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La casa del sorriso

Entrando nella Casa Divina Provvidenza di Chiavari, mi ha colpito lo stile e l’eleganza della struttura, che raramente si trova negli alberghi a cinque stelle: ampi saloni arredati in autentico stile ottocentesco, con pavimenti a specchio, come nobile dimora. Nella camera con bagno, ricchezza di mobilio e biancheria, quasi stanza di casa. Sì, tutto è davvero perfetto, come il sorriso delle Suore che mi hanno accolto. Ma… il mio cuore si fa piccolo… per mancanza di aiuto domestico, devo lasciare la mia casa per due mesi. A novant’anni non è facile cambiare le proprie abitudini! Il mio sguardo è attratto da un lindo tavolo su cui vi è un moderno televisore e un libro. I libri mi hanno sempre attratto, per cui lo prendo subito in mano e lo sfoglio. Provo un tuffo al cuore! Rivedo la foto della mia cara amica Maila Gerbore (Amalia, pronipote del Beato Reggio) che la ritrae con il Papa Giovanni Paolo II durante la Beatificazione del Fondatore delle Suore che mi ospitano. Infatti sul comò della casa di Maila, c’era la foto dell’Arcivescovo di Genova, Tommaso Reggio. Quando morì la sua sorella, il Reggio non esitò a prendersi cura del nipote rimasto orfano, quest’ultimo era il padre di Maila!

Quanti ricordi! Questo mi ha fatto sentire che la Casa Divina Provvidenza poteva essere anche la mia casa! E così è stato. L’affetto delle Suore, sono stata coccolata quasi come una figlia e persino, qualche volta, ho ritrovato con commozione nei loro gesti, nelle loro parole, le attenzioni di mia mamma – sempre nell’alone di quel caldo sorriso che allieta tutti gli ospiti, specialmente gli anziani trattati con amichevole cura. Più con le parole, con servizi, queste Suore comunicano attraverso il sorriso la sensazione di essere ognuno a casa propria. Veramente speciali queste Suore sempre in movimento, ognuna con il suo compito: dispongono tutto con incredibile ordine e precisione. Con la stessa disinvoltura lavano i pavimenti, rifanno i letti, servono a tavola e…. vanno in classe ad insegnare. Esperte in ogni mansione, trovano il tempo, tra una faccenda e l’altra, di fare una corsa in Cappella: una Ave Maria, un sorriso a Gesù e via di nuovo al lavoro. Questo mi ha fatto molto meditare. Ma leggendo la vita del loro Fondatore, (che avevo sempre considerato come una persona di famiglia) ho capito: lavoratore indefesso, aperto ad ogni attività, per diventare Santo ha percorso la terra ignorando se stesso per darsi totalmente agli altri. Così ha saputo trasmettere il suo messaggio alle Figlie che tali sono veramente. Non mi ha affatto meravigliato, perciò, la voce che correva tra gli ospiti: “Se fossimo governati da questa Superiora con queste Suore, l’Italia sarebbe il primo paese del mondo”.

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di Beba Badaracco Chiavari

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