notiziario delle suore di santa marta
Editoriale 3 Editoriale
la Redazione
Spiritualità e carisma 12 Vita comunitaria: realizzazione del primo progetto
Parola di Dio
suor Anita Bernasconi
14 «Notte di veglia fu per il Signore»
4
La rivelazione di Gesù a Cana
suor Claudia Valdés e suor Maria José Casanova
Mons. Claudio Doglio
16 Intimità con Gesù: un camminarsi dentro
Attualità 6 Per dialogare occorre “apertura del cuore”
suor Damiana
Ricordare e... vivere 10 Beato Tommaso Reggio: Uomo paziente
le Juniores
La parola a... Madre Carla 18 Le nostre periferie
Frammenti di santità 20
Mons. Tommaso Reggio
suor Luisa Carbone
In missione 21 Testa o cuore?
suor Anita Bernasconi
24 Seminatori o seminaristi?
alunni ed educatori
27 È Natale... e noi ci siamo
una mamma
28 Ambiente, scienza, teatro
M. Melica
30 Benvenuto futuro!
le insegnanti
32 “Ricordati...” 100 anni di Miracoli
le Suore della Comunità
36 Continua... il progetto presepe
Notiziario delle suore di santa marta
una mamma
Pagine aperte 37 Grazie mamma Maria
le Suore della Comunità
Via V. Orsini, 15 00192 Roma
38 Al “Santa Marta”... 50 anni dopo!
suor Alessandra
Quadrimestrale Anno LXXXV
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Ma la Provvidenza lo voleva Pastore...
Redazione suor Alessandra F., suor Damiana, suor Stefania, suor Maria Pia, suor Mariana Suore di Santa Marta Via Montenero, 4 - 22063 Vighizzolo di Cantù (CO) Tel. 031.730159 camfede@istitutosantamarta.org Stampa Àncora Arti Grafiche - Milano Progetto grafico In.pagina di Bergamaschi Fabio www.studioinpagina.it
41 Nuovo anno
la Redazione
Con l’affetto della memoria 42
suor Emilia Berti; suor Maura Romagnone
42 Carissima suor Emilia
suor Damiana
Editoriale
La Redazione
“Un augurio di pace” una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale…” “Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia, in altre parole realizzando la promessa della pace…” “Chi è animato da questo sguardo sarà in grado di riconoscere i germogli di pace che già stanno spuntando e si prenderà cura della loro crescita. Offrire a questi fratelli una possibilità di trovare quella pace che stanno cercando, richiede però una strategia che combini quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Accogliere - La Scrittura ci ricorda: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”. (Eb 13,2) Proteggere - Dio non discrimina: “Il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l’orfano e la vedova”. (Sl 146,9) Promuovere - “Amate dunque lo straniero perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto”. (Dt 10,18-19) Integrare - “Così dunque voi non siete più né stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef 2,15) Scriveva San Giovanni Paolo II: Se il sogno di un mondo di pace è condiviso da tanti, e noi vogliamo essere tra questi, l’umanità può divenire più famiglia di tutti e la nostra terra una reale “casa comune”. “Preghiamo dunque e impegniamoci perché il Signore conceda a noi tutti di sperimentare che un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace”!
3 Camminando con fede 3/2017
Desideriamo ripercorrere con voi il Messaggio che Papa Francesco ha inviato al mondo in occasione della LI Giornata della pace 2018, un augurio di pace a tutte le persone e a tutte le nazioni della terra! “La pace” è un’aspirazione profonda di tutte le persone e di tutti i popoli, soprattutto di quanti più duramente ne patiscono la mancanza. Tra questi, che porto nei miei pensieri e nella mia preghiera, voglio ancora una volta ricordare gli oltre 250 milioni di migranti nel mondo, dei quali 22 milioni e mezzo sono rifugiati. Questi ultimi, come affermò il mio amato predecessore Benedetto XVI “sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace. Per trovarlo, molti di loro sono disposti a rischiare la vita, a subire fatiche e sofferenze, ad affrontare reticolati e muri innalzati per tenerli lontani dalla meta.” “Con spirito di misericordia, abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale.” “Accogliere l’altro richiede un impegno concreto, una catena di aiuti e di benevolenza, un’attenzione vigilante e comprensiva, la gestione responsabile di nuove situazioni complesse che, a volte, si aggiungono ad altri e numerosi problemi già esistenti, nonché delle risorse che sono sempre limitate. …Inoltre in molti Paesi di destinazione si è largamente diffusa una retorica che enfatizza i rischi per la sicurezza nazionale o l’onere dell’accoglienza dei nuovi arrivati, disprezzando così la dignità umana che si deve riconoscere a tutti, in quanto figli e figlie di Dio…” “Vi invito a guardare con fiducia queste realtà. La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo parte di
Parola di Dio
La rivelazione di Gesù a Cana di mons. Claudio Doglio
L’
Epifania del Signore comprende non solo la rivelazione ai popoli che giungono alla fede, ma anche l’investitura messianica di Gesù al Giordano e la sua manifestazione nelle nozze di Cana. Infatti il racconto emblematico del Vangelo secondo Giovanni culmina con una solenne formula di rivelazione: «Manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11).
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Il simbolo dell’alleanza “nuova” Nel primo segno compiuto a Cana, dietro la simbologia delle nozze e del vino si nasconde il tema dell’alleanza che viene sostituita. L’evento viene qualificato come l’archetipo dei segni, cioè il modello simbolico dell’opera compiuta dal Messia. Il racconto è storico, ma narrato da Giovanni in maniera fortemente simbolica, in modo da comunicare un fondamentale messaggio teologico. L’immagine delle nozze è comune nell’Antico Testamento: il matrimonio, infatti, è diventato il segno del rapporto di Dio con il suo popolo. Nel Vangelo di Giovanni le nozze a Cana hanno questo valore simbolico: la nuova unione di Dio con il suo popolo, ovvero la nuova alleanza. L’evento ha luogo a Cana di Galilea: Cana significa «fondazione» e Galilea indica il «distretto abitato dai pagani». Due nomi allusivi e significativi. Assistiamo, dunque, all’evento di fondazione della nuova alleanza aperta a tutti gli uomini. A queste nozze la madre di Gesù è presente; Gesù e i suoi discepoli vengono invitati. Giovanni non chiama per nome la madre; la indica solo col titolo di funzione. Oltre alla persona storica di Maria, l’evangelista, dunque, vuole mostrare
in lei un simbolo: l’Israele fedele che attende il Messia, lo accoglie e crede in lui. Gli sposi di Cana non sono nominati; la sposa è completamente assente dal racconto, ma la sua funzione è svolta simbolicamente dalla madre di Gesù. Ugualmente lo sposo: è considerato solo alla fine, come colui che ha procurato il vino buono, ma il lettore sa che non è stato lo sposo reale ad offrire quel vino eccellente. Gesù svolge il ruolo e la funzione dello sposo. Le nozze simboliche si celebrano fra Gesù ed il popolo fedele. Inoltre dietro l’immagine del vino c’è la simbologia della legge, cioè della rivelazione dell’Antico Testamento. Ogni volta che nell’Antico Testamento si parla di vino, il targum (cioè la traduzione popolare aramaica) parla del rapporto dell’alleanza con Dio, della legge, della rivelazione, della gioia. I commentatori giudaici al tempo di Gesù erano soliti interpretare il dono della legge al Sinai con le immagini e i simboli della vigna e del vino, segno dell’alleanza e della gioia. C’è dunque stretto rapporto simbolico fra nozze e vino: entrambi evocano l’alleanza. La Donna e l’Ora La parola che Gesù rivolge alla madre (lett.: «Che cosa a me e a te?») ricorre spesso nell’Antico Testamento e compare generalmente in contesti di alleanza: è una formula retorica per indicare l’esistenza di un rapporto stretto. Quindi la domanda serve all’evangelista per evidenziare il passaggio dal rapporto fisico, cioè la relazione che corre fra la madre e Gesù, e il rapporto simbolico fra ciò che significa la madre e ciò che rappresenta Gesù, fra il popolo fedele ed il messia.
Il cuore di pietra del “capo” La descrizione minuziosa delle sei idrie di pietra che servivano per la purificazione e che contenevano una grande quantità d’acqua, è volutamente simbolica per richiamare l’attenzione. Sono «sei», numero dell’imperfezione e della tensione alla pienezza, cifra dell’uomo, creato il sesto giorno. Sono di pietra, come le tavole della legge,
come il cuore dell’uomo che Dio ha promesso di trasformare. Servivano per la purificazione dei giudei, cioè avevano una funzione rituale, che non potevano assolvere in realtà. Da questi simboli della vecchia alleanza sgorga il vino eccellente della novità evangelica (cf. Mc 2,22). Il vino nuovo viene portato al capo-tavola (in greco: architríklinos): è importante conservare anche nella traduzione il concetto di «capo», perché questo personaggio rappresenta simbolicamente i capi di Israele, che non sanno da dove viene Gesù e lo rifiutano; credono di capire, formulano giudizi, ma non comprendono affatto la straordinarietà della situazione. Il capo-tavola non sa; lo sanno invece i servi, quelli che hanno accolto la parola di Gesù e si sono fidati di lui. «Fino ad ora hai conservato il vino buono»: il capo-tavola non sa da dove viene, ma si accorge che è «il» vino buono, cioè il vino per eccellenza, il simbolo del vino nella sua pienezza di valore teologico. Il gesto di Gesù non è, dunque, solo un miracolo di generosità; è molto di più. È l’immagine della creazione dell’uomo nuovo e della nuova relazione con Dio resa possibile da Gesù Cristo. In questo senso Gesù «manifestò la sua gloria»: cioè fece sentire il ruolo della sua persona che rende Dio presente. Tuttavia noi sappiamo da tutta la struttura giovannea, che la gloria di Gesù si manifesta sulla croce e non in altri fenomeni. Con questo elemento letterario-teologico, Giovanni ci fa capire che il principio dei segni è il prototipo della croce, ossia è un modello simbolico per comprendere il significato della croce come manifestazione della presenza potente e operante di Dio, che rinnova l’Alleanza, cioè dà una vita nuova.
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Per questo Gesù chiama la madre «donna». Non è affatto un modo corrente di rivolgersi alla madre, ma è l’indizio simbolico per evocare il tipo di Israele, la donna-sposa di Dio. Gesù dirà di nuovo «donna» a sua madre dalla croce: «Donna, ecco tuo figlio». Inoltre si rivolge così anche alla Samaritana: «Credimi, donna, è giunta l’ora...». Ogni volta che interpella qualcuna con il titolo «donna», c’è di mezzo anche l’ora e il compimento. La donna, che rappresenta l’altra parte, è il simbolo del popolo nella relazione con Dio. A Cana «l’ora non è ancora venuta», perché l’ora è la croce e la gloria. Quindi il compimento della Nuova Alleanza non avviene in questo momento; quello che avviene adesso è solo un segno dell’ora, un segno del compimento, un’anticipazione. Le nozze di Cana sono, cioè, il principale segno della redenzione, ovvero della Nuova Alleanza. La parola che la madre rivolge ai servi è l’espressione tecnica per indicare l’accoglienza dell’Alleanza. Che cosa risposero infatti gli israeliti alla lettura della Legge di Mosè? «Ciò che il Signore ha detto, noi lo faremo» (Es 24,3.7). Il rapporto fra la madre e Gesù è quello dell’alleanza e il popolo fedele (i servi) è pronto a fare ciò che Gesù, come Dio, propone di fare.
Attualità
Per dialogare
occorre “apertura del cuore” di suor Damiana
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l Papa è davvero maestro di dialogo ed è convinto che per dialogare occorre “apertura del cuore”! E la sua apertura del cuore l’ha dimostrata anche nel suo ultimo viaggio in Myanmar e in Bangladesh. Francesco arrivando in Myanmar ha ascoltato il suggerimento di non nominare direttamente i Rohingya ma questo non gli ha impedito di dire la verità nei colloqui avuti con gli esponenti della Giunta militare e con la Presidente Aung San Suu Kyi. Il Papa ha mostrato la sua soddisfazione per aver constatato che il suo messaggio era comunque arrivato a “destinazione”. Come ha lui stesso dichiarato, il suo scopo infatti non era quello di gettarlo in faccia come una condanna, ma quello di avviare un dialogo! Le parole del Papa sia in Myanmar che in Bangladesh per invitare al dialogo interreligioso e alla costruzione di società aperte e tolleranti sono state molto forti. Nella prima tappa in Myanmar, richiamando
la storia travagliata di questo Paese, ha rilevato che “il tesoro più grande è il suo popolo che ha molto sofferto e tuttora soffre a causa di conflitti interni e di ostilità che sono durati troppo a lungo e hanno creato profonde divisioni”. La costruzione della pace e la guarigione di queste profonde ferite si impongono come priorità sia politica che spirituale. Il futuro del Myanmar deve essere una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società. Anche le differenze religiose non devono essere fonte di divisione e di diffidenza ma forze per l’unità, per il perdono, per la tolleranza e la saggia costruzione del Paese. Nel cercare di costruire una cultura dell’incontro e della solidarietà le religioni, attingendo ai valori profondamente radicati, possono contribuire al bene comune e pongono indispensabili basi morali per un futuro di speranza da consegnare alle generazioni a venire. Incontrando le autorità al suo arrivo in Ban-
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Attualità gladesh il Papa ha posto l’accento sul fatto che nel mondo d’oggi nessuna Comunità, Nazione o Stato può sopravvivere o progredire nell’isolamento. Ha inoltre ricordato come i principi del dialogo, della collaborazione e della concordia siano scritti nella Carta Costituzionale del Bangladesh. Papa Francesco ha poi espresso parole di apprezzamento e sostegno per l’aiuto dato ai profughi provenienti dal Myanmar a conferma dell’armonia che tradizionalmente è esistita tra i seguaci delle varie religioni. Quest’atmosfera di mutuo rispetto e un crescente clima di dialogo interreligioso consentono ai credenti di esprimere liberamente le loro profonde convinzioni sul significato e lo scopo della vita.
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In un mondo dove la religione è sempre più spesso – scandalosamente – mal utilizzata al fine di fomentare odio e divisione, questa testimonianza della sua forza di riconciliazione e unione è quanto mai necessaria. La Chiesa, ha affermato il Papa, apprezza la libertà di cui beneficia l’intera Nazione di praticare la propria fede e di realizzare le proprie opere caritative, prima fra tutte quella di offrire ai giovani, che rappresentano il futuro della società, un’educazione di qualità e un esercizio di sani valori etici e umani. Durante l’incontro interreligioso al quale hanno partecipato induisti, buddisti, musulmani ed esponenti della società civile, il Papa ha parlato per immagini rilevando che per dialogare occorre una “apertura del cuore”
prendendosi cura di loro. Il prossimo Sinodo a loro dedicato li interpellerà direttamente coinvolgendoli nel comune discernimento su come meglio proclamare il Vangelo negli anni a venire. Papa Francesco si è poi rivolto direttamente ai profughi Rohingya chiedendo perdono per quelli che li perseguitano, che fanno loro del male e soprattutto per l’indifferenza del mondo. Una tradizione dice che Dio all’inizio ha preso un po’ di sale e l’ha buttato nell’acqua che era l’anima di tutti gli uomini e ognuno di noi porta dentro un po’ del sale divino e quindi siamo tutti fratelli! Anche noi forse dobbiamo chiedere perdono perché il nostro cuore non è sempre aperto nei confronti di chi ci vive accanto e che consideriamo “diverso”.
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che si può immaginare con tre caratteristiche: una porta, una scala, un cammino. Una porta che ci permette di intraprendere un dialogo di vita non un semplice scambio di idee, condividendo le nostre diverse identità religiose e culturali sempre con umiltà, onestà e rispetto. Una scala che raggiunge l’Assoluto purificando i nostri cuori in modo da poter vedere tutte le cose nella loro prospettiva più vera. Riceveremo così la forza per perseverare nell’impegno di comprendere e valorizzare gli altri e il loro punto di vista. “Apertura del cuore” è anche un cammino che conduce a ricercare la bontà, la giustizia e la solidarietà. Conduce a cercare il bene del prossimo. Il Papa ha raccomandato ai Vescovi un impegno speciale per accompagnare i giovani
Ricordare e... vivere
Beato Tommaso Reggio:
Uomo paziente
1818-2018
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Il Beato Tommaso Reggio è stato soprattutto e sempre un uomo paziente. Si può dire che scorrendo la sua vita si coglie quanto si sia affinato e lavorato interiormente per arrivare ad avere un dominio di sé invidiabile. Quella che noi chiamiamo “pazienza” è stata per lui la chiave d’oro con la quale è riuscito ad aprire tutte le porte! Sacerdote, abate, vescovo e giornalista si è trovato spesso di fronte ai “muri” di oppositori che non la pensavano come lui e che apertamente gli si opponevano in tempi in cui le lotte contro la religione e il clero erano avvelenate ideologicamente. La sua pazienza benevola, ferma, realistica nutrita di amorevolezza “ha scardinato” molte resistenze, ha aperto sentieri di bene. Ricordare il Beato Tommaso Reggio a 200 anni dalla sua nascita significa anche fermarsi per guardare a questo nostro carissimo Padre Fondatore e raccogliere il suo insegnamento per diventare miti e forti come lo è stato lui. Per diventarlo facciamoci aiutare anche dai suoi pensieri sulla “pazienza” e lasciamo brillare nel cuore la gioia di festeggiare i 200 anni dalla sua nascita.
di Mons. Tommaso Reggio
«L
“Ricordare e… vivere”
vuole essere una “piccola finestra” che si aprirà in ogni numero di questo notiziario e da cui si potrà “guardare” sia la vita e la spiritualità del Beato Tommaso Reggio che i cammini iniziali della Famiglia Religiosa. La commissione del Beato Tommaso Reggio
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a pazienza è la virtù che mitiga la trivece utili e preziose e ci permettono di acquistastezza che ci assale facilmente per le re i meriti se le affrontiamo con pazienza. difficoltà e le ansie inevitabili in questa vita. La pazienza va esercitata soprattutto nelle La pazienza non elimina il peso, la noia, l’amasofferenze più sensibili e spesso insopportarezza, ma ci aiuta a tollerarli senza lasciarci sobili che ci vengono dal prossimo. Cristo per praffare dalla tristezza. È l’esercizio di tutta la primo ha ricevuto dagli uomini la croce e chi vita ed è la prova del più vero amore di Dio; poilo serve deve saper affrontare il disprezzo, gli ché ama davvero colui che sa soffrire volentieri scherni, le persecuzioni, le parole pungenti… per chi ama. Tutte queste sofferenze si vincono La pazienza consiste anche nel sopcon la pazienza, col sopportarsi, col Tre sono i gradi portare le malattie, i dispiaceri, le compatirsi, con l’aiutarsi a vicenda, della pazienza: tentazioni, le desolazioni… che nel solo così si è veramente alla sequela il primo sta linguaggio delle anime devote si chiadi Gesù Cristo. nell’accettare mano croce. il volere di Dio… La pazienza maggiore e più meriTre sono i gradi della pazienza: toria dobbiamo esercitarla con noi il secondo • il primo sta nell’accettare il volere stessi: pazienza nelle malattie, che nell’essere capaci dobbiamo sì curare, ma affidandoci di Dio che permette le nostre afflidi godere e patire alla volontà di Dio e accettando ogni zioni; come meglio • il secondo nell’essere capaci di godesituazione; pazienza nelle malattie re e patire come meglio piace a Dio; piace a Dio; dello spirito, che sono le tentazioni • il terzo, ottimo e perfetto, “nell’ae le desolazioni, perché, se Dio ce le il terzo, mare” le sofferenze. vuole mandare, dobbiamo ricono“nell’amare” La pazienza perfeziona tutte le altre scerle come il sacro fuoco che brucia le sofferenze. virtù e si avvale di ogni occasione, che l’offerta di noi stessi. ci offre la vita, per la nostra santificazione e per Non si può avere la pace interiore, cioè l’amore la gloria di Dio. Dio infatti ha disposto che tutte vero di Dio, senza la pazienza che tutti dobbiale cose create siano al nostro servizio e ci siano mo esercitare e che nello stato religioso è defid’aiuto per acquistare la gloria eterna, tollerando nito un martirio prolungato. tutto ciò che ci dà fastidio e apparentemente ci Non tutti siamo chiamati a soffrire persecuzioni disturba: molestie, tribolazioni, noie, ecc. e martirio e a certe anime generose che vorrebQuesta vita è un pellegrinaggio e le fatiche del bero far miracoli, io dico con lo Spirito Santo: “il cammino rischiano di diventare inutili, sono inpaziente val più di un eroe” (Pr 16, 32).»
Spiritualità e carisma
Vita comunitaria: realizzazione del primo progetto “La tua Parola è lampada ai miei passi e luce alla mia strada” di suor Anita Bernasconi
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nche quest’anno sono state molte le occasioni per vivere momenti di intensa vita spirituale nelle Comunità: • gli incontri comunitari settimanali per rispondere a quanto il Capitolo ci aveva indicato; • i ritiri mensili organizzati in ogni Comunità; • gli Esercizi spirituali; • la venuta di Madre Carla in tutte le Comunità per condividere il primo progetto. A Querceto al termine degli Esercizi abbiamo fatto l’esperienza di una profonda vita affettiva vissuta nella gratitudine. Tutte noi suore degli Esercizi, il 15 ottobre, festa della Fondazione del nostro Istituto, con Madre Carla, Madre Sossy, Padre Terrinoni, la comunità di Querceto abbiamo ringraziato il Signore per i 70 anni di vita consacrata di Suor Romea Noseda, Suor Marina Moretti, Suor Filippina Franchi, Suor Gemma Stocchetti, Suor Lina Landi, e per i 60 anni di vita consacrata di Suor Lucia Macelloni e di Suor Antonietta Banfi. Quanto è bello vivere insieme e gioire per quanto la vita fraterna ci dona, guardando all’esempio e
alla fedeltà di queste nostre consorelle che hanno risposto pienamente alla vocazione del Signore che le ha chiamate a stare con Lui. Nella sequela radicale di Gesù, i voti hanno riempito di senso la loro vita e attraverso un’autentica esperienza spirituale hanno costruito comunione con Dio e con i fratelli, attraverso relazioni nuove e positive, realizzando così quanto desiderava il nostro Padre Fondatore: “Le suore di Santa Marta tendano alla santità e non si accontentino di una vita mediocre”. Durante l’anno 2016/17 il lavoro di tutte le Comunità, sostenute dalla preghiera, dal discernimento e dalla responsabilità di ogni consorella è stato intenso per la preparazione dei Presupposti in vista della stesura del Progetto comunitario che doveva esprimere la reale situazione della vita personale e comunitaria, attraverso la scelta degli obiettivi e dei mezzi che il Capitolo ci aveva proposto con la prima mozione: “Il minimo Istituto e la grandezza del carisma”. Ogni casa ha goduto per l’incontro con la Madre Generale che ha desiderato essere presente in ogni Comunità per rivedere insieme il Pro-
Vogliamo mettere la Parola di Dio al centro della nostra vita: in essa troviamo la forza per vivere, l’orientamento per camminare, lo stimolo per la realizzazione del nostro progetto. Guardando alla nostra vita personale e comunitaria possiamo riconoscere alcuni germi di novità: • Il desiderio di rinascere; • Il fascino che oggi esercita sulla nostra vita consacrata la figura di Gesù; • La ricerca di una nuova e vera comunione; • Fare del Vangelo il nostro compagno di viaggio, incarnarlo nella nostra vita, riservandogli più spazio nel quotidiano. Come indicato nei Presupposti, vogliamo prestare attenzione al discernimento per cogliere che cosa sta facendo nascere tra noi lo Spirito di Dio e verso quali obiettivi ci conduce; più apertura nella comunicazione delle nostre esperienze spirituali e apostoliche; più attenzione alle relazioni comunitarie che hanno una valenza non solo sociologica, ma teologica perché sono la vita stessa di Dio, della Trinità: vita di amore e di incontro. In questo nostro tempo pieno di problemi e di difficoltà, possiamo fare a meno di tante cose, ma diamo più spazio alle persone della Comunità e alle ragazze del nostro Pensionato universitario, offrendo loro aiuti per crescere anche in una prospettiva vocazionale, cosa non semplice perché i nostri linguaggi sono così diversi da quelli dei giovani, e questa è la realtà di tutto il mondo, è una globalizzazione diffusa. Perché tutto questo possa divenire realtà, la nostra vita consacrata ha bisogno di una radicale rivitalizzazione, attraverso l’ascolto devoto e attento della voce dello Spirito.
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getto e soprattutto per cogliere il clima comunitario e la fraternità che si vive. Noi possiamo parlare dell’esperienza di Pisa, ma siamo certe che i momenti belli di serenità e di sostegno offerti dalla Madre siano stati vissuti e goduti in ogni casa. Abbiamo gioito fin dall’attesa per la preparazione dell’incontro e la Madre ci ha poi coinvolte nella presentazione del nostro progetto. Era davvero desiderosa di sentire da noi come avevamo vissuto e operato! Le risposte sono state vere, rispecchiavano le fragilità della nostra vita comunitaria, ma anche il desiderio e l’impegno nel volere costruire fraternità, tenendo presenti i due obiettivi del Capitolo: • Vivere il Primato di Cristo e della sua Parola. • Rivitalizzare la nostra vita fraterna. Obiettivi molto alti, ma abbiamo cercato di compiere un cammino senza venir meno di fronte alle inevitabili difficoltà comunitarie, facendo piccoli passi con tanta fiducia nel Signore, nostro compagno di strada. La Lectio sui testi proposti ci ha aiutate a rivedere il nostro modo di vivere. Riconosciamo che non è venuto meno il Primato di Dio, ma sono venuti meno la qualità e l’entusiasmo in questo rapporto. Il Signore ci invita alla conversione e a ricuperare l’entusiasmo e la gioia che si sono un po’ spenti. Col passare degli anni si avverte la fatica, ma si riesce a superare anche questa quando si vede che la Comunità collabora e mostra amore e attenzione. La Madre è stata capace di grande ascolto e di incoraggiamento per il secondo progetto dell’anno 2017/18: “Essere lievito profetico di una identità radicata nel Vangelo e vissuta nella comunione”. La nostra aspirazione più alta vuole essere anche quest’anno quella di vivere quotidianamente il Vangelo per imitare gli esempi, i sentimenti, le parole di Gesù, partendo dalla meditazione del mattino, scegliendo una frase, una Parola da “ruminare durante la giornata”. Le Parole del Vangelo devono entrare nella nostra vita e ci devono condurre alla scoperta sempre nuova di Cristo per avvertire il fascino della sua persona, del suo mistero, del suo messaggio.
Spiritualità e carisma
«Notte di veglia fu per il Signore» «N
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otte di veglia fu per il Signore» (Es 12,42). Ci piace iniziare questa nostra condivisione di una delle giornate più belle della nostra vita con questa citazione del libro dell’Esodo. Essa riassume in primo luogo la nostra esperienza della notte tra il 27 e il 28 maggio: eravamo così emozionate, così felici tanto da non aver quasi mai dormito! Ma è innanzitutto una certezza, fu “notte di veglia per il Signore”, perché è Lui e non noi il vero protagonista del nostro cammino e della vita che ci attende! Aver fatto la Professione perpetua non ha concluso una tappa del nostro cammino, bensì ci ha aperto nuovi orizzonti, ora siamo chiamate a “giocarci la vita” con tutta la serietà che questo significa per donne, libere, discepole, innamorate! A questo proposito gli esercizi spirituali dettati da Mons. Giuseppe Scotti ci sono stati di molto aiuto e lo saranno ancora nel momento della prova, della fatica, quando dovremo
(Es 12,42)
camminare nel “deserto”. Questa “notte di veglia fu per il Signore” rimanga scolpita nel cuore e sia la nostra forza. È Lui che veglia perché noi siamo custodite come sigillo sul suo cuore. Vorremmo dire il nostro GRAZIE a tutta la nostra famiglia religiosa: ora siamo pienamente figlie e sorelle! In particolare il nostro GRAZIE va a Madre Carla che ci ha accolte come suore di Santa Marta per sempre e a Madre Lilian che ci ha accompagnato sin dall’inizio della nostra formazione trasmettendoci la gioia e la bellezza di appartenere a questa Famiglia Religiosa. Sentiamo rivolte a noi le stesse parole che il nostro Padre Fondatore rivolse alle prime suore che lasciavano Ventimiglia per andare a Chiavari: «andate, il Signore vi assisterà, là potrete fare tanto bene…»! Queste parole siano per noi una certezza là dove saremo chiamate a spendere la nostra vita per il bene dei nostri fratelli e della nostra amatissima Famiglia Religiosa.
di suor Claudia Valdés e suor Maria José Casanova
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Spiritualità e carisma
Intimità con Gesù: un camminarsi dentro “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario” (Sal 26, 4)
L’
uomo è in ricerca di Dio. Sul sentiero Dio ha lasciato i segni del Suo cammino… però soltanto con una continua e profonda contemplazione possiamo godere la sua bellezza. Il mese di agosto ci ha preparato un doppio “banchetto”: lo juniorato e gli esercizi spirituali. Diversamente dagli anni precedenti, lo juniorato è stato organizzato in due luoghi e questo ci ha arricchito ancor di più. Siamo state un tempo a Roma dove abbiamo riflettuto come possiamo crescere passo do-
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po passo nell’intimità con Gesù. Madre Lilian ci ha spiegato che questo è possibile soltanto lottando contro i pensieri malvagi che hanno origine con l’uomo. La condivisione dell’esperienza e la riflessione sui padri del deserto ha fatto nascere in noi il desiderio di una vita santa. Abbiamo provato ammirazione quando Madre Antonia ha esposto il paradosso della vita di Raab: la donna prostituta davanti agli uomini ha trovato un posto persino nella genealogia del Messia. È un esempio su cui riflettere.
chiamati ad essere sale della terra e luce del mondo e a non giudicare il prossimo altrimenti impediamo a Dio di realizzare il suo disegno su ciascuno di noi. Rendiamo grazie al Signore per tutto quello che ci ha donato e per la possibilità di condivisione del tempo prezioso della nostra formazione. Alla fine mentre scendevamo dal Tabor – il luogo della preghiera – alla valle dell’azione avevamo un unico desiderio: “abitare nella casa del Signore tutti i giorni della nostra vita”.
le Juniores
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Successivamente siamo andate a Roggiano dove il venticello ci accarezzava e aiutava le parole di Madre Carla a scendere su noi come pioggia leggera. L’invito essenziale è stato di essere consacrate con un autentico spirito religioso di cui il mondo di oggi ha tanto bisogno. Indimenticabili sono stati i giorni della festa e della fraternità vissuti insieme alla comunità di Roggiano. Infine abbiamo potuto gioire di una bella gita sul lago di Como: un riflesso della fraternità e della gioia. Attraversando il lago siamo arrivate a Piona dove è situato il monastero dei Benedettini che con la loro Regola hanno segnato il cammino della vita religiosa. Mentre l’abate che ci accompagnava faceva memoria con semplicità e umile saggezza, tutto aveva il profumo della santità. I giorni degli Esercizi hanno rinforzato pensieri e sentimenti che nei giorni precedenti avevamo potuto approfondire. La lettura del libro di Ester ci ha sollecitato ad entrare nel sogno di Dio. Don Adriano ci ha ripetuto che Dio è sempre vicino a chi si trova nella valle di lacrime. Ci ha anche ricordato che siamo
La parola a...
Madre Carla
Le nostre periferie A
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volte quando sentiamo parlare di periferie, di bambini di strada, di infanzia abbandonata, di giovani a rischio, di anziani senza risorse, di povertà assoluta pensiamo a tutti coloro che si impegnano per loro e ci nasce dentro un grande senso di riconoscenza. È vero tutti “abitiamo.” le periferie, là dove i bisogni sono sempre in aumento: solitudini, ansie, vuoto di valori, mancanza di relazioni solide, vite familiari “faticose”… Pensiamo alle nostre realtà apostoliche in Italia, Argentina, Brasile, Cile, Messico, India e Libano, dove le Suore quotidianamente si fanno presenti nelle varie situazioni con la sollecitudine tipica del nostro Carisma che il Padre Fondatore, il Beato Tommaso Reggio, ci ha affidato. Tuttavia ci sembra molto bello sottolineare in particolare l’avventura quotidiana di alcune Suore di Santa Marta; un’avventura che è all’insegna dell’imprevedibilità e della creatività evangelica e che spesso si nutre di sfide e di chiara e dolce fermezza.
In Argentina A VILLA CURITA nella estrema periferia di Buenos Aires siamo immerse in un mondo di “ultimi” tra baracche dove si nascondono le povertà “pericolose”: drogati, bambini senza nessun punto di riferimento, violenti. Non è raro che lì i conti si regolino con “sparatorie”. Le Suore per ora “al riparo” dentro locali in muratura, si muovono durante il giorno cercando di partire dalla base, dai piccoli, per istruire, aiutare, riparare. Pur in una situazione così precaria sono contente e “sperano” di “seminare il bene”, anche durante gli incontri quotidiani con persone abituate a vivere dei più vari espedienti… e che spesso conoscono solo “le regole” della strada.
A VILLARINO sempre nella periferia di Buenos Aires (Argentina) dove da diversi anni le Suore sono impegnate ad accogliere i bambini più piccoli, dai 2 ai 4 anni che provengono da famiglie immigrate che vivono nella povertà più grande. Hanno bisogno di tutto ma soprattutto hanno bisogno di tanto amore e di una Parola che salva, che può dare speranza e vita a tante tristi realtà. Le Suore con tanto sacrificio e dedizione ogni giorno sono lì con loro per condividere le gioie e le fatiche quotidiane. A DERQUI sempre nella periferia di Buenos Aires le Suore da molti anni accolgono 200 bambini e bambine: dare loro da mangiare, educarli a vivere in modo dignitoso, soccorrere le loro “famiglie” è un compito arduo, ma molto prezioso. Questi bambini dai quattro ai dieci anni affollano la casa e trovano accoglienza, amorevolezza e… pane. A PILAR non lontano da Buenos Aires anche i vecchi sono oggetto delle cure amorose delle Suore. Da quando c’è la nostra presenza la struttura si è trasformata, è diventata “casa”, ma soprattutto è sparita la “trascuratezza”: vivere in quella “casa” non è più “triste”, come affermano sempre gli anziani che vi abitano, anzi si sentono così ben accolti che, a volte, si preoccupano ed esprimono il timore che le Suore possano andar via. Infatti sono bastate le mani operose di alcune Suore di Santa Marta perché tutto diventasse più pulito, più fresco, ma innanzitutto perché ogni anziano semiabbandonato fosse oggetto di cure e attenzioni “toccanti”.
A BONITO nel Mato Grosso do Sul dove da molti anni gli anziani e le anziane ormai “inutili” nelle favelas possono godere di un nido familiare. Sanno di non contare più niente per nessuno e sono molto riconoscenti alle Suore che li curano con amore.
In India A SAINT MARY (Kerala), dove la bellissima iniziativa messa in atto a causa della scuola materna che languiva, in pochi mesi ha realizzato una trasformazione radicale per accogliere ragazzi e ragazzine diversamente abili. Questa iniziativa ha offerto un enorme sollievo, oltre a quelli che venivano accolti, anche alle loro famiglie che possono così avere l’occasione per un recupero vitale ed essere sostegno di chi corre il rischio di non poter contare niente nella vita di ogni giorno. A TRIVANDRUM (Kerala) esiste già da diversi anni una grande opera che la nostra Famiglia Religiosa ha voluto con tutto il cuore insieme
all’amica e benefattrice Prof.ssa Matilde Parente. È un centro per disabili che, ogni giorno, accoglie circa 150 ragazzi e ragazze. Le Suore con il pullman vanno a prenderli e, durante la giornata, offrono loro oltre alle cure fisiche e riabilitative anche attività varie per renderli attivi e sereni. Quest’opera ha avuto il riconoscimento del Governo e anche qualche piccolo sussidio. A dire il vero dovremmo scorrere l’elenco casa per casa, al di qua e al di là di ogni mare, per raccontare tutta l’intensità di un amore che soccorre, “secondo le esigenze dei tempi” come diceva il nostro Beato Padre Fondatore, per giungere, prima con il cuore e poi con le mani, ad ogni persona che è nel bisogno. Il Signore benedica queste realtà e tutte le Suore e le persone in esse presenti, ma soprattutto susciti in noi il desiderio non solo di commuoverci di fronte a tanto bene, ma ci renda sempre più disponibili a donare vita là dove Lui ci chiama a vivere la Missione: la nostra vita è missionaria non solo quando testimonia il bene, ma quando lo segnala là dove non si vede, soprattutto tra coloro che non contano.
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In Brasile
Frammenti di santità Carissima Suor Luisa, ho pensato a te in questo Natale carico, come sempre, di ricordi lontani, ormai stemperati dal tempo e dalla fiduciosa speranza riposta nel Signore della vita. Tu capivi senza bisogno di chiedere e cercavi ogni pretesto silenzioso per dirmi che eri vicina e condividevi il mio stato d’animo. Andavamo a visitare i presepi nelle chiese della città e tu mi facevi riflettere sull’amore del Dio fatto uomo, che era venuto sulla terra per stare vicino a noi e darci serenità e gioia. Ero molto giovane e le tue parole, quasi sussurrate, mi facevano bene e mi aprivano cammini di luce. Eri buona, gentile con tutti, non ti ho mai sentito alzare la voce per nessun motivo, bastava la tua presenza per conciliare gli animi; ricordo il tuo amore per Gesù Eucarestia, per la preghiera comunitaria e personale; davi l’ esempio e noi ti seguivamo.
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Ti ho conosciuta da bambina, quando eri Madre Vicaria e, a San Luigi ti recitavo la poesia augurale, e ti ho incontrata ancora per molto tempo dopo, chiamandoti affettuosamente ”la mia vecchia superiora”, ma il ricordo di quegli anni passati insieme, è rimasto indelebile. Grazie! La tua testimonianza serena e forte, sia ancora luce al nostro cammino quotidiano. Suor Alessandra Fabbrucci
Suor Luisa Carbone passata alla casa del Padre il 30 agosto 1987
In missione
Testa o cuore?
di suor Anita Bernasconi
Pisa
PRIMO PASSO: Le mie emozioni e i miei sentimenti. Alcuni incontri sono fatti tutti insieme presso il Collegio arcivescovile “Toniolo”, altri sono fatti nei singoli collegi. La programmazione è la medesima per tutti. Descrivo come si è svolta la prima serata, per dare un’idea di come si vuole operare anche negli incontri successivi: • accoglienza, presentazione del cammino, filmato: “Inside out” sulle emozioni. Primo contenuto: “Quali sono le emozioni che ci guidano e muovono”. Prima domanda e prima condivisione: “Con quali emozioni inizio questo nuovo anno?”. Secondo contenuto: “Le emozioni non sono i sentimenti” (Proiezione di un video di Vittorino Andreoli). Seconda domanda e seconda condivisione: “Quale sentimento ti abita in questo momento?”. CENA: Momento di gioia e di convivialità. GIOCO: Il sentiero delle emozioni. MOMENTO CONCLUSIVO: Riflessioni sul Vangelo e preghiera insieme.
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a città di Pisa offre ai numerosissimi studenti universitari varie proposte. I Gesuiti con le suore Apostoline fanno pastorale universitaria nella Chiesa di San Frediano. Anche i Frati minori Francescani gestiscono gruppi di ascolto e animazione per gli studenti che hanno perciò la possibilità di scelta, in base alle iniziative che vengono offerte. Come responsabili dei Collegi universitari gestiti da Religiose/i ci siamo incontrati per organizzare momenti di formazione, di festa e di incontro, per dare la possibilità agli studenti di ogni Collegio di conoscere ed aprirsi alle altre realtà che si trovano in Pisa. Si è pensato di proporre un tema: “Testa o cuore”. I suggerimenti ci vengono da un testo breve e agile di Gaetano Piccolo, attraverso sei tappe, ognuna delle quali è un’occasione offerta alle ragazze/i per fermarsi a riflettere, a mettere ordine nella propria vita per diventare più consapevoli di quello che si sta muovendo dentro la vita di ciascuno, invitando pensieri e sentimenti a fare pace tra loro. Perciò preghiera e discernimento sono due armi potenti contro la frammentazione e l’improvvisazione della vita.
In missione Si proietta uno spezzone del film di Filippo Neri dove si racconta la parabola del Padre misericordioso. Ognuno può dire con quale personaggio si identifica di più e per quali sentimenti. SECONDO PASSO: I desideri Desiderare è una parola composta dalla particella privativa “de” e dalla parola “sidus” che in latino significa stella. Si potrebbe dire: “condizione in cui sono assenti le stelle”, che potrebbe significare perciò: mancanza, vuoto, attesa. Da questi fuggiamo e ci riempiamo di cose, di attività, di impegni e anche di persone, di relazioni, pur di non avere il tempo per sentire una mancanza. Perché è così importante desiderare e diventare consapevoli dei propri desideri? I desideri, come le stelle illuminano la nostra vita, eppure facciamo tanta fatica a desiderare. Occorre scendere nel profondo per trovare il desiderio autentico. Ci facciamo aiutare dalla canzone dei Negrita: “Ho imparato a sognare”, nella interpretazione di Fiorella Mannoia. Spesso i nostri desideri non si realizzano perché ci autosabotiamo, cioè non crediamo abbastanza in noi stessi. Se il nostro desiderio si è atrofizzato, le nostre relazioni rischiano di essere
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false, questo accade anche nella relazione con Dio. I Re magi hanno lasciato le loro sicurezze e hanno seguito la stella, pur non avendo chiaro cosa cercare, perché la gioia sta nel camminare. Al contrario Erode è rimasto chiuso nel suo palazzo, non cerca e non trova. Questi che ho descritto sono i primi due passi fatti, ne faremo altri che via via organizzeremo, ora faccio solo una breve presentazione. TERZO E QUARTO PASSO: Ospitare il divino, pregare con la vita. La preghiera è il luogo privilegiato dove portiamo la nostra vita: privilegi, sentimenti, pensieri, desideri, progetti. Solo il desiderio autentico e sincero mette in moto la preghiera. Metto davanti a Dio ciò che mi sta a cuore. Il passo del Vangelo che mi può aiutare è quello di Giovanni 3,1 che parla di Nicodemo, un fariseo che va da Gesù di notte. Nicodemo però non riesce ad entrare nella logica di Gesù che gli dice: “Se uno non nasce dall’alto, non può vedere il Regno di Dio”. La fatica di Nicodemo è quella che riguarda la possibilità di “nascere di nuovo”. Rinascere per Gesù è decidere di amare in modo nuovo, perché la vita lo chiede a tutti.
SESTO PASSO: Non è tutto oro quello che luccica. Quando decidere è più complicato. Il vero tesoro è la libertà interiore. È la condizione necessaria per ogni discernimento: la disponibilità ad accogliere, qualunque sia l’esito del discernimento. Attraverso i nostri sentimenti
Dio ci spinge verso il nostro bene, ci aiuta a vedere dov’è il bene per noi, ma siamo comunque noi, nella nostra libertà e con la nostra responsabilità a essere chiamati e decidere della nostra vita. Occorre impegnarsi a vivere in pienezza il Vangelo. Siamo sempre dentro questo viaggio sorprendente. Non siamo mai soli. Le stelle ci accompagnano. Questa proposta che continueremo ad offrire alle ragazze/i vuole essere un aiuto per dare o ridare senso alla vita e questo significa riconoscere il compito che oggi la realtà ci consegna. Così preghiamo tutti insieme al termine di ogni incontro: • Signore, disegna il tuo cuore nel nostro cuore, perché sappiamo affrontare con amore ogni prova della vita. • Disegna il tuo cuore nella nostra storia, perché i nostri gesti siano coerenti alle nostre parole. • Disegna il tuo cuore nelle nostre azioni, perché non siano segnate dal tornaconto.
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QUINTO PASSO: Decidere è un’arte, non basta seguire il cuore. Quando dobbiamo prendere una decisione, soprattutto se si tratta di una scelta di vita, occorre fare discernimento per riconoscere quel che Dio sta muovendo in noi o quel che sta operando in noi il nemico dell’uomo. Il discernimento è il cammino, l’arte attraverso cui costruiamo le nostre risposte davanti alla vita, con le risorse che abbiamo, non solo cuore, ma testa, volontà e libertà. Dio ha una volontà di bene per ciascuno di noi, e la Parola di Dio resta sempre il vero punto di confronto.
In missione
Seminatori o seminaristi?
di alunni ed educatori
Vighizzolo
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unedì 2 ottobre 2017 la mattinata scolastica al Santa Marta si apre con un interrogativo: SEMINATORI o SEMINARISTI? È questa la domanda che i bambini delle classi quarte e quinte della scuola primaria porgono ai 12 seminaristi che hanno davanti a loro. Chi sono? perchè sono qui? Alcuni dicono: “Sono venuti i seminatori…”, altri “No, sono seminaristi!” Chi sono? Ed è proprio a queste domande esplicite, insieme a tante altre nascoste, che prende avvio la cosiddetta “giornata vocazionale diocesana”, nel nostro decanato, che coinvolge prevalentemente i ragazzi della scuola secondaria di primo grado in attività di riflessione, di ascolto e di interazione.
Mentre i piccoli di quarta e quinta primaria sono in tensostruttura con due seminaristi, tutta la scuola media è guidata da altri seminaristi. Cosa hanno fatto? Cosa si sono detti? Scopriamolo dalla riflessione di un gruppo di ragazzi di terza media. “La giornata vocazionale secondo noi, alunni di terza media, ci è servita per capire prima di tutto che la vocazione non è qualcosa di riservato solamente ai preti o alle suore ma tutta la nostra vita è vocazione. Per esempio esiste la vocazione lavorativa, la vocazione familiare e la vocazione nello sport. Per farci capire meglio cosa davvero significava il termine vocazio-
preparato sono state molto interessanti e chiare. Riteniamo che questo tipo di attività possa davvero fare bene anche ad altri ragazzi e chiarire le idee”. Se i ragazzi di terza media concludono che una mattinata così possa far bene anche ad altri ragazzi vuol dire che i seminaristi hanno seminato bene! E allora avevano ragione anche i piccoli di quarta e quinta: seminaristi e seminatori! Un grazie grande a loro, ma anche a tutte quelle persone che in qualche modo ne hanno favorito la realizzazione. A noi non resta che attendere il germoglio del seme… e curarne la crescita! La mattinata al Santa Marta ha costituito solo un momento della missione vocazionale sul territorio della Brianza che ha coinvolto i giovani del seminario diocesano.
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ne 12 seminaristi sono stati con noi un’intera mattinata. Prima si sono presentati e ci hanno raccontato qualcosa di loro, scoprendo che alcuni proprio alla nostra età non andavano in chiesa né in oratorio! Dopo questo momento iniziale ci hanno diviso nelle nostre classi e due per volta, i seminaristi, arrivavano e ci facevano fare diverse attività. Erano tutti dei giochi ben pensati: dalla ghigliottina dove con dei piccoli suggerimenti dati da alcuni nostri compagni dovevamo arrivare a una parola chiave oppure un percorso al buio dove c’era una sola voce guida (la chiamata) e tante voci pronte a distrarci (caos del mondo). Altri seminaristi hanno deciso di focalizzare l’attenzione su cosa fosse per noi la vocazione e cosa è stata per loro. Le attività, i giochi e le parole che ci hanno
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Accompagnati dai sacerdoti, dagli educatori, dagli operatori pastorali e dalle comunità parrocchiali e ospiti nelle case delle famiglie brianzole, i seminaristi hanno condiviso un’esperienza unica di fede, di testimonianza e di ascolto, immergendosi nelle singole realtà del territorio. Numerose le iniziative organizzate per favorire un contatto diretto con i problemi, le attività delle parrocchie e le storie di tanti ragazzi, genitori e di tutti coloro che hanno partecipato con entusiasmo e senso di unità alla missione vocazionale. Un clima di accoglienza, condivisione e sensibilità all’ascolto ha caratterizzato queste giornate intense e cariche di emozioni. Al mattino i seminaristi hanno incontrato gli studenti anche in altre scuole del territorio, nel pomeriggio le attività nelle parrocchie con i vari gruppi. Non è mancato un confronto su temi di attualità, sulla scelta e il cammino di voler diventare sacerdoti e sul senso di una missione
popolare aperta alla partecipazione di tutti. La missione vocazionale, dono travolgente dello Spirito, si è conclusa poi martedì sera a Carugo con una solenne Messa celebrata da mons. Michele Di Tolve. Un modo per dire “grazie a Dio per il dono di questi giorni! Incontrare i seminaristi con il loro entusiasmo spumeggiante ci ha mostrato che vivere con il Signore Gesù dona una gioia e una pace grande!… Lo Spirito ha mosso i cuori di molti… Una gioiosa comunione si poteva vedere durante la celebrazione e dopo sul sagrato, quando anche gli uomini più duri tradivano negli occhi una certa emozione e si rimandava il momento dei saluti finali…” (don Cristiano Castelli, sacerdote della Comunità Pastorale Madonna delle Grazie). Che dire, allora se non “Alzati, va e non temere…” Sì, occorre andare avanti… e senza paura, perchè con lo Spirito Santo possiamo fare meraviglie!
È Natale... e noi ci siamo
una mamma
di piccoli attori, mettendo in scena la NATIVITÀ rivisitata e vissuta con lo stupore che solo i bambini riescono a regalarci. Dalla sala gremita di invitati: genitori, nonni, parenti e amici si leva un fragoroso meritato applauso. Un grazie sentito va alle care suore e alla maestra Catia che hanno lavorato intensamente per preparare costumi, insegnare canti e dirigere la recitazione. Tutto questo non fatto come un semplice lavoro, ma con grande passione. Il desiderio di tutti era quello che lo spettacolo non finisse mai! A tutti il nostro affettuoso augurio di un Buon Anno sereno e benedetto da Dio!
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ome negli anni passati anche in questo 2017, domenica 17 dicembre, i bambini della scuola dell’Infanzia “Don Andrea Baj” di Puria Valsolda si sono esibiti in un recital ricco di amore e di tante emozioni. Tutto è iniziato quando sullo sfondo rosso del sipario è apparsa una “figurina” nera: Suor Amelia che si è rivolta al pubblico con spontaneità, con parole semplici ma sentite, maturate in anni di impegno trascorsi nella scuola a contatto con bambini e famiglie, donando con impegno amore, gioia, sorrisi e passione. Ed ecco entrano in scena i protagonisti della festa: i nostri bambini! Salgono sul palco ordinati, emozionati e compresi del loro ruolo
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Ambiente, scien Esperienze di vita che formano i protagonisti
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artedì 21 novembre alle ore 15:00, la scuola dell’Infanzia Santa Marta di Velletri ha celebrato la giornata della festa degli Alberi. La cerimonia si è aperta con il saluto della Superiora suor Luisa De Capite, che ha voluto fortemente anche quest’anno rinnovare questo impegno civile e sociale da parte della scuola, mettendo tutti i bambini delle 5 sezioni, ROSSA, BLU, VERDE, GIALLA e ARANCIONE nelle condizioni di prendere coscienza fin da piccoli dell’importanza dell’ambiente che li circonda. L’evento è stato caratterizzato da un momento di preghiera celebrato dai “Padri di Don Orione” i quali hanno benedetto le piante destinate all’evento. La piantumazione degli alberi è stata
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animata dalla JF Band di Velletri i quali, grazie ai loro ritmi e alla loro giovane età, sono riusciti a coinvolgere grandi e piccini. Nel corso della manifestazione è stata presente una delegazione dell’associazione “Adottiamo una strada di Campagna” che ha lasciato una sua testimonianza sensibilizzando tutti i presenti a collaborare anche con piccoli gesti al bene per l’ambiente. Gli alberi utilizzati per l’occasione sono stati donati da alcune famiglie delle 5 sezioni della nostra Scuola dell’Infanzia. Le piante sono state le prime a far parte di un parco che è intitolato parco “I Bambini di Beato Tommaso Reggio”, Fondatore delle suore di Santa Marta.
nza, teatro...
un’amica di Betania Velletri
del domani sin dall’infanzia
to il planetario mobile dell’Istituto Nazionale di Astrofisica; i ricercatori hanno accompagnato i nostri bambini in un viaggio spaziale dove hanno potuto vedere e ascoltare argomenti che in particolare quest’anno vivono in prima persona grazie al progetto didattico speciale “Missione nello spazio”. La continua evoluzione del mondo e in particolare della società è per noi un elemento che viene concretizzato e appreso dalla ricchezza della conoscenza, ma soprattutto è mosso dall’unico Creatore che ci ha donato la vita, Dio Padre, ed è a lui che affidiamo la nostra sete di sapere affinché sin da piccoli si diventi consapevoli delle meraviglie del creato.
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“Bella ogni scienza, utile ogni sapere, ma scienza delle scienze è conoscere Gesù Cristo”, questo pensiero del Beato Tommaso Reggio possa ben accompagnare i nostri tentativi per trasformare nozioni e apprendimenti in “inviti” a guardare verso Colui che è il CREATORE di tutta la bellezza che ci circonda, sia quella vicina a noi, come la bella natura che circonda questa scuola, che quella lontana. Questa premessa era doverosa per presentare una nuova esperienza che i bambini nell’anno scolastico 2017/2018 hanno potuto vivere nella mattinata di martedì 28 novembre, grazie alla “macchina” Santa Marta che è sempre alla continua ricerca di stimoli e innovazioni. Infatti all’interno della nostra palestra è stato allesti-
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Benvenuto futuro! Non possiamo permetterci di perdere una generazione
le Insegnanti
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omenica 19 novembre, 2 a domenica dell’Avvento ambrosiano, l’arcivescovo di Milano Mons. Delpini, ha celebrato in Duomo la santa Messa invitando il mondo della scuola. Anche noi eravamo là fra le tantissime persone che hanno raccolto l’invito. Ci è stato affidato un compito che svolgiamo volentieri: portare nella nostra scuola, a tutti coloro che con diversi ruoli la vivono, il saluto, il pensiero, la benedizione del nostro Arcivescovo. Benvenuto, futuro! È stato questo il ritornello dell’omelia che ci ha dedicato. Siamo noi, gente di scuola, a proclamarlo ogni giorno, ci ha ricordato. Siamo noi che abbiamo a che fare con i bambini, con i ragazzi, noi con il nostro lavoro, la nostra passione, la nostra fatica a esclamare “Benvenuto, futuro!” A noi viene chiesto di accompagnare i ragazzi a vivere come protagonisti la loro vita e quel pezzetto di storia che toccherà loro di attraversare.
Benvenuto futuro!
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“Benvenuto, futuro! Ogni giorno i genitori, i docenti, gli operatori nel mondo della scuola guardando in faccia i bambini, i ragazzi, gli adolescenti con cui hanno a che fare ne vedono tutta la bellezza e anche tutti i limiti, tutta la gioia e anche tutte le ferite, la loro mania di curarsi e il lorro scriteriato trascurarsi e facendo sintesi di tutto proclamano: benvenuto, futuro! Noi continuiamo ad essere convinti che proprio questi ragazzi, proprio questi e non solo quelli dei secoli passati, invocano un aiuto per diventare uomini e donne, per imparare a farsi carico di sé e del mondo imparando a comunicare, imparando a pensare, imparando a lavorare. Certo tutti gli adulti avvertono che nel futuro non ci sono solo promesse, ma anche minacce; tutti intuiscono che sfide inedite e difficoltà impensate incombono sul futuro e proprio per questo sentono una sintonia con la parola inquie-
Non è la retorica di un ingenuo ottimismo
Benvenuto, futuro! Non è la retorica di un ingenuo ottimismo che vuole rassicurare una fascia di adulti smarriti e incerti su che cosa valga la pena di proporre, di insegnare, di promettere. Benvenuto, futuro: è lo stato d’animo di chi decide di credere a una promessa che non è una promessa elettorale, ma l’impegno di Dio per fare alleanza con l’uomo. Benvenuto, futuro! Non è la presunzione di chi pretende di essere il protagonista e l’artefice insindacabile e onnipotente della sua storia, perché confida nella sua scienza, nella sua ricchezza, nella potenza della tecnologia. È invece la parola della speranza di chi crede che il Regno dei cieli è vicino, non come una istituzione che domani si realizzerà sulla terra, ma come una presenza amica in tutte le epoche della storia, anche nel futuro. È parola profetica che contesta ogni arroganza, è parola incoraggiante che chiama al compimento, è parola esigente che chiama a conversione.
Benvenuto, futuro: noi crediamo che Dio opera nella storia come alleato del desiderio degli uomini e delle donne di essere felici. Benvenuto futuro! Benvenuto, futuro! Non si tratta della corsa scriteriata che insegue la novità per la novità, ma del percorso audace e insieme saggio che si appassiona all’impresa di custodire il mondo e di renderlo più abitabile. Per questo il benvenuto al futuro si alimenta della cultura che fa tesoro del passato e si forma alla sapienza: legge gli antichi testi e ne trae spunto per non piegarsi agli idoli del presente; si esercita nel pensiero e si fa forte per resistere alle seduzioni dell’apparenza; impara a praticare le competenze di ogni genere per la passione di rendersi utile in qualche cosa. Insomma il benvenuto al futuro abita a scuola, se la scuola è all’altezza del suo compito. Benvenuto, futuro: noi siamo cultori di una sapienza che aiuta a sperare.
Benvenuto futuro!
Benvenuto, futuro! La presenza tra i fedeli di “quelli della scuola” induce facilmente a considerare la scuola come un tempo di Avvento e a formularne l’identità come un cantico: Benvenuto, futuro!” Queste le parole che vogliamo conservare nel cuore come augurio e profezia per un mondo migliore!
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tante del precursore Giovanni: già la scure è posta alla radice degli alberi. Ma la minaccia non è per fare paura, ma per urgere la conversione e l’impegno: non possiamo permetterci di perdere una generazione, non possiamo permetterci di perdere nessuno. Per tutti e per ciascuno vogliamo proclamare: benvenuto, futuro: noi abbiamo fiducia in queste giovani generazioni!
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“Ricordati...”
100 anni di Miracoli V
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i è una parola della Sacra Scrittura che getta luce sul nostro cuore perché la celebrazione dei cento anni del nostro “Istituto Medaglia Miracolosa” ravvivi la nostra fede, il senso di appartenenza alla Chiesa, alla Congregazione, al paese dove è stato fondato. “Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere…” (Dt 8,2). Quando si vive un anniversario lo sguardo si rivolge a quell’evento iniziale in cui è nata una realtà nuova e lo si fa, non per rimanere ancorati in modo nostalgico al passato, ma per trarne incoraggiamento e speranza per il presente e per il futuro. Ricordare è molto di più che tenere a mente episodi, cronologie e persone del passato. È avere una memoria che “ricorda” che porta al cuore. Noi siamo memoria di chi ci ha preceduto, di chi ha sognato, investito tempo, talenti, energie. L’iniziativa è nata nel 1917 dal cuore di un sacerdote viciomaggino: Padre Natale Barbagli C. M. che ha rinunciato ai suoi sogni per accogliere soprattutto i bambini che avevano bisogno di un aiuto materiale, spirituale e umano. In questi anni si sono succeduti avvenimenti significativi e storie di Religiose, di Sacerdoti, di uomini e donne che ricordiamo con affetto e riconoscenza: le famiglie Baldesi e Milloni che hanno ospitato il primo nucleo di bambini
e di religiose nella loro casa in via del Casato, i Viciomaggini che nelle ore libere del lavoro dei campi andavano “con i bovi o la miccina” alla cava dei signori Baldesi e ricavavano le pietre per la nuova costruzione. Oggi noi vogliamo riportare al cuore, vogliamo fare memoria di tutte le persone, di tutti quei gesti che hanno segnato la storia di questo Istituto “Medaglia Miracolosa”. In questi cento anni non ci sono stati segni prodigiosi e strepitosi, ma gesti concreti vissuti nel quotidiano; non ci sono stati gesti automatici, ma ogni persona ha messo in gioco la sua libertà, il suo cuore per poter accogliere le fragilità quotidiane dei bambini, degli adolescenti, di chi aveva bisogno di essere curato, amato, capito, sostenuto. I miracoli sono stati questi: spendersi ogni giorno nel silenzio, nel sacrificio con competenza e professionalità per ottenere risultati positivi anche quando la realtà non lasciava speranza. Spendersi con la gioia nel cuore, con il sorriso sulle labbra perché la persona sviluppasse quelle potenzialità nascoste che porta in sé! Abbiamo aperto Il centenario il 6 maggio e concluso il 16 dicembre 2017 promovendo alcuni eventi speciali che hanno segnato la vita del personale dell’Istituto, degli ospiti, degli alunni che ancora oggi frequentano la scuola o il Centro riabilitativo. In questo giorno,
le Suore delle ComunitĂ Viciomaggio
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con l’intervento di sua eccellenza, il nostro Arcivescovo, Monsignor Riccardo Fontana, il Sindaco di Civitella in Val di Chiana, Dott.ssa Ginetta Menchetti è stato tagliato il nastro come nuova inaugurazione dell’Istituto ed inizio dei festeggiamenti. C’è stata una grande partecipazione, sono ritornati a far festa gli ex alunni, i convittori, tutti i viciomaggini e coloro che nel tempo hanno vissuto in questo Centro. Molte persone erano commosse nell’incontrare i vecchi amici, nel ritrovarsi nelle foto della mostra fotografica allestita per l’occasione. Sono ritornati alla loro mente i momenti salienti gioiosi e tristi della loro vita, le persone che li hanno affiancati, educati, accompagnati, portati all’autonomia. Alcuni hanno ricordato con gratitudine e affetto il nome e la bontà delle suore e degli educatori che hanno conosciuto. Il secondo appuntamento ha visto coinvolti i bambini della Scuola dell’Infanzia e Primaria nella festa di fine anno scolastico. Questo evento ha messo in evidenza che la prima opera apostolica dell’Istituto Medaglia Miracolosa è stato proprio l’Asilo infantile che accoglieva i bambini del paese e in seguito la scuola elementare. Il Convegno “Accogliere le Fragilità” che si è tenuto nel mese di novembre nell’Istituto è stato importante per l’interesse che ha susci-
tato non solo nel personale dell’Istituto, ma anche nell’ambito sanitario e scolastico esterno. Il Corso tenuto in collaborazione con la Pastorale Sanitaria Diocesana, e UOC Agenzia della Formazione Azienda USL Toscana Sud Est, voleva essere un momento di riflessione a più voci sul senso della vita che accoglie e convive con la fragilità umana in tutte le sue forme e in tutti i suoi connotati bio-psichicofisici. Il Direttore Sanitario, Dottor Tito Filippo Rastelli, ha invitato oratori all’avanguardia nel campo medico e psicologico, avvalendosi anche di alcune testimonianze di genitori che hanno arricchito la presentazione degli interventi dei relatori, i quali, con la loro cultura professionale ed esperienziale, hanno conosciuto e studiato l’essere umano nell’incontro e nella convivenza con la fragilità. È stato molto toccante l’incontro di preghiera nella nostra cappella, organizzato dai membri della Pastorale Sanitaria Diocesana, che si è fatta carico delle richieste lasciate dai pazienti, nella cassetta della chiesa dell’ospedale San Donato di Arezzo. Infine, il 16 dicembre 2017, abbiamo concluso questo anno centenario con la concelebrazione eucaristica presieduta da S. E. Monsignor Riccardo Fontana, sempre presente e partecipe ad ogni nostro evento. I ragazzi del coro della Scuola Santa Marta hanno cantato alternandosi con quello della Parrocchia di Viciomaggio. La celebrazione si è trasformata in una grandiosa e gioiosa manifestazione di gratitudine al Signore e a tutti coloro che
Madre Carla ha affermato “questo è un giorno di gioia, è il tempo del raccolto e quindi di una gratitudine immensa per tutti coloro che con infinito amore, con infinita pazienza e tenacia hanno saputo costruire e tenere in piedi quest’opera meravigliosa”. A conclusione, Padre Alberto Vernaschi, Confratello di Padre Natale Barbagli, ha illustrato la vita e l’apostolato svolto dal suo Confratello in Viciomaggio e nella nostra Congregazione facendo notare che Padre Natale Barbagli ha messo a disposizione dei poveri e della carità i beni che la Provvidenza gli aveva riservato. Dopo i saluti del Sindaco di Civitella, il Direttore Sanitario Dott. Tito Filippo Rastelli sempre entusiasta e puntuale nei suoi interventi, ha ringraziato i partecipanti invitando tutti al taglio della mega torta. Il brindisi e l’applauso scrosciante di grandi e piccoli ha rallegrato la festa.
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nel tempo hanno dato vita all’Istituto. Sono intervenuti alla S. Messa e alla festa, la Madre Generale, Madre Carla Roggero, la Madre Vicaria Madre Lilian Doll e numerose Suore provenienti dalle case della Congregazione. La
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Continua... il progetto presepe una mamma
Viareggio
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consuetudine nella nostra scuola che la classe quinta si occupi degli addobbi natalizi e in particolar modo dell’allestimento del presepe. Quest’anno abbiamo pensato che fosse interessante riallacciarsi ad un progetto, svolto negli ultimi tre anni dai nostri figli, nel quale le maestre Valentina ed Eva hanno creduto molto. Tale progetto ha previsto vari incontri e laboratori con la C.R.E.A., una cooperativa che si occupa di attività con ragazzi disabili. I nostri figli hanno partecipato con gioia alle varie iniziative proposte in questi anni, trasmettendo anche a noi genitori l’entusiasmo e il desiderio di conoscere sia i ragazzi che gli operatori di questa cooperativa tanto da suggerirci l’idea di proseguire noi genitori il loro progetto e di allestire insieme il presepe con il coinvolgimento di tutti. Ci siamo recati alla sede della C.R.E.A. per capire se tutto ciò sarebbe stato possibile; abbiamo parlato con gli operatori e abbiamo scoperto che ogni anno allestiscono il presepe con statuine di creta modellate da Gianfranco, un ragazzo disabile che frequenta il centro. Abbiamo quindi organizzato due pomeriggi in cui noi genitori abbiamo accompagnato i bimbi al Centro per modellare ciascuno una statuina in modo che si sentissero attivamente partecipi nell’allestimento del presepe. I nostri “scultori” con i ragazzi del Centro hanno partecipato con gioia all’iniziativa, trasformando un po-
meriggio normale in un momento di scambio, di divertimento, di confronto e di dialogo. Dopo che le statuine di creta erano asciugate, abbiamo fissato un incontro con un operatore, Andrea, che è venuto a scuola per allestire il presepe con alcuni di noi genitori. È stata la prima esperienza di questo tipo, per me molto positiva ed arricchente: abbiamo passato un pomeriggio a scuola in allegria, parlando e ridendo e facendo merenda insieme. Andrea ci ha mostrato i lavori dei nostri bimbi guidandoci anche nell’organizzazione del presepe. A fine giornata sono tornata a casa con un entusiasmo che solo i ragazzi della C.R.E.A. potevano trasmettermi. La loro gentilezza e semplicità nell’accoglierci mi ha scaldato il cuore e mi ha arricchito di nuove esperienze. Adesso guardando il presepe sento una gran serenità che custodirò sempre come dono prezioso nel mio cuore.
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Grazie
le suore della Comunità Chiavari
mamma Maria Il giorno 8 dicembre, festa dell’Immacolata, la signora Maria, mamma di suor Laura, ha lasciato questa terra. Aveva 101 anni.
A
lare” vita. La sosteneva una fede solida nutrita di preghiere vere, insistenti che la tenevano lontana però da devozioni pietistiche consolatorie. Non si spiega diversamente una vita così ricca di calore. È vero, è proprio vero il proverbio: “ci si scalda da vecchi con la legna che si è accumulato da giovani”. Ci dà tanta consolazione l’averla potuta curare e soccorrere con tutto quello che era necessario e ci dà tanta gioia la certezza che lassù dove vive beata non ci perderà di vista un attimo. Ne siamo certe, terrà sempre sott’occhio la sua Suor Laura e le suore di Santa Marta che ha amato davvero con una dedizione e uno spirito di sacrificio che ancora oggi ci stupiscono. Grazie mamma Maria!
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bbiamo avuto la fortuna di averla qui con noi per un po’ di anni e abbiamo assaporato giorno dopo giorno la finezza della sua bontà. Non c’era festa o avvenimento che non fosse preceduto da un suo pensiero “dolce”. Il suo primo pensiero erano sempre le suore, le piaceva vederci contente insieme a tavola a far festa. L’idea della festa e la gioia che le brillava negli occhi scaturivano da una quotidianità vissuta nell’umile accettazione di ciò che ogni ora portava con sé. Serena e dignitosa sempre si era “tessuta” intorno una rete di affetti caldi buoni che il tempo non aveva logorato anzi… la venivano a trovare continuamente in molti che avevano ricevuto da lei dedizione, cura, affetto. Si è spesa sempre con una generosità senza misura, incurante quasi dei pesi e dei dolori che avevano segnato la sua vita. I dolori non l’avevano né indurita né rinchiusa su se stessa, anche il dolore forte della perdita del marito quando era incinta di Suor Laura sembrava averle insegnato che comunque bisogna “rega-
Pagine aperte di suor Alessandra
Al “Santa Marta”...
Chiavari
50 anni dopo!
È
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un tranquillo pomeriggio di fine settembre, suonano alla porta, apro, e mi trovo davanti un signore sconosciuto e un po’ emozionato che si presenta: “Sono Eugenio Camisasca. Vengo da Seregno, sono un ex alunno di questo collegio S. Marta; ero qui negli anni 60 con altri cinque compagni, tutti di Seregno. Abbiamo frequentato le elementari al mare, qualcuno per ragioni di salute, altri per il lavoro di entrambi i genitori. Erano tempi lunghi quelli del collegio, racconta, si andava a casa a Natale e nelle vacanze estive. I nostri genitori venivano a trovarci una volta al mese, partendo da casa alle quattro del mattino e rimanendo con noi buona parte della giornata. Quando ripartivano, come quando rientravamo, dopo le vacanze, eravamo molto a terra, e ricordo che Suor Marta Gavazzi, in portineria, ci consolava e non ci lasciava andare finché non era tornato il sorriso. Quella del collegio è stata un’esperienza particolare: a sei anni eravamo dei piccoli ometti, dormivamo in grandi camerate, facevamo il letto da soli e davamo una mano ad apparecchiare la tavola. Poi siamo cresciuti, abbiamo fatto anche la prima Comunione nella cappella dell’Istituto, insieme ad altri nostri
compagni che hanno ricevuto la Cresima dal Vescovo Mons. Marchesani. Siamo arrivati alla licenza elementare e abbiamo salutato il nostro collegio con gioia e rimpianto! Ora, a cinquant’anni di distanza, ci siamo ritrovati in una simpatica rimpatriata tutti e sei”. Pinuccia Longoni, Vittorio Spinelli, Gianluigi Villa, Carlo Pulici, Gianni Longoni ed Eugenio Camisasca che, non contento dei ricordi collettivi, è tornato a Chiavari per rivedere i luoghi dell’infanzia, ha concluso il suo racconto dicendo: “Era una vita faticosa, per noi bambini, ma ho notato con sorpresa, incontrando gli altri, che a distanza di anni, abbiamo ricordato solo le cose belle di questa nostra avventura infantile!”. È stato un incontro inaspettato, ma che mi ha scaldato il cuore al pensiero dell’impronta che si può lasciare in chi ci avvicina, quando si semina e si vede fiorire il bene.
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Ma la Provvidenza lo voleva Pastore... «M
i rivolgo ora a voi, fedeli di Genova, di Ventimiglia e dell’intera Liguria, ed a voi, Suore di Santa Marta, per ricordare la luminosa figura del Vescovo Tommaso Reggio. Nella seconda metà del secolo scorso, egli fu educatore nei Seminari di Genova e di Chiavari, e giornalista, promuovendo il primo giornale cattolico genovese. Ma la Provvidenza lo voleva Pastore, ed egli fu chiamato a guidare la diocesi di Ventimiglia; in seguito, proprio quando, a motivo dell’età, aveva domandato di essere sollevato dall’incarico, il Papa gli affidò l’arcidiocesi di Genova.
La sua vita è stata quanto mai operosa, ma il segreto di tanta attività fu sempre una profonda comunione con Dio: “Sono ecclesiastico – scriveva –, è necessario che io sia santo… dunque si mettano in pratica tutti i mezzi per diventarlo. Costi quanto vuole, bisogna arrivare…». Questo ideale di santità egli propose ad ogni categoria di fedeli: laici, sacerdoti e persone consacrate; in modo particolare alle sue Suore. Oggi, come Beato, lo ripropone a tutti, offrendo dal cielo la sua intercessione». Dall’allocuzione del Papa S. Giovanni Paolo II il 4 settembre 2000 ai pellegrini nell’Aula Paolo VI
Nuovo anno
Cosa posso dirvi per aiutarvi a vivere meglio in questo anno? Sorridetevi gli uni gli altri; sorridete a vostra moglie, a vostro marito, ai vostri figli, alle persone con le quali lavorate, a chi vi comanda; sorridetevi a vicenda; questo vi aiuterà a crescere nell’amore, perché il sorriso è il frutto dell’amore. Madre Teresa di Calcutta
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È quanto la Redazione augura ad ogni lettore
Con l’affetto della memoria Roma, 17 novembre 2017
beatitudine eterna insieme alla tante nostre consorelle che già hanno conseguito il premio di una vita donata al Signore e le chiediamo di intercedere benedizioni e grazie per i suoi familiari e per tutte noi che la ricordiamo con tanto affetto. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO
Carissime, nella serata di oggi dalla Casa di Castelgandolfo (Roma), a compimento di una lunga vita spesa per il Signore e per gli altri, è partita per il cielo Suor EMILIA BERTI
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nata a Viareggio il 7 dicembre 1926, entrata in Comunità l’8 settembre 1947 e professa dal 17 settembre 1950. Da tempo godeva delle cure amorose delle consorelle che la soccorrevano e la aiutavano nelle necessità quotidiane perché era ormai bisognosa di tutto. Brava infermiera, capace di unire alla professionalità la dolcezza e la cura dei cuori oltre a quelle dei corpi, ha lasciato un ricordo indelebile là dove l’obbedienza l’ha chiamata per svolgere il suo servizio apostolico (Roma, Reggio Calabria, Poggibonsi, Querceto, Sarno, Castelgandolfo…). In particolare è vivo il suo ricordo in Libano, all’Hopital Abou Jaoudé di Jal El Dibb, dove per tanti anni
Carissima suor Emilia, come Suora e come responsabile di comunità si è prodigata per il bene dei malati e di ogni persona che avesse incontrato nel suo servizio, non badando a fatiche e difficoltà. Ha servito con generosità e dedizione la Famiglia religiosa che le ha affidato compiti di responsabilità nel Consiglio Generalizio e come superiora di comunità, manifestando sempre un forte senso di appartenenza e una particolare cura per i malati e per le persone sofferenti. La pensiamo ora a godere della
mi faccio voce di quelli che in Libano ti hanno conosciuto per ringraziarti per l’amore e le cure che hai avuto per quanti hai incontrato nella tua lunga permanenza nella Terra dei Cedri! Hai condiviso la vita di tutti nei momenti più bui e dolorosi degli anni della guerra. Hai dato a ciascuno forza e coraggio: il tuo sorriso gentile, i tuoi abbracci e le tue attenzioni ci hanno fatto crescere, consolato e tranquillizzato. Anche io ho sperimentato il tuo affetto. Quando eravamo insieme nel
Suor Damiana
Roma, 7 dicembre 2017 Carissime, stamane, improvvisamente, a Ventimiglia ha raggiunto la casa del Padre la cara Consorella Suor MAURA ROMAGNONE nata a San Remo il 6 giugno 1934, entrata in Comunità il 2 febbraio
1952, professa dal 9 settembre 1954. Solo da alcuni mesi si trovava in Casa Madre dove le sue condizioni di salute sono andate via via peggiorando. Fino all’ultimo ha cercato di servire la sua Famiglia religiosa con tanta dedizione e spirito di sacrificio svolgendo in questi ultimi anni il servizio di portinaia in Seminario a Bordighera e a Ventimiglia. Religiosa con una spiccata sensibilità, attiva e determinata nel suo operare, ha svolto la professione di infermiera con particolare dedizione e competenza dedicandosi principalmente al servizio a domicilio e curando soprattutto con il cuore le persone che visitava percorrendo instancabilmente le vie di Sestri Ponente, di Genova Sampierdarena, di Cuneo… con una particolare attenzione per chi era più povero e bisognoso. È stata una presenza molto preziosa anche nelle Case di riposo di Latte, Dolceacqua e Sarno dove come infermiera e responsabile di comunità ha saputo donare agli altri conforto e sollievo nel dolore e nella solitudine.
Il Signore l’ha preparata all’incontro con lui forgiando il suo carattere forte con una sofferenza che l’ha accompagnata nel corso della sua vita e che l’ha resa particolarmente sensibile e attenta al dolore altrui. La ricordiamo così e le diciamo di continuare in cielo a servire con generosità la sua Famiglia Religiosa attraverso una particolare intercessione per tutte noi che vogliamo essere vigilanti e prepararci all’incontro con lo Sposo quando Lui ci chiamerà. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO
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Consiglio (io ero la più “piccola”) mi chiamavi pecorina ed eri contenta di prendermi sotto la tua protezione. Nel periodo della mia malattia mi hai curato con sollecitudine e competenza, accogliendomi con tanta delicatezza a Querceto, dove eri Superiora, per un periodo di convalescenza nel quale, ancor di più ho potuto sperimentare la ricchezza del tuo cuore e le tue competenze, GRAZIE! Sicuramente continuerai anche dal cielo a proteggerci e a pregare per noi!
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“Se Dio abita in noi c’è pace e tranquillità. Questo si vede nell’aspetto sereno del volto, nell’atteggiamento gioioso della persona. Frutto della pace interiore è la più assoluta padronanza di sè, permette di comunicare con Dio ad ogni ora, in ogni momento” Beato T. Reggio