5 minute read

Parola di Dio

...nella vera umiltà

La vera grandezza si rivela nell’umiltà dell’uomo che si apre alla saggezza. Anzi, quanto più uno è grande e ricco di doni, tanto più profonda deve essere la consapevolezza di aver ricevuto da Dio e quindi la sua umiltà. Eppure, nonostante che sia ridicolo chi fa sfoggio dei doni di Dio come fossero suoi personali, molti sono gli uomini orgogliosi e superbi. Proprio per questa insensatezza radicata nel profondo della persona, per la misera condizione del superbo non c’è rimedio. L’unico rimedio è ascoltare con orecchio attento e meditare profondamente la parola del Signore (le parabole). L’atteggiamento umile, che sa porsi al livello di tutti gli uomini, non è solo una saggezza umana, ma è anche una virtù autenticamente religiosa, che ci fa trovare grazia davanti al Signore. Questo atteggiamento interiore di semplicità diventa un appello anche sulle labbra di Paolo: «Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri, non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi» (Rom 12, 16). «Il credente si rallegra di appartenere a Dio e comprende che è grazia di Dio l’essere in sua compagnia. Egli non si domanda se è degno o no di appartenergli, allo stesso modo che un bambino non si domanda se è degno o no di prender parte a un convito di adulti, si rallegra semplicemente per le buone cose e per la buona compagnia che lo tratta gentilmente. Egli è in questo un esempio per noi figli di Dio, a cui viene data una cosa così bella. Naturalmente “senza merito”; in che modo avremmo potuto “meritarlo”? E tuttavia ci sentiamo bene in questa compagnia e non abbiamo bisogno di sentirci stranieri» (Hans Urs von Balthasar). Anche l’evangelista Luca nelracconto di un pranzo “in casa di uno dei capi dei farisei” da parte di Gesù sottolinea che non è un semplice mettersi a tavola per mangiare. Si tratta di un rito sociale, di un banchetto solenne, anche per discutere insieme di argomenti “seri”, a volte religiosi, soprattutto quando un rabbino era tra gli ospiti. Gesù accetta di partecipare ad una di queste riunioni e, da osservatore attento e predicatore concreto ed efficace, prende lo spunto dalle piccole cose per costruire il suo messaggio: «osservando come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cèdigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto”. Gesù trasforma questa norma di urbanità e di astuzia in una esortazione religiosa e teologica. Gesù offre una regola per l’ingresso nel suo regno. L’arrivismo, l’orgoglio, l’autosufficienza, il fariseismo sono un impedimento; la semplicità, l’umiltà, il rispetto della giustizia sono, invece, le condizioni ideali per l’ingresso. La regola della mensa del regno è, secondo una costante tradizione biblica, una sola: “chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. Il Regno esige che l’uomo non si ritenga giusto dinanzi a Dio, ma che rinunzi ad ogni pretesa di auto-giustificazione. Quello che mi farà ottenere un posto nella comunione con Dio è non la mia giustizia, ma la sua grazia che mi dice: “Amico, passa più avanti”.» Questa corsa al primo posto è una delle malattie più diffuse. Nel privato e nel pubblico, nella cultura e nella società, anche nella Chiesa, in tutto ciò che facciamo siamo malati di questa ansia del primeggiare, e restiamo puntualmente delusi: il nostro amor proprio ha più fame di prima, dopo che è stato soddisfatto. Vorremmo passare di applauso in applauso, di complimen

Advertisement

...nella vera umiltà

to in complimento, ma la vita va avanti, noi siamo dimenticati, e il sentirsi dimenticati genera frustrazione e profonda malinconia. È venuto, “non per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti” (Mt.20, 28). Prezioso l’avvertimento di San Francesco di Sales (Introduzione alla vita devota, III, c.5): «Diciamo spesso che non siamo nulla, che siamo la miseria stessa, la spazzatura del mondo. Ma ci rimarremmo molto male se gli altri ci prendessero in parola e ripetessero pubblicamente le nostre affermazioni. Facciamo finta di tirarci indietro e di nasconderci, ma in realtà ci aspettiamo che gli altri ci corrano dietro e ci cerchino. La vera umiltà non si mette in mostra, e non dice quasi mai parole umili, perché non desidera nascondere soltanto le altre virtù, ma anche e soprattutto nascondere se stessa A mio avviso, dunque, è meglio non ripetere parole di umiltà, o pronunciarle soltanto quando corrispondono a un vero sentimento interiore». C’è invece un’altra regola per la mensa del Regno: “invita poveri, storpi, zoppi, ciechi”. «La comunità di Cristo è un luogo di ospitalità per gli esclusi, non per le élites sofisticate e settarie. Gesù abbatte le norme esclusivistiche del puro e dell’impuro e rende il suo Regno sede di comunione universale, la cui regola non è l’interesse economico o sociale, ma l’amore generoso e il perdono». (Mons. Gianfranco Ravasi). “Quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi”. Questo invitare a mensa non è soltanto nutrire distribuendo alimenti ai poveri. È promuovere, conferire dignità. È trattare i rifiutati dalla società come commensali, come uguali. È il mondo che annuncia Gesù. È il mondo della divina gratuità: di card. Silvano Piovanelli

Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

Siracide 3, 19-21.30-31 “Oltre ogni ironia, Signore, Tu che hai detto nell’ultima cena: “Non siate come i capi di queste nazioni che signoreggiano e dominano e poi si fanno chiamare perfino benefattori”, almeno chi siede al banchetto della tua Chiesa / sia immune da questa epidemia di titoli, e di onorificenze, e carriere, e prebende, ma sia come un fanciullo, gioioso di seguirti. Amen. (P. David Maria Turoldo) Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Certamente ti sentirai obbligato ad una più grande riconoscenza. Sarà più chiaro alla tua coscienza che, essendo tutto dono di Dio, non puoi vantartene dinanzi a nessuno, ma piuttosto sentire la responsabilità di rispondere meglio a quello che il Signore ti domanda. Soprattutto dovrai domandare a te stesso se i doni che tu hai ti fanno più pronto ad aiutare quei fratelli che il Signore mette sulla tua strada

This article is from: