La Congrega è anche...
Sotto il segno del Pellicano Sorta nel Medioevo come compagnia votata al perfezionamento spirituale dei propri aderenti mediante l’assistenza ai poveri, la Congrega porta dentro di sé un preciso elemento identitario: non è solo l’iniziativa di uomini volenterosi ed ispirati da sentimenti filantropici, aggiornata di stagione in stagione, secondo i segni dei tempi. Per questa ragione chi entra nella cappella di via Mazzini, ove prendono avvio le riunioni del Sodalizio, trova davanti a sè la raffigurazione di un pellicano e una tela di Pietro Rosa con la chiamata dei primi Apostoli. Il pellicano è il simbolo della Congrega e se ne trova traccia come appellativo di Cristo nella tradizione paleocristiana. Tra le pagine del Physiologus (II-IV sec.) – anonimo trattato composto ad Alessandria d’Egitto – si narra con crudezza ed evidenti analogie alla Passione che i piccoli del pellicano «colpiscono il volto dei genitori, che li percuotono uccidendoli. Provandone poi compassione, i genitori per tre giorni piangono i figli che essi stessi hanno ucciso; il terzo giorno la madre si apre il fianco e il suo sangue, effondendosi sui corpi dei piccoli, li riporta alla vita�. L’apologo ha diverse versioni. Tra i Padri della Chiesa ne scrissero Eusebio di Cesarea, Agostino di Ippona e Isidoro di Siviglia, ma fu proprio il vivido racconto del Physiologus a suggestionare più di ogni altro l’immaginario medievale, che per lunghi secoli adottò proprio il pellicanus quale emblema dell’amore di Dio per l’uomo. Nel linguaggio allegorico, come i pulcini del pellicano anche gli uomini si trovano in balia della morte, sino al giorno in cui il Salvatore sparge il proprio sangue per riscattarli e portarli alla vita vera. Dante, riferendosi all’apostolo Giovanni, volle adottare la stessa immagine: «Questi è colui che giacque sopra ‘l petto / del nostro pellicano, e questi fue / di su la croce al grande officio eletto» (Paradiso, XXV, 112-114).
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