini Potenza e affidabilità, ma in miniatura. Sono i sistemi di avvio dei motori di dimensioni ridotte, dal 1978, il business di riferimento di Selettra, l’azienda del gruppo Yama che, in quel di Bentivoglio e sotto la guida del presidente e ad Sergio Pozzi, fa dell’avanguardia tecnica una questione di principio.
Progettazione, realizzazione e vendita. Ma poi dove finiscono le vostre accensioni elettroniche e i vostri volani magnete? “I campi di applicazione dei nostri prodotti sono molto numerosi, dai motori a spalla per il parapendio alle centraline di motoseghe, soffiatori e decespugliatori, passando per moto,
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minimoto e go-kart. Tanto nelle versioni analogiche quanto in quelle digitali”.
E anche i clienti sono di primo livello. “Parlando di motoseghe, per ben tre volte ci siamo guadagnati il titolo di fornitore dell’anno da parte del leader mondiale di settore, la tedesca Stihl, mentre sul fronte motoristico possiamo citare, tra le altre, le importanti collaborazioni con marchi come Ducati e Ktm, che non hanno bisogno di presentazioni”.
L’obiettivo, invece, è reggere la spietata concorrenza cinese. Come ci riuscite? “I cinesi hanno il monopolio di quelle ‘terre
rare’ che sono indispensabili per le nostre produzioni e, per di più, sono in grado di offrire prezzi competitivi per le mille ragioni che conosciamo. Noi, da parte nostra, ci mettiamo la qualità italiana e i servizi di primo livello alla
LA SCHEDA
clientela, oltre alla costante tensione verso l’innovazione. Per ora la ricetta sta pagando”.
70 dipendenti
Innovare è un verbo molto diffuso. Per voi cosa significa?
Ha
“Vuol dire puntare su soluzioni digitali e mi-
Fatturato: milioni Nata nel , è il punto di riferimento del colosso giapponese Yama
croprocessori di ultima generazione, ma pure, a beneficio dell’ambiente, sulla riduzione delle emissioni e inquinanti. E vuol dire, anche, inve-
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1978
stire sull’efficienza, come dimostra la realizzazione, ormai 10 anni fa, della fonderia Selettra, specializzata nella pressofusione di leghe metalliche leggere”.
Tutto questo, tra l’altro, tenendo sempre presenti gli elevati standard richiesti dal vostro comparto in fatto di sicurezza. “È un capitolo, questo, dal quale dipende buona parte del nostro successo. Un guasto o un surriscaldamento al motorino di una motosega, ad esempio, potrebbe infatti causare l’esplosione dell’intero dispositivo, con rischi concreti di gravi infortuni. Per questo il nostro controllo qualità, quotidianamente, fa davvero la differenza”.
Fondata a Castel Maggiore nel lontano 1978, Selettra si è poi spostata a qualche chilometro in più da Bologna, a Bentivoglio, lavorando nell’orbita della giapponese Yama, colosso internazionale da 2.300 impiegati e 46 aziende la cui sede italiana si trova a Reggio Emilia. Oggi, Selettra è arrivata a impiegare 70 dipendenti e a sviluppare un fatturato che, nel 2019, è stato pari a 11,8 milioni di euro, mentre le previsioni per il 2020, nonostante la pandemia, parlano di 12,5 milioni. Una delle caratteristiche è la proiezione oltreconfine, dal momento che Selettra sviluppa all’estero l’89% dei propri ricavi, in particolare negli Stati Uniti, in Brasile, in Cina e in Germania.
E la sicurezza nei tempi del Covid? Come ha funzionato? “Direi molto bene, anche nei mesi più caldi, durante i quali abbiamo abbassato la serranda per una sola settimana e applicato rigidamente tutti i nuovi protocolli. Gli ordini, in parallelo, non sono calati e la prova, in attesa di nuovi sviluppi, può dirsi superata”.
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Indice
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Finito di stampare nell’ottobre 2020
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