2006 3

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notiziario delle suore di santa marta


Editoriale 3

Natale del Signore Gesù 2006

In missione 22 23

Parola di Dio 4

Ventimiglia continua a ricordare... suor Berta Veloso

la Redazione

Trivandrum suor Margareetha Manthra

Il racconto evangelico dei magi: favola o teologia?

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Don Claudio Doglio

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Impara l’arte e... mettila da parte! le Suore di Paderno

Non addio ma... arrivederci una mamma

Attualità 7

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Dopo Verona suor Giuliana Merciari

Con affetto riconoscente don Giuseppe Torre

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Nonni o... angeli? nonno Lino Bonetti

Spiritualità e carisma 10

“Rendo grazie al Signore per la sua fedeltà e la sua misericordia”

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le neo-perpetue

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Con te per sempre

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La scuola fa bene... alla mente... un genitore

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Aa.Vv.

La parola a... Madre Antonia

Metti in circolo la gratuità suor Maria Pia

I Ciceroni di Santa Maria degli Angiolini Beatrice Mazzanti

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Premio “Beato Tommaso Reggio” la Comunità di Bovisa

Voltare pagina Pagine aperte

Percorsi di formazione 14

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L’intercapitolo della speranza

In visita alle Comunità dell’America Latina: ricordi e considerazioni Madre Carla Roggero

suor Anita

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Donne mediatrici di salvezza

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L’impegno di una vita Margherita Bernoni

le Juniores

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La Parola... per dire parole vere

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Incontrarsi a Betania Serena

suor Anita

20

Pace! Pace! Pace!

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le Suore presenti

Notiziario delle suore di santa marta

Frammenti di santità 21

Madre Fortunata Pinelli

Forse sarà bello ricordare... anche questo suor A.B.

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“Suonerò per te le dieci corde dell’arpa” la Comunità parrocchiale

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Grazie Signore suor Cornelia Macina

Via V. Orsini, 15 00192 Roma

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L’importante è seminare Sab

Quadrimestrale Anno LXIV Redazione suor Cecilia, suor Cornelia, suor Damiana, suor Francesca, suor Mariana Suore di S. Marta Via della Colonna, 34 - 50121 Firenze Tel. 055.2478051/2/3 scuolasmangeli@tiscali.it Stampa Àncora Arti Grafiche - Milano Progetto grafico Fabio Bergamaschi

Con l’affetto della memoria 43

Despedida a sor Argentina

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Una presenza preziosa

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Unidos en el amor y también en el dolor

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Carissime consorelle...

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Ricordando suor Gabriela Barsotti


Editoriale

La Redazione

Natale del Signore Gesù 2006 A

vete compreso la lezione dei pastori? Ci chiese Giovanni Paolo II. Essi ascoltano la voce dell’angelo, si mettono subito alla ricerca e alla fine trovano Gesù. È un racconto molto eloquente e significativo e simboleggia la ricerca che l’uomo deve fare per trovare Dio. L’uomo è l’essere che cerca Dio perché cerca la felicità. Tutti dobbiamo cercare Gesù. Molte volte bisogna cercarlo perché non si conosce ancora; altre volte perché lo si è smarrito; altre volte lo si cerca per conoscerlo meglio, per amarlo di più e farlo amare. Si può dire che tutta la vita dell’uomo e tutta la storia umana è una grande ricerca di Gesù. A volte la ricerca può essere ostacolata da difficoltà intellettuali, da motivi esistenziali, vedendo tanto dolore e tanto male intorno a noi e dentro di noi; e anche da problemi morali, dovendo poi cambiare mentalità e modo di vivere. Non bisogna lasciarsi bloccare dalla difficoltà; ma come i pastori di Betlemme si deve con coraggio partire e mettersi alla ricerca. Tutti gli uomini devono avere il diritto e la libertà di cercare Gesù! Tutti gli uomini devono essere rispettati nella loro ricerca, in qualunque punto del cammino si trovino. Tutti devono anche avere la buona volontà di non girovagare di qua e di là, senza impegnarsi a fondo, ma di puntare decisamente su Betlemme. L’essenziale è cercare per trovare, ricordando la famosa frase che Pascal fa dire a Gesù: «Tu non mi cercheresti affatto , se non mi avessi già trovato». (David M. Turoldo) Lasciamoci affascinare da questa ricerca, soprattutto in questi santi giorni natalizi, seguendo i segni del cielo che certamente il Dio-bambino ci donerà. È l’augurio che facciamo di cuore a tutti. Buon Natale!

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Tempo del concepimento di un Dio che ha sempre da nascere


Parola di Dio

Il racconto evangelic N

el Vangelo dell’infanzia Matteo raccoglie con maestria le antiche tradizioni sulla nascita di Gesù e con sapienza le cesella perché, come in una grande ouverture, anticipino e presentino i temi fondamentali che la sinfonia del Vangelo svilupperà. Leggendo in questa prospettiva il brano dei magi, possiamo riconoscere che esso racchiude mirabilmente il nucleo del messaggio evangelico di Matteo.

Camminando con fede 3/2006

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La stella dei magi L’episodio dei magi è raccontato in modo così “poetico” che ha prodotto nel tempo molti ampliamenti e variazioni: noi lo leggiamo, avendo in testa già molte precomprensioni, dovute agli innumerevoli ritocchi che la tradizione popolare vi ha aggiunto. Diamo per scontato, ad esempio, che siano “re”, che siano “tre”, che giungano coi cammelli, che seguano una stella cometa; qualcuno ne conosce anche i nomi propri. Ma tutti questi particolari non compaiono nel testo e una sua corretta lettura ne deve tener conto. L’elemento più significativo del racconto, e al tempo stesso meno realistico, è la stella, che accompagna tutta la vicenda narrata. Non è realistica per diversi motivi: non si comprende il rapporto fra lo spuntare di una stella e la nascita di un re a Gerusalemme; non è facile partire dall’Oriente e riconoscere una città precisa, seguendo una stella; ancor più difficile è capire, stando a Gerusalemme, che la stella indica proprio Betlemme a pochi chilometri di distanza; decisamente impossibile è che un vero astro si possa fermare su una singola casa di un villaggio. Non c’è dubbio sulla na-

favol

tura poetica delle immagini adoperate: ma se è così, è opportuno non correre il rischio di leggere in modo realistico, come se fosse una cronaca, un testo che, invece, si presenta come riflessione poetica e teologica. Gli strani personaggi, protagonisti del racconto, sono definiti magoi, termine greco che corrisponde all’italiano maghi: però anche nella deformazione del nome si fa sentire la rilettura popolare, giacché comunemente quelle persone sono dette magi, un nome specifico che li rende particolari e unici. Quel termine greco, però, designa in genere i membri della casta sacerdotale persiana, composta da astronomi e astrologi legati alla religione di Zaratustra. Sono, dunque, stranieri rispetto ad Israele e appartenenti ad un’altra religione: come studiosi delle stelle, hanno individuato un astro speciale e si mettono in ricerca. Siamo sicuri che si tratti di una stella cometa? Popolarmente sì, ma il testo non lo dice. In realtà fu Giotto il primo a raffigurare in una scena della natività la stella come cometa: la dipinse, infatti nella Cappella degli Scrovegni a Padova (1303-1305), poiché, frequentando un circolo di astrofili, gli era stata descritta con passione la cometa di Halley, da poco osservata nel suo passaggio. È solo un’ipotesi moderna, dunque, che la stella seguita dai magi sia una cometa. Ma la fantasia dei ricercatori ha proposto anche altre soluzioni: per qualcuno si è trattato di una supernova, una specie di esplosione che ha prodotto una realtà astrale nuova; per qualcun altro il fenome-


di Don Claudio Doglio

lico ico dei magi:

ola o teologia?

I lontani ricercano e si fanno vicini Il testo non offre molti particolari narrativi e descrittivi; si attiene all’essenziale e presenta in modo simbolico una ricerca faticosa che culmina con un incontro di adorazione. Anche la scena del dialogo dei magi con Erode non è realistica: segue un modello letterario ed evidenzia tipi diversi di reazione di fron-

te al messaggio evangelico di Gesù. L’intento principale dell’evangelista, come negli altri episodi del suo racconto iniziale, è concentrato sul compimento delle profezie: in questo caso la citazione del testo di Michea (5,1) intende mostrare come sia possibile, in base alle Scritture, riconoscere gli eventi importanti della vita del Messia. Eppure, la conoscenza della Bibbia non è sufficiente per riconoscere in Gesù il Messia: ci vuole una particolare disposizione d’animo. Gli astrologi orientali, infatti, sono interessati alla novità che non capiscono, mentre i biblisti di Gerusalemme, che sanno la teoria, non sono interessati all’incontro personale. Questo è l’obiettivo del racconto: mettere in contrasto due atteggiamenti. Per la disponibilità dei magi la stella diventa simbolo della illuminazione divina: è Dio che li guida all’incontro ed essi, con gioia, riconoscono tale guida e si lasciano guidare. Il vertice della narrazione, infatti, sta nel raggiungimento della meta cercata: il re dei giudei è riconosciuto in un povero bambino, trovato in una semplice casa di un paesino insignificante. Nonostante il contrasto fra la stella e la stalla, i magi «prostratisi lo adorarono». Il verbo greco indica la proskynesis, come forma orientale di adorazione: in quel bambino, dunque, riconoscono l’autentico sovrano. E gli offrono doni. Anche in questo caso i particolari non sono realistici: passi per l’oro, se si trattava di monete; ma l’incenso era davvero inutile al-

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no luminoso chiamato stella sarebbe in realtà la congiunzione dei pianeti Saturno e Giove, che unirebbe l’idea della regalità (Giove è il re degli dei) con il popolo ebraico (Saturno è il pianeta del sabato, quindi alluderebbe a Israele). Tutte queste spiegazioni, compresi i tentativi di datare l’apparizione di simili fenomeni celesti per conoscere l’anno della nascita di Gesù, non sono proporzionate con il testo di Matteo e non aiutano affatto la sua comprensione. La stella dei magi è un fenomeno letterario e teologico: corrisponde alla stella che aveva visto Balaam, quel mago orientale che Dio aveva “costretto” a benedire Israele, rivelandogli il sorgere di una stella e lo spuntare di uno scettro (cf Num 24,17). L’antico oracolo metteva in parallelo stella e scettro, annunciando il sorgere della monarchia davidica: ora l’evangelista riprende la stessa immagine poetica della stella che sorge ed è vista da altri maghi, per indicare simbolicamente lo spuntare della nuova regalità messianica. Alla stella di Davide si sostituisce la stella del Cristo.


Parola di Dio la santa famiglia in quel momento di disagio, mentre la mirra, profumo usato per la composizione funebre dei cadaveri, doveva sembrare proprio di pessimo gusto come dono per un neonato. Una lettura poetica e teologica del testo, invece, sa riconoscere importanti significati in quei doni, con cui l’evangelista mostra un principio di fede cristologica: con l’oro si riconosce il re, con l’incenso si adora la divinità e con la mirra si constata un’umanità vera e destinata a morire. I primi due regali derivano dal testo di Is 60,6 come esempio di doni preziosi che giungeranno dall’oriente; il terzo, invece, l’ha aggiunto Matteo, proprio con l’intenzione di anticipare il fatto della sepoltura di Gesù (cf. Gv 19,39). Non la cronaca, infatti, interessa al narratore, ma il senso degli eventi; proprio per questo possiamo parlare di una ricca «teologia narrativa» presente nell’episodio dei magi. Con precisi e significativi richiami all’Antico Testamento e alla tradizione orale ebraica Matteo mette Gesù in relazione con le grandi figure bibliche e lo presenta come il vertice della storia, l’intervento definitivo di Dio.

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Sintesi di teologia narrativa Alla nascita di Abramo — racconta la tradizione rabbinica — apparve una stella luminosa, presagio di grandezza che impaurì il potente e orgoglioso re Nimrod; ma ora nasce il nuovo Abramo, vero patriarca del nuovo popolo di Dio. Alla nascita di Mosè — racconta il libro dell’Esodo — il popolo è schiavizzato dal faraone e il giovane liberatore è perseguitato e costretto all’esilio; così ora il nuovo Mosè, l’autentico liberatore dell’umanità è minacciato nella sua vita e costretto alla fuga; il faraone ed Erode, simboli del potere tirannico avverso a Dio, solo in apparenza sono vincitori; in realtà entrambi falliscono nelle loro trame di morte. Dall’oriente venne la regina di Saba per vedere e ammirare la sapienza di Salomone e ora un gruppo di saggi orientali viene

a prostrarsi ai piedi di colui che è ben più di Salomone, essendo la sapienza in persona. Lo sguardo al passato offre così a Matteo la nota della consolazione e della sicurezza: Dio ha già operato in questo modo e perfeziona ora la sua opera. Ma lo sguardo in avanti diventa polemico. Ripensando alla vita del Messia, l’evangelista scorge nell’episodio dell’infanzia i primi segni del suo destino: la gente di Gerusalemme, che pur conosce le profezie, non sa riconoscere l’Atteso; i capi religiosi alleati al capo politico complottano contro il Cristo, non lo accolgono e lo rifiutano. Qualcun altro invece lo riconosce e lo accoglie: sono i lontani, i non ebrei, gli uomini del mondo, la primizia della Chiesa. In questo meraviglioso quadretto abbiamo così rappresentato in controluce la vicenda del Messia morto e risorto e l’apertura missionaria della Chiesa alle genti. Il Vangelo di Matteo, infatti, è tutto incentrato sul dramma del popolo d’Israele che rifiuta il Messia e si esclude dall’eredità divina, la quale passa così ad un altro popolo che faccia fruttificare il dono dell’alleanza. Ma la polemica si tramuta anche in profezia: l’intervento del Messia, sebbene sia contrastato e rifiutato, avrà il suo effetto. La potente struttura urbana di Gerusalemme viene sorpassata dallo sperduto paesino di Betlemme; chi ha paura di perdere ciò che ha, non è in grado di accogliere Colui che viene a donare; solo l’intelligenza in ginocchio davanti al Bambino può «gioire di gioia grande, enormemente». In questo senso il testo di Matteo celebra l’epifania del Signore: il Messia è apparso e si è fatto conoscere; anche se qualcuno ha chiuso gli occhi per non riconoscerlo, c’è stato chi si è lasciato guidare dalla luce celeste ed è giunto all’incontro personale e all’atto di fede adorante. La stessa dinamica del racconto si ripete continuamente nella nostra vita, fra la tentazione all’arrogante indifferenza e la scelta di una docile ricerca.


Attualità di suor Giuliana Merciari

Dopo ento il bisogno, e mi sembra molto bello, di tentare di comunicare le emozioni e la gioia provata partecipando al Convegno Nazionale della Chiesa Italiana svoltosi a Verona dal 16 al 20 ottobre scorso. Ho vissuto i giorni del Convegno come una straordinaria esperienza di grazia, momenti in cui quasi ti stupisci di vedere che il tuo desiderio è il desiderio di tanti, uno di quei momenti in cui senti con stupore la bellezza della tua ”appartenenza” alla Chiesa. Vi ho sentito tutte vicinissime, con la sicurezza di essere accompagnata da molte e col sentimento “caldo” di essere lì a nome di tutte, quasi a conferma del legame di fraternità che ci lega. Ho vissuto questo straordinario evento di Chiesa con semplicità e nella gioia, con la mente attenta a non perdere niente dei messaggi offerti,

ma soprattutto col cuore attento a cogliere ogni sfumatura, ogni respiro di “profezia”. Siamo stati immersi davvero in una atmosfera in cui si percepiva di essere parte del mistero di una Chiesa che riprende coscienza della speranza viva che la anima, della luce che nasce dal Crocifisso Risorto, la sola che può illuminare l’uomo e la sua storia. Davvero mi pareva di respirare nella luce della mattina di Pasqua… Ho goduto dei bellissimi momenti di preghiera, di incontro con la Parola di Dio che hanno iniziato le nostre giornate. Mi ha riscaldato il cuore il sentirmi in compagnia dei Santi, ma anche di coloro ai quali ci lega un debito di amore infinito, che abbiamo amato e che hanno camminato sulle nostre strade con la nostra stessa fatica e la nostra sete di speranza.

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S

Verona


Attualità

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Mi sono sentita immersa in un’atmosfera di comunione che derivava sì dalla condivisione della stessa fede, ma che si percepiva anche attraverso l’ espressione sincera di affetto mostrata reciprocamente, soprattutto da parte dei nostri Vescovi. Il loro essere tra noi in tutti i momenti del convegno ce li ha fatti sentire, come tutti noi, Chiesa in ascolto, cristiani che prendono coscienza di essere, come ha detto il Papa, “suoi” testimoni, col cuore aperto alla speranza che è Cristo Risorto, impegnati a camminare nella sua luce. Quello che ho vissuto con maggior stupore e gioia, e che ho colto come un forte tratto di “profezia” è stata la percezione di una Chiesa che riscopre il suo volto “umano”, che vuole incontrare l’uomo là dove egli cammina. Ho goduto di trovare una Chiesa che prende coscienza della sua fragilità, non perché costretta dal momento presente, ma per l’ esigenza di interrogarsi sul suo essere testimone “di” Cristo Risorto. Ho colto una Chiesa che accoglie la sua fragilità, con la certezza che è una fragilità “salvata”, illuminata dalla luce della Pasqua, dunque capace di dare speranza alla vita di tutti. Per questo ho sentito una Chiesa “vera”, una Chiesa “bella”, ho sentito la “mia Chiesa”! Al di là delle ricche relazione e degli stupendi scenari, ho colto una Chiesa che tende le mani al suo Signore e a tutti gli uomini, una Chiesa che vive nel mistero di poter dare una speranza che non è sua, ma che riceve come dono che sa di dover offrire gratuitamente. In questo Convegno la Chiesa ha voluto avvi-

cinarsi alla vita concreta dell’uomo, prendendo in considerazione tutti gli aspetti della sua esistenza: l’ambito della vita affettiva, della cittadinanza, della fragilità, del lavoro e della festa, della tradizione. Certamente avete seguito e letto i bellissimi messaggi che da Verona hanno raggiunto l’Italia, mi piace comunque comunicarvi qualche cosa dell’appassionante lavoro del gruppo al quale ho partecipato per l’ambito della FRAGILITÀ. Un giornalista ha riassunto il nostro lavoro in una frase molto significativa: “TRA LE FRAGILITÀ GETTANDO RETI” Immaginavo che in un Convegno con un così gran numero di partecipanti, non ci potesse essere molto spazio per ascoltare la voce di tutti, è stato invece meraviglioso sentirsi interpellati “personalmente“ come se veramente il contributo di ognuno fosse indispensabile nel dono della condivisione. Davvero ognuno ha sentito la responsabilità di portare le attese delle varie Comunità. È stato bellissimo constatare come molti dei desideri e delle aspettative delle persone (non solo di quelle credenti) incontrate nel momento di preparazione al Convegno erano quelle di tutti. I lavori dei gruppi relativi all’ambito della fragilità sono stati introdotti dalla relazione del Dott. Augusto Sabatini, magistrato del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, il quale ha fatto un’ampia panoramica sul come la fragilità sia una condizione del “creato e delle creature” Partendo dalla definizione del termine “fragi-


della Chiesa rende visibile l’Amore di Dio nel mondo”. Passare dall’aver cura al curvarsi con amore, sul piano personale e comunitario, significa condivisione, profezia, impegno, fantasia della carità… Ci siamo resi conto che per rispondere alle sfide della “profezia dell’accoglienza” e di essere oggi suoi “testimoni”, l’unico modo è quello di donare noi stessi, di testimoniare, non con le parole ma con le opere, la bellezza di un amore che si dona, è quello di rispondere alla voce di quel Signore che chiama ad una condivisione più radicale di quello che siamo e di quello che abbiamo. A Verona ho avuto la conferma dei messaggi colti durante il periodo di preparazione al Convegno: oggi non servono tanto le grandi opere ma la testimonianza della nostra fede nel calarsi negli spazi della vita umana, unendo i passi che ognuno di noi può fare per migliorare il cammino di tutti. Solo se la comunità cristiana imparerà a camminare insieme sulla strada del Vangelo, se saprà mettere davvero al centro la fragilità, a decodificarne la “bellezza”, se saprà abitare la storia difendendo la dignità di ogni persona, potrà narrare in modo credibile il motivo della sua speranza. Ho ascoltato con gioia ogni parola del Papa, ho sentito le sue esortazioni come una consegna di responsabilità perché quanto condiviso con tanta passione a Verona divenga un impegno concreto per me e per le nostre Comunità perché davvero, nelle realtà che viviamo ogni giorno, possiamo essere testimoni credibili del Cristo Risorto gettando tra le fragilità le reti della condivisione, dell’accoglienza, dell’amicizia, della tenerezza.

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lità” (da “frangere”, cioè spezzare, frammentare) il gruppo ha fatto una rapida descrizione delle fragilità emergenti nei singoli territori di provenienza e abbiamo poi preso in considerazione la fragilità come condizione legata alla vita. Abbiamo constatato come l’esperienza della fragilità necessita oggi di essere evangelizzata, riconosciuta e accolta come dono e come grazia. Infatti è attraverso l’ esperienza della propria fragilità, personale e comunitaria, che si entra in relazione con gli altri, “si tocca l’essenziale della loro vita”. A questo proposito da tutti è stata avvertita con pena l’inadeguatezza delle nostre comunità ecclesiali ad essere espressione di umanità autentica: esse sono, molto spesso, ancora insufficientemente attente, poco sensibili, se non discriminanti, comunità che a fatica si compromettono con la storia delle fragilità più pesanti. Il gruppo ha evidenziato alcuni atteggiamenti indispensabili per relazionarsi con le persone fragili, primo fra tutti un maggior approfondimento della Parola di Dio. Infatti proprio dalla contemplazione del mistero della Croce nasce il duplice impegno della Chiesa davanti alle molteplici fragilità: quello della condivisione e della profezia. È stata condivisa da tutti la necessità di uno stile di vita “essenziale” per poter essere concretamente disponibili, soprattutto con i più poveri. È infatti necessario non solo saper scorgere le fragilità, ma farsi compagni di cammino. Mi è sembrata molto bella una frase del dott. Sabatini: la questione non è quella del "fragile - maneggiare con cura”, ma piuttosto quella del “fragile - maneggiare con amore”. Il Papa ha detto chiaramente che “l’autenticità della nostra adesione a Cristo si verifica… specialmente nell’amore e nella sollecitudine concreta per i più deboli, i più poveri… La carità


Spiritualità e carisma

“Rendo grazie al

per la sua fedeltà e l I

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contare con la vita, che questo è l’Amore al quale oggi ci consegniamo nella certezza del “per sempre”. “Rimanete nel suo amore” è l’invito forte ed esigente che Gesù rivolge al cuore delle sue creature. Questo mistero ci dice quanto è bello essere amati e scelti dal Signore, quanto è sorprendente sentirsi “casa accogliente” dove Dio trova dimora e dove sperimentiamo la bellezza dello stare con Lui. Sì, Signore, vogliamo rimanere nel tuo amore non solo oggi, 10 settembre, ma ancora domani e domani ancora ti offriremo il nostro Fiat fresco, libero, gioioso e ti ameremo e ti serviremo nei volti e nelle aspirazioni più profonde dell’uomo. Non ci sentiamo sole perché da sempre abbiamo sperimentato di avere accanto a noi occhi, mani, cuori capaci di additarci il sentiero per incontrare il volto di Dio; occhi, mani e cuori che ti seguono e condividono il tuo cammino semplicemente perché ti vogliono bene e desiderano rendere piena la tua gioia… È questa l’esperienza che abbiamo fatto nella nostra famiglia religiosa attraverso la presenza attenChe offerta sarà la mia? ta e delicata di Madre Antonia e delle tante consorelle che ci hanno affiancato nel nostro Io sono così povera e piccola! cammino di formazione. Ciò che depongo ai tuoi piedi Con un profondo senso di stupore e è il mio cuore, questo povero mio cuore: di meraviglia, di fronte alle grandi cose che ha fatto in noi l’Onnipoè tutto quello che posso offrirti e, tente, ci consegniamo totalmente a Lui, oso sperare, sia anche tutto quello nella nostra amata Famiglia Religiosa, con che tu vuoi da me il desiderio di rimanere nel Suo amore così

l Signore entra nella storia di ogni uomo per abitarla col suo amore e trasformarla in un’opera meravigliosa. È accaduto anche per ciascuna di noi: attimo dopo attimo, giorno dopo giorno ci siamo sentite abitate da questa Presenza così delicata da entrare nei nostri cuori, così sapiente da educare i pensieri, così creatrice da smussare gli spigoli ruvidi ed ingombranti, così calda da fecondare di bene le relazioni e le esperienze; lentamente e quasi silenziosamente in questi anni di formazione e di juniorato il Signore ha fondato le nostre giovani vite su quella Roccia che è l’amore preferenziale per la Parola e l’Eucarestia secondo il carisma delle Suore di Santa Marta. Il Signore nella sua misericordia e fedeltà pazientemente si è preso cura di noi, della nostra storia soprattutto quando sentivamo il passo incerto e vacillante ed oggi, ciascuna può rac-


le neo-perpetue

Signore la sua misericordia� (Sl 137,2) da diventare riflesso di questo stesso Amore per i tanti volti che incontreremo. E con le parole del Beato Tommaso Reggio ci affidiamo a Maria perchÊ come Lei sappiamo essere nella Chiesa donne evangeliche.

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Spiritualità e carisma

Con te per sempre suor Anna Valli, suor Lucrezia Carpentieri, suor Dionisia Brolis, suor Chiara Elli, suor Luisa De Capite, suor Gerolama Danesi, suor Amalia Cattaneo, suor Aurelia Salvadori, suor Giovanna Rizzi

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orse solo chi ha vissuto questo momento di grazia può sentire con noi quanto le parole anche le più dense non riescono a dire la pienezza del cuore, la gioia provata e gustata in certi momenti e la sensazione bellissima di essere a “due centimetri dal Paradiso”: tale era l’intensità della gioia che si provava! Ci siamo infatti talvolta accorte che ci passava sul cuore qualcosa di grande e di indicibile! Guidate da Don Giorgio Basadonna e da Padre Giordano Rigamonti abbiamo ripercorso i cammini di fedeltà del Signore e abbiamo riconosciuto le orme di un Re come Lui dentro i solchi spesso tortuosi delle nostre miserie, delle nostre grettezze, delle nostre paure... ma questo riconoscimento che ci ha messo di fronte alle nostre debolezze non ci ha reso tristi, anzi ci ha reso grate, infinitamente grate e felici; sì, felici di scoprire che Lui regala

fedeltà e amore ai piccoli e noi siamo felici di essere “piccole”! Sono stati giorni di preparazione al nostro cinquantesimo che ci hanno consentito di ritrovarci insieme dopo tanti anni, di pregare bene insieme, di ascoltare cose belle e “nutrienti”, di visitare luoghi cari a tutta la cristianità, santuari che ci hanno offerto l’occasione di raccomandare alla Vergine santa la nostra Famiglia Religiosa alla quale va la nostra commossa riconoscenza. Come dire alla carissima Madre Generale e alla Madre Vicaria che ci ha seguito con affetto tutto il nostro grazie? Sia il Signore della vita a regalare loro le consolazioni vere e forti e sia Lui il loro bene sempre, così ogni suora giovane e non più giovane possa provare come noi le gioie indimenticabili che ora desideriamo condividere con le nostre consorelle sparse per il mondo.


La parola a...

Voltare pagina

volte diventa necessario sognare, anzi diventa indispensabile. A me capita, in questi tempi di sentire il bisogno di sognare che la pace avvenga. Sfogliando i giornali, ascoltando le notizie, cercando di capire dove si muovono le violenze che uccidono la speranza…, spesso mi accade di sentirmi stringere il cuore e di non riuscire più a pensare che la pace sia possibile. Eppure è necessario crederci, non può essere un’utopia e nemmeno una banale necessità di benessere. La pace vera è il dono che Dio fa nascere nei cuori che sanno decidersi per la verità, per il bene. La terra è qui davanti a noi, magnifica, ricca di promesse… e gli uomini tutti, ormai, sanno che ci è stata regalata perchè vivendoci, imparassimo ad amare, a bene-dire, a cantare le lodi al Creatore. La terra è un immenso giardino nel quale non sappiamo sempre muoverci senza urtarci, senza lacerarci! Oggi, però, questo giardino sembra trasformato in maledizione per il male che lo corrompe… ed è pieno di dolore; c’è una sofferenza che trasuda da mille paesi in guerra, c’è un’umanità in fuga, impaurita e lacerata da troppe angosce. Divisioni, lacerazioni, vendette anche ancestrali… impediscono la vita e la pace vera. Che fare? L’impotenza rischia di farci diventare inermi, rassegnati e chiusi nella nostra torre di difesa. C’è il rischio di pensare che a noi tocchi solo pregare per la pace! A noi

invece tocca molto di più! Dio ci chiede di essere portatrici di pace, adesso, nella zolla di terra che la Sua Provvidenza ci ha riservato perché diventi una zolla fortunata, capace di dilatarsi verso orizzonti sempre più vasti. Nel Regno dove un giorno tutti ci troveremo ci verrà chiesta la “razione” di pace che abbiamo regalata. Sì, proprio così! E solo allora ci accorgeremo che le nostre grettezze, le nostre chiusure, le nostre paure, i nostri calcoli hanno “ucciso” la pace. Spesso la pace bussa alle porte delle nostre case, dei nostri cuori ed aspetta che qualcuno le apra: è lì a chiedere che si faccia solo un gesto gratuito, misericordioso, generoso. Fare la pace non tocca solo ai governi, tocca anche a noi che spesso “calcoliamo i risultati della pace” prima di aprire la porta e far entrare chi è stato a lungo lontano dal nostro amore misericordioso. A volte diventiamo dei “Kamikaze” perchè ci uccidiamo e spegniamo dentro le nostre case il fuoco dell’amore, a volte cancelliamo sul nascere le possibilità di rinascita tra due persone: tra parenti, fratelli, vicini di casa… consorelle. Così mentre condanniamo gli altri uccidiamo, ci uccidiamo e ci condanniamo a vivere forse senza respirare l’aria frizzante e rigenerante di quella pace che donata… dà vita! Bisogna voltare pagina!

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Madre Antonia


Percorsi di formazione

L’intercapitolo d N

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ei giorni dell’Intercapitolo svoltosi a Roma dal 19 al 28 luglio 2006 si è ricreato il clima del Capitolo 2003, con tempi ricchi di preghiera, di approfondimento e ricerca, durante le Assemblee Generali e i lavori di gruppo e di gioiosa convivialità: vissuti intensamente, con serenità e responsabilmente. Il commento del libro dei Numeri, fatto dalla Madre Generale, ci ha offerto spunti preziosi per riflettere sul nostro cammino di consacrate. Israele è un popolo in pellegrinaggio verso la terra promessa, ma spesso rifiuta di camminare, contesta l’autorità delle guide, persino il disegno di Dio e rimpiange l’Egitto, ma dopo tante difficoltà, contrasti e prove raggiungerà il paese che gli è stato destinato. Mosè è la guida fedele al suo compito talvolta ingrato per l’arroganza del popolo, ma è sostenuto dalla preghiera e da una intimità eccezionale con Dio che gli parla e lo sostiene. Quanti riferimenti alla nostra vita possiamo cogliere! Innanzitutto la fedeltà di Dio che non viene meno e non si stanca mai di noi. Impariamo come Mosè a intercedere, a credere nel nuovo, a staccarci dalla mentalità che ci siamo costruite e dalla schiavitù di tante cose, “a non rimpiangere il nostro piccolo Egitto”, ma ad accettare il progetto di amore di Dio con la cer-

tezza che quello che crediamo croce è Croce, porta alla Risurrezione e alla vita. L’Intercapitolo, dopo un’analisi attenta delle verifiche comunitarie che possono essere considerate “la voce attuale delle Comunità” ed espressione di un impegno chiaro e coraggioso da parte di tutte, ha posto l’attenzione su alcune priorità che dovranno essere vissute con intensità e coerenza: • Vita spirituale più intensa • Evangelizzazione • Stile di vita austero, sobrio e dignitoso Sono queste le sfide che riguardano tutte noi e toccano la nostra vita in ciò che vi è di più prezioso ed essenziale. E’ bene perciò prendere coscienza della ricchezza della vita religiosa nella sequela di Cristo, dando il primato a Dio attraverso l’esperienza della preghiera che fa di noi dei testimoni capaci di proporre la fede in un mondo in ricerca di senso, spesso senza speranze e certezze. Come è emerso dai questionari, la vita consacrata ha bisogno ancora di essere rivitalizzata e questo avverrà a condizione che si parta da Cristo e dalla sua Parola per conformarci a Lui, avvertendo la necessità di una conversione personale e comunitaria, indispensabile per abbracciare uno stile di vita sobrio e austero, senza lasciare che la cultura secolarizzata d’oggi penetri nella mente e nel cuore, portando l’insidia della mediocrità, dell’imborghesimento e della mentalità consumistica che indeboliscono lo slancio generoso, la testimonianza e la donazione totale, come afferma il Papa Benedetto XVI.


di suor Anita

della speranza

Queste sono solo alcune riflessioni e sottolineature personali, perché gli Atti intercapitolari forniranno integralmente i contenuti e quanto siamo invitate a fare o meglio a essere, per diventare nel mondo segno credibile e luminoso del Vangelo, senza conformarci alla mentalità di questo secolo, ma trasformandoci e rinnovando il nostro impegno per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto. (Rom.12,2) Mi sembra doveroso esprimere a nome di tutte un grazie riconoscente alla Madre Generale e ai relatori Padre Francesco Petrillo e Dott. Bruna Costacurta che ci hanno aiutato ad andare alla radice dei nostri bisogni e problemi, non solo per analizzarli, ma anche per trovare le vie giuste perché le speranze dell’Intercapitolo diventino realtà nel quotidiano, portando a maturazione i germi di bene presenti in ciascuna di noi e nelle nostre Comunità.

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Interroghiamoci pure sull’efficacia della nostra azione apostolica, in particolare sull’evangelizzazione che è la consegna fondamentale del Capitolo 2003. Occorre avere la consapevolezza che i carismi personali sono doni per la comune missione da compiere insieme e che invece presi singolarmente, all’insegna dell’individualismo, ostacolano l’azione apostolica all’interno della Comunità e della Chiesa o addirittura la vanificano. È indispensabile con l’aiuto della Grazia impegnare sempre di più le energie per realizzare una vita fraterna dove il dialogo è aperto e sereno; la comunicazione chiara e vera; spontanei i gesti di riconciliazione; il confronto sincero, capace di interrogarsi sulla propria identità, sul futuro dell’opera e sulla testimonianza che offriamo alla Chiesa e al territorio, con la guida di responsabili di comunità che sappiano tenere vivo l’amore per Cristo e rafforzare l’unità intorno al carisma, con un’azione di sostegno, animazione, discernimento oltre che di programmazione e organizzazione. Molto proficuo è stato il lavoro presentato dalle varie commissioni, ma un’attenzione particolare è stata rivolta ai laici per la realizzazione del progetto “Incontrarsi a Betania”. Il cammino fatto in alcune Comunità è incoraggiante, ma occorre che tutte riteniamo il contatto con laici una preziosa e reciproca occasione per crescere in umanità e spiritualità per essere chiesa insieme, condividendo con loro il nostro carisma.


Percorsi di formazione

Donne me I

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l mese di formazione a Roggiano è un momento particolare di grazia e di condivisione fraterna profonda. È sempre un’esperienza nuova e ogni anno ritorniamo nelle nostre comunità, ai nostri impegni apostolici, cariche di bene e di buoni propositi. Naturalmente la nostra formazione ha come fondamento la Sacra Scrittura ed è don Claudio Doglio che ci guida nell’approfondimento. Tante volte durante questi incontri ci è stato detto che abbiamo bisogno di rileggere la nostra vita come una “piccola storia della salvezza”. Da sole non saremmo in grado di farlo, ed è per questo che Dio ci viene incontro. Nella Bibbia, infatti, troviamo quel “tesoro” di racconti teologici che ci aiutano a camminare, a percorrere questa strada, a fare continuamente la straordinaria esperienza di incontrare Dio che ci parla e ci comunica se stesso. Rileggere questi racconti e sentire che parlano a noi oggi non è solo consolante, ma è soprattutto vitale: è avere la certezza che con Dio si passa continuamente “dalla morte alla vita”. Tra questi racconti ci sono storie di donne come quella di Ester, di Giuditta e di Rut che sono state capaci di fare “memoria storica” della loro esistenza alla luce di Dio, proprio perché custodi, per natura, della vita. Ci piace, così, far “risuonare” e condividere qualche passaggio di queste figure bibliche che hanno in comune la chiamata ad essere strumenti di salvezza. Ester è la versione femminile di Mosè: si fida di Dio e riconosce di essere sola, debole e

donna ma non per questo si dà per vinta. Rischia la vita per intercedere, per salvare il suo popolo. Fa tutto quello che è in suo potere, fino in fondo, con la certezza che comunque è sempre e solo Dio che interviene, ed è solo Lui che può “capovolgere le sorti”. Giuditta è il femminile di Giuda (Giudea), in questo testo elementi nazionalistici e leggendari sono abbinati a quelli storici e il teologo, autore di questo libro, scrive durante la rivolta dei Maccabei. Giuditta rappresenta, dunque, il “resto” del popolo che “solleva la testa” fidandosi completamente di Dio. Giuditta è coraggiosa, si stima molto e la sua stima è principalmente fiducia in Dio. Lui usa sempre “mezzi” poveri per compiere grandi prodigi, per realizzare il suo progetto di bene a favore del popolo… dell’umanità. Rut è Abramo al femminile, è straniera ed ha il coraggio di lasciare le proprie sicurezze, rinunciare ai suoi cari e alla sua terra per seguire la suocera Noemi. Per lei condividere l’esistenza e la sorte della suocera vuol dire aderire a Dio. Questa adesione, questa fiducia completa e incondizionata conduce Rut a “generare” Obed dal quale poi verrà la discendenza di Davide… fino a Gesù. Ester, Giuditta e Rut, sono figura della figlia di Sion, Maria, e della Chiesa. Come Maria, anche loro, prontamente rispondono a Dio per sollevare il popolo dall’abbattimento, affrontano le difficoltà e fanno tutto quello che è loro possibile. Ma ancor di più Maria che, con il suo sì, collabora alla salvezza dell’umanità.


le Juniores

mediatrici

di salvezza Avremo forse l’impressione, per la debolezza della nostra fede, di essere perdenti e inadeguate: non scoraggiamoci, Dio ci chiama e ci richiama proprio perché siamo un “piccolo resto”, perché ha fiducia in noi… e noi fidiamoci di Lui perché Lui solo fa “germogliare i fiori fra le rocce”. Oggi Cristo, la Salvezza, entra ancora nei cuori: spianiamo con la nostra vita, fedele e coerente, la via a Gesù, Parola di Dio, Salvezza di Dio!

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Queste donne forti, e nello stesso tempo umili, ci invitano, non solo a pensare al mondo e alla sua “debolezza mortale”, ma a prenderci a cuore quelle situazioni quotidiane in cui sembra trionfare la noia e la debolezza. C’è intorno a noi un bisogno urgente: è l’esigenza di una fortezza interiore, di una dedizione generosa verso chi cerca le ragioni per vivere, per combattere, per rialzarsi dopo ogni caduta. Sentiamoci interpellate da questa esigenza profonda di tanti fratelli.


Percorsi di formazione di suor Anita

La Parola... per dire parole vere M Camminando con fede 3/2006

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i piace introdurre la mia riflessione sull’incontro di Roma con un racconto piacevole e significativo: “I due pranzi speciali”. Si narra che un signore greco aveva comprato, come schiavo, Esopo, il famoso narratore di favole. Un giorno il signore pregò Esopo di preparare un pranzo con ciò che avesse trovato di meglio. E così fece Esopo. Primo piatto: lingue lesse; secondo piatto: lingue ai ferri; terzo piatto: lingue in salse piccanti; e così via… Il padrone ne fu indignato ma Esopo gli disse: “Cosa vi è di meglio della lingua? Con essa si prega Dio, si salutano gli uomini, si diffonde il sapere, si fanno leggi, si amministra la giustizia, si creano rapporti di amicizia…”. Il padrone e i convitati si convinsero. Però il giorno dopo il signore, come per prendersi la rivincita, ordinò ad Esopo un altro pranzo con la consegna di servire ciò che avrebbe trovato di peggio. Grande era l’aspettativa di quello che avrebbe preparato Esopo. Al nuovo pranzo si portarono ancora tutte le lingue nei modi e nelle salse più diverse. Il padrone persuaso di essere stato burlato, si adirò. Ma Esopo per calmarlo disse: “Nulla c’è di peggio della lingua: con essa si dicono menzogne,


remmo ascoltare dagli altri e da noi stessi. Dagli altri aspettiamo sempre parole di incoraggiamento, di sostegno, di gratificazione; è importante però non dipendere in maniera esclusiva dagli altri, ma trovare parole dentro di noi che creano convinzioni, che danno sicurezza ed esprimono positività. Questo è necessario per vivere una vita più spontanea e serena. Il Responsabile di Comunità, sempre partendo dall’ascolto e dal confronto con la Parola, diventa maestro, santificatore e guida. È maestro perché deve introdurre le Consorelle nel Progetto evangelico del proprio Istituto, rendere vivo il Vangelo, la Regola di vita, il carisma, creando momenti forti di spiritualità. È santificatore perché ha la responsabilità che le Consorelle camminino sulla via della santità, che si costruisca una Comunità intorno all’Eucarestia, alla preghiera che sola può dare luce, forza e coraggio, ai momenti penitenziali come momenti di grazia per ricostruire la Comunità, alla Parola che cambia la vita. Preoccupati sì del lavoro, ma di un lavoro che santifichi e non crei tensioni ed eccessive stanchezze È guida nell’organizzare e coordinare la vita comunitaria per camminare tutte nella concordia e fraternità. Tutto questo per diventare Comunità di testimoni nel servizio e nella comunione con la chiesa locale, con atteggiamento di collaborazione, apertura, disponibilità, perché non siamo isole, ma membra vive di questa Chiesa con la quale condividiamo tutto: la liturgia, la vita, le gioie, le iniziative, i problemi. Come animatrici dobbiamo essere in atteggiamento di collaborazione con quanto la Madre ci ha indicato; da parte nostra è importante credere nel progetto comune “Parole che danno vita” e testimoniarlo in modo trasparente e autentico per renderlo credibile a tutta la Comunità.

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si ingiuria, si danno cattivi consigli, si creano divisioni…”. Alla fine tutti convennero nel giudizio di Esopo. Anche noi comprendiamo che la parola è il dono più prezioso e, nello stesso tempo più pericoloso, che Dio ci ha fatto. Si tratta di maneggiarla con cura: è ciò che la Madre Generale, il Prof. Montuschi, il Padre Trabucco hanno tentato di trasmettere durante l’incontro a Roma del 6/8 ottobre del 2006 alle responsabili di comunità e alle presidi. La Madre Generale ha illustrato i contenuti del Progetto “Parole che danno vita” e ci ha sollecitate ad essere nelle Comunità animatrici attente alla Parola di Dio per diventare capaci di dire parole di misericordia e di speranza. L’icona di questo anno è l’Annunciazione di Simone Martini (1333), ricca di messaggi di fede e di vita. È bello fermare l’attenzione su Maria nell’atteggiamento di ascolto, di meditazione e di assenso umile alla Parola di Dio proferita dall’Angelo. Questa icona ci invita ad essere ascoltatrici della Parola per regalare parole che danno vita, che creano accordo, che sanno sempre bene-dire, che inneggiano a Dio, che si traducono in un linguaggio vero, ricolmo di pace e di gioia. Se tutto parte dalla Parola non corriamo il rischio di considerare tragedie le difficoltà e i problemi della giornata perché contempliamo nello sguardo di Dio le consorelle, le persone che incontriamo, gli eventi, vivendo con fede la realtà del quotidiano. Anche l’ascolto è il momento forte del dialogo ed è l’esperienza che ci aiuta a sapere ascoltare l’altro,a sintonizzarci con lui per dire parole che comprendono, offrendo quella salvezza umana che sostiene; parole che chiariscono, aiutando la persona a costruirsi interiormente e a dare senso alle sue scelte. Ascoltare è un brillante modo di parlare, perché chi ascolta comunica e offre un anticipo di fiducia. È bello anche riflettere sulle parole che vor-


Percorsi di formazione

le Suore presenti

Pace! Pace! Pace! C

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i siamo incontrate a Roma, nei giorni 8-10 dicembre, noi Suore professe perpetue da 5 anni, per una pausa di riflessione e di preghiera. Ancora una volta siamo tornate a casa entusiaste e cariche di tanta voglia di bene. Questa volta il tema affrontato era quello della pace, che Padre Ubaldo Terrinoni ha trattato serenamente in modo chiaro, approfondito. Abbiamo capito ancora una volta che la pace non comincia fuori, ma dentro di noi. Siamo ora più consapevoli che l’unica guerra che noi dobbiamo fare è quella contro il nostro orgoglio, la nostra presunzione e la nostra pigrizia. L’incontro con la Madre Generale ci ha aiutato a interiorizzare meglio il senso di questo periodo d’Avvento come occasione per accorgerci ancor di più di un Dio che si offre a noi senza chiedere nulla in cambio e senza arrendersi di fronte alle nostre stupidità e alla nostra indifferenza. La Madre Vicaria ci ha poi fatto intendere come si può camminare ogni giorno verso una maturità più vissuta e verso un dono della nostra vita sempre più consapevole e libero da false affermazioni di sé! Ci ha raccomandato l’ascesi continua per essere attente alla crescita spirituale di noi stesse e diventare capaci di

“rendere ragione della speranza che è in noi”. Abbiamo avuto la fortuna di visitare la Basilica e le catacombe della martire Santa Cristina a Bolsena, luogo dove anche il ricordo del miracolo eucaristico ha risvegliato la nostra fede. Ci siamo così affidate al Signore perchè sia Lui sempre a sostenere le nostre paure, le nostre fragilità e a farci capire che la nostra debolezza può diventare un dono se offerta e consegnata nelle sue mani. L’arcobaleno che ha accompagnato il nostro ritorno da Bolsena ci è parso un segnale del cielo! Siamo tornate con il cuore colmo di un profondo senso di gratitudine nei confronti della nostra Famiglia Religiosa che ci offre tante opportunità e aiuti per la nostra formazione, ma soprattutto con tanta voglia di essere dono prima di tutto qui dove il Signore ci chiama a servirlo nell’umile lavoro di ogni giorno.


Frammenti di santità Genova, 28 novembre 1956 Carissima Suor È venuto il momento di rispondere agli auguri molto antichi ormai! Mentre ti ringrazio penso di farti gli auguri per il Santo Natale, perché si avvicina velocemente: il tempo che passa e porta via i nostri anni insieme alle opere che noi facciamo. Viviamo di fede, giorno per giorno, con quello che la Divina Volontà ci manda o permette che ci venga. Ho saputo dalla Reverenda Madre Generale, quando ero a Querceto questa estate, che avresti frequentato il Corso di Assistente Sanitaria… Ho subito pensato al tuo cruccio perché so quanto la scuola ti spaventava. Ma… l’obbedienza farà miracoli, stai pur certa, è di fede che i Superiori agiscono ispirati da Dio benedetto. In cielo vedremo come tutto si è svolto sulla terra Non sempre è facile vivere con questa certezza: ci vuole allora molta meditazione e grande fiducia. Come va la salute? Prega sempre per la tua affezionatissima

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secondo i precisi disegni del Padre celeste.


In missione di suor Berta Veloso

Ventimiglia continua a ricordare

il suo Santo Vescovo I

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l ricordo di Mons. Tommaso Reggio è sempre vivo in Ventimiglia, anche se è passato più di un secolo da quando dedicò la sua opera di zelante apostolo alla sperduta diocesi ligure. Dopo la dedicazione della Piazza di Triora dove si trova la casa che lo accolse negli ultimi giorni della sua vita terrena e dove spirò da santo, pronunciando quelle parole che furono il coronamento di una vita spesa solo per il Signore: “Dio, Dio solo mi basta”, le autorità civili di Ventimiglia gli hanno voluto dedicare i giardini pubblici di Via Vittorio Veneto. Noi Suore di Santa Marta, sue figlie, non possiamo che gioire di questo gesto che denota un ricordo pieno di stima per il Pastore che, senza risparmiare le forze, ha dato impulso alla Diocesi in tempi difficili percorrendola in

lungo e in largo, prendendosi cura dello sviluppo integrale delle persone, annunciando con la vita, prima che con la parola, l’amore di Dio per ogni creatura. La semplice cerimonia di inaugurazione ha visto presenti, insieme alle autorità, numerose persone che potranno usufruire dello spazio verde dei bellissimi giardini ed anche la Comunità delle Suore che in Ventimiglia continuano, sotto la protezione del loro beato Padre Fondatore, ad annunciare il Vangelo e a prendersi cura dei piccoli e dei poveri.


di suor Margareetha Manthra

Trivandrum Arcivescovo di Trivandrum, S.E.Mons. Soosa Pakiam, che ci ha accolto nella sua Diocesi dodici anni fa proprio nella Festa di San Francesco Saverio, ha chiesto alla Congregazione di collaborare al suo audace tentativo di gestire una Università di Ingegneria, con vari indirizzi, che conta quasi mille studenti e che sta diventando il più famoso College di tutto lo stato del Kerala. Noi Suore di santa Marta ci occupiamo dell’Hostel ( pensionato universitario) che ospita circa 50 ragazze che frequentano questa università e dell’amministrazione. La nostra piccola Betania, composta da tre Suore, presta il suo servizio tra le giovani che sono una “primavera” in mezzo alla sabbia bianca della spiaggia che costeggia l’Oceano Indiano. Nei primi tempi abbiamo dovuto superare diverse difficoltà, nate anche a causa della nostra poca esperienza. Inoltre la sistemazio-

ne dei locali ha creato qualche disagio, ma ora, con la costruzione del nuovo edificio, tutto è sistemato. Le ragazze, che provengono da varie parti del Kerala e di altri Stati, ci stimano, ci vogliono bene e cercano di far tesoro dei nostri insegnamenti sia nella vita pratica (tenere in ordine la camera, il refettorio..) che in quella spirituale. Le proposte di preghiera, rivolte sia alle giovani cristiane che alle altre, per una formazione ai valori umani fondamentali quali la giustizia, la solidarietà e la ricerca della pace sono ben accolte da tutte. Per tutto questo le ragazze considerano l’Hostel come la loro seconda famiglia e lo chiamano “Home away from home”. Mentre scrivo queste righe mi giunge la notizia che tra pochi giorni dovrò volare verso l’Italia. Dal mio cuore sale un ringraziamento al Signore che mi ha concesso di fare questa esperienza tanto arricchente per me. Anche se il distacco dalla Comunità e dalle ragazze sarà doloroso, sarà bello portare nel cuore le persone alle quali vogliamo bene e delle quali desideriamo il bene. Con il ritorno alla culla della Congregazione dove ho trascorso gli anni della mia formazione e del primo apostolato, si apre un nuovo capitolo della mia vita. Voglio lasciare una pagina bianca dove il Signore può continuare a scrivere il suo progetto su di me… GRAZIE!

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L’


In missione le Suore di Paderno

Impara l’arte e... mettila da parte! L e vacanze estive in Italia sono molto più lunghe che in qualsiasi altro Paese e le iniziative e attività organizzate da enti pubblici, parrocchie, associazioni per tenere occupati bambini e ragazzi, fatti salvi i giorni in cui si parte con la famiglia per i monti o per il mare, sono veramente tante. A Paderno, dove noi Suore di Santa Marta ci prendiamo cura delle persone anziane e dei piccoli della Scuola dell’Infanzia, l’Oratorio parrocchiale è attivissimo, ben organizzato e, cosa non comune, aperto anche nel mese di agosto. Il Parroco quest’anno ha chiesto a noi Suore di ospitare la “Scuola di cucito” che di solito si teneva nei locali dell’Oratorio e noi siamo

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state ben felici di offrire la sala grande per questa attività. Così un nutrito gruppo di bimbe e adolescenti, sotto la guida di esperte maestre e di suor Margherita, ha frequentato la scuola nel mese di agosto. L’entusiasmo è stato grande e ciascuna partecipante ha compiuto significativi progressi non solo nell’arte del cucito; infatti il gruppo si è molto unito e la gioia di stare insieme è stata grande. Al termine del corso è stata allestita una Mostra dei lavori di tutte e, naturalmente, c’è stata una festa con una lauta merenda preparata dalle Suore. Sono già pervenute le iscrizioni per l’agosto 2007!


di una mamma Casa Penotti - Velletri

Non addio ma... arrivederci

Grazie, amatissime Suore, grazie per aver gioito e sofferto con tutti noi, grazie per l’ottima formazione che avete saputo trasmettere ai nostri bimbi, grazie per il servizio eccellente, grazie per l’affetto con cui ci avete aiutato a crescere i nostri figli. Non vi diciamo addio, ma arrivederci all’anno prossimo, perché Casa Betania e le sue Suore saranno per noi il cordone che ci terrà unite a tutte voi. Ancora grazie, che il nostro abbraccio vi accompagni.

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C

arissime e amatissime Suore, il saggio di fine anno, di solito occasione festosa d’incontro con le famiglie, quest’anno è velato da una sottile malinconia, e tutti ne sappiamo il motivo, ma ciò non deve impedire di approfittare di questo avvenimento per ringraziare voi e tutto il personale per l’opera prestata in tutti questi anni. Casa Linda Penotti ha visto succedersi generazioni di bambini ed è diventata, nel corso degli anni, un punto di riferimento per noi mamme lavoratrici, per l’alto profilo educativo e pedagogico che offre, per l’assistenza ai nostri bambini in tutte le loro esigenze. Quello che colpisce maggiormente è la vostra accoglienza così materna. Il vostro sorriso che ci ha illuminato ogni giorno. Vedere i nostri bimbi correre verso le vostre braccia, inseriti perfettamente nel contesto scolastico, ci ha regalato emozioni forti. Anche se l’ipotesi della chiusura della Scuola ci ha sconvolte, non ci avete lasciato soli. L’insediamento in “Casa Betania” è stato immediato, e ancora una volta ci avete fatto capire che la vostra opera continua… questo ha riscosso tutta la nostra gratitudine. Il vostro lavoro di tutti questi anni a Casa Linda Penotti sarà sempre legato all’infanzia dei nostri bambini e conservato nel cuore di noi genitori.


In missione di don Giuseppe Torre Parroco

Con affetto riconoscente M

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olto Reverenda Superiora Generale, mi trovo a scriverLe in un momento che mai avremmo pensato dovesse venire. La notizia della chiusura della Vostra casa a San Gottardo ha provocato in questi mesi prima sorpresa, poi tristezza e tanta sofferenza. In questi giorni e tanto più oggi, l’ultimo in cui i nostri bambini hanno varcato la soglia di quella casa, c’è ormai rassegnazione e ancora un grande dolore in tutti: suore, personale laico, bambini, genitori, parrocchiani. Le suore di S. Marta a San Gottardo sono un’istituzione, un punto di riferimento per tutti e sembra davvero impossibile che ora tutto finisca e quella porta si chiuda… Immagino quanto sia stato doloroso per Lei e per tutta la Congregazione arrivare a questa decisione, ma il Signore Vi è vicino e sappiamo che tutto rientra nel Suo Disegno, anche ciò che a noi sembra più inspiegabile. Non posso che ringraziarLa, di vero cuore, per la Vostra presenza così preziosa nel nostro quartiere, per il servizio svolto con passione in tutti questi anni, per la testimonianza di vita che avete dato e l’attenzione che avete rivolto soprattutto alle giovani generazioni, che pian piano sono cresciute e continuano a crescere, ma mai dimenticano di aver frequentato “l’asilo di S. Marta”. Da domani, davvero, a San Gottardo mancherà qualcosa. Ci tengo a comunicarLe che domenica 30 luglio saluteremo ufficialmente le Vostre con-

sorelle alla S. Messa delle ore 11.00. Sarebbe davvero un piacere e un onore averLa qui tra noi e, se ciò non sarà possibile, Le chiedo di unirsi a noi con la preghiera. Non oso chiederLe quale sarà il futuro di quella casa a noi così cara, anche se sinceramente spero ancora nella possibilità di una sorta di accordo con la parrocchia, come auspicava anche il nostro Cardinale. In ogni caso, ci sarebbe davvero caro, almeno provvisoriamente, poter utilizzare la Vostra cappella come cappella invernale della parrocchia, visto che siamo costretti a celebrare la messa feriale in un vero e proprio “sottoscala” mentre a 10 metri c’è la Vostra bella chiesetta a cui siamo tanto affezionati… Comunque spero che quel luogo sacro non venga spogliato e adibito ad altra funzione, ma, se ciò dovesse accadere, col cuore in mano mi permetto di chiederLe di fare dono alla parrocchia di quella bella statua della Madonna: la conserveremo in chiesa, come segno tangibile della Vostra presenza in mezzo a noi. Così quella Madonnina continuerà a vegliare su di noi… So di interpretare il pensiero dei miei parrocchiani nel dire che Vi portiamo nel cuore e Vi siamo vicini nella preghiera. Invoco dal Signore ampie benedizioni su di Lei e su tutta la Congregazione di S. Marta.


In Lei… ancora uniti

le Suore di S. Marta San Gottardo - Genova dal 1959 al 2006

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Tu... candida Signora, immersa nell’azzurro, vestita di luce, Tu, nel tempo, presenza materna, sorridente e dolcissima, testimone silenziosa e attenta della vita che fiorisce, della vita che matura, della vita che si dona, continua - Ti prego a posare il Tuo sguardo sulle gioie e sui dolori di tutti; guida quanti si mettono in cammino, aiuta a comprendere che nulla finisce per chi sa ricominciare, “abbraccia”, con l’infinita tenerezza che Tu sola puoi offrire, chi parte e chi arriva, chi dubita e chi ritrova un senso negli avvenimenti, nei volti, nelle parole, nei gesti … Insegna Tu, maestra infallibile, che tutto l’oro del mondo non “paga” la semplicità trasparente, il servizio gioioso, il sorriso donato, la mano tesa, il cuore in pace. Madonnina, grazie Madonnina, addio…


In missione di nonno Lino Saiano

Nonni o... I angeli? Camminando con fede 3/2006

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n un tiepido pomeriggio di inizio autunno, la scuola dell’infanzia “Anna e Maria Fenaroli” accoglie una marea di nonni armati di macchine fotografiche e videocamere. L’invito dei nipotini è stato accolto con entusiasmo e grande partecipazione. I nonni chiacchierano, controllano ancora una volta il materiale fotografico ma con gli occhi attenti rivolti al cancello d’entrata. Il brusio scompare, gli occhi cercano. I bambini fanno il loro ingresso nel prato antistante la scuola sotto l’attenta sorveglianza delle brave maestre e si dispongono per dare il benvenuto ai loro nonni con dei canti mimati. Che tenerezza, questi nostri tesori! Individuati, i bimbi abbozzano un timido salutino. Applausi calorosi, appena interrotti per ricambiare il saluto, si levano per applaudire quel grande coro di piccole voci che riempie i cuori di affetto e nostalgia. Mentre il battimani si va affievolendo, i bambini ordinatamente rientrano nelle loro classi

seguiti frettolosamente dai loro nonni dove la festa continua un po’ più intima e familiare. Ancora canti in onore dei nonni, mentre gli occhi sono rivolti al vassoio contenente il regalino da distribuire. Un ultimo battimani mette fine all’esibizione. Piccola ressa per la consegna del dono e poi composti, si fa per dire, al banco per consumare dolci e dolcetti. Veramente un bel pomeriggio! Una regía attenta ha guidato l’evolversi della manifestazione con il puntuale impegno delle educatrici. Complimenti! Infine il rompete le righe. I nonni tornano felici a casa con i loro nipotini. Ma… a proposito: “Era la festa dei nonni o degli Angeli custodi?” Di tutti e due, certo! Pertanto insieme diciamo: “Angelo di Dio che sei il mio custode….”


2 ottobre Festa dei nonni Festa degli angeli custodi

I nonni sono come… • I nonni sono come gli alberi che in autunno lasciano trasparire più cielo. • I nonni sono come fragoline rosse sull’asfalto delle nostre città. • I nonni sono come il tergicristallo: ci rendono più chiara la vita. • I nonni sono come quei fiori che mandano il loro profumo più intenso verso sera.

• I nonni sono come i monti: fanno guardare in alto. • I nonni sono come il vino buono: a mano a mano che passano gli anni, migliorano. • Una vita senza nonni è come un viaggio nel deserto. • Casa senza nonni: è come una lavanda senza profumo: fieno! Scuola dell’Infanzia Firenze Conservatorio

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• La pazienza dei nonni è come il dentifricio nel tubetto: per quanto ne spremi, ve ne resta sempre un po’ in fondo.


In missione di suor Maria Pia

Metti in circolo la gratuità Roggiano

È

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questo il tema del progetto accoglienza che a Roggiano ha atteso gli alunni al rientro dalle vacanze estive. Il nuovo a. s. 2006-07 si è aperto, per grandi e piccoli, con una proposta didattica forse un po’ inaspettata, perché probabilmente non trova una collocazione particolare nelle sezioni antologiche dei libri di scuola. Eppure i docenti dell’Educandato ancora a giugno avevano ritenuto fondamentale aiutare i ragazzi a porre l’attenzione a ciò che può voler dire “gratuità”. Perché una simile scelta? Forse l’intento di rispolverare valori dimenticati o disattesi? Forse uno stimolo a favorire adesioni al mondo del volontariato? Colmare dei vuoti? Una proposta evangelica? Un immettere sui nostri mercati un prodotto economico conveniente? Sì, può essere anche tutto o niente di ciò, oppure semplicemente mettere a fuoco uno di questi aspetti. Sta di fatto che il termine gratis non passa inosservato, se non altro talvolta per diffidare della proposta pubblicitaria di un prodotto. Certo non esiste una scuola della gratuità, esiste invece una scuola del profitto, dove comunque si guarda alla resa e al bilancio finale. Eppure la nostra scuola ha inteso soffermarsi e riflettere sulla gratuità a partire da autori che all’interno delle loro opere offrono spunti per superare l’accezione esclusivamente economica del termine. I docenti lo hanno fatto in termini di didattica, con attività specifiche legate alle varie discipline e finalizzate allo sviluppo di competenze particolari, favorendo però oltre l’analisi del testo una riflessione concreta.

“Tra un fiore colto e l’altro donato”, dice Ungaretti, “l’inesprimibile nulla”. Perché la parola spesso non basta per esprimere quella ricchezza che un gesto di gratuità può racchiudere. Ma oggi come viene vissuta la dimensione del grazie, della riconoscenza nella nostra società, nei nostri rapporti? Non è facile, perché spesso siamo indifferenti o pieni di pretese, ci ritroviamo in un ritmo di vita che lega sempre di più le persone l’una all’altra, non però nelle forme della fiducia, della gioia, della condivisione e della solidarietà. Riflettere sulla gratuità è partire dal semplice “grazie” insegnato ai piccoli per approdare a un tirar fuori dalla propria persona tutto ciò che si possiede, perché si è ricevuto in dono. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date! La gratuità, dunque, perché diventi un modo di essere, uno stile di vita… innanzitutto per gli educatori chiamati a vivere il loro impegno nella scuola anche con un certo disinteresse, senza calcoli di tempi e di energie quando si ha a che fare con la crescita di una persona; per gli alunni chiamati a superare, attraverso gesti di bontà e di solidarietà, una sorta di egoismo presente in ogni uomo, e a saper essere riconoscenti di tutto ciò che viene loro dato gratuitamente; per ciascuna famiglia che insegna e vive tutti i giorni l’esperienza della gratuità, perché se nei rapporti personali e familiari si cominciano a fare i conti, tutto è finito. Imitiamo la sorgente, come scriveva Tolstoj, che dà le sue acque, senza chiedere contraccambio, ai pellegrini che si fermano assetati e stanchi!


un genitore

La scuola fa bene... alla mente... al fisico... al cuore... allo spirito nche quest’anno l’apertura ufficiale dell’anno scolastico è avvenuta con la Celebrazione Eucaristica. Noi genitori cattolici riteniamo che questo sia molto importante e doveroso perché mettere i nostri figli sotto e la protezione di Dio e lo sguardo amoroso della Mamma celeste è come scegliere i migliori, anzi gli unici educatori. Quest’anno poi abbiamo avuto la gioia di avere il nostro Vescovo, Mons. Giulio Sanguineti, a presiedere la liturgia e questa presenza ha reso ancora più significativa la Santa Messa. Le Suore e le insegnanti hanno preparato molto bene i bambini tanto che con i loro canti e preghiere hanno saputo coinvolgere fino all’emozione genitori e nonni presenti. Sono stati loro, i bambini, con la loro spontaneità e semplicità, i protagonisti di questa bella festa.

I genitori, presenti in gran numero, hanno partecipato attivamente accompagnando anche i canti con strumenti musicali. Tanti flash scattavano per immortalare questi momenti di gioia soprattutto quando il Vescovo, al termine della celebrazione, è sceso in mezzo all’assemblea per stringere la mano ai genitori che chiedevano una preghiera o una benedizione. Ottima partenza quindi per il nuovo anno scolastico! Noi genitori siamo grati alle care e instancabili Suore e alle insegnanti per la loro professionalità, accoglienza e disponibilità, ma soprattutto per i valori umani e cristiani che con la loro coerenza di vita sanno trasmettere ai nostri figli che desideriamo veder crescere nell’onestà, nell’altruismo, nell’amore verso tutti, capaci di stringere legami di fraternità, pur nella diversità, perché il futuro che è nelle loro mani sia un futuro di pace, di giustizia e di solidarietà. Per questo, consapevoli di quanto sia difficile l’opera educativa che spetta prima di tutto a noi, abbiamo scelto la scuola cattolica che garantisce la formazione integrale della persona ed accoglie con un sorriso e una parola gentile anche noi genitori. Come ricordava il Vescovo nella omelia, scuola e famiglia devono darsi la mano e camminare insieme per formare le nuove generazioni. Grazie!

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In missione

I Ciceroni di Santa Maria d Un laboratorio di accoglienza per l’inaugurazione della chiesa di Santa Maria degli Angeli dopo dieci anni di restauri

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n’occasione unica e 76 ragazzi della 4°, 5° primaria, 2° e 3° secondaria di primo grado del Conservatorio di Santa Maria degli Angeli in Firenze hanno reso un evento la giornata di sabato 25 Novembre 2006. La circostanza della riapertura della chiesa del complesso, alla conclusione dei restauri condotti nell’arco degli ultimi dieci anni (1996-2006), hanno fornito lo spunto alla preside e al corpo docente per organizzare un laboratorio didattico assai speciale quanto unico: far presentare direttamente dalla voce dei ragazzi la chiesa appena restaurata e il patrimonio artistico in essa conservato. Nel segno dell’accoglienza, che contraddistingue l’esperienza comunitaria e spirituale delle Suore di Santa Marta, l’evento ha unito un sapiente approccio culturale ed educativo alla conoscenza e divulgazione di un manufatto architettonico di straordinaria bellezza, la chiesa, assieme al suo prezioso corredo artistico. Il Conservatorio di Santa Maria degli Angiolini si trova in un’area urbana fiorentina connotata sin dal XIV secolo dalla presenza di numerosi complessi conventuali, e, se l’edificazione del complesso viene attuata per ampliamenti e ristrutturazioni a partire dal primo Cinquecento, la chiesa è invece un intervento architettonico unitario databile agli anni ’70 del XVI secolo. Aperta alla collettività da sempre, era stata completamente chiusa alla fruizione pubblica in seguito ai gravi danni causati dall’alluvione di Firenze del 1966; riaperta nei decenni seguenti ad uso esclusivamente interno, presentava condizioni generali assai fatiscenti. Come in numerose altre simili oc-

casioni, l’operazione di restauro è stata possibile grazie all’intervento congiunto di molte volontà e risorse, fra queste la Direzione del Conservatorio, la S.A.C.I. (Studio Art Centers International Florence), le Soprintendenze per i beni architettonici e per il patrimonio storico-artistico di Firenze, il coordinamento e la professionalità dei restauratori Stefano Garosi, Alessandro Gori, Riccardo Lorenzini, e l’imprescindibile supporto finanziario dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, un ente ormai tradizionalmente ricettivo nei confronti della valorizzazione dei beni culturali del territorio fiorentino. Dopo un decennio di interventi conservativi che hanno riguardato la struttura architettonica, il corredo plastico e le superfici pittoriche, lo scorso 21 novembre la chiesa è stata riaperta al pubblico; per l’occasione l’auditorium del Conservatorio ha ospitato un simposio dedicato alla storia ed ai restauri del complesso, mentre nella chiesa è stata celebrata la messa “inaugurale”, officiata da Mons. Claudio Maniago, e nel tardo pomeriggio un concerto. Qualche giorno dopo, la mattina del 25 Novembre, sono stati accolti per la visita del manufatto tutti coloro che ne fossero interessati, con un’unica condizione: che gli ospiti fossero disposti a farsi guidare dalle parole e dai gesti degli allievi del Conservatorio, ed a seguirli nel loro personale “racconto” espositivo. Un corpo docente al completo e numerosi ragazzi entusiasti, oltre che in forma smagliante, si sono messi in gioco di fronte ad un pubblico vasto e differenziato, fiduciosi di poter trasmettere le conoscenze acquisite dopo alcune


a degli Angiolini di Beatrice Mazzanti insegnante

ha convinto circa la positività dell’esperienza condotta. Il successo dell’operazione si deve soprattutto agli “attori per un giorno”, ai 76 ragazzi che si sono prestati con tutta la loro voglia di esperienze; alla tradizionale ospitalità della comunità delle Suore di Santa Marta, oltre che alla direzione del Conservatorio; infine al lavoro di coordinamento e supervisione dei docenti della scuola, uniti da una fattiva collaborazione e motivati dall’unicità del percorso formativo, facilitato in questo caso dalle qualità storiche, artistiche ed architettoniche del Conservatorio.

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settimane di preparativi. L’affluenza è stata consistente, a tal punto da dover ricorrere ad almeno due, e talvolta tre, visite guidate ogni ora, rispetto alle tre totali programmate. Nessun sconforto: dietro i sapienti suggerimenti motivazionali ed organizzativi di Suor Mariana, operatori e ragazzi malcelavano l’intima consapevolezza d’esser di fronte ad un bene culturale di tale pregio da inorgoglire chiunque fosse stato chiamato a svelarne la storia. Lo si è appreso chiaramente osservando i volti ed ascoltando i ritmi espositivi dei novelli “ciceroni”, il loro perfetto sincrono, e, con grande sorpresa, la quasi assenza negli stessi di ansie nell’eloquio. Divisi in gruppi e mescolati fra grandi e piccini appartenenti alla scuola primaria e secondaria, hanno illustrato la storia del manufatto e della sua decorazione, fino a spingersi alla descrizione dei contenuti delle opere pittoriche poste sull’altar maggiore, su quelli laterali, delle lunette della volta del coro delle monache, dell’affresco del cenacolo, soffermandosi sui dettagli e sui significati delle rappresentazioni. Di fronte a ragazzi che hanno narrato le vicende del complesso con voci chiare e una certa disinvoltura, gli ospiti hanno mostrato interesse ascoltando in silenzio, con la curiosità dovuta alla conoscenza di un luogo d’arte da molto tempo inaccessibile e sconosciuto ai molti, e col timore d’interrompere una messinscena gioiosa e semplice, un’esecuzione oratoria unica nel suo genere. I ragazzi hanno potuto vivere ed apprendere la storia dell’istituzione scolastica in un modo decisamente non ordinario, ed il bel risultato della giornata di presentazione al pubblico


Premio

“Beato Tomm

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I

l 22 novembre, giorno del ricordo del transito del nostro Beato Padre Fondatore, nella Scuola “Santa Gemma” di Milano è stato consegnato ad alunni di vari ordini di scuola il Premio a lui intestato. L’iniziativa, rivolta ad una sempre più approfondita conoscenza di questo grande Vescovo che ha saputo precorrere i tempi con le sue scelte pastorali, ha unito tutta la comunità educante in una festa gioiosa. Riportiamo le risonanze di due dei ragazzi premiati.

GRAZIE!

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Lampi di luce, boati, urla. Ragazzi che si alzano e si abbassano al tempo del frenetico battito dei loro cuori in festa. Poi silenzio: la Preside che declama i vincitori. E di nuovo su in uno psichedelico girotondo di felicità e di amarezza di quelli che non ce l’hanno fatta ad arrivare fin lì. Respiro affannoso: salgo sul palco e m’inchino a raccogliere l’abbraccio fraterno di tutti quelli che hanno creduto in me. Grazie dal più profondo del mio cuore. Lorenzo Beggiolin - 3 B

Festa e Scuola: stupore ed emozione 22 novembre 2006: una mattina come tutte le altre, tranne l’espressione “particolare” dei miei genitori che mi guardavano con un non so che uno strano sorriso. Io non sapevo niente e non mi aspettavo niente di particolare, ma loro qualcosa già sapevano… Ben consapevole che non sarebbe stata una giornata scolastica come le altre per noi tutti alunni della scuola S. Gemma, tanto meno pensavo potesse esserlo per me. Arrivata in classe, ho trovato un’accoglienza diversa dal solito: c’era qualcun altro che sapeva ciò che io ancora nemmeno immaginavo. Lezione regolare fino alle 10, poi tutti in salone: materna, primaria, medie e superiori. Aria di festa! La nostra Preside, intervistata sul palco dagli


maso Reggio” la Comunità Bovisa

Fulvia Lombardi - 3 A

…Ma la consegna del Premio Tommaso Reggio che ha suscitato maggior commozione e più calorosi applausi è quella a Stefano Lobuono della scuola superiore con la motivazione del merito per i suoi graduali ma notevoli progressi sul piano umano e culturale. Egli con grande emozione ha chiesto di parlare ed è riuscito ad esprimere la sua gratitudine alle Suore, agli insegnanti e soprattutto ai suoi compagni che, con la loro presenza e accoglienza affettuosa, lo hanno aiutato a dare il meglio di sé.

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alunni delle superiori, ha delineato brevemente, ma incisivamente, i tratti salienti della personalità del nostro Padre fondatore, il Beato Tommaso Reggio. Dopo una breve preghiera comunitaria, arriva il momento più atteso da noi ragazzi, l’assegnazione del premio “Beato Tommaso Reggio”. Ecco finalmente tocca alle medie. A questo punto ho visto tra il pubblico mia mamma, così ho intuito che cosa stesse per accadermi. Pochi secondi dopo, sento la Preside pronunciare il mio nome: un attimo di stupita incredulità ed eccomi lì, sul palco accompagnata dagli applausi e accolta da suor Imelda, la Madre Superiora. Un attimo indimenticabile, fantastico, magico, un’ emozione unica come un cielo sereno a primavera!

“Come mai proprio io? Perché non qualcun altro?” A queste domande ho faticato trovare una risposta, la sto cercando ancora adesso… I miei ringraziamenti vanno a tutte le persone che mi hanno sostenuto in questo ciclo di studi: i miei genitori, i miei professori, le “mie” suore, tutti i miei compagni e le mie compagne di classe e… pensandoci bene, in primo luogo, il buon Dio, che mi ha dato dei talenti che, con il sostegno di tutti, sono riuscita a mettere a buon frutto.


In visita alle C di Madre Carla Roggero

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volte ci si ritrova a vivere esperienze così intense, così belle, così toccanti che solo a fatica diventano “traducibili”. Non esagero anzi credo sia successo così a me nel momento in cui ho deciso di raccontare l’esperienza vissuta in America Latina… Mi sono ritrovata infatti ad accorgermi che non mi era facile comunicare quanto ho vissuto durante la mia visita alle comunità missionarie della Delegazione. È bene allora che prima di tutto io dica il mio grazie al Signore e alla Madre Generale per il bellissimo dono che ha segnato certamente la mia vita… e poi la mia gratitudine più sentita va alle carissime Madre Lilian Doll, delegata, alla Madre Ambrogia e a tutte le Suore delle varie comunità che mi hanno accolta con tanto affetto e accompagnata con tanta cura e dedizione nel mio stupendo viaggio. Le bellezze naturali, le persone incontrate, l’abbraccio affettuoso nel quale venivo continuamente avvolta, le sfumature di ogni incontro meriterebbero una narrazione accurata, calda, sentita. Chiedo quindi perdono a chi involontariamente lascerò fuori dal mio dire…ma non dal mio cuore, perché ho portato tutto e tutti con me…e sono carica di valige sovrabbondanti di ricordi. Ci sono però alcuni aspetti significativi di questa parte della nostra Famiglia Religiosa che mi sembrano meritevoli di essere sottolineati.

Ho toccato con mano quanto è forte in Argentina, in Brasile e in Cile il senso di appartenenza alla nostra Congregazione, l’attaccamento affettuoso all’Italia: le Suore in modo particolare, ma anche tutte le persone che lavorano e collaborano con le nostre consorelle, genitori, alunni insegnanti, collaboratori vari, sacerdoti, si sentono parte viva della nostra Famiglia Religiosa. Quante volte ho sentito ripetere le espressioni “il nostro Padre Fondatore” “il nostro carisma” “la nostra Famiglia Religiosa”. E non sono solo espressioni che nascono da un cuore particolarmente sensibile e carico di affetto, perché molto concretamente tutte queste persone, pur con i loro limiti e le loro povertà, vivono e operano con questo spirito. Gli “Amici di Betania” sono una realtà molto vera, concreta, operante con una disponibilità e un impegno straordinari. Ho avuto l’opportunità di incontrare a Santiago circa un centinaio di persone (genitori, professori, collaboratori vari, ex allieve…) appartenenti al gruppo “Amici di Betania”, provenienti da tutte le Case del lungo Cile, accompagnate da una Suora e impegnate in tre giorni di ritiro spirituale. L’ accoglienza che ho ricevuto in ogni comunità è stata straordinaria, forte, calda, espressa con tutta la creatività e la profondità che caratterizzano le persone dell’America Latina, in particolare quelle del Cile: momenti di preghiera, musiche, danze, canti, cori, rappresentazioni teatrali, il tutto preparato con grande cura e tanta dedizione, perché per loro è una grande festa, un onore, un regalo ricevere una visita da consorelle della Famiglia Religiosa che vengono dall’Italia. Ho avuto la fortuna di visitare tutte le case e di conoscere direttamente le varie realtà apostoliche. Mi sono spesso trovata di fronte a migliaia di alunne e alunni, pronti a fare festa per me, ma il mio stupore è andato via via crescendo quando


Pagine aperte

e Comunità dell’America Latina:

ricordi e considerazioni

mai contenti del troppo che abbiamo a disposizione… Più volte mi sono commossa di fronte a tanta vitalità, a tanta dedizione, a tanto entusiasmo e impegno nelle varie realtà comunitarie che ho visitato ho espresso la mia gratitudine al Signore che regala ancora alla nostra Famiglia Religiosa, in questa terra, forze giovani, piene di vita, di speranza per tutte noi, mentre forte e sofferto era il ricordo dell’Italia, della nostra realtà, con le evidenti fatiche quotidiane per rispondere ai bisogni delle nostre attività apostoliche, nonostante la dedizione encomiabile di tante nostre consorelle che giovani non sono più. Ma la certezza che il Signore è sempre con noi ci rassicura. Occorre che con lo spirito di fede di Marta e il coraggio del Nostro Fondatore ci impegniamo a seguire i passi nuovi che Lui ci indica in questo momento storico: da una parte la sollecitazione a ridare vitalità alle opere già esistenti, anche attraverso il sofferto ridimensionamento, dall’altra la richiesta dell’apertura di una nuova missione in Messico, dove la presenza delle Suore di S. Marta dovrà essere il segno dell’ amore preferenziale per i poveri, come ci indicava il Beato Tommaso Reggio: “non ci sarà sorta di infermità che non ci tocchi, nessun bisogno a cui non si provveda, nessuna difficoltà a cui non si soccorra”. Benedetto sia il Signore che mi ha fatto toccare con mano come il carisma della nostra Famiglia Religiosa sia ancora vivo, palpitante e attuale.

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ho scoperto che ovunque la festa era densa di incontenibile riconoscenza verso la Famiglia Religiosa che io rappresentavo. Questo sentimento trasudava ovunque, così come ovunque il Padre Fondatore era nominato con una venerazione e un amore veramente straordinari. La stupenda organizzazione della pastorale giovanile e familiare che coinvolge tante persone, oltre alle Religiose, nell’opera dell’Evangelizzazione…esprime molto bene l’impegno che le Suore di Santa Marta portano avanti in collaborazione con le parrocchie per la costruzione del Regno di Dio e per la cura soprattutto delle famiglie in condizioni più disagiate. Toccante è stata per me l’esperienza vissuta in Argentina e in Brasile, dove le nostre Suore vivono le esperienze drammatiche della gente schiacciata da una miseria senza confini. Servono davvero “i più poveri tra i poveri”e si muovono in mezzo alle capanne, alle baracche, serene, disinvolte e preoccupate del futuro di questa gente che non ha futuro! Esse sono a contatto con situazioni veramente difficili e attraverso mille iniziative che vanno dalla catechesi alla visita ai malati e anziani, offrono Amore e sollievo nel nome di Cristo. Ogni giorno non solo tanti bambini ma anche adulti e anziani, provenienti da queste realtà così povere, trovano una “casa” nelle nostre comunità di Derqui, Villarino, Bonito, Ibiporà… Le Suore con sacrificio, generosità, tanto amore e tanta fantasia, superando mille difficoltà e disagi, provvedono a regalare un po’ di gioia attraverso un sorriso, un po’ di pane, una medicina. Quasi sempre, mentre passavo in mezzo a queste abitazioni, mentre mi avvicinavo a queste persone, ho pensato al nostro mondo “sviluppato”…, a tutte le persone con le quali siamo a contatto, a tutti noi che siamo abituati ad un benessere che non appaga, anzi genera tristezza, perché non siamo


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L’impegno di una vita L

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ascio dopo quaranta anni il mio lavoro all’Istituto degli Innocenti di Firenze con profonda emozione e nel farlo mi fa piacere condividere alcune considerazioni insieme alla mia gratitudine e al mio affetto. L’esperienza di questi ultimi anni ha dato pieno significato alla mia vita personale e professionale. Il contatto e la conoscenza di tante persone incontrate attraverso il lavoro di rete nei vari ambiti istituzionali, ha consentito un arricchimento professionale e umano che ha valorizzato tutto il bagaglio del mio modesto sapere, del mio pensiero, della mia professione. E ora, mentre lascio questo preziosissimo “lavoro”, non lascerò certo quel bagaglio di emozioni, di sapere, di pensiero e di esperienza che fanno ormai parte della mia vita, non solo lavorativa e professionale, ma soprattutto di quella relazionale. Ricordo con gratitudine tutti coloro che, nella “gerarchia” delle responsabilità ho avvicinato e dai quali ho ricevuto sostegno e arricchimento. In tutti questi anni, anche se in tempi e con persone diverse, abbiamo condiviso le inquietudini e le incertezze dei cambiamenti nelle varie fasi della trasformazione dell’Ente così come l’evoluzione del sistema sociale esigeva, ma anche con il fascino e l’entusiasmo del “ nuovo” e con la lungimiranza di non aver mai perso di vista, nella sua espansione e nel suo consolidamento, né il senso, né il significato originario della sua missione. E mentre ripenso ai primissimi tempi della mia esperienza lavorativa non posso non ricordare con profondo affetto e

riconoscenza le Suore di S. Marta, dalle quali, insieme ad altre ragazze siamo state chiamate, giovanissime, a collaborare a questo lavoro. Allora non avremmo mai pensato che, in futuro, quella sarebbe divenuta la nostra professione. Cara Zaira e cara Laura, ora voi siete rimaste le uniche di quella truppa denominata “le ragazze delle suore” a volte un po’ derise dalle colleghe più vecchie che ci consideravano “corpi estranei” che stonavano nella piattezza e nel grigiore in cui erano avvolte. Sì, perché noi eravamo la novità, l’allegria, l’entusiasmo, la freschezza… E alle suore riconosciamo, insieme a una sorta d’austerità nell’approccio relazionale (la spontaneità e la confidenza sono maturate in seguito…) il grande merito di averci insegnato il senso del dovere fatto per amore, la discrezione, la cura per le cose, la puntualità agli impegni e all’orario; tutto questo lo abbiamo imparato ancora prima di avere la preparazione teorica acquisita poi con gli studi, che ci ha permesso poi di svolgere con competenza questo lavoro, meglio questa missione. Scusate questo “Amarcord” ma credo che l’origine di tutto sia proprio qui:


aver incontrato le persone giuste al momento giusto. Ripensandomi in quel contesto mi sembra efficace un’ immagine, quella dei mattoni e delle radici: con i mattoni si costruisce, con le radici si cresce… E per me, oggi, c’è il compiacimento di essere “arrivata” a questo punto della mia vita con la solidità dei mattoni e la linfa delle radici… Permettetemi una nota personale, anzi personalissima. Ringrazio Dio dal profondo del cuore per le persone che mi ha messo accanto, per il dono della fede che mi ha consentito di superare momenti difficili, spesso drammatici, affidando a Lui la mia vita e ogni persona e situazione che ero chiamata a sostenere. Vedete, la fede, per chi crede, è il cuore dell’essere cristiani, ed io mi sforzo di essere una povera cristiana… Questo non mi fa migliore o più brava degli altri… mi aiuta a vedere ciò che mi circonda e quel che succede con una sensibilità e con occhi diversi… Con questo spirito ho cercato, e cercherò anche in futuro con il Suo aiuto, di vivere il mio quotidiano con l’umiltà e la consapevolezza, dopo aver fatto tutto il possibile, di non aver fatto abbastanza. E mentre gioisco, oggi, della vostra presenza e del vostro affetto sento anche il bisogno di chiedervi scusa per le possibili ma involontarie negligenze o disattenzioni che possono aver “offeso” in qualche modo, la vostra persona e condizionato il mio impegno… A conclusione di queste lunghe, ma non esaustive considerazioni, vi rinnovo il mio affetto e la mia gratitudine. E per dimostrarvi il valore che ciascuno di voi ha per me, mi piace pensare ad un “cerchio” poiché ho una certezza: ognuno di voi sa quale posto occupa nel mio cuore, come io so quale posto occupo nel vostro… Vi voglio bene!!!

di Serena

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urante gli incontri degli “Amici di Betania” presso la Comunità delle Suore di Santa Marta, in Bovisa, si approfondisce e si condivide la Parola di Dio per sensibilizzare anche i laici al carisma del Beato Tommaso Reggio e per rendere più evangelica la nostra vita. Quello che caratterizza questi momenti è la semplicità con cui noi partecipanti riusciamo ad essere coinvolti dai relatori che, nei loro interventi, sanno regalare profondi e preziosi spunti di meditazione e riflessione; continuamente ci viene insegnato che far fiorire il seme gettato dalla Parola nelle nostre vite, richiede un’attenta lectio di ciò che la Parola stessa ci suggerisce e un esercizio costante della nostra capacità di discernere quello che ci viene chiesto di attuare nel succedersi dei nostri giorni, per non cadere in un ascolto superficiale che non lascia un segno nelle nostre vite. Le riflessioni guidate dai Sacerdoti e le condivisioni di gruppo ci hanno aiutato a capire che dobbiamo porci in un atteggiamento di ascolto, poiché solo così avvertiremo l’incanto che ci viene dall’Amore così sconvolgente di un Dio che ci chiede di lasciarci cambiare e travolgere da Lui, diventando Egli stesso la risposta alle nostre domande. La figura di Tommaso Reggio ha accompagnato lo svolgersi di questi incontri, talvolta come protagonista in momenti particolari a lui dedicati, sempre come guida che ci invita a lasciarci prendere dalla Bellezza del “vivere immersi in Dio”. L’accoglienza sempre attenta delle Suore ha favorito il crearsi di un clima sereno di partecipazione del cuore e un vero legame come Amici di Betania; infatti, ci viene proposta l’immagine di una casa di Betania che vive il carisma dell’accoglienza attraverso l’apertura, il coinvolgimento e il dialogo con i laici. La gioia dell’incontrarsi e la bellezza del tempo trascorso insieme hanno trasformato in un dono prezioso questo cammino.

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di Margherita Bernoni

Incontrarsi a Betania


Pagine aperte di suor A.B.

Forse sarà bello ricordare... anche questo L

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a Provvidenza quest’anno ci ha riservato un corso di Esercizi spirituali particolarmente singolari. Innanzitutto il luogo che ci ha accolto: la Casa Madre a Ventimiglia, completamente ristrutturata in questi ultimi due anni, dalla Cappella al refettorio, alle scale, ad ogni singola camera, per non dire poi dell’aggiunta dell’ascensore. Arrivate in questo luogo, culla della nostra Famiglia Religiosa, oltre alla consueta commozione da cui si è sempre prese, quest’anno siamo rimaste particolarmente colpite dalla comodità e dal decoro della casa dopo i restauri. Durante i lavori per la nuova sistemazione della Cappella è stata trovata nel vecchio altare la pietra sacra con questa incisione: THO REGGIO EPIS. VINT. C 1878 ad indicare che proprio Lui, il nostro Beato Fondatore, aveva consacrato l’altare. Naturalmente la pietra è stata collocata nel nuovo altare, marmoreo come i rispettivi amboni. L’artistico simulacro della Madonna, illuminata da un fascio di luci, sembra proteggere il Crocifisso scolpito in legno della Val Gardena. Ogni cameretta è stata notevolmente rinnovata in ogni struttura e suppellettile e ogni ospite ne rimane felicemente ammirato. È ovvio che in simile contesto di novità ciascuna delle partecipanti al ritiro, appena arrivata, abbia accolto quasi l’invito particolare ad un efficace rinnovamento interiore, facendo tesoro di quanto la Provvidenza le avrebbe offerto in questi giorni di grazia. In effetti, sia per le Consorelle normalmente ospiti della Casa Madre, sia per coloro che sono venute da fuori, questi Esercizi si sono svolti in un clima di serena fraternità, in una mirabile armonia fra il ricordo del passato, la riflessione sul presente, la prospettiva del futuro. Infatti il luogo che ci ha normalmente accolto per l’ascolto del predicatore conserva ancora il nome originario di “lavorerio”. Qui le nostre prime Consorelle si raccoglievano per gli incontri comunitari, e spesso ricevevano la gradita visita del Beato Fondatore, che offriva loro i suoi preziosi insegnamenti.

Come non essere interiormente toccate da questo ricordo e non essere sollecitate a raccoglierne l’eredità? L’Enciclica di Papa Benedetto XVI “Deus Caritas est” è stata il filo conduttore cui hanno fatto riferimento sia il Padre nelle sue riflessioni che la Madre nell’incontro introduttivo. A proposito dei testi del P.F., è stato rilevato con quanta efficace attualità egli abbia presentato il cammino della santità alla quale tutti siamo chiamati. Il Sacerdote, che già conosceva questa Comunità, tenendo conto dell’età delle ascoltatrici, non ha tralasciato di presentarci la terza età come il “bell’autunno della vita”, come dono di Dio e tempo di vera crescita. Il Predicatore ha poi ricordato il Papa Giovanni Paolo II di veneranda memoria, il quale, oltre ad avere indirizzato una lettera alle persone anziane (di cui è stato letto qualche passo significativo), è stato Egli stesso un Testimone esemplare. Ciascuna di noi ha poi interiorizzato ciò che ha ritenuto maggiormente idoneo alle sue necessità. Sollecitate dall’argomento abbiamo ricercato tra i Salmi alcune espressioni riguardanti il tema, da usare come preghiera frequente nel corso della giornata. Al termine delle giornate di ritiro, abbiamo manifestato con gioia la nostra più sincera gratitudine all’Autore di ogni bene e abbiamo pregato insieme il Signore con le parole del Salmo:

“Sei Tu Signore la mia speranza e la mia fiducia fin dalla mia giovinezza. Non mi respingere nel tempo della vecchiaia non abbandonarmi quando declinano le mie forze”. (Sl.70)


Ospitalità e accoglienza nella Comunità Educativa “E. De Sortis”

Grazie Signore “Suonerò per te le dieci corde dell’arpa” La comunità parrocchiale di Cirimido (Como) ha solennemente festeggiato Suor Giovanna Rizzi nel suo 50° di Professione Religiosa. È stata una cerimonia molto sentita e partecipata dalla popolazione, in un contesto religioso già di per sé estremamente importante quale la solennità del Corpus Domini. Nel corso dell’omelia il Parroco, Don Giuseppe Zanzi, ha ben saputo collegare la festività liturgica alla fedeltà alla vocazione religiosa, sempre più rara in questi tempi di estremo individualismo e consumismo. “Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode” Suor Giovanna ha rinnovato di fronte alla Comunità i voti religiosi aggiungendo poi una preghiera di ringraziamento che ci piace qui trascrivere. La giornata si è poi conclusa con la processione col Santissimo Sacramento. Signore, la gioia mi invita al canto “Suonerò per te le dieci corde dell’arpa” (sl.44) Hai soffiato sul mio viso e ne è nato un sorriso, hai soffiato sul mio cuore e ne è nato amore: ora canto con Te, mio ospite e amico, sposo delle anime a te consacrate. Dopo cinquant’anni sono ancora qui: dono e donazione. Ho amato le corsie del dolore in un corpo malato, piagato, stanco e cadente. Ho sorretto le ginocchia vacillanti ho imparato a contare i miei anni. Ora rinnovami nella mia vitalità. Ti ringrazio, Signore, e con me la moltitudine dei volti che hanno incrociato i nostri passi, stretto le nostre mani, unito i nostri sentimenti e condiviso le gioie, pur nelle sofferenze, nonché le speranze fiorite dalle delusioni. Ora nella gratitudine insieme a familiari, amici e conoscenti ti preghiamo: Vieni ancora ,o Signore, ad abitarci! La Comunità parrocchiale

Ti ringrazio Signore, per il mio esser qui dove io non ho scelto e dove Tu mi aspettavi per aprirmi alle tue novità sorprendenti! Tu sei Bellezza e sai mostrarti, a volte, oltre ogni mia aspettativa, nel più impensato dei modi… La Tua Bontà mi sfiora ad ogni istante inducendo lo spirito allo stupore gioioso, alla sorpresa per l’inaspettato nel consueto di ogni giorno. Ti percepisco all’alba, nel dono della Tua presenza eucaristica, sotto lo sguardo della Tua Mamma tutta misericordiosa. Svegli la mia meraviglia col profumo delle cose buone… quando mi fai sentire attesa nelle premure di chi mi viene incontro nel primo saluto del mattino La Tua Provvidenza prevale sulla mia noncuranza quando mi rendi attenta a un passerotto affamato che aspetta a distanza le briciole di pane rimaste per prenderle nel suo becco e portarla ai suoi figli e fratelli passeri… Mi aspetti sulla porta per chiedere un gesto di comprensione e di gratuità verso la ragazza sconsolata che mi racconta la sua pena di oggi Mi domandi amore per la bambina bosniaca che mi guarda con i suoi occhioni parlanti mentre le ravvio adagio i capelli scomposti e qui, togliendomi dalle mie solite sicurezze, tu rispondi alle mie aspirazioni in un modo totalmente diverso dalle mie solite visuali sei… NUOVO!!! Sai stupirmi SEMPRE! In questo tempo a Viareggio, nell’Istituto “De Sortis”, mi metti davanti suore straordinarie nella loro semplicità, suore cariche di materno e responsabile amore per ogni Creatura che viene accolta ed amata in questa Comunità Educativa; spesso mi fai toccar con mano che, oltre ogni ragione, tempo e misura, queste suore si prodigano spendendo in contanti la loro vita per Tuo amore attraversando momenti difficili, spesso nell’indifferenza e nell’ingratitudine…! Grazie Signore! L’aria di questo angolo di mondo è respirabile e fiorita mentre osservo Educatori ed Educatrici, pronti e solleciti oltre orari e convenzioni, nel soddisfare con intelligenza e generosità in piena collaborazione con le suore, le richieste e le necessità di ciascuno. Grazie Signore per tutto questo Bene sui miei passi, per ogni persona incontrata come tua Suor Cornelia Macina


Pagine aperte di Sab

L’importante è seminare D

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urante l’estate appena trascorsa, in alcune nostre comunità si sono verificati avvicendamenti di Religiose, per cui in ogni realtà si sono celebrate liturgie di ringraziamento per il servizio apostolico da esse svolto, seguite da momenti di convivialità e di scambi di saluti. A Sesto Fiorentino, dove le Suore di S. Marta da molti decenni offrono la loro collaborazione alla preziosa Opera della Misericordia, domenica 27 Agosto le due Religiose chiamate dall’obbedienza ad altro servizio apostolico, durante la S. Messa hanno ricevuto molte attestazioni di gratitudine e di stima, sia da parte di tutta la popolazione che in particolare nella persona del Pievano e del Governatore della Misericordia. Il Parroco ha accompagnato le sue espressioni verbali con un dono: un Crocifisso, riproduzione di quello gigantesco che troneggia sopra l’altare della Chiesa Parrocchiale di Sesto Fiorentino. Particolarmente significative sono state alcune espressioni dette dal Governatore della Misericordia quali “Questo ovviamente non sarebbe niente, se alla base di tutto non fosse presente il vostro aiuto nella preghiera” e “vi esprimo un sincero ringraziamento per quello che fate, soprattutto per il sostegno spirituale che ci offrite”. Ciò mi ha richiamato alla mente quanto una Consorella, che recentemente ha vissuto un trasferimento, mi ha mostrato in una lettera di commiato ricevuta: “In questi lunghi anni insieme non ci ha mai fatto mancare il suo apporto discreto di serenità, operosità e generosità in

cui il clima lavorativo era più teso e ci ha sempre proposto una dolcezza di toni che è, soprattutto, un modo nuovo per affrontare la vita. Spesso, presi come siamo dalla vorticosa quotidianità delle cose, ci lasciamo sfuggire quelle più importanti che Lei ci ha costantemente proposto e insegnato, non a parole, ma con l’esempio. Riflettendo su queste espressioni di fratelli laici, certamente si è ulteriormente sollecitate a dare in semplicità la nostra gioiosa testimonianza di vita, memori sempre che “verba volant, exempla trahunt”.


Con l’affetto della memoria Carissime, con dolore vi comunico che oggi nella Casa di Delegazione in Santiago (Cile) si è spenta Suor ARGENTINA BERTUCCELLI nata a Viareggio (Lucca) il 18 luglio 1926, entrata in Congregazione il 18 aprile 1945, per consacrarsi il 15 ottobre 1947. Ha chiuso così la sua esistenza terrena nella terra cilena che amava molto e che era diventata ormai la patria di adozione. Nel febbraio del 1950 era partita dall’Italia carica di entusiasmo e di voglia di bene per la missione che il Signore le avrebbe affidata. Durante i lunghi anni del suo impegno apostolico in questo lontano paese dove i bisogni materiali e spirituali erano immensi nulla aveva lasciato di intentato per mettere a frutto i talenti che il Signore le aveva regalato: era passata nelle case che via via erano state aperte accogliendo con umiltà e serena disponibilità di fronte all’obbedienza i più vari servizi (responsabile della comunità, insegnante nelle scuole, catechista…). Nel corso dei dieci anni trascorsi a Pergamino, in Argentina, era vissuta accanto ai ragazzi in difficoltà, esasperati perché privi di tutto e con tutte le sue possibilità si era spesa perché vivessero serenamente impegnati in vista del loro futuro e soprattutto aveva cercato di muovere i loro cuori al bene. Generosa e laboriosa, quando le forze cominciarono a venirle meno, aveva continuato a Valparaiso, ad “inventare” qualcosa da fare che

fosse a favore di tutti e con quello spirito di carità che l’aveva sempre animata. Affidiamola a Dio e chiediamole di intercedere per noi il dono di servire sempre con generosità la Chiesa e la nostra Famiglia religiosa. Aff.ma Madre ANTONIA DEI

Despedida a sor Argentina Querida Madre Lilian Doll, carissima Madre Ambrosia, queridas hermanas de las diferentes Comunidades que hoy nos acompañan, queridos Profesores de los Colegios de Vallenar, Valparaíso, Quinta de Tilcoco, queridos Padres y Apoderados que nos honran con su presencia, queridas alumnas, amigos todos. La Familia Bertuccelli Franceschi vio nacer a su hija mayor Albamarina, un cálido día de Julio en la hermosa ciudad de Viareggio, cuyas características geográficas se asemejan al paisaje porteño que vio sus últimos días. Esta feliz coincidencia nos hace pensar que Dios plasmó el alma de Sor Argentina con las características del inmenso mar que cautivó su vida. Sus padres le pusieron por nombre Albamarina como queriendo expresar “un despertar en el mar” y desde el día de su Bautismo la gracia de Dios sembró en su corazón anhelos de plenitud, búsqueda de horizontes amplios, abiertos, lejanos, y deseos de donación generosa más allá de las aspiraciones comunes de quien consume su vida en el lugar que Dios la colocó. Desde niña amó la Iglesia que frecuentó asiduamente en los

oratorios semanales dirigidos por las Religiosas de Santa Marta, en su ciudad natal; estos propicios momentos le permitieron abrir su corazón a la llamada divina, y cultivar su vocación misionera que más tarde desplegaría en Chile y Argentina, países que recibieron su incansable servicio y que fueron amados por ella como su propia Patria. Hoy, Madre Ambrosia, quien compartió con ella su Noviciado en Italia, Madre Lilian que representa a nuestra querida Madre General, nosotras sus hermanas, especialmente las religiosas de la Comunidad de Valparaíso, y todos quienes la conocieron más de cerca, agradecemos a Dios por el regalo de su vida y con el corazón colmo de emoción le decimos: • Gracias, Sor Argentina, por su entusiasmo y alegría, que nos transmitió como reflejo de su paz e integridad interior. • Gracias, por su amor a la Iglesia, a nuestra Amada Congregación, a la Patria que la vio nacer y a las que recibieron su fecundo apostolado: Chile y Argentina. • Gracias, por su amor a la niñez, y a la juventud, que junto con recibir sus lecciones de maestra, fueron testigos de su amor, orientación y ejemplo de vida.

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Roma, 31 agosto 2006


Con l’affetto della memoria

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• Gracias por haber puesto al servicio de tantas personas las cualidades manuales con que Dios la enriqueció, mención especial merece el Taller “Amigas de Santa Marta” de Valparaíso, a quienes diariamente, junto con guiarlas con manos de oro, embellecía sus almas con sabios consejos, despertaba en sus corazones agradecimiento por la vida, les ayudaba a transformar el dolor en plegaria y aceptación de la voluntad de Dios. • Gracias, Sor Argentina, por el ejemplo con que aceptó la difícil y dolorosa enfermedad que la afligió, durante estos últimos tres meses; continuamente fuimos testigos de su serenidad, valentía y conformidad con el querer de Dios. Fue probada en su fortaleza física sin que se quebrantara; fue probada en su actitud orante sin que en el silencio de su mal, se interrumpiera; y por último, fue probada en sus talentos sin que su inmovilidad le impidiera preocuparse de las personas con que trabajaba. Adiós, Sor Argentina, estamos tristes, porque no está con nosotros, pero también sentimos alegría porque tenemos la certeza que se encontró con Jesús, el único amor de su vida, con la Virgen a quien no solo Ud. diariamente invocaba, sino que también invitaba a otros a rezar. Adiós, Sor Argentina, fue precioso el tiempo que compartimos con Ud. y sabemos que desde el cielo velará por nosotras sus hermanas y por todas las personas que se han congregado a despedirla; sienta el cariño desde el fondo de nuestro corazón, y la convicción de que Ud. siempre estará en medio de nosotros. Querida, Sor Argentina, ¡Descanse en paz! Sor Alejandra Segovia

Roma, 5 settembre 2006 Carissime, oggi, dalla casa di infermeria di Querceto di Sesto Fiorentino, il Signore ha chiamato la carissima Consorella Suor CECILIA CAGNONI per introdurla nel regno della beatitudine. Nata a Foresto Sparso (Bergamo) il 12 febbraio 1908, è entrata in Comunità il 4 ottobre 1930, e ha emesso la Professione l’11 dicembre 1933. I suoi molti anni consacrati al Signore nella nostra Famiglia religiosa sono stati fecondi di bene in ogni luogo dove l’obbedienza l’aveva destinata, in ogni servizio da lei svolto con umiltà e generosità. La ricordiamo infatti come attenta guardarobiera, precisa e ordinata nel gestire il suo lavoro, sempre desiderosa di far contente le consorelle. Anche tanti bambini hanno goduto delle sue premurose attenzioni nei collegi dove, senza risparmiarsi, Suor Cecilia ha cercato sempre di creare, per loro, privi di tutto, quel clima di ordine e di pulito che li potesse aiutare a riconciliarsi un po’ con la vita. Quando le forze le sono venute meno si è impegnata con l’offerta e la preghiera per raggiungere le persone per le quali si era tanto spesa. Ha trascorso così una lunga permanenza nella casa di infermeria testimoniando la sua adesione alla volontà del Signore finché Egli l’ha invitata a raggiungere la cara sorella Suor Camilla per condividere la

contemplazione della bellezza del suo volto glorioso. Affidiamola al Signore con tutte le consorelle che ci hanno preceduto implorando che intercedano per noi una fedeltà genuina che non venga mai meno per tutta la vita. Aff.ma Madre ANTONIA DEI

Una presenza preziosa Il ricordo affettuoso che conservo nel cuore per Suor Cecilia risale alla mia infanzia. Durante la guerra ero insieme alle Suore di Santa Marta a Vighizzolo con un altro bimbo, Lucianino, e Suor Cecilia si occupava della cucina; quando faceva il pane, modellava la pasta avanzata (sono certa che ne faceva di più perché avanzasse) a forma di bambola per me e di aeroplano per lui. Questo


Suor Damiana

Roma, 26 ottobre 2006 Carissime, con pena, ma sempre con serena accettazione dei disegni di Dio, comunico a tutte le comunità che oggi, nella casa di delegazione in Santiago (Cile), è deceduta la carissima consorella Suor LUCIANA ARCHETTI nata a Rodengo Saiano (Brescia) il 5 agosto 1926, entrata in comunità l’8 maggio 1947, professa dal 31 ottobre 1949. Giovanissima, nel 1950, partì animata da grande entusiasmo per la missione in Cile dove intraprese da subito un’attività intensa di apostolato mettendo a frutto tutte le sue risorse di mente e di cuore nell’intento di far giungere il messaggio evangelico – insieme alle consorelle – con iniziative caritative. Così, dopo soli tre anni, fu fondata, a Coltauco, un’opera di assistenza educativa e scolastica che richiese tenacia, coraggio e tanta fede, per superare tutti i problemi e le difficoltà di chi non ha mezzi per attuare i suoi progetti, ma, con lo sguardo e il cuore fissi sulla sofferenza umana, li affida alla Provvidenza e non lascia nulla di intentato per realizzarli. Fu così che la scuola “Amada Sofia Garcia” potè accogliere e far crescere nella conoscenza dei valori umani e religiosi tante persone, come hanno testimoniato ai funerali di Suor Luciana le sue numerose ex alunne e tutti coloro che avevano conosciuto quanto fosse grande il suo cuore nonostante l’apparente “rudezza” e l’intransigenza del suo carattere. Dopo dieci anni fu trasferita nell’opera scolastica di Vallenar

per insegnare matematica e svolgere compiti amministrativi. Successivamente fu a Valparaiso come direttora del Liceo Juana Ross De Edwards e al sud del Cile, a La Union. Ritornò infine a Coltauco dove trascorse i suoi ultimi anni di vita. Quando con l’età e la malattia fu costretta ad abbandonare l’attività apostolica in modo diretto, si dedicò alla costante ricerca del Signore e alla contemplazione, ma non tralasciò di seguire la crescita dei bambini che le passavano accanto con amore e lo sguardo attento godendo dei loro giochi e delle loro monellerie. Ringraziamo il Signore per questa consorella che ora riposa in terra cilena, paese che ha tanto amato e ha sempre considerato sua seconda patria. Certamente da lassù ci guarda e manda e implora su di noi le benedizioni del Signore, suo unico amore.

Aff.ma Madre ANTONIA DEI

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ci procurava una grande gioia e le eravamo sempre intorno quando le altre Suore erano occupate. L’ho incontrata di nuovo, dopo quasi vent’anni, a Settignano dove arrivai da Novizia . A quei tempi si occupava del guardaroba con la precisione che la caratterizzava e mi sembrò di riallacciare un rapporto mai troncato nonostante il passare del tempo. Mi insegnava tante cose e ci teneva che fossi una “brava” suora. Era molto sensibile e semplice e godeva di ogni delicatezza di cui la si faceva oggetto. Ricordo che qualche volta in comunità le raccontavano fatti o avvenimenti palesemente assurdi e lei, che era portata a credere a tutto, aveva con me un tacito accordo per un cenno che l’aiutasse a non fare “brutte figure”. Pregava molto anche quando lavorava e in guardaroba proponeva sempre di recitare il Rosario e le preghiere proprie di noi Suore di S. Marta: per i sacerdoti, per il Papa, per la Congregazione. Parlava sempre del suo paese, Foresto Sparso, sulle colline bergamasche, e noi le dicevamo che lassù non c’era luce elettrica né acqua in casa e allora ci invitava ad accompagnarla, quando sarebbe andata in famiglia, per constatare che lassù c’erano tutte quelle “comodità”. Quando le facevo visita durante la sua lunga permanenza a Querceto, parlavamo di Suor Camilla: gli occhi le si illuminavano ed esprimeva il desiderio, quando il Signore l’avrebbe chiamata a sé, di essere sepolta vicino a lei, ai genitori e all’amato fratello nel piccolo cimitero di Foresto. E questo desiderio è stato esaudito. Dico grazie al Signore per il dono di questa consorella e gli chiedo di accoglierla fra le sue braccia amorose nella schiera dei piccoli e dei semplici che sono i suoi prediletti.


Con l’affetto della memoria

Unidos en el amor y también en el dolor El Señor Jesús, nos ha vuelto a reunir en este templo, donde Dios Padre y María Santísima, nos han acogido con tanta ternura. En este templo, donde Santa Marta y Monseñor Tomás Reggio, se hacen presente, nuevamente, en nuestras vidas. En este templo, donde hemos compartido profundos momentos de emoción. Emociones, que han remecido el corazón en la familia de Santa Marta. ¡Aquí estamos señor, nuevamente, para hacer tu voluntad!

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No es fácil Señor, no es fácil... En un corto período de tiempo, hemos despedido con profundo dolor, entrañable amor y gratitud a nuestras amadísimas hermanas Madre Celestina Erba y Sor Argentina Bertuccelli. Hoy lo hacemos con nuestra queridísima Sor Luciana Archetti, quien ya descansa en los brazos del Padre. Ciertamente, hemos visto partir tres grandes mujeres; a tres religiosas italianas que vivieron para el Amor y por el Amor, y es en esa dimensión, que hoy descansan, en el Amor, en el único y más grande Amor de sus vidas: Cristo Jesús. Muchas generaciones podrán afirmar hoy, que cada una de ellas tenía un sello personal, que fueron imprimiendo durante sus vidas y, que mucho de lo que hoy somos es gracias a ellas. Sor Luciana, educaba con amor, sí, con mucho amor, pero con un amor disciplinado, con la convicción de un corazón recto de un corazón enamorado, enamorado de Cristo, enamorado del Amor… enamorado de Amor.

La partida de nuestras hermanas, debe necesariamente llevarnos a hacer un alto. Hacer un alto, es reflexionar, es guardar silencio, es llorar, es fijar la mirada en Cristo, y poder decir con gozo: ¡Aquí estamos señor, nuevamente, para hacer tu voluntad! Queridisíma Sor Luciana: El Liceo Juana Ross de Edwards, se une a la oración, por el eterno descanso de su alma y hace presente su gratitud, por todo cuanto entregó a nuestra comunidad y muy especialmente, a la vida de cada uno de nosotros. La recordaremos siempre, como ejemplo de educadora y desde el cielo, seguiremos escuchando, ahora, el susurro de su voz que al oído nos recuerda: “CON AMOR PROFESOR, CON MUCHO AMOR, PERO CON UNA AMOR DISCIPLINADO” Querida Sor Luciana, descansa en paz. Cecilia Escobar Valparaíso

Carissime consorelle suor Argentina e suor Luciana Non vogliamo turbare la vostra pace. Abbiamo il cuore gonfio di pianto che tratteniamo a stento: non credevamo di amarvi cosí tanto e ce ne accorgiamo solo adesso che non ci siete piú e la nostra fantasia vi incontra ad ogni passo, specialmente quelle di noi che hanno avuto la fortuna de avervi come madri e sorelle nelle nostre comunitá del Chile e dell’Argentina. Carissime, davanti all’ombra e al

mistero della morte, ogni parola scolora, cade ogni posa e solo ci resta il pianto e il solco della nostra verità. Perdonateci dunque, consorelle carissime, se turbiamo la vostra pace con parole spoglie di bellezza, però voi conoscete che quando il dolore è così forte non si può che balbettare. “Essere segno di Dio per il mondo” é stato il piú squisito esempio che ci avete lasciato come ereditá, Carissime Suor Luciana e Suor Argentina ora di lassú vedete cos’é questa vita, in quale ansia trascorrono i nostri giorni e in quale lotta sempre piú aspra siamo impegnate, soprattutto di fronte a una Vita religiosa che non affascina piú le giovani generazioni, intercedete per noi presso Dio, insieme al nostro Beato Fondatore, il dono della fede, anima e forza della nostra vita di consacrate. Suor Stefania Valenti

Roma, 3 dicembre 2006 Carissime, oggi, nella Casa di Pisa, è deceduta la carissima Consorella Suor ROSARIA MARZAN nata a Bardolino (Verona) il 25 luglio 1924. Era entrata in comunità il 25 settembre 1950 e aveva emesso i Voti il 1 novembre 1954. Se n’è andata serenamente dopo aver ricevuto il conforto dell’olio degli infermi e aver sorriso a coloro che le stavano accanto e si prendevano cura di lei quasi volesse sollevarle dalla tristezza del distacco. Nell’ultima malattia insieme con le Suore si sono prese cura affettuosa di lei anche le ragazze, ospiti del nostro pensionato universitario, le quali l’hanno circondata di mille


Quando poi la malattia ha preso il sopravvento sulla fragilità della sua costituzione fisica è stata capace di abbandonarsi alla volontà del Signore che la associava alla sua croce per purificarsi e offrire la sua sofferenza per tutte le persone care e, in particolare, per la sua famiglia religiosa che ha sempre servito con docilità e dedizione. Alla sua dipartita la Comunità di Pisa ha dichiarato la propria riconoscenza al Signore per avere potuto accompagnare Suor Rosaria al felice trapasso: tutte sono rimaste toccate da questa positiva esperienza e dal comportamento umile e sereno della Consorella mentre attendeva l’incontro con lo Sposo. Preghiamo per lei e chiediamole di intercedere per noi presso il Suo e nostro unico Signore.

Aff.ma Madre ANTONIA DEI

Ricordando Suor Gabriela Barsotti Il ricordo di Suor Gabriela non si è mai allontanato dal mio cuore, ma oggi è particolarmente vivo. Infatti sono qui davanti al Signore nella Cappella di Querceto e mi sembra di vedere Suor Gabriela in ginocchio con il capo chino per adorare quel Dio che sempre ha servito con genuina generosità. Ripenso con il cuore colmo di gratitudine, ma anche con un po’ di nostalgia, alle giornate trascorse con lei. Ricordo il suo sorriso, la sua pazienza, i piccoli ma preziosi gesti di gentilezza: una caramella, un po’ di crema per le mani screpolate, un bigliettino d’auguri e soprattutto una parola buona che consolava e dava serenità. Qualcuno considera la casa di Querceto come l’anticamera della morte ma io non condivido questo

pensiero e la considero invece l’anticamera del Paradiso. Durante la mia permanenza a Querceto non mi sono mancate fatiche e difficoltà, ma l’esempio di Suor Gabriela, la sua presenza semplice e rassicurante mi ha aiutato non solo a superarle ma anche a capire che nulla ci può togliere la serenità che viene da un cuore che ama gratuitamente e si dona in un servizio generoso, vedendo nella consorella, bisognosa di tutto, il Signore. Quando tornavo a far visita alle ammalate mi accoglievi con amore, dicendomi che ti mancava il mio saluto mattutino e mi facevi partecipe della tua vita fatta di gesti sempre uguali ma sempre nuovi, perché dettati dall’amore grande che nutrivi per ogni sorella affidata alle tue cure. Vorrei essere poeta per tradurre in versi i sentimenti del mio cuore e i pensieri della mia mente. Ti voglio sempre un gran bene, Suor Gabriela e sento tanto la tua assenza… Sono sicura però che mi accompagni dal cielo dove continui a usare la tua corona del Rosario per tutte noi. Il tanto che ho imparato da te si può sintetizzare in questa espressione: “La profezia delle mani… finché bastino le forze”. Con tanto affetto e gratitudine Suor M.G.

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attenzioni fino alla fine. Suor Rosaria si è fatta amare da tutti nella sua vita fatta di cose semplici e buone che lei sapeva “condire” sempre con un pizzico di buon umore e di una particolare arguzia. Aveva infatti la capacità di rasserenare la vita comunitaria e di renderla leggera e distesa anche quando al suo orizzonte c’era qualche nube di tristezza: Suor Rosaria, infatti, ha sofferto sempre di malferma salute che tuttavia non le ha impedito di svolgere vari impegni soprattutto quello di educatrice nella scuola materna. I suoi bambini, ormai grandi, la cercavano ancora per godere un po’ della sua mitezza e del calore del suo affetto rimasto intatto come una volta e durante la malattia molti l’hanno confortata con la loro presenza e le hanno fatto sentire la loro sincera riconoscenza. A Pisa, dove ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita, finché le sono bastate le forze, ha svolto il servizio di accoglienza tra le universitarie con le quali ha mantenuto sempre un tratto di benevola familiarità accompagnata da buone parole e saggi consigli.



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