IL TETTO DI CRISTALLO
Confini
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Gianni Falcone Roberta Forte Lino Lavorgna Sara Lodi Antonino Provenzano Fausto Provenzano Angelo Romano Gianfredo Ruggiero Cristofaro Sola Silvio Sposito
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ATTIBUTI IN ROSA...
Giorgia Meloni, il solo premier donna alla riunione del G20 di Bali. Diciannove ad uno, il tetto è ancora solido. Ma lei lo ha superato, è riuscita ad andare oltre la cupola di cristallo che marca il confine invisibile tra il mondo degli uomini e quello delle donne, tra chi gestisce il potere e chi no.
Tra i 20 sarà difficile che il tetto sia spezzato a breve in Usa, Arabia Saudita, Cina, Giappone, Corea del Sud, Messico, Sudafrica e, forse, in Russia. Tutti gli altri Stati membri hanno già avuto una donna ai vertici dello stato. A volte solo due primi ministri e nessun Presidente, come in Francia, a volte 2 su 53 come in Argentina, 1 su 31 in Australia, 1 su 39 in Brasile, 1 su 28 in Canada, India 1 (per 2 mandati) su 18, 1 su 9 Germania, 3 su 79 Regno Unito, 1 su 27 Turchia, 1 su 7 Indonesia, 1 su 31 in Italia.
A livello dei cosiddetti "grandi" i premier uomini sono stati ai vertici del potere 551 volte contro le 15 volte di una donna (un magro 2,6%), (il numero 565 (550+15) rappresenta il totale degli avvicendamenti al potere nei Paesi G20, ndr).
I numeri, che raramente mentono, fanno comprendere grandezza e spessore del "tetto di cristallo" e spiegano che l'accesso al potere è raramente consentito alle donne a prescindere dai sistemi politici, fatta eccezione per l'Arabia Saudita dove il potere è riservato esclusivamente agli uomini.
Negli Usa, culla di democrazia e del femminismo, si è visto un Presidente nero mai una donna al comando.
In molti, soprattutto da sinistra, si sono stupiti che "una di destra" ce l'ha fatta. Eppure "l'altra metà del cielo", vista da destra, non è altro che la parte mancante e complementare dell'uomo. Quindi coessenziale ed assolutamente uguale. Tant'è che tra re e regina, nelle favole come nella Tradizione, non vi è mai stata differenza rispetto alla legittimità e all'esercizio del potere. Esoterico ed essoterico. Nei Tarocchi, non a caso, troviamo, simmetricamente, l'Imperatore e l'Imperatrice e il Papa e la Papessa... Questo aiuta a comprendere come e perché a destra non c'è mai stata una "questione di genere" né la necessità di "eretiche" quanto inutili "quote rosa".
E non per caso, ma per tempra e valore fuori dal comune, quelle 15 donne hanno fatto saltare il tetto e meritano di essere ricordate: Edith Cresson ed Elisabeth Born in Francia,
Martinez de Peròn e Cristina Elizabeth
IL TETTO DI CRISTALLO
Piuttosto che una platonica, sono sempre stata una socratica; nel senso che partendo dal presupposto di non sapere mi industrio per apprendere quanto più possibile, nella consapevolezza che la conoscenza non ha mai fine così come le sfaccettature della natura umana. E proprio di recente ho colmato una vasta lacuna a proposito del 'tetto di cristallo', un'espressione metaforica mai sentita, lo confesso, fino a che non è stata proposta quale focus del presente numero. Infatti, appena pronunciata dal nostro beneamato direttore, mi è uscito spontaneo: E che vuol dire?
Così, l'amico Angelo, con la sua innata pazienza, mi ha messo a giorno del suo significato. Un'allegoria che si usa per indicare una situazione in cui l'avanzamento di carriera di una persona in una organizzazione lavorativa o sociale, o il raggiungimento della parità di diritti, viene impedito per discriminazioni e barriere di prevalente origine razziale o sessuale, che si frappongono come ostacoli di natura sociale, culturale, psicologica apparentemente invisibili anche se insormontabili.
Al che, sospinta dalla voglia di sapere, intanto sono ricorsa alla onnivalente Wikipedia dove ho letto che l'espressione fu coniata nel 1978 dalla scrittrice Marilyn Loden e poi, nel marzo 1984, venne usata in un'intervista da Gay Bryant, fondatrice della rivista Working Woman: "Le donne hanno raggiunto un certo punto - io lo chiamo il soffitto di cristallo. Sono nella parte superiore del management intermedio, si sono fermate e rimangono bloccate. Non c'è abbastanza spazio per tutte quelle donne ai vertici. Alcune si stanno orientando verso il lavoro autonomo. Altre stanno 1 uscendo e mettono su famiglia" . Due anni dopo, persino il Wall Street Journal in un articolo descriveva il soffitto di cristallo come "qualcosa che non avrebbe potuto essere trovato in qualsiasi manuale aziendale o addirittura discusso in una riunione di lavoro, ma che era stato originariamente introdotto come un fenomeno invisibile, segreto, non detto, e che esisteva per 2 mantenere le posizioni di leadership di livello esecutivo nelle mani dei maschi caucasici" . Alleluja, allelujà. Stavo colmando. Quindi, vale anche per la politica, mi son detta. E, dopo un veloce girovagare sul web, ho saputo che addirittura l'ha usata il presidente Meloni nella sua presentazione alle Camere, significando che finora mai e poi mai era stata neppure ipotizzabile una donna a capo dell'Esecutivo. In effetti, ha rotto il tetto di cristallo Già, ma in quella semplice, indiscutibile affermazione, ha fatto i conti senza il presunto oste, lo stravagante 'padrone' della fonte della loquela, l'eccentrico 'detentore' del segreto degli uvaggi e della miscelazione delle parole, il bislacco sommelier che, munito di tutto il suo scenografico armamentario, si affanna
nell'indirizzare con atteggiamento sussiegoso e melense il cliente nella scelta dei significati delle accezioni. Ne va del suo traballante impiego, è anziano e di meglio non sa fare. Mi riferisco al PD che in quell'occasione, nella fretta di apparire, è stato indotto dalla congenita tracotanza e dal sopraggiunto amaro in bocca a travisare l'indiscutibile situazione e ad addentrarsi in un'improbabile descrizione delle sue proprietà organolettiche. Così, a fare la parte del confuso enologo è toccato al capogruppo alla Camera che nel dibattito sulla fiducia ha mostrato in toto la fine del battistrada e l'esposizione delle corde: dire alla Meloni che è sembrato d'intravedere nell'avvio del suo governo l'intenzione di porre la donna un passo dietro l'uomo e rivolta unicamente alla famiglia significa ignorare la realtà dei fatti, se non volutamente provare a distorcerli, per giunta in maniera improvvida. E non è stata tanto la risposta nella replica a 'stenderla': Mi guardi. Le sembra che io stia un passo indietro agli uomini? quanto l'aggiunta che non fa una piega: … E' certamente una sconfitta che la donna debba rinunciare al lavoro per avere un figlio ma, parimenti, è una sconfitta rinunciare ad un figlio per avere un lavoro. Spero che per queste libertà lotteremo insieme Lo sguardo un po' confuso e frastornato della giovane esponente PD è stato un diletto senza pari, frammisto a tanta tristezza per la fine ingloriosa di un 'pezzo' di storia patria. Non credo che possa mai realizzarsi un lavoro in comune sulla condizione della donna e sulla concretizzazione della sua legittima, sacrosanta scelta di avere sia un figlio che un lavoro, senza dover optare per l'uno o per l'altro, indotta a tanto non più da un atteggiamento maschilista (ne sono rimasti davvero pochi), bensì dall'incapacità manifesta dei suoi 'tradizionali' paladini di mettere a fuoco la problematica e di inquadrarla in un contesto operativo, al di fuori dei semplici nominalismi di maniera, tipici da circa trent'anni a questa parte di quella formazione e di quella cosiddetta 'cultura' che, immeritatamente, si definisce di 'sinistra'. E, purtroppo, quell'incapacità di dare un senso alle parole, di realizzare il loro intrinseco ed estrinseco significato, è la causa di buona parte delle odierne problematiche. Un'inettitudine nemmeno mitigata dall'essere stati al governo del Paese, come avvenuto in tanti degli anni passati, trascorsi ad ammiccare al capitale prima e poi alla finanza.
E' più che altro l'istillazione del dubbio che li caratterizza, senza le proprietà del mercurio per dare luogo al processo di riforma. Non so che tipo di governo sarà quello di Giorgia Meloni. La 'campanella', del resto, è passata di mano da pochi giorni e, materialmente, non ci sono significativi elementi, atti, iniziative per poter abbozzare un giudizio che abbia un minimo di fondatezza.
Eppure, c'è chi si è lanciato nelle più articolate interpretazioni al semplice udire, ad esempio, la denominazione di due dicasteri: al posto dello 'sviluppo economico', 'Imprese e made in Italy', oppure anziché il semplicemente 'Sud' l'aggiunta 'del Mare'. Sono bastate queste due 'correzioni' per scatenare la fantasia degli 'opinionisti' più accreditati, dei politologi più considerati circa le direttrici delle azioni future. Che so, l'accezione 'Imprese', a detta dei 'soloni' di turno, potrebbe lasciar intendere una politica volta esclusivamente a favore di quest'ultime mentre il 'Made in Italy' potrebbe indicare un indiretto accenno al 'sovranismo' e, comunque, un
acceso 'protezionismo'. La postilla 'del Mare' al dicastero del Sud, poi, potrebbe significare un sospinto impegno verso le 'vie d'acqua' e i porti, in contrapposizione alle 'reti' terrestri e ai relativi trasporti. Senza considerare, infine, quel 'merito' aggiunto all'Istruzione, sicuramente foriero di forsennata competizione sociale. Oddio, per l'ultima ipotesi, non c'era da aspettare un governo di centro-destra. E' bastato, senza il merito, il solo centro-sinistra. Comunque, non sono state sufficienti le sole stringate supposizioni ad intrattenere gli spettatori di prima serata di avvalorati talk-show: l'esigenza del palinsesto prevedeva l'impiego di un tempo più ampio. Così, mentre la ventilata 'sensibilità' verso il mondo imprenditoriale si è congiunta con la 'sicura insensibilità' verso le condizioni sociali del Paese, il 'Made in Italy' ha 'suffragato' la 'percezione' e ha fornito linfa alla 'intuizione' di 'antieuropeismo'. L'aggiunta 'del Mare', indi, ha acceso il dubbio, ovviamente 'serio', da un lato su un atteggiamento quasi ideologico in ordine alla concezione del Paese in uno scenario europeo e internazionale e, dall'altro, su una 'possibile' contrapposizione tra forze imprenditoriali. Tralascio, per carità di patria, le considerazioni su alcuni neo-ministri, 'bollati' come 'rappresentante del vecchio', 'incapace nella precedente occupazione', 'assolutamente inadatto alla funzione' e via dicendo. Il giudizio sui ministri politici, infine, lo lascio all'immaginazione.
Parole in libertà senza pudore. Del resto, soprattutto negli ultimi quattro anni, abbiamo visto di tutto: dalla demagogia più spicciola e negativa, assolutamente arida, al pressappochismo più sfacciato e deleterio, spacciati nelle loro deliranti esternazioni come 'vie' salvifiche e proficue. Senza considerazione alcuna per dignità, intelligenze e logiche razionali. Non parliamo, poi, della 'qualità' dei passati 'manovratori' che, ad esser veramente buoni, non sarebbero sfigurati nel Corrierino dei Piccoli tra Bibì Bibò, il capitan Cocoricò, i Puffi e la Pimpa. Quattro anni praticamente buttati nel cesso non solo a causa della pandemia o, da ultimo, delle riverberazioni (paranoiche) della guerra per procura, non solo per i provvedimenti insensati assunti al seguito dei due eventi, bensì per le mancate occasioni, anche sulla scorta di quelle necessità, di porre in cantiere riforme strutturali, serie, prospettiche. Le prime bozze del PNRR sono lì a dimostrarlo, senza dimenticare che proprio sull'incapacità di redigere quel Piano è caduto il Conte II. Due anni di annichilimento economico e sociale e due anni di sola efficienza comunitaria e internazionale, peraltro in capo ad un'unica persona, esclusivamente per 'parare' i conti e per 'battere un colpo'.
audacia temeraria igiene spirituale
E, strano ma vero, l'aspetto che più m'intristisce all'interno di quella fotografia, e, al tempo stesso m'indigna, è il livello al quale il PD è giunto. Confuso con una massa di sprovveduti come l'asino di Buridano tra i suoni del reddito di cittadinanza e dei bonus, da un lato, e dall'altro di improbabili impegni civili.
Comunque, la sorpresa vera è stata veder tornare alla ribalta i sindacati: silenti per anni, lontani dalla telecamera, è riapparsa inaspettatamente la faccia del segretario del più 'grande' dei tre che ha, con adeguato cipiglio, avvertito il governo di non pensare minimamente di procedere senza un'adeguata consultazione e coinvolgimento delle forze sociali.
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Ignoro il nome degli altri due e non ho nemmeno presente la loro fisionomia (né mi interessa accertarla) ma, in ogni caso, non sembrano degni di nota. I tempi eroici sono passati da lungo tempo. Landini, invece, con lo sguardo determinato, ha indubbiamente mantenuto le physique du rôle del sindacalista agguerrito, giusto 'capo' dei duri metalmeccanici. Peccato che i 'metalmeccanici' siano scomparsi dall'orizzonte produttivo della grande impresa. Così come dall'orizzonte del mondo del lavoro è, da tempo, scomparso il sindacato. Siamo ai 'canovacci' della commedia dell'arte. Eppure, nel passato, proprio sulla condizione della donna, quali soggetti intermedi tra il mondo del lavoro e l'economia da un lato e, dall'altro, tra i poteri dell'esecutivo e del legislatore, avrebbero potuto dire e fare molto, inquadrare la questione in una articolata trattativa in sede di contrattazione nazionale, oppure provare l'approccio graduale nella contrattazione aziendale, ovvero rendersi promotori di un'iniziativa legislativa, corroborata dai pareri delle rappresentanze datoriali. In realtà, hanno preferito scegliere la via della 'moderazione', della 'comprensione' del momento, delle esigenze del mercato, della 'via mediata', all'atto pratico incuranti se non partecipi dello smantellamento dei diritti sociali, uno via l'altro, conquistati in anni ed anni di dure lotte dai loro predecessori. Ci sarebbe da chiedersi con quale faccia i loro rappresentanti politici parlano oggi della condizione della donna ma non ne vale la pena: siamo sempre ai 'canovacci'.
Per inciso, 'canovacci' analoghi a quelli che al momento stanno sollevando i sindaci PD in ordine alla questione 'immigrati' arrivando persino a paventare ripercussioni sociali ed economiche di fronte alla riduzione dei flussi migratori. Non una parola, quali Primi Cittadini di comunità italiane, sul tracotante atteggiamento francese, non un accenno su quello tedesco e nemmeno un punto di domanda circa il portamento dell'UE. Non li ha toccati neppure il falloso intervento a gamba tesa della Norvegia, manco appartenente alla UE e solo rappresentata dalla bandiera della nave ONG. Dovrebbero leggersi la pagina di EuroNews relativa a quel Paese nella quale viene esplicitamente detto che questo non ha interesse ad entrare nell'Unione in quanto ' … le industrie norvegesi della pesca e dell'agricoltura ne soffrirebbero, e l'adesione porterebbe a una 3 maggiore centralizzazione e ad un indebolimento dell'uguaglianza e dello Stato sociale Ma, con ogni evidenza, sembrano avere carenza d'informazione; altrimenti, avrebbero corretto i 4 'canovacci' almeno di fronte all'intervento de Le Figarò che ha duramente criticato le 'uscite' del presidente francese contro l'Italia, accusandolo di un atteggiamento contraddittorio. Chiuso l'inciso, sempre nell'ambito della sedicente sinistra, all'atto dell'insediamento dell'attuale Esecutivo, non sono mancate considerazioni riguardo alla 'donna' e al 'tetto di cristallo' anche da parte di coloro che bramano tornare ad una connotazione meno manierosa e sdolcinata, meno salottiera, meno radical chic, con temi più concreti e confacenti alla dichiarata veste quali, ad esempio, quelli del Foglio Quotidiano. Non faccio fatica ad ammettere di aver sempre letto con interesse le analisi di quel giornale, a volte senza condividerle, ma era la logica, la concatenazione, la deduzione a 'prendermi' anche se, a volte, i simboli esposti erano codificati diversamente dal mio sentire. Ma non c'è verso, la 'sinistra', anche quella 'più vera', quando
perde diventa totalmente faziosa, dimentica della sua 'mission' e del suo 'core business'. Un po' come accaduto per Il Manifesto.
5 Nella sua pagina on line dello scorso 26 ottobre , infatti, asserisce di ravvisare nell'esordio dell'attuale presidente del consiglio altro che la 'rottura del tetto di cristallo' bensì una completa adesione al modello patriarcale. Afferma, infatti, che la vittoria della Meloni 'è un modello di emancipazione individualistico che non promuove nessun empowerment collettivo, mentre rimuove la storia delle donne che l'hanno preceduta'. Poi, ricorda che molte donne di destra hanno sempre avversato le 'quote' e (a suo dire) le azioni positive per promuovere pari opportunità limitando di fatto libertà ed uguaglianza. E in questa negazione d'interventi a rimuovere ostacoli sia culturali sia legislativi e nel rifiuto ad usare un linguaggio corretto dal punto di vista del genere per i ruoli apicali, vede un affermare che la leadership si conquista con le stesse modalità usate dagli uomini, ribadendo così un'ideologia conservatrice e sovranista della maternità e della famiglia. Alla faccia. A Napoli si direbbe ''a capa nun l'aiuta'. Dove mai l'articolista abbia visto tutti quegli atteggiamenti del nuovo Esecutivo a distanza di pochi giorni dal suo insediamento è tutto da sapere: l'ipotesi più fondata è che anche quel giornale si sia accodato alla pletora di 'spargitori' di fesserie non 'volendo' fare altro. Provi a chiedere, quell'articolista, quante donne di 'sinistra' sposano le 'quote': avrebbe un'amara sorpresa perché il commento più gentile è di sentirsi 'ingabbiate'. Fermo restando che tali 'quote' sono legge dello Stato e come tale va rispettata. Piuttosto, c'è da dire che sono trascorsi ben undici anni dall'emanazione di quel 'dettato' ad opera delle relatrici Golfo e Mosca e, al di là di quella semplice operazione aritmetica, non c'è stato finora alcun implemento né sul piano legislativo né, tantomeno, su quello culturale, ad iniziare dai diritti riproduttivi. Anzi, si può tranquillamente affermare che le ultime 'gestioni' del PD siano state alquanto avare in 'riconoscimenti' femminili.
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Se, poi, il segno di un'ideologia conservatrice dell'attuale Esecutivo è il rifiuto di usare un 'un linguaggio corretto dal punto di vista del genere per i ruoli apicali', intendendo con questo il rifiuto di usare 'La Presidente' o 'La Presidentessa', allora queste stupidaggini le possiamo serenamente lasciare a chi, pur avendo ricoperto ruoli apicali, ha saputo fare ben poco d'altro dal suscitare ilarità. Di contro, dovrebbero prendere esempio da Natalia Ginzburg che, oltre trent'anni fa, ebbe a scrivere '[…] Sempre per la stessa motivazione ipocrita, le donne di servizio 6 vengono chiamate colf, …' . Ma, per tornare ad allargare le considerazioni, la 'sinistra', comunque intesa, dovrebbe fare pace col cerebro e trovare un minimo di razionalità. Si pensi al disegno di legge Zan, inserito persino nel programma elettorale, che prevede di cancellare 7 l'identità di genere. Renato Rascel avrebbe detto: E allora che abbiamo combattuto a fare Per di più, in questa nominalistica considerazione della donna, non sono bastevoli per la 'sinistra' le osservazioni nazionali. Ora, è il turno delle donne iraniane come prima lo è stato per quelle afgane. Non voglio certo sminuire gli eventi che hanno purtroppo riguardato Nasrin Ghadri e Mahsa Amini e nemmeno sottovalutare la condizione della donna in quel Paese, in lotta contro secolari sedimentazioni culturali. Altro che 'tetto di cristallo': al di là dell'obbligo del velo,
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dell'impossibilità di viaggiare senza il permesso del marito o di recarsi ad impianti sportivi se non in occasioni di eventi nazionali; al di là del divieto di cantare davanti ad un pubblico se non di sole donne, e comunque 'accompagnate' da una voce maschile; al di là della separazione dei generi nella scuola e della ridotta scelta negli indirizzi universitari, nonché dell'obbligo per le 'sposate' di frequentare corsi di pianificazione familiare, comprensivi del divieto del controllo delle nascite; al di là di tutta una serie di ulteriori obblighi e limitazioni che rendono la posizione della donna totalmente subordinata all'uomo, ciò che impedisce di fatto l'evoluzione è la limitazione nell'economia: la donna non può amministrare possedimenti e se diviene vedova la sua 8 spettanza è di un solo ottavo mentre il resto rimane senza amministrazione . Tutto ciò posto, dobbiamo però avere l'onestà di ammettere che la condizione della donna iraniana, rispetto ad altri Paesi musulmani, non è tra le peggiori. Pensiamo all'infibulazione, all'analfabetismo voluto, alla lapidazione e a tutte le altre pratiche che attestano in maniera addirittura brutale una diversità di genere, nonostante che i Paesi dove queste vengono attuate siano rispettati componenti di quel sodalizio di Nazioni, l'ONU, e quindi partecipi nell'emanare, nel 2012, la Risoluzione che le vieta. Al che, qualche vago sapore d'ipocrisia mi par di sentirlo, dal momento che l'Iran è attualmente in amorosi sensi con la Cina, destinataria di investimenti pari ad oltre 400 miliardi di dollari da parte del Paese asiatico e, in contropartita, fornitrice di imponenti quantità di petrolio a prezzi calmierati; fuori dall'area delle contrattazioni nella divisa statunitense nonché dagli embarghi dell'Occidente.
Un vago sapore d'ipocrisia, quindi, al pari delle donne afgane, come prima cennavo. E' relativamente recente l'abbandono dell'Afghanistan da parte delle forze democratiche dell'Occidente. Vent'anni di lotta contro guerriglieri, in precedenza sotto il nome di mujahidin, prima sostenuti in tutti i modi dalle società civili e democratiche per il loro impegno combattente contro i biechi bolscevichi, fautori di riforme in netto contrasto, si pensi, con i dettami e le prescrizioni coraniche, come la 'liberazione' della donna, la sua istruzione, l'abolizione del burqa, un generale, efficiente sistema scolastico.
Poi, dopo l'uscita di scena dei russi, l'Afghanistan conobbe dodici anni di travagli interni: le forti tensioni tra i comandanti dei mujaheddin portarono alla nascita dei taliban, una milizia composta da giovani afghani di origine pashtun provenienti dalle scuole islamiche del Pakistan e da mujaheddin delusi dai loro comandanti. In seguito, i finanziamenti derivati dal 'libero' traffico degli oppiacei consentirono ai talebani di acquistare gli armamenti con cui condurre una guerra civile, conclusasi nel 1996, con la presa di Kabul e la nascita dell'Emirato Islamico dell'Afghanistan. È inutile sottolineare che in quel periodo vennero cancellate le 'turpi' riforme inerenti alle donne. Eppure, fino al 2001, nessuno rilevò alcunché nella ri-trasformazione afgana.
Solo dopo l'11 settembre, e alla luce di prove inconfutabili che individuavano nei talebani e soprattutto nell'organizzazione terroristica del miliardario Osama Bin Laden gli artefici di sanguinosi attentati, gli USA, di concerto con la comunità internazionale, diedero vita all'offensiva militare e ad una presenza armata, durata vent'anni nel corso dei quali la donna non
ha certo migliorato la sua condizione di soggetto succubo. Poi, l'abbandono militare e il venir meno della presenza. Dalla sera alla mattina. Qualche malpensante afferma che ciò è da attribuirsi alla successiva, già programmata azione della NATO per l'Ucraina ma va a sapere. Il fatto è che il ripristino in toto del controllo talebano sul Paese, che in nulla ha modificato la condizione femminile rispetto al recente pregresso, ha reinnescato la protesta dell'Occidente a favore della donna afgana. L'ulteriore fatto è che, al pari dei limiti sociali, in tante parti del mondo, purtroppo, la condizione della donna lascia davvero a desiderare: una condizione della quale ho cercato di rappresentare solo due scorci, neppure paragonabili alle diatribe nostrane su 'tetti di cristallo'; condizioni che, soprattutto da parte di una sinistra universalista, richiederebbero precise prese di posizione a livello internazionale verso Paesi con i quali l'Occidente, civile, democratico e facoltoso, mantiene interessati rapporti commerciali ed economici; ma si sa, tutti teniamo famiglia e dobbiamo campare e le maschere sono fatte apposta per essere indossate. Tutti i giorni. L'unica differenza nel corso dell'anno è che a Carnevale sono doppie. E quella che in certi ambienti va più di moda ha un aspetto alquanto curioso. Se vado con la mente all'Apocalisse giovannea e mi soffermo sulle caratteristiche dei terrificanti 9cavalieri mi accorgo che ne manca uno. Un impomatato e traslucido cicisbeo, paludato di seta gialla, armato di retino e di micidiale sica, mentre sprona con i piedi marci un cavallo color violetto. Il suo nome è ipocrisia demagogica. Al pari di oggi dove parole come 'modernità' e 'competizione' svolgono un'importantissima funzione latente: quella di occultare l'ampiezza del disagio sociale. Un po' come la chiusura delle 'case chiuse' di Julius Evola che su 'Metafisica del sesso' la definì un miscuglio di ipocrisia, di irresponsabilità, di falso zelo, di retorica e di 10moralismo . A distanza di più di mezzo secolo, basta vedere la 'mercanzia' doviziosamente esposta di sera nelle strade di periferia. Detto ciò, mi avvio velocemente verso la conclusione. Dicevo del PD Ho già scritto in proposito e viene a noia ripetermi ma fa davvero male vedere una rilevante componente della storia dell'ultimo secolo di questo Paese ridotta ad una sorta di sagra di campagna. Dovrei gioire per questo. Se avessi contratto il germe della tanto praticata 'cancel culture', dovrei almeno fregarmi le mani e pregare che gli agenti della mutazione genetica in corso completino velocemente la loro devastante opera ed evidenzino al colto e all'inclita che la 'sinistra' è morta, con tutta la sua supponenza e arroganza. Con tutto il suo book house di sogni infranti e di cocenti delusioni. Dovrei intonare alleluia di ringraziamento perché gli eredi di un'oscura dottrina totalizzante e totalizzatrice, dopo aver provato la via del socialismo riformista senza averne l'anima, hanno alla fine precorso uno dei controversi risvolti del transumanesimo e scelto di vivere come avatar. Voglio sperare che almeno l'alterigia e la tracotanza vengano cancellate dal prossimo congresso. Comunque, questo, come detto, non mi rallegra. Né mi allieta la fine, non certo di personaggi che quel mondo hanno malamente interpretato e animato, quanto dell'Idea delle origini che, al pari di una religione, ha fornito 'oppio' alle genti per lenire sofferenze e per far sperare. Lo so, non dovrei esprimermi in tali termini: con un'anima e una cultura di una destra che non
SCENARI
temeva 'concorrenza a sinistra' corro il serio rischio del fraintendimento. Ma, il fatto è che la mia età impietosamente incalza e che, mi rendo conto, la 'mia' destra è 'd'antan': del resto, i riferimenti del passato sono stati superati dall'evoluzione degli scenari nazionali, comunitari, internazionali, delle esigenze delle società, delle relative culture, delle derivanti scelte politiche. Sull'Espresso on line, in data 22 dello scorso giugno, l'articolista titolava 'La drammatica assenza di una destra veramente liberale in Italia' e giù ad indicare caratteristiche negative. Atteso che avrebbero molto da elencare per la loro ex casa, l'augurio forte che mi faccio è di vederli sonoramente smentiti. Ora che ci sono le condizioni.
Roberta ForteNote:
1.https://it.wikipedia.org/wiki/Soffitto_di_cristallo 2. idem 3. https://it.euronews.com/my-europe/2013/03/29/la-norvegia-e-l-ue 4 https://www open online/2022/11/11/francia le figaro macron trappola immigrazione/; nonché h t t p s : / / w w w n i c o l a p o r r o i t / e p u r e i l f i g a r o b a s t o n a m a c r o n s u i m i g r a n t i / ; n o n c h é https://www.huffingtonpost.it/esteri/2022/11/11/news/ocean_viking_francia_italia_le_figaro-10611931/. 5. https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/26/meloni-ha-rotto-il-soffitto-di-cristallo-io-vedo-una-completa-adesione-almodello-patriarcale/6851609/ 6. “L'uso delle parole”, l'Unità, 28 maggio 1989 7. Renato Rascel – Sketch su Napoleone 8. https://www.lacostola.eu/la-donna-in-iran/ 9. Ap 6,1-8 10. Julius Evola – Metafisica del sesso – Ed. Mediterranee 1996 - p. 325
DONNE AL POTERE PER UN MONDO MIGLIORE
INCIPIT
"Certo che non sono preoccupata di intimidire gli uomini. Il tipo di uomo che viene intimidito da me è esattamente il tipo di uomo che non mi interessa". (Chimamanda Ngozi Adichie)
"C'è qualcosa di davvero speciale in una donna che domina in un mondo di uomini. Ci vuole una certa grazia, forza, intelligenza, impavidità e coraggio per non accettare mai un 'no' come risposta". (Rihanna)
"Non c'è limite a ciò che noi donne possiamo realizzare". (Michelle Obama)
"Le donne sono leader ovunque tu guardi, dall'amministratore delegato che gestisce un'azienda della Fortune 500, alla casalinga che alleva i suoi figli e dirige la sua famiglia. Il nostro Paese è stato costruito da donne forti e continueremo a rompere i muri e sfidare gli stereotipi". (Nancy Pelosi)
"Le parole hanno potere. La televisione ha potere. La mia penna ha potere". (Shonda Rhimes, sceneggiatrice e produttrice televisiva, considerata da TIME una delle 100 donne più influenti del mondo).
"Indipendentemente dal fatto che io debba farlo, metto in discussione i preconcetti sulle donne. Metto a disagio alcune persone, di cui sono ben consapevole, ma questo è solo una parte del venire a capo di ciò che credo sia ancora una delle questioni incompiute nella storia umana: dare potere alle donne perché siano in grado di difendersi da sole". (Hillary Clinton)
"Dobbiamo rimodellare la nostra percezione di come ci consideriamo. Dobbiamo farci avanti come donne e prendere il comando". (Beyoncé)
"In futuro, non ci saranno leader femminili. Ci saranno solo leader". (Sheryl Sandberg, ex direttrice operativa di Facebook, con un patrimonio personale "parziale" stimato in circa due miliardi di dollari).
"Ho sentito dire che io vorrei le donne un passo dietro agli uomini. Mi guardi onorevole Serracchiani, le sembra che io stia un passo dietro agli uomini?" (Il presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, durante l'intervento alla Camera dei deputati prima del voto di fiducia al nuovo Governo).
RADIOGRAFIA DI UN MONDO ALLO SBANDO
Il tema del mese, dedicato alla condizione femminile in rapporto col potere, in teoria, potrebbe esaurirsi con le frasi trascritte nell'incipit e pochi altri righi. Anche se spesso lo neghiamo a noi
stessi, infatti, è chiaro a tutti che le donne abbiano una diversa percezione del potere rispetto agli uomini e le eccezioni, che ovviamente esistono, non fanno testo proprio perché tali. Una donna a capo di uno Stato difficilmente scatenerebbe una guerra come quella che in Ucraina sta rivelando la ferocia di maschi capaci di massacrare donne e bambini ("mi ubriaco per ammazzarne di più", ha rivelato telefonicamente un soldato russo alla mamma, intercettato dall'Intelligence ucraina); difficilmente userebbe il ruolo per favorire la promulgazione di leggi ad personam, protese a tutelare i propri interessi; non si circonderebbe mai di uno stuolo di amanti, buoni solo a letto, gratificandoli con importanti ruoli professionali, politici o di governo, penalizzando in modo sfacciato chi a tali ruoli dovrebbe accedere per i propri meriti. Potremmo continuare a lungo su questa linea, ma per amor di sintesi basterà chiudere il discorso citando il famoso assioma di Gandhi: "Le donne costituiscono la metà migliore dell'umanità". Come dargli torto? Le donne - senza voler generalizzare, sia ben chiaro, perché nulla a questo mondo assume valore assoluto - in genere manifestano maggiore propensione all'impegno, qualsiasi cosa facciano, e ciò favorisce lo sviluppo di una maggiore competenza nell'esercizio delle funzioni svolte. Non va sottovalutata, inoltre, la capacità di mettere in campo anche una maggiore resistenza a determinate pressioni, la qual cosa a prima vista sembrerebbe non plausibile e invece è dimostrata da molteplici esempi che non lasciano adito ad alcun dubbio. Non essendo possibile scendere troppo nel dettaglio, per utili approfondimenti rimando il lettore all'ottimo saggio di Federica Morrone, "101 motivi per cui le donne sono più intelligenti degli uomini ma non sono al potere" (Newton Compton, 2012), nel quale l'autrice, sviscerando le cause remote alla base della volontà di dominio del maschio nei confronti di quello che, non a caso, fino a non molto tempo fa era addirittura definito il sesso debole, spiega esaustivamente perché le donne arrivino con l'intuito lì dove i maschi approdano - non sempre tra l'altro - con il ragionamento; vivono contemporaneamente il razionale e l'irrazionale, senza la linea di demarcazione che i maschi hanno bisogno di tracciare; non cercano appigli e si tuffano in cerca della soluzione, senza il timore di navigare in acque poco frequentate e quindi potenzialmente pericolose; sono capaci di prendere decisioni complesse in tempi brevi e di uscire dagli schemi per trovare soluzioni fantasiose ma sempre efficaci, conferendo la massima applicazione al 1 pensiero laterale, per giunta creato da un maschio e dai maschi pochissimo sfruttato perché abituati atavicamente a ragionare con schemi verticali che, soprattutto in una società complessa come quella attuale, risultano inefficaci, quando non addirittura dannosi. Qui è sufficiente porre in evidenza la crisi del maschio e la sua incapacità a esercitare il potere nel rispetto dei doveri che il ruolo esplicitamente prevede, nonché il gap culturale e intellettuale che lo separa dalle donne, per troppi versi e in troppe aree del Pianeta considerate ancora alla stregua di oggetti da possedere; "oggetti" che quando agiscono con piena autonomia, smarcandosi dalla tirannide maschile, spaventano in modo così irrazionale, come le bambole dei film del terrore, da indurre i maschi con i quali si relazionano a massacrarle, bruciarle vive, lapidarle, in poche parole a togliere loro la vita essendo fonti di profondi turbamenti dell'essere. Una crisi che nasce dalla incapacità di accettare la mutevolezza dei tempi, solo parzialmente
attribuibile alla lentezza del processo evolutivo: nel Nord Europa, per esempio, il gap è stato superato già da molti decenni. Un significativo aspetto del problema è rappresentato dalla mediocrità maschile al potere, oltremodo opprimente per le donne che si trovino in posizione di subalternità, soprattutto quando fosse ben evidente la loro maggiore attitudine al comando, perché inevitabile causa di mobbing, marcate molestie (in aggiunta a quelle "ordinarie", praticate da sempre), distruttive azioni lesive della dignità umana.
Per delineare un quadro d'insieme quanto più realistico possibile, tuttavia, va messa sull'altro piatto della bilancia anche quella forte propensione femminile a sopportare terribili angherie, pur essendo ben evidente la natura maligna di certi soggetti. Fenomeno in netta regressione, per fortuna, grazie alle denunce sempre più frequenti dei porci e degli psicopatici, ma lungi dall'essere sconfitto, come ben traspare dalla cronaca quotidiana. Il titolo del paragrafo, naturalmente, è iperbolico rispetto all'effettiva possibilità di effettuare una radiografia planetaria, più attinente a un saggio che a un articolo. Accontentiamoci, pertanto, di poche foto, scattate qua e là, comunque in grado di far percepire le gravi distonie che affliggono l'umanità nella gestione del potere. In Brasile, in occasione delle recenti elezioni politiche, il potere è stato conteso tra due soggetti maschili alquanto discutibili, tanto per usare un eufemismo e non affondare troppo il coltello nella piaga. Di Bolsonaro, che durante i circa quattro anni di presidenza ne ha combinate di tutti i colori, è impossibile riportare le peculiarità negative, tra l'altro facilmente evincibili con una semplice passeggiata in rete, senza monopolizzare le pagine destinate all'articolo; del neo presidente Lula, che aveva già guidato il Paese per ben otto anni, dal 2003 al 2011, al netto delle accuse poi rivelatesi montate ad arte dagli avversari per toglierselo dai piedi, considerato il grande appeal popolare, senza alcuna volontà di scadere nel deprecabile razzismo intellettuale, possiamo dire serenamente che è una brava persona, ma che forse in un Paese con oltre 215 milioni di abitanti non sarebbe difficile individuarne "almeno una decina" con titoli più accattivanti di quelli di un sindacalista costretto a lasciare gli studi dopo la quarta elementare per dedicarsi dignitosamente al lavoro di lustrascarpe, per poi sempre dignitosamente riprendere gli studi e diplomarsi. USA? Quante volte ne abbiamo parlato? Decine, centinaia, per dire sempre le stesse cose sulla mediocrità non solo dei tanti presidenti, fatta qualche sporadica o addirittura singola eccezione, ma anche di governatori e membri del Congresso le cui biografie fanno paura a noi europei, almeno a quelli con sani principi, mentre oltreoceano costituiscono un valido passaporto per il successo. Pochi giorni fa si sono concluse le elezioni di Mid-Term e in Florida è stato riconfermato il governatore uscente, Ron DeSantis, che molto probabilmente sfiderà Trump alle primarie del Partito Repubblicano per le prossime elezioni presidenziali, con buone possibilità di vincere sia le prime sia le seconde. Emblema perfetto dell'americano medio, ancorché con doppia laurea, non ha alcun ritegno nel manifestare una spiccata avversione nei confronti delle energie rinnovabili: lo scorso anno ha firmato una legge che vieta la collocazione di colonnine per rifornire le auto elettriche in tutte le stazioni di servizio; sempre lo scorso anno, con una seconda legge, ha vietato l'applicazione di
qualsivoglia restrizione per risparmiare energia elettrica e carbon fossile. A parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina, diceva qualcuno che la sapeva lunga, e in questo caso non serve grande intelligenza per associare gli insulsi provvedimenti al servilismo nei confronti delle lobby petrolifere, con conseguente cinico menefreghismo per gli interessi dei cittadini. Manco a dirlo si oppone a qualunque controllo e restrizione sulle armi da fuoco e critica aspramente il predecessore Rick Scott, attuale senatore, promotore di una legge che vietava la vendita dei fucili d'assalto ed elevava l'età legale per l'acquisto delle armi dai 18 ai 21 anni, ma non all'atto della mera presentazione dei documenti in armeria, bensì, udite udite, dopo un periodo d'attesa di "tre giorni" (!), restrizione ritenuta "troppo lunga" da milioni di statunitensi! Proprio un cattivone traditore della Costituzione, sostiene DeSantis, che per la sfacciata difesa delle armi si è beccato un bellissimo A+ dalla National Rifle Association of America, potente associazione che difende i produttori di armi, senza il cui aiuto economico e mediatico la Casa Bianca te la puoi solo sognare, adusa ad assegnare voti alle persone come se fosse una scuola o un istituto universitario! Solo che al posto dell'impegno nello studio viene valutata la capacità nel far vendere più armi, di qualsiasi tipo.
Amarus in fundo, DeSantis si oppone al Patient Protection e Affordable Care Act (legge voluta da Obama per porre un freno al costante aumento della spesa sanitaria e ridurre l'ampia fascia di popolazione priva di assicurazione medica) nonché alle organizzazioni umanitarie che contribuiscono a sostenere le spese mediche per le persone che non possono permettersele: gli ammalati poveri è meglio che tirino le cuoia, in modo da non costituire un peso per un Paese in cui il metro di valore sociale più importante è il conto in banca. Un soggetto con queste caratteristiche per noi europei meriterebbe il TSO Negli USA governa oltre venti milioni di persone e vi è un serio rischio che tra due anni ne governi ben 332 milioni: roba da brividi. Alternativa? Trump (ossia il suo mentore) o qualche altro mediocre democratico, perché il migliore, Al Gore, vincitore delle elezioni del 2000 e fatto fuori con un imbroglio dal Clan Bush (quanto è costato al mondo intero quel babbeo di George Junior alla Casa Bianca!) e ancora in età spendibile per il ruolo, è fuori da ogni gioco, essendo un "uomo buono" (ossia un uomo in gamba, che si eleva non di poco sugli altri) e non il "buon uomo" che piace tanto agli americani, 2 come più volte spiegato in queste pagine, in pregressi articoli. Anche per la mediocrità al potere la lista dei soggetti citabili è lunga, al netto dei dittatori, fondamentalisti religiosi e signori delle guerre che vessano una buona fetta della popolazione mondiale in modo decisamente più drammatico di quanto non accada in Occidente. Il potere esalta gli uomini mediocri, se ne vengono in possesso, quindi, come ben narrato nel bellissimo 3 romanzo di Erich Maria Remarque "Niente di nuovo sul fronte occidentale", inducendoli ad assumere atteggiamenti malsani che non risparmiano le donne. La stupefacente e cosmopolita scrittrice statunitense Rebecca Solnit, nata nel 1961 da un padre ebreo e da una madre cattolica irlandese, culturalmente formatasi prima a Parigi e poi a San Francisco (laurea in giornalismo a 23 anni e master post universitario presso la vicina università di 4 Berkeley), ha trattato in un prezioso saggio il concetto di mansplaining, neologismo sincratico
da lei coniato per definire quell'atteggiamento paternalistico utilizzato da alcuni uomini quando intendono spiegare qualcosa a una donna con un tono più appropriato per i bambini delle elementari. Atteggiamento che scade nel patetico quando lo si pratichi con donne che, con lo stile che contraddistingue sempre l'eccellenza, non fanno trasparire di essere molto più ferrate in materia. L'autrice ha rivelato in un'intervista che l'idea del libro e l'ispirazione per il neologismo - man (uomo) + splaining, derivato dal gerundio di to explain (spiegare) - nacque conversando con il babbeo di turno, che non manca mai in ogni cocktail party. Mentre gli parlava del fotografo britannico Eadweard Muybridge, con dovizia di particolari che ne evidenziavano la profonda conoscenza, il tizio la interruppe per chiederle, con fastidiosa aria di superiorità, se avesse sentito parlare di un "importantissimo saggio" uscito quell'anno e dedicato proprio al fotografo britannico! Non gli passò minimamente per la testa, non avendolo letto e forse visto di 5 sfuggita in qualche recensione giornalistica, che stava discorrendo con l'autrice!
TANTI AUGURI GIORGIA
Altro che "tetto di cristallo!" Con la vittoria di Giorgia Meloni è crollato un intero grattacielo, travolgendo non solo gli spocchiosi avversari politici ma anche buona parte del fronte amico, composto da soggetti nella cui testa il concetto di tetto di cristallo, sia pure senza gli eccessi che con termine riassuntivo si possono definire "talebani", è comunque ben radicato.
In ogni caso, grazie alla credibilità conquistata in molti anni di paziente e intelligente lavoro e un po' grazie anche ai tanti demeriti di chi ha perso ogni visione del Paese reale, per la prima volta nella storia d'Italia abbiamo una donna a capo del Governo.
Come più volte ribadito e come sempre ribadirò, a scanso di equivoci, mi sono astenuto dal voto in quanto, in scienza e coscienza, non potrei mai sostenere una coalizione che comprende Forza Italia, non voterei mai candidati imposti dai partiti e non mi renderei mai complice della formazione di compagini governative non composte da soggetti di altissimo spessore eticoculturale. Nondimeno, considerato ciò che ci lasciamo alle spalle, pur senza celare le tante riserve che frenano i facili entusiasmi, auguro a Giorgia Meloni ogni bene, nel pieno convincimento che si batterà per alcuni sacri principi, fino a pochi mesi fa assimilabili solo a quelle proiezioni oniriche destinate a dissolversi all'alba: un sano europeismo che coniughi al meglio il motto "uniti nella diversità"; una revisione costituzionale che sfoci nella repubblica presidenziale (senza "semi"); una riforma della giustizia che metta fine alle distonie attuali, tutte sbilanciate a favore di chi delinque; una maggiore attenzione alla Famiglia tradizionale, che resta sempre il "fulcro" della società; il recupero di quella dignità dell'istruzione scolastica, vessata da comportamenti indegni di una società civile; una decisa repressione dello squallido traffico di esseri umani e un approccio serio al problema dei flussi migratori, diradando le troppe cortine fumogene che creano confusione e disinformazione, soprattutto per quanto attiene all'oscuro ruolo (ma mica tanto, a dirla tutta) delle Ong.
In tema di ambiente staremo a vedere, sperando che sappia conciliare le esigenze di una società tecnologicamente avanzata con la tutela degli ecosistemi, tenendo a freno coloro che su questi
punti abbiano le idee molto confuse o si prestino a giochi sporchi per interesse personale. Sono altresì convinto che, sia pure tra le mille difficoltà e i paletti posti dai fan di Putin, che abbondano nel Paese e anche dalle sue parti, non abbandonerà a un infame destino il popolo ucraino e lo straordinario presidente Zelensky, al quale nessuno potrà togliere il titolo di "Uomo del secolo".
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Pausa
[Sono le ore 11,32 dell'undici novembre 2022 e la storia sta scrivendo una delle sue pagine salienti. Mi fermo per alcuni momenti, pertanto, mentre con gli occhi lucidi e il cuore che batte forte mi accingo ad alzare il volume delle casse collegate al PC: sul secondo monitor, suddiviso in finestre sintonizzate su vari canali mediatici, tracimano impetuose le immagini festose dei cittadini di Kherson, liberata dagli invasori.
Mi si perdoni questa digressione sentimentale di carattere strettamente personale, ma scripta manent e voglio fissare questo momento, che fonde gioia e dolore allo stesso tempo, perché una bella notizia non cancella né la drammaticità di fatti che non sarebbero mai dovuti accadere né quel senso di frustrazione che scaturisce dall'impossibilità di essere materialmente vicino a chi combatte anche per la libertà di tutti noi europei. Ci vuole un caffè, ora]. ***
Auguri a parte, tuttavia, è bene non perdere di vista la realtà. Un grattacielo distrutto è poca cosa in un contesto urbano che di grattacieli ne contiene decine di migliaia, con immancabili tetti di cristallo. Anche se costruiti con materiali di pessima qualità, non è facile abbatterli tutti. Il rischio che dopo lo smarrimento iniziale, chi ora marci un passo indietro si organizzi per trasformare i paletti in travi invalicabili, è alto. Hanno iniziato subito, del resto, come ben traspare dai servizi giornalistici delle principali testate e dai talk show
La reazione al fuoco incrociato, di converso, è molto debole, per i limiti del materiale umano sul quale può contare il neo presidente del Consiglio, costretto da un lato a fare la guerra con i soldati che ha a disposizione e non con quelli che magari vorrebbe avere, e dall'altro a bilanciare le scelte degli alleati con quelle personali, legate alle dinamiche interne di partito, non facili da gestire, 6 con il risultato che è sotto gli occhi di tutti.
In psicologia si studia attentamente la propensione del genere umano, soprattutto in Occidente, a farsi carico di "inutili fardelli" che condizionano negativamente l'esistenza. Immaginiamo, per esempio, di camminare ogni giorno con uno zaino di trenta-quaranta chili sulle spalle, senza che ve ne sia alcun bisogno. Nel momento in cui dovessimo imparare a farne a meno, il sollievo, è facile intuirlo, sarebbe impagabile. I fardelli mentali, anche se non sembra, sono più pesanti di uno zaino di trenta-quaranta chili e più difficilmente rimovibili perché fanno parte del nostro retaggio ancestrale: ce li portiamo addosso sin dalla nascita e aumentano di peso progressivamente.
La loro rimozione, tuttavia, soprattutto in un momento come questo, è fondamentale per evitare che il tetto di cristallo infranto si trasformi in una "scogliera di cristallo (glass cliff)", espressione
insignificante per chi non abbia confidenza con gli anglicismi di recente conio (questo risale al 2013), ma facilmente comprensibile se tradotta con la locuzione latina "Promoveatur ut amoveatur", che nella fattispecie vedrebbe il presidente Meloni proiettato al vertice del potere politico in un momento in cui ogni scelta comporta seri rischi di impopolarità. In caso di fallimento, le iene capaci di restare nell'ombra uscirebbero allo scoperto digrignando i denti, con rinnovata famelicità. Si può evitare tutto ciò? Chi scrive, onestamente, non è in grado di fornire una risposta e non ci prova nemmeno, limitandosi solo a esporre una strategia seguita a livello personale nel rapporto col prossimo, che se sapientemente sfruttata potrebbe neutralizzare i dardi infuocati che giungeranno da ogni parte. Prima, però, occorre ritornare ancora una volta su un argomento trito e ritrito, ma con parole al vento stando ai risultati: l'esatta definizione del concetto di "destra", considerato che Giorgia Meloni ribadisce con fermezza la sua vocazione destrorsa, risalente agli anni giovanili.
Se non la si smette di parlare di destra in termini politici, l'insulsa diatriba pregna di stantio e insopportabile ciarpame mediatico, non cesserà mai. Cerchiamo di sublimare il termine, pertanto, proiettandolo allo stesso tempo in uno scenario scientifico, filosofico, antropologico. Sulla natura dell'individuo si sono cimentati i grandi filosofi sin dall'antichità. All'innatismo di 7 Platone e Cartesio ha fatto da contraltare la corrente empirista che ha visto Locke, Hume e Hobbes tra i principali interpreti.
Con una sintesi più in linea con il tempo contemporaneo si può sostenere che la conoscenza innata (retaggio ancestrale insito nel Dna di ciascuno) subisce alterazioni più o meno intense tanto dal condizionamento ambientale quanto dal livello di conoscenza acquisito vivendo. Soprattutto il condizionamento ambientale può fungere da stimolo per le componenti innate (positive o negative che fossero) o da elemento obnubilante. Nel primo caso il rapporto tra retaggio ancestrale e ambiente è conseguenziale, anche se non scevro di eccezioni: Dna guasto più ambiente guasto generalmente sviluppano soggetti guasti; Dna positivo più ambiente sano, sia pure con sfumature diverse, sviluppano soggetti positivi; nel secondo caso si rendono possibili infinite serie di variabili, determinate dal livello del condizionamento e dalle tante circostanze imponderabili e imprevedibili che afferiscono all'esistenza umana Dalla combinazione di questi fattori scaturiscono le azioni degli individui e le scelte effettuate in ogni campo. Per quanto concerne i sistemi politici, però, il genere umano è stato costretto a utilizzare degli schemi rappresentativi che consentissero a tutti di riconoscersi in qualcuno di essi, snaturandone l'essenza metafisica.
Sorvolando su secoli di storia per snellire il discorso, soffermiamoci su destra e sinistra, rappresentandole come i colori originali di una tavolozza che, via via, è divenuta sempre più variopinta, raggiungendo una quantità tale di sfumature la cui percezione è materialmente impossibile alla maggioranza delle persone, che possono solo effettuare delle scelte tra ciò che effettivamente riescono a vedere, proprio come gli incatenati nella caverna di Platone. Una scelta limitata per mancanza di visione globale, per giunta condizionata dai fattori precedentemente esposti, non può che portare ad associazioni improprie tra i colori scelti e ciò
che essi invece effettivamente rappresentano. Il caos contemporaneo, ad ogni livello, non è altro che la conseguenza di queste distonie cognitive. Ma procediamo per gradi. Se si prende in esame l'Universo dal punto di vista "fisico" (quindi nell'accezione scientifica) commisurandolo nella visione "filosofica" (amore per la sapienza), possiamo facilmente dedurre che il termine "destra" si configura come elemento positivo non solo del genere umano ma di tutto ciò che da esso trascende. Alcuni esempi essenziali: il tempo scorre a destra e per misurarlo le lancette dell'orologio girano a destra; le piante rampicanti si attorcigliano al sostegno con spirali a destra; le conchiglie univalve dei gasteropodi mostrano la spirale a destra; i motori ruotano verso destra; in inglese, per definire un galantuomo, si dice right hand man; il figlio dell'uomo è seduto alla destra del Padre; tenere la destra è garanzia di disciplina nel traffico automobilistico; cedere la destra è segno di cortesia; di un inetto si dice che è un maldestro; un artista crea quando gli viene il destro; destreggiarsi: superare con intelligenza le difficoltà; destriero: cavallo da battaglia coraggioso, agile, generoso; "Alicui fidem dextramque porrigere" (Cicerone) - Porgere la mano destra in segno di fedeltà; ogni contratto d'onore si sancisce stringendo la mano destra; si giura alzando la mano destra (in passato ponendola su un testo sacro).
Sia pure con i doverosi limiti che vanno tributati ai testi religiosi, va comunque detto che anche nella dottrina ebraica e cristiana il concetto di destra è sempre stato affiancato al bene, al positivo: "Il saggio ha il cuore alla sua destra, lo stolto l'ha alla sua sinistra" (Ecclesiaste 10:2): secondo i libri sapienziali della Bibbia il cuore ha la stessa valenza che per noi contemporanei ha la mente.
Se fosse davvero possibile proiettare in un essere umano tutto ciò che traspare dai succitati esempi, avremmo una persona meravigliosa, capace di elevarsi naturalmente e serenamente in qualsivoglia contesto, senza dover produrre alcuno sforzo. Trasformando il concetto di destra in qualcosa che non attenga alla dialettica politica ma alla sfera dell'essere, vanificheremmo all'origine ogni discussione pregiudizievolmente critica. Nessuno discute "l'acqua" perché "acqua"; si discutono coloro che l'inquinano, che lucrano sui soldi destinati alle riparazioni di fatiscenti e obsoleti acquedotti rendendola imbevibile; si discute della sua assenza a causa della siccità in talune zone e su come risolvere il problema; si discute della sua capacità distruttiva in caso di abbondanza e delle colpe di chi non abbia creato adeguati provvedimenti per ben regimentarla.
Si discute di questi aspetti che la vedono solo come protagonista "neutrale", senza colpe e con il solo grande merito di essere un elemento fondamentale per la vita degli esseri umani. Si faccia in modo che la destra venga concepita e recepita come se fosse un elemento naturale, in modo da discutere solo il suo eventuale cattivo utilizzo, non la sua essenza. L'antidoto che serve, pertanto, per non essere travolti dal caos, è un solido rafforzamento culturale che consenta di seppellire definitivamente, insieme con tante altre cose, tutte le sciocchezze ossimoriche proprie di coloro che, con estrema leggerezza, si definiscono di "destra" associando al termine concetti che con la destra nulla hanno a che vedere (liberale; centro; repubblicanesimo statunitense; farneticazioni
di vario genere prodotte da pseudo-filosofi, molti dei quali davvero fuori di testa) e comportamenti che di essa sono l'esatta antitesi (spocchiosa saccenteria; tutela della propria libertà a discapito di quella altrui; propensione all'irritazione in caso di confutazione anche legittima del proprio pensiero; culto del "particulare" e ristrettezza mentale; incapacità di cogliere l'essenza delle cose; presunzione marcata pregna di ridicola autoreferenzialità; concetti come "il fine giustifica i mezzi" interpretati e soprattutto praticati distortamente; citazioni errate pronunciate convintamente e con aria da intellettuali, del tipo "come ha detto Einstein tutto è relativo", frase ovviamente mai pronunciata in questi termini, esprimendo essa un elemento "assoluto" (tutto è relativo); scarsa propensione allo studio severo, come facilmente dimostrabile sol che si prendessero a caso un po' di soggetti e li si sottoponessero anche a un semplice esame. In questo magazine abbiamo dedicato decine di articoli e un intero numero al 8liberalismo , spiegando bene che è il vero cancro della società contemporanea perché assomiglia alle polveri sottili: esiste, ma non si vede materialmente e viene subito inconsapevolmente dalle masse amorfe, vittime dello strapotere del globalismo capitalista gestito dalle multinazionali. Conosco molte persone autodefinitisi "fieramente" di destra. Sorvolando su quelle più anziane, che continuano a sognare impossibili ritorni e alle quali non va detto nulla perché è preferibile che permangano nella loro generosa illusione piuttosto che entrare, in età avanzata, nelle acque melmose della disillusione, che risulterebbe insostenibile, insopportabile e soprattutto pericolosa per la tenuta mentale, mi lasciano perplesso gli altri, per pensieri e azioni non distanti da quelli nefasti succitati. Ciò, alla lunga, o anche non troppo alla lunga, potrebbe far crollare non il tetto di cristallo ma il castello di cartone, perché è ben evidente che "gli altri" impareranno presto a meglio sfruttare queste deficienze a loro vantaggio. Tutto ciò premesso, riflettano bene sulle proprie azioni almeno coloro che, oggi, sono costretti a combattere nei campi di battaglia mediatici e istituzionali, perché il vero punctum dolens è l'approccio relazionale con il prossimo. Dialogare muro contro muro con chi fosse pervaso da odio rancoroso e pregiudizi fallaci non serve a nulla per svariati motivi: il ragionamento banale ha sempre maggiore efficacia sulla gente rispetto a quello complesso; la menzogna sparata a casaccio sugli argomenti in discussione arriva prima e meglio della realtà dei fatti affrontata e gestita oggettivamente; i mestatori intelligenti sono imbattibili sul piano dialettico da chi attualmente sia chiamato a fronteggiarli perché sanno sfruttare tutte le lacune e gli erroriinevitabili in ogni contesto - per colpire ad alzo zero, mischiando abilmente briciole di verità con le mistificazioni a loro utili.
Il sistema mediatico, infine, ha fatto sì che autentici signor nessuno, capaci solo di far caciara, abbiano ampia ribalta proprio per questa ragione, essendo la caciara uno dei piatti preferiti dalle masse. La loro inconsistenza risulta chiara alle persone in grado di distinguere il grano dal loglio, ma negli studi televisivi, insieme con i mestatori, i rancorosi, gli odiatori seriali e chi più ne abbia più ne metta, massacrano chi tenti faticosamente e spesso invano, di fornire una versione veritiera dei fatti discussi. E’ proprio questo che non deve accadere, perché, conferendo dignità interlocutoria a chi non la meriti, si concede loro un grande vantaggio.
E’ fondamentale, quindi, considerare il succitato caleidoscopio umano "l'inutile fardello" del quale liberarsi ad ogni costo, ignorandolo sistematicamente. Parliamoci con estrema franchezza: non sono poche le distonie, anche gravi, presenti sia nell'attuale compagine governativa sia in quella parlamentare che la sostiene. Tante osservazioni critiche che nascono "dall'altra parte", per certi versi, non sono campate in aria: anche un orologio rotto, due volte al giorno, segna l'ora esatta. Se si riuscisse a far percepire a tutti che comunque di orologi rotti si tratta, si farebbe un bel passo in avanti. Si isolino completamente gli orologi rotti, pertanto, e si discuta esclusivamente, anche in modo critico e aspramente oppositivo, all'interno di quel mondo, politico e sociale, che oggi si trova a reggere le sorti del Paese. Si abbia il coraggio di considerare tutto ciò che si trovi all'esterno come consideriamo le tempeste in mare, le trombe d'aria, i fulmini: esistono e sempre esisteranno e ci obbligano a prendere delle precauzioni, senza fare tante storie. Si stabiliscano metodi comportamentali ben strutturati per i talk show televisivi, prendendo in considerazione anche la possibilità di evitare quelli nei quali ci si dovesse confrontare con i cretini di turno, spiegando chiaramente ai conduttori che non s'intende in alcun modo discutere di argomenti delicati con chi non abbia titoli e competenze in materia. Con gli avversari che invece li abbiano, nel confronto, si evitino i battibecchi e ci si limiti a esporre programmi e visione del mondo pacatamente, con estrema chiarezza, senza dare peso né alle provocazioni né agli attacchi personali. Mantenere la calma quando gli altri urlano conferisce credibilità ai calmi, non agli urlatori; non dare peso alle argomentazioni altrui, qualsiasi cosa venga detta, farebbe percepire lo stile raffinato, una grande forza interiore e la superiorità morale e culturale. Bisogna realmente possederla, questa superiorità, però, per metterla in campo efficacemente! E qui casca l'asino, perché ritorniamo alla necessità del già citato "rafforzamento culturale", che ovviamente non si costruisce dall'oggi al domani. Ma vedremo più avanti che qualche soluzione comunque esiste, solo che si abbia la capacità e la volontà di farvi ricorso. Soprattutto - e ripetiamo anche questo concetto fino alla nausea - si faccia sempre attenzione alle parole. 9 Sulla vicenda dell'Ocean Viking e conseguente crisi dei rapporti con la Francia , per esempio, ho sentito una sequela impressionante di dichiarazioni tutte comprensive della frase "reazione spropositata", pronunciata non solo da esponenti politici ma anche da un vescovo. Niente di più sbagliato! Spropositato è un aggettivo sinonimo di scorretto, erroneo, madornale, tutti termini inappropriati per inquadrare correttamente il problema. Sembra quasi che si sia scelto consapevolmente di essere morbidi e non calcare troppo la mano, con il risultato che "l'assurdo" (ecco il termine esatto) comportamento dei francesi, ingigantito dalle strumentalizzazioni interne, ha creato condizioni ottimali per esporre il Governo a ingiuste critiche, dando un vantaggio ai mistificatori: seppur minimo, sempre di vantaggio si tratta. Quando gli altri attaccano duramente, bisogna sì mantenere la calma, ma replicare senza tentennamenti, alzando il tiro e spiattellando con fermezza le distonie insite nei "loro" comportamenti malsani, che nella fattispecie non sono certo di lieve entità: basta fare un salto a Ventimiglia per rendersene conto ed è appena il caso di ricordare che i cari cugini francesi la linea
dura la stanno adottando da ben sette anni. Comportarsi sempre in modo appropriato e onesto, se si riesce a farsi capire, risulta straordinariamente attrattivo per chi ascolti. Prendiamo in esame, inoltre, due importanti fattori troppo sottovalutati. (Ecco la possibile soluzione al problema cui facevo riferimento innanzi).
1) Per una consistente fetta di quelle persone confuse, ma anche arrabbiate, che in perfetta buona fede ancora brancolano nei campi desolati di una sinistra allo sbando e in quelli più pericolosi che sta arando con abile maestria Calenda, trovarsi al cospetto di soggetti di alto spessore significherebbe ricevere quel ceffone che fa svegliare all'improvviso chi dorma profondamente sulla barca che sta affondando, consentendogli di saltare sul canotto che gli salverà la vita.
2) Per quanto possa essere difficile da digerire, bisogna considerare che la parte migliore del P a e s e , i n o g n i c a m p o , è r a c c h i u s a i n q u e i s e d i c i m i l i o n i e seicentosessantaseimilatrecentosessantaquattro cittadini che non si sono recati alle urne perché non si sentono rappresentati da nessuno.
Pensa soprattutto a loro, cara Giorgia Meloni, per recuperarli sia come elettorato attivo sia (e soprattutto) come elettorato passivo, in modo da rigenerare la classe politica con risorse che finalmente non presentino ombre nei curricula e nella fedina penale. Una metà forse guarda a sinistra, ma l'altra metà, credimi, aspetta solo di trovare a destra un campo florido da arare. Come tutti i "migliori", però, sono molto esigenti, e quindi con loro non si può e non si deve scherzare. La fiducia non la danno facilmente, non si mischiano col ciarpame e sono cauti per natura. Incomincia a coltivarli seriamente, pertanto, sbagliando il meno possibile e dimostrando sempre e comunque che di meglio, con le risorse attuali, proprio non si poteva fare. Senza perdere troppo tempo, poi, incomincia a porre rimedio a qualche sfasatura che proprio non si regge, valorizzando le risorse già disponibili sulla piazza. Gratteri sarebbe stato un ottimo ministro, per esempio, ma non è stato preso in considerazione. Ora si parla di lui come possibile direttore del Dap. Che aspetti? Già questo sarebbe un buon segnale. E non dimenticarti di Di Matteo, uno dei pochi veri eredi della nobile tradizione di servitori dello Stato incarnata da Giovanni Falcone e da Paolo Borsellino, quest'ultimo da te spesso citato come colui che ti ha dato la spinta ideale per impegnarti in politica.
Poi c'è tutto il resto, che non è poco: efficientamento energetico, da rivedere in modo che nessuno resti fuori e punendo aspramente chi abbia lucrato sull'ecobonus (molto probabilmente questo numero sarà on line dopo il decreto e spero vivamente che si corregga la barzelletta dei quindicimila euro di ISEE per le villette unifamiliari: tutti devono essere messi in condizione di ridurre i costi energetici e non serve spiegare il perché); risorse culturali del Paese, che non vanno offese ma tutelate come meglio non si possa; lotta spietata agli evasori fiscali, dimostrando seriamente che non si pensa proprio a chiudere entrambi gli occhi per fini elettorali; scuola; università; ambiente; tasse; pensioni: un vero abominio sia quelle milionarie sia quelle intorno ai cinquecento euro mensili, o addirittura inferiori; tanto altro ancora. Ti guardano i migliori del Paese, cara Giorgia Meloni, davvero con simpatia, ma senza alcuna
intenzione di farti regali o sconti anche minimi, in quanto prediligono una sola cosa: l'eccellenza. Tra loro ve ne sono davvero tanti che, se ne avessero la possibilità, farebbero vedere i sorci verdi a quei meschini che spopolano nelle TV, sputando più veleno di mille serpi e ridicolizzando il tuo esercito a corto di armi valide per replicare adeguatamente. (D'istinto avevo utilizzato l'espressione "loschi figuri", appresa dal mio maestro Pietro Buscaroli, che così definiva i meschini di ieri. Oggi, però, quella espressione risulta quasi gratificante, perché essere un losco figuro nella società attuale è motivo di vanto e non di vergogna. Molto meglio "meschini", quindi).
Fai pure ciò che vuoi, cara Giorgia, perché te lo sei conquistato questo diritto, ma rifletti bene sulle conseguenze delle tue azioni: puoi accontentarti di andare avanti fino a quando le circostanze favorevoli te lo consentiranno, mandando poi il Paese in malora, o entrare alla grande nei libri di storia. Per il momento: chapeau. Non è poco, ma non è nemmeno tanto. E soprattutto non serve al Paese.
Lino LavorgnaNote
1. Edward De Bono, "Il pensiero laterale: come produrre idee sempre nuove", 19ª ed., Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2020 [1969].
2. Si veda, in particolare, "Bye Bye american dream", Confini nr 48, ottobre 2016, pag. 28. Nell'articolo si parla anche del gap culturale che limita l'accesso delle donne ai vertici del potere, traendo spunto dal film "The contender", del 2000, che tratteggia magistralmente il feroce ostracismo tributato a una donna chiamata alla vicepresidenza del Paese. Sono trascorsi ventidue anni e alla Casa Bianca un vicepresidente donna ora c'è, senza peraltro che si registrino sensibili cambiamenti di mentalità nella stragrande maggioranza degli statunitensi. Giova sempre ribadire, inoltre, quando si parla degli Stati Uniti, l'errore concettuale che si commette in Europa e più marcatamente in Italia, nell'attribuzione delle aree politiche di pertinenza. I repubblicani vengono considerati di "destra" e i democratici di "sinistra". Premesso che nella parte conclusiva dell'articolo si parlerà proprio di questa distinzione sotto un profilo più attinente alla realtà anche per quanto concerne noi europei, per gli USA è una cosa fuori dal mondo parlare di "destra" e, manco a dirlo, di "sinistra". I repubblicani sono l'incarnazione di quel liberal-capitalismo che in Italia trova similitudini teorico-pratiche in Forza Italia (partito, ripetiamolo fino alla nausea, che non ha nessuna attinenza con una vera destra), mentre i democratici incarnano un liberalismo di stampo progressista abbastanza simile a quello professato in Italia da Calenda. Giova ribadirlo perché nulla è più difficile da scardinare dei convincimenti radicati nell'immaginario collettivo, grazie anche al forte condizionamento esercitato dai media e dagli stessi politici, che utilizzano impropriamente tanti termini, cadendo nel ridicolo quando si autodefiniscono con espressioni palesemente ossimoriche. Sarebbe il caso di ricordare loro lo sdegno di Nanni Moretti, sia pure nella finzione filmica, mentre ascoltava una giornalista stupidotta che si beccò un bel ceffone seguito dal famoso grido: "Le parole sono importanti".
3. Himmelstoss, maturo portalettere richiamato al fronte con i gradi di sergente, vessa pesantemente i giovani studenti volontari, generando grande stupore, essendo stato con loro in gradevole confidenza fino al giorno precedente. Il calzolaio analfabeta Kat fornisce una bella lezione di vita agli ingenui liceali corsi ad arruolarsi convinti di vincere subito la guerra e tornare a casa per Natale: "Se tu tiri su un cane a patate, e poi un giorno gli dai un pezzo di carne, quello slunga il muso ugualmente, perché è nella sua natura. Così, quando dai a un uomo un pezzetto di potere, è la stessa cosa: anche lui slunga il muso. E una faccenda che va da sé, perché l'uomo è prima di tutto un animale e poi magari ci hanno spalmato sopra un po' d'educazione, come il burro su una fetta di pane". Nella vita civile, subire la mediocrità altrui, è ancora più faticoso che nella vita militare, a meno che non si sia in guerra: in questo caso, infatti, la mediocrità dei superiori può far perdere la vita.
4. "Gli uomini mi spiegano cose", 2017, casa editrice Ponte alle Grazie, Milano.
5. Il saggio, del 2004, s'intitola "River of Shadows: Eadweard Muybridge and the Technological Wild West" e parla dello sviluppo in California dopo la guerra civile, visto anche attraverso le foto di Muybridge. ? inutile che proviate a reperirlo in italiano: se vi va di vedere la prima foto in movimento ad alta velocità, scattata nel 1872 con 24 fotocamere sistemate parallelamente lungo un tratto di strada percorso da un cavallo, nonché apprendere qualcosa sulle origini di Hollywood e della Silicon Valley, dovete acquistare la versione originale, anche in e-book, sui soliti web store.
6. Glissando sugli altri componenti della compagine governativa, Sgarbi, eccezion fatta quando parli di arte, può senz'altro apparire oltremodo noioso e irritante, ma vederlo in una posizione di subalternità nei confronti dell'attuale ministro della Cultura risulta abbastanza ridicolo. Ha senz'altro sbagliato ad accettare il ruolo, ma per un dicastero così delicato, e soprattutto con tanti nomi realmente validi a disposizione, il problema non doveva proprio sorgere. Il compiacente amico, del resto, era stato già abbondantemente beneficiato con la direzione di un TG ed elevarlo al rango di ministro è una vera nota fuori posto in uno spartito musicale già di per sé di difficile esecuzione orchestrale.
7. Per Platone una persona ha nozioni e concetti già all'atto della nascita, che precedono quelle successivamente apprese grazie all'esperienza di vita; per Cartesio sono innate delle capacità di organizzazione di ciò che si apprende attraverso l'esperienza.
8. Confini, nr 81, dicembre 2019: "L'oppressione liberale".
9. A futura memoria. La Ocean Viking è una nave appartenente alla ONG Sos Méditerranée. Verso la fine di ottobre 2022 ha raccolto 230 "clandestini" (dai media e non solo sistematicamente ed erroneamente definiti "migranti", che invece sono solo coloro che "emigrano" legalmente da un Paese) tentando di farli sbarcare in un porto italiano, ottenendo la ferma opposizione delle autorità governative, che avevano già consentito l'approdo, nella prima decade di novembre, a due altre navi piene di clandestini. Dopo tre settimane di navigazione nei pressi della costa siciliana, la nave si è diretta a Tolone, dove l'11 novembre sono sbarcati tutti i clandestini. La Francia, responsabile di feroci e violenti respingimenti alle frontiere, ha reagito scompostamente accusando il Governo italiano di comportamento disumano. Debole e inappropriata la reazione del Governo italiano. Le Ong che operano nel Mediterraneo sono complici degli scafisti nella tratta degli esseri umani e ciò va denunciato con maggiore fermezza e soprattutto producendo atti concreti di contrasto. I governanti europei con doppia faccia vanno smascherati con non minore fermezza. Con calma e sorridendo, ma con fermezza, mettendoli con le spalle al muro e impedendo loro, con i fatti, ogni possibile replica. Il tutto senza mai dimenticarsi di distinguere i governanti dai popoli che rappresentano, in modo che sia ben chiaro la propensione a un sano europeismo, elemento fondamentale che rende "superiore" a chiunque altro chi lo faccia ben percepire.
POLITICA
ARCORE, ABBIAMO UN PROBLEMA
La signora Letizia Moratti ha annunciato la sua candidatura alla presidenza della Regione Lombardia. La sosterrà il Terzo polo della coppia Carlo Calenda- Matteo Renzi. Al momento, non è dato sapere come reagirà il Partito Democratico. Intanto, le sue articolazioni locali hanno respinto al mittente l'offerta di Carlo Calenda di costruire intorno alla figura di Letizia Moratti un fronte unico (senza i Cinque Stelle) anti-centrodestra. Non vi è dubbio che la candidatura da outsider di Moratti irrompa nella campagna elettorale lombarda provocando scossoni, sia a destra sia a sinistra. La rottura del classico schema bipolare, che si attaglia perfettamente alle caratteristiche delle leggi elettorali regionali, rende incerto l'esito finale del voto. Quello che sembrava un risultato scontato - la vittoria del centrodestra con Attilio Fontana - adesso non lo è più. Di certo, c'è solo che uno tra i candidati più accreditati alla vittoria - a questo punto dovrebbero essere tre - la spunterà al fotofinish, per una manciata di voti. Nulla di cui preoccuparsi, è la normale dinamica democratica che si attiva in una competizione elettorale. Ciò che di negativo invece restituisce la fotografia di una Moratti campionessa di neocentrismo, attiene al destino ultimo di Forza Italia. Il fattore destabilizzante per la qualità della politica italiana in generale è nel profilo curricolare della signora Moratti. Benché lei provenga dai ranghi dell'alta borghesia imprenditoriale lombarda, spesso incline a un civettuolo entusiasmo per il progressismo, la sua candidatura non la si può definire propriamente "civica" o emanazione della società civile. Letizia Moratti ha un trascorso politico-istituzionale di tutto rispetto ma totalmente sviluppatosi nell'alveo dell'organizzazione partitica berlusconiana. La sua storia politica s'intreccia a doppio filo con le fortune dei governi Berlusconi. É stata presidente della Rai dal 1994 al 1996 durante il primo Governo Berlusconi; ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca scientifica dall'11 giugno 2001 al 17 maggio 2006 nei governi Berlusconi II e III; sindaco di Milano, in quota centrodestra, dal 5 giugno 2006 al primo giugno 2011. Dopo un periodo di allontanamento dall'agone politico, è ritornata in prima linea l'8 gennaio 2021 in piena emergenza pandemica, accettando, su indicazione di Silvio Berlusconi, la nomina ad assessore al Welfare e vicepresidente della Regione Lombardia in sostituzione dei dimissionari Giulio Gallera e Fabrizio Sala. Incarichi che ha ricoperto fino allo scorso 2 novembre. Meno di una settimana è bastata per farle compiere il salto della staccionata e candidarsi in contrapposizione a quel centrodestra a cui è appartenuta per quasi trent'anni e dal quale ha ricevuto onori e prestigio.
audacia temeraria igiene spirituale
Circa la sua inelegante defezione, potremmo metterla sul piano morale, ma non è il caso.
Mettiamoci in testa una volta per tutte che in politica la parola gratitudine non ha cittadinanza. Chi compie scelte discutibili, se ne assume la responsabilità. Riguardo a donna Letizia, saranno gli elettori lombardi a giudicare, in ordine all'affidabilità, se il grado di competenza che le viene riconosciuto faccia premio sullo scarso livello di coerenza dimostrato. Il problema è altrove. Il suo voltafaccia pone una gigantesca questione di qualità della classe dirigente di Forza Italia. Il vulnus non è nel comportamento di Moratti in sé, ma nel fatto che dagli accadimenti politici del 2011 in poi tutti o quasi gli appartenenti a Forza Italia, designati a ricoprire incarichi di Governo o di Amministrazione nelle principali realtà regionali e locali italiane, abbiano disertato dal campo berlusconiano. È accaduto nel 2013 con la pessima pagina del Governo Letta. In quella circostanza, pur di dare un Governo al Paese in assenza di maggioranze politicamente definite, Silvio Berlusconi decise di scendere a patti con il Partito Democratico. Ne nacque un Esecutivo bipartisan che prevedeva la presenza di un'ampia pattuglia di esponenti dell'allora Popolo della Libertà. Angelino Alfano, vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro dell'Interno; Beatrice Lorenzin, ministro della Salute; Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti; Nunzia De Girolamo, ministro dell'Agricoltura; Gaetano Quagliariello, ministro per le Riforme istituzionali. Nel novembre dello stesso anno, quando era apparso chiaro che il Pd avrebbe usato la "legge Severino" per estromettere Silvio Berlusconi dal Senato, la pattuglia dei ministeriali del Popolo della libertà, presagendo la possibilità che Berlusconi avrebbe fatto cadere il Governo, organizzò la scissione dal Pdl e la contemporanea nascita del "Nuovo centrodestra" (Ncd) il cui compito, oltre a mantenere i ministri ai loro posti, fu quello di garantire alla sinistra di tenere il potere per l'intera legislatura, prima con il Governo Letta e poi con quello Renzi. Insieme ai ministri, tutti i viceministri e i sottosegretari designati dal Popolo della Libertà cambiarono repentinamente casacca in barba al mandato che avevano ricevuto dagli elettori. Le sole eccezioni furono Michaela Biancofiore e Gianfranco Miccichè che non abbandonarono il "Cav". Più recentemente la storia si è ripetuta con il Governo Draghi. Dei tre ministri in quota Forza Italia - Renato Brunetta, Mariastella Gelmini, Mara Carfagna - nessuno è rimasto con Berlusconi. Il primo ha avuto il buon gusto di lasciare la politica, le altre due si sono accasate nel Terzo polo. Oggi è la volta di Moratti. Non può essere una coincidenza e neppure un'epidemia d'ingratitudine a spingere i gratificati dal capo assoluto a voltargli le spalle, una volta ottenuti i vantaggi desiderati. Esiste un evidente problema di formazione della classe dirigente in Forza Italia che non può più essere nascosto. Il vecchio leone di Arcore di cose buone ne ha fatte tante. Ma non tutte le ciambelle gli sono riuscite col buco. Quelle dell'individuazione degli esponenti del suo partito per ricoprire le massime cariche istituzionali sono fallite clamorosamente. Berlusconi ha voluto imprimere al suo partito un'impronta aziendalista ritenendo che il modo migliore per garantire qualità e competenza alla guida del Paese fosse la cooptazione dei profili da lui individuati. Per la formazione dell'élite forzista non ha mai creduto, lui sincero democratico, alla validità dei meccanismi selettivi attivati dal basso all'interno del partito.
Le conseguenze di un tale macroscopico errore sono state devastanti per la tenuta del consenso della più grande formazione liberale che la Repubblica italiana abbia conosciuto. D'altro canto, vi sarà un motivo se Forza Italia nella sua versione allargata di Popolo della Libertà nella tornata elettorale del 2013, nonostante la guerra giudiziaria fatta al suo leader e il modo violento con il quale il legittimo Governo di centrodestra era stato defenestrato nel 2011, per la Camera dei deputati raccoglieva ancora 7.332.134 voti (21,56 per cento) mentre alle Politiche del settembre scorso la ridotta berlusconiana si è attestata all'8,11 per cento dei consensi con 2.278.217 voti ottenuti. La gracilità della struttura partito, l'inaffidabilità della sua classe dirigente, l'incapacità a comprendere il profondo radicamento a destra del suo elettorato naturale, sono sicure concause del crollo di Forza Italia. Si potrebbe obiettare che trattasi di questioni interne al movimento berlusconiano che non hanno incidenza sugli andamenti della coalizione. Niente di più sbagliato. La complessità nella guida della coalizione di centrodestra, che regge da trent'anni, sta nell'assorbire le spinte prodotte dalla dialettica dalle componenti che agiscono al suo interno. Se sciaguratamente una di tali forze dovesse sfuggire alla regolazione degli equilibri dinamici intra-coalizionali, le ripercussioni ricadrebbero sulla tenuta stessa della maggioranza, e quindi del Governo.
Al riguardo, l'esempio del voltafaccia di Letizia Moratti è paradigmatico. Il vecchio leone non può fingere che non sia accaduto nulla e che il problema della fedeltà della classe dirigente forzista non esista. Deve, perciò, mettervi mano seriamente e trovare una soluzione che valga per il presente e per il futuro. Non è pensabile che una quota di elettorato liberale e riformista, che sente di appartenere alla destra, non possa più avere un riferimento partitico che la rappresenti e debba rassegnarsi all'idea che i suoi voti finiscano in dote alla sinistra. Già, perché votare per il Terzo polo è come decidere di essere diversamente di sinistra. Il vecchio leone rifletta sulla possibilità di lasciare ai posteri una struttura partitica organizzata su basi democratiche e che, pur riconoscendosi nel pensiero e nella storia politica e personale del suo leader, sappia e possa camminare sulle proprie gambe. Questo sì che sarebbe l'ultimo coniglio tirato fuori dal cilindro da un grande mago. Già, il mago Silvio da Arcore.
Cristofaro SolaSE LA FRANCIA FRIGNIA
Se non vi fossero di mezzo storie personali drammatiche, sarebbe da morire dal ridere. L'argomento è l'arrivo nel porto francese di Tolone della nave Ocean Viking della Ong Sos Méditerranée con 234 immigrati clandestini a bordo. I "cugini" d'Oltralpe piagnucolano perché si sono letteralmente incartati. Prima hanno dato una flebile solidarietà al Governo di Roma, accettando che almeno un'imbarcazione delle Ong tra le molte che affollano le acque territoriali italiane potesse approdare in un proprio porto, poi hanno sclerato. La reazione francese contro un'Italia definita "inumana" è stata isterica. Che delusione sentirli frignare a quel modo, abituati come eravamo alla ruvida virilità di Asterix e Obelix. Ma il ministro dell'Interno, Gérald Darmanin, ha dato di matto parlando di comportamento italiano inaccettabile per non aver accolto la nave dell'Ong. Ha ringhiato minacciando che la Francia avrebbe assunto provvedimenti durissimi contro il nostro Paese, a cominciare dall'immediata sospensione dell'accordo in base al quale Parigi si era impegnata ad accogliere 3500 clandestini sbarcati illegalmente sulle nostre coste. Peccato che finora di quello sbandierato accordo non si sia visto granché avendo Parigi preso al momento solo 38 migranti dei 3500 promessi.
Ma a Darmanin non è bastato per lavare l'onta subita. Ha chiesto agli altri Paesi europei di non accogliere nessuno dei clandestini giunti sul suolo italiano. Darmanin ha anche annunciato l'invio di gendarmi alla frontiera di Ventimiglia per rafforzare i respingimenti. Che avesse in mente di chiedere a Bruxelles l'estensione all'Italia del pacchetto di sanzioni applicato alla Russia? Perché no, se in ballo c'è il reato di lesa maestà.
Ora, è pur vero che la Francia non accetti di perdere ma stavolta Emmanuel Macron e i suoi sodali hanno oltrepassato il limite della decenza. È comprensibile che i nostri "cugini" siano scioccati, non era mai accaduto prima d'ora che una nave con dei migranti a bordo attraccasse in un porto della Gallia cisalpina (tanto per ricordare chi gli ha portato la civiltà e insegnato la buona creanza). Come in tutte le cose, c'è sempre una prima volta e l'Ocean Viking è stata la loro prima volta. Fa male, lo sappiamo. Ma forse è la volta buona che ci si renda conto che non è una soluzione pretendere di trasformare l'Italia nell'hotspot d'Europa. Occorreva un Governo di centrodestra perché il bubbone venisse portato alla luce.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel discorso sullo stato dell'Unione del 2020, riguardo al fenomeno dell'immigrazione illegale disse: "Adotteremo un approccio umano e umanitario. Salvare vite in mare non è un'opzione. E quei Paesi che assolvono
i loro doveri giuridici e morali o sono più esposti di altri devono poter contare sulla solidarietà di tutta l'Unione europea… Tutti devono farsi avanti e assumersi la propria responsabilità". Cosa è stato fatto di concreto? Nulla. Soltanto una montagna di buone intenzioni e di documenti che non hanno trovato alcuna applicazione concreta. Nell'introduzione della comunicazione della Commissione europea del 23 settembre 2020, a "Un nuovo patto sulla migrazione e sull'asilo" è scritto che "il nuovo patto riconosce che nessuno Stato membro dovrebbe accollarsi una responsabilità sproporzionata e che tutti gli Stati membri dovrebbero contribuire alla solidarietà su base costante". Bella la parola solidarietà se viene praticata, pessima se è soltanto predicata.
Le ultime negoziazioni non hanno superato lo scoglio della modifica del terzo criterio del Regolamento di Dublino III (Regolamento Ue numero 604/2013 del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide), anche noto come criterio del primo ingresso illegale. Quindi, resta in piedi l'articolo 13 del Regolamento di Dublino III che assegna la competenza per l'esame della domanda di protezione internazionale allo Stato membro la cui frontiera è stata varcata illegalmente dal richiedente. Tuttavia, insistere sulla revisione del Regolamento di Dublino non è in sé cosa sbagliata, ma al momento non è utile alla causa nazionale. Come non lo è l'idea d'insistere sull'interpretazione puntuale della norma di diritto internazionale che attribuisce la sovranità territoriale sulla nave allo Stato di cui batte bandiera. Su questo punto i partner europei ci rinfacciano di non tenere fede ai patti sottoscritti. E non hanno del tutto torto. Se le navi Ong si sentono in diritto di sbarcare in Italia il loro carico umano senza creare alcun pregiudizio allo Stato di bandiera è perché la sinistra ci ha venduti. È stato l'allora premier Matteo Renzi nel 2014, nell'ambito dell'operazione Triton, ad acconsentire che si derogasse a un principio fondante del diritto internazionale marittimo e cioè che se un migrante sale su una nave battente bandiera di uno Stato straniero quello è lo Stato da considerarsi di primo approdo del migrante stesso. Dublino non c'entra nulla, è la sinistra che dobbiamo ringraziare se l'Italia è diventata il terminal della disperazione del mondo.
L'ultima virata della Commissione ha riguardato un'idea di solidarietà più flessibile che andasse oltre la ricollocazione obbligatoria dei migranti illegali da un Paese di primo approdo agli altri Paesi dell'Ue. Si è pensato alla sponsorizzazione dei rimpatri. Tale strumento avrebbe dovuto permettere agli Stati, pressati dagli arrivi di clandestini, di rispedire indietro coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale grazie al sostegno di tutti gli altri Paesi membri. Proposta interessante ma inapplicabile, tanto che di essa non si ha traccia nella realtà. La verità è che i partner europei, nessuno escluso, non accetteranno mai di accogliere gli irregolari, cioè i migranti economici.
Il Governo Meloni deve prenderne atto. Inutile sprecare tempo a battere una pista che non porterà da nessuna parte. La sola possibilità che l'Italia ha di riuscire a cavarsi fuori dal cul-de-sac, nel quale una sciagurata politica migratoria della sinistra ci ha infilato, è di rilanciare con estrema
determinazione in sede europea la proposta di installare hotspot sulle coste nordafricane e di affidarne la gestione alle organizzazioni umanitarie. Si obietterà: libici e tunisini non accetteranno mai una simile perdita di sovranità nei loro territori. Non è così. Lasciate che annusino anche solo una parte della cospicua fortuna in denaro che l'Unione versa annualmente al tiranno turco Recep Tayyip Erdogan per tenere chiusa la rotta orientale ai flussi migratori verso l'Europa, che acconsentiranno a qualsiasi cosa. Riepilogando. L'Europa i migranti illegali non li vuole; non vuole che muoiano in mare; non vuole che restino in Libia a subire violenze e torture; non vuole farsi carico di rispedirli ai Paesi d'origine. Vuole prendere solo quelli lavorativamente formati, prontamente occupabili negli apparati produttivi delle economie nazionali. Mentre vuole che con gli illegali se la sbrighi l'Italia. Che si fa? Continuiamo a scannarci o si trova una soluzione che vada bene a tutti? Quando ai francesi sarà passata la crisi isterica e la smetteranno di frignare, se ne potrà riparlare. Intanto, gradiremmo che la maggioranza di centrodestra riflettesse bene sulla ratifica del Trattato italofrancese per una cooperazione bilaterale rafforzata, meglio noto come Trattato del Quirinale, firmato a Roma il 26 novembre 2021 dal presidente francese Emmanuel Macron e dall'allora premier italiano, Mario Draghi, che per essere operativo attende il via libera del Parlamento. Alla luce del comportamento del Governo di Parigi, che vorrebbe tagliarci i viveri e isolarci dal resto del mondo, cominciamo col cestinare l'accordo. In calce al ragionamento, avvertiamo la sinistra che è presto per le processioni degli autoflagellanti del Venerdì santo. Ce l'abbiamo con quella stessa sinistra che, angosciata, si domanda come rimediare all'affronto fatto ai padroni francesi, alla stregua dell'agnello che si preoccupa di chiedere scusa al lupo per i fastidi arrecatigli. Tutto questo pietoso teatrino non ci sarebbe stato, se una vera Unione europea fosse esistita. Ma l'unità degli europei è niente di più di un'illusione ottica. Prima ce ne rendiamo conto, meglio sarà per tutti. C.S.
PULIZIE... D’AUTUNNO
Fino alla prima metà del secolo scorso, almeno per quanto mi è dato sapere, nelle famiglie borghesi della mia città si facevano le cosiddette "pulizie di Pasqua": si spalancavano le finestre, si rinfrescava la casa e ci si disfaceva di tutti gli inutili residui accumulati durante il claustrofobico inverno. In una parola si dava nuova luce e vita alle proprie abitazioni. Una sorta di rito catartico a conclusione di un determinato periodo di vita familiare per far spazio ad un altro che, seppur nelle immutate circostanze di contesto, intendeva comunque prefigurare un qualcosa di nuovo, di diverso e perfino di augurale nella, seppur ineludibile quotidianità. Rese ormai inerti dalla loro evidente obsolescenza, vari oggetti, suppellettili e persino libri, mostravano tutto ad un tratto la loro acquisita irrilevanza, nonostante il qualche servizio da essi fornito nei momenti del buio, dell'incertezza e perfino della noia. Oggetti che inducevano a domandarsi per qual misterioso motivo ci fossimo mai indotti ad acquistarli, farne un qualche uso o addirittura, quando si trattava di libri mediocri, di aver sprecato tempo a leggerli.
L'avvento di Giorgia Meloni alla guida dell'Italia è stato, per la vita politica del nostro Paese (o meglio dicasi, della nostra Nazione) un evento catartico di caratura tale che, seppur verificatosi in autunno, ben potrebbe rapportarsi all'impatto/effetto che le ricordate "pulizie di Pasqua" avevano sulle nostre famiglie. Fuor di metafora, il discorso programmatico pronunciato in Parlamento dal nuovo Primo Ministro in occasione del voto di fiducia è stato per taglio, contenuti ed esposizione una folata di aria fresca irrotta negli stantii ambienti della politica italiana: si sono udite finalmente parole da "leader", nel senso "di colui che indica la via, che c.o.n.d.u.c.e" e NON, DICESI NON, "di chi invece, al carro degli umori del momento, i.n.s.e.g.u.e la gente". Le parole della nostra Giorgia nazionale ci hanno infatti sbattuto in faccia la necessità di riconoscere come gli ultimi settant'anni di vita politica italiana siano stati (con appena qualche ben circoscritta eccezione, tipo l'onesto De Gasperi o alcuni aspetti del miglior Craxi o del primissimo Berlusconi) una surreale rappresentazione da teatro dell'assurdo secondo cui far politica è stato inteso"come l'arte di chi, essendo soltanto un c.a.r.r.e.t.t.o, deve dare comunque l'impressione di atteggiarsi a c.a.v.a.l.l.o" , ovvero, secondo l'intimo sentire di legioni di politicanti d'accatto :"noto che la mia gente vuole andare in quella determinata direzione: io che sarei il loro "leader (?)", non posso far altro che … "seguirli"(!)" . Basta, e finalmente, con tale sceneggiata dell'assurdo! Basta, soprattutto, con l'auto-esaltazione di quei deleteri, presunti leader che, al potere da ininterrotti settant'anni, ci hanno gabellato di essere stati artefici del progresso del nostro paese,
mentre il relativo merito è invece soltanto del popolo italiano che ha saputo ottenere in modo autonomo inimmaginabili risultati; non tramite loro, ma nonostante loro. Infatti nei momenti in cui la gente comune si industriava a far crescere economicamente e socialmente il paese, i farisaici politicanti dell'ineffabile Sinistra cattocomunista, ideologica ed internazionalista dilapidavano ricchezze immense al solo fine di miope proselitismo elettorale, facendo levitare in maniera irresponsabile il debito pubblico nazionale ipotecando il futuro delle prossime generazioni. Mai create, se non che nel primo ventennio del dopoguerra, condizioni di reale crescita per il nostro paese! Soltanto sperpero elettoralistico di denaro ed elefantiasi burocratica con costante, decrescente sfiducia degli italiani verso la propria stessa economia. Conseguenza? Il paese è sempre più povero, mentre i suoi cittadini diventano ogni giorno, seppur mestamente, sempre più ricchi, ma con il proprio denaro posto ad ammuffire in conti correnti erosi da spropositate spese di gestione e da un' inflazione galoppante nella costante, seppur fin'ora inane, attesa di poter fuggire dalle banche per incontrare finalmente remunerativi investimenti nell'economia reale della propria amata Italia. Giorgia Meloni ci propone, grazie a Dio (!), riflessioni su obiettivi da perseguire e non più elencazioni di fenomeni congiunturali da doversi soltanto amministrare passivamente in perenne, asfittica e statica contingenza.
Il vento purificatore del discorso del nostro Presidente del Consiglio ha inoltre fatto volar via (mettendoli ferocemente a nudo) gli stracci della vera indole conservatrice e sterile delle simbiotiche visioni politiche del Partito Democratico (catto-comuniste) e del Movimento Cinquestelle (antistoriche e dal redivivo sapore giacobino).
Nel primo caso, vale per tutti il lunare intervento dell'On. Debora Serracchiani, neo capogruppo del PD alla Camera, che, in un discorso "già scritto" (e dunque pre-meditato e pre-confezionato da tempo) non si è resa neanche conto, non solo di essere incapace di riconoscere la più palese delle realtà dipanate dinnanzi ai suoi occhi, ma neppure, nella fattispecie, di favorire - come mi ha fatto ben notare un caro amico, che cito alla lettera - " una schiacciata della Meloni servita davvero in maniera improvvida (e questa sarebbe la sinistra giovane, quella del domani ?!)", quando, al cospetto dell'unica testa bionda di donna troneggiante tra tanti canuti crani di signori uomini seduti nei banchi sottostanti, non si perita di affermare: "che il governo Meloni, vuole le donne un passo dietro agli uomini" con la pronta battuta della neo-Premier, subissata da scroscianti applausi di buona parte dell'emiciclo: " mi guardi, Onorevole Serracchiani, Le sembra che io stia un passo dietro agli uomini …?!" Esempio lampante questo di come, per oltre cinquant'anni, la realtà del nostro Paese sia stata interpretata dalla Sinistra di governo con occhi e menti distorti da cerebrali ideologie preconfezionate.
L'esplicita presa di posizione della nostra brava Giorgia ha consentito altresì di far emergere in modo palese quel pauperismo di natura neo-giacobina del presidente del partito pentastellato Giuseppe Conte, imperniato su nette rivendicazioni, come suole dirsi, "senza se e senza ma". Tale linea - per quanto essa possa essere in parte spiegata dall'indubbia presenza in Italia di un ampio ceto di indigenti - viene rappresentata dall'ex capo del governo tramite un'asfittica chiusura mentale che non porta se non che a negare lo stato di paritario interlocutore politico a quei
cittadini i cui concreti interessi egli pretende invece di rappresentare. Gabellando infatti il suo elettorato come una sorta di acritici sanculotti incapaci di accettare la differenza tra indigenza strutturale e disoccupazione occasionale, egli rende ad esso il pessimo servizio di porre quello stesso "popolo" sotto la falsata luce di gretto percettore di una sorta di atavica ed antistorica "farina" dal sinistro profumo padronale. Fatto questo che, storia docet, spiana, prima o poi, la strada ai suoi due ineludibili corollari autoritaristici e cioè strumentale "festa" con relativa conseguenza: indiscriminata "forca" (!) . Davvero un bel servizio reso al proprio elettorato dall' On. Conte ed un ulteriore "brava" al Capo del Governo per aver fatto emergere, con la propria presa di posizione anche questa pericolosa contraddizione di una opposizione dogmatica a tutto danno della parte più vulnerabile dei nostri concittadini. Una povertà, caro Presidente Conte, caratterizzata da (e, direi, formalizzata in) una dimensione di perenne stasi senza alcuna dinamica interna volta ad un proprio riscatto economico e sociale. Dai banchi dell'opposizione non è stato reso, in tal modo, un buon servizio ai veri indigenti; brava dunque la Presidente Meloni per averlo - evidenziandolo - stigmatizzato.
Naturalmente, in materia di povertà e disoccupazione, il Partito Democratico risulta "non pervenuto", preso come esso è nel suo cieco guazzabuglio mentale nel fare di tutt'erba un fascio (e si, "fascio", è proprio il caso di dirlo) tra guerra alla (fu madre!) Russia, diritti dei diversi e …. obsoleto antifascismo militante.
Che sia forse giunta l'ora che la pluridecennale ricreazione ideologica italiana stia per essere, una volta per tutte, scaraventata fuori dalla finestra?
Antonino ProvenzanoRoma, 28 ottobre 2022
LA PANDEMIA VERSO L’INVERNO: PROSPETTIVE E PROBLEMATICHE
Sono trascorsi più di 28 mesi dal presunto inizio della pandemia da coronavirus - inizio che parrebbe in realtà doversi retrodatare ad inizio autunno del 2019 in Cina - e stando alle serie storiche delle passate pandemie dovremmo essere giunti al suo epilogo. Dovremmo. Ma qual è la presumibile situazione? Quasi ovunque dovrebbe essere stata raggiunta la condizione di immunità di popolazione grazie all'elevata % di infezioni - e guarigioni - da varianti Omicron, con il concorso dei vari tipi di vaccinazioni. Ricordiamo che in paesi come l'India sono stati introdotti vaccini a virus inattivato (Covaxin) con buoni risultati in termini sia di efficacia che di sicurezza. Problemi maggiori in Europa, UK, USA, Canada, Australia e Nuova Zelanda dove - dopo il fallimento dei vaccini a vettore virale e Dna - anche i vaccini a base di mRna e nanoparticelle lipidiche stanno suscitando non poche preoccupazioni per l'efficacia rapidamente evanescente, l'evasione immunitaria delle nuove varianti virali, e - soprattutto - il profilo di sicurezza sempre più in discussione. Fortunatamente abbiamo assistito negli ultimi mesi ad un succedersi di varianti virali sempre più contagiose ma sempre meno virulente, e l'ultima omicron 5 non sembra peggiore di una comune infezione stagionale delle alte vie respiratorie. Sorge quindi spontanea la domanda se valga la pena sottoporre ancora l'intera popolazione, o parte di essa, a nuove campagne vaccinali. Tanto più essendo ormai numerosi i farmaci rivelatisi molto utili nel controllare l'infezione purché assunti fin dal primo giorno di malattia; quindi senza nessuna vigile attesa! Eppure le autorità regolatorie europee, inglesi e americane continuano ad approvare quarte e quinte dosi - anche con vaccini "bivalenti" - persino per giovani e bambini naturalmente esenti dal rischio di malattia grave, e pur essendo ormai acquisito il fatto che queste vaccinazioni non bloccano a sufficienza la diffusione del contagio. Viene quindi del tutto meno la necessità di vaccinare giovani e bambini per proteggere gli anziani. Ma per lo stesso motivo decade qualsiasi giustificazione e base scientifica per cosiddetti "green pass", "super green pass" e obblighi vaccinali di qualsivoglia natura. Questi prodotti farmaceutici proteggono solo - in parte - dagli esiti peggiori i cosiddetti "fragili" - ovvero anziani, ma anche meno anziani o giovani, con gravi patologie. Chi si vaccina lo fa allora per proteggere se stesso e non gli altri. Nessun "dovere morale" dunque, nessun "impegno sociale" in vista del "bene comune": il bene è solo e soltanto il proprio. Questo fatto eclatante dovrebbe essere ormai ben chiaro ed evidente, ma sembra che ancora - per qualche strano motivo - non lo sia. Ma si dirà: e se ora arrivassero nuove varianti minacciose e mortali? Le nuove varianti ci sono e altre ne verranno in quanto il virus non ha nessuna intenzione di lasciarci.
Dovremo conviverci per molti anni a venire, visto che il virus influenzale della tremenda pandemia "spagnola" del 1918/20 è ancora tra noi, pur causando solo innocue infezioni delle alte vie respiratorie. In oriente si sta diffondendo la XBB e altre ancora in occidente, nessuna di queste dando tuttavia per ora segni di maggior virulenza rispetto a omicron 5, semmai si osservano segnali di minore patogenicità. Dobbiamo allora concludere che la pandemia è in via di esaurimento e ci avviamo verso l'endemia e la convivenza con il virus? Direi proprio di sì; attendiamo solo la comunicazione ufficiale da parte delle autorità internazionali, OMS in primis. A meno che in qualche laboratorio più o meno segreto - e più o meno di alta sicurezza - qualche impavido ricercatore non sia impegnato proprio ora in studi di "gain of function" per produrre, con raffinate tecniche di ingegneria genetica, nuove pericolose varianti virali, o altri agenti patogeni altamente letali. Fantascienza? Purtroppo no, vista anche la recentissima notizia da Boston di un ibrido virus di Wuhan/omicron letale per l'80% nei topi di laboratorio. Altre notizie attuali di rilievo: dopo Joe Biden e Anthony Fauci, anche Rochelle Walenskydirettore/direttrice dei CDC di Atlanta - dopo 5 dosi si è ammalata, ma soprattutto - sempre come Biden e Fauci - ha avuto una ricaduta una settimana circa dopo aver completato il suo ciclo di Paxlovid - il nuovo (e costoso) antivirale della Pfizer! Ben le sta, direte voi; ma che genere di "vaccini" e di "antivirali" ci stanno propinando? Dico io. Intanto gli inquietanti eccessi di mortalità per tutte le cause - e per tutte le fasce di età - comparsi in tutti i paesi "occidentali" a partire da aprile/maggio 2021 - ovvero non molto dopo l'esordio delle campagne vaccinali - proseguono senza sosta. Evidentemente sarebbe ormai imperativo impostare una seria ricerca per individuare le cause precise di questo fenomeno e cercare di porvi eventualmente rimedio. La cosa strana è che i principali "media" giornalistici e televisivi non sembrano preoccuparsi più di tanto di un evento tanto serio e misterioso. Perché? Ma almeno le Autorità dovrebbero iniziare a preoccuparsi, io credo. In testa alla lista delle patologie riscontrate in aumento troviamo gli eventi cardiovascolari acuti improvvisi, anche in giovani, giovanissimi e sportivi, sia dopo sforzi fisici che durante il sonno. Su questi gravi aspetti torneremo eventualmente in una successiva occasione. Ora vorrei soffermarmi un attimo su una questione di recentissima attualità che sta suscitando non poche polemiche. Mi riferisco al rientro in servizio dei sanitari sospesi per non aver ottemperato all'obbligo vaccinale. A rigor di logica la questione semplicemente non si pone, in quanto - come detto sopra - questi vaccini non proteggono a sufficienza dalla trasmissione del contagio, quindi un medico vaccinato non garantisce affatto al paziente una maggior sicurezza, contrariamente a quanto continua ad essere affermato come certo. Oltretutto, gran parte dei sospesi sono in realtà guariti, quindi con immunità di gran lunga migliore rispetto a quella - rapidamente calante e incompleta - dei vaccinati non guariti. La questione potrebbe allora addirittura porsi in senso inverso! La cosa è dunque paradossale, tuttavia accade che si insista a voler discriminare gli innocui sanitari sospesi, già pesantemente penalizzati, insultati, discriminati e fatti oggetto di infamanti accuse destituite di qualsivoglia fondamento scientifico.
E' una scandalo inaudito e una persistente vergogna per la sanità italiana: divisa, tormentata, colpita al cuore, e ormai al collasso - più che organizzativo, etico e valoriale. Si vorrebbe addirittura demansionare i poveri sanitari reintegrati in servizio, quindi discriminarli ancora, magari contrassegnandoli con una sorta di marchio di infamia - perché no una bella stella gialla? Sembra inaudito, eppure qualcuno ha fatto davvero proposte del genere! Siamo al più completo annichilimento morale, alla più totale assenza di coscienza critica, tolleranza, buon senso e solidarietà. Siamo all'Orrore - totale e definitivo - del colonnello Kurtz, nel profondo della giungla indocinese, mentre precipita senza scampo nell'abisso del suo delirio nichilista. Che fare per porre un argine a questo disastro, umano prima che medico e scientifico? Forse potremmo ricordare a costoro le parole che il nostro Salvatore rivolse ai persecutori dell'adultera: "Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra!" Ecco, cari colleghi - o presunti tali - rispettosi delle "regole", chiedetevi - magari guardandovi allo specchio - "Chi di noi è senza peccato? Chi? E c'è anche chi ha dubbi sul diritto a esercitare la medicina da parte di chi non "crede nella scienza" e non ha "fiducia nei vaccini"; anche se dovremmo chiederci in verità di quale scienza parliamo e di quali vaccini!
Io ad esempio, più che "credere" nella scienza, mi sforzo umilmente di seguire il metodo scientifico, e ho la massima fiducia nei vaccini dimostratisi davvero tali - ovvero quasi tutti quelli utilizzati finora. Ho invece parecchie riserve su questi agenti farmaceutici immunostimolanti e parzialmente immunizzanti, aventi le caratteristiche di un pro farmaco di tipo genetico, ad azione terapeutica più che profilattica - una precisa definizione farmacologica essendo anche piuttosto difficile. Essi sono stati "promossi" a vaccini grazie alle modifiche nella definizione di vaccino fatte prima dalla OMS e poi dai CDC di Atlanta, modifiche che hanno consentito l'autorizzazione all'uso in emergenza - negli USA - e in via condizionata - in Europa; altrimenti questi farmaci avrebbero dovuto sottostare alle procedure di autorizzazione ordinarie, molto più articolate e complesse. Stessa cosa potrebbe e dovrebbe avvenire in caso di approvazione di una qualsiasi terapia dimostratasi sicura ed efficace: sarà forse questo il motivo dell'ostracismo verso qualsiasi terapia che "minacciasse" di rivelarsi utile, sicura ed efficace? Ma no, io sono senz'altro eccessivamente malizioso e sospettoso … Ma, se queste sostanze farmacologiche non sono veri e propri vaccini, perché definire "no vax" professionisti che hanno solo esercitato legittimi - e scientificamente fondati - dubbi e perplessità solo ed esclusivamente verso un farmaco molto innovativo, ma incompletamente studiato circa le sue azioni complessive nell'essere umano e i possibili eventi avversi a medio e lungo termine? Dove è finito il Principio di Precauzione? Dove, il Giuramento di Ippocrate con il suo "primum non nocere"? Può definirsi "vaccino" un prodotto la cui efficacia relativa (misurata rispetto al placebo) è del 95% (in seguito rapidamente calante), ma la cui efficacia assoluta (soggetti protetti verso non protetti) è invece appena dello 0,84%, occorrendo cioè vaccinare 119 soggetti per proteggerne davvero uno solo? Ed è vero vaccino quello la cui capacità sterilizzante in senso epidemiologico- ovvero la capacità di ridurre la trasmissione e quindi la complessiva circolazione virale - è altrettanto esigua e transitoria?
Come d'altronde osserviamo nella vita reale, dove Biden, Fauci e Walensky docunt. Alla fin fine, resta solo - e meno male che qualcosa resta - la capacità, in realtà più terapeutica che profilattica, di impedire o limitare la comparsa di malattia grave; ma - attenzione - nei soggetti a ciò predisposti per età avanzata o la compresenza di patologie gravi e multiple, non certo in soggetti giovani e sani, i quali risultano essere perfettamente protetti dal proprio ben funzionante sistema immunitario. Dobbiamo sempre ricordare infatti la presenza del nostro meraviglioso e complesso sistema immunitario, evolutosi nel corso di milioni di anni e in grado di proteggerci da una miriade di malattie - in primis infettive - e senza il quale non saremmo certamente qui, né come individui, né forse come specie umana. Ritengo quindi che se qualcuno dovesse tornare nelle aule universitarie, questi sono in realtà coloro che hanno ciecamente obbedito a regole assurde e ascientifiche (i medici e infermieri inglesi scatenarono un putiferio quando fu ventilata anche per loro la possibilità di un obbligo vaccinale; e ricordiamo anche che un obbligo vaccinale per i sanitari esiste in pochissimi paesi al mondo). A posteriori possiamo infatti affermare con certezza che molto più efficace sarebbe stata la messa in atto di rigorose misure di protezione individuale (come già fatto anteriormente all'introduzione dei vaccini), abbinate alla purificazione dell'aria all'interno di ogni locale (a maggior ragione se di piccola cubatura) mediante ventilazione - ove e quando possibile - o con l'uso di scambiatori d'aria esterno/interno, oppure tramite una vera e propria purificazione dell'aria interna con adatti apparecchi a raggi UV di tipo C. Invece di monopattini e banchi a rotelle, sarebbe stato più opportuno incentivare l'uso di tali apparecchiature per migliorare la qualità dell'aria in tutti i luoghi chiusi, e per diminuire o abolire la capacità infettiva di aerosol contaminati (dai quali è impossibile difendersi anche con mascherine o distanziamento, utili ed efficaci solo verso le molto più grandi "droplets" o goccioline di Flugge).
E' stato fatto? No, salvo in sporadici centri privati e alcuni edifici scolastici. Tornando all'opportuno aggiornamento dei colleghi (quelli restati in servizio, non i sospesi), essi potrebbero approfondire un po' lo studio di biologia generale, patologia generale, immunologia, anatomia patologica, igiene e medicina preventiva, ma soprattutto bioetica ed etica medica! Ma al di là delle materie mediche, io mi sento di consigliare a questi colleghi la lettura attenta e meditata della "Storia della colonna infame" di Alessandro Manzoni che fu espunta dai "Promessi Sposi" e pubblicata a parte.
Ricordiamo brevemente come nella Milano sconvolta dalla peste del '600 alcuni cittadini vengono accusati di essere "untori". Arrestati, sono torturati fino alla "confessione" dei loro presunti crimini, e condannati a morte. Dopo l'esecuzione viene eretta, in una piazza della città meneghina, una "colonna infame" a imperitura memoria dell'orrendo crimine dei malefici untori. Solo molti anni dopo, Pietro Verri dimostrerà l'innocenza dei poveri disgraziati, ma le Autorità cittadine opporranno resistenza ad ammettere i passati errori per non "compromettere il buon nome" dei loro predecessori! Passeranno così altri anni prima che la colonna infame sia rimossa dalla piazza, oltreché dalla memoria dei milanesi.
A volte mi chiedo come sia possibile che questi colleghi abbiano potuto mettere da parte ogni spirito critico, ogni dubbio costruttivo e ricerca indipendente. Per conformismo? Cieca fiducia nei loro superiori o nelle autorità sanitarie, in realtà non meritevoli di tale fiducia? Desiderio di quieto vivere, o forse viltà? Paura di sanzioni, perdita del prestigio sociale e dello stipendio, problemi familiari o economici? Oppure - la cosa più triste e peggiore - conflitti di interesse? O qualche combinazione di uno o più fattori? Qualunque sia il motivo, non posso credere che non abbiano compreso dove sia la verità e che, nell'intimo della loro coscienza, non provino vergogna per il loro comportamento verso gli innocenti colleghi. E' anche vero - purtroppo - che burocrati e sindacalisti medici mantengono ottusamente e protervamente le loro posizioni e fanno resistenza persino alle decisioni governative! E' il veleno della politica che inquina le acque, appanna la vista e indurisce i cuori? O l'incapacità di fare autocritica e ammettere esplicitamente i propri errori? Ma non voglio credere che questi atteggiamenti negativi prevalgano, e vorrei quindi rivolgere un appello ai colleghi di reparti e ambulatori: egregi colleghi - non solo medici, ma anche infermieri, amministrativi e personale di supporto - cessate, vi prego, ogni astio, divisione, intolleranza, malanimo, incomprensione, e alimentate piuttosto solidarietà, condivisione, cameratismo, empatia, tolleranza. Accogliete i colleghi al loro rientro come il padre si narra abbia accolto il figliol prodigo (in questo caso ingiustamente allontanato dalla casa paterna). Porgete loro le vostre scuse, esprimete loro il vostro rammarico per quanto accaduto e per i torti che a loro sono stati fatti. Basta rancori, divisioni, discriminazioni, violenza verbale, o addirittura odio! E' il tempo della riconciliazione e del perdono reciproco - anche se qualcuno in verità ha molto da farsi perdonare, e qualcun altro molto poco o nulla. Molte sono le vittime in questi due anni e mezzo di pandemia: vittime materiali - i troppi deceduti per la malattia e quelli per terapie tardive o incongrue o per gravi eventi avversi - e vittime morali - i semplici cittadini ingannati, manipolati, plagiati ed illusi, e ancor più quelli ingiustamente e perversamente discriminati, emarginati, umiliati e offesi, colpiti pesantemente nella loro dignità umana e persino negli affetti familiari e nelle capacità economiche. Ma molti - troppi - sono anche i responsabili di gravi e intollerabili errori e ingiustizie, nonché di reati e veri e propri crimini, e moltissimi - un'intera schiera - i loro complici e manutengoli, appartenenti alle categorie più varie e non irrilevanti della società. Ben venga allora la riconciliazione, ben venga il perdono - la più cristiana delle virtù. Ma giunga anche - ove irrinunciabile - la Giustizia. E a questo proposito vorrei ricordare - in particolare a chi voglia insistere in atteggiamenti discriminatori e persecutori, e ancor più ai vertici di comando che hanno avallato e promosso questi oltraggi alla verità scientifica e alla dignità umana - vorrei ricordare loro, come dicevo, le parole del Manzoni - stavolta nei "Promessi Sposi" - quando Fra' Cristoforo, dopo aver invano perorato la causa di Lucia, sta per essere brutalmente allontanato da un protervo Don Rodrigo: "Verrà un giorno …"; sì, verrà quel giorno, se non qui e ora in qualche altro luogo e tempo, ma state pur certi che verrà!
Silvio Sposito
Endocrinologo e medico nucleare
VIA PIRRIATURI
La strada è un budello tortuoso e stretto, sormontato da alte case, a tre, quattro piani, case dirute che il grigio ha conquistato, senza grazia di sole, né sorriso.
Il fondo stradale, più volte rammendato fino alla rinuncia da parte del provvido Comune, è ora un patchwork che mette in evidenza stratificazioni archeologiche dal primo lastricato all'ultima colata.
Attraverso ogni mattina questo luogo sobbalzando con la Vespa a causa delle buche, lentamente e con circospezione.
Incrocio gli sguardi di residenti ormai familiari che ogni giorno, due volte al giorno, mi aspetto di incontrare: un vecchietto tondo e rubizzo che si affaccia dalla mezza persiana. Sembra attonito e rapito da quel paesaggio, a lui certamente noto, che osserva come in attesa di un qualche evento improbabile.
Lo chiamo l'omino del barometro: se il tempo volge al peggio rincasa e non si vede più.
C'è una persiana sempre spalancata che si apre verso un antro oscurissimo, ma in primo piano si vede una sega elettrica a nastro, di solida fattura tedesca, con un cartello che recita "vendesi, una vita"
Ma oggi c'è stata una novità.
Non dico dei cuochi della bettola che fumano per strada sulla porta, con i loro strofinacci sulle spalle, né del falegname che ripara sedie rococò e porte sfondate a pedate nel corso di una lite familiare; non dico dei muratori che si danno raduno, ognuno con i suoi ferri nella caldarella, né del custode dell'oratorio che aspetta qualche epifania.
No, oggi c'era un ragazzo alto e magro che saltellava tra le pozzanghere con grazia e circospezione. Un atteggiamento armonico e flessuoso, grandi occhiali scuri a coprirne il volto; un bolero, si direbbe, un corto giacchettino a testimoniare del suo orientamento , peraltro diffuso tra i bei ragazzi dei bassi.
Quasi che la loro prestanza fisica, a confronto della miseria che da secoli deforma i corpi dei compaesani, meriti che si celebri con una accentuata diversità, e che sia manifesta.
La famiglia, l'intero quartiere, che di questa necessità si rende conto, acquietandosi in una tolleranza sconosciuta nella città borghese, convive con queste ambigue fate, accolte, come tutti gli altri, nel povero palcoscenico dei vicoli.
Ma il vederlo fu solo un attimo e fulmineo, attento com'ero a scansare le buche della strada. Più avanti, però si sovrappose un'altra apparizione.
Una donna senza età, capelli grigi e occhiali, una vestaglietta a fiori tristi, era seduta davanti la sua porta.
Colsi nel suo sguardo un'ombra al passaggio di quel ragazzo che fissava con un'aria triste e rassegnata.
Le movenze danzanti di quell'essere ambiguo ed intrigante avevano risvegliato in lei la coscienza del suo essere repressa e da quanto tempo.
Quell'apparenza, quell'individuo così sfacciatamente femmina, senza esserlo, l'avevano trafitta di una nostalgia dalla quale non si assolveva più.
Quella povera donna, smunta e asessuata, avrà evocato rimpianti che la affliggevano per i giorni di cui non aveva approfittato.
Ma l'aria triste, perché? Direte voi.
Una rassegnazione piena di livore e disperazione.
Questo mi parve di riconoscere in lei, ma troppe buche nella strada, per guardarla ancora.
Fausto Provenzano
MARCIA SU ROMA: SFATIAMO UN MITO
La Marcia su Roma fu sostanzialmente una parata che poco o nulla influì sulle vicende politiche che ne seguirono. Nei libri di storia la marcia su Roma è presentata come un colpo di stato incruento o come un tentativo d'insurrezione armata. In realtà fu solo una manifestazione di piazza che poco influì sulle sorti politiche dell'Italia. Con questa prova di forza Mussolini voleva semplicemente accelerare i tempi per ottenere la guida del Paese. Mentre organizzava le due grandi manifestazioni di piazza, quella di Napoli del 24 ottobre e quella che sarebbe passata alla storia come la Marcia su Roma del successivo 28 ottobre, il futuro Duce trattava con i partiti dell'area governativa per costituire un governo di coalizione. Non a caso il giorno della marcia Mussolini era a Milano per definire gli ultimi accordi. Quando due giorni dopo, il 30 ottobre del 1922, il Re gli conferì l'incarico, la lista dei Ministri era già pronta. Di questa compagine i dicasteri affidati ai fascisti erano solo tre. Vi erano rappresentate tutte le forze parlamentari, eccetto socialisti e comunisti. In pratica fu un governo che oggi definiremmo di larghe intese. Senza il sostegno dei partiti cattolici e liberaldemocratici, da quello popolare vicino al Vaticano a quelli liberali di Giolitti e Salandra, con appena trentacinque deputati, Mussolini non sarebbe mai andato al potere. Il 16 Novembre si presentò al Parlamento, dove ottenne alla Camera una larghissima maggioranza (306 voti favorevoli, 116 contrari e sette astenuti). Schiacciante fu poi la fiducia ottenuta al Senato dove i voti contrari furono solo diciannove. In Parlamento, Mussolini incassò la piena fiducia di personalità politiche di grande rilievo come i futuri presidenti della Repubblica Enrico De Nicola e Giovanni Gronchi Circolo Culturale Excalibur Ottobre 2022 2 (che entrò nel governo come sottosegretario all'industria e al commercio). Figuravano anche nomi importanti del panorama politico italiano come quello di Alcide De Gasperi, futuro Presidente del Consiglio nell'immediato dopoguerra e dei precedenti capi del Governo Giolitti, Salandra, Facta, Bonomi e Orlando. Se Mussolini fosse andato al potere con la violenza, come sostengo i malinformati, dubitiamo fortemente che avrebbe avuto il sostegno dei sopracitati statisti e il voto favorevole del Parlamento. La sua nomina fu inoltre salutata con soddisfazione da personalità del mondo culturale e accademico come Luigi Pirandello, Guglielmo Marconi e Giuseppe Ungaretti. Mussolini, a soli trentotto anni (fu il più giovane capo di governo della storia, come giovani erano gran parte dei suoi ministri e parlamentari: la canzone "giovinezza", inno del Fascismo, non fu casuale), ottenne quindi l'incarico di formare il suo governo non in virtù di una
manifestazione di piazza, seppur massiccia e ben organizzata, bensì in forza delle sue capacità di mediazione politica e di coinvolgimento sociale che lo indicavano come l'unico in grado di reggere le sorti del paese in quel difficile momento storico. Gli storici marxisti insistono ancora oggi a presentare il Fascismo come braccio armato del capitalismo, composto quasi esclusivamente da una minoranza facinorosa di piccoli borghesi e di ex militari ambiziosi e frustrati. Le ricerche di Renzo De Felice, Arrigo Petacco e Indro Montanelli, alcuni tra i più autorevoli e profondi conoscitori del Fascismo, dimostrano invece il contrario. Quello mussoliniano, fu invece un grande movimento di massa nel quale affluì con entusiasmo gran parte della classe lavoratrice attratta dal suo programma socialmente avanzato e stanca della litigiosità dei partiti tradizionali e dell'inconcludente sindacalismo, come dimostrato dal fatto che, in occasione della marcia su Roma, la social comunista CGL neppure si azzardò a proclamare uno sciopero generale certa che si sarebbe concluso con un flop.
Gianfredo Ruggiero (tratto dal libro)LETTERA APERTA
A LIRIO ABBATE E CARLO BARTOLI
Nella foto: "Grande Torre di Babele", Pieter Bruegel il Vecchio, 1563. Kunsthistorisches Museum - Vienna
Caro direttore Abbate, potrei trasformare questa lettera in un romanzo, ma ovviamente non è il caso dal momento che, per tutti, maiora premunt Solo per chiarezza espositiva, pertanto, premetto che, pur appartenendo a quel variegato universo sociale convenzionalmente definito "destra", ma con peculiarità che mi tengono lontano dagli apparati partitici, ritenendo i valori di cui sono portatore racchiusi esclusivamente nel "club" (chiamiamolo così) da me fondato col nome "Europa Nazione", da ben trentadue anni sono un lettore assiduo del settimanale di cui sei direttore.
Nel trentennio precedente, o per meglio dire dal 1962 (quando era ancora un mensile), in casa ne circolava un altro, del quale presagii l'ingloriosa fine con largo anticipo rispetto ai fatti che l'avrebbero resa ancora più drammatica, per amor di sintesi inutili da rimarcare. Tra il non informarsi proprio e informarsi attraverso organi di stampa non affini alla visione del mondo coltivata, scelsi questa seconda opzione. "Organi", perché, come facilmente intuibile, nel 1994, divenuto illeggibile anche il bel quotidiano fondato dal defenestrato Indro Montanelli, lo sostituii con "la Repubblica".
Leggevo serenamente gli articoli che per ovvi motivi non potevo condividere, apprezzando quelli che - non mancavano mai - quale che fosse la tematica trattata, anche politica, essendo caratterizzati da un fulgido rigore professionale, risultavano gradevoli, condivisibili e talvolta davvero istruttivi.
Ne è passata di acqua sotto i ponti, da allora, e chi ti scrive continua ancora ad essere orfano di una "vera" destra, perché, quella che tutti definiscono tale, in virtù di un caos concettuale che non può essere compiutamente sviscerato in questo contesto se non precisando che è pregno di ossimori, tra le tante cose belle che di certo non posso non apprezzare, presenta pericolose contaminazioni dalle quali mi separano interi oceani. Ciò premesso, devo aggiungere - absit iniuria verbis - che anche quegli "organi di stampa" che leggevo con serena consapevolezza del loro ruolo nella società, hanno perso via via consistente qualità, trasformandosi non solo in lamentosi gazzettini di una società in dissoluzione ma anche in spericolati testimonial dei principali dissolutori.
Sorvolando sulla violenza lessicale - sempre più pericolosa di quella fisica - con la quale si affrontano talune tematiche sociali, sulla tiritera senza fine del pericolo fascista, che ha veramente rotto le scatole e riporta alla mente quei tipi strani che guardano il dito mentre si indica la luna (intendendo per luna precipuamente, ma non solo, la degenerazione del liberalcapitalismo verso derive lerce che sono alla base dei veri mali sociali), sta diventando davvero insopportabile lo stupro della lingua italiana con simboli estranei all'alfabeto e sgrammaticature figlie non dell'ignoranza ma di una precisa volontà distorsiva, ancorata a presupposti sui quali è preferibile glissare: il terrorismo, di qualsiasi natura, si combatte e basta.
Già due anni fa, sia pure succintamente, affrontai l'argomento, che stava montando con crescente intensità, come di fatto è poi avvenuto.
(Link all'articolo: https://www.ondazzurra.com/health/cultura-ed-eventi/dovete-storpiaresostantivi-storpiateli-bene/).
Anche nell'ultimo numero de "L'Espresso" (che mi è giunto con qualche giorno di ritardo: il numero 43, quindi, non quello in edicola), come già accaduto più volte negli ultimi mesi, vi è un articolo che, al di là dei patetici concetti espressi (dato irrilevante, sia ben chiaro, in quanto meramente soggettivo), presenta strambi simboli ortografici al posto delle vocali finali dei sostantivi. Non serve citare chi li abbia usati: più dei nomi dei "terroristi" sono importanti quelli delle loro vittime e non si scambi questo concetto per una iperbole, essendo il problema maledettamente serio. Sono davvero tante le persone ferite dal continuo stupro della lingua italiana e pertanto sarebbe opportuno che rendessero di pubblico dominio il proprio sdegno, come sto facendo io.
Soffro di colite e tu sai bene che da essa non si guarisce: si può solo tenerla a bada evitando eccessi alimentari, taluni cibi particolarmente dannosi, gli alcolici e soprattutto le persone fastidiose.
Mancano ancora sei mesi alla scadenza dell'abbonamento a "l'Espresso", ma ti prego vivamente, a titolo di mera cortesia personale e facendo appello alla solidarietà di categoria (pur senza essere importante come te ho festeggiato quest'anno cinquanta anni di attività giornalistica), di considerarlo rescisso, senza alcun obbligo di rimborso, qualora dovessi ancora consentire l'ignominioso stupro della lingua italiana.
Se proprio voglio concedermi qualche sporadica eccezione al rigido regime comportamentale imposto dalla colite, preferisco farlo con una frittura di pesce accompagnata da mezzo bicchiere di Riesling dei Colli Orientali del Friuli, o con una bella grigliata accompagnata da mezzo bicchiere di Amarone, non certo leggendo brutti articoli aggravati da segni osceni che bloccano la digestione, per i quali non esistono farmaci abbastanza potenti da utilizzare come antidoti. Caro presidente dell'ordine dei giornalisti, senza tanti giri di parole, pongo ufficialmente alla tua attenzione il problema succitato, che necessita quanto meno di una pacata riflessione e di qualche direttiva ancorata al buon senso, prima che degeneri in modo incontrollabile, come del resto già abbondantemente trasparso dal farneticante recente comunicato dell'Usigrai, nel quale si fa cenno alla "piena libertà di espressione nella scelta del maschile o del femminile, in
base alle proprie ragioni". Come se la lingua fosse paragonabile al menù di un ristorante, che consente a ciascuno di scegliere "liberamente" le pietanze preferite. Davvero si vuole trasformare questo Paese in una Torre di Babele? Non lo è già abbastanza per altri versi? Un affettuoso saluto a entrambi.
Lino Lavorgna (31 ottobre 2022)
Confini Confini
Idee & oltre
Penetrare nel cuore del millennio e presagirne gli assetti. Spingere il pensiero ad esplorare le zone di confine tra il noto e l’ignoto, là dove si forma il Futuro. Andare oltre le “Colonne d’Ercole” dei sistemi conosciuti, distillare idee e soluzioni nuove. Questo e altro è “Confini”
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