notiziario delle suore di santa marta
Editoriale 3 Editoriale
Frammenti di santità 22
suor Rufina
la Redazione
In missione
Parola di Dio 4
Un supplemento d’amore!
don Carlo Silva
23 È più bello insieme...
suor Damiana
24 Avvolti da una coperta d’amore
Attualità 6
“Amoris lætitia” un inno alla gioia per ritrovare le ragioni dell’amore!
suor Damiana Spignoli
suor Sindhu e suor Anusha
26 Anno della misericordia
le Suore cilene impegnate nella Scuola
28 Una giornata da disabile Stefano
Spiritualità e carisma
32 Nocchieri fragili... un mondo di colori
8 Suore di Santa Marta... ieri, oggi, domani
le Suore dei Voti perpetui
10 La mia vita sempre in movimento... fra luci e ombre... una bella vita...
suor Stefania Benini
13 Rinnovarmi e rinnovarci riflessioni sugli atti capitolari
suor Stefania Benini
15 “In Gesù Cristo il Nuovo Umanesimo”
le Suore partecipanti
Amici di Betania
33 Seminiamo e aiutiamo il seme a fiorire da Sehaile
34 Imparare nel museo è più divertente!
da Viareggio
36 Libertà: grande aspirazione dell’uomo
gli Alunni
39 Giubileo della scuola: Santa Marta presente!
Maestro Michele
40 Esultanti di gioia
La parola a... Madre Carla 18 La pazienza è la virtù dei forti e... dei felici
42 Gioirà lo sposo per la sposa
19 Comunicar...si nella relazione educativa
suor Anita Bernasconi
da Fabbrica
Pagine aperte
Percorsi di formazione
Notiziario delle suore di santa marta
le Suore delle varie comunità
44 Bruxelles...
Viviana Abbondio
46 Un giovedì Santo particolare
Via V. Orsini, 15 00192 Roma
Vicario Episcopale Mons. Patrizio Garascia
48 Una vacanza tutta speciale
Quadrimestrale Anno LXXXIV Redazione suor Alessandra F., suor Damiana, suor Francesca, suor Maria Pia, suor Mariana Suore di Santa Marta Via Montenero, 4 - 22063 Vighizzolo di Cantù (CO) Tel. 031.730159 camfede@istitutosantamarta.org Stampa Àncora Arti Grafiche - Milano Progetto grafico In.pagina di Bergamaschi Fabio www.studioinpagina.it
da Chiavari
Con l’affetto della memoria 49
suor Marta Storti; suor Umiliana Trinci
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Cara suor Marta
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Suor Umiliana! una suora buona, buona, buona
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Testimonianze delle consorelle
Editoriale
La Redazione
“Le persone, tutte, sono volti e storie...” tre famiglie musulmane che saranno ospiti in Vaticano. L’importantissima Dichiarazione congiunta firmata in questa occasione dal Papa, da Bartolomeo I e da Jeronymos invita i Governi, ma anche gli uomini di buona volontà e specialmente ogni cristiano, a difendere i diritti fondamentali della persona, a proteggere le minoranze, a combattere il traffico di esseri umani e ad abbandonare le rotte di viaggio pericolose nonché a provvedere procedure sicure di reinserimento. Tutto questo deve trovarci con il “cuore aperto” per ricevere misericordia e donarla, imitando così il nostro Padre celeste sempre pronto ad accogliere, curare e custodire ogni sua creatura. 3 Camminando con fede 1/2016
Dopo aver vissuto in più occasioni l’Ecumenismo di sangue, come aveva ricordato più volte riferendosi alle persecuzioni dei cristiani nel mondo, ora Papa Francesco ci fa vivere l’Ecumenismo di carità con l’impegno comune delle Chiese. Il suo viaggio, insieme a Bartolomeo I e a Jeronymos, all’isola greca di Lesbo, ha voluto essere una scossa forte non solo per l’Europa ma per tutto il mondo! Un gesto piccolo, forse, come lui stesso ha dichiarato, una goccia nel mare ma “dopo questa goccia il mare non sarà più lo stesso” come già diceva Madre Teresa di Calcutta. Francesco cambia davvero la storia con quella semplicità che i grandi sanno indossare per denunciare i mali del mondo e affrontarli. Il Papa cambia anche il modo di vedere le persone, le cose, la politica. Sì, la politica che deve riappropriarsi del suo ruolo: con il dialogo riportare la pace e la giustizia sociale tra i popoli e costruire ponti e non muri. Cambia anche il modo di fare i conti con la propria fede, con quelle parole di Gesù, ripetute anche a Lesbo, e sulle quali saremo tutti giudicati: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25). Francesco ci chiede di rispondere a questo invito del Vangelo e, come sempre, accompagna le sue parole con un gesto concreto: nel viaggio di ritorno da Lesbo ha portato con sé
Parola di Dio
...un supplemento L
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a pagina di Luca ruota attorno a tre personaggi che animano tutta la scena: un Padre e i suoi due figli. Il Padre si comporta in modo giusto e divide il patrimonio tra i due. Come accade spesso nella vita di tutti, giunge sempre qualche complicazione: la carestia, che obbliga il figlio minore a fare delle scelte di necessità. Allontanatosi dal Padre dopo aver stroncato ogni rapporto e dissipato il patrimonio ricevuto per lo stile di vita assunto, è costretto ad una vita di schiavitù, lui che era partito rivendicando tutta la sua libertà. Il degrado a cui il giovane arriva viene descritto dal tipo di lavoro a cui deve attendere: pascolare i porci! Luca con una sottile ironia precisa che deve dar da mangiare ai porci lui che non ha cibo, che i maiali mangiano e così sono destinati a vivere, mentre il giovane non ha nemmeno quanto le bestie divorano! Agli occhi del padrone, quindi, la sua vita vale meno della cura degli animali. Quando però lo spettro della morte si fa più vicino, prende sopravvento il monologo interiore: andrò da mio padre… Non è un pensiero di conversione, è un calcolo astuto e meschino!, è un ragionamento d’interesse, un ricatto sentimentale: non più figlio, trattami da bracciante. Il salto è abissale, ma dal punto di vista del ragazzo è un guadagno, perchè la condizione di bracciante gli assicurerà il pane quotidiano. È un ragionamento che manca di lucidità, perchè nella casa del padre quest’ultimo non potrà mai assumere il ruolo di padrone proprio perchè è padre e quindi lui continuerà ad essere figlio, anche se l’ha combinata grossa ed è tornato solo per interesse economico!
Ecco allora che la luce illumina la reazione del Padre. Il Padre lo vede, perchè non lo ha mai dimenticato! Ha compassione, cioè è preso da una profonda commozione viscerale. Gli corre incontro, cioè accelera l’incontro… eppure aveva subito un torto. Gli si getta al collo e lo bacia, non risponde al figlio, ma dà ordini ai domestici. E sono proprio questi ordini a spiegare il perchè del suo correre: portate il vestito più bello e fateglielo indossare (l’identità e la dignità di figlio non è venuta mai meno!), mettetegli l’anello al dito (l’emblema del potere riacquistato!) e i calzari ai piedi (il segno del diritto di proprietà), prendete il vitello grasso (non si bada a spese per le speciali e grandi occasioni di festa!) e facciamo festa (reintegrazione completa della dignità e della figliolanza!). Nella scena di Luca la luce a questo punto si sposta sul figlio maggiore, il grande lavoratore, il figlio obbediente, colui che ha servito il padre fedelmente. Non prende bene il ritorno del fratello minore, l’uccisone del vitello grasso e ribolle colmo d’ira. Prende posizione contro e sta fuori, non entra in casa. Grande è il contrasto tra la commozione viscerale del padre e l’assoluta e violenta ira del figlio maggiore. Questa volta l’uscita del Padre non ha esito positivo. I motivi della sua protesta sono oggettivi, veri. Al Padre ha dato tanto e quindi deve ricevere tanto! Il figlio maggiore ha sempre agito secondo il principio della giustizia distributiva, ma il suo non è un rapporto d’amore, è una relazione puramente servile. Non è automatico che chi frequenta la casa del Padre e conosce la sua misericordia sappia amare il fratello! Questi due figli vivono dentro ciascuno di noi. Sono le due anime che convivono dentro di noi.
Lc 15,11-32 Spesso infatti la nostra logica è quella del dare per avere; è una logica puramente umana. La logica di Dio Padre è ben altra; il Padre viaggia su un piano superiore che ci viene spiegato dal verbo “bisognava”: è necessario un amore totale. Perchè se non si vive la logica dell’amore si è fuori casa, non si sta con Dio. Ed è sempre la logica dell’amore che ci fa fare il primo passo, che ci porta fuori a cercare, ad aspettare, a scrutare. Nessun rimprovero da parte del Padre: egli offre la sua misericordia e il suo amore. Questo è il metodo anche per noi… se vogliamo stare dentro e gustarci la festa! Coraggio, allora, sorella/fratello che ieri o oggi cammini nei piedi del figlio minore, prendi coraggio e incamminati verso quel Padre che da sempre ti ama e ti aspetta. Coraggio, allora, sorella/fratello che ieri o oggi stai indossando le scarpe del figlio maggiore, entra nel cuore del Padre e scoprirai che amando davvero il tuo cuore si ritrova in festa. Non c’è pretesa nè rivalità se regna l’amore, nè accaparramenti di diritti nè ostililtà se regna l’amore! Se regna l’amore il passo si fa spedito, il cuore è in festa e gli occhi brillano di gioia! Se regna l’amore non c’è niente che pesi o affatichi, non ci sono impedimenti nè freni! Coraggio, allora, sorella/fratello! È questa la porta santa da varcare in questo anno straordinario della misericordia… Dio ti attende lì… Dio Padre ti attende nella ricerca appassionata dell’amore!
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d’amore!
di don Carlo Silva
Attualità
“Amoris lætitia”
un inno alla gioia per ritrovare
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ell’esortazione post-sinodale sulla famiglia Papa Francesco ci vuole ricordare che l’amore non è un obbligo o una costrizione, ma una gioia, che nessuna famiglia è una realtà perfetta, che la sua fecondità è via attraverso la quale si sviluppa la storia della salvezza è l’immagine stessa di Dio creatore. Il documento, scritto con linguaggio poetico, ma con i piedi per terra, si può consultare per ritrovarvi la propria vita quotidiana, le fatiche, le fragilità ma anche la bellezza di un cammino che fa crescere.
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Francesco fa sintesi dei lavori sinodali (ben due Sinodi e un anno di consultazioni nelle Diocesi di tutto il mondo) e propone dei percorsi pastorali che tengono conto delle situazioni concrete di ciascuna famiglia. Il Papa non propone una nuova dottrina sulla famiglia e sul matrimonio applicabile in tutti i casi, ma chiama in causa la responsabilità di ciascuno e il riferimento alla propria coscienza. Nel testo appare chiaro che l’amore matrimoniale non si custodisce parlando dell’indisso-
di suor Damiana Spignoli
le ragioni dell’amore! Sul piano sociale Francesco critica la mancanza di politiche familiari da parte di molti Stati, richiama gli organismi pastorali alla responsabilità ed esorta all’impegno serio nella preparazione dei “corsi pre-matrimoniali” e chiede maggiore creatività tenendo anche in debito conto la pastorale popolare. A questo proposito dice: “ricordo il giorno di San Valentino che in alcuni paesi è sfruttato più dai commercianti che dalla creatività dei Pastori!” Si può dire con sicurezza che Papa Francesco sia specializzato in umanità perché ascolta le persone, sta loro vicino e le conosce. Dice che “la famiglia è bella ed è una buona notizia” ma non fornisce regole che possano valere in qualunque contesto perché le culture sono diverse e le varie situazioni richiedono risposte differenti. Non ricette quindi ma un cammino: il Papa non scioglie quei nodi che tutti aspettano che vengano sciolti proprio perché la sua prospettiva è di cammino nel tempo. Un cammino segnato da alcune parole: gioia, accoglienza, inclusione e tutti i verbi di movimento che sono i verbi della misericordia. Anche la Chiesa è chiamata a mettersi per strada attenta ed impegnata ad ascoltare, accompagnare e sostenere e in questo cammino è sicuro che siamo tutti sotto lo sguardo amoroso di Dio, il Padre misericordioso!
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lubilità come di un obbligo ma fortificandolo grazie ad una scelta costante con l’aiuto della grazia. Francesco esorta a coltivare sentimenti ed emozioni, a crescere mediante atti di amore e gesti di affetto frequenti, intensi, generosi, teneri e… più allegri. Forse molti si aspettavano un “manuale” per capire se i divorziati possono accedere ai sacramenti o se le coppie conviventi abbiano un posto all’interno della Chiesa. Il documento è invece una traccia per ritrovare le ragioni del proprio amore e il senso delle proprie scelte. Il testo contiene delle vere novità pur senza cambi nei precedenti documenti del Magistero su questo tema ma, precisa Papa Francesco, ciò non impedisce che esistano modi diversi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. Il criterio è il discernimento anche per capire quale aiuto la Chiesa deve dare alle persone per crescere nella vita di grazia e nella carità. Francesco ripete che il Vangelo chiede di non giudicare e non condannare nessuno e di evitare giudizi duri propri dei “controllori della grazia” ma di usare misericordia perché la Chiesa non è una “dogana” ma il segno tangibile dell’ infinita misericordia di Dio. L’esortazione contiene anche un vademecum per migliorare la vita familiare e di coppia: il Papa spiega come bisogna trattare i figli e come correggerli, accenna alla gioia per il cibo ben fatto in famiglia, ripropone le tre parole chiave di ogni relazione: Permesso - Grazie Scusa!
Spiritualità e carisma
Suore di Santa Marta... ...ieri, oggi, domani di un’amica
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na Suora di Santa Marta cerca Dio, non si allontana da Lui; Lo sente presente nei suoi pensieri, nei suoi gesti, nelle sue parole. C’è la chiara percezione che tutte le cose e tutti gli eventi lascino trasparire la Sua presenza, la Sua luce. Una Suora di Santa Marta è consapevole di essere uno strumento nelle Sue mani, una creatura nel tempo ed in funzione del tempo. Nell’amicizia, nell’amore in Dio e di Dio, trova lo scopo stesso della sua vita, e da questo sicuro riparo può alzare a sé tutte le cose, tutti gli
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eventi, tutte le creature del mondo, in un’immensa ampiezza. Nel mondo, una Suora di Santa Marta, semplice, sincera e pratica, trova la sua missione, intraprende la sua lotta per il trionfo della Verità e della Carità. Sa che deve rifuggire da ogni forma di egoismo, che deve servire, che esiste per qualche cosa che è sopra il suo interesse personale, che non è il suo proprio piacere, il suo proprio utile o valore personale”. Questa era una Suora di Santa Marta descritta ieri da Madre Ignazia Ongaro…
a volte sfugge agli occhi, per riportarlo vicino a sé. La Suora di Santa Marta è vita… …è uno sguardo pieno di dolcezza, due mani pronte ad accogliere, un cuore in ascolto ed una voce lieve che inebria il cuore. È semplicità e verità al tempo stesso. È un sorriso che illumina il cielo, è una fede che scalda e si apre al mondo. La Suora di Santa Marta è aperta al mondo, è vicina al mondo, vive nel mondo… …in un mondo che cambia, che corre, che si muove, ma che cerca sempre, ieri, come oggi e come farà domani, porti sicuri, porti aperti, porti dove la gente si incontri e parli, si conosca e impari a vivere insieme. La Suora di Santa Marta é un respiro profondo, che raggiunge e prende nelle sue mani il cuore… …il suo, per donartelo.. …il tuo, per dargli vita, speranza, sicurezza, amicizia e fedeltà.
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Ed oggi? Come ieri, anche oggi, con alcuni toni più intensi, alcuni colori più accentuati e vivi. La Suora di Santa Marta è un’amica, è consapevole che la sua amicizia con Dio non è fine a sé stessa, è un’amicizia che dona e che offre ad ogni cuore. La Suora di Santa Marta, nell’ascolto della Parola, avvicina l’orecchio e si pone in ascolto, anche delle voci più lontane, voci straniere, voci sconosciute. Voci e volti che conduce per mano verso un nuovo orizzonte, verso un sentire e un vivere più profondo. La Suora di Santa Marta, vivendo dell’amore di Dio e conoscendo cosa significhi amare in semplicità e verità, apre le sue mani, apre il suo cuore a chi ha bisogno, a chi ancora non sa che ha bisogno. Accoglie senza chiedere e si lascia trasportare in nuovi incontri, in nuovi gesti, in nuove parole, per seguire il mondo che cambia, che
Spiritualità e carisma
La mia vita sempre in movimento... fra luci e ombre... una bella vita... Un inno di ringraziamento a Dio che è misericordia!
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a celebrazione dei miei cinquant’anni di vita consacrata coincide con l’anno giubilare della Misericordia indetto da papa Francesco, è una grazia e una bellissima opportunità per guardare al passato con infinita riconoscenza e gratitudine perché il dono della Misericordia ha fatto da padrone nella mia vita. La stessa mia vocazione è maturata a Settignano in ambito scolastico a contatto con insegnanti-suore capaci veramente di perdonare e di far sperimentare la bellezza della misericordia del Padre! Quelle suore erano vere testimoni, appassionate e innamorate del loro Signore. Io ero una ragazzina ribelle e piuttosto monella a quel tempo e mettevo spesso le insegnanti suore alla prova. Loro verso di me hanno usato tanta pazienza e accoglienza che mi hanno disarmato e contagiato allo stesso tempo… tanto che io mi chiedevo chi dava loro tanta forza e tanta disponibilità al perdono e all’accoglienza! Mi hanno veramente aiutato a fissare il mio appuntamento con il Signore per dare una svolta decisiva alla mia vita. A contatto con queste suore e con l’aiuto di un sacerdote, mio direttore spirituale, ho sentito forte il desiderio di essere come loro e condurre una vita di donazione e generosità per
gli altri, seguendo il Signore. Guardando loro ho capito che la carità è il senso profondo della vita, è la grande legge vitale della comunità. Mi preme sottolineare questa cosa proprio per evidenziare come sia dono di Dio incontrare testimoni attraverso i quali Dio si rivela e come la loro gioia sia davvero capace di coinvolgere, incoraggiare, sostenere: così è stato per me! Così è iniziato il mio cammino di preparazione per la scelta della vita Religiosa. La mia mamma non mi ha aiutato in questo, anzi mi ha sempre contrastato, ma alla fine non si è opposta e mi ha lasciato fare, sperando sempre che fosse un fuoco fatuo e che da un momento all’altro io ci avrei ripensato e sarei tornata indietro. Invece il periodo di postulato e noviziato sono stati per me il tempo che mi ha condotto ad essere profondamente consapevole che la mia vita non era più mia, ma era “raccolta in Dio”. Un mistero che solo Lui con la sua grazia ha potuto operare! Io ho potuto solo esclamare e cantare, con le sorelle, ogni mattina: “L’anima mia magnifica il Signore”! Dopo la mia prima professione anche la mamma e le mie sorelle hanno potuto constatare che la grazia di Dio aveva lavorato in me, anche loro erano felici perché io ero felice. Inizio
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di suor Stefania Benini
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Spiritualità e carisma
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lo Juniorato, che abbraccia il periodo di voti temporanei, la cui durata è di sei anni e ha come scopo la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio, nella sequela di Cristo al servizio della missione. Seguono tre anni di studio a Roma, una vita densa di preghiera, di riflessione ma pur sempre attiva e laboriosa, nei tre anni ho seguito l’attività di catechesi e di Oratorio nella Parrocchia di S. Gioacchino, ricca di motivazioni, sempre con la gente e per la gente. In estate durante le vacanze estive, andavo in colonia dove accoglievamo tanti ragazzi… stupendo! Tanti ragazzi come avevo sognato, come desideravo. In questo clima meraviglioso ho celebrato con grande solennità i mei Voti Perpetui: per sempre del mio Signore! Dopo due anni di studio per prendere il diploma di maestra, ho iniziato la grande avventura nella Scuola, ma sempre aperta alla catechesi e all’attività in Oratorio. Scuola, catechesi, Oratorio sono stati sempre ottimi ponti per raggiungere le famiglie e provocare collaborazione educativa. Nelle diverse Comunità, non molte per la verità, solo due: Vighizzolo e Bovisa, ho cercato di vivere e condividere intensamente momenti di festa e gioia, con grande partecipazione delle famiglie. Ho sempre riconosciuto e valorizzato il potenziale educativo della famiglia che è il primo ambiente dove si impara ad entrare in relazione, nel rispetto reciproco e nella corresponsabilità. Infatti mi preoccupa molto oggi la crisi in cui si trova la famiglia in molti contesti. Tale crisi si ripercuote sulle nuove generazioni che vivono il disagio di essere abbandonate a se stesse, a non avere guide che le incoraggino e le sostengano nel loro cammino di crescita. Sono certa, con la mia esperienza, che le famiglie hanno bisogno di vivere la Comunità e le Comunità hanno bisogno di autentiche famiglie. Per questo, con tutti i miei limiti, nella mia vita di consacrata ho cercato di lavorare per le famiglie perché con la forza dell’umanità e l’innesto della fede la famiglia acquisti senso e sostegno, luce
e calore per sciogliere le inevitabili durezze! In quest’anno giubilare della Misericordia voglio ancora bussare e passare la porta, perché la porta è Cristo. Nella mia vita ho bussato ed ho trovato, mai mi sono sentita sola, ma sempre in compagnia, sia nel mio cammino personale, sia nella mia attività apostolica: quanti aiuti, consigli, quanto sostegno, solo lo Spirito Santo conosce! Impressi nella mia mente e nel mio cuore rimangono molti volti, innumerevoli situazioni gioiose e tristi, risate fragorose fatte insieme, lacrime versate insieme, cuori consolati, fiducia accordata, cammini ripresi…infiniti sentimenti… tante situazioni scorrono ora nella mia mente come in un album fotografico e tutte le offro al Signore perché Lui è stato benevolo con me… sempre… e mi ha sostenuto. Ritengo questo mio 50° di consacrazione un’opportunità favorevole di riconoscenza, un’occasione propizia per riscoprire il senso profondo della chiamata a seguire Gesù più da vicino, perché la mia sequela non sia solo una “funzione” nell’eseguire cose, se pur buone, ma sia un rimanere in Cristo per la diffusione della sua Parola e del suo Amore perché il Regno si compia. Più procedo negli anni più diventa necessario rendermi docile alla via che la volontà del Signore mi propone: “Mostrami Signore la tua via, perché nella tua verità io cammini donami un cuore semplice che tema il tuo nome. Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore e darò gloria al tuo nome sempre, perché grande con me è la tua misericordia: dal profondo degli inferi mi hai strappato. (Salmo 85) Tutto questo chiedo con insistenza al Signore per lasciarmi trovare da Lui quando mi chiamerà per il ritorno a “CASA” ed io canterò come ogni mattina: “L’anima mia magnifica il Signore”.
Rinnovarmi e rinnovarci di suor Irene Tealdi
a nuova Pentecoste che sgorga dal Capitolo, dalle sue speranze, dai suoi desideri e che vuole rivestire l’abito di un futuro prevedibile, di una volontà che si aggrappa alle promesse del tempo, della storia e che, talvolta, rischiamo di trasformare in istogrammi, si genera in pensieri sinceri, spontanei, dal cuore di ogni suora. Tutto, ovunque, si intreccia come il cardo con il decumano. Le risposte, nella loro essenzialità, sottendono sentimenti che magari non manifestiamo completamente, ma rivelano e confermano che diamo al nostro camminare insieme un supplemento di credito, lo diamo a noi stessi, alla Congregazione, alla Chiesa che, pur con tutte le sue debolezze, ha il volto illuminato dallo Sposo. Da ogni risposta si intuisce l’incommensurabile silenzioso desiderio di superare ogni frammento, ogni provvisorietà. Si avverte il desiderio di riportare tutto a Dio, tutto quanto abbiamo vissuto in questi anni, le cose belle e non, importanti e meno della nostra vita, interpretati, forse personalmente, come un anticipo di qualcosa che non può essere soltanto di questa terra. Le nostre pasque esistenziali sono molte, solo per qualcuno sono poche. Se nello spicciolo le risposte seguono la corsia delle domande, condivisibili o confutabili, nella loro confessione rivelano il desiderio di un tempo qualitativo che non solo sia fedele a questa nostra storia, ma possa usufruire di paradigmi di libertà, di consapevolezza nell’agire quotidiano. L’età e l’esperienza vogliono confermarlo anche
se libertà è sempre vera con lo sguardo all’altro. La confutabilità dei termini “confusione” e “impedisce” se da una parte vuole evidenziare passaggi di apertura, di sensibilità più matura, più consapevole, di coscienza responsabile, dall’altra conferma la quotidiana faticosa ricucitura delle dimensioni essenziali del nostro vivere, assetato di senso e di luce. Sappiamo di essere limite, finitudine, pur nei grandi sogni e desideri – e la morte ci ricorda questo dramma oggettivo che è la vita per tutti. L’esperienza radicale di fragilità – nell’avventura del nostro stare su questa terra – viene confermata implicitamente dalla terminologia con cui ciascuna si esprime o si innesta nella risposta delle altre. Forse ci guida la paura di riconoscere che nel nostro “poco” siamo tutti impastati di infinito, che nelle trame del nostro essere vi è il desiderio di trasformare la vita in un’intelaiatura di amore, di fiducia, di speranza a tutti i costi, nonostante il reale. Ci serve sempre confrontarci con i nostri limiti, ricordare che ciò che conta, nella fragile condizione umana assetata di luce non è la misura umana di riconoscimenti, ma consegnare la nostra vita ad un mistero che ci racconta qualcosa di sé nella rivelazione. Rivelazione che assorbe i nostri minuti quotidiani, che esce dal cuore di Dio, raminga nella storia alla ricerca di un’ospitalità, quella del nostro essere, del nostro spirito che immancabilmente e ineludibilmente si scopre cercato e interpellato.
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riflessioni sugli atti capitolari
Spiritualità e carisma Il Signore del quotidiano si presenta, pur tra le strettoie feriali, come progetto sorgivo per la nostra intuizione di fede. È in questa dimensione che navigano le contenute risposte delle suore, forse inconsciamente alla ricerca di una sintesi che appaghi il loro profondo, sintesi di verità, di bellezza, di amore, di quanto rimane inespresso. Il Signore Gesù qualifica come beatitudine ciò che è oggettivamente limite e fatica. Se ogni giorno, nei vari settori, prendiamo un grembiule per inchinarci davanti ad ogni persona che viene a noi è perché la curva di luce del Risorto ci convince che Cristo ha le nostre stesse mani, il nostro stesso volto, il nostro stesso cuore. Cristo fa sue le impronte digitali di ogni creatura e ci chiede di credere al di là dell’evidenza immediata dei sensi, come chiese a Tommaso. Certo rimane per ciascuno la fatica della non visione, quel senso di immediatezza credibile che può talvolta bloccare la fede e lo spirito sulla piattaforma della evidenza. “se non vedo…” Le risposte confermano che tutto si sa, che si
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conosce il vangelo, che si prega, ma che troppo spesso viviamo su binari paralleli e il quotidiano non si coniuga, non si traduce con quanto si sa. È la beatitudine della nostra fragilità che ci inchioda nella fiducia, nell’amore risanante di Cristo. È importante tener presente che ci muoviamo verso le “periferie” di chi ci visita ogni giorno, ma che anche noi siamo portatori di periferie. Ogni periferia proprio perché non gode di sicurezze umane può essere portatrice sana di Cristo. Noi non siamo persone confermate in grazia, ma sempre bisognose di “guarire”, non siamo assodate nelle conquiste religiose, ma sempre aperte a intuizioni evangeliche, a nuovi suggerimenti dello Spirito perché lo Spirito s-fugge da ogni confine, da ogni proprietà e appropriazione. Il quotidiano ci insegna che siamo sempre “alle prime luci dell’alba”, al “primo giorno” pronte a correre verso il Vivente che “non è qui”, non è là, ma che ci precede in tutte le “galilee”.
Giornate di spiritualità
“In Gesù Cristo il Nuovo Umanesimo” ei giorni 20 e 21 febbraio in un’atmosfera di calda accoglienza e in un ambiente favorevole al raccoglimento ci siamo ritrovate numerose a Chiavari, nostra “Betania” per eccellenza, per vivere momenti di spiritualità, guidati da don Andrea Buffoli. Alla scuola del Vangelo di Marco (10,13-16) abbiamo incontrato Gesù e i bambini, un Gesù che si lascia “toccare”…, apparendo troppo accessibile e per questo “criticato”… A volte a noi dà fastidio essere toccati, ci infastidisce se qualcuno entra nella nostra vita; invece Gesù ha bisogno di essere toccato,
di Lui dobbiamo fare esperienza… esempio chiaro è l’Eucarestia: lo mangiamo! Firenze durante il V Convegno Ecclesiale Nazionale, afferma che la chiesa Italiana deve lasciarsi toccare, visitare da ciò che la vita presenta… meglio una chiesa ferita che una chiesa falsamente perfetta! Questo dice qualcosa alla nostra umanità? Al nostro essere religiose e vivere in comunità? Nella “Misericordes Vultus” il Papa propone tre parole chiave: Umiltà: Humus, Terra. Immagine evangelica della “Lavanda dei piedi”. Non preservare
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le Suore partecipanti
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le nostre piccole glorie e onori, ma piuttosto custodire la vita. Abbiamo una storia, con nostri pregi e difetti, e dobbiamo vivere la nostra fede a partire dalla nostra storia, non altro! Disinteresse: Vivere al centro della vita, senza però imporsi, ma stare nella vita con libertà. Cercare la felicità nostra e degli altri. Disinteresse per una chiesa “in uscita”: oggi dove dobbiamo uscire? Cosa vuol dire per noi uscire? E per la nostra fede? Beatitudine: noi siamo beati. Beati a partire dalle fatiche e dalle piccole cose che ci rendono beati. Diceva il nostro Beato Padre Fondatore “Tommaso Reggio”: • attenzione alle suore in difficoltà e malate • ricreazione: medicina dell’anima e del corpo • delicatezza in parole e atteggiamenti • carità e comunità, non singolarità! • distaccate ma non fredde: tenere la giusta distanza. Anche l’incontro di spiritualità che si è tenuto a Roma nei giorni 11 e 12 marzo è stato un momento molto importante per la nostra vita spirituale e fraterna. Padre Vernaschi ha creato immediatamente
un clima di attenzione e di ascolto e ha svolto il tema incentrandolo sulle parole “tutto c’è a partire da Cristo… solamente alla luce del Verbo Incarnato trova luce il mistero dell’uomo (LG 1). Cristo rinnova tutto, ricollega l’umanità tra l’uomo terrestre e l’uomo celeste. L’umanità di Cristo è ricca di amore e di servizio per noi, è un dono grandissimo che Egli ci fa. Possiamo parlare di umanesimo solamente se guardiamo il volto di Cristo e in Lui il volto dell’uomo. Quel Volto ci guarda! “E voi chi dite che io sia?” Il Padre poi ha preso in esame le cinque parole di Papa Francesco: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Uscire: lo stile di Gesù è uscire senza paura di contaminarsi, anche noi dobbiamo uscire dall’accampamento senza paura di perdere la nostra identità. Andare verso gli altri è uscire da noi stessi, dalle nostre chiusure senza aspettare che gli altri vengano a noi. Annunciare il Vangelo della misericordia. Il nostro annuncio deve partire sempre dalla Parola di Dio, ricordando che il seminatore semina e sa attendere con pazienza.
A compiere quest’atto unico ed irripetibile, e profetico, è proprio Maria, la donna amante dell’ascolto e del silenzio. Nell’unguento versato è Maria stessa che si versa, che consegna se stessa, che si effonde come una profumata confessione di fede e di amore in Colui che ella riconosce e chiama il suo “Signore” (Gv 11,32). Solo un cuore amante, ispirato, libero e femminile poteva giungere a un atto così gratuito e pubblicamente sconveniente. Il vero protagonista del racconto è il profumo: l’unguento di nardo. Si tratta d’un olio profumato assai prezioso e genuino. È l’AMORE che è senza prezzo! Nella vita di fede c’è uno spreco inevitabile e amabile, un esalarsi nel puro nulla: uomini e donne che si sciupano consacrandosi a Dio, tempo perduto nella preghiera. Il nardo non è rimasto nel luogo della nostra preghiera ma unito a grani d’incenso ci è stato donato come simbolo in un sacchetto, per portarlo nelle nostre “Betanie”, luoghi di misericordia e di perdono, di accoglienza e di amore gratuito.
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Abitare: Gesù è sempre precario nelle sue abitazioni e non ha paura di incontrare le persone. Gesù abita il suo tempo, la sua gente, abita la città e la famiglia. Abita le grida e il bisogno di chi lo circonda. E noi quali conoscenze abbiamo delle difficoltà delle persone che ci circondano? Come aiutare i giovani a superare la cultura del provvisorio? Educare: Prima lasciarci educare da Dio, dalla storia che attraversiamo e che viviamo, e questo insieme! Educare evangelizzando con rispetto e gradualità, alla responsabilità personale ed essere un sostegno educativo per le famiglie, per gli insegnanti, i collaboratori… per tutti! Trasfigurare raccontando e promuovendo la bellezza della nostra fede, un incontro che cambia la vita. Rivitalizzare le nostre liturgie, consapevoli che la liturgia e i sacramenti sono una via di umanizzazione. A conclusione degli incontri non poteva mancare la condivisione della “Parola”. Il racconto dell’unzione di Gesù a Betania è uno dei più sorprendenti e delicati del Vangelo.
La parola a...
Madre Carla
La pazienza è la virtù dei forti e... dei felici È
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raro, sempre più raro trovare, tra le righe di articoli o sottolineato come meriterebbe, qualche cenno su una virtù che sembra quasi cancellata dal vocabolario quotidiano: la virtù della pazienza. Abbiamo “perso la pazienza”, nel senso più letterale del termine! “Avere pazienza” è un comportamento che non possiamo permetterci perché viviamo nell’epoca dell’alta velocità, del tutto e subito, dell’usa e getta; i nostri orologi sono sempre sincronizzati a scadenze in arrivo, a impegni da rispettare o programmi da portare a termine. Per questo, spesso la pazienza viene confusa con l’inerzia, o peggio, viene considerata come una resa, una debolezza. Al contrario l’impazienza, accompagnata magari dalla rabbia, diventa un segno di forza, di determinazione del carattere. Siamo di fronte a un vero rovesciamento della realtà! Padre Ermes Ronchi, ha recentemente scritto un libro intitolato: “L’infinita pazienza di ricominciare”: un buon titolo per ogni giorno della nostra vita.! Forse sarebbe utile tenerlo fisso sul comodino per “gustarne” qualche pagina e convincerci di ciò che dice l’autore quando afferma: “non esiste paura che la nostra pazienza non possa domare… dopo ogni inverno c’è sempre una primavera ad attenderci… e sicuramente il modo migliore per volersi bene è custodire uno spazio aperto in
ogni giornata per il silenzio, la preghiera, l’ascolto paziente”. Dio è paziente! Lo dice bene il profeta Geremia che usa l’esempio del vasaio (Ger 18,3-4). E il vasaio che rimodella continuamente la creta è Dio: Lui non ci butta via ma con pazienza ci riprende in mano, ci rimodella con la forza paziente delle sue mani… perché crede in noi nonostante tutto! C’è un bellissimo detto rabbinico che ci illumina e fa tanto ben al nostro cuore: dice così: “per noi lavorare con i vasi rotti è una sciagura, per Dio, al contrario, è un’opportunità. Noi siamo le anfore rotte che Dio rimette pazientemente sul tornio sempre di nuovo”. Pazientare, credere in se stessi, lasciare e dare agli altri il tempo di ricominciare è un arte da imparare giorno dopo giorno. Per questo la pazienza è la virtù dei forti: richiede costanza, tenacia e… la determinazione di portare a compimento ciò che ci siamo proposti a dispetto degli ostacoli che si frappongono. Come diceva il beato Tommaso Reggio: “la pazienza è quella virtù che tempera la tristezza che facilmente ci assale per gli affanni della vita”. La pazienza secondo il nostro Fondatore “non ci impedisce di sentire la noia e l’amarezza, ma ci aiuta a tollerarle senza lasciarci sopraffare dalla tristezza”. Sembra paradossale, ma la pazienza non è solo la virtù dei forti, ma è anche la virtù che ci rende felici!
Percorsi di formazione
Comunicar...si nella relazione educativa
di suor Anita Bernasconi
a ricorrenza del 50° anniversario della Dichiarazione sull’educazione cristiana “Gravissimum educationis” del Concilio Vaticano II (1965), ci suggerisce di leggere il testo conciliare per trarne uno spunto per il contesto nel quale oggi ci troviamo a vivere e operare. L’educazione è detta una questione grave, anzi “gravissima” che ha un’importanza capitale per il singolo e forti ricadute sulla società e sul suo sviluppo. Dopo cinque decenni il contesto sociale è profondamente mutato e anche il quadro educativo tanto che si parla di crisi dell’educazione. La constatazione di questa criticità non ci fa però rimpiangere i tempi passati, ma ci rende più determinati nel cercare di ridare il giusto slancio all’educazione. È questo l’impegno della nostra Congregazione e delle singole scuole “Santa Marta” che cercano, attraverso convegni ben organizzati nella scelta delle tematiche e dei Relatori, di fare ogni sforzo possibile affinché l’intervento educativo diventi più efficace e adeguato ai nostri tempi, carichi di problematiche, ma anche di grandi potenzialità. E così è avvenuto nel Convegno sulla Comunicazione svoltosi a Roma, presso la Casa Generalizia, il 13-14 febbraio 2016, tenuto dalla Psicopedagogista Dott.ssa Lucia Todaro
per le insegnanti ed educatrici della scuola dell’Infanzia: “Maestre di valore, scelte per una Professione che è Missione”. COMUNICAR...SI NELLA RELAZIONE EDUCATIVA Due giornate di formazione psicopedagogica per riconoscere, acquisire, consolidare e migliorare le abilità e le competenze necessarie nella scuola dell’Infanzia: • Relazione con il bambino… che non è solo un “alunno”! • Comunicazione efficace… che va oltre le “parole usate”! • Creare fiducia e consapevolezza… che è più del “dare buon esempio”! • Educare… che non consiste solo nel “correggere”! • Ascoltare davvero… che non è solo “capire”! • Insegnare con il cuore… che non è solo “avere passione”! L’obiettivo a cui voleva condurre la relatrice, era quello di dare maggiore valore e maggiore funzionalità allo stile educativo utilizzato per aiutare un bambino a crescere forte e sereno. Insieme verso… l’obiettivo. Bisogna avere le idee chiare, perché chi non sa bene che cosa vuole, finisce molto facilmente dove non avrebbe voluto.
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Percorsi di formazione PRIMO PASSO... NELLA COMUNICAZIONE: Andare incontro al bambino cioè trovarsi di fronte, avvicinarsi con grande delicatezza, per educare insegnando, cioè lasciando un segno e insegnare educando, cioè insegnare col cuore e fare emergere le sue potenzialità, attraverso una comunicazione efficace che va oltre le parole usate. Guardiamoci da interventi sbagliati che producono un effetto che non educa e crea rifiuto. Nella comunicazione col bambino è importante l’ascolto e sintonizzarsi in atteggiamento empatico che aiuta a comprendere la sfera emozionale dell’altro e a creare le condizioni perché l’altro possa capire che quello che si dice fa bene a lui. Agire perciò con intelligenza emotiva, cioè con la capacità di riconoscere, utilizzare e gestire in modo consapevole le proprie e altrui emozioni, i conflitti nei bambini e migliorare la comunicazione e l’ascolto.
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SECONDO PASSO... NELLA COMUNICAZIONE: È stare insieme… e guardarsi, anche nel silenzio per capire meglio le parole dell’altro. In una classe ci sono bambini che attirano il nostro sguardo, altri no, questo può rattristare un bambino. In una giornata dobbiamo cercare di dedicare uno sguardo ad ogni bambino e dal suo sguardo capire che cosa pensa. Un obiettivo educativo molto importante è creare fiducia e consapevolezza che è più che dare buon esempio. Il più bel gesto che si può fare nei confronti di un’altra persona, non è dividere con lei le nostre ricchezze, ma renderla consapevole delle sue. Dai due anni in su il bambino ha bisogno di fiducia, perché se non si sente amato nella prima infanzia, diffida che nella scuola ci sia poi qualcuno che lo ami.
È importante stabilire relazioni positive con ogni bambino, farlo sentire unico, speciale, creativo, portarlo alla stima di sé con stimoli di autoefficacia. Saper parlare è un gran dono, ma bisogna saper dire la parola buona, vera, giusta, generosa, coraggiosa, tenera, consolante, accogliente, rispettosa, saggia in ogni contesto. TERZO PASSO... NELLA COMUNICAZIONE: Dirigersi nella stessa direzione… tenendosi d’occhio. Prendo il bambino gli indico il cammino, quando lo lascerò, lui saprà che cosa fare. Anche il bambino ci tiene d’occhio, ci guarda e sente se lo trattiamo con amore. Ci guarda anche nel nostro rapporto tra noi insegnanti e con i genitori. Saper ascoltare davvero significa capire le cose dal punto di vista del bambino e percepire anche ciò che non ha intenzione di dire. Grandi sono i vantaggi di un buon ascolto: • riduce le incomprensioni • induce l’interlocutore ad esprimersi senza timore È importante il buon uso delle orecchie: sentire tutto e far uscire quello che non è essenziale. I bambini tante volte non ascoltano, perché non vogliono sentire parole che feriscono, che mettono timore. La scuola non è solo il luogo dove si impara, ma è anche l’ambiente in cui dobbiamo far entrare le nostre emozioni, la nostra esperienza, il nostro vissuto. (C. Rogers) L’insegnante deve saper creare un setting di apprendimento, con scelte e utilizzo di strategie didattiche idonee al raggiungimento dei vari obiettivi pedagogici, nell’ottica di una relazione d’aiuto e di incoraggiamento. I lavori del Convegno sono stati vissuti da tutte le insegnanti ed educatrici della scuola dell’Infanzia come opportunità per rinnova-
ciamo nostro l’augurio della Dott.ssa Todaro: “Cerchiamo di BEN-ESSERE per BEN-FARE” con i bambini che incontriamo ogni giorno. Vorrei concludere citando le parole di Papa Francesco, che ci riguardano perché tutte noi, anche se con responsabilità e ruoli diversi, abbiamo a che fare con bambini, ragazzi, quindi siamo educatori. “Non scoraggiatevi, dice Papa Francesco, di fronte alle difficoltà che la sfida educativa presenta. Educare non è un mestiere, ma un atteggiamento, un modo di essere. Per educare bisogna uscire da se stessi. Soprattutto siate testimoni con la vostra vita di quello che comunicate. Un educatore trasmette conoscenze, valori, con le sue parole, ma sarà incisivo se accompagnerà le parole con la sua testimonianza, con la sua coerenza di vita, senza coerenza non è possibile educare”.
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re la passione educativa, per ridare slancio al nostro lavoro e poter condividere la propria esperienza con quella delle altre. L’incontro ha fatto nascere un più forte senso di appartenenza al nostro Progetto educativo di Suore di Santa Marta e ha coronato uno degli obiettivi della scuola dell’Infanzia, quello della cura e dell’attenzione ai bambini sia dal punto di vista umano che didattico. Sono state giornate costruttive e ricche di emozioni che mi piace ricordare con questa frase: “Rispettiamo il diritto ad essere bambino e facciamo in modo che i bambini si riconoscano in quello che sono e non in quello che hanno”. Il segreto di una “Buona scuola” sono proprio gli insegnanti. Quando i bambini, i ragazzi hanno davanti insegnanti preparati, appassionati, aperti al nuovo, curiosi, creativi, la scuola diventa un luogo desiderabile e allora fac-
Frammenti di santità
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Il ricordo di Suor Rufina mi commuove sempre profondamente. Ho vissuto con lei e ho potuto godere della sua presenza semplice, umile e servizievole che è stata per me un dono prezioso. Accogliente, ma schiva e silenziosa, aveva una grande fiducia nella Provvidenza, proprio come desiderava il nostro Padre Fondatore per ciascuna di noi. Aveva una vita spirituale solida e profonda. Parlava al Signore con la spontaneità dei puri di cuore e la sua unica ambizione era servire per amore, nel nascondimento. Il nostro carisma era talmente radicato in lei che sapeva essere Marta e Maria con molta spontaneità. Era imparziale: grandi e piccoli erano importanti per lei e sapeva infondere coraggio in tutti. Avanzata nell’età e con una salute precaria era fedele al suo servizio in cucina: le sue polpette erano la delizia non solo dei piccoli ma anche dei grandi che spesso, passando vicino alla cucina e sentendone il profumo, chiedevano un assaggio. Quando ormai anziana per motivi di salute, ha dovuto lasciare la “sua” Masate, dopo mezzo secolo di servizio generoso, ha dato prova della sua virtù andandosene in sordina, portando tutti e tutto nel suo cuore. Grazie Suor Rufina, sei stata un dono per noi che abbiamo condiviso con te un tratto di cammino e per tutta la Famiglia Religiosa . La tua presenza ci ha sempre spronato ad avere fiducia in Gesù e a servirlo con volontà sollecita e generosa. Ora dal cielo intercedi per noi perché possiamo essere per tutti un segno del grande amore del nostro Padre celeste. di suor Annetta Conte Suor Rufina passata alla casa del Padre il 23 settembre 2001
In missione di suor Damiana
È più bello insieme...
Viareggio
cista oltre che preparata educatrice, ha tenuto settimanalmente il Laboratorio musicale con i piccoli. Questa attività è attesa con gioia da tutti i bimbi, qualcuno ha compiuto due anni da pochi giorni, che hanno offerto ai genitori, e anche ai nonni, una performance eccezionale che ha meravigliato tutti. Nella seconda parte della mattinata i bimbi, armati di carta colorata, forbici, tempere, pennarelli e colla, insieme a mamma e papà, hanno preparato le decorazioni che serviranno per la non lontana festa di fine anno. L’ora del pranzo è arrivata velocemente ma… nessuno dei bimbi ha voluto rinunciare al pranzo preparato da Morena e così i genitori contenti hanno lasciato la scuola da soli!
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a nostra scuola qui a Viareggio ogni mattino apre la sua porta ai bambini dai 2 agli 11 anni che portano gioia e che ci impegnano a essere anche noi gioiosi a nostra volta! Qui è come un grande cantiere dove tutti si danno da fare per crescere e far crescere attraverso molteplici attività che si svolgono in un clima di collaborazione, di accoglienza e di affetto. Il 22 aprile alla “Primavera”, che accoglie bimbi dai due ai tre anni, si è tenuta la giornata dei “Genitori in sezione” con la finalità di far conoscere in modo diretto le attività dei piccoli in questa sezione. Durante l’anno Suor Gabriella, esperta musi-
In missione
Avvolti da una coperta d’amore
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“È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporali e spirituali. Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli” Papa Francesco Misericordiae Vultus, 15
di suor Sindhu e suor Anusha Roma
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empo fa, tornando dall’Università, alcuni studenti ci hanno dato un foglietto dove vi era scritto l’invito a collaborare ad una iniziativa: dare la colazione a coloro che dormono per strada. Ne abbiamo parlato con la Madre che si è mostrata interessata e ci ha dato il permesso di andare. L’idea nasce ad un professore dell’Università Urbaniana in seguito alla notizia di un barbone trovato senza vita, vicino a san Pietro. Il professore, Padre Roberto, si rende conto che deve fare qualcosa e pensa così di coinvolgere gli studenti dell’Università. Da allora una volta alla settimana lui con i ragazzi si trovano nei pressi di San Pietro a dare la colazione a questa gente. Ma cercano anche di soddisfare ad altri bisogni, spirituali e materiali (essere accompagnati all’ospedale, procurare loro coperte e medicine). Qualche volta vengono invitati in Università dove viene celebrata una messa in suffragio dei compagni morti.
come loro. Un giorno una donna anziana ha regalato – a noi! – una bottiglia di latte, un altro giorno ci ha regalato un thermos grande perché, a suo dire, non ne aveva bisogno, ma noi potevamo utilizzarlo per altri! Parlando con loro si scopre che non tutti sono ridotti così per scelta, ma spesso dietro c’è una storia di dolore, di emarginazione. Siamo grati al Signore, alla Madre, per questa esperienza che stiamo vivendo proprio nell’Anno della Misericordia. Stiamo ricevendo sia dalle persone che serviamo ma anche da quei giovani che nel silenzio mattutino, fanno qualcosa di bello per i più sfortunati. Questo ci fa riflettere: bisogna essere cuore, mente, mani nel mondo di oggi, capirlo, amarlo, accoglierlo e servirlo nei modi che la Provvidenza ci suggerisce. Tutto è nato da quel poveraccio morto, trovato vicino a san Pietro, avvolto in una coperta… tutto può rivivere, se noi sapremo avvolgere con la coperta dell’amore chi si sente solo, povero.
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Da circa un anno anche noi andiamo per questo servizio, due volte al mese. La mattina presto mentre le nostre consorelle pregano Dio nella Cappella, noi ci sforziamo di adorarlo col nostro umile gesto di solidarietà. Ci ritroviamo davanti all’Università da dove, divisi in gruppi, ripartiamo alla ricerca di questa povera gente. E così quasi in punta di piedi stiamo entrando nel mondo di queste persone, ci salutano, ci raccontano delle loro pene e delle loro gioie, ci parlano dei loro compagni di strada, ci avvisano dei nuovi arrivi, tutto mentre offriamo loro caffelatte, thè, brioches. Uomini, donne, stranieri, malati… questo è il mondo che stiamo conoscendo anche noi, grazie all’iniziativa di Padre Roberto che ormai tutti conoscono e apprezzano. Per papa Francesco nutrono grande ammirazione, affetto e gratitudine: “Papa Bergoglio è il nostro orgoglio!” Ciò che ci colpisce è il fatto che, pur essendo poveri, sono disponibili verso altri bisognosi
In missione
Anno della Misericordia le Suore cilene impegnate nella Scuola
“Lo Spirito del Signore è su di me perché mi ha unto per annunciare ai poveri la Lieta Notizia” Lc 4,18
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on profonda gratitudine al Signore abbiamo vissuto in questo Anno Giubilare della misericordia le missioni con i giovani, 36 ragazze e 43 ragazzi, provenienti dalle nostre scuole e anche ex-alunni. Le ragazze hanno partecipato per il secondo anno a Teno (Curicò) e i ragazzi per il terzo anno a Valdivia. Le missioni si sono tenute dal 4 all’11 gennaio in un clima di fraternità, di preghiera personale e comunitaria. La programmazione della missione è stata un tempo forte di formazione umana e spirituale
accostarsi al sacramento della Riconciliazione, aprendo loro la strada per varcare le porte della Chiesa Giubilare. La partecipazione dei giovani a questa missione li ha arricchiti molto come dimostrano le numerose testimonianze che hanno regalato al termine della settimana e che hanno un denominatore comune: la gioia del cuore e il desiderio di continuare a essere “missionari” ogni giorno per portare il messaggio di Gesù ad ogni persona. Le otto consorelle che hanno vissuto l’esperienza della missione accompagnando i giovani sono grate al Signore: “rendiamo grazie al Signore per la sua misericordia e per le meraviglie a favore degli uomini” (Sal. 106,31). Uomini con un volto di anziano, di bambino e soprattutto volto di uomo ferito lungo il cammino della vita. Per la meravigliosa esperienza missionaria ringraziano la Famiglia Religiosa ed esprimono la loro fiducia nell’opera dello Spirito Santo che lavora in ogni comunità dove si vive la missione. La loro gratitudine va a ogni comunità a cui appartengono per aver loro permesso di dedicare un’intera settimana a tempo pieno al servizio del Regno.
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che ha avuto come riferimento il documento di Papa Francesco “Il volto della misericordia”. Ci sono stati anche tempi per la celebrazione Eucaristica, l’adorazione, la processione con il SS. Sacramento. Molto coinvolgenti sono state anche le visite alle famiglie alle quali i ragazzi hanno portato una parola di incoraggiamento e di consolazione, a seconda delle realtà con cui venivano in contatto. Non sono mancati tempi per la distensione e la ricreazione. La missione porta a porta nell’incontro con persone malate, anziani soli, famiglie con situazioni difficili ha toccato profondamente il cuore dei giovani che hanno provato la gioia di essere strumenti di consolazione. Per la processione, non avendo disponibile nessun sacerdote, sono state le Suore a portare il SS. Sacramento presso le case dove era stato preparato un altare. Gesù è stato accolto con grande fervore e adorazione profonda. Ricevendo la benedizione le persone avevano il volto luminoso che confermava le parole rivolte dal centurione a Gesù: “Signore, io non sono degno che tu entri nella mia casa…” (Mt. 8,7). Le Suore che hanno accompagnato i giovani in questa esperienza li hanno preparati ad
In missione
Una giornata L
a scuola ci ha offerto un momento di riflessione molto importante, utile ed emozionante, dandoci la possibilità di trascorrere una giornata con i ragazzi del Panathlon, un’associazione che aiuta i disabili nell’ambito sportivo. Personalmente ho considerato questo evento come una notevole lezione di vita, perché i ragazzi che abbiamo incontrato ci hanno fatto capire quanto coraggio, impegno ed autostima sono stati loro necessari per affrontare e superare le sofferenze e i grandi momenti di difficoltà, spiegandoci anche come sono riusciti a trovare nello sport il loro punto di rina-
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scita e la forza per condurre una vita difficile. Abbiamo scoperto le numerose discipline paraolimpiche, simili alla versione olimpica dei vari sport, che possono praticare per continuare la loro passione. Alcune persone diversamente abili con l’impegno, la forza di volontà, il duro lavoro svolto costantemente giorno dopo giorno, sono riusciti a raggiungere, trascinati dalla passione, risultati inimmaginabili. Durante l’incontro siamo stati sensibilizzati ad alcune semplici e buone regole di prevenzione che, anche se note, spesso sono disattese perché facilmente, soprattutto noi ragaz-
zi, siamo portati a sentirci onnipotenti e, per questo, immuni da ogni rischio. Ci è stato evidenziato che spesso i giovani in motorino, per sentirsi al centro dell’attenzione o magari perché pensano che andare a bassa velocità sia sufficiente a prevenire ogni pericolo, non indossano il casco, un dispositivo che, più che obbligatorio, deve essere considerato indispensabile per proteggere il capo da eventuali cadute o urti, riducendo così le probabilità di morte o di gravi invalidità. La nostra attenzione è stata richiamata anche sulle cosiddette “stragi del sabato sera”, eventi tristemente noti che riguardano tutti, ma che spesso vedono come protagonisti ragazzi poco più grandi di noi. I giornali della domenica a volte sembrano veri e propri bollettini di guerra e descrivono eventi pressoché simili, ad eccezione del nome delle persone coinvolte; la trama di questi film dell’orrore è quasi sempre la stessa: al sabato notte, di ritorno dalla discoteca o da una festa con gli amici, ragazzi spesso giovanissimi si siedono al volante sotto l’effetto di alcool o droghe, mettendo a serio rischio la propria vita e quella altrui. Molti sono diventati disabili per queste gravi disattenzioni, o meglio per questa folle incoscienza, che spesso deriva dalla poca importanza che viene data alla vita. Nel corso di questo incontro, abbiamo anche avuto la possibilità di fare una “prova pratica”, per toccare con mano le problematiche e le sofferenze che quotidianamente sono chiamati ad affrontare molte persone meno fortunate di noi: le difficoltà che ho sperimentato
giocando a calcio bendato ed a basket seduto su una carrozzina sono state superiori a quanto avrei potuto immaginare sentendolo solo raccontare e mi hanno aiutato a capire quanto impegno e determinazione servano ad un disabile anche solo per giocare, per segnare un goal quando non si possiede la vista o per fare un semplice canestro quando si è costretti su di una sedia a rotelle! Figuriamoci quanto possa costare in termini di fatica, coraggio ed impegno il raggiungere risultati vicini ai quelli dei campioni olimpici… Questa esperienza mi ha avvicinato ad una realtà poco conosciuta, quella delle persone diversamente abili, delle loro quotidiane difficoltà, del loro coraggio e della loro voglia di vivere ed è stata una vera lezione di vita, o meglio è stata uno stimolo per vedere la vita e le cose da un altro punto di vista. Gli insegnamenti che ho tratto sono diversi: innanzitutto il saper dare la giusta importanza alle cose, il valore della vita, quello della salute visto con gli occhi di chi non l’ha mai avuta o di chi l’ha persa, l’importanza della prevenzione e dell’attenzione alle regole, che non devono essere viste come freni alla nostra libertà, ma come buone abitudini e come aiuto per rispettare se stessi e gli altri. Ho trovato anche molto importante la capacità di non farsi condizionare dai propri limiti, che, come ci è stato dimostrato possono, o meglio devono, essere superati con l’impegno e la volontà, che sono la chiave e lo strumento per raggiungere traguardi neanche immaginabili.
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da disabile
di Stefano
classe II media Chiavari
In missione !
Si può NASCERE disabili Si può DIVENTARLO per cause accidentali non derivanti dal nostro comportamento Ma MAI DIVENTARLO per incidenti del sabato sera o in motorino, per assunzione droga o alcolici, casco non conforme o mal indossato non ottemperanza del codice della strada
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esperienza Per me questa mente a è stata profondoperto che toccante: ho sc rtunate di persone meno fo volontà e i noi con forza d a fare grinta riescono meglio di noi
il La forza e iutano coraggio a ogni a superare difficoltà.
mi ha Quello che giormente è g colpito ma e non si h il fatto c i di fronte sono arresoltà. alle diffic
ISTITUTO SANTA MARTA CHIAVARI
incontro È stato un ed importante Ho capito educativo! cia e la a che la ten za d’animo grande for ersone ci di queste pre possono da lezioni importanti di vita.
Ho capito che bisogna e stare vicini alle person che hanno incontrato problemi seri nella loro vita e sono riusciti ad affrontarli, perché loro alla fine sono più «forti» degli altri.
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In missione gli Amici di Betania
Nocchieri fragili... un mondo di colori Vighizzolo
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na domenica pomeriggio diversa dal solito, nella cappella dell’Istituto Santa Marta a Vighizzolo, il 10 aprile ci siamo ritrovati per condividere un momento di preghiera, sostenuto da tutta la Comunità Pastorale di Santa Maria delle Grazie, formata da quattro parrocchie. I sacerdoti, dopo l’annuncio dato nelle varie chiese, hanno invitato i fedeli ad aderire alla proposta; era presente anche uno di loro. Ogni incontro è sempre una sorpresa! Le Suore ci fanno scoprire le meravigliose virtù del Beato Tommaso Reggio, loro Padre Fondatore, e il carisma che sta a cuore alla loro Famiglia Religiosa. Anche noi di volta in volta ne scopriamo la grandezza! Il momento di preghiera era centrato su un passo del Vangelo di Marco (4, 35-41) che racconta l’episodio della tempesta sedata e su una riflessione del Beato Tommaso Reggio inerente al passo evangelico e tratto dalle omelie ai laici.
“Siamo nella barca della Chiesa, dove tutti siamo nocchieri inesperti e fragili! A volte ci sembra di “naufragare”, perché le vicende della Chiesa e del nostro quotidiano sono più grandi di noi. Ma il Signore non ci abbandona; Egli non finisce mai di stupirci con la sua inesauribile misericordia! Basta confidare sempre in Lui!” L’altare con la simbologia predisposta, i canti, il clima di raccoglimento e le risonanze di alcuni del gruppo ci hanno permesso di vivere in profondità la preghiera. Siamo ritornati alle nostre famiglie con un dono, che abbiamo molto apprezzato: il testo con la biografia di Mons. Tommaso Reggio, un’occasione ulteriore per conoscerlo sempre meglio! Ringraziamo le suore per le opportunità che ci offrono, mentre tutta la comunità parrocchiale attende di vivere con gioia il pellegrinaggio a Genova, la domenica 19 giugno, per sostare e pregare vicino alla tomba del nostro Beato.
Seminiamo e aiutiamo il seme a fiorire
la Comunità di Sehaile
molto gioiosa e partecipata, abbiamo donato a ciascuno un portachiavi con l’immagine del Padre misericordioso, dono della Madre Generale, che ci richiama, specialmente in questo anno giubilare, ad essere come Lui misericordiosi con tutti. I ragazzi frequentano con assiduità il corso di italiano e apprendono con grande facilità (chi conosce l’arabo è molto agevolato nello studio delle lingue). La conoscenza della nostra lingua è una ricchezza che possono “spendere” sul lavoro, quando viaggiano e, per alcuni, per seguire anche corsi di perfezionamento in Italia. Il rapporto che si instaura con loro ci permette di “seminare il bene”, come voleva il nostro Padre Fondatore, e attendere che esso fiorisca nel cuore di questi ragazzi e anche in questa terra tanto martoriata ma bellissima!
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a nostra Comunità, come è consuetudine, ha festeggiato con i ragazzi che frequentano il corso di italiano, la solennità di San Giuseppe. Molti Padri del vicino Convento dei Marianiti conoscono l’italiano, perché studiano a Roma e, così, abbiamo celebrato la Santa Messa in italiano secondo il rito latino. I ragazzi si sono preparati con entusiasmo per animare e seguire la Messa: canti, letture, preghiere dei fedeli e hanno atteso con trepidazione il giorno 19 marzo! Infatti con la festa liturgica di San Giuseppe hanno interrotto l’austero cammino della Quaresima che qui in Libano è vissuta con molta austerità: i cristiani per quaranta giorni si astengono dal mangiare carni, digiunano tutti i venerdì e non organizzano né partecipano a feste o divertimenti. Al termine della Celebrazione Eucaristica,
In missione
Imparare nel museo C
onsideriamo la gita scolastica una iniziativa legata alle attività curriculari che tende a realizzare finalità individuate sia sul piano didattico che comportamentale. Infatti queste iniziative contribuiscono a migliorare le relazioni degli alunni fra loro e con gli insegnanti. In particolar modo la visita al Museo di Scienze Naturali di Calci (Pisa) ha contribuito ad approfondire gli argomenti di Scienze e Storia affrontati durante l’anno. Ci sembra importante scrivere la cronaca della giornata riportando quello che i bambini, interessati e curiosi a quanto veniva loro mostrato, hanno raccontato per scritto il giorno dopo la visita al Museo.
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“Il 18 aprile le maestre Valentina e Eva ci hanno portato al Museo di Scienze Naturali di Calci, vicino alla Certosa. Siamo andati con un pulmino delle Gite Scolastiche. Appena arrivati c’era davanti a noi una grande struttura molto bella. Per arrivarci abbiamo dovuto percorrere a piedi una piccola strada attorniata da uliveti. Ci siamo trovati di fronte un grande portone davanti al quale ci aspettava Elisa, una giovane con i capelli scuri, la nostra guida, che ci ha subito condotto nella stanza chiamata delle meraviglie. Tra le tante cose abbiamo visto anche un leone imbalsamato ed Elisa ci ha spiegato che è una specie in via di estinzione perché gli antichi Romani, sbarcando in Africa, lo avevano cacciato molto.” Luca
è più divertente!
di Classe 3A
Viareggio
“Poi nella stanza dei mammiferi abbiamo visto tanti animali: orso,lupo, zebra, giraffa e Elisa ci ha spiegato che la giraffa ha un cuore enorme perché deve pompare il sangue fino alla testa che sta in cima a un collo lunghissimo”. Anna “Dopo aver fatto merenda per 20 minuti Elisa ci ha portato a visitare la stanza dei primati e ci ha spiegato che quelli con la coda sono i nostri “parenti” più lontani e quelli senza i più “vicini”. Luca “Dopo la merenda abbiamo visitato la sala dei dinosauri e abbiamo anche visto un filmato con la riproduzione di un Megalodonte.” Le maestre ci hanno fatto una foto dentro la sua enorme bocca!” Alessandro
“Infine abbiamo ringraziato e salutato Elisa che è stata bravissima e ci siamo avviati verso il pullman per tornare a scuola”
Alessandro
“Quando siamo tornati a scuola ho pensato che era stata una gita molto interessante. È durata dalle 9 fino alle 15”. Maria
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“Poi abbiamo fatto il pranzo al sacco e io ho offerto ai miei compagni dei sacchettini preparati con biscotti e caramelle perché era il mio compleanno . Dopo il pranzo abbiamo partecipato a un Laboratorio sui primati e Elisa ci ha spiegato tutto su LUCY, il primo australopiteco ritrovato e sull’uomo di Neanderthal”. Maria
In missione
Libertà:
gli alunni di Quinta Primaria
Saiano
grande aspirazione dell’uomo S
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pesso e volentieri, a scuola si discute molto sul tema della libertà, argomento molto sentito dai ragazzi, ma non sempre capito in modo corretto. Per approfondire tale argomento sono stati proposti: la visione del film “PADRE E PADRONE” e la lettura di due componimenti: “LA LIBERTÀ DI PENSIERO”, “ER PENSIERO” e la poesia “ER GRILLO ZOPPO” testi scritti dal poeta Trilussa che ha illustrato adeguatamente il tema. Dopo vivaci discussioni e riflessioni sulla “Voglia di libertà “i bambini si sono espressi così: “La libertà è un dono magnifico che ci permette di vivere serenamente, ma anche un traguardo e una conquista. La libertà, per quanto bellissima, non significa poter fare ciò che si vuole, poiché comporta dei doveri: per esempio la libertà di poter studiare comporta il dovere di andare a scuola tutti i giorni, ed è giusto che sia così. Essere liberi significa non aver paura di sbagliare, non temere i giudizi degli altri, essere se stessi in modo puro e senza mascherarsi dietro a una falsa personalità, seguire il proprio cuore, il proprio istinto o il proprio cervello senza badare a ciò che fanno gli altri.
Senza libertà non siamo persone ma animali o oggetti, senza poter esprimere le proprie emozioni e siamo in potere delle persone che ci sfruttano. Senza libertà non si vive: si sopravvive e basta e sopravvivere non è il motivo per cui Dio ha creato l’uomo. Quando sono libera mi sento volare e ho voglia di ridere, vedo il sole splendente e il cielo limpido anche se piove, penso al mio futuro e credo che sarà sereno, se inizio ora a costruirlo. Mi sento importante per la mia stessa felicità. Un esempio di libertà che ho provato è stato quando ero al parco con le mie amiche e le nostre mamme, noi correvamo sul prato che ci sembrava infinito, ci sedevamo sul bordo di un piccolo torrentello e lanciavamo i sassi nell’acqua; questo episodio può sembrare banale o superficiale, ma io mi sono sentita libera e capace di realizzare la mia felicità. La libertà è un valore immenso e prezioso che non bisogna usare male o sprecare. Un sinonimo di libertà è la parola “vita”, poiché senza la libertà è impossibile vivere in modo felice e sereno. Un altro modo in cui si manifesta la libertà è questo: poter esprimere le proprie emozioni e le proprie idee liberamente, e lo sto sperimentando proprio ora scrivendo questo testo”. Celeste
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In missione “La libertà per me è una sensazione bellissima che ti fa sentire leggero come una farfalla che vola nel cielo; è un dono che ti fai facendo tutto in serenità con il tuo corpo e la tua mente. Essere liberi vuol dire che tu non sei più sotto gli ordini di un’altra persona, ma sei tu che decidi per te stesso le cose che vuoi fare adesso o che farai in seguito. Quando sono libera mi sento “regina” del mio corpo e decido io quello che voglio fare, senza stare sotto a qualcuno che mi comanda e non ascolta quello che vorrei fare io. Quando sono libera faccio un po’ quello che ho voglia di fare, ma sempre rispettando le regole e le persone che mi stanno accanto. La libertà è un valore da non farsi scappare, perché se non ce l’hai più non ti ritorna, e la tua vita inizierà a diventare un po’ insignificante e senza un minimo di senso”. Valeria
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“Per me la libertà è sentirsi liberi, è un dono grandissimo, ci aiuta a pensare e a immaginare come e chi vogliamo essere. È immaginare un cielo aperto davanti a sé, è sentirsi una persona positiva che può fare tutto. Io mi sento felice, positiva, gioiosa, mi sembra di poter fare tutto; quando sono libera posso giocare, correre, ballare… senza dare fastidio alle altre persone. Ricordo che un giorno la mamma era andata a fare la spesa e papà era al lavoro, in casa c’eravamo solo io e mia sorella. Ci sentivamo libere, gioiose, serene… Allora ci siamo messe
a ballare con le luci colorate. E un’altra volta, in estate, la mamma mi aveva chiesto se potevo andare a comprare il pane, sono andata da sola, in bicicletta, mi sono sentita libera, avevo voglia di pedalare velocissimamente, di buttarmi per terra. Un’altra volta ancora, è stato l’anno scorso, quando i miei genitori volevano che io e Arianna andassimo dai nonni, in Sicilia, da sole. Ho pensato di poterlo fare, ma avevo paura. Anche Arianna si sentiva così. Alla fine mi sono divertita molto, con i nonni mi sentivo a casa. La libertà è un valore, peccato che molte persone non godono di questo dono e quindi chi ha la fortuna di averla, la usi bene, pensando a chi non ce l’ha, ma anche a quelli che l’hanno avuta e l’hanno usata male”. Alice “Per me la libertà è un bene immenso, io questo dono lo proteggerò sempre a tutti i costi. Essere liberi per me vuol dire sfogarsi, fare quello che più ti piace, stare tranquilli e liberarsi da tutte le emozioni inutili. Quando sono libero, mi sento leggero come una piuma, veloce come un ghepardo e felicissimo come una farfalla che vola nel cielo azzurro, limpido e sereno. La libertà è un valore grandissimo. Alcune mattine io mi sento particolarmente felice, perché mi sento libero e questo mi da’ tanta gioia e felicità”. Rocco
di Maestro Michele Genova
Giubileo della scuola: Santa Marta presente! abato 16 aprile 2016, nella suggestiva e maestosa Cattedrale di San Lorenzo in Genova, si è svolto il Giubileo della Scuola, al qual era invitato tutto il mondo della scuola: paritaria e statale, tutti insieme per approfittare della grande opportunità di lasciarci abbracciare dalla misericordia di Dio. Il ritrovo, alle ore 9.30, in Piazza Caricamento, nelle vicinanze dell’Acquario. Inizialmente qualche gruppetto di suore, insegnanti, bambini e ragazzi, ma poi nel giro di mezz’ora la piazza era gremita. Alle 10.00 il Vescovo ausiliare di Genova, Mons. Nicolò Anselmi, ha preso la parola per introdurre la giornata e spiegare la dinamica dell’evento. Lo stesso Vescovo ha aperto la processione che ci ha condotti davanti a San Lorenzo. A conclusione di questo brevissimo pellegrinaggio, in un silenzio quasi surreale, bambini e adulti hanno attraversato la Porta Santa, lasciando alle spalle gli errori del passato e proiettandosi in una vita nuova. Il significato della Porta Santa rimanda infatti alla vocazione cristiana, intesa come passaggio dal peccato alla Grazia, attraverso il Signore Gesù che ha detto di sé: “Io sono la Porta” (Gv. 10,7). Suore, bambini, insegnanti, catechisti, genitori
e nonni del “Santa Marta” hanno assistito insieme alla Santa Messa celebrata dal Vescovo ausiliare che nella sua omelia ha richiamato ogni cristiano ad “alzarsi”, ad andare avanti senza timore e senza paura perché il Signore è con noi in ogni momento della nostra vita. A conclusione della Messa, dopo i saluti delle varie autorità legate alla Scuola genovese e i diversi ringraziamenti, il Cardinal Bagnasco, momentaneamente indisposto per un piccolo infortunio, ci ha onorato della sua presenza e ha condiviso con noi un pensiero: andare a scuola è una fortuna e un’opportunità che non tutti i bambini hanno e quindi i nostri ragazzi devono ritenersi fortunati. Dopo la benedizione a conclusione della Santa Messa, è stato preparato in Piazza San Lorenzo, dai ragazzi dell’Istituto Professionale, un momento di convivialità con focaccia e bibite per tutti i partecipanti, poi il ritorno alle nostre case, alle nostre famiglie, alle nostre attività, uguali a prima nell’aspetto, ma rinnovati e cambiati nel cuore.
Una nuova vita ci aspetta, viviamo alla grande
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Esultanti di gioia
le Suore delle varie Comunità
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entre eravamo ancora “immerse” nella gioia pasquale è arrivato il giorno atteso da tutte con tanta trepidazione! Il 29 marzo al mattino presto ci siamo svegliate con cuore allegro: arrivava la nostra carissima Madre! Dopo due anni di attesa final-
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India
mente abbiamo potuto incontrarla. Eravamo davvero felici di vederla ed entusiaste nello scambiare con lei affettuosi saluti. Nonostante il caldo soffocante, insolito in India in questa stagione, la Madre è rimasta con noi dandoci esempio di pazienza e semplicità.
comandato che ogni Suora di Santa Marta deve diffondere il profumo della dolcezza e la luce della bontà. In tutti i suoi discorsi era presente la necessità di recuperare lo Spirito religioso. Diceva infatti che dobbiamo curare e dare vigore allo spirito religioso e recuperare il senso profetico della nostra vita. Se l’obiettivo della nostra vita è imitare Cristo è facile ricominciare ogni giornata con uno slancio positivo e essere anche meno problematiche sia personalmente, sia all’interno della Comunità, sia nel nostro apostolato. Durante i giorni della sua permanenza in India, il Signore ha “custodito” bene la Madre! Il tempo è volato e 22 giorni sono passati troppo in fretta! Il giorno 20 aprile, con grande dispiacere, l’abbiamo dovuta salutare! Abbiamo però trovato consolazione nella convinzione che possiamo restare unite sempre nella preghiera. GRAZIE MADRE CARLA!
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È arrivata con pesanti valigie piene di regali e ogni giorno, fin dal primo giorno, ci ha fatto un dono come espressione del suo amore. Dopo ogni pasto ci ricordava come deve essere una Suora di Santa Marta. I giorni trascorsi insieme sono stati belli e costuttivi in tutti i sensi. In questi giorni il Signore “ha compiuto grandi cose per noi”! Prima di tutto seguire gli Esercizi Spirituali in sua presenza avendo la possibilità di incontrarla personalmente e senza fretta è stato molto bello. Inoltre i momenti di preghiera e di riflessione guidati da lei sono stati davvero momenti di formazione umana e spirituale per tutte noi. Nel primo incontro ci diceva: Siamo qui per un motivo soprannaturale e dobbiamo confrontare la nostra vita con quella di Cristo, se siamo umili dobbiamo riconoscere la nostra nullità. Per quanto riguarda la Carità ha rac-
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Gioirà lo sposo N
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ella Diocesi di Volterra il nostro vescovo ha voluto incontrare le Suore che vi operano per celebrare con loro il Giubileo e chiudere l’Anno dedicato alla Vita Consacrata. Papa Francesco ha voluto indire questo anno proprio nel cinquecentesimo anniversario della nascita di santa Teresa d’Avila e di san Filippo Neri, desiderando che i religiosi e le religiose “risveglino il mondo” e “illuminino il futuro”. Nella solenne celebrazione iniziata con il pellegrinaggio verso la Cattedrale, il passaggio della Porta Santa e la rinnovazione delle promesse battesimali, il Vescovo nella sua omelia ha ringraziato le religiose e i religiosi della Diocesi per il prezioso dono che essi sono alla Chiesa e si è soffermato soprattutto su quattro punti: • l a vita religiosa come dono • l a vita religiosa come scala verso il cielo • l a vita religiosa come testimonianza • l a vita religiosa come operosità. La vita religiosa è un’invenzione di Gesù, una scoperta del Nuovo Testamento. È la testimonianza del Regno perchè i religiosi annunciano con i voti di povertà, castità e obbedienza quello che sarà la vita futura: “passa la scena di questo mondo” e tutti siamo chiamati a vivere in eterno la nostra relazione con Dio. La persona consacrata è come la scala di Giacobbe che poggia per terra ma la cui cima raggiunge il cielo. Il religioso infatti, pur condividendo in pieno la vita dei fratelli, addita loro il cielo. “Per me vivere è Cristo”: per esser testimoni di Dio bisogna essere pervasi dalla sua pre-
senza e il nostro compito di religiosi è di essere persone di Dio che vivono di Lui, con Lui, per Lui. Nessuno può mai essere perfetto nella contemplazione se non dopo la fatica del lavoro operoso perchè si può entrare nella vita eterna senza contemplazione ma non senza aver operato. Al termine dell’omelia il Vescovo Alberto saluta tutti con queste parole: “Grazie della vostra presenza! Il ringraziamento mio e della Diocesi è unito alla stima per quanto fate e all’augurio di lavorare con alacrità fino a quando il Signore ci chiamerà a ricevere il premio promesso”. Raccogliendo l’invito del Vescovo e sull’esempio di Maria vogliamo fare quello che Gesù ci dice per divenire uomini e donne dell’Alleanza nuova. In questo anno dedicato alla Vita Consacrata è stata poi effettuata un’altra esperienza: i giovanissimi dell’Azione Cattolica hanno visitato tutte le Comunità religiose e sono venuti anche da noi. Diversi erano ex alunni della nostra scuola materna e si sono subito messi alla ricerca di qualche angolo a loro familiare. Si sono poi disposti in cerchio per ascoltare le nostre testimonianze e le nostre risposte alle loro domande. Hanno voluto conoscere gli inizi della nostra Famiglia Religiosa e gli ambiti in cui svolgiamo la nostra missione. Ci hanno poi interpellato personalmente per conoscere come è nata la nostra vocazione. Lasciandoci, dopo essersi guardati ancora intorno, quasi a voler imprimere nella loro mente qualche immagine del loro passato,
per la sposa
la Comunità Fabbrica
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hanno ringraziato per questo incontro e per la preziosa opera che svolgiamo nella Parrocchia di Fabbrica.
Ci siamo promessi un ricordo scambievole al Signore perchè ci mantenga all’interno del suo Regno!
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Bruxelles... In ricordo dei superstiti, delle famiglie, degli amici, delle vittime all’aeroporto di Zaventem e alla stazione di Maelbeek “Tornerò. Tornerò come quel primo giorno di tanti anni fa. Tornerò... anche se forse non come te lo aspetti, non come lo speri, non come lo pensi. Arriverò piano nella notte, mentre sogni, e coloreremo di nuovo insieme i nostri giorni, il nostro presente come il nostro domani.
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Ti ascolterò... molto di più di quanto abbia mai fatto finora. Memorizzerò ogni singolo suono e parola che pronuncerai, li vivrò come se fosse la prima volta che sento la tua voce, una dolce melodia che nasce dal cuore e si diffonde. Volerò, voleremo insieme, su questa melodia e la seguirò fino a dove non avrei mai pensato di andare, fino a dove le ali del cuore non avrebbero mai pensato lasciarsi trasportare. La seguirò... perché è la tua melodia, è la tua voce, è il tuo cuore, ed io sarò li con te. Mi avvicinerò piano nella notte, e fermandomi a guardarti, in silenzio, solleverò lievemente la mano, che dolcemente sfiora il tuo viso, senza svegliarti, senza disturbare i nostri sogni, senza sbiadire i nostri colori.
Viaggerò, viaggeremo di nuovo insieme; sì, perché il mondo è nelle nostre mani e, senza che ce ne siamo mai resi conto, il mondo ci appartiene. Il mondo appartiene a noi, alle nostre voci, ai nostri sogni; e siamo noi che lo dipingiamo coi colori del cuore, e che continueremo a farlo sempre più splendente di quanto sia mai stato. Sarò li con te... anche se non come te lo aspetti, anche se non speri più, anche se mi pensi ma non sai come. In porto ci sono diverse navi, e ne abbiamo prese due diverse, ma con la stessa destinazione. Ci ritroveremo... Condivideremo i passaggi fatti, le mete raggiunte, i volti incontrati, i momenti vissuti. Ti ascolterò... e vivrò quanto hai vissuto, dai tuoi occhi, dal tuo sguardo, dal tuo sorriso, dalla tua voce. Ti aspetterò... non mi muoverò senza te, non affronterò il tempo senza te. Ti seguirò... in ogni passo che farai. Ti sosterrò... ogni istante che sentirai le forze venirti a mancare.
di Viviana Abbondio
...22.03.2016 Sono qui... anche se non mi vedi, anche se non sai più come questa distanza si possa annullare, anche se pensi che niente sarà come prima. Ci sono e continuo a parlare con te. Ascolta anche tu la mia voce. Lasciami entrare nei tuoi sogni, lasciami arrivare piano, lasciami una porta aperta, quella del cuore, e sentimi nel profondo.
Oggi è un nuovo giorno, e siamo ancora insieme. I tuoi sogni, sono i miei sogni. La tua voce, sono le parole mai dette ma desiderate. I tuoi occhi, sono il mio sguardo sul mondo. Le tue speranze, sono la mia forza, la nostra forza, ad andare avanti e vivere. Aspettami... e quando busserò, aprimi la porta ancora una volta. Tornerò... perché non ti ho mai lasciato.” 45 Camminando con fede 1/2016
A volte volerò un po’ più lontano, ma con uno sguardo, dolce e intenso, trafiggerò le nuvole per rivolgerlo verso te, per cercarti, per guardarti, per ricordarti che ci sono.
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Un giovedì Santo È
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un giovedì santo davvero particolare quello che stiamo celebrando oggi… il giovedì santo – come sapete – è un giorno molto caro a noi preti, perché siamo tutti nati spiritualmente quella sera nel cenacolo… lì ci ha chiamato amici e ci ha affidato tutto, anzi, ci ha affidato se stesso, così che possiamo parlare con il suo io. Questo è il significato profondo dell’essere sacerdote: diventare amico di Gesù! …e siamo qui in questa circostanza a celebrare il funerale di un amico di Gesù, di un prete a noi molto caro, don Giovanni, uno tra i sacerdoti più anziani della nostra diocesi. Siamo qui, a pregare per lui e a chiedere a lui di pregare per noi, nella certezza della comunione dei santi, siamo qui per abbracciarlo. Mi piace pensare a questo funerale incastonato come una perla tra le due eucaristie tipiche di questo grande giorno: la Messa Crismale concelebrata stamattina in cattedrale, con il Vescovo, e la messa in Coena Domini che a partire dal tramonto del sole celebreremo nelle nostre chiese… Penso che non ci sia un giorno più significativo, un momento più eloquente di questo per un prete per celebrare la sua pasqua, cioè il suo passaggio da questo mondo al Padre... Perché il prete è tutto qui… è come spiegato da queste due Eucaristie! Anzitutto il prete è un discepolo di Gesù, chiamato ad essere apostolo, inviato da Lui nel mondo, ma dentro la comunione del presbiterio unito al Vescovo (che a sua volta è unito al Papa nel mistero della Chiesa): e questo ha voluto esplicitare la Messa Crismale di stamattina in duomo a Milano… al prete
vengono consegnati gli olii come balsamo per consolare il popolo di Dio… e il prete è un discepolo chiamato da Gesù a presiedere l’Eucaristia, quale sacramento che rende presente la Pasqua di Gesù ed edifica la Chiesa come suo Corpo nel mondo, e questo è il significato della Messa in Coena Domini che stasera celebreremo…prete uno che sta davanti all’Eucaristia per adorarla, per viverla… La Parola di Dio che è stata letta ci aiuta ad esplicitare la missione e la vita del prete e dunque quella di don Giovanni… La prima lettura ci ha parlato dell’istituzione dell’Eucaristia. Chi è il prete? Chi è stato don Giovanni? Il prete è colui che è mandato da Gesù a preparare la Pasqua e a cercare la stanza dove celebrarla. Noi preti siamo semplicemente i vostri servitori! Coloro che preparano la stanza… Presi a servizio! E don Giovanni questo servizio l’ha vissuto fino alla fine… La seconda lettura ci ha presentato la morte in croce di Gesù, (che rivivremo domani)… e il prete, è uno che contemplando il Crocifisso impara a dare la vita per amore… non sappiamo altro che questo… E la terza lettura ci parla del Cristo risorto che affida ai suoi apostoli il ministero della riconciliazione: quanto ha confessato don Giovanni! Anno del giubileo della misericordia… Risorgere in confessionale… Grazie don Giovanni, perché oggi ci dai la possibilità di comprendere un pochino il grande mistero del prete. Grazie perché sei stato per noi un buon pastore. E poi ciascuno di noi ha dei ricordi di don Giovanni…
L’ultima volta che l’ho incontrato è stato nel novembre scorso durante la visita pastorale in questa comunità. Gli abbiamo portato la santa Comunione. Ci ha accolto come sempre con il suo largo sorriso e le mani giunte. E da ultimo due ricordi: Il primo è al funerale della sorella di don Giovanni, la Fernanda. Aveva fatto lui la predica. Mi ricordo che aveva citato una frase di sua sorella che diceva: “Signore ti ringrazio di avermi dato un fratello sacerdote”. Il secondo ricordo è del maggio 2013, nella festa del suo 70° di ordinazione sacerdotale. Mi aveva regalato un’ immaginetta che tengo cara. C’è scritto: “A Dio che allieta la mia giovinezza” e c’è la fotografia delle sue mani mentre elevano il calice. Il Calice dice ringraziamento e dice il dono si sé… Noi baciamo le mani di don Giovanni unte del sacro crisma, e che hanno consacrato per noi l’Eucaristia e donato il perdono… Ora gli chiediamo di benedirci dal cielo e di pregare per noi… anche per noi preti che sempre abbiamo bisogno di seguire e imitare maestri e testimoni così…
Figino Serenza
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particolare
di Vicario Episcopale Mons. Patrizio Garascia
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Una vacanza tutta speciale un ospite Chiavari
È
bello ritornare ogni anno, a febbraio, a S. Marta per un breve periodo di riposo, rivedere i volti degli ospiti, anche se forse un po’ più tristi perché più provati dagli anni, forse meno numerosi perché qualcuno è venuto a mancare. Ma l’atmosfera che a s. Marta si respira e ci avvolge è tale che ci rende più sereni, spazzando via le preoccupazioni, trasferendoci in un’altra dimensione. I dolori fisici sono più sopportabili, il senso di solitudine e di vuoto meno forte e il desiderio di scambiare sorrisi e parole con tutti diventa dominante. Le differenze di età, come per incanto, si annullano, si riprendono con spontaneità i discorsi là dove si erano lasciati per condividere insieme qualche risata, talora qualche lacrima… Santa Marta è una CASA per Ferie speciale, è
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un ambiente ovattato, protetto, familiare, amico, dove non si può sentirsi soli. È sufficiente ritirarsi in Cappella a pregare con le suore o a leggere una pagina del Vangelo del giorno per riequilibrare la giornata, se per caso ci fosse stata una piccola contrarietà. A tutto questo poi si devono aggiungere le premurose attenzioni delle suore e del personale sempre pronto a soddisfare i desiderata di ognuno. Le bellissime sale spaziose e luminose, nelle giornate uggiose, offrono angoli per leggere, giocare a carte, guardare la TV o conversare. Si lascia Santa Marta arricchiti dai tanti incontri, della serenità goduta, delle risate chiassose di qualcuno, di un consiglio che ognuno di noi si porterà dentro nella speranza di poter rivivere tutto concretamente il prossimo anno.
Con l’affetto della memoria Roma, 19 marzo 2016
Cara suor Marta,
Carissime, nella mattinata di oggi, dalla Casa Madre in Ventimiglia, è volata al cielo
il tuo perenne sorriso e la tua capacità di sdrammatizzare ogni situazione è quello che si affaccia al mio cuore e alla mia mente quando penso a te. A tutto trovavi velocemente una soluzione e, anche se tante volte quello che proponevi non poteva proprio essere fatto, non te la prendevi mai. Quando al Conservatorio il comportamento di qualche ragazza era oggetto di commento nella comunità, ascoltavi dispiaciuta ma sapevi sempre trovare una dote o un atteggiamento per poterla giustificare. Ricordo che quando passavi nei chiostri davanti alla Cappella avevi sempre una “parolina” da dire a Gesù e ho sempre pensato che tu vivevi davvero alla sua presenza.
nata a Massa Fiscaglia (Fe) il 30 aprile 1933, entrata in Comunità il 27 dicembre 1964, professa dal 24 settembre 1967. Suor Marta ci ha lasciato per incontrare il Signore ringraziando tutti con una serenità rara che l’ha caratterizzata per tutta la sua vita e l’ha sostenuta fino all’ultimo. Ha intessuto la sua vita di generosità che ha nutrito con un atteggiamento mite e una disponibilità semplice ma vera. È apparsa talvolta “ingenua” ma piena di desiderio di stare là dove l’obbedienza la mandava cercando di adoperarsi per diffondere pace. Ha svolto il suo servizio apostolico con dedizione e cura con i bambini all’Istituto De Sortis, anche con incarichi di responsabilità e via via nelle varie case dove l’obbedienza l’ha chiamata (Saiano, Roma presso la CEI, Ferrara, Vighizzolo, Conservatorio, Pisa e Novate…). La sua presenza dolce e serena, desiderosa solo di compiere la volontà di Dio e di essere di aiuto alle consorelle, lascia in tutti il ricordo di una persona buona, di una religiosa consapevole dei suoi limiti ma impegnata a consacrare a Dio tutta la sua vita.
Capace di vedere il buono e il bello in ciascuna, parlava bene di tutte e non potendolo fare taceva. Provata dalla malattia ha chiesto di andare presso la Casa Madre a Ventimiglia con il desiderio di rendersi ancora utile per quanto le fosse stato possibile. La salute via via si è però aggravata e Suor Marta, come sempre aveva fatto nella sua vita, ha saputo mettere tutto nelle mani del Signore, accettando con fede e serenità le tante sofferenze che l’hanno accompagnata negli ultimi tempi fino all’incontro con Lui che ora l’ha chiamata per regalarle la sua pace senza fine. Preghiamola perché interceda dal Signore grazie e benedizioni sulla nostra amata Famiglia che Suor Marta ha fedelmente amato e servito. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO
suor Damiana Spignoli
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Suor MARTA STORTI
Con l’affetto della memoria Roma, 31 marzo 2016 Carissime, stasera, dalla Casa di Castelgandolfo dove ha trascorso gli ultimi giorni della sua vita, è salita al cielo Suor UMILIANA TRINCI
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nata a Pistoia il 16 marzo 1923, entrata in Comunità il 26 luglio 1943, professa dall’8 maggio 1946. Ha lavorato nella sua “Velletri” fino all’ultimo, spendendosi in mille modi, anche quando le forze e l’età cominciavano a farsi sentire. Con generosità e dedizione ha sempre servito la sua comunità che l’ha accompagnata con cura e delicatezza, in particolare quando i segni della vecchiaia si sono fatti più evidenti e soprattutto quando la malattia l’ha colpita in modo grave. Schietta e chiara sempre nel suo modo di esprimersi e di agire, intelligente e arguta, ha saputo farsi amare molto dai bambini con i quali ha trascorso la sua vita. Nelle comunità dove l’obbedienza l’ha chiamata via via nel corso degli anni (Querceto, Roma, Bovisa, Chiavari, Saiano, Castelferro, Roggiano...) ha cercato di svolgere con generosità e serenità i servizi più vari, fedele sempre alla sua consacrazione religiosa. In modo particolare sia a Lucca che a Velletri ha saputo essere una presenza buona e ferma proprio tra quei bambini che tanto avevano sofferto.
Ci è rimasta nel cuore la sua intraprendenza, la sua fatica ad accettare la chiusura delle case in cui aveva trascorso tanti anni della sua vita, ma anche la sua accettazione dignitosa dell’obbedienza e la sua offerta silenziosa e quotidiana a quel Dio che ora certamente l’ha accolta tra le sue braccia al suono dell’alleluia pasquale. Ora Suor Umiliana potrà godere la pienezza di quella gioia che gli umili sanno meritarsi tessendo, con la loro vita momento per momento, tutto il bene che possono per coloro che amano. Così la ricordano le sue Consorelle di Velletri e così la ricordiamo tutte noi mentre le chiediamo di intercedere per la nostra Congregazione e per tutte le persone che lei ha tanto amato. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO
Suor Umiliana! una suora buona, buona, buona Una suora dal vissuto intenso, intenso proprio come anche l’ultimo periodo sofferto della sua vita terrena dove con tutta le sue forze, in silenzio, ha retto la quotidianità delle cure ospedaliere sino a quando giorno 31 marzo 2016 è ritornata alla casa del Padre. Lo spirito di attaccamento per la sua amata Lucca, della quale sponsorizzava ogni angolo, e ne vantava ogni pietra a chiunque si trovasse ad incrociare i suoi ricordi, che gelosamente custodiva da quando ormai era divenuto definitivo il suo domicilio presso la comunità di Velletri. Proprio a Velletri presso “Casa Penotti” ha profuso le sue doti di obbedienza, sacrificio e dedizione, ma soprattutto di rettitudine per il suo credo religioso. Nel doloroso distacco da Villa Penotti alla casa di Betania aveva mantenuto un legame indissolubile con la sua adorata consorella Suor Oliva, legame che ancora oggi è sempre vivo fra loro. Sempre a Velletri ma in casa Betania ha continuato a profondere le sue inesauribili energie dapprima con i bimbi ai quali offriva amorevoli cure e poi anche con tutti coloro che frequentavano a vari titoli la scuola, “persone che ha conquistato con semplicità e
Gli amici di Casa Betania di Velletri
Testimonianze delle consorelle “Ammirazione, stima, affetto e riconoscenza per una suora della quale mai scorderò le premure, il suo spirito e questa forza interiore di sentirsi sempre bene, anche quando le mancavano le forze”. Suor Luisa
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“Le sue mani profumavano di dignità”. Suor Leonarda
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“Persona attenta, si è sempre data a tutti e si prestava per tutto!”. Suor Silvia
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“Non mi importava se ogni volta che l’avvicinavo non ricordava chi fossi, ma accettava ogni mio piccolo aiuto e mi ripagava con un grazie”. Suor Lorenza
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“Attendeva fuori i bimbi ed era sempre in anticipo proprio come una mamma”. Suor Tommasa
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Ha realizzato ciò che ha detto il nostro Fondatore “lavorare sino a quando bastano le forze”. Suor Angela
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“Mi faceva ridere, era cosi solare, mi faceva star bene e nonostante la differenza di età, era un piacere parlare con lei”. Suor Any
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La mia gemella! Grazie Suor Umiliana! Suor Oliva
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umiltà”, come testimonia Suor Luisa, Superiora di Velletri, che ha avuto il piacere di condividere molti anni di cammino con lei. Per niente contrariata dalle necessità della vita, ricca di spirito di abnegazione, adempiva i suoi compiti senza mai lamentarsi e con un sorriso che parlava al cuore. Sempre ironica sulla tragicità delle piccole e grandi difficoltà rivelava una dote di autoironia, indice di un animo aperto e accogliente. L’amore della vita all’aria aperta era senza dubbio la sua spinta più forte che continuava a tenerla in vita anche quando le sue forze negli ultimi anni la costringevano chiusa in casa. Sarebbero molti gli aneddoti per tutte le piccole scuse che raccontava ogni qualvolta provava autonomamente a disubbidire per mettere il naso fuori, ma preferiamo adesso ricordarla libera nel cielo ad ali spiegate come i canarini dei quali amorevolmente si prendeva cura. Tutta la comunità delle suore di Velletri, il personale tutto, i bimbi che ha accompagnato e tutte le famiglie che hanno avuto il piacere di amarla la ricorderanno e la apprezzeranno per sempre, insieme al nostro Beato Fondatore continuerà a sostenerci e a guidarci nel servizio apostolico.
“ Fa’ che, prendendoci cura di loro, possiamo promuovere un mondo dove nessuno sia costretto a lasciare la propria casa e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace. Dio di misericordia e Padre di tutti, destaci dal sonno dell’indifferenza, apri i nostri occhi alle loro sofferenze e liberaci dall’insensibilità, frutto del benessere mondano e del ripiegamento su se stessi”. Papa Francesco a Lesbo
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