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notiziario delle suore di santa marta


Editoriale 3 Editoriale

Frammenti di santità 29

suor Bianca Corradi

la Redazione

In missione Parola di Dio 4

...aperta all’infinito la ricerca di Gesù, il Vivente

Card. Silvano Piovanelli

Attualità

31 Una scuola tra le nuvole gli Alunni

32 “Liberi di educare” per educare alla libertà

Laura Maiocchi

Una carezza di Dio Padre... spalanca le porte del tuo cuore!

34 Colpiti dalla parola “libertà”. Attratti dalla contentezza

suor Maria Pia Mucciaccio

10 Non lasciamoci rubare

Spiritualità e carisma 11 Nei nostri 50 anni di vita consacrata

le Suore del Cinquantesimo

14 “Che cosa renderò al Signore per tutto il bene che mi ha fatto”

le Suore del Venticinquesimo

16 Uscire dalla mondanità per andare alle periferie...

suor Alessandra Fabbrucci

19 Con spirito di pellegrine camminiamo sulle orme del nostro Padre Fondatore

le Suore dei Voti perpetui

Percorsi di formazione

Via V. Orsini, 15 00192 Roma

una mamma

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La parola a... Madre Carla

Notiziario delle suore di santa marta

30 In cammino verso la Pasqua

22 Emergenza educativa e trasmissione della fede

suor Anita Bernasconi

36 Addio, mia bella addio, l’armata se ne va...

le giornaliste angioline

38 Il sogno della “Casa azzurra” è diventato realtà

la Comunità di Allepey

40 Nuovo incontro con il Beato Tommaso Reggio

la Commissione Amici di Betania

41 ...con tanto di sirena

una mamma

42 Donacibo cosa mi doni oggi

Francesca Casella

43 All’alba del giorno nuovo

suor Maria Pia Mucciaccio

44 Miniolimpiadi... a Milano 46 Ogni tramonto è la promessa di una nuova aurora...

le Suore della Delegazione

58 Le Suore a las Cañas 50 Una Cappella dedicata a Santa Marta

26 Incontri zonali: le scuole si confrontano

gli alunni della Scuola Secondaria di Primo Grado

le Suore della Comunità dell’Ospedale

Pagine aperte

suor Anita Bernasconi

51 I Santi ci sono ancora e vivono con noi!

Quadrimestrale Anno LXXXII

Suore di Santa Marta

55 La luna e il gallo Redazione suor Alessandra F., suor Damiana, suor Francesca, suor Maria Pia, suor Mariana Suore di Santa Marta Via Montenero, 4 - 22063 Vighizzolo di Cantù (CO) Tel. 031.730159 camfede@istitutosantamarta.org Stampa Àncora Arti Grafiche - Milano Progetto grafico In.pagina di Bergamaschi Fabio www.studioinpagina.it

Padre Alfredo omi

57 “I giusti possederanno la terra”

Madre Antonia Dei

Con l’affetto della memoria 58

suor Virginia Fanucchi; suor Fortunata Bruno; suor Battistina Vecchiolini

58 Saluto a suor Virginia


Editoriale

La Redazione

Il Signore è risorto, è veramente risorto! cogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come dono anche per noi”. E ancora in una recente intervista: “Sì per me l’ecumenismo è prioritario. Oggi esiste l’ecumenismo del sangue. In alcuni paesi ammazzano i cristiani perchè portano la croce o hanno la Bibbia e prima di ammazzarli non gli domandano se sono anglicani, luterani, ortodossi: il loro sangue è mischiato. Per coloro che uccidono, siamo cristiani. Uniti nel sangue, anche se noi non riusciamo a fare i passi necessari verso l’unità… L’unità è una grazia che si deve chiedere! L’ecumenismo di sangue esiste ancora oggi, basta leggere i giornali. Quelli che ammazzano i cristiani non ti chiedono la carta di identità per sapere in quale Chiesa tu sia battezzato!» Un segno carico di significato per il cammino che è in atto sarà l’incontro che avverrà in maggio a Gerusalemme tra Papa Francesco e il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, proprio nel cinquantesimo anniversario dello storico incontro tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora a Gerusalemme! Nella preghiera anche noi siamo invitati a chiedere a Dio di affrettare il cammino ecumenico e di far crescere nel nostro cuore il desiderio che si attui il comando del Signore: “Che tutti siano una cosa sola come tu Padre sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato”. Interroghiamoci anche sul nostro modo di vivere il rapporto con i cristiani di altre Confessioni e non cessiamo mai di ricercare in ogni circostanza, come raccomanda anche Papa Francesco, quello che unisce piuttosto che quello che divide. Diventeremo così anche noi costruttori di unità!

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I cristiani d’Oriente tutto il tempo pasquale incontrandosi anche per strada si salutano così: Cristo è Risorto, è veramente risorto! In questo saluto c’è la fede dei cristiani di tutte le Confessioni che riconoscono nella Resurrezione di Gesù l’avvenimento più importante della storia. Quest’anno tutti i cristiani lo hanno festeggiato nel medesimo giorno perchè la data della Pasqua ortodossa è coincisa con quella cattolica ed è stato bellissimo. I cristiani nel mondo sono circa due miliardi e mezzo e sono diffusi, secondo il comando del Signore, in mezzo a tutti i popoli, ma pagano il prezzo della divisione. Accanto alle grandi chiese: cattolica, ortodossa, anglicana, evangelica esistono centinaia di gruppi minori. Le divisioni esistenti fra quanti credono in Cristo come Figlio di Dio e Salvatore tradiscono la sua volontà che vuole che quanti credono in Lui “siano una cosa sola”. Soltanto adempiendo questo comando del Signore non siamo motivo di scandalo e ostacolo all’annuncio del Vangelo soprattutto tra i popoli lontani. Uno dei segni dei tempi più belli nell’ultimo secolo è il cammino ecumenico, anche se spesso lento e faticoso, che tende a ristabilire l’unità. Il Papa lo ha rilanciato con decisione nella sua esortazione apostolica “Evangelii gaudium”. Egli dice: “L’impegno per l’unità è una via imprescindibile dell’evangelizzazione… sono tante e preziose le cose che ci uniscono! E se realmente crediamo nella libera e generosa azione dello Spirito, quante cose possiamo imparare gli uni dagli altri! Non si tratta solamente di ricevere informazioni sugli altri per conoscerli meglio, ma di rac-


Parola di Dio

...aperta all’infini I di l morire e il risorgere di Cristo, due cose entrambe avveratesi per noi tutti, ci hanno messi davvero in rapporto vitale con lui: “voi siete morti”, “voi siete risorti con Cristo” e ci consegnano un messaggio di conversione e l’invito pressante a vivere la Pasqua come passaggio. Ecco, oggi la nostra fede ci ripete: Cristo è il tuo “passaggio”. In Lui tu passi da uno stato di separazione ad un rapporto di comunione, da una situazione di morte ad una esperienza di vita. Cristo ci ha liberati dalle catene del peccato: nel sacramento della riconciliazione tu hai il segno efficace, semplice e meraviglioso, della tua libertà: col perdono sei effettivamente sciolto da ogni peccato e immesso in un cammino nuovo che il Risorto tiene aperto e illuminato: Lui ti

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precede e ti domanda di seguirlo, facendo attenzione a mettere i tuoi piedi sulle sue orme, cioè a vivere secondo le sue parole e i suoi esempi in un crescendo gioioso di fedeltà come risposta all’amore. Anche noi possiamo – anzi, dobbiamo – essere testimoni: con la nostra vita, che ha un disegno, una direzione, uno stile, una dedizione, perché sappiamo che il Risorto è con noi e ci accompagna nel cammino della storia. Pasqua dunque significa “passaggio”. La risurrezione del Cristo – ci dice Italo Alighiero Chiusano – “è il momento più importante della storia. Anche per chi non crede. Perché questo fatto dell’uomo di Galilea che, dopo essere stato crocifisso ed essere morto,


ito la ricerca Gesù, il Vivente di Card. Silvano Piovanelli

tomba. Alla fine questo discepolo “crede”: il vuoto e la disposizione delle bende sono divenuti per lui un segno, mentre nulla è detto di Pietro. Bisogna allora parlare di una svalutazione dell’uno rispetto all’altro, o, secondo alcuni critici, di una rivalità tra i due? Questo significherebbe non comprendere il testo. Il contrasto fra le due figure verrà comunque risolto nel capitolo 21, in cui vengono precisati i rispettivi ruoli. Qui, alla luce del suo profondo legame con Gesù, il discepolo riconosce il mistero della presenza attraverso l’assenza. Seguendo lui, il pellegrino che giunge al Santo Sepolcro di Gerusalemme comprende meglio la portata dell’iscrizione incisa sulla tomba: “Non est hic!” (“Non è qui!”): viene così aperta all’infinito la ricerca di Gesù, il Vivente. Nella vecchia traduzione la parola “bende” – “vide le bende per terra” – traduceva la parola greca “othonia”, che oggi, nella nuova traduzione, è meglio tradotta con “teli” – “vide i teli posati là”. Infatti il termine greco “othonia” indica l’insieme dei teli usati per la sepoltura (sindone, sudario, mentoniera, fasce o bende) mentre il termine greco “sindòn”, “sindone”, adoperato dai Sinottici, indica soltanto il lenzuolo in cui è avvolto il cadavere. Il discepolo arrivato per primo alla tomba si astiene, forse per riguardo nei confronti di Pietro, dall’entrarvi subito, ma scruta che cosa si può vedere dall’esterno. Quando Pietro entra, la sua attenzione si posa sulla sindone rimasta lì afflosciata. Se il corpo fosse stato trafugato, i “teli” non sarebbero “keìmena” co-

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risorge il terzo giorno, ha dato tutt’altro corso alla vicenda umana”. I nostri artisti si sono sbizzarriti a rappresentare il momento in cui Cristo esce dalla tomba. Nel Vangelo, invece, la risurrezione non è “descritta”, perché è un evento che ingloba e supera la pura sperimentalità umana e storica. Perciò i vv. 2-4 di Mt 28 non possono essere interpretati come una pagina di cronaca, sarebbe fuorviante. Il Vangelo racconta la testimonianza dell’irruzione del Risorto nella vita della Chiesa. Il brano del Vangelo di Giovanni ci presenta il “sopralluogo” di Pietro e del “discepolo che Gesù amava”. Pietra rotolata, sepolcro vuoto, teli posati, sudario, sono “segni” per chi è disponibile alla fede: bisogna saperli “vedere” non con una comune constatazione visiva, ma con un’intuizione profonda, preambolo del “credere” successivo. Il “discepolo che Gesù amava” comincia a credere e diventa il credente-tipo che sa ormai “comprendere la Scrittura”, vedere cioè lo scopo e l’unità dell’intero piano salvifico di Dio (cfr. Gianfranco Ravasi). Il narratore mostra la sollecitudine dei due che – dopo l’annuncio affannato di Maria di Magdala: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!” – si mettono a “correre” (come del resto anche Maria), segno del loro attaccamento a Gesù. La firma di Giovanni appare quando nota che l’altro discepolo correva più in fretta di Pietro, che tuttavia lascia entrare per primo nella


Parola di Dio

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me dice il testo greco. Termine che può essere tradotto “per terra” come nel testo che avevamo finora, oppure “posati là” come la traduzione nuova del lezionario liturgico, oppure “giacenti” come se i teli, non abbracciando più la forma del cadavere, fossero “sprofondati”, privi dell’appoggio che li faceva stare su. Il discepolo “vide e credette”. Che cosa ha visto il discepolo? Non il Risorto, ma un segno del Risorto. Su questo punto, la situazione assomiglia a quella del credente, che viene dichiarato beato perché crede senza aver visto. Il grande teologo Hans Urs von Balthasar così commenta il brano evangelico di Giovanni. “Chiesa degli uomini, Chiesa delle donne. Vengono fatti partire nel Vangelo i due discepoli più importanti, Pietro, il ministero ecclesiale, e Giovanni, l’amore ecclesiale; vengono mossi da Maria di Magdala, che per prima ha visto la tomba aperta. I due discepoli corrono “insieme” si legge, e tuttavia non insieme, perché l’amore è più rapido e meno affaticato del ministero che deve occuparsi di molte cose. Ma l’amore lascia entrare per primo il ministero per l’esame, finalmente Pietro vede il sudario avvolto e giudica che là non c’è stato nessun furto. Ciò basta per lasciar entrare l’amore, il quale “vede e crede”, non propriamente alla risurrezione, ma alla giustezza di tutto ciò che è avvenuto con Gesù. Fino a qui arrivano i due rappresentanti simbolici della Chiesa: tutte le cose sono a posto, la fede in Gesù è giustificata nonostante tutto l’imperscrutabile della situazione. Quanto alla vera fede nella risurrezione, essa viene prima per la donna, che non “va a casa”, ma rimane con ostinazione sul posto dove è sparito il morto, rimane in cerca di lui. Il posto vuoto diventa luminoso, ben determinato dai due angeli seduti uno dalla parte del capo e uno dalla parte dei piedi. Ma il vuoto luminoso non è sufficiente per l’amore della Chiesa (qui la donna perdonata sta per la donna semplicemente, per Maria la madre: essa deve avere l’unicamente amato). Ella lo riceve nella chiamata di Gesù: Maria! In tal modo tutto è pieno oltre l’orlo, il cadavere che si cerca è l’eternamente

Vivente. Ma non è da toccare perché è in via verso il Padre: la terra non deve trattenerlo, ma dire “sì”, come per la sua incarnazione, così ora per il suo ritorno al Padre. Questo “sì” diventa la felicità della missione ai fratelli: dare è cosa più beata che tenere per sé. La Chiesa è nel suo profondo più profondo donna, come donna essa abbraccia sia il ministero ecclesiale, sia l’amore ecclesiale, i quali si appartengono. “La donna abbraccerà l’uomo” (Ger. 31, 22). Le donne che abbandonano in fretta il sepolcro e corrono ad annunciare ai fratelli che Cristo è vivo, rappresentano tutti coloro che credono nella vittoria della vita e testimoniano questa fede ai loro fratelli. • Nella storia dell’umanità, nel cammino storico della Chiesa, nelle vicende della tua vita, la risurrezione del Cristo è il fatto più importante, la realtà più presente e incisiva. Ti fai rinchiudere dalle angustie del tuo presente oppure ti fai illuminare dalla luce di questa certezza, che è una speranza che non delude? • Ti impegni a “vedere” i segni che il Signore dona alla tua esperienza umana e spirituale per cominciare a credere e crescere nella fede diventando assolutamente dedito e affidato alla Parola di Dio. Il discepolo che Gesù amava, correndo al sepolcro la mattina di Pasqua, non vide Gesù Risorto ma un segno del Risorto: “vide e credette”. Anche tu assomigli a quel discepolo: sei chiamato alla beatitudine di credere senza vedere? • Le donne abbandonano in fretta il luogo di morte e corrono ad annunciare ai fratelli che Cristo è vivo. Rappresentano tutti coloro che credono nella vittoria dell’amore e della vita e lo testimoniano agli altri. Tu assomigli alle donne con la testimonianza di una gioiosa speranza? Oppure assomigli alle guardie cioè dinanzi agli altri hai come criterio non la verità, ma l’impegno di fare la parte o il tuo meschino interesse?


Attualità

Una carezza di Dio Padre...

di Suor Maria Pia Mucciaccio

spalanca le porte del tuo cuore! omenica 27 aprile 2014 non si sono spalancati cancelli, non si sono aperti varchi nelle transenne fissate… perchè tutto lo spazio della zona di San Pietro e del Vaticano era già invaso da quella folla accorsa per vivere uno dei momenti più alti e più toccanti del mondo della cristianità: la canonizzazione di due santi giganti nella storia della Chiesa e nella storia personale degli uomini del secolo scorso!

Sono già stati versati ‘fiumi di inchiostro’ in occasione della canonizzazione dei due Papi, che ora chiamiamo con gioia: San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II! Eppure non possiamo rinunciare a fare spazio, sul nostro Notiziario, al loro ricordo per esprimere prima di tutto la nostra gratitudine al Signore per averceli donati e poi, dire loro un grazie che viene dal cuore per il grande dono che hanno rappresentato per la Chiesa e per il mondo!

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Attualità

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Papa Roncalli, eletto il 28 ottobre 1958, in meno di cinque anni di pontificato riuscì ad avviare un cammino di rinnovamento nella Chiesa a partire dall’apertura del Concilio Vaticano II. Nessuno ha mai dimenticato quella sera dell’11 ottobre 1962 quando, al termine della fiaccolata che concludeva la giornata di apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, Papa Giovanni in piazza San Pietro, in tono familiare, pronunciò quelle parole che avrebbero conquistato e commosso il mondo intero: “Cari Figliuoli, sento le vostre voci. La mia è una voce, sola, ma riassume la voce del mondo intero: qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo. La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di nostro Signore… Ma tutti insieme, paternità e fraternità e grazia di Dio, tutto tutto… Continuiamo dunque a volerci bene, a volerci bene così; guardandoci così nell’incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà… Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciuga-

re: dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza…” Per il calore umano, il buon umore e la sua gentilezza Giovanni XXIII subito si è conquistato l’affetto di tutto il mondo cattolico e la stima dei non cattolici; e per sempre sarebbe stato ricordato come il “Papa buono”. I suoi «fuori programma» e la sua capacità di entrare in comunicazione in modo semplice ma diretto resero vivo il contatto con il popolo, annullando e accorciando così le distanze con il “vicario di Cristo in Terra”. E come non ricordare quel primo Natale quando visitando i bambini malati dell’ospedale romano Bambin Gesù, fu scambiato per Babbo Natale? Il calore umano fu unito anche ad una profonda teologia cattolica che ha visto la promulgazione di diverse encicliche, tra le quali spiccano quelle di carattere sociale come la Mater et Magistra e la Pacem in terris. Giovanni XXIII dichiarato beato da Papa Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000, nel Martirologio Romano viene venerato il 3 giugno, mentre le diocesi di Roma e di Bergamo e l’arcidiocesi di Milano ne celebrano la memoria locale l’11 ottobre, anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II.


della Chiesa nella sua Polonia, lì si è formato e si è fatto tutto a tutti e tutti siamo stati arricchiti da questo dono. Egli continua a ispirarci con i suoi gesti, il suo stile di servizio e la sua sofferenza! Il suo totale affidarsi a Cristo Redentore dell’uomo e alla Madre di Dio, alla quale ha scelto di appartenere totalmente, come confermato anche dal suo motto episcopale “Totus Tuus”! S. Giovanni Paolo II è stato definito un miracolo dello Spirito Santo, un riformatore della Chiesa e facilitatore della fede, un innamorato di Gesù che lasciava, in chi incontrava, i segni della salvezza, con una fantasia della carità che ha tradotto il sogno del Concilio Vaticano II; ha saputo alimentare le speranze più vere con la sua originalità e la consonanza di fede e di opere. Bisogna riconoscere il ritorno dello spirito originario del cristianesimo nel prevalere dei gesti semplici e di cui si è fatto espressione, suscitando simpatia e stupore. Senza di lui non saremmo quello che siamo e il mondo sarebbe più povero di ideali e più triste. Stupiva per il suo amore per i giovani, senza trascurare le altre fasce d’età… Si racconta in un aneddoto che il Papa non avesse paura di nessuno, tranne che delle suore…, infatti il suo cerimoniere ricorda che durante un incontro con le religiose, Giovanni Paolo II, scelse di lasciare la sua postazione per scendere in mezzo alla platea, ma quando si vide ‘assalito’ da tutte quelle suore che gli si avvicinarono, tirandolo a destra e a sinistra, preferì allontanarsi ‘fuggendo’ al suo posto…! L’accaduto fa sorridere, ma siamo certe che ora in Cielo allargherà le sue braccia paterne per fare da intercessore anche per noi presso il Signore, che ringraziamo e lodiamo per il grande dono di San Giovanni Paolo II. E ora vorremmo che quest’edizione di Camminando con Fede raggiungesse tutti i nostri cuori e, inondandoci di gioia, ci arrivasse e restasse come una dolce e semplice carezza da condividere e donare a tutte le persone che amiamo!

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Per quanto riguarda la canonizzazione di Papa Wojtyla, essa avviene a meno di dieci anni dalla sua morte, quasi un record perché solo Sant’Antonio da Padova, morto il 13 giugno 1231, ha fatto più in fretta: la solenne cerimonia si tenne nella cattedrale di Spoleto il giorno di Pentecoste del 1232 alla presenza di Papa Gregorio IX. L’istruttoria sul miracolo di Papa Giovanni Paolo II è stata accuratissima. Si tratta della guarigione di una signora del Costa Rica, Floribhet Mora, inspiegabilmente risanata da una aneurisma cerebrale il primo maggio 2011, giorno della beatificazione di Wojtyla, una circostanza che è all’origine di numerose conversioni tra i testimoni del fatto. Anche su questo importante evento, infatti, la linea di Francesco è la stessa di Benedetto XVI che aveva concesso la dispensa papale, evitando un’attesa di cinque anni per l’inizio della causa, aperta dal cardinal Camillo Ruini, allora vicario di Roma, già nel giugno del 2005. Riconosciamo che è impresa ardua sintetizzare la figura di questo ‘gigante’ della Chiesa, ma desideriamo qui rendere un semplice omaggio a uno dei due nuovi Santi del nostro tempo: San Giovanni Paolo II che, come ebbe a dire Papa Francesco, è stato caratterizzato da un grande spirito missionario, attraverso i suoi viaggi in tutto il mondo, per portare la Parola di Cristo, di cui si è fatto incarnazione concreta, chiamato a vivere la nuova e confortante gioia di evangelizzare, mostrando al mondo la sua sofferenza, fino all’ultimo momento della sua vita. Nella sua prima messa di insediamento, ha pronunciato quelle memorabili parole: “Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”; con la forza di un gigante che gli veniva da Dio, con la sua testimonianza di fede e di vigore apostolico, accompagnato da una grande carica umana, ci ha invitato tutti a non avere paura della verità perché è garanzia di libertà. Karol Woityla è cresciuto al servizio di Cristo e


La parola a...

Madre Carla

Non lasciamoci rubare I

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l documento del papa Francesco “Evangelii gaudium” è una miniera di riflessioni e di provocazioni che aprono a 360° l’analisi della realtà. Tra le mille espressioni una mi ha colpito molto. Lui con forza utilizza delle parole per muovere il nostro “sentire” e liberarci, forse, da una sorta di inerzia e di rassegnazione. In modo lineare e preciso arriva a dire che bisogna stare attenti ai “furti” che possiamo subire e che neanche denunciamo. Ci ripete, infatti, di non “lasciarci rubare”! Questa espressione apparentemente semplice è di una densità, oserei dire, esagerata. “Non lasciamoci rubare la speranza, il coraggio, la gioia, l’ideale dell’amore fraterno, la comunità” e, l’elenco non finisce qui. Ogni affermazione giunge dopo un’analisi dettagliata e realistica dei comportamenti che “noi”, credenti e testimoni nella Chiesa, assumiamo di fronte alle problematiche, di fronte ai dati della realtà. Il Papa ci invita ad “alzare la testa”, a riprendere i battiti di speranza e di fiducia che servono a far “respirare” noi e i fratelli: gli uomini tutti. Senza speranza, senza gioia, senza fraternità, infatti, diventiamo sterili e incapaci di adorare il mistero della presenza del Signore che ci trascende. Il coraggio di azioni chiare che ci guariscono dal disorientamento e dalla paura del

domani non può “venire rubato” perché è necessario! Il Papa insiste ancora su un aspetto che ci tocca da vicino: “Non lasciamoci rubare il senso dell’amore fraterno”. Ha ragione! Se non alziamo la testa fino al cuore dell’altro per sentirne i battiti, noi rischiamo di abbandonarci all’abitudine, alla routine, all’organizzazione senza contenuti, ai gesti vuoti formalmente accumulati. NON LASCIAMOCI RUBARE NIENTE! Lasciamoci invece sorprendere dal desiderio di “costruire” sulla roccia della fede una FRATERNITÀ NUOVA!


Spiritualità e carisma

Nei nostri 50 anni di vita consacrata

le Suore del Cinquantesimo

he bello è lodarti, Signore, e cantare, Dio onnipotente, al tuo nome; proclamare il tuo amore misericordioso la mattina e la tua fedeltà ogni notte… Mi rallegro, Signore, per le tue azioni, la mia gioia sono le opere delle tue mani. Quanto sono grandi le tue opere, Signore, quanto profondi i tuoi progetti!”

Queste sono le parole del Salmo 92, e siamo sicure che anche voi, care Madri e sorelle tutte, vi unite a noi oggi, per elevare una lode piena di gratitudine al nostro Dio; per averci chiamate a “sceglierlo” come sposo della nostra vita. Siamo felici della nostra vocazione e rendiamo infinite grazie a Lui per la sua fedeltà e per la fedeltà di coloro che ci hanno

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Spiritualità e carisma

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aiutato a raggiungere questo momento; affidate soltanto alla misericordia del Signore, siamo state in grado di vedere la profondità dei suoi disegni e gli ampi orizzonti del suo Spirito. Siamo arrivate a questo punto, perche lui è fedele alle sue promesse! Siamo state rafforzate dall’amore fraterno, dal sostegno incondizionato di tutte voi, care madri e sorelle della nostra amata Congregazione, e grazie a questo possiamo ancora dire il nostro “sì” come Maria, la nostra Madre, perché abbiamo vissuto con Lei la nostra vocazione, felici di aver accolto nella nostra giovinezza l’iniziativa di Dio. Non vogliamo perdere l’occasione per ringraziare pubblicamente Dio e dire che in questi 50 anni di vita consacrata, abbiamo sentito la sua azione salvifica, la sua grazia si é manifestata nella nostra debolezza; come San Paolo siamo riconoscenti e sentiamo nostre le parole di Gesù: “Ti basta la mia grazia; la mia forza si manifesta pienamente nella tua debolezza”. Sì, abbiamo sentito il tocco delicato del suo Spirito in molte occasioni preziose che il Signore ci ha dato. Riconosciamo con gratitudine, la ricchezza spirituale, sia durante il tempo di formazione iniziale sia nella nostra formazione permanente. Ringraziamo per le significative lettere-circolari delle nostre Madri Generali da dove “beviamo” la saggezza, a queste aggiungiamo i progetti di formazione che ci permettono di approfondire il nostro percorso di vita. Il Signore scrive, care madri e sorelle, una bella storia d’amore nelle nostre vite, con molte pagine diverse in cui abbiamo visto le gioie tessute con dolori, trionfi, difficoltà, malattie, però, quando lasciamo che sia Lui a guidare la nostra barca, tutto è possibile: le tempeste si calmano e riconosciamo con certezza e chiarezza la sua volontà. Noi portiamo nei nostri cuori la gioia di appartenere ad una famiglia religiosa forte e santa,

preoccupata sempre per la crescita umana e spirituale delle sue figlie. Per anni ci ha fatto conoscere sempre meglio il carisma del nostro Fondatore, che ha permeato le nostre anime e rafforzato, con il passare del tempo, la nostra libertà di rispondere con gioia alla sequela cui il Signore ci chiama ogni giorno. 50 anni di vita, di bellezza, di creatività. 50 anni di preghiera, di silenzio, di adorazione, di esperienze di fede, di donazione incondizionata. 50 anni vissuti godendo del dono della Comunità, della vita fraterna, del dialogo, del perdono, di sforzi e di impegno, unite dallo stesso ideale: seguire il nostro unico punto di riferimento, Gesù. 50 anni vissuti nell’unità della diversità, condividendo il pane della Parola e dell’Eucaristia, camminando insieme verso il Signore Gesù, guidate dalla nostra Regola di Vita in cui il nostro venerato Fondatore ha tracciato il sentiero che conduce alla santità. 50 anni di grande ricchezza spirituale, godendo della paternità di Dio, Padre misericordioso, e apprezzando l’opportunità di servire nei vari tipi di attività apostolica, frutto della ispirazione del Signore ai nostri superiori. Come non ringraziare i nostri genitori che ci hanno iniziato alla vita cristiana e ci hanno sostenuto e guidato nella conoscenza di Gesù col loro esempio e la loro preghiera! Come non ringraziare la testimonianza di voi, care madri e sorelle, la cui presenza è per noi oggi riflesso della vita e del carisma che voleva per noi il nostro Fondatore! Ringraziamo tutte le suore che sono venute a condividere con noi la gioia di questo giorno di festa, e tutti coloro che hanno reso possibile che questa celebrazione sia un momento di famiglia, di ringraziamento e di convivenza fraterna; profondamente ringraziamo tutte perché ci avete fatto sperimentare quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! Celebriamo le «nozze d’oro» ma, lungi dal sentire che la vita ci sfugge, anzi si approfon-


50° di professione religiosa opera, secondo il suo progetto, fino all’ultimo giorno della nostra vita. Concludiamo affermando che vogliamo vivere questa bella e lunga strada alla luce del bellissimo cantico di Maria e con Lei proclamare: «Tutto il mio essere celebra la grandezza del Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché sono stata presa dalla sua mano, che mi ha guidato a vivere, fin dall’inizio, la mia risposta alla sua chiamata». Grazie infinite:

Suor Aloisia Ayala Suor Juliana Arriagada Suor Luigia Sciutto Sor Bertila Herrera Suor Leticia Ibarra Suor Beatriz Sánchez Suor Alejandra Segovia

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disce la motivazione per continuare a camminare tranquillamente, senza fretta, con una crescente comprensione del nostro impegno e del nostro desiderio che lo Spirito ci doni ogni giorno più forza per «vivere in Cristo», come il nostro Fondatore ci ha insegnato con la parola e con l’esempio. Questo è il motivo per cui ci affidiamo alle vostre preghiere. È ora che la nostra vita cresca più liberamente fino alla sua pienezza. È ora che ogni dolce o amara esperienza, ogni piccola o grande realizzazione, ogni peccato più o meno grave, acquisti più valore, è ora che cantiamo, come Maria, il nostro « Magnificat». Alla fine di tutto troveremo la tenerezza insondabile di un Dio che è Padre e Madre. Celebrare le «nozze d’oro» è continuare a dire, nonostante la nostra fragilità, «Eccomi, Signore, per fare la tua volontà!» Gesù, pietra solida, sostenga la nostra fedeltà, noi continueremo con la sua grazia, radicate in Lui, e con l’aiuto di tutte voi a portare avanti la sua


Spiritualità e carisma

“Che cosa render per tutto il bene A

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bbiamo avuto l’audacia di prendere le parole del salmista (salmo 115) per esprimere la nostra gratitudine per i 25 anni di consacrazione, in realtà ci sentiamo incapaci di esprimere con le labbra ciò che sentiamo oggi. Durante questi giorni di esercizi spirituali, e anche nei giorni precedenti di preparazione, abbiamo percorso con la nostra mente, ma soprattutto con il cuore, il vissuto di questi 25 anni di consacrazione, e veramente sentiamo la piccolezza del nostro essere, di fronte a tanta grazia del Signore, ricevuta tramite la nostra Famiglia Religiosa. Oggi umilmente riconosciamo che questi 25 anni di fedeltà, sono stati principalmente opera dell’amore misericordioso del Signore, che mai manca alla sua alleanza d’amore. Questi 25 anni, che in realtà sono 28 dal giorno in cui siamo state accolte in questa nostra Congregazione sono passati, ricevendo grazia su grazia; quasi ripetendo la storia del popolo d’Israele: siamo stati chiamati dall’eternità e sentiamo che la mano paterna ci ha guidate; se ricordiamo le persone che hanno fatto parte della nostra storia di salvezza, temiamo di essere avare, a non nominarli tutti, ma non possiamo non notare l’importanza di chi ci ha insegnato le prime preghiere, i nostri genitori, di quelle che hanno guidato i nostri primi passi nella Famiglia Religiosa, la nostra cara madre Ambrogia; madre Leonarda figura materna e prudente, madre Celestina, madre Antonia,

madre Lilian, madre Carla e tante altre sorelle che, inconsapevolmente, ci hanno incoraggiato a continuare un cammino di fedeltà. Ci sembra importante ricordare quel 1 marzo, 28 anni fa, quando una dopo l’altra siamo venute da tutte le parti delle nostre comunità, quasi rievocando il Profeta: «Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo» (Ez. 36,24). Sì, come è stato doloroso per noi, vedere tante delle nostre sorelle, fermarsi lungo la strada. «Signore, cosa sono io, che Tu cerchi la mia amicizia?, Signore, se tante volte come Pietro ti ho rinnegato, ma come Lui ti ho anche detto: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”» (Gv 21, 17). Ogni strada sembra lunga per cominciare, guardando alle sorelle maggiori ci sembrava che quel giorno non sarebbe arrivato così presto, ma ogni percorso è più breve in fraternità; ci rendiamo conto che quasi senza pensarci stiamo celebrando le nozze d’argento e siamo consapevoli che la fatica non è stata nostra, se non del Signore, e forse, spesso della nostra Famiglia Religiosa, che sempre ci ha sostenute e aiutate. Come non dire con l’apostolo: «Non che io abbia già vinto il premio o raggiunto la perfezione, soltanto mi sforzo nel correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù» (Fil. 3,12). Care madri e sorelle ci sembra povero dire che celebriamo 25 anni di fedeltà, se il lavoro


25° di professione religiosa

ò al Signore che mi ha fatto?” le Suore del Venticinquesimo

(Genesi 28,15). Siamo certe della fedeltà di Dio, ma osiamo ancora una volta dire con il salmista: «Signore, la tua misericordia è eterna, non abbandonare l’opera delle tue mani (Salmo 137,8b). Grazie a Dio, alla Congregazione, alle nostre Comunità, per la nostra vita consacrata e grazie a tutte voi che condividete con noi questo momento.

Suor Marcela Valenzuela Suor Pamela Cruz Suor Sara Pizarro

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era ed è del Signore. Per questo, ora illuminate da molti esempi di vita e molte sorelle che celebrano con l’Amato, vogliamo oggi rinnovare il nostro sì, certe che da sole non ce l’avremmo fatta. Vi chiediamo di continuare a pregare per noi, sostenendoci con la vostra fedeltà, incoraggiandoci con il vostro esempio, predicandoci col vostro silenzio. Desideriamo in questa Famiglia Religiosa testimoniare la vostra fedeltà, insieme alla nostra. Vogliamo ricordare lungo la strada che ancora dobbiamo percorrere, le parole del Signore a Giacobbe: «Io sono con te: io ti proteggerò ovunque… Non ti lascio fino a quando ho fatto quello che ti ho promesso»


Spiritualità e carisma

Uscire dalla m per andare D

opo la gioiosa attesa dell’incontro, abbiamo accolto l’invito dei Superiori, all’ormai consueto appuntamento delle giornate di spiritualità, che si sono svolte a Chiavari l’8 – 9 Febbraio e a Roma il 15 – 16 Marzo. Quest’anno un unico tema e un unico relatore, don Enrico Bacigalupo, da noi già conosciuto e molto apprezzato. Il tema specifico per la vita religiosa è stato tratto dall’incontro di papa Francesco con i

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Superiori Maggiori degli istituti religiosi e dall’esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Subito don Enrico è entrato nel vivo del tema e ha parlato di: PROFEZIA: “bisogna essere profeti, non giocare ad esserlo! La profezia è come un lievito che deve inculturare continuamente il carisma, che non è una bottiglia di acqua distillata, ma un continuo divenire. Dobbiamo


Incontri di Spiritualità 2014

mondanità alle periferie... di suor Alessandra Fabbrucci

da campo: accoglie ogni emergenza! Dobbiamo uscire dal nido, sentirci inviati, ripartire dai poveri, usare un modo nuovo di dire le cose, partendo da loro non dalle nostre idee.” LE TENTAZIONI IN EVANGELII GAUDIUM: “La nostra vita spirituale deve essere sempre al primo posto, ma non ci dobbiamo nascondere dietro ad essa: dobbiamo avere come obiettivo la missione! A volte abbiamo la tentazione di nasconderci pure dietro “l’eccesso delle nostre attività”, ma forse dobbiamo considerare che invece le viviamo male, senza le motivazioni adeguate, senza una spiritualità che le permei e le trasformi. Abbiamo bisogno di risultati immediati e non accettiamo le contraddizioni, i fallimenti (anche apparenti), le critiche, la Croce! Viviamo un po’ “la psicologia della tomba” che ci impoverisce e intristisce e ci rende persone deluse e senza speranza. Noi, che siamo chiamati ad illuminare e comunicare vita, ci lasciamo abbattere dalle piccole cose che generano frustrazione e stanchezza e ci lasciamo “rubare la gioia dell’evangelizzazione”! Siamo invase dal pessimismo e camminiamo con la faccia scura, troppo consapevoli delle nostre povertà e fragilità, dimenticando che non siamo noi a convertire il mondo, e che Gesù ci ripete, come a Paolo: “Ti basta la mia grazia!” Noi siamo chiamate ad essere persone “anfore” per dare da bere agli altri, anche se a volte l’anfora si trasforma in una pesante

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diventare una domanda per il mondo, svegliarlo! Non dobbiamo dare molti principi, ma essere testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere, cioè avere atteggiamenti che non ci sono abituali: generosità, distacco, sacrificio, dimenticarsi di sé per occuparsi degli altri: questa è la testimonianza, il martirio della vita religiosa!” LO STILE ESODALE: “l’annuncio del Vangelo nella gioia! La Parola di Dio ci parla costantemente di dinamismo di uscita. Abramo, Mosè, Geremia un unico comando: “Vai nella terra nuova, a liberare il mio popolo, da tutti coloro a cui ti manderò! Oggi, nell’ “ANDATE” di Gesù, ci sono tutte le sfide della nuova evangelizzazione, della nuova uscita missionaria. Dobbiamo avere il coraggio di uscire dalle nostre comodità per raggiungere le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo. Impariamo a condividere la vita della gente e ad aiutarla: non lasciamo mai soli i poveri e i sofferenti!” Il Papa dice ancora: “dobbiamo farci carico di tanti nostri fratelli che vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita.” Il Signore ci ripete: “voi stessi date loro da mangiare!” Non chiudiamoci nelle nostre strutture, nelle norme che ci trasformano in giudici, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli. La nostra vita sia simile ad un ospedale


Spiritualità e carisma

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croce, da dove il Signore trafitto si è consegnato come fonte di acqua viva. Non dobbiamo lasciarci rubare la speranza!” È molto importante a questo punto il fare comunità, il vivere insieme, il partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in carovana solidale, in santo pellegrinaggio. Evitiamo il desiderio della gloria umana e del benessere personale. Non sentiamoci poche, anziane, sconfitte, ma facciamo sempre quel poco che possiamo fare. Non diciamo: “Si dovrebbe fare…”, ma manteniamo coraggiosamente il contatto con la realtà sofferente della gente. Evitiamo il pettegolezzo, il giudizio, la calunnia nascosta, preghiamo piuttosto per quelle persone con cui non andiamo d’accordo: è un atto di evangelizzazione! “Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!” OPZIONE PER I POVERI: Dobbiamo avere la preferenza per i poveri. Già Benedetto XVI insegnava che Dio stesso si è fatto povero per noi, per arricchirci con la sua povertà e questa è l’immagine più bella di Dio, di Gesù! Dobbiamo amare i poveri, ascoltarli, comprenderli e accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro. Non aspettiamoci risultati immediati, siamo invece ben consapevoli che la nostra vita darà il suo frutto, che nessuna delle opere svolte con amore va perduta,

nessun atto d’amore per Dio, come nessuna generosa fatica e nessuna dolorosa pazienza. Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre, andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui. Dopo la proposta di queste riflessioni sono seguiti dei gruppi di lavoro comunitario. Ci siamo esaminate sulla “PROFEZIA”, sulle “TENTAZIONI PIù FREQUENTI”, sul “MAGISTERO DEI POVERI”. Gli spunti dati da don Enrico, con le parole del Papa, ci hanno provocato profondamente e tutte abbiamo sentito l’urgenza di: vivere in pieno la nostra umanità, consapevoli di essere state scelte e amate da Dio, continuamente riconciliate. Vivere con fede la vita quotidiana, attivare la speranza nel futuro affidando a Dio le nostre persone, le attività, le forze fisiche, le fragilità, i limiti. Accettare le diversità, permeare la vita di preghiera. Amare i poveri in tutte le loro povertà, prenderci cura, condividere il necessario, distaccarci dai nostri sogni e dai nostri difetti; vivere affidate a Dio in ogni circostanza. Queste giornate sono state bellissime, per la ricchezza delle proposte di riflessione e per la fraternità intensa che abbiamo vissuto e condiviso. Portiamo con noi un bagaglio prezioso. Un grazie di cuore a tutti!


Con spirito di pellegrine le Suore dei Voti perpetui

camminiamo sulle orme del nostro Padre Fondatore gati al nostro Padre Fondatore, iniziando da Genova, dove con tanta semplicità e premura Suor Francesca Verdorfer ci ha accompagnate e fatto da guida, spiegandoci ogni cosa affinché noi potessimo davvero gustare col cuore questo pellegrinaggio. Così davanti al sarcofago dove riposa il Beato Tommaso Reggio, ci siamo unite in preghiera per ringraziarlo per il suo esempio di operosità instancabile, abbiamo chiesto di aiutarci a vivere come lui voleva: “Sempre pronte a volare in aiuto dell’indigenza dei più poveri tra i poveri”, con la ferma volontà di seguire Dio ovunque Lui ci chiama a servirlo”. Al nostro Padre Fondatore abbiamo affidato tutte le nostre consorelle sparse nel mondo e in modo particolare le nostre care Madri. In questa terra dove nacque il nostro Fondatore, abbiamo visitato i luoghi in cui con tanto entusiasmo e amore per Dio, egli portò avanti iniziative culturali, spirituali, sociali e caritatevoli, tutte promosse da un grande desiderio di bene.

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a Roma a Genova, poi Ventimiglia, Triora, Bussana, Bordighera e Chiavari con il cuore carico di gioia ed emozione, ma soprattutto un ritornare alle origini dove nasce il nuovo e dove si rafforza il desiderio della nostra totale appartenenza a Dio tra le suore di Santa Marta. Il 1 Maggio abbiamo iniziato il nostro pellegrinaggio insieme alla nostra cara Madre Maestra, Madre Lilian, attraversando bellissimi paesaggi e sentieri della Liguria particolarmente a noi cari. Il nostro programma ci indicava luoghi religiosi, ricchi di tanta storia, di arte e di esperienze personali che oggi possiamo dire hanno segnato la nostra vita. Quanta gioia abbiamo provato in ogni incontro con le nostre consorelle delle comunità visitate! Abbiamo gustato le loro premurose attenzioni e delicatezze nei nostri confronti. Sono state davvero tante le emozioni vissute, ma queste si sono fatte sentire con maggiore forza ogni volta che sostavamo nei luoghi le-


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Suor Jessica Ramos Lòpez Suor Victoria Silva Meneses Suor Luisa Pereira Sepulveda Suor Irene Cabello Pavez


Spiritualità e carisma stati i suoi progetti pastorali, i suoi interventi incisivi, le sue speranze sulla realtà sociale nella quale era immerso pienamente. Sempre qui a Ventimiglia abbiamo potuto visitare la casa Madre, luogo in cui noi suore di Santa Marta siamo nate. Lì, una piccola targa ricorda che il 15 Ottobre 1878 è avvenuta la prima vestizione di otto donne desiderose di appartenere per sempre e totalmente a Dio. A Triora, presso il Palazzo Stella, nella stanza dove lui è morto, abbiamo sostato in preghiera, sapendo che in quel luogo il nostro Padre Fondatore visse i suoi ultimi giorni nell’attesa dell’incontro promesso con Dio. A Bussana e a Bordighera abbiamo ascoltato e guardato ogni cosa cercando d’immaginare il Beato Tommaso Reggio “muoversi” in quella bellissima terra, facendo sempre e ovunque il bene, senza mai fermarsi. In Chiavari ultima tappa del nostro pellegrinaggio, grazie alla guida di Don Claudio abbiamo potuto ascoltare quanto il nostro Padre Fondatore aveva fatto per il bene della chiesa chiavarese; è stato commovente per noi contemplare la sua Cattedrale, e sapere che lui, nostro Fondatore, appena poteva andava dalle sue Suore… chissà che gioia proverebbe oggi al vedere la nostra casa così bella! Così il nostro pellegrinaggio è giunto alla fine, ma noi portiamo nel cuore una grande carica spirituale, desiderose di vivere il nostro quotidiano come ci aveva insegnato il nostro Padre Fondatore e come ancora oggi ce lo ricordano le nostre Madri, cioè con amore, austerità, semplicità e tanta responsabilità. Vogliamo concludere con le parole del salmista: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore” (Sal.116,12-13), questo ci viene in soccorso per dire il nostro grazie a Dio e alla nostra Famiglia Religiosa per questo prezioso dono che ci ha fatto e che porteremo per sempre nel cuore con infinita gratitudine.

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A Ventimiglia, il ricordo del Padre Fondatore si è fatto ancor più vivo. Qui abbiamo visitato prima di tutto la Cattedrale dove per quindici anni il Beato Reggio, Vescovo, parlò di Dio e con Dio. Poi abbiamo avuto la grazia di visitare il Palazzo Vescovile, dove si può vedere ancora oggi come l’appartamento a lui riservato, rievoca ciò che sono


Percorsi di formazione

Emergenza ed e trasmissione A

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Roma, nella Casa Generalizia, i due giorni di incontro, il 25 e il 26 aprile 2014, sono stati dedicati all’Evangelizzazione. Erano presenti le suore della Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria. Per essere segno nell’ambito dove operiamo, è giusto fermarci, confrontarci sulla parola di esperti, interrogarci su ciò che Dio vuole da noi e sui bisogni dei bambini, dei ragazzi e delle famiglie che incontriamo nei nostri ambienti di apostolato. Tutte le suore giovani e meno giovani manifestano una profonda carica e passione nel portare avanti la missione e gridare con la vita il Vangelo, consapevoli che per avere energie per l’annuncio ci deve essere una personale esperienza di Dio. Due interventi sono stati tenuti da Don Gero: “Educare all’amore esigente”, visto come virtù dell’Educatore nella prima relazione e come contenuto dell’educare, nella seconda relazione. Educare è rendere ragione della speranza che ci abita, quindi è mettersi in questione e guardare all’adulto che ci manca, all’adulto che siamo noi. Molti libri, usciti in questi tempi mettono in evidenza la crisi dell’adulto. Il nuovo saggio del Teologo Don Armando Matteo è un grido d’allarme. Gli adulti sono immaturi, eterni adolescenti, fieri della loro intramontabile giovinezza e questi sono i nati dal 1946

al 1964, una generazione che in pochi anni è passata dall’avere nulla, all’avere tutto e ha fatto della giovinezza il senso della vita, legandosi al mito del giovanilismo. Il risultato è che questi eterni giovani non sono capaci di educare, cioè di far diventare adulti i bambini. È una incredibile situazione per la quale nella società contemporanea i giovani si sentono orfani degli adulti, e gli adulti vogliono sembrare giovani il più a lungo possibile. Per queste persone il modello di vita riuscita è quello giovanile, non hanno compreso che la giovinezza è una stagione della vita che deve condurre ad essere adulti. Come possono insegnare ai giovani che c’è qualcosa oltre la giovinezza per la quale vale la pena di impegnarsi a costruire? Rispetto a tutto questo la Comunità ecclesiale ha da giocare la sua parte. Il grande tema della vita buona del Vangelo trova qui una difficoltà e l’impegno di evangelizzare l’adulto. Viviamo in una società che non lascia spazi e opportunità ai giovani, ma allo stesso tempo esalta la giovinezza come unico stadio della vita che valga la pena di essere vissuta. Questo dipende dall’influsso di una cultura individualistica che vuole per la vita la gratificazione istantanea. Nel lavoro di gruppo, alla domanda: “Che cosa manca all’adulto che sono, per essere capace di generare?” È nato un identikit:


ducativa della fede

che colpiscono la superficie dell’anima e non commuovono la profondità del pensiero, ma con l’annuncio del kerigma: “Chi è Dio? È un Dio che ci ama”, questa è la più grande realtà. E noi religiose dobbiamo mostrare la gioia nel vivere i Consigli Evangelici ed essere testimoni di un modo bello di vivere che fa bene ai ragazzi, facendo nascere in loro la passione. È importante perciò procedere con quella logica espressa da Antoine de Saint Exupery: “Se vuoi costruire una nave, non richia-

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L’adulto che ci manca è l’adulto capace di vivere in pienezza i valori del testimoniare, del narrare, del generare. L’adulto che ci manca è uno che sa amare, non nel senso di dare cose, ma di fare crescere nell’impegno e anche nella fatica. È colui che sa testimoniare alla generazione che viene la vita nella sua bellezza, che è degna dell’impegno, del desiderio, del sogno e dell’amore di ogni persona. È colui che sa educare alla verità, alla bellezza, alla bontà, che tiene desta la passione e il desiderio, non con semplici informazioni

di suor Anita Bernasconi


Percorsi di formazione

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mare prima di tutto la gente che procuri la legna, che prepari gli attrezzi necessari, non distribuire compiti, non organizzare lavoro. Prima invece risveglia la nostalgia del mare lontano e sconfinato. Appena si sarà risvegliata in loro questa sete, gli uomini si metteranno subito al lavoro per costruire la nave e salpare.” Nella seconda relazione di Don Gero: “Educare all’amore esigente, si deve, ma si può?” Educare all’amore è fare una scelta per nulla scontata. La conversione che questa scelta chiede è quella di passare dalla logica postmoderna della realizzazione di sé, alla logica evangelica del dono di sé. Educare all’amore non è scontato. L’amore è il testamento di Gesù: “Dare la vita per gli amici” (Gv.15,12). Questo vi comando: “Che vi amiate gli uni gli altri”. L’amore riguarda il come essere più che il che cosa fare. A un certo punto del nostro crescere la persona umana si realizza se si dona, si consegna all’altro, alla società, alla comunità, al servizio. Consegnarsi significa sperimentare che il vertice di un cammino di maturazione sta nell’aprirsi all’altro. Questa è la scelta dell’amore esigente o dell’esigenza dell’amore. Si tratta di un itinerario che innanzitutto ci chiede il coraggio di assumere il rischio della solitudine e della responsabilità. Quando abbiamo accettato il nostro limite e raggiunta la nostra autonomia, occorre decidersi per perdersi nell’altro, trovare qualcuno a cui consegnarsi. Questa è la risposta alla sfida dell’amore esigente. Per noi consacrate la verità della nostra vita si svela nel quotidiano, come direbbe Papa Francesco: “È nei

luoghi del quotidiano che si rende visibile, ‘si illumina’ la nostra vita, la nostra testimonianza, il nostro dono”. “Come la vita religiosa può essere luogo di educazione all’amore esigente? Ci educhiamo all’attesa di Dio che riempie la nostra vita, perché Lui solo è all’altezza del nostro desiderio. Noi diventiamo luogo di educazione all’amore esigente se mostriamo di saper vivere insieme. Il convivere nella vita religiosa non è per scelta, ma per chiamata. Veniamo da storie diverse, da formazione e sensibilità diverse, abbiamo caratteri diversi, siamo tutte segnate da limiti, difetti, piccole manie. La perfezione della relazione non sarà mai raggiunta nelle nostre Comunità, ma questa è la ferita da accogliere, il luogo pasquale della testimonianza. Non siamo chiamate a mostrare Comunità ideali, ma Comunità umane, luoghi di accoglienza e di dono. E Gesù promette la gioia come dono di una presenza. “Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto rallegratevi” (Fil. 4.4) (Nicla Spezzati). L’intervento del Prof. Marco Tibaldi: “Credo per educare” è iniziato con l’interrogativo: “Come comunicare oggi, quale linguaggio usare?”.


specialmente nelle parabole fa capolino la vita spicciola e concreta della gente. Gesù aveva una capacità straordinaria nel comunicare il volto amorevole di Dio e la verità profonda dell’uomo. A Nazareth ha imparato tutto questo. In quei lunghissimi anni si fa compagno dell’uomo. Il suo linguaggio si fa cultura, immaginazione, fantasia. Plasma il suo linguaggio a contatto della gente. Conosce la passione degli uomini e delle donne del suo tempo, sa dove si cerca la felicità, sa che cosa procura dolore, ha una straordinaria familiarità con la mentalità della sua gente. Papa Francesco sa raccontare le verità di sempre col linguaggio del momento attuale, per cui il suo linguaggio arriva al cuore della gente che lo ascolta e lo segue. Anche il linguaggio e il tono del Prof. Tibaldi nel presentare alcune pagine della Scrittura sono stati una lezione simpatica e coinvolgente di come parlare oggi per non stancare. La Madre Generale ha condiviso con noi la sua esperienza fatta nelle missioni dell’America Latina. Ha visitato tutte le case, molte di queste in zona di frontiera, dove le suore danno una testimonianza significativa in mezzo agli ultimi, come vuole Papa Francesco. Ha incontrato pure i ragazzi del gruppo Tommaso Reggio che continuano il loro cammino di formazione e di preghiera, sempre convinti di assimilare e vivere il carisma del Padre Fondatore. Madre Carla ha incoraggiato anche noi a vivere con entusiasmo nelle nostre opere e a mettere insieme coraggio e risorse per testimoniare Cristo.

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La nostra è un’epoca di grandi trasformazioni: In questo tempo sono venuti meno i principi fondamentali in cui si credeva, perciò a parlare di valori si incontrano difficoltà, occorre sì partire dai principi fondamentali e riscoprire una gerarchia, perché l’interlocutore manca di tutto. La Scrittura ci invita ad avere fiducia. Una verità può essere quella che stiamo vivendo ora. In questo tempo pasquale come si fa ad incontrare il Risorto? I discepoli hanno fatto fatica a riconoscerlo, è stato più facile per il buon ladrone e per il centurione riconoscere Gesù nella passione. Vedono che Gesù si comporta in modo diverso dagli altri uomini, non si lamenta, prega per quelli che lo crocifiggono, perdona, il suo amore non si ferma davanti a niente, ama tutti. Si sente amato anche il buon ladrone che è così lontano dai suoi precetti. Fanno fatica a riconoscere il Risorto quando appare ai 12, ai 2 discepoli di Emmaus, alle donne che vanno al sepolcro confuse. “Non è qui” dice l’angelo, “dovete andare in Galilea, là lo vedrete”. La Galilea è il simbolo del quotidiano, simbolo della nostra vita, lì in quella Galilea è presente Gesù. Non affanniamoci per essere un bravo educatore, una brava religiosa, un bravo evangelizzatore, non c’è bisogno che noi portiamo Gesù, Gesù è già là in mezzo alla gente. Quindi il Risorto lo devo riscoprire perché è già in mezzo a noi. Se non lo vediamo è perché dobbiamo riscoprire la fede e continuare il cammino che ci porta al Risorto. Come comunicare le verità? Il linguaggio di Gesù era semplicissimo, quotidiano, in esso,


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Incontri zonali: G

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li incontri zonali di Milano il 15 febbraio, di Firenze l’8 marzo, di Chiavari il 5 aprile, sono stati una scelta felice ed efficace fatta dalla Commissione Scuola. Molto stimolante ed arricchente il confronto tra le scuole di ogni ordine e grado. Tutte hanno lavorato tenendo presente il Documento Programmatico preparato dal Prof. Cattaneo. In Assemblea ogni scuola ha presentato il proprio lavoro che precedentemente era stato analizzato dal Professore. Le scuole, come era stato loro suggerito, sono partite da una lettura attenta delle Indicazioni Nazionali 2012, tenendo presenti alcune linee salienti: •  Il curricolo verticale di Istituto, centrato sulle competenze, è lo strumento fondamentale di lavoro; •  Cosa è opportuno insegnare oggi: perciò definire le esperienze di apprendimento più efficaci; le scelte didattiche più significative, le strategie più idonee nell’accettazione delle diversità e nella promozione delle potenzialità; •  Come organizzare i processi di insegnamento/apprendimento; •  Come garantire l’apprendimento dei livelli essenziali nelle classi sempre più eterogenee, con la presenza di alunni H, DSA, BES; •  È necessario anche esprimere il significato di essere docente in una scuola cattolica: testimonianza dei valori, coerenza tra valori dichiarati e realizzati, per un’azione proficua di condivisione, partecipazione, formazione; •  Sviluppare una mentalità professionale per le competenze trasversali non solo per le conoscenze, formare gli Insegnanti a questo passaggio, attraverso la preparazione di percorsi didattici e compiti vicini alla realtà per gli alunni.

Il tema centrale è stato il Curricolo di Istituto che va inserito nel POF perché rappresenta la centralità, cioè il cuore della didattica e tutti gli argomenti che sono stati analizzati e monitorati possono essere considerati elementi integranti il Curricolo che non è una elencazione di contenuti dei diversi tipi di scuola, ma una scelta di fattori che creano la qualità della scuola per rispondere ai bisogni dell’alunno e del contesto sociale dove si opera. Nei tre incontri la metodologia scelta dal Prof. Cattaneo è stata quella del monitoraggio sui seguenti argomenti: 1.  Punti deboli di criticità e punti forti di ogni scuola 2.  Il Profilo dello studente 3.  Il POF che comprende il Curricolo di Istituto e il Progetto di Evangelizzazione 4.  Scuola Inclusiva 5.  Valutazione e la Certificazione Su ogni argomento ci siamo soffermati per vedere a che punto si trova la proposta didatticoeducativa delle varie scuole. I punti forti che caratterizzano le nostre scuole sono: l’accoglienza, l’apertura ai valori, l’azione formativa intenzionale, che tiene presente la prospettiva educativa lasciata dal Padre Fondatore, la centralità dell’alunno, la testimonianza da parte di ogni docente, la Professionalità degli Insegnanti, la formazione dei genitori. Punti deboli, area di criticità: 1.  Il Progetto di Evangelizzazione è inserito nel POF, ma gli Insegnanti non sempre collegano gli obiettivi del Progetto con gli obiettivi educativi scelti dalla scuola, come se fossero due realtà distinte. 2.  Il cambiamento dei processi di apprendimento degli allievi: I ragazzi sanno usare


Roma, 29 settembre 2013

le scuole si confrontano di suor Anita Bernasconi

vede valorizzare le sue potenzialità ed è costantemente stimolato a sviluppare al meglio il suo percorso di apprendimento e di studio. Questo si accorda perfettamente con lo stile educativo di Tommaso Reggio. Per il Beato la cultura evangelicamente intesa deve: •  Costruire l’uomo dal di dentro •  Renderlo consapevole delle sue potenzialità •  Renderlo capace di sostituire alla logica del potere, del denaro e del successo la forza dell’amore e renderlo consapevole che è creatura unica e irrepetibile •  Educarlo a guardare il mondo e la vita con una curiosità genuina, perché diventi cittadino del suo tempo, pronto a compromettersi perché trionfi la logica del Vangelo. Il Curricolo che fa parte del POF non è un modello didattico dato per tutte le scuole, ma un progetto da costruire in modo graduale, progressivo, continuo, verticale e da inserire nel POF con riferimento al Profilo dello studente, ai Traguardi che sono prescrittivi per lo sviluppo delle competenze e il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina. Tenendo presente che qualsiasi progettualità educativa parte da una idea di persona e per la Scuola Cattolica di persona cristiana. Anche il Progetto di Evangelizzazione fa parte del POF. Il Documento permette di vedere come la proposta di Evangelizzazione si intreccia con la proposta formativa della scuola. In accordo con il carisma e con le Indicazioni Nazionali è emerso dal monitoraggio che le

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i linguaggi delle tecnologie per procurarsi informazioni, ma viene sempre meno il momento della riflessione personale. Cambiano i processi mentali degli allievi e non sempre la scuola è preparata ai nuovi processi di insegnamento. 3.  Nella lettura delle Indicazioni si scoprono opportunità e risorse per il miglioramento della proposta formativa, ma non è semplice il passaggio dall’insegnamento per conoscenze a quello per competenze. 4.  Condivisione dei progetti educativi: spesso tra scuola e famiglia non ci sono scelte valoriali condivise: genitori che si inseriscono non rispettando il ruolo dell’insegnante. 5.  Si documenta poco, quanto si fa nella scuola. Il Profilo dello studente. Tutte le scuole nello stendere il Curricolo hanno fatto riferimento al Profilo del bambino della scuola dell’Infanzia e al Profilo dello studente al termine del Primo Ciclo. Il Profilo dello studente di scuola cattolica va costruito tenendo presente la formazione del cristiano e non solo del cittadino. Su questo siamo tutte d’accordo. Non dobbiamo solo guardare alla sfera cognitiva, ma anche alla sfera affettiva e valoriale. Il POF. Su questo documento le scuole hanno lavorato da più anni, è stato però rivisto da tutte inserendo il curricolo di Istituto e il Progetto di Evangelizzazione. È stata fatta dalle scuole una lettura attenta perché gli obiettivi del POF concordino con quelli delle Indicazioni. La proposta educativa, secondo le Indicazioni, mira alla formazione integrale dell’allievo, che


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nostre scuole si propongono prima di tutto di: •  Offrire un luogo accogliente in cui vivano la bellezza dell’imparare, del fare amicizia, del vivere i valori nelle loro scelte, del dare senso alla vita; •  Costruire persone consapevoli delle proprie potenzialità, educate all’onestà, alla fede, all’amore; •  Formare cittadini pronti a mettersi in gioco per promuovere nella vita di tutti i giorni il Vangelo e i suoi valori. È importante per ogni insegnante impegnarsi in una riflessione operativa sul rapporto tra evangelizzazione e attività quotidiana, con attenzione alle dimensioni relazionali e comunicative con gli allievi e le loro famiglie. Scuola inclusiva “La scuola italiana sviluppa la propria azione educativa in coerenza con i principi dell’inclusione delle persone e dell’integrazione delle culture, considerando l’accoglienza delle diversità un valore irrinunciabile. Siamo tutte scuole inclusive che possono comprendere alunni H, DSA o BES. L’inclusività non va vista come problema, ma come possibilità di rivedere la didattica. Vengono pertanto predisposti PEI per gli alunni H e PDP per alunni con DSA o BES. L’inclusività di una scuola non è disgiunta dal Progetto di Evangelizzazione perché si tratta di costruire all’interno della scuola un atteggiamento di rispetto, di accettazione e di accoglienza delle diversità che superi la pura tolleranza in vista di una integrazione vera. La valutazione Al termine della Scuola dell’Infanzia, della scuola Primaria e Secondaria di 1° grado vengono fissati i Traguardi per lo sviluppo delle competenze relative ai campi di esperienza e delle discipline. La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari e attiva le azioni da intraprendere per un miglioramento continuo dell’alunno. A conclusione dell’istruzione e formazione del Primo ciclo gli studenti dovrebbero aver sviluppato le competenze chiave raccomandate dal Parlamento europeo.

Per la valutazione delle competenze si passa alla creazione e utilizzo di Rubriche valutative predisposte dalla scuola. Per la certificazione delle competenze la Scuola predispone il curricolo finalizzato alla maturazione delle competenze previste nel Profilo dello studente al termine del Primo Ciclo. Queste sono oggetto di certificazione. Molta attenzione deve essere posta a come lo studente utilizza le sue risorse: conoscenze, abilità, atteggiamenti, emozioni e come sa affrontare compiti di realtà. La scuola Cattolica è consapevole della grande responsabilità che assume di fronte ai genitori che le affidano con fiducia i propri figli. Gli Insegnanti hanno perciò un ruolo fondamentale in cui è presente l’autorevolezza, la centralità della relazione personale, l’educazione come atto d’amore, la corresponsabilità, una visione di fede che dà fondamento e orizzonte alla ricerca di senso degli studenti. Oltre al monitoraggio fatto col Prof. Cattaneo, le scuole realizzano ogni anno un attento monitoraggio della propria azione educativa nella consapevolezza del fatto che “il fare scuola” oggi significa mettere in relazione la complessità di modi radicalmente nuovi di apprendimento con un’opera quotidiana di guida, attenta al metodo e ai nuovi media. Alla scuola spetta quindi il compito di promuovere negli studenti la capacità di elaborare metodi, selezionare informazioni e favorire l’autonomia di pensiero, attivando percorsi didattici il più possibile personalizzati. È bello pensare che la Chiesa nel Convegno nazionale “La Chiesa per la scuola” del 3-4 maggio 2013 a Roma, ha testimoniato la sua vicinanza alla Scuola nel decennio dell’attuazione degli Orientamenti pastorali, (2010-2020). La Chiesa è interessata ad una formazione integrale e armonica dell’individuo. La relazione introduttiva del Card. Bagnasco, Presidente della CEI, inquadra il problema della scuola dal punto di vista educativo e civile, proponendo una chiave di lettura unitaria del problema.


Frammenti di santitĂ Ventimiglia, Santa Pasqua 2005

Carissima, Maria, primo Ostensorio prima Missionaria, prima Adoratrice, sia la nostra Stella, ci guidi sempre a GesĂš in tutti i luoghi: deserto, Getsemani, Calvario e poi... in Paradiso. Memento a vicenda suor Bianca

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Suor Bianca Corradi passata alla casa del Padre il 7 luglio 2007


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In cammino verso la Pasqua

una mamma

Viareggio

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uest’anno noi genitori della Scuola Santa Marta di Viareggio abbiamo avuto l’opportunità di vivere la preparazione alla Pasqua in modo davvero speciale: accompagnare i nostri figli a ripercorrere, in sette stazioni, il cammino che Gesù fece portando la croce fino alla morte, nel rigoglioso e verdeggiante giardino della nostra scuola. “Che cos’è la Via Crucis”? mi ha chiesto mio figlio di sei anni, mentre stavamo avviandoci in macchina alla scuola. “Rappresenta la Passione di Cristo fino al momento della Resurrezione” gli rispondo. Lui ha assunto un’epressione perplessa e ha continuato a pormi domande sul perché Dio si è fatto uomo, si è fatto uccidere e poi è risuscitato. “Per dare speranza a tutti noi, per farci capire che la morte è solo un passaggio per poi entrare nella vita eterna”. Cerco di dare spiegazioni con la certezza che ancora non sarà soddisfatto delle mie risposte. Arrivati a scuola, mio figlio è corso incontro alle maestre e ai suoi compagni, disposti in fi-

la mentre aspettavano di vivere questa nuova esperienza. All’inizio i bambini erano euforici ed esitanti allo stesso tempo. Probabilmente non capivano bene cosa dovessero fare. Poi, osservando il comportamento dei compagni più grandi, compiti e assorti nel loro impegno di lettura e rappresentazione delle varie stazioni, si sono calmati ed hanno ascoltato e pregato tutti insieme. Solo alla fine dell’esperienza, quando si sono ritrovati a cantare, hanno dato vita ad un’esplosione di vera gioia, interpretando con il canto, la resurrezione di nostro Signore. Noi genitori non potevamo che essere pienamente coinvolti in questo clima prima di riflessione e poi di esultanza. Alcuni genitori, in realtà, si erano chiesti se era giusto far partecipare i propri figli ad un evento così triste. Perché non lasciarli vivere sereni, senza complicazioni? In fin dei conti sono bambini! Loro vogliono essere presi in considerazione, vogliono che sia spiegato loro il perché degli eventi e lo vogliono soprattutto da noi genitori. Essi sono stati contenti di essere stati coinvolti nelle cose dei grandi, potendo così percepire l’importanza del nostro vivere nella fede. Io credo che la risposta a tutti gli interrogativi sia stata la frase che mio figlio mi ha sussurrato all’orecchio usciti dalla scuola: “Mamma, è stato veramente un giorno di grande felicità”.


Una scuola tra le nuvole

gli Alunni

Vighizzolo

omenica 12 gennaio 2014 alle ore 16 presso la Sala Civica di Mariano si è svolta la premiazione del Concorso letterario di narrativa “Il racconto da leggere a Natale”. Tra i vincitori di questa 17a edizione del Concorso il gruppo dei ragazzi delle seconde medie che frequenta il laboratorio del sabato mattina si è aggiudicato il secondo posto nella SEZIONE RAGAZZI con il racconto “una scuola tra le nuvole” con la seguente motivazione: “Un avvenimento davvero insolito fa scoprire agli alunni del Domitilla Istituto Armonia quanto la scuola può essere più “leggera” se vissuta con entusiasmo e nel rispetto degli altri. Diversi colpi di scena e una scrittura incalzante conducono il lettore a un finale dove, in filigrana, è possibile leggere una morale”. Complimenti agli autori della storia (Siria Bernasconi, Alice Broggi, Aurelio Caslini, Lucrezia Galbiati, Cristina Guerrera, Davide Luatti, Giulia Marelli, Alice Napolitano, Alessia Perego, Anna Sivaglieri) e all’insegnante prof.ssa

Nicoletta Ballabio che ha coordinato il lavoro. La gioia più grande è sì la soddisfazione che questi ragazzi abbiano ottenuto un riconoscimento ufficiale da parte della Giuria dell’associazione Penna Nera… ma soprattutto la gioia è grande perchè si è potuto constatare che i ragazzi, autori del racconto, hanno saputo dare un riscontro nella realtà di come l’armonia fra persone, in questo caso tra di loro, può portare a qualcosa di grande e di meraviglioso per tutti! Vivere in armonia significa dunque successo, lavorare in armonia vuol dire camminare sicuri verso la meta da raggiungere. Armonizzare non è facile, lo sappiamo!, ma i ragazzi premiati ci dicono che è possibile, ce lo hanno detto col loro racconto, ce lo dicono per esperienza vissuta. Grazie ragazzi per questo messaggio così profondo che avete lasciato a noi, al nostro mondo spesso così lontano dal saper armonizzare le diverse posizioni!

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In missione

“Liberi di educ per educ Il cardinale Scola ai trentamila studenti degli istituti cattolici: testimoniare con la bellezza dell’esperienza scolastica che non si vuole togliere nulla alla scuola di Stato. Anzi.

I

l 15 marzo, poco prima di mezzogiorno, finalmente, Angelo Scola, il cardinale di Milano, è al microfono, sul sagrato della piazza del Duomo. L’occasione è la 32a edizione della marcia Andemm al Domm.

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Varie personalità del mondo della Scuola Cattolica sono già intervenute con osservazioni e dati. Anche la domanda cruciale gli è già stata posta: “Famiglia e scuola sono state una grande risorsa in passato. Ora, Eminenza, cosa dobbiamo fare per incidere nella società?”. Lui, il cardinale, innanzitutto, è interessato a chi gli sta davanti, migliaia di persone: tante scolaresche, accompagnate da genitori, docenti e dirigenti.


are” are alla libertà

di Laura Maiocchi Milano - Bovisa

chiusa in una parola: libertà. Qui il tono di Scola si alza. “Liberi di educare per educare alla libertà – afferma con energia –. Chiediamo di ridare alla famiglia la responsabilità di educare i figli, fino alla loro maggiore età.” Applauso spontaneo della piazza. Riprende sottolineando che “siamo scuole pubbliche! L’aggettivo “paritario” è troppo poco!”. Occorre chiedere, prosegue, che anche in Italia vi sia la libertà del pluralismo nella proposta scolastica, garantita e verificata dalle Istituzioni, senza che queste, però, abbiano la pretesa di gestirla. “Alla famiglia e al popolo la libertà di scelta!”, afferma deciso. Il cammino è lungo, perciò il cardinale invita a testimoniare, con la bellezza dell’esperienza scolastica, che non si vuole togliere nulla alla scuola statale, ma che l’obiettivo è che tutto funzioni meglio. “Libertà totale e intera – conclude con enfasi – affinché vi sia continuità nel criterio educativo, con la stessa esperienza, tra scuola e famiglia”. Invita a non perdere la speranza, perché, dice, i tempi stanno maturando, ad essere fiduciosi, affinché questa sensibilità diventi realtà. “Buon cammino!”. Questo il suo augurio nel congedarsi dalla piazza. Dal cardinale i presenti desideravano una voce forte, chiara, autorevole, un refrigerio che desse speranza. Non sono rimasti delusi.

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Appena giunto sul sagrato, si era soffermato a salutare e benedire. Affettuoso e affabile. Una parola per tutti. Poi quella ufficiale e paterna, dal palco. Ed è subito intesa con la piazza. Esordisce chiedendo: “A che ora ha avuto inizio la marcia?”. I ragazzi rispondono: “Alle 9”. “A che ora siete usciti da casa?”. Immediatamente tante voci diverse. “Ma allora sarete stanchi! Dunque vi dirò solo due cose.” Con queste semplici battute Scola crea il dialogo. Lo sguardo azzurro del cardinale è sui ragazzi. “Dirò due cose, la prima a voi ragazzi, la seconda agli adulti”. La prima. “Studiare. Il modo più utile per aiutare la società è andare a scuola contenti e uscire ancora più contenti”. Spiega che la scuola è l’occasione per educarsi a conoscere la bellezza, perché luogo di amicizia, rapporto con i professori, racconto in famiglia dell’esperienza vissuta in classe. Precisa che educare significa crescere. E precisa il percorso, ancora rivolto ai giovani: “Bisogna incontrare qualcosa di bello: questo dà gioia. Poi comunicare tale bellezza a chi frequentate. Certo, ciò implica un po’ di sacrificio, ma il sacrificio dà gioia”. Agli adulti conferma che famiglia e società sono risorse per ogni epoca; soprattutto lo sono oggi, in questo momento di crisi. Ma la condizione, perché possano incidere, è rac-


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Colpiti dalla paro Attratti dalla cont I

n un’esperienza condivisa di festa, alcuni ragazzi, in classe, commentano la mattinata dell’Andemm al Domm. Federico, Elena, Francesca, Benedetta, Marco, Giorgia e Aurora raccolgono le riflessioni loro e dei compagni che hanno partecipato a quell’evento “speciale”. Federico: Mi è piaciuto sin dall’inizio. Ci siamo ritrovati in piazza Duca d’Aosta e da lì ci siamo diretti in corteo, con le altre scuole, in piazza del Duomo. Per me è stata un’esperienza bellissima, anche se avevo già fatto tante altre volte l’Andemm al Domm, perché trovo che sia sempre un’emozione vedere tanti ragazzi

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sfilare con lo striscione della propria scuola e con un obiettivo comune, testimoniare l’appartenenza alla Scuola cattolica. Francesca: Qual è stato per te, Federico, il momento più bello? Federico: È stato proprio la strada, il percorso. L’abbiamo vissuta cantando varie canzoni, tra cui anche l’inno della nostra scuola, del S. Gemma. Del cardinale Scola mi ha colpito quando diceva che anche noi possiamo aiutare la società in questo periodo di crisi e che il modo migliore per farlo è andare a scuola contenti e uscire da scuola ancora più contenti, anche se questo comporta un grosso sacri-


ficio. Mi ha fatto pensare: davvero noi siamo sempre contenti di andare a scuola? Qualche dubbio mi è venuto… E a te, Francesca? Francesca: Io sono riuscita a stringere la mano al Cardinale! Che emozione… Mi ha impressionato quando ha detto: “liberi di educare per educare alla libertà”. Secondo me, si deve essere liberi di scegliere cosa trasmettere a noi ragazzi e quali valori ci renderanno delle persone libere. E perché ciò sia possibile, occorre che le famiglie siano libere di scegliere la scuola più giusta per i loro figli. Ho capito che seguire il Vangelo porta alla libertà. Credo che questa esperienza sia importante per noi ragazzi. Federico: Mi impressiona quello che dici… Elena: Anche la prof (Maiocchi, ndr) ha usato questa frase per l’articolo; vi ricordate che prendeva appunti? Sono stati un aiuto anche per noi, quando ce li ha riletti in classe, perché ci ha “rinfrescato” la memoria. E tu, Marco? Marco: Per me questa mattinata è stata significativa, per le parole dette dal cardinale, perché mi hanno fatto pensare alla mia (ogni tanto) poca voglia di studiare… Federico: Forte, Marco! E tu, Benedetta?

Milano - Bovisa

Benedetta: Anche per me questa manifestazione non è una novità: vi partecipo da quand’ero all’asilo! Eppure quest’anno è stato diverso, più bello. Abbiamo cantato, chiacchierato tra amici, strada facendo. Alcuni di noi erano con i genitori. Ci siamo divertiti a portare a turno lo striscione del S. Gemma. In piazza eravamo davanti al sagrato e abbiamo fatto alcuni balli. Vi ricordate quando i presentatori hanno coinvolto, con dei ragazzi, anche la nostra sr. Giuseppina? È stato bellissimo! Soprattutto, quest’anno ho capito meglio quello che il cardinale voleva dirci: l’importanza della collaborazione tra scuola, insegnanti e famiglia. E effettivamente con noi, in piazza, c’erano anche i nostri prof. È stato un bel modo di stare insieme. Giorgia: Hai ragione, Benedetta. Anch’io mi sono divertita tanto e ho pensato tanto. Il cardinale ha parlato in modo facile, comprensibile. E noi siamo stati bene, insieme. Prof.: Sono felice di aver condiviso con voi tutto questo! Cercheremo di rendere reali le parole del nostro cardinale: venire a scuola contenti per uscire ancora più contenti, perché educati al Bello.

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la “libertà”. entezza

gli alunni della Scuola Secondaria di Primo Grado


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Addio, mia bella addio, l’armata se ne va... A

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lzando gli occhi al cielo, 06 Aprile 2014, ci siamo accorti che sono arrivate le rondini ed il loro garrire riempie i cuori di gioia e speranza per un futuro radioso: “primavera brilla nell’aria e per i campi esulta e per il ciel fan mille giri” (Passero solitario: meditate gente, meditate! …) Tale idilliaca visione viene adombrata tuttavia dalla consapevolezza che tra qualche mese le otto suore della Congregazione di Santa Marta che fin dal 1955, grazie al Cardinale Elia della Costa furono preposte a coabitare con le Angioline e a gestire nel campo educativo e formativo le alunne esterne ed interne dell’Educandato del Conservatorio Santa Maria degli Angeli, se ne andranno per ritornare nelle loro comunità sparse per l’Italia centro-settentrionale. Ma andiamo per ordine… poiché chi vi sta scrivendo, cari lettori, ha avuto la fortuna, e quindi la gioia, di assistere, prima come alunna dal 1960 al 1966 sotto la valente guida educativa di Madre Valeria Bocchino, insigne docente di italiano oltrechè personalità tetragona nell’amare e nell’aiutare le sue alunne e poi come docente di lettere della Scuola Media dal lontano 1 Ottobre 1973 ad oggi (o quant’acqua l’è passata sotto gli insigni ponti dell’antica cittade di Florentia! E l’è tutto un affoghio!). Dovete pensare che durante il XX secolo fino al 1967 il Conservatorio era una scuola cattolica costituita da due soli ordini di studi (Scuola Media ed Istituto Magistrale) per fanciulle fiorentine di buona famiglia; non solo ma all’interno delle camerate del secondo piano del monastero si udivano le garrule grida delle bambine e signorine provenienti dalle regioni del sud d’Italia, poiché avevano da parte del Ministero della Pubblica Istruzione l’opportunità di potersi acculturare e conseguire il diploma dell’Istituto magistrale. Intorno agli anni ’70, mentre la giornalista

angiolina frequentava la facoltà di Magistero, indirizzo Lettere, il Conservatorio si arricchiva e della scuola materna e di quella elementare i cui studi si aprivano anche all’utenza maschile. Dal 1967 al 1988 la presidenza della scuola venne affidata a Suor Serafina Andorlini, illustre dantista e, di conseguenza, docente di italiano all’Istituto magistrale fino al 1973. Furono gli anni d’oro del Conservatorio, la cui serietà educativa e formativa avvolse anche la rive gauche dell’Arno, tanto che ancora oggi gli angiolini con i capelli bianchi si ricordano con gioia, mista a rimpianto, di aver vissuto i migliori anni della loro vita in un ambiente che spronava a crescere, a rispettarsi, ad aiutarsi, a relazionarsi, ad esprimere compiutamente quello spirito di condivisione, solidarietà ma soprattutto accoglienza verso coloro che necessitavano di un sorriso e di un aiuto concreto che le suore di Santa Marta con abnegazione hanno continuamente impresso a noi studentesse, tanto che, durante i giorni di ritiro venivamo condotte verso gli orti, affinché la Parola di Dio tratta dall’Evangelo potesse illuminare le nostre pur giovani esistenze. Dal settembre del 1988 sino al settembre 2002 assunse la Presidenza della scuola Suor Vincenza, alias Adriana Turavani, la quale diede con la sua profonda umanità e gentilezza d’animo un’impronta particolarmente familiare, così che genitori, alunni, docenti, non docenti ci sentivamo orgogliosamente membri effettivi della famiglia delle Suore di Santa Marta e di quelle ormai sopravvissute, poche in verità, Angioline. Fu con profondo dolore che dall’anno scolastico 2003-2004, dopo quasi cinquant’anni di un glorioso percorso educativo, la scuola superiore cessò la propria attività.


le giornaliste angioline

Firenze Conservatorio

Memorabile la giornata del novembre 2014 quando gli Angiolini, guidati da una suora molto decisa, durante l’adunanza di Papa Francesco si fecero sentire da sua Santità non per il battito delle mani ma per quello dei denti, causa la temperatura sotto zero! A ciò si aggiunga una presenza silenziosa ma significativa: magnificus atque maleficus liber, all’interno del quale venivano decisi gli ingressi, le entrate, le uscite e tutte le attività possibili ed inimmaginabili! E si fa per ridere! Per stare un po’ insieme! Per sentirci meno orfani! infatti non è possibile cancellare, almeno da parte della scrittrice angiolina, una convivenza di oltre cinquant’anni, coniugata nei tanti volti, nelle numerose voci e sorrisi, mescolati a qualche lacrima, in questo periodo più frequente di prima. Ringraziare coloro che hanno operato all’interno di questa realtà semplice, umile ma significativa perché permeata dalla viva voce della Parola di Dio proferita e illustrata con fede vivida dalle suore di Santa Marta, è stata per noi tutti, anche per coloro che da poco prestano con serietà la loro professionalità, motivo di gioia poiché, grazie alle suore che si sono succedute in questi decenni, abbiamo sperimentato che la vita senza l’amore per l’altro, icona del Cristo Vivente, è un cammino vuoto, inconcludente, come dice Papa Francesco, che mira semplicemente a soddisfare il proprio egocentrismo a scapito della Via, della Verità e della Vera Vita. A tutti voi che con pazienza avete letto queste poche paginette porgiamo i nostri più affettuosi e sentiti ringraziamenti. O gente! L’è i’ nostro urtimo arti’olo. Addio, mia bella addio, l’armata se ne va…

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Dal settembre 2002 al 2010 assunse la Dirigenza Suor Mariana, al secolo Fernanda Mazzoni, che con il suo temperamento toscano, e quindi brillante, cercò di svecchiare e modernizzare tutte le maestranze della scuola, promuovendo la partecipazione alle Miniolimpiadi che venivano organizzate ogni anno nelle varie scuole della Congregazione di Santa Marta; non solo, grazie al suo temperamento sanguigno obbligò, sempre con il sorriso, s’intende bene, coloro che sapevano scrivere e parlare alla meno peggio, a stendere i famosi articoli che entreranno a far parte, quasi fosse un sodalizio matrimoniale, della rivista: Camminando con Fede! Orbene, siamo ormai giunte agli ultimi quattro anni (2010-2014), quando la Presidenza viene occupata dalla prof.ssa Rosa Pezzotti, in arte Suor Cristina. E vu dovete sapere, cari lettori, che la sopra-menzionata persona nel lontano 1966 l’era un’alunna del quarto anno dell’Istituto Magistrale. Era sempre bassina e si sperava tutti che potesse crescere un altro po’. Ciò non è avvenuto! O che sia stato l’effetto dell’alluvione? Ai posteri l’ardua sentenza! Ritornando a noi Suor Cristina da indefessa e strenua lavoratrice bresciana, trasforma il Conservatorio in una struttura tecnologicamente all’avanguardia tanto da far installare in ogni ambiente videoproiettori collegati ciascuno al proprio pc. Addirittura nell’atrio un megagalattico schermo in collegamento diretto con l’inviolabile stanza dei bottoni, ovvero la Presidenza, quasi quotidianamente proietta immagini delle suore, degli Angiolini, dei genitori e dei docenti che, grazie ad inviti calorosi, prendono parte a manifestazioni artistiche, canore, ludiche, ginniche, letterarie, pittoriche ma soprattutto giornalistiche, si sono fatti e si stanno facendo conoscere inter moenia ma anche extra moenia.


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Il sogno della “Ca è divenuto realtà I

l sogno della “Casa azzurra” è divenuto realtà. Il 13 gennaio 2014 è stato un giorno molto importante non solo per la Comunità di Alleppey, ma per tutta la nostra Famiglia Religiosa perchè è stata finalmente inaugurata la nuova casa che ci ospiterà. Appena giunte ad Alleppey abbiamo abitato una casa in affitto ma ci siamo subito date da fare per cercare un terreno dove costruire la nostra abitazione. La Diocesi ci ha indicato una proprietà costituita da un terreno e da

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una casetta da noi subito nominata “casa azzurra”. Gli ostacoli che si presentavano per realizzare il nostro sogno crescevano ogni giorno e il sogno… continuava ad rimanere un sogno. Non ci siamo però mai stancate di pregare il Padre Fondatore e la Provvidenza. Così il 22 novembre 2010, giorno in cui ricordiamo la morte del Beato Tommaso Reggio, abbiamo avuto un incontro con il proprietario che senza difficoltà e a buon prezzo ci ha venduto il terreno e la”casa azzurra”. Terminati i necessari lavori di ristrutturazio-


asa azzurra” la Comunità di Allepey viva anche la presenza di Padre Zucol, che ci ha lasciato da pochi giorni, e che sicuramente ha pregato il Signore perchè la nostra missione sia un segno vivente dell’amore per i più poveri come lo è stata la sua. Il Signore ci aiuti perchè la nostra nuova comunità possa sempre essere un segno vivo del Cristo Risorto e, come raccomanda Papa Francesco, portatrice della gioia del Vangelo ad ogni persona che incontriamo sul nostro cammino.

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ne, proprio nei giorni in cui Madre Carla e Madre Antonia erano in visita in India, abbiamo inaugurato la nuova casa. Il 13 gennaio il Vescovo di Alleppey ha concelebrato l’Eucaristia nella nuova cappella e benedetto la casa. Durante l’omelia il Vescovo ha sottolineato l’importanza del nostro servizio in Diocesi, nella Parrocchia di Ayramthai, invitandoci ad estendere il nostro apostolato anche in altre parrocchie limitrofe. In questa importante occasione è stata una grande grazia e benedizione la presenza delle nostre carissime Madri che hanno seguito passo passo questa nuova missione e che ringraziamo di cuore. Nelle visite precedenti le Madri ci avevano incontrato volentieri, offrendoci tutto l’aiuto necessario per il nostro apostolato e non potevano davvero mancare a questo momento così significativo per la storia di questa Comunità. Inoltre per rendere più completa la nostra gioia, all’inaugurazione erano presenti le consorelle delle altre comunità indiane, diversi sacerdoti e religiosi e tanti fedeli della nostra parrocchia. Abbiamo sentito


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Nuovo incontro con il Beato Tommaso Reggio I

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l 20 febbraio 2014 ci siamo incontrate a Genova in preghiera presso le spoglie del nostro Padre Fondatore per riprendere con più slancio il cammino già intrapreso da tempo con i laici, nostri amici e collaboratori nelle varie realtà di apostolato. E perché come pensava e dichiarava lui stesso, i laici possono arrivare con la loro testimonianza laddove noi religiose saremmo impossibilitate. Erano presenti, oltre le Suore della Commissione, altre consorelle rappresentanti delle varie Comunità. La Madre Generale, Madre Carla, ha inviato per questo incontro, poiché non poteva essere presente personalmente, parole di incoraggiamento e la spinta a ravvivare il desiderio di mantenere viva l’eredità del nostro Fondatore. Suor Annetta ha invitato tutte a credere profondamente alla potenza del nostro Fondatore, a farlo conoscere, ma soprattutto a mantenere quello stile di vita fedele al grande ideale, che nasce dall’incontro con Gesù, dall’ascolto della Sua Parola, dall’incontro fraterno e condiviso con gli altri. La nostra vita vissuta con autenticità è la porta aperta per far entrare i laici nel vivo del nostro carisma. Suor Eliana ha parlato al gruppo del ruolo dei laici nella Chiesa. Ha preso spunto dalle lettere di San Paolo e ha fatto una carrellata storica, partendo dalle prime comunità cristiane. Non è mancato il riferimento al ruolo dei laici, sottolineato dal nostro Fondatore e più attualmente, nel Concilio Vaticano II, attraverso i documenti conciliari. Un particolare accento è stato posto nel rapporto dei laici con la vita consacrata.

I nuovi cammini di comunione e di collaborazione meritano di essere incoraggiati, per unire gli sforzi fra persone consacrate e laici in ordine alla missione. I laici, infine, partecipando a questo progetto sono invitati a interpretarlo, a condividerlo e a viverlo, inserendolo nella realtà della loro vita laicale (famiglia, professione, parrocchia ed altri spazi). A questi primi due interventi è seguito uno spazio di condivisione, in cui sono state messe in comune le difficoltà di attuazione del progetto, ma anche la ricchezza di esperienze già in atto. A conclusione della mattinata si è svolto un bel momento di preghiera davanti alla tomba del Beato Tommaso Reggio, che è stato vissuto con tanta partecipazione! Tutte abbiamo sentito fortemente il desiderio di vivere con radicalità l’eredità del suo spirito, e di trasmetterla, evangelizzando tutte le persone che incontriamo nel nostro apostolato.

la Commissione Amici di Betania


In missione

...con tanto di sirena

una mamma

Viareggio

Là sono poi stati accolti da un clima ancora più caldo della giornata! I Vigili del Fuoco sono stati molto disponibili e pazienti dando ai bimbi ogni tipo di spigazione e facendo loro perfino provare diverse attrezzature: addirittura un emozionante giro sul camion con tanto di sirena. Per gli alunni è stata una gita indimenticabile.

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enerdì 15 aprile i bambini dell’ultimo anno della scuola materna “Santa Marta”, si sono recati presso la caserma dei Vigili del Fuoco di Viareggio. Agevolati dalla bella mattinata di sole hanno percorso il tragitto dalla scuola alla caserma a piedi accompagnati dalle insegnanti Suor Giovanna e Suor Leelamma.


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Donacibo

di Francesca Casella Chiavari

cosa mi doni oggi A

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nche quest’anno, come tutti gli anni, in occasione della Quaresima l’istituto Santa Marta di Chiavari ha partecipato all’iniziativa “Cosa mi doni oggi?” promossa dal Banco alimentare “Donacibo” per aiutare le famiglie della città che si trovano in situazione di disagio economico. Sono stati raccolti vari generi alimentari a lunga conservazione e poi consegnati ai volontari dell’Associazione con cui l’Istituto ha collaborato. Gli alunni della scuola, i genitori e gli insegnanti hanno accolto questa iniziativa con serietà e entusiasmo. Ai bambini è stato proposto di fare qualche piccola rinuncia, di privarsi di “cose” futili e spesso inutili per donare a chi ha bisogno. Questo progetto rappresenta un importante gesto di solidarietà e un invito a riflettere sul consumismo e sullo spreco di cibo che talvolta facciamo senza nemmeno rendercene conto. Quali parole, meglio di quelle di papa Francesco, sono più adatte a spiegarci quali sono i bisogni a cui dovremmo prestare maggior attenzione: “la vita umana e la persona non sono più sentite come valore primario da rispettare e tutelare, specie se è povera. Occorre riflettere sul problema della perdita e dello spreco del cibo per individuare vie e modi che, affrontando seriamente tale problematica, siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più bisognosi”. È proprio la condivisione un valore portante del metodo educativo Santa Marta. Infatti anche per l’Avvento, come tutti gli anni, un’al-

tra iniziativa ha preso forma per le missioni. Quest’anno le nostre piccole o grandi offerte hanno voluto raggiungere, attraverso le suore di Santa Marta che operano in Libano, i profughi Siriani e la nostra solidarietà si è fatta prossimo anche a chi è più vicino, mandando parte dei soldi raccolti per i bambini della Sardegna che hanno perso la casa a causa dell’alluvione. In sintesi possiamo dire di essere molto soddisfatti di come le famiglie abbiano risposto con gesti di solidarietà sempre più consolidati.


All’alba del giorno nuovo ì all’alba del giorno nuovo senza tramonto, all’alba di quel mattino domenicale che concludeva il grande evento della Pasqua della Risurrezione del Signore durato 8 giorni, all’alba di quella seconda domenica di Pasqua, ormai più nota come domenica della misericordia, … all’alba di questo giorno noi, suore di S. Marta, non potevano non accorrere al grande evento della cristianità, in piazza S. Pietro dove sarebbe stato scoperto quel telo che avrebbe rivelato al mondo intero la presenza di due grandi nuovi santi: San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II. Anche questa volta, noi Suore di S. Marta, c’eravamo!… come sempre… come ad ogni appuntamento importante e da non perdere! Noi, come rappresentanti di quanti avrebbero voluto esserci! Sì c’eravamo, con il cuore carico di emozione, di gioia e di riconoscenza, ma soprattutto carico di desideri, sogni, di situazioni da affidare, di protezione e di benedizioni da ricevere, di grazie da invocare! C’eravamo!

di suor Maria Pia Mucciaccio

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Miniolimpiadi... a S

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olito appuntamento: Miniolimpiadi della Scuola Secondaria di primo Grado delle Suore di S. Marta. Ritornano ogni anno, con attesa grande, con entusiasmo, con quel pizzico di novità: dove? quando? come saranno? 2014: 8a edizione… poche o tante… boh!, alla fine questo non è fondamentale! 11 aprile 2014: Miniolimpiadi a Milano presso la struttura polisportiva QuantaVillage per sperimentarsi con sport nuovi, più o meno praticati, per vivere all’insegna della partecipazione una giornata davvero “sportiva!”. Sì quest’anno lo spirito della partecipazione è stato l’obiettivo principale di questa manifestazione, il filo rosso che ha unito tutti gli alunni delle sei scuole della Congregazione delle Suore di S. Marta. Competizione, stile professionale, destrezza, tempistica, bravura… tutte dimensioni che in passato hanno avuto tanta importanza. Ma non sono scomparse quest’anno, si sono semplicemente intrecciate o lasciate guidare da uno spirito di partecipazione molto vivo ed entusiasmante, cioè da un sano mettersi in

gioco con tutte le energie possedute! Ma allora chi ha vinto? quale classifica quest’anno? Vittoria ad ogni partecipante, perchè ogni alunno ha contribuito con la sua adesione ad elevare il punteggio della propria classe/scuola e questo è stato molto bello perchè ha rinforzato il senso di appartenenza, ha favorito relazioni più ravvicinate, ha rinforzato l’amicizia all’interno di ogni istituto. Questa è la vittoria più grande, più duratura: stare insieme, divertirsi sanamente, sentirsi tutti amici in una giornata vissuta davvero nella semplicità dei rapporti e nella gioia dell’esserci, una giornata fatta di colori esteriori e di tonalità e sfumatura di sentimenti inespressi! Ragazzi alla prossima! non mancate!


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Milano

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In missione

Ogni tramonto è la promessa di una nuova aurora... O

gni tramonto è la promessa di una nuova aurora… Tutti gli avvenimenti e la vita stessa hanno un inizio e una fine! Il tempo che è l’immagine di Dio, ha quattro ali e un solo cuore per contemplare le sue creature, per proteggerle, per benedirle e chiamarle a seguirlo nel cammino della luce che conduce al suo regno che non conosce tramonto. Ma come passa veloce questo benedetto tempo! Sono trascorsi due

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mesi, dal suo felice arrivo alla Casa di Delegazione e tutte queste ore sono state spese per l’avvento del regno in quattro nazioni latinoamericane. Il seme del “DONO DI SÈ” è stato gettato di giorno e di notte, nei solchi delle Opere Apostoliche del Messico, dell’ Argentina, del Brasile, del Cile e nel cuore delle figlie del Beato Tommaso Reggio che donano la vita per l’ideale del primo missionario Gesú di Nazareth. Sì, il seme è stato nuovamente gettato con zelo apostolico e profetico… adesso spunteranno i germogli, poi i fiori profumati ed in seguito matureranno i frutti. Il Papa raccomanda ai consacrati di tenere sempre viva la fiamma dell’Amore per illuminare le oscurità esistenti nel mondo. Più che


Carissima Madre, Le assicuriamo che tutte le figlie del Beato Tommaso Reggio, già impegnate ad un risveglio del Carisma Fondazionale per mezzo della documentazione che ci manda da Roma, raddoppieremo lo sforzo per rendere a Dio il culto della vita. Nello stesso tempo Le assicuriamo che: il seme da lei gettato nei nostri cuori, a suo tempo fiorirà e darà quei frutti che Gesù «della chiamata» attende dalle sue seguaci e che il Beato Padre Fondatore benedirà con la Grazia dello Spirito Santo affinché le nostre comunità siano altrettanti cenacoli in attesa di una nuova Pentecoste insieme a Maria, Madre e modello della vita consacrata. Madre Carla, carissima… la ringraziamo per i sacrifici compiuti a favore di una nuova ripresa spirituale mentre le assicuriamo la nostra vicinanza con l’affetto e con la preghiera. In coro ripetiamo con nuovo entusiasmo e fervore: «la mano all’opera, l’occhio e il cuor lassù, avanti, avanti, avanti per Gesù!»

le Suore della Delegazione

Chile

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sulle problematiche, il Santo Padre insiste sui valori quali: la contemplazione, la fedeltà agli impegni, al carisma, agli orientamenti della Chiesa, alla testimonianza di una vita evangelica nello spirito delle beatitudini. Mette in guardia contro l’insidia della mediocrità, chiede con insistenza di tenere sempre viva e ardente la fiamma della carità di Cristo. Certamente asserisce che il primo e principale dovere di tutti i religiosi deve essere: la contemplazione della verità e la costante unione con Dio per mezzo della preghiera. Tutto questo programma di spiritualità la nostra carissima Madre Carla ha cercato di rinvigorire nelle anime delle figlie del Beato Padre Fondatore durante la visita effettuata alle Comunità della Delegazione latino-americana. Grazie, carissima Madre Carla per questa sua rugiada primaverile che risponde appieno al programma del Beato Padre Fondatore e che, in verità, non è altro che la copia fedele e autentica del programma di Gesú Redentore nostro. Grazie, grazie infinite, Madre per questo suo risveglio ecclesiale sempre antico e sempre nuovo!


In missione

Le Suore a las Cañas Valparaiso devastata

dal Quotidiano La Estrella

Valparaiso

da un gigantesco incendio

U

n gigantesco incendio ha devastato Valparaiso, il secondo porto del Cile sull’Oceano Pacifico. Le fiamme altissime che si sono sprigionate dalla zona del porto hanno raggiunto la collina, distruggendo ettari di area boschiva, 500 case e causando 16 vittime.

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Le Suore di Santa Marta si sono immediatamente attivate per soccorrere gli sfollati, come racconta la testimonianza di suor Lorena Alegre. È stato possibile arrivare in macchina solo fino ai piedi della collina, ma questo non ha impedito alle suore di Santa Marta del Liceo


è una settimana Santa molto diversa, nella quale continueremo a lavorare per stare vicini a quelli che più hanno bisogno”. La suora ringrazia la buona accoglienza che ha offerto loro il gruppo di giovani e la popolazione del “cerro Las Cañas”, luogo che da giorni percorrono, da quando è incominciato l’incendio più grande nella storia di Valparaiso.

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JunaRoss di Valparaíso di arrivare più in là. Più o meno in quaranta persone hanno attraversato il colle e hanno distribuito gli aiuti che portavano con loro. “È una situazione veramente incredibile. Siamo venute quasi tutti i giorni e troviamo sempre una nuova storia da ascoltare. Bisogna aiutare molto questa gente e in questo momento cerchiamo di fare qualcosa per loro”, commenta Suor Lorena Alegre, che di volta in volta si ferma a guardare il panorama del colle completamente devastato. Suor Lorena Alegre mette in evidenza il lavoro dei volontari e dice che non basta aiutare alla ricostruzione materiale, ma che bisogna dare anche tanto coraggio a queste persone. “Bisogna trasmettere forza, dare una parola di conforto, tutto quello che può servire perché la gente vada avanti non solo a livello materiale, ma anche spirituale. Questa


In missione

Una Cappella dedicata a Santa Marta

le Suore della Comunità dell’Ospedale

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Ospedale Aboujaoude’a Beirut, dove noi Suore di Santa Marta svolgiamo la nostra missione da quasi cinquant’ anni è un cantiere sempre aperto. Lo stabile infatti ha avuto bisogno di essere ristrutturato non solo per metterlo “a norma” ma anche per renderlo più confortevole e moderno. In questo piano edilizio è stato naturalmente coinvolto anche il “cuore” dell’ospedale, la cappella “Santa Marta”, che ha accolto nelle preghiere non solo numerose nostre Suore che qui, in Libano, hanno servito il Signore nei tempi terribili della lunga guerra, ma anche tanti malati e le loro famiglie. Ogni mattina la Comunità vi celebra l’Eucaristia e talvolta, in casi particolari, anche il rito

Libano

del Battesimo. Dopo un anno di chiusura per i lavori di restauro la Cappella è stata riaperta ed è bellissima! Il 2 marzo scorso il Vescovo Mons. Paul Dahdah, Vicario del Rito Latino per il Libano, con un semplice rito che ha preceduto la celebrazione della Santa Messa, ha benedetto il nuovo altare e si è poi intrattenuto cordialmente a cena con la Comunità. Siamo molto grate al Direttore Generale il Dott. Jihad Aboujaoude’, alla sua famiglia e ai suoi più stretti collaboratori per avere restituito, non solo a noi Suore, ma anche a tutti i dipendenti e ai malati, il “cuore” dell’ospedale completamente rinnovato.


Pagine aperte le Suore di Santa Marta

I Santi ci sono ancora e vivono con noi!

Le Madri sono arrivate dall’aeroporto appena in tempo per la Santa Messa del funerale concelebrata da centinaia di sacerdoti, da numerosi vescovi e alla presenza di un gran numero di religiosi a di migliaia di persone arrivate dai villaggi vicini. Ognuno aveva ricevuto del bene da Padre Zucol e voleva vedere per l’ultima volta il suo volto, pregare per lui e venerarlo come un santo. Le strade erano tappezzate da posters con il suo ritratto e da illustrazioni delle opere da lui compiute. Una tale folla non si era mai vista prima in questo paese!

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uando siamo arrivate in India per iniziare la nostra missione nel lontano 1986 abbiamo iniziata a vivere insieme a un santo: Padre Lino Maria ZUCOL! Il Signore ha voluto chiamarlo a sè proprio il giorno in cui la Madre Generale e Madre Antonia arrivavano in India per incontrarci. Siamo sicure che non è stata una semplice coincidenza. Infatti il legame spirituale e l’amicizia che si erano stabilite fra lui e la nostra Famiglia Religiosa erano così forti da farci vedere in questi avvenimenti un regalo del Signore.


Pagine aperte

Ma chi era Padre Zucol?

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La sua storia personale è stata quella di ogni persona che desidera veramente dedicare la sua vita e ogni sua energia al servizio di Dio e della Chiesa. Pieno di amore del Signore si è fatto “tutto a tutti”. Ha seguito fedelmente il Maestro che lo ha chiamato: ha condotto un’ esistenza semplice e povera, proclamando il Vangelo con la vita prima che con la parola. Con grande zelo si è preso cura dei poveri, degli orfani, dei malati, dei senza tetto, seminando ovunque l’amore di Dio. Era dotato di un grande senso dell’umorismo per cui riusciva ad “alleggerire” le situazioni piu’ pesanti e delicate. Italiano di nascita, era infatti nato a Trento nel 1916, ma indiano di adozione (aveva ottenuto la cittadinanza) ha assunto la lingua e la cultura del Kerala, vestendo anche la tonaca color terra dei “sanyasi”(gli indiani consacrati a Dio nella religione induista e buddista). Fu educato alla fede dai suoi genitori, che avevano perso due figli prima della sua nascita, e che lo consacrarono al Signore. Ricevette l’Ordinazione sacerdotale nel 1940 e, dopo tre anni di apostolato in diocesi, entrò nella Compagnia di Gesù esprimendo l’ardente desiderio di essere inviato in missione ad gentes. Sognava l’Africa e il Giappone, ma fu destinato all’India, dove giunse nel 1948. Si stabilì a Calicut e dopo alcuni mesi in cui si dedicò allo studio della lingua locale, iniziò il suo servizio in tanti piccoli villaggi della zona costruendovi anche chiese e scuole perchè era profondamente convinto, precorrendo il Concilio Ecumenico Vaticano II, che l’educazione alla fede deve andare di pari passo con la promozione umana. Ha contribuito alla fondazione di molte comunità parrocchiali costruendo non solo

chiese ma anche case (più di 7.000 con annesso un piccolo terreno agricolo da cui trarre sostentamento) per tante famiglie povere e circa 2.000 pozzi e facendo conoscere il messaggio cristiano: Dio che ama infinitamente ogni suo figlio dona a ciascuno forza e consolazione. Sapeva collaborare con tutti e cercava in ogni modo di rendere dignitosa la vita dei poveri dando loro occasioni di lavoro per il sostegno della famiglia: donava mucche e capre e forniva alle donne macchine da cucire perchè potessero contribuire ad aumentare le misere entrate familiari. Con la sua esperienza e lungimiranza ha contribuito molto alla fondazione di Congregazioni in Kerala, anche della nostra. Abbiamo sempre sentito che ci voleva bene, che voleva il nostro bene, che credeva nelle nostre possibilità di essere in quei luoghi un segno autentico dell’amore di Dio per tutti, specialmente per i poveri. Ha praticato la povertà vivendo in una semplice casetta, la sua camera era piccolissima e disadorna, senza ventilatore proprio come quelle dei suoi poveri, la sua mensa era parca: si nutriva infatti soprattutto di frutta esotica, tanto abbondante in Kerala, e di miele. Viaggiava in Italia raramente e solo per ringraziare i numerosi benefattori e offrire a chi incontrava la possibilità di aiutare Gesù nei poveri dei quali lui condivideva la vita. Amava ripetere le parole del Vangelo su cui ogni uomo sarà giudicato al termine della vita: “Avevo fame… avevo sete… ero malato… e mi avete aiutato. Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli è a me che lo avete fatto! Venite benedetti dal Padre mio” Tutta la forza e lo zelo gli venivano dal suo rapporto con il Signore. La sua intensa vita di preghiera era incentrata sull’Eucaristia e sulla devozione alla Madonna di cui sempre parlava con tanta fiducia e tenerezza. Nell’organizzazione della sua giornata, da


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buon Gesuita, seguiva un orario molto preciso: alle quattro del mattino celebrazione della Santa Messa seguita da un’ora di preghiera personale poi visitava le famiglie, i malati, i bimbi degli orfanatrofi, le varie Comunità religiose. Quando veniva da noi a Paryaram o a S. Mary la giornata era più festosa: sapeva comunicare la gioia di chi vive radicalmente il Vangelo. Quando venivano in India le Madri o qualche Suora le conduceva in visita nei posti più belli del Kerala e in tali occasioni anticipava la celebrazione dell’Eucaristia alle due del mattino! Anche durante gli ultimi giorni della sua lunga vita in cui non sempre era cosciente, esprimeva il desiderio di celebrare la Messa e nel giorno della sua morte ha concelebrato con altri sacerdoti e si è nutrito del Corpo di Cri-

sto per intraprendere l’ultimo e atteso viaggio, quello verso il Padre celeste. Noi tutte che abbiamo vissuto con lui lo portiamo nel cuore e serbiamo per lui un’immensa gratitudine e la certezza di aver fatto un tratto di cammino accanto a un santo. La nostra Famiglia Religiosa e molte di noi gli devono tanto: ora Padre Zucol, che certamente ha udito pronunciare da Gesù le parole “Vieni benedetto dal Padre mio perchè è me che hai soccorso dedicando tutta la tua vita ai poveri”, conosce tutto e dal cielo continuerà a seguirci nella nostra missione e a intercedere perchè la nostra vita, come la sua, assomigli sempre più a quella del nostro Maestro e Signore. GRAZIE Padre Zucol!


La luna e il gallo di Padre Alfredo omi

una felice coincidenza di date, continuiamo noi con la domenica della Risurrezione di Gesù Cristo. Uno dei quei bambini, durante la festa, avrà posto le domande di rito al capo famiglia: Perché facciamo questo? Quattro domande insistenti introdotte da un “perché” a manifestare il desiderio di svelare il mistero della novità sempre emergente. Abbiamo bisogno di novità per segnare giorni di speranza. Come quella grande luna in cielo (plenilunio di primavera) che in queste notti fa bella mostra di sé a indicare una data di rinascita, una possibilità in più offerta all’uomo dopo le stagioni dell’oscurità. E anche noi siamo pieni di “perché”. Alla luna si rivolge amaro e desideroso il poeta: Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? Dimmi, o luna: a che vale al pastor la sua vita, la vostra vita a voi? dimmi: ove tende questo vagar mio breve, il tuo corso immortale? Anch’io vorrei indirizzare i miei “perché” al cielo a nome mio e di tanti amici che faticosamente chiedono un senso. Questi sono i giorni nei quali, come i bambini ebrei, poniamo tanti perché alla vita e vogliamo accogliere solo le risposte di speranza, gesti d’amore che annunciano, non un paese dei balocchi, un lieto fine da favola, ma un germe vivo e promettente di

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uardo quei bambini sul lungotevere camminare un po’ ricurvi sotto il peso di uno zainetto. Sono vestiti a festa. Un tipico cappellino sulla testa non distingue tanto la loro scuola ma la loro religione. Portano la kippah. Sono ebrei e festeggiano Pesach, la Pasqua. Non siamo lontani da quello che ancora si chiama il “il ghetto ebraico”. Mi fermo dalla corsa e sorridendo li saluto per condividere gli auguri. Cominciano loro il 14 del mese di Nisan e, per


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futuro. Sono giorni che per noi credenti sono anche pieni di “parole” gravi e dense. Come nella notte della grande veglia di Pasqua quando ascolteremo le “nostre storie”, o meglio la nostra grande storia. Ascoltare la lettura del “libro della vita”, il libro della Bibbia, può ridonare vita anche là dove non c’è più avvenire. Ma torniamo alla luna. Il suo mistero (segnale della Pasqua imminente) rivela il mistero di ciò che siamo noi. “Mysterium lunae”: non brilliamo di luce propria ma siamo illuminati da una luce che viene dall’alto. I giorni della Pasqua sono i giorni in cui ci spogliamo della presunzione del costruirci da soli per ascoltare una voce più forte che invita a “stare in piedi”. A stare in piedi di fronte alla vita. Questa luna straordinariamente luminosa sembra farci dire: la mia notte non ha oscurità. Ma nelle mie corse mattutine, oltre alla luce della luna, mi incontro a volte con l’inaspettato canto di un gallo. Sembra strano che in una grande città come Roma, ancora si possa udire qua e là il canto di chi annuncia la fine della notte. A volte, quando ancora la lama sottilissima di luce che separa all’orizzonte la notte dal giorno non ha fatto breccia, il canto del gallo si fa premonitore. Anche nella notte del tradimento e dell’agonia di Cristo un gallo ha fatto da spartiacque tra la notte del passato e il giorno della speranza. Ho trovato un bel commento al carattere simbolico del gallo e ve lo trascrivo: Tu ci ricordi il giorno, ma ci ricordi pure la notte che si fa nel nostro cuore. Ci rammenti la fedeltà della luce che, all’alba, dolcemente costringe le tenebre a ritirarsi senza fare troppo rumore per lasciare il posto al sollievo e alla gioia di poter sperare ancora e di avere ancora un po’ di tempo per diventare migliori. Sei tu il guardiano delle albe che ricorda come ogni giorno è una possibile proroga per raddrizzare i sentieri dei nostri cuori e convertirci da tutto ciò che ci tiene attaccati a noi stessi, prigionieri delle nostre paure, succubi dei nostri fantasmi. Senza volerlo svetti da tempo sui nostri campa-

nili a ricordare che c’è sempre una possibilità di risurrezione. (…) Il Maestro ti volle compagno del primo dei suoi discepoli per rammentargli, a tempo opportuno, la tristezza del suo rinnegamento. Perché lo aiutassi a non disperare di poter non solo riparare, ma persino di “confermare i fratelli” con quell’autorevolezza che nasce solo dalla sofferenza di aver conosciuto la stretta del proprio limite così da non scandalizzarsi di niente, di nessuno… Al tuo canto le donne si metteranno in cammino coi loro profumi e, nel giardino della nuova genesi, saranno inebriate fino ad essere stordite dal profumo irresistibile della risurrezione, e tu potrai riposare come un re vittorioso dopo lunghe battaglie. Guarda bene, non vedi come il Crocifisso ti assomiglia nel suo combattere contro ogni notte fino a partorire la luce? Come non pensare a tanti che vegliano accanto a vite segnate dalla Pasqua e annunciano (quando è ancora notte) che ci sarà ancora una proroga di speranza? Come non ringraziare chi silenziosamente ma “fieramente” (un gallo dà sempre un’immagine di fierezza) continua a credere nell’avanzare del giorno? Quanto è bella quella mamma che non ha dormito se non a sprazzi perché logorata dalla preoccupazione e a volte dal terrore del futuro ma si alza e si “fa bella” per la vita che ha accanto e per l’amore che la sostiene! Questi giorni della Pasqua sono segnati dalla luna nuova e dal canto del Gallo, ma è Cristo Risorto che dà senso ai simboli e trasforma una lavanda dei piedi in bacio di tenerezza al più debole; trasforma il pane e il vino in dono d’amore per guarire la nostra malattia d’amore; trasforma una croce in scala di paradiso, e trasforma infine aromi per un corpo morto in profumi di vita. Che di noi si possa dire nel giorno di Pasqua: Come senti di buono! E il bambino dentro di noi che innalza i “grandi perché” alla luna, riceverà dal capo famiglia quella carezza che è un canto di vittoria: Sì, è davvero Risorto!


“I giusti

di Madre Antonia Dei

possederanno la terra” (Sal 37,29)

manuele Pacifici si è incamminato verso i pascoli eterni, se n’è andato in pace e lassù tra valli in fiore ha sicuramente incontrato il papà e la mamma che l’attendevano. Dal camino di Auschwitz essi sono usciti nello splendore che nessuna bruttura, nessuna tragedia, nessun orrore ha potuto toccare. Loro sicuramente hanno seguito passo passo il loro Emanuele insieme al fratello Raffaele e, giorno dopo giorno, li hanno accompagnati nella vita. Si spiega solo così la pace che portava in cuore Emanuele, la serenità che diffondeva e quella “sorta” di benevolenza nei confronti della vita e di tutti che sembrava inspiegabile. Chi sopravvive alle tragedie così grandi generalmente fatica a recuperare dentro la possibilità di essere buono e giusto. Emanuele riusciva a conservare in cuore sentimenti di gratitudine e una generosità di atteggiamenti squisiti, indovinati, toccanti. L’incontro con lui risale a tanti anni fa quando, dalle colonne di un giornale cercò Suor Marta Folcia e le Suore di Santa Marta che lo avevano salvato a Settignano. Da quel momento i rapporti si sono fatti più intensi, quasi familiari e per questo veri, solidali. L’incontro con lui è stata anche l’occasione per conoscere più da vicino la sua fede, per capire quanto c’era di autentico nel figlio del grande Rabbino di Genova Riccardo Pacifici. Mi sono

accorta così che le cene pasquali, le cerimonie ricche di significato, l’intenso rapporto con la Scrittura Sacra erano vissuti e interpretati da lui con una saggezza che mi hanno affascinata e mi hanno consentito di entrare, almeno un po’, nel mondo dei nostri Fratelli Maggiori. Emanuele faceva tutto con il cuore: viveva gli affetti intensi della sua famiglia adorata, pur portando dentro una ferita insanabile. I ricordi di un’infanzia da ebreo perseguitato e sempre in pericolo riaffioravano spesso insieme a una gratitudine “esagerata” nei confronti di ogni Suora di Santa Marta. Per lui siamo state mamma, casa, affetto come ripeteva spesso. Ho imparato da lui che anche la sofferenza più atroce può “trasformarsi” in gocce di attenzioni deliziose, limpide per le creature che si incontrano. Ho imparato da lui che il dolore può pulirci dentro e renderci capaci di guardare il mondo e vedere tutti suoi aspetti belli e buoni senza falsi romanticismi, ma nella verità. Ho spesso visto in lui il giusto, quello che nella Bibbia viene definito tale: sì il giusto che con semplicità e, senza chiedere nulla, continua a credere nella bontà e sa vedere il bene intorno a sé. Grazie, Emanuele, adesso che siedi alla mensa con i giusti, continua a “guardarci” e a volerci bene. Te ne siamo grate tutte noi che abbiamo avuto la fortuna di incontrarti.

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Con l’affetto della memoria Roma, 03 febbraio 2014 Carissime, nel tardo pomeriggio di oggi, dall’ospedale di Lavagna dove era ricoverata da un po’ di giorni, è salita al cielo Suor Virgina Fanucchi

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nata a Viareggio (Lucca) il 13 gennaio 1927, entrata in Comunità l’8 dicembre 1949, professa dal 28 agosto 1952. Ha vissuto la sua vita dedicandosi con tanto spirito di sacrificio al bene di coloro che a lei erano affidati. Molti ricordano “le sue deliziose polpette e i bomboloni ripieni di crema” e tutti la rivedono sorridente e serena sempre pronta a rendere ragione della speranza che la sosteneva nella fatica quotidiana. La ricordano in modo particolare le persone che l’hanno conosciuta a Settignano, Roggiano e Chiavari dove lei ha prestato più a lungo il suo servizio. Negli ultimi anni quando non poteva più sostenere i ritmi e le esigenze del servizio in cucina, si è cercata il lavoro… ovunque: in aiuto in portineria, in guardaroba, sempre disponibile ad offrirsi di fronte ad una necessità, spesso incurante degli acciacchi dell’età. Generosa anche nella preghiera che elevava a Dio con intensità riempiendo di fervore i momenti vuoti della giornata, pregava per tutti in particolare per le sue consorelle impegnate nell’apostolato. Il Signore l’ha provata con la sofferenza di momenti non facili ma l’ha purificata e le ha dato negli ultimi giorni la pace e la serenità che l’avevano sostenuta

per tutta la vita. Accompagnata dall’affetto e dalle cure della sua comunità e anche dalla vicinanza dei suoi familiari è tornata a Lui pronta a ricevere l’abbraccio del Padre buono e delle tante consorelle che stavano sicuramente sulla porta del Paradiso ad attenderla per farle festa. Preghiamo per lei mentre le chiediamo di intercedere dal Signore grazie per tutte noi che ancora siamo in cammino verso la meta eterna. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO

Saluto a suor Virginia Vorrei condividere con voi alcune parole in ricordo di suor Virginia, per noi zia Anna. Penso che la bontà e la fede l’abbiano accompagnata dall’inizio alla fine del suo cammino di vita. Fin da ragazzina infatti era portata ad aiutare le altre persone e ad essere vicina al prossimo.

Nel suo parlare esprimeva sempre messaggi di: amore, perdono, carità, umiltà, per i quali ha vissuto. In lei vedevo la vera fede, la gioia, la forza dell’amore. Nel sentirla pregare avvertivo una sensazione particolare: lei parlava proprio con Dio. Ricordo i momenti in cui si avvicinava all’altare per ricevere la Comunione, la osservavo e rimanevo colpita da questo suo avviarsi piena di fede e di gioia; questa felicità risplendeva nei suoi occhi, si percepiva e si espandeva. Anche in questi ultimi anni in cui la sua andatura era compromessa, la fede le dava energia, più volte l’ho vista lasciare il suo bastone e con passo deciso e sicuro andare a ricevere il Signore. È stato un gran dono averla con noi, ci ha dato tanto e nel ricordo la immagino con la sua bellissima espressione, sorridente e illuminata e ascolto la sua voce che dice felice: Eccomi! nipote Lia

Roma, 8 aprile 2014 Carissime, nelle prime ore della notte, a Ventimiglia Casa Madre, è tornata alla casa del Padre Suor FORTUNATA BRUNO nata a Roccaspinalveti (Chieti) il 18 ottobre 1921, entrata in Comunità il 29 aprile 1938, professa dal 15 settembre 1940. La ricordiamo come una religiosa che fedelmente ha vissuto la sua


Roma, 25 aprile 2014 Carissime, nel tardo pomeriggio di oggi, dalla casa di Castelgandolfo, è salita al cielo consacrazione di Suora di Santa Marta, sempre attenta a dare il meglio di se stessa consapevole che ogni dono di Dio doveva diventare disponibilità e aiuto per gli altri. Nelle comunità dove l’obbedienza l’ha chiamata a servire il Signore (Dolceacqua, Sestri, Cuneo, Busto Arsizio, Casa Madre…) si è spesa con tanta generosità sia come cuoca attenta e laboriosa sia come assistente dei malati, sempre preoccupata di preparare con cura quanto era necessario per il bene delle persone che serviva. Si è distinta per la sua delicatezza e premura nella cura delle persone anziane che ha servito con tanta amabilità e dedizione fino a quando le forze glielo hanno permesso. Ha trascorso diversi anni in Casa Madre alternando il suo servizio in cucina e assistendo le

Suor BATTISTINA VECCHIOLINI nata a Paderno Franciacorta (Brescia) il 28 agosto 1923, entrata in Comunità il 5 ottobre 1947, professa dal 29 giugno 1950. Se n’è andata nella pace e nella serenità, consapevole che il Signore l’aspettava, salutando le consorelle che l’assistevano e chiedendo perdono a tutte. Sicuramente è passata all’incontro gioioso con il Signore insieme alle Suore di Santa Marta che l’aspettavano unitamente ai suoi cari là dove ogni goccia di bene trova la sua pienezza. Infermiera attenta al bene dei suoi malati e contenta di poterli soccorrere non solo nelle cure fisiche ma anche con il tocco della sua preghiera, del suo affetto.

Nelle comunità dove lei ha vissuto (Querceto, San Gimignano, Sarno, Castelgandolfo) è sempre stata una persona conciliante, capace di mettere pace, di dare fiducia e serenità. Era una presenza buona, senza pretese, capace di gesti generosi e di chiedere a se stessa fatiche quotidiane che univa ad una preghiera semplice ma intensa e piena di fede. Ha lavorato sempre donando il massimo fino a quando le forze glielo hanno permesso, contenta di servire la sua famiglia religiosa che ha amato e servito con una fedeltà che la rendeva sempre serena e disponibile. Chiediamo nella preghiera a Suor Battistina di continuare ad intercedere per i suoi cari, per le consorelle della sua comunità e per tutta la Famiglia Religiosa. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO

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consorelle anziane e inferme e fino all’ultimo non ha risparmiato le sue energie. Pensiamola nella pace del Signore e contenta di intercedere per tutte noi, per la sua Congregazione che tanto ha amato e in particolare per la sua sorella Suor Giacinta che, come tutte noi, ancora è in cammino su questa terra in attesa di raggiungere la gioia senza fine. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO


Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati sacerdoti, vescovi, e Papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Che entrambi intercedano per la Chiesa affinchè, durante questi due anni di cammino sinodale, sia docile allo Spirito santo nel servizio pastorale alla famiglia. Papa Francesco

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