notiziario delle suore di santa marta
Camminando con fede 1/2013
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Editoriale 3 Editoriale
Frammenti di santità 23
suor Roberta Giannotti
la Redazione
Parola di Dio 4
Il tempo pasquale nell’anno della fede
Card. Dionigi Tettamanzi
In missione 24 i “grandi” insegnano ancora...
da Puria Valsolda
26 C’eravamo anche noi!
Attualità
le Suore studenti
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Il tempo della tessitura
28 «Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede»
Padre Alfredo Ferretti
suor Luisa e suor Maria José
30 La presenza della Madre tra noi
La parola a... Madre Carla 8
Papa Francesco: annunciatore di speranza
le Suore della missione indiana
32 Per una formazione integrale dei giovani
la Comunità dell’Hostel di Trivandrum
33 Festa di San Giuseppe a Sehailè
Spiritualità e carisma 10 La fede orienta e cambia la vita
le partecipanti ai corsi
le Suore della missione libanese
34 I bambini della Scuola dell’Infanzia Santa Marta a sua Santità il Papa Benedetto XVI
13 Sulle orme del Beato Tommaso Reggio
36 Sulle orme del Messia “Tu scendi dalle stelle o Re del cielo...”
le Juniores
Percorsi di formazione
la Scuola Santa Marta di Sesto Fiorentino
dalla Delegazione latinoamericana
16 Educazione, fede, carisma Convegno Scuola Primaria e Secondaria di 1° e 2° grado
40 Gratitudine per questo 25° e 50° di professione religiosa
42 Amici di Betania
suor Anita Bernasconi
le Suore del 25° e 50°
20 Vivere in comunione nella comunità
43 13 marzo Piazza San Pietro? Noi di Roggiano c’eravamo
suor Anita Bernasconi
una partecipante
la Comunità educante
Notiziario delle suore di santa marta
44 Una partita importante
Via V. Orsini, 15 00192 Roma
46 “Si cinse un asciugatoio” nel 20° anniversario della morte
le insegnanti
Pagine aperte
Quadrimestrale Anno LXXXI
Redazione suor Alessandra F., suor Damiana, suor Francesca, suor Maria Pia, suor Mariana Suore di Santa Marta Via Montenero, 4 - 22063 Vighizzolo di Cantù (CO) Tel. 031.730159 camfede@istitutosantamarta.org Stampa Àncora Arti Grafiche - Milano Progetto grafico In.pagina di Bergamaschi Fabio www.studioinpagina.it
Tonino Bello
48 Un ricordo per suor Cecilia
suor Agnese Bianchi
49 Una preghiera per ogni dito della mano
Papa Francesco
Con l’affetto della memoria 50
suor Innocenza Santini suor Daniela Ripamonti suor Chiara Elli
Editoriale
La Redazione
Due braccia... due modalità di servizio ha accompagnato la morte di Cristo era il singhiozzare di Dio. Certamente le braccia aperte del Cristo erano le braccia aperte dell’Eterno sul volto sfigurato di ogni uomo e, infine, quella tenerezza di un Dio che scende nel cuore dell’uomo per accendervi una luce di speranza. La notte del Sabato santo non può lasciarci indifferenti di fronte ad un Dio che ostinatamente va a cercare quell’uomo, ridotto a brandelli sul bordo della strada, per ridonargli tutta la sua splendida dignità. Accogliamo dunque questo invito di Papa Francesco: “Custodire la gente, aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. Aver cura l’uno dell’altro nella famiglia, vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio e prendiamoci cura di noi stessi!” In questi giorni del tempo pasquale in cui insieme a tanta gioia affiorano anche alcuni nodi che fanno singhiozzare l’anima: problemi di salute, mancanza di lavoro, solitudine, progetti infranti… affidiamoci con fiducia alla Vergine che scioglie i nodi, un titolo dato a Maria e tanto caro a Papa Francesco, e custodiamoci vicendevolmente con attenzione e tenerezza, sicuri che la Resurrezione di Gesù viene a dire ad ogni uomo: credi fratello, nonostante le apparenze, il Bene è sempre piu’ forte del Male!
3 Camminando con fede 1/2013
“Non dobbiamo avere paura della bontà, della tenerezza”. Queste parole di Papa Francesco, nel giorno di inizio del suo pontificato, ci servono per meditare e rivivere il Mistero pasquale di questi giorni che seguono la grande Festa della vita. Nelle sue parole, nei suoi gesti, nel suo linguaggio simbolico, traspare tutta la ricchezza e la verità del Mistero cristiano, dove l’umano e il divino, intrecciati meravigliosamente in un abbraccio d’amore, si offrono a ciascuno di noi come strada per una vera umanizzazione. I gesti di Papa Francesco cominciano con la mano destra alzata in quella prima sera a indicare una presenza nuova al servizio di quel popolo di Dio, a cui chiede fin dall’inizio sostegno e preghiera. Quella mano destra alzata che diventerà benedizione e conferma nella Fede per noi, suoi fratelli. Mano destra alzata ad esercitare un servizio di difesa, di custodia e di guida. È il servizio di Pietro che in quel gesto si manifesta, ma è con la mano sinistra che da subito abbraccia l’uomo in tutte le sue sfaccettature: i bambini, i malati, gli amici. È un abbraccio che rivela il servizio materno, umile, ricco di fede, ma soprattutto ricco di forza e di tenerezza. “La tenerezza non è la virtù del debole, anzi al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore.” È il volto mariano di un servizio che non è mai e in nessun caso potere “anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso nella croce”. Ci sentiamo chiamati anche noi, nel quotidiano affaticarci nella ricerca della tenerezza, a guardare il Mistero della Croce. Già nella Cena del Giovedì santo, Cristo Sposo ci apre uno spaccato della sua Passione, della sua tenerezza “Ho desiderato con tutto me stesso mangiare questa Pasqua con voi” e, mentre gode della bellezza dell’amicizia, freme nel suo intimo per lo strazio del tradimento… Eppure non esita a donare se stesso: “Questo è il mio corpo.” Ed è nel mistero di quel Venerdì santo che ritroviamo il coinvolgimento totale di Dio che quasi singhiozza con noi di fronte alla tragedia della morte. Qualcuno ha scritto che il terremoto che
Parola di Dio
Il tempo pasquale nell’anno I niziamo rileggendo una pagina evangelica che ci introduce, nella forma più autentica e autorevole, a meditare sul significato dell’evento centrale della nostra salvezza, quale è la morte e la risurrezione del Signore Gesù per la vita del mondo e di ciascuno di noi.
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“Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa… La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”. Gli rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!” Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. Quel “primo giorno della settimana” di cui ci parla il Vangelo è il momento sorgivo della Chiesa, è la fonte inesauribile delle nostre liturgie domenicali nelle quali attingiamo “vita nel nome di Gesù” e diveniamo “credenti”. Non sappiamo cosa sia accaduto quel mattino, prima che Maria di Magdala giungesse al sepolcro. Non sappiamo, perchè nessuno ha visto risorgere Gesù e nessuno ha tentato di riempire questo vuoto con invenzioni narrative. Possiamo però guardare ai frutti della Pasqua: non solo la sorpresa degli Apostoli dei quali il Vangelo dice che“non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti”, ma
di card. Dionigi Tettamanzi
della fede il dubbio, quando la fede è sottoposta a domande e appare incerta, quando non vediamo più il Signore e le sue tracce davanti al nostro cammino, non dobbiamo sospettare che la fede ci sia tolta. Certamente, non possiamo e non dobbiamo sfidare il dono della fede facendo del dubbio quasi un compagno di viaggio… Ma di fatto il dubbio, a volte, ci assale. Tommaso dice: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo!”. Gesù, otto giorni dopo quel “primo giorno della settimana”, torna a confermare la fede di Tommaso. Quando il dubbio è una ferita che chiede di guarire presto, Gesù viene a mostrarsi di nuovo e a confermare anche la nostra fede insicura. La ragione per cui i Vangeli, memoria viva di Gesù, sono stati scritti, è proprio per la nostra fede viva e continuamente vivificata dallo Spirito Santo. In questo “Anno della Fede”, indetto da papa Benedetto XVI come occasione per stimolarci a dare un fondamento nuovo alla nostra esistenza, possiamo ritrovare la “pace” che Gesù offre ai suoi amici insieme al “perdono dei peccati”: la speranza pasquale si è realizzata nella grazia di non poter mai interrompere il cammino, neppure se la fede è fragile. Per questo Gesù è con noi, e lo è sino alla fine dei tempi.
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anche e in particolare quell’ansia ripiena di speranza che ha messo tutti in movimento: prima Maria, che corre dalla tomba vuota verso gli Apostoli e questi, a loro volta, si precipitano verso la tomba vuota. E dopo la Pentecoste, ecco che tutti corrono verso il mondo intero. Sì, solo dopo la Pentecoste:e la ragione sta nel fatto che il frutto più maturo della fede pasquale è lo Spirito d’amore che ormai deve investire l’umanità intera. “Amatevi come io ho amato voi” è il comandamento nuovo di Gesù. La Pasqua allora esige l’obbedienza a queste formidabili parole come “segno” che rende riconoscibili i cristiani ovunque siano e a qualsiasi tempo appartengano. Anche oggi la Pasqua del Signore è credibile soltanto, da un lato e certamente per la Testimonianza apostolica offerta nei Vangeli, ma dall’altro lato anche per la nostra testimonianza che vede rinascere il saluto di pace di Gesù e l’impegno per un mondo cui offrire speranza, donare misericordia, assicurare perdono, come papa Francesco va ripetendoci di frequente: la passione d’amore di Dio per gli uomini si è fatta carne crocifissa. A Dio, da sempre e in ogni situazione, stanno a cuore la salvezza, la vita, la gioia. Per questo è lui, il Signore risorto e vivo, il fondamento e il dinamismo della missione della Chiesa nella storia di tutti e di ciascuno di noi. Per questo, al di là d’ogni apparenza contraria, quanto amore c’è nel mondo! Sì, perchè Dio ama al nostro posto, ama anche se noi non amiamo; perché egli è per noi il Maestro interiore, lo Spirito che convince, con pazienza, dentro una storia che subisce, anche nelle realtà di Chiesa, i contraccolpi della nostra fragilità e della nostra miseria morale. E solo l’amore può essere creduto! Il resto è cronaca che nulla spiega e nulla cambia veramente, nel profondo dei cuori. Persino quando ci assale
Attualità
Il tempo della H
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o percorso strade, in un tempo particolare della mia vita, che sembravano parlare, cantare, a volte imprecare, perfino sudare (anche il sudore emette il suono schiacciato del torchio della vita). Erano gli anni in cui frequentavo amici tessitori, uomini e donne avvezze alla fatica e alla meticolosa costanza di un lavoro faticoso, senza orari, a volte senza interruzione notte e giorno. Li sorprendevo alternarsi tra un telaio e l’altro, avvolti di polvere e di fili, “contenti” di quel rumore assordante che assicurava, con il lavoro, la vita per la famiglia, lo studio dei figli, un po’ di sicurezza per il presente e qualcosa per il futuro. Ogni “stanzone” (così chiamano nel pistoiese questi luoghi di lavoro) aveva la sua caratteristica, la sua “canzone” assordante. Ognuno produceva un tessuto diverso. Ed era per me stupore e gratitudine seguire le loro mosse, guardare le loro mani riparare centinaia di fili, ripristinare trame interrotte, accarezzare il tessuto finito. E tessendo le stoffe, tessevano i loro amori, le loro famiglie, i loro progetti; si asciugavano di nascosto le lacrime senza mostrare cedimenti, sapevano che, con l’intreccio di quei fili, stavano preparando di stagione in stagione, il vestito della vita. Era per me una gioia ascoltare la descrizione di come avviene la tessitura. Non ho, infatti, alcuna preparazione in questo campo. Ed ora mi ritornano in mente i suoni della tessitura e i gesti dei tessitori. In fondo, questo tempo speciale della Pasqua non è forse paragonabile ad un TEMPO DI TESSITURA? La notte di Pasqua per noi credenti, è la not-
te nuziale per eccellenza, è la notte in cui ci presenteremo a tavola del banchetto nuziale con il vestito adatto, il vestito nuziale, per l’appunto. Come ogni tessuto, che è intreccio di fili di trama e ordito, così il nostro abito avrà questi due elementi costitutivi. Vogliamo “tramare un ordito”: vogliamo far passare il filo di trama in mezzo all’ordito. Ma, fuor di metafora, cosa sono nella vita spirituale l’ordito e la trama? Ci aiuta a fare questo il messaggio papa Benedetto XVI per questa Quaresima 2013, l’ultimo suo documento ufficiale, che vuole per l’appunto intrecciare Fede e Carità: La celebrazione della Quaresima, nel contesto dell’Anno della fede, ci offre una preziosa occasione per meditare sul rapporto tra fede e carità: tra il credere in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, e l’amore, che è frutto dell’azione dello Spirito Santo e ci guida in un cammino di dedizione verso Dio e verso gli altri.
L’ORDITO - LA FEDE Partendo dalla fondamentale affermazione dell’apostolo Giovanni: «Abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16), ricordavo che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo oriz-
tessitura
sto. L’incontro con Dio Amore che chiama in causa non solo il cuore, ma anche l’intelletto: «Il riconoscimento del Dio vivente è una via verso l’amore, e il sì della nostra volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell’atto totalizzante dell’amore. Questo però è un processo che rimane continuamente in cammino: l’amore non è mai “concluso” e completato» (ibid., 17). Da qui deriva per tutti i cristiani e, in particolare, per gli «operatori della carità», la necessità della fede, di quell’«in-
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zonte e con ciò la direzione decisiva… Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l’amore adesso non è più solo un “comandamento”, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro» (Deus caritas est, 1). La fede costituisce quella personale adesione – che include tutte le nostre facoltà – alla rivelazione dell’amore gratuito e «appassionato» che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cri-
di Padre Alfredo Ferretti
Attualità contro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro, così che per loro l’amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall’esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell’amore» (ibid., 31a). Il cristiano è una persona conquistata dall’amore di Cristo e perciò, mosso da questo amore – «caritas Christi urget nos» (2 Cor 5,14) –, è aperto in modo profondo e concreto all’amore per il prossimo (cfr ibid., 33). Tale atteggiamento nasce anzitutto dalla coscienza di essere amati, perdonati, addirittura serviti dal Signore, che si china a lavare i piedi degli Apostoli e offre Se stesso sulla croce per attirare l’umanità nell’amore di Dio.
LA TRAMA - LA CARITÀ
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Quando noi lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6) ed Egli prende dimora in noi (cfr 1 Gv 4,12). La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). Con la fede si entra nell’amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22). La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30).
L’INDISSOLUBILE INTRECCIO TRA FEDE E CARITÀ Alla luce di quanto detto, risulta chiaro che non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l’amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio. Nella Chiesa, contemplazione e azione, simboleggiate in certo qual modo dalle figure evangeliche delle sorelle Maria e Marta, devono coesistere e integrarsi (cfr Lc 10,38-42). La priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede (cfr Catechesi all’Udienza generale del 25 aprile 2012). Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine «carità» alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. È importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola». Non v’è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l’evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana. In sostanza, tutto parte dall’Amore e tende all’Amore. L’amore gratuito di Dio ci è reso noto mediante l’annuncio del Vangelo. Se lo accogliamo con fede, riceviamo quel primo ed indispensabile contatto col divino capace di farci «innamorare dell’Amore», per poi dimorare e crescere in questo Amore e comunicarlo con gioia agli altri. Mettiamoci al telaio: ogni giorno facciamo passare la trama dell’amore tra i fili dell’ordito della fede. È un lavoro costante, paziente, faticoso ma creativo, che porterà certo i suoi frutti nella nostra vita e nel nostro darci agli altri con FEDE e CARITÀ.
La parola a...
Madre Carla
Papa Francesco: annunciatore di speranza L’ messi: è tempo che impariamo da Lui la forza della mitezza che rende buoni e quindi intraprendenti nel bene. Andiamo a rivedere anche l’invito che il Nostro Fondatore, il Beato Tommaso Reggio, ha lasciato a noi Suore di Santa Marta: «pregare per il Papa e soffrire con Lui». Sì! Soffrire con Lui, portando sul cuore e facendo nostre le piaghe aperte di un’umanità dolente che grida e cerca risposte. Portiamo con Lui sul cuore anche le sofferenze della nostra cara Italia esasperata da troppe difficoltà! Benediciamo il Signore che conforta la nostra povera fede e ci manda pastori secondo il suo cuore e portiamo nel nostro quotidiano la freschezza del Vangelo, quella che contagia chi ci sta accanto e non ha bisogno di parole. Impariamo da Papa Francesco!
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arrivo di Papa Francesco ha portato in Italia e nel mondo una calda brezza di rinnovamento e soprattutto ci ha fatto recuperare la certezza che la Chiesa è tutta nelle mani di Dio, di un Dio che, al momento giusto, è capace di entrare nella storia con le sue sorprese. Abbiamo avvertito davvero che qualcosa di nuovo e di grande stesse iniziando: tutti in quelle ore abbiamo avuto la sensazione che il mondo, e anche il nostro Paese, potesse farcela a superare le difficoltà degli ultimi anni. Papa Francesco è stato capace di mostrare il volto di una Chiesa che è attenta ai tempi, in grado di “cambiare”, di fare gesti di grande coraggio e di profonda umiltà come quello compiuto da Papa Benedetto, e sa suscitare nel cuore di un Papa, come Francesco, il desiderio di rispondere all’invito che fu una volta rivolto al poverello di Assisi: “Va’, ripara la mia Chiesa”. Questo Papa forse era nei nostri sogni e non lo sapevamo… ma ora che la sua genuinità evangelica ci ha conquistato, proviamo un grande desiderio di seguirlo ad ogni passo per lasciare che la meraviglia ci inondi il cuore e la gratitudine ci invada. È tempo però di raccogliere la grande lezione che ci sta impartendo; è tempo di superare l’emozione trasformandola in preghiera e in scelte concrete di vita quotidiana. È necessario che anche noi impariamo che si può scegliere di vivere di essenzialità reale, di gioia contagiosa, di tenerezza, di misericordia, di fermezza evangelica che non cede a compro-
Spiritualità e carisma
La fede orien Q e ca uando le persone s’incontrano per pregare o per vivere momenti d’intensa vita spirituale, provano una grande gioia in fondo al cuore. Questo succede ogni anno nelle giornate di formazione permanente che la nostra Famiglia religiosa organizza. Quest’anno circa cinquanta religiose si sono incontrate a Roma e a Genova dove, nell’ascolto della Parola e nella preghiera, hanno cercato di maturare e alimentare la loro fede.
Roma 9-10 febbraio 2013
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Arrivare a Roma è una grande gioia, perché, come sempre, calda e affettuosa è l’accoglienza! L’incontro per il gruppo della Spiritualità è stato tenuto da padre Terrinoni che ha iniziato facendo riferimento al nostro Padre Fondatore quando diceva che “la più grande cosa è quella di compiere in tutto e sempre la volontà di Dio. E questa si compie attendendo con impegno e fervore a quello che Egli stesso ci pone adesso tra le mani”.
Grande verità quella dell’abbandono alla volontà di Dio, tutto è ordinato dalla Provvidenza. Il grande impegno di Mons. Reggio fu quello di diffondere la Parola di Dio, la devozione alla Madonna, l’obbedienza e la difesa della Chiesa e del Romano Pontefice. In questo Egli può essere considerato un’autentica icona del vero cristiano che vive e respira la fede! A partire da questi spunti Padre Terrinoni ha presentato la fede come fiducia in Dio e appoggio di tutta la nostra vita in Lui.
Incontri di Spiritualità 2013
nta mbia la vita
le Partecipanti ai corsi
all’etica e al rispetto per superare la frattura tra fede, vita e cultura. È giunto, quindi, il momento, per i cristiani e i religiosi di essere lievito nella “pasta”, sale della terra. Le due giornate si sono poi concluse con un momento commovente che è stato quello di poter rinnovare la fede nella Basilica di San Pietro, nella Cappella della Madonna, con il Cardinale Sardi.
Genova 2-3 marzo 2013
L’incontro del gruppo Spiritualità a Genova è stato un momento prezioso per rimotivarci personalmente in un cammino di fede che ci chiede di vedere le persone, gli eventi della storia e il quotidiano con gli occhi di Dio. Don Enrico Bacigalupo che ha guidato le due giornate di spiritualità, nella sua riflessione,
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Ha spiegato poi che la fede: è una persona da incontrare è un dono personale è la nostra compagna di viaggio cresce insieme all’amore. Padre Terrinoni si è anche soffermato sulla crisi di fede nel nostro mondo contemporaneo. C’è crisi di fede in questi tempi, perchè l’attuale clima culturale favorisce il dubbio e lo scetticismo. Un’arma potente è il Vangelo, la preghiera e i sacramenti dove agisce Gesù! Si risponde a questa cultura laica con il credere senza problemi, ad occhi chiusi. Si è disposti a credere dopo aver fatto forti esperienze religiose e solo così si può combattere la fede vissuta in modo passivo e il secolarismo di questa società. Allora cosa fare? Non ci si può arrendere, non possiamo rimanere prigionieri della paura e dello scoraggiamento. Dobbiamo continuare ad annunciare la fede con coraggio!, anche perché, nonostante questi fenomeni, non è scomparsa la sete di Dio e la sete di infinito non è venuta meno, anzi è aumentata! L’Essenziale è Dio! Dobbiamo pertanto riscoprire orizzonti di Speranza! Educare i nostri ragazzi, i nostri giovani ad avere una visione cristiana della vita, educare
Spiritualità e carisma
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facendo riferimento all’instabilità politica, alla sede papale vacante, ci ha richiamate al nostro impegno di preghiera per saper cogliere il segno profetico della rinuncia di Papa Benedetto XVI. Accattivante è stata la metodologia usata da Don Enrico. Per introdursi nella trattazione del tema: La Fede orienta e cambia la vita” è partito dal film “Uomini di Dio” (sette monaci trucidati durante un attacco terroristico presso il monastero di Tibhirin in Algeria) e dalla canzone “L’essenziale” di Mengoni che, quest’anno ha vinto a Sanremo e dove si coglie l’esigenza forte che il mondo ha di qualcosa di grande, in un momento in cui sembra cadere a pezzi per la perdita dei valori. In un contesto profano si sentono parole che incrociano i bisogni dell’uomo d’oggi. Bisogno dell’essenziale. Per noi consacrate l’essenziale è il bisogno di ascolto della Parola di Dio, il bisogno di ascolto degli uomini, il bisogno della luce di Dio. Noi siamo prese dal fare, ma è importante capire che urge fare un cammino di ritorno dalle opere al carisma. Che cosa vuol dire vivere il carisma del nostro Fondatore nell’oggi della storia? È importante partire dal Vangelo, fermarsi sulla Parola e lì incontrare il Cristo, persona viva per innamorarsi di Lui. Questo amore attraversa tutta la nostra persona con le sue esperienze e sentimenti: gioia, incostanze, capricci, frustrazioni, peccato, fragilità e ci conduce, passo dopo passo, alla piena fedeltà a Dio, ad entrare cioè in comunione col Padre, attraverso Gesù, che è la porta di accesso alla vita e alla conoscenza di Dio. Gesù è il Pastore buono che conosce e riunisce in un unico ovile coloro che credono. Gesù è vita che raduna nell’unità quelli che credono in Lui, e per dare la vita offre la propria sulla croce.
Il nostro impegno di fede è accogliere Dio, entrare in comunione con Lui e con le sorelle. Ogni giorno dobbiamo maturare la consegna a Dio e questo avviene quando lasciamo tutto e ci liberiamo di tutto. Ci sono stati anche i lavori di gruppo che hanno permesso di approfondire e sviscerare una parabola e metterci poi a confronto con tutte le altre sorelle. Nel clima festoso e fraterno si è notata una grande serenità in tutte le partecipanti che hanno goduto anche di bellissime giornate di sole e di natura splendida, il tutto arricchito dalla S. Messa in Cattedrale dove ci siamo recate per vedere il nuovo quadro del nostro amato Padre Fondatore. Al ritorno abbiamo fatto una paraliturgia per ricordare il nostro Battesimo e al Cero Pasquale abbiamo acceso la fiamma della nostra fede e della nostra consacrazione! Infine una preghiera al Padre Fondatore per rinvigorire e risvegliare il nostro carisma di fondazione, a cui abbiamo affidato tutta la Congregazione. Suor Anita ci ha fatto ripercorrere il cammino di fede, seguendo le sculture del sarcofago del nostro Beato Tommaso Reggio. Le comunità di Roma e di Genova ci hanno accolto con tanta disponibilità e gioia, ci siamo sentite in famiglia per il clima fraterno e gioioso della loro accoglienza. Tutte siamo ritornate nelle nostre comunità con la certezza nel cuore che la fede illumina il nostro cammino di Suore di Santa Marta.
Sulle orme del Beato Tommaso Reggio
le Juniores
prossime alla Professione perpetua
“
imanete R nel mio amore. Perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena
Gv 15,9-11
”
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L
unedì dell’angelo, noi suore della professione perpetua con Madre Lilian, alle prime ore del mattino, eravamo pronte per incominciare, piene di gioia, il pellegrinaggio sulle orme del nostro amato Padre Fondatore, il Beato Tommaso Reggio. Come non manifestare stupore e gioia constatando che il nostro sogno, atteso da tempo, stava diventando realtà? Il nostro cuore batteva all’impazzata anche se ognuna, in silenzio, pregava e meditava pensando a quello che avremmo visto e vissuto nelle varie soste che ci aspettavano. Così, da una stazione all’altra, siamo arrivate a Genova. L’abbraccio fraterno con le nostre consorelle, alcune delle quali sconosciute, ci ha fatto gioire e cantare: “È bello per noi stare qui con Te e bello ascoltare la tua voce”. In tutte dominavano l’ansia e il desiderio di stare vicine alla tomba del nostro amato Padre Fondatore. Lì, in quel luogo meraviglioso, il nostro cuore è stato inondato da grande gioia e anche da una forte emozione, perché sentivamo vivo il suo paterno sguardo. Lì la sua vicinanza era tangibile e nel silenzio, ma con il cuore aperto ad accogliere il messaggio di quanto potevamo contemplare, abbiamo espres-
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so gratitudine al Signore di averci donato un Fondatore così straordinario. Da Lui abbiamo invocato una speciale protezione affinché il ricco patrimonio spirituale lasciato alla sue figlie, diventi per ciascuna di noi sostegno di fedeltà alla nostra consacrazione. In Ventimiglia, luogo dove è nata la nostra famiglia religiosa, abbiamo sostato dinanzi alle tombe delle nostre consorelle, chiesto loro di rafforzare la nostra vocazione e, con grande emozione, abbiamo visitato la nostra Casa Madre, dove il Padre Fondatore ha trasmesso il carisma alle nostre prime consorelle. Come dimenticare quell’aurora del terzo giorno del nostro pellegrinaggio, quando di fronte ad uno spiacevole imprevisto è venuta incontro la Provvidenza attraverso il servizio attento e premuroso delle nostre consorelle, abbiamo così potuto raggiungere Triora e godere del luogo sacro dove il nostro Padre Fondatore ha detto le sue ultime parole: “Dio solo, Dio solo mi basta”. Questo per noi è stato un momento di grande commozione e di pace interiore.
Nell’intimo silenzio del nostro cuore facevamo memoria di tutto quello che Lui aveva fatto e vissuto nella sua diocesi… “ogni sguardo, ogni angolo ci parlava di Lui, come se i suoi occhi si incrociassero con i nostri”. Ma il nostro cammino non finiva qui, quel giorno abbiamo visitato il Santuario del Sacro Cuore (Bussana) e dove abbiamo “meditato” la grandezza del nostro Padre Fondatore, quando durante il terremoto che distrusse questo paese, accorse premuroso portando conforto, aiuto e collaborazione nella ricostruzione. Sempre nella stessa giornata, siamo andate anche a trovare le suore del seminario a Bordighera, dove, pur nella brevità del tempo, abbiamo goduto della loro accoglienza fraterna. Subito dopo abbiamo raggiunto la Cattedrale di Ventimiglia. Qui ci attendeva Don Luca Salomone che ci ha fatto rivivere molti ricordi della permanenza di Monsignor Reggio nel Duomo e nel Vescovado. Il nostro pellegrinaggio ha avuto ancora come meta Chiavari. Dopo essere state al cimitero
testimonianza di saggezza e di adesione alla volontà del Signore. In sei giorni abbiamo potuto vivere momenti importanti che riguardano la storia del nostro Padre Fondatore e della nostra Famiglia Religiosa. È stata per noi un’intensa immersione carismatica che ci sprona a impegnarci per una fedeltà sempre maggiore alla chiamata del Signore. Da ultimo, è indispensabile un nostro GRAZIE vivissimo alla nostra carissima Madre Carla e a tutte le comunità che ci hanno dato la possibilità di trascorrere giorni di grandissima ricchezza spirituale.
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a pregare sulla tomba delle nostre consorelle, ci siamo recate nella cattedrale di Nostra Signora dell’Orto, Santuario molto interessante per la sua storia e le sue bellezze artistiche, nonché per i ricordi legati al periodo in cui il Beato Tommaso Reggio è stato rettore del seminario. Con l’esperta guida di Don Mario Ostigoni abbiamo potuto visitare anche il Seminario e rimane nel ricordo soprattutto la cappella dove il nostro Fondatore era solito ritirarsi in preghiera. Continuando il nostro itinerario siamo arrivate alla città di Firenze, dove abbiamo goduto la bellezza dell’arte che richiama Dio e che invita a pregarlo e a ringraziarlo. In serata abbiamo raggiunto Querceto. L’emozione è stata grande anche solo al pensiero di trovarci nel luogo dove sono accolte, con amore e dedizione, molte consorelle che hanno offerto generosamente tutta la loro vita a Dio nel servizio della Famiglia Religiosa e che ora attendono l’abbraccio dello Sposo. I loro sguardi e i loro volti trasmettevano serenità di vita, le loro parole erano una
Percorsi di formazione
Educazione, fede,
Convegno Scuola Primaria e I
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l Convegno delle Suore Insegnanti della Scuola Primaria e Secondaria che si è svolto a Chiavari il 19-20 febbraio 2013 sul tema: “Educazione, fede, carisma”, ha messo le basi per una revisione e aggiornamento del Progetto di Evangelizzazione e del Curricolo. Don Claudio Doglio ha parlato della “Condivisione del Carisma con i Docenti laici”. È stata una relazione molto intensa, ma indispensabile per fare chiarezza sul nostro stile educativo. L’impegno dell’educazione, connesso con il tema della Fede, rimanda direttamente al cuore della nostra esperienza cristiana e per noi suore di Santa Marta al nostro carisma di accoglienza, servizio e fede che dobbiamo condividere con i nostri docenti e collaboratori laici. CARISMA parola greca che deriva da CHARIS significa GRAZIA, il suffisso finale “MA” serve per dire la concretezza del concetto, quindi carisma significa la grazia effettivamente realizzata in una persona. Il nostro carisma sono le caratteristiche personali che il Beato Tommaso Reggio ha dato alla nostra Famiglia religiosa. Era un uomo trasformato dalla Grazia, il suo modo di fare era il carisma che ha trasmesso alle prime suore che hanno accolto l’invito e hanno imparato uno stile di vita, di educazione, di relazione con gli altri, affine a quello che hanno visto nel Fondatore e così di generazione in generazione il carisma è giunto a noi. È stato un dono di grazia, non un fatto automatico, chi l’ha accolto, l’ha fatto liberamente.
La realtà del carisma si avvicina molto alla realtà dell’educazione e della fede, perché sono tutte e tre questioni che richiedono una relazione personale e un’accettazione libera e volontaria. EDUCARE significa entrare in relazione con una persona: da una parte c’è l’autorevolezza, dall’altra la disponibilità accogliente. La dinamica della fede è la stessa: da una parte c’è Dio che si rivela, dall’altra la persona che può accogliere. Nel mondo antico i grandi pensatori hanno discusso su due principi fondamentali che secondo loro reggono la convivenza umana: la natura e la legge. Che cosa è più importante? Sono due modelli che appartengono al modo di pensare, per cui l’uomo si può mettere da una parte o dall’altra, dando un significato diverso alle sue scelte ed esperienze. La novità cristiana, in particolare con Paolo, ha aggiunto una cosa nuova, il concetto di CHARIS cioè GRAZIA, perché solo la Grazia può salvare la natura corrotta e la legge impotente. L’uomo da solo non si salva, con queste due realtà, natura e norme, non c’è salvezza, siamo salvati per Grazia. Natura e legge, curati dalla Grazia rendono bella la vita, sono la salvezza. Nell’educazione la comunicazione del carisma avviene nella relazione personale tra educatore ed educando, è qui che si gioca l’elemento forte, carismatico di una educazione religiosa. Insegnare bene è il dovere fondamentale di tutti, ma questo non significa ancora trasmis-
carisma
di Suor Anita Bernasconi
e Secondaria di 1° e 2° grado Insieme devono stare queste tre cose: la valorizzazione della natura, l’applicazione della legge, la mediazione della Grazia. Se siamo mediatori della Grazia non possiamo accontentarci di un insegnamento normale. La dinamica della Grazia che cura natura e legge si applica prima di tutto a noi religiose nel nostro rapporto con Docenti e alunni. È necessario creare legami di affetto perché attraverso il legame affettuoso passa il carisma, l’educazione della grazia che cura la natura. Lì opera il Signore, ma ci chiede una collaborazione impegnata.
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sione del carisma che avviene solo nell’incontro personale dell’educatore con l’alunno, bambino o ragazzo che sia, lì passa la Grazia. La stessa cosa vale nel rapporto del Preside con gli Insegnanti. In un Collegio Docenti il Preside dà le norme, la natura può apparentemente seguirle per un quieto vivere, ma ci può essere scontro natura-legge, questo è risolvibile solo attraverso la Grazia che passa nella relazione personale. Nell’incontro si aiuta il ragazzo a prendere coscienza di sé, del suo errore, il lavoro è però ancora tutto da fare. C’è solo la conoscenza del problema, la cura non è la legge: devi fare così, la cura è la grazia. Non basta dare delle regole. In una scuola che funziona perfettamente da un punto di vista di regole e di disciplina, dove i ragazzi si comportano bene, gli Insegnanti fanno tutti il loro dovere, tutto funziona a pennello, non significa che ci sia una vera formazione cristiana.
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L’anno della Fede deve risvegliare il desiderio di vivere il carisma per trasmetterlo agli altri, perché le nostre scuole diventino carismatiche attraverso la mediazione personale. Il secondo relatore Don Stefano Manetti ha sviluppato il tema: “Educare alla Fede nella scuola e come raggiungere le famiglie”. La Fede non è frutto di Educazione, è dono soprannaturale che riceviamo nel Battesimo. Il Relatore ha sottolineato l’importanza della Parola che penetra dentro di noi, trasforma la vita e rinnova la fede. La nuova Evangelizzazione si fonda su una vita spirituale nutrita ogni giorno dalla preghiera e dall’ascolto della Parola. Educare alla fede è una sfida non indifferente. Come aiutare i genitori ad essere consapevoli perché la fede si manifesti? Nella scuola quali problemi vediamo? Fatica a dare senso alla vita, ansia, paura, incapacità di sperare. Il problema fondamentale è la negazione del trascendente, della relazione con Dio e l’uomo non sa dove andare. La scuola cattolica è sicuramente un ambiente dove si respira un’aria autentica, vera e chi vi lavora si interroga su come incidere sull’uomo d’oggi. Da parte nostra c’è bisogno di conversione, lasciarci illuminare dalla Parola. Noi Insegnanti ci percepiamo come servi della Parola e nel nostro impegno di Evangelizzazione è lo Spirito che ci guida. Ma quali sono le risorse per una Evangelizzazione efficace? Quali le forze disponibili? La Parola è la nostra grande risorsa, è vita, è la comunicazione di Dio; il Logo uscito dal Padre si è rivelato all’umanità in un dono totale, per cui noi siamo avvolti da questa Grazia, ovunque operiamo. Possiamo attingere, da Luca 5, la pedagogia di Dio e imparare come proporci. Gesù è sulla riva del lago di Genezaret, la folla fa ressa per ascoltare la sua Parola. Che fa Gesù? Vede due barche. I pescatori riassettano le reti, Gesù li vede, non sono lontani dal suo
cuore. Grande è il valore della persona agli occhi di Dio. Dal cuore nasce lo sguardo, e lì inizia l’educazione. Gesù fa una prima richiesta, si rivolge ai pescatori e invita Pietro a scostare la barca per salire. Non li umilia… li fa sentire importanti… li promuove, li accoglie come sono, entra nella loro vita. La riva è piena di gente, Gesù in piedi sulla barca parla e la sua Parola risuona. Pietro a questo punto deve ascoltare. È una Parola efficace, creatrice, non lascia le cose come prima. La seconda richiesta non è subito capita. “Torna a pescare”. Avevano faticato tutta la notte senza prendere nulla. Possiamo indovinare la reazione tacita di Pietro, il pescatore competente che è invitato a pescare al mattino. Non si affida alla sua esperienza di pescatore, ma dice: “Sulla tua Parola”. Disponibilità di Pietro e si vede il frutto, due barche si riempiono di pesci. Il percorso della Parola non è ancora finito, lavora nel cuore di Pietro,chiama i compagni perché l’aiutino. La Parola ha cambiato il rapporto tra loro, non sono più solo soci, sono fratelli. Pietro vede con occhi nuovi se stesso, è ai piedi di Gesù e dice: “Allontanati da me perché sono peccatore”. Gesù dichiara la trasformazione: “Sarai pescatore di uomini”. Lasciarono tutto e lo seguirono. Pietro capisce che ora non può più fare a meno di Gesù. Possiamo applicare queste tappe nella formazione, la preoccupazione prima non è la metodologia, ma come essere, come raggiungere i ragazzi con la Parola che rivela all’uomo la sua vocazione trascendente, mentre la cultura d’oggi è rivolta ai beni, al successo e non risponde alla natura dell’uomo. Il ragazzo ha bisogno di una proposta più alta che vada oltre. Don Stefano nella sua relazione fa riferimento al Sinodo dei vescovi che ha parlato di nuova Evangelizzazione. Importante è il ruolo degli Educatori nell’Evangelizzazione, con la loro vita e testimonianza sono segno
di relazione, perché credere, come ha detto il Papa, è “decidere di stare con il Signore, per vivere con Lui”, affidarsi per fidarsi di Dio e confidare in Lui, ma non come a Qualcuno a cui ricorrere solo nei momenti di difficoltà. La nostra vita deve essere sempre fondata su Cristo che è l’unico assoluto, in una profonda intimità con Lui, nell’ascolto della sua Parola che non è una semplice adesione a dei principi, ma è relazione con una persona e risposta a Dio che ci parla. Quindi dobbiamo aprirci con fiducia alla relazione con Dio e tradurla poi in atteggiamento di dono concreto ai fratelli. In un tempo che ci lascia perplessi, ci sono anche cose belle, ma dobbiamo collaborare e accogliere il nuovo che sta emergendo, e trasmettere il carisma di fondazione affidato a noi, nella preziosità del quotidiano dove viviamo la nostra consacrazione, la nostra consumazione e facciamo del lavoro e dell’impegno apostolico la nostra dedizione, la nostra consegna totale. Affidiamoci con Fede a Lui, perché da lì nasce la speranza. Nella crisi del mondo, delle famiglie, continuiamo ad indicare le strade giuste, il bene seminato con amore prima o poi fruttificherà. Gesù educa tutti alla fede, non ci sono barriere e ci incontra, scendendo nella nostra debolezza. Non dà la fede, ma la suscita e chiama attraverso sé all’incontro con il Padre. Dire “io credo” significa fondare in Dio la nostra vita, lasciare che la sua Parola la orienti ogni giorno nelle scelte concrete, senza paura di perdere qualcosa di noi stesse. Il Vangelo è scuola di umanità, ci aiuta a destare fiducia in chi incontriamo. La scuola è luogo di umanità, di lealtà, di sincerità, di accompagnamento, perciò facciamo con tutti quelli che avviciniamo un percorso di fede, di fiducia, di affidamento al Signore. Queste tre proposte devono essere senz’altro richiamate nei Collegi Docenti per arricchire l’impostazione del nuovo curricolo.
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visibile del Vangelo in mezzo al mondo. Si devono sentire sostenuti dalla Comunità religiosa che, proprio perché chiamata ad una vita totalmente consacrata a Dio, è il segno di un mondo futuro che relativizza ogni bene di questo mondo. In questa situazione di vita non facile, il Sinodo rivolge a noi Religiosi l’invito di conformarci come testimoni e promotori di una nuova Evangelizzazione in ogni ambito di vita, dove il Carisma ci colloca. La nuova evangelizzazione ci riguarda in prima persona. Dobbiamo porci in ascolto della Parola e metterci in atteggiamento di conversione, convinti che la forza dello spirito del Signore può rinnovarci per diventare presenze credibili nella nostra vita comunitaria e apostolica. Come raggiungere le famiglie? Chiediamoci: Di che cosa ha bisogno la famiglia? Il problema più grande oggi è restituire Dio alla famiglia, dove si è interrotta la relazione con Dio. La sospensione del dialogo rovina tutto, invece quando nella famiglia il dialogo viene messo al centro, tutto cambia. La fede ci chiede capacità di relazione con Dio e con gli altri, perché il primo gesto del credere è la nostra umanità. Non lasciamoci sfuggire di offrire momenti di formazione, ma soprattutto cogliamo l’occasione di dare senso alla vita anche nei momenti sporadici di incontro che si possono presentare nella scuola. Vogliamo vivere intensamente l’anno della fede coinvolgendo la scuola e la famiglia. Il terzo incontro è stato guidato da Don Enrico Bacigalupo sul tema: “Vita consacrata nell’anno della fede”. Il discepolo è chiamato a vivere in pienezza la sua vocazione in un cammino di fede e questo significa cambiare il cuore alla luce della Risurrezione. È importante prendere consapevolezza della nostra vita consacrata. La lettera apostolica di Papa Benedetto, “Porta fidei”, ci introduce alla vita vera. La fede è una risposta personale che chiede capacità di pensiero e
Percorsi di formazione
Vivere in comu I
l Convegno per le Superiore e le Responsabili delle Scuole è stato particolarmente ricco ed inserito in un contesto prezioso, abbiamo vissuto giorni di benedizione e di grazia con tutta la Chiesa per l’elezione di Papa Francesco. La Parola di Dio ci ha accompagnate fin dal mattino, così pure le parole che il Papa ha pronunciato durante la prima Messa, come Papa, nella Cappella Sistina. Ci ha ricordato che dobbiamo: “Camminare, edificare, confessare”. Tutto è in movimento nella sequela, non ci si può fermare e credere di essere arrivati. Stiamo camminando sulla strada giusta se camminiamo con Cristo Crocifisso che ci dà
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sicurezza, perché non portiamo da sole la Croce e con Lui portiamo benedizione e gioia. Le parole di Madre Carla, che ha introdotto il convegno, sono state accolte e condivise come stimolo forte per la nostra vita comunitaria. Prestiamo attenzione alla Parola e alla nostra Regola – ci ha detto –altrimenti la vita ci porta altrove. Il nostro modo di vivere, la nostra identità li troviamo nelle Costituzioni, in questo caso nell’art. 68 che ci parla di ascesi, di dimensione spirituale e umana, ma l’umano non cresce se non è alimentato dai doni dello Spirito. Il tema del Convegno: “Vivere in comunione nella comunità” è stato sviluppato dal Prof. Montuschi con la sua straordinaria capacità di coinvolgere e motivare. Ciò che costruisce una Comunità è la corresponsabilità, la socialità, la relazione positi-
nione nella comunità
di Suor Anita Bernasconi
Convegno di Roma 15-16 marzo 2013
nell’aiuto, nel pieno coinvolgimento di se stesse all’interno della vita comunitaria e apostolica. È bello far vivere una realtà con il pensiero di tutte, e coinvolgendo tutte, questo significa farla vivere in una maniera più ricca, non solo del pensiero ma del cuore e della vita di tutte. Più difficile risulta la comunione a causa dell’individualismo che soffoca quel profondo desiderio di comunione, di relazioni significative, di accoglienza reciproca, di benevola correzione fraterna, di tolleranza. La costruzione di una comunità fraterna è l’impegno fondamentale della nostra vita, insieme siamo chiamate a edificarla in Cristo e ognuna deve sentire il dovere di dare il proprio contributo di carità, competenza, creatività. La vera comunione si costruisce riconoscendo la dignità della sorella, prestando attenzione alle sue necessità, e anche nel saper gioire per i suoi doni e le sue realizzazioni, nel dedicare il proprio tempo all’ascolto. Ostacola invece la costruzione della comunione chi è convinto che le sue idee e soluzioni siano le migliori; chi pretende di decidere da solo senza confrontarsi in comunità; chi crede di essere sempre nel giusto ed è certo che siano gli altri a dover cambiare; chi pensa solo a sé e non guarda ai bisogni degli altri; chi pensa che obbedire è una cosa superata che fa parte di altri tempi. Se rimaniamo fedeli al Vangelo e vediamo in Gesù il centro della nostra vita riusciamo a creare una comunità che ha come primo mo-
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va, la condivisione: questi comportamenti ci dicono a che stadio di maturità è la famiglia religiosa. Importante è scoprire la ricchezza delle consorelle e capire che stare insieme è più produttivo oltre che piacevole. Si tratta di orientare le relazioni, coinvolgendo tutte, valorizzare le diversità come ricchezza e insieme vedere quello che di utile si può fare per la Comunità. In questo modo si diventa capaci di condivisione, di corresponsabilità. Chi si sente parte, sente la gioia del collaborare per piacere non per dovere, reintegra l’autorità e le regole in forza dell’appartenenza alla Comunità, così quando si è raggiunta la corresponsabilità, ci si guarda intorno con occhi diversi. Nel lavoro di gruppo le suore hanno riferito la propria esperienza relativa alla conquista della corresponsabilità e della comunione. Hanno condiviso il lavoro comunitario sulla proposta dell’anno e descritto il ruolo e gli interventi più efficaci della Superiora per valorizzare ogni consorella. Questo lavoro è stato positivo per la capacità di ascolto, lo scambio fraterno, la valorizzazione dell’altro. È stata un’esperienza gratificante, senza condizionamenti reciproci e una opportunità bella che ha aiutato ad allargare lo sguardo, a valorizzare le opinioni diverse. Tutte abbiamo lavorato in un clima di semplicità, chiarezza, condivisione, trasparenza. Come si manifesta la corresponsabilità? Parte dal senso di appartenenza e si esprime
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tivo dello stare insieme il Risorto e il Vangelo, un Vangelo da vivere e da mettere a disposizione di tutti, attraverso il dialogo, il servizio, la testimonianza. È emerso inoltre che il lavoro fatto nelle varie comunità sulla proposta di riflessione: “Un cammino di comunione e di corresponsabilità” è risultato molto positivo e utile in quanto progressivamente la Madre ci porta a una conversione, a un cambio di mentalità, riguardo al nostro rapporto con Dio, centrato sul suo amore e la sua grazia più che sulla nostra buona volontà e sul nostro presunto merito. La difficoltà maggiore si è riscontrata nella verifica, anche se la reciprocità, la comunicazione vera, sincera, diventa una risorsa per ciascuno. Generalmente tutti i membri di una Comunità si sentono coinvolti, rimane tuttavia qualche sporadica presenza che fa fatica o non vuole coinvolgersi e intervenire. Anche per il terzo punto del lavoro di gruppo: descrivere quale può essere il ruolo e quali gli interventi più efficaci della superiora, c’è stata vivacità di risposte. L’autorità promuove la crescita della vita comunitaria, attraverso il servizio dell’ascolto e del dialogo, la creazione di un clima di condivisione, corresponsabilità, partecipazione di tutte, alle cose di tutte. Altri aspetti semplici, ma di grande valore sono: - L a valorizzazione pubblica di quanto una sorella realizza, in base alle sue capacità e risorse e/o in relazione ad un incarico ricevuto; - il coinvolgimento di tutti i membri, evitando di far riferimento sempre alle stesse persone; - porre freno a chi crede di essere la “migliore” - gioire quando vede crescere la comunità e ogni consorella; - richiamare con frequenza al carisma e allo spirito religioso; - sentirsi strumenti nelle mani di Dio, vero Superiore della Comunità, certe che ci sostiene sempre e invocare sempre il suo aiuto per condurre la Comunità sulle vie di Dio;
- essere in prima linea se si vuole ottenere qualche cosa. Dobbiamo costruire insieme comunità fraterne, ma è uno stile di vita che non si improvvisa, richiede un cammino quotidiano. Oggi la gente ci chiede, nella nuova evangelizzazione, non tanto di parlare di Dio, quanto di farglielo vedere e la cosa più convincente per loro è quella di vedere Comunità che sono un cuor solo e un’anima sola. La Dott.ssa Costacurta, con la sua arte di far gustare la Parola, ha presentato la figura dell’autorità nella Scrittura: il Sacerdote, il Profeta, il Re. Caratteristica dell’autorità è donare ciò che si è ricevuto e la chiamata non è un fatto personale, ma è per la missione e il cuore di chi è responsabile è nella contemplazione e nell’ascolto della Parola di Dio. Abbiamo bisogno di conversione per costruire insieme vere fraternità. Chiediamo il dono dello Spirito e mettiamoci in atteggiamento di ascolto con cuore libero e spoglio di ogni egoismo, poi portiamo con fiducia l’annuncio della Pasqua, vittoria sulla morte e sul peccato. Come raccontare questi due giorni di Roma? Riusciremo a far cogliere nelle nostre Comunità la ricchezza di quanto ci portiamo dentro? “L’amore di Dio e del prossimo, senza giudizio”. Questo è il nostro cammino comunitario per giungere alla Risurrezione. L’incontro di Roma si è concluso con l’Angelus del Papa in Piazza S. Pietro, straripante di gente entusiasta e gioiosa. È stato emozionante e commovente vedere quell’accorrere di persone da ogni parte, conquistate dalla semplicità del Papa, dopo solo tre giorni dalla sua elezione al trono pontificio. Tutti siamo partiti felici con la sua parola nel cuore: “Impariamo anche noi, dalla pazienza di Dio, ad avere misericordia per tutti, senza stancarci mai. Un po’ di misericordia cambia il mondo, lo rende meno freddo e più giusto” e noi ci impegneremo a vivere questo messaggio nelle nostre Comunità.
Frammenti di santità Signore Gesù, che nella tua vita hai sempre dimostrato attenzione e comprensione per le persone malate, ascolta la mia voce di persona malata e sofferente. IL mio essere si ribella alla malattia, alla degenza in ospedale, alla precarietà della situazione attuale. In questo momento mi è difficile ripetere: “sia fatta la tua volontà”, ma voglio almeno provare ad accettare questa situazione. Non permettere che la mia sofferenza sia vana ed aiutami a credere che, associata alla tua passione, acquisterà senso e valore anche per gli altri. Benedici le persone che mi assistono, quelle che mi curano, quelle che si ricordano di me e quelle che soffrono con me. Donami il coraggio di soffrire affinchè possa ancora lodare e ringraziare Te, datore della vita e Padre di misericordia. Amen
Suor Roberta
Suor Roberta Giannotti passata alla casa del Padre il 5 settembre 1999
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e la speranza di guarire
In missione
I “grandi” insegnano C
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arissimi lettori, e vu pensavate che le giornaliste angioline l’avessero perso la lingua? Oh nooo è stato un momento, in verità un po’ lungo di profonda meditazione su quanto veniva proposto e realizzato all’interno di quel complesso monumentale posto nel quartiere degli orti, dove quotidianamente infanti ancora in fasce; bambini con il grembiulino a quadrettini bianchi e rossi; fanciulli con o senza i’ grembiale blu e ragazzi con zaini più o meno pesanti, si riuniscono avvolti da un’atmosfera stimolante oltreché giocherellona. Dopo una lunga ma attenta osservazione abbiamo avuto la grande fortuna di poter ospitare l’attrice di teatro, Pamela Villoresi che l’è stata rumorosamente ospitata dagli Angiolini, durante una mattinata elettrizzante, resa tale dalla “signora del teatro italiano”, che da oltre cinquant’anni calca le scene teatrali, non solo della nostra Repubblica un po’ traballante ma anche europee in piena labirintite. Dopo un momento di sbigottimento e di ritrosia, davanti alla cordialità e accoglienza che l’attrice esprimeva verbalmente e non,
gli alunni della quinta primaria e del triennio della secondaria di primo grado si son fatti coraggio e, dopo una iniziale timidezza, si sono lanciati a chiedere notizie sulla sua vita di artista, di madre e di donna.E lo sapete che siam degli impiccioni! In questo gioco reciproco delle parti, in cui la Pamela Villoresi ha dimostrato di muoversi a suo agio, l’attrice ha risposto con battute celebri tratte dalle opere più significative del teatro italiano. Non solo, ha invitato i presenti ad “ascoltare e a vivere compiutamente la vita”, ripetendo con una memoria ferrea la preghiera nata dallo spirito carismatico e mosso da cristiana carità di Madre Teresa di Calcutta: “Vivi la vita”. Come se ciò non fosse stato d’aiuto, l’attrice ha invitato a credere in ciò che siamo, in quanto icone di Cristo vivente, e perseguire con tenacia, ma soprattutto con spirito caritatevole quei valori della solidarietà, dell’altruismo e accoglienza necessari per allontanarsi dai gretti egoismi individuali, resi ancor oggi più acuti dalla non accettazione della parola di Dio, vista non come luce, ma come ostacolo alla realizzazione di un materialismo, di un edonismo sfrenati che si sono dimenticati dei poveri, degli emarginati, degli ultimi. Come dice Papa Francesco “non lasciatevi rubare la speranza del domani ma abbandonatevi con fiducia (se un vu lo sapete e deriva da fides, fidei, sostantivo della quinta declinazione, perbacco!) alla tenerezza, alla misericordia e alla bontà di Dio, che sempre trattiene e mai allontana” ovvia! Per avallare tutto ciò la Villoresi ha recitato con estrema perizia una pagina tratta dal romanzo “Metello” di Vasco Pratolini, dove l’autore (fiorentino, un si fa per dire!), nonostante sia alle Murate, (badate bene, l’è il carcere fiorentino
ancora...
le Giornaliste Angioline
prossimi mondiali di ciclismo che passeranno per Firenze e Fiesole nel settembre 2013 la mascotte sarà il suo Pinocchio, creato personalmente da lui, rivestito con i colori della bandiera italiana (non quelli del regno, della repubblica!). Proprio perché gli Angiolini sono stati inseriti nella sfida tra le scuole medie nel Campionato di Giornalismo, i novelli Montanelli si sono cimentati in una serie di articoli su: “L’artigianato, patrimonio da salvare”, pertanto hanno dovuto intervistare uno dei rari artigiani fiorentini, appunto il sopramenzionato signor Geppetto-Maselli. Ma per dimostrare di non essere a lui inferiori nell’esecuzione di alcuni progetti artigianali, i ragazzi della Prima Media hanno realizzato ed esposto in bacheca una serie di modelli di quaderni e diari cuciti a mano; mentre gli alunni della classe Terza Media hanno partecipato ad un laboratorio artigianale sul mosaico in una bottega del Quartiere di San Frediano, dove hanno realizzato una serie di lavori, tra cui il logo della scuola. Pertanto, cari lettori e lettrici, vi invitiamo a visitare il sito www.fondazioneartigianato.it. Orsù dunque, la Santa Pasqua si sta avvicinando, e come consuetudine l’armata brancaleone vociferante si è diretta alla Basilica della Santissima Annunziata, per prender parte alla Santa Eucarestia, presieduta da don Stefano Ulivi. Che ve lo ricordate? L’è quel sacerdote, secondo il quale per educare un ragazzo, in fase di crescita, è necessario “appoggiargli una mano sulla testa e una pedata nel sedere”! Alla prossima! Quando vi racconteremo quello che succederà nel momento in cui noi, discendenti dei Medici, i cosiddetti palleschi, dovremo fronteggiare l’esercito dei barbari sognanti di Pontida!
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per eccellenza, prima che venisse sommerso da quella gigantesca e devastante onda di fango dell’alluvione del 4 novembre 1966!) non si “lascia rubare” la speranza di poter uscire e quindi realizzare il suo sogno d’amore. Altro momento clou è stato l’incontro con un “Geppetto” di noiattri! O che vi siete dimenticati che la lingua italiana è di origine fiorentina colta del Trecento? Meditate gente, meditate! Per Sor Geppetto si deve intendere un mastro corniciaio in carne ed ossa che è venuto nella nostra scuola ad illustrare la sua perizia artigianale e quindi artistica nel settore del legno. Un si fa per dire, ma lo stesso Cardinale l’ha voluto tutto per sé, vicino vicino, perché gli ha affidato la realizzazione lignea di un mega crocifisso per le processioni, non solo penitenziali (e ce n’è di mòrto bisogno! Nevvero?), ma anche carnascialesche. Ma un divaghiamo, perché voi e vu sapete che se ci si fa prendere la mano in una sola volta si fa l’anda e rianda dei tre regni dell’aldilà. Quindi, rientrati nella sala auditorium, gli Angiolini hanno incominciato a chiedere al mastro corniciaio, signor Maselli, quale fosse la molla che lo spingeva a riproporre uno dei più antichi mestieri che hanno reso celebri le botteghe fiorentine nel Rinascimento. E sor Geppetto, per niente intimorito, come si suol dire gli ha dato filo da torcere, rispondendo alle raffiche verbali che provenivano da ogni angolazione con ironia, humor ma soprattutto buon senso. L’artista, nonché artigiano, ha proseguito affermando che, perché questa semplice attività manuale possa rimanere ancora integra nel tempo, la pietra angolare, sia la passione e l’amore che spingono l’artista a rappresentare concretamente quello che fiorisce nel suo cuore. Infatti per i
In missione
C’eravamo anche S
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iamo grate per la possibilità che le nostre madri ci hanno dato di poter partecipare e presenziare dal vivo, gli eventi che, nell’ultimo tempo, la nostra Chiesa ha vissuto. Infatti, dall’11 febbraio come comunità dei credenti, siamo stati invitati a vivere un tempo di particolare grazia, una Quaresima del tutto speciale, con un richiamo alla preghiera per il bene della nostra Chiesa. Mai avevamo pensato di essere parte di un evento così importante. Noi, Suore studenti a Roma, avevamo il profondo desiderio di essere vicine fisicamente a Papa Benedetto XVI, che per limiti d’età, ha rinunciato al soglio pontificio continuando con la forza della preghiera a sostenere la Chiesa restando presso la croce. Dopo i primi istanti di smarrimento e di incredulità, vederlo nell’ultimo Angelus del suo Pontificato e nell’udienza del 27 febbraio, ci ha permesso di capire che era lo stesso Signore a donarci questo tempo di grazia, proprio nell’anno della Fede! Abbiamo dovuto credere che la Chiesa è del Signore! Che è nelle sue mani! Di quest’esperienza di fede ci parla anche la nostra carissima Madre Generale che ci fa comprendere come:«tutta la vita religiosa e la nostra Congregazione siano immerse in questa storia, in cui sembra che non ci sia futuro; essa, però, non impedisce e non può impedire al “piccolo gregge che resta” di vivere in pienezza la propria vocazione e cioè: cercare il Signore, Vivere il Vangelo, perseguire la santità, realizzare la propria vita personale nella fede…» (Proposta di lavoro e di riflessione per le comunità anni 2012-2014, Pag. 4) Sotto gli occhi di tutto il mondo, Benedetto XVI ha lasciato il Vaticano e si è avviato verso Castelgandolfo, seguito quel giovedì dal mondo intero, anche da noi che eravamo immerse alle nostre occupazioni. Infatti, alcune di noi,
dal terrazzo della Casa Generalizia, hanno visto l’elicottero del Papa che lasciava la città eterna per iniziare il suo cammino da pellegrino, come lui stesso ha affermato. Così, abbiamo vissuto 13 giorni di Sede Vacante, chiedendo al Signore di donarci un Papa, una guida che, seguendo la strada di Gesù, ci insegnasse come Chiesa a vivere in mezzo al mondo. Appena fu confermata la data del Conclave, partecipammo alla Messa pro eligendo Pontefice. Quel 12 marzo, al mattino, alcune di noi eravamo in piazza per pregare insieme ai cardinali. L’emozione è stata grande soprattutto nel vedere tra quegli uomini quello che sarebbe diventato il nuovo Pontefice. Senza saperlo è passato vicino a noi e l’abbiamo perfino fotografato. Poi quel 13 marzo alle 19:06, alcune di noi erano presenti in piazza S. Pietro per vedere la fumata, altre attendevano nella comunità e altre ancora stavano tornando a casa dopo le lezioni. Proprio in quel momento c’è stato l’atteso segnale, il fumo e le campane che ci dicevano senza parole: ecco il dono di Dio, ecco il Papa di questo vostro tempo. Il cammino verso piazza San Pietro è stato nell’ansia di sapere chi fosse. In mezzo alla folla abbiamo visto per la prima volta il nostro Pastore, il nostro vescovo, Francesco, venuto da lontano, quasi dalla fine del mondo, per fare la strada in mezzo a noi. Ora, non possiamo fare altro che chiedere al Buon Dio che lo benedica e gli permetta di aiutarci a fare un cammino serio di riforma, per diventare un segno per il mondo contemporaneo e fare l’esperienza profonda di un cammino di fede. Il giorno della festa di San Giuseppe, in mezzo alla grande folla di S. Pietro, abbiamo partecipato alla Celebrazione eucaristica dell’inizio del Ministero Petrino di Papa Francesco. Per tutte noi che c’eravamo è stata un’esperienza unica.
Roma
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noi!
le Suore Studenti
In missione
«Le vocazioni segno «La speranza è attesa di qualcosa di positivo per il futuro, ma che al tempo stesso deve sostenere il nostro presente, segnato non di rado da insoddisfazioni e insuccessi. Dove si fonda la nostra speranza?» (Dal messaggio di Benedetto XVI per la 50° Giornata di preghiera per le vocazioni)
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della speranza fondata sulla fede» di suor Luisa e suor Maria José
Juniores Casa Generalizia
della nostra vita: alla famiglia, al lavoro, agli interessi personali, a se stessi. Significa consegnare la propria vita a Lui, vivere con Lui in profonda intimità, entrare attraverso di Lui in comunione col Padre nello Spirito Santo e, di conseguenza, con i fratelli e le sorelle». Anche noi, seguendo lo spirito con cui siamo state fondate, vogliamo trasmettere la gioia di servire e amare Cristo nella persona dei più piccoli e bisognosi. Che questa Giornata di Preghiera per le Vocazioni significhi un tornare agli inizi del proprio cammino, ricordare che grazie alla testimonianza di “altre”, anche noi abbiamo dato la nostra risposta, ed oggi ci sentiamo ancora chiamate a diventare testimoni di una Vocazione che dà senso alla nostra esistenza. Riscoprire così cosa significa consegnare la propria vita ad una Persona che ci innamora e ci rende capaci di realizzare pienamente la nostra umanità. Con Benedetto XVI anche noi vogliamo rivolgere questo invito a tutti i giovani che ci stanno vicino, a quelli che per volontà divina hanno avuto la possibilità di condividere l’esperienza di Betania, luogo dell’amicizia e della contemplazione, dove Gesù si sentiva a casa sua. «Cari giovani, non abbiate paura di seguirlo e di percorrere le vie esigenti e coraggiose della carità e dell’impegno generoso! Così sarete felici di servire, sarete testimoni di quella gioia che il mondo non può dare, sarete fiamme vive di un amore infinito ed eterno, imparerete a “rendere ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3,15)!»
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A
nche a noi, Suore di Santa Marta, viene rivolta questa domanda, parole che spronano a metterci continuamente in cammino per intraprendere con nuovo slancio la missione a noi affidata dal nostro Fondatore, il Beato Tommaso Reggio. Riflettere sulle vocazioni non è solo rendersi conto che queste non ci sono ma, come ce lo ricorda spesso la nostra Madre Generale, comprendere che la nostra vita non è sempre un segno della presenza di Dio nel mondo. Mancano le vocazioni, non possiamo negarlo, ne sentiamo il peso ma, «In ogni momento, soprattutto in quelli più difficili, è sempre la fedeltà del Signore, autentica forza motrice della storia della salvezza, a far vibrare i cuori degli uomini e delle donne e a confermarli nella speranza di giungere un giorno alla “Terra promessa”. Qui sta il fondamento sicuro di ogni speranza: Dio non ci lascia mai soli ed è fedele alla parola data.» Le parole di Benedetto XVI per la 50° Giornata di Preghiera per le Vocazioni ci hanno spinto a scrivere queste poche parole; noi come suore giovani ci sentiamo chiamate a guardare oltre l’aridità che a volte possiamo sperimentare, siamo convinte che Gesù rivolge ancora il suo invito a tanti e tante, «chiede una risposta su ciò che ciascuno vuole fare della propria vita, su quanto è disposto a mettere in gioco» per seguirlo e lasciarsi innamorare dalla sua Presenza e le sue Parole. «Seguirlo significa immergere la propria volontà nella volontà di Gesù, dargli davvero la precedenza, metterlo al primo posto rispetto a tutto ciò che fa parte
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La presenza della Madre M
entre ci preparavamo con gioia ad accogliere le vacanze estive che ci concedevano un po’ di distacco dalle solite attività, ci è giunto un altro motivo per raddoppiare la nostra gioia e rendere più colorite le nostre giornate: l’arrivo della nostra Carissima Madre Generale. Con grande entusiasmo ci siamo messe a fare i preparativi per accoglierla fra noi. Il 2 aprile, come aurora del mattino, lei è arrivata a Trivandrum e noi
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siamo state supercontente di godere della sua preziosa presenza . Alla sera dello stesso giorno, come una Madre raduna i suoi figli quando c’è da offrire loro qualcosa, lei ci ha riunite e ha cominciato a raccontare le notizie della nostra Famiglia Religiosa, offrendoci prima un dono, come sempre. Noi tutte eravamo col cuore attento ad ascoltarla, ed è indescrivibile la gioia che abbiamo provato in quel momento.
tra noi le Suore della missione indiana fatto riflettere sulla logica della Croce e ci ha detto “la croce non è nè dolore nè semplice rinuncia, ma la logica della croce è una rinuncia per un bene più sublime e ancora è un modo di vivere per dare vita agli altri. Ci ha detto che la vera gioia nasce dall’abbandono consapevole e che solo attraverso una vita, radicata nel Vangelo possiamo diventare persone gradite a Dio e agli altri”. Infine quando ci raccontava con passione le gioie, le preoccupazioni e sogni riguardo la nostra Famiglia Religiosa è stato un momento commovente per tutte. Tra un corso e l’altro ha riservato un tempo anche per le superiore. Durante l’incontro ha raccomandato loro di non diventare persone che seguono la vita del mondo, ha detto inoltre che la superiora è responsabile della crescita umana e spirituale di ogni suora della propria comunità e deve curare che le suore svolgano gli impegni affidati a ciascuna con responsabilità. Sono state belle, davvero belle, le giornate passate insieme alla Madre in questi giorni. Siamo grate a Dio e alla Famiglia Religiosa per averci regalato questa forte esperienza di crescita. Grazie Madre!
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Per iniziare gli Esercizi Spirituali adeguatamente, la Madre ci ha consegnato una formula magica: “Il primo passo è il mio” un impegno molto significativo e primario per noi. La Madre ci ha detto: “Dovete essere persone coerenti alla scelta di vita che avete fatto, la vita Religiosa oltre le gioie comprende anche le difficoltà, ma i problemi della vita vanno affrontati con semplicità e responsabilità.” Diceva ancora che se capita qualcosa di meno bello nella nostra vita ci dobbiamo rivolgere a Dio e dirgli: “Signore cambia me”. Ci riteniamo fortunate di aver potuto iniziare gli Esercizi Spirituali con questa premessa offertaci dalla Madre. Sicuramente per suggerimento dello Spirito Santo anche il Padre ha trattato gli argomenti in sintonia con quelli della Madre. Il Padre diceva: “Dovete sapere che siete chiamate ad una vita gloriosa e dignitosa e voi avete dato le ali ai sogni di Dio. Il Signore ci ama sempre nonostante i nostri difetti. In questa terra di passaggio dovete essere persone che rivelano il volto di Dio a tutti”. Dopo 5 giorni di Esercizi Spirituali, abbiamo avuto altri due giorni di intenso lavoro sempre con Madre Carla. Questa volta lei ci ha
In missione
Per una formazione integrale dei giovani L’
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Arcidiocesi di Trivandrum ha una particolare attenzione verso i giovani. Per il progresso delle famiglie bisogna dare una preparazione professionale adeguata ai giovani. Per offrire un posto tranquillo per gli studi, la Diocesi ha costruito due Hostel per gli alunni di Marian Engineering College fondato nel 2001, uno per i ragazzi e l’altro per le ragazze. Per assicurare il buon andamento del “Ladies Hostel” l’Arcivescovo Sua Eccellenza Rev.mo Dr. Soosa Pakiam ha chiesto il nostro aiuto. Così da vari anni tre suore vi svolgono il loro apostolato per la missione educativa della Diocesi, dedicandosi alle 125 ragazze ospiti dell’Hostel. Se, dopo quattro anni di B. Tech, ritornano volentieri in questo College per continuare gli studi, vuol dire che si trovano bene in questo luogo. Per aiutare gli studenti a motivarsi sempre di più vengono anche promossi incontri con personalità del mondo scientifico e della ricerca. Un incontro molto significativo è stato quello con il Dr. Abdul Kalam, undicesimo Presidente dell’India insignito anche della più alta onorifi-
cenza civile indiana, il Bharat Ratna conferitagli nel 1997. Il Dr. Kalam ha sollecitato gli allievi a dedicarsi ad una tecnologia che diminuisce la divisione tra i popoli ed elimina la povertà, promuovendo il progresso di tutti. Ha inoltre invitato i ragazzi a credere che ognuno di noi è nato con potenzialità, le ali, che fanno diventare i sogni una realtà e ha raccomandato loro l’impegno costante per costruire la loro vita insieme agli altri. In occasione dell’incontro il Dr. Karam ha poi consegnato ad alcuni studenti una medaglia per il loro impegno scolastico, consegna particolarmente significativa, perchè fatta da una così grande personalità. Noi Suore, impegnate qui al College, chiediamo al Signore che ci aiuti perchè il nostro apostolato tra queste ragazze le faccia progredire non solo nel loro sviluppo culturale ma anche in una crescita morale e spirituale.
la comunità dell’Hostel
Trivandrum
Festa di San Giuseppe a Sehailè le Suore della missione libanese Eucaristica solenne, in lingua italiana, ci ha introdotto in un clima di familiarità che si è prolungato nella cena durante la quale S.E. si è interessato della nostra Famiglia Religiosa e in particolare della storia della nostra presenza in Libano. Anche lui ci ha raccontato la sua storia dicendoci che è nativo di Milano e che era contento di trovare a tavola… anche una cotoletta alla milanese! L’incontro è stato vivace e cordiale e il Vescovo, nel salutarci, ha espresso il desiderio di incontrarci ancora dicendo, mentre guardava il grande mosaico posto all’ingresso della casa che rappresenta Marta e Maria con Gesù, di essere molto contento di aver vissuto anche lui, come il Maestro, un momento di sosta godendo dell’ospitalità di Betania.
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I
l Nunzio Apostolico in Libano, S.E. Mons Gabriele Caccia, ci ha fatto visita nella nostra casa di Sehaile per “riparare” la mancata partecipazione all’appuntamento che aveva preso con noi quando abbiamo collocato nella nostra cappella la reliquia del Padre Fondatore, regalataci dalla Madre Generale. Era rimasto tanto male nel dover disdire l’impegno che aveva preso con noi e così ogni volta che ci incontrava in qualche celebrazione ci diceva che doveva venire a trovarci. Non pensiamo che sia stato per caso che i suoi numerosi impegni durante la Quaresima gli abbiano consentito di venire da noi la sera della vigilia della solennità di San Giuseppe… la nostra cappella a Sehailè dedicata a questo grande Santo! Il Nunzio è arrivato a Sehaile nel tardo pomeriggio e tutte noi eravamo ad attenderlo insieme alle Signore nostre ospiti. La celebrazione
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I bambini della Scuola dell’Infanzia Santa Mar a sua Santità il Papa B Francesco C.: “Vorrei dirti che ti voglio bene” Pietro B.: “Grazie di tutti questi anni che hai fatto il Papa; però mi dispiace per ora che non lo fai più… Grazie Papa!” Chiara D.: “Io ti amo e sono stata brava” Ginevra M.: “Ti voglio tanto bene!” Gaia M.: “Mi dispiace che sei stanco! Qualche volta ti vengo a trovare. Io ho cinque anni e abito in Via Genova a Sesto Fiorentino” Edoardo F.: “Io sono in pensiero per te! Tu cerca di stare bene più che puoi. Amen.” Fabio P.: “Io ti volevo chiedere: come mai hai smesso di fare il Papa?” Tommaso U.: “Ti dico che ti voglio tanto bene”
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Lapo M.: “Ti voglio dire che TE sempre mi proteggi e che ti voglio bene, e che tu stai sempre con me! E poi voglio che tu guarisca presto!” Leonardo C.: “Sei grande…: Ti voglio tanto bene!” Noemi S.: “Anch’io gli voglio tanto bene” Rachele M.: “Ti voglio sempre tanto bene!” Pietro C.: “Ti voglio dire che ti voglio tantissimo bene!” Elia P.: “Come stai? Io ti sto vicino… Tanti saluti!” Leonardo B.: “Ti voglio bene perché sei bravo!” Tommaso N.: “Io ti volevo dire che il mio nome è Tommaso!” Mattia A.: “Ti dico che ti voglio tanto bene!” Giulio C.: “Ti ricordo. Ciao” Camilla G.: “Ti saluto, ciao! Ti mando un abbraccio e un bacio! Caterina P.: “Ti voglio tanto bene e spero che tu guarisca subito. Tanti bacini…” Lorenzo C.: “Ti voglio tanto bene! Noi abbiamo pregato per Te” Ginevra S.: “Ti chiedo di pregare per me” Thomas C.: “Abbiamo pregato per Te perché ti vogliamo bene” Diego V.: “Ti voglio comprare una macchina che va veloce come il raggio per farti passeggiare!
la Scuola Santa Marta Querceto - Sesto Fiorentino
ta parlano enedetto XVI Mirko I.: “Vorrei abitare dove abiti Te perché è un posto bello! Luca G.: “Auguri!” Giampiero V.: “Caro Papa, saluta tutti a vai a prenderti da mangiare” Nina Maria W.: “Caro Papa, sei il più grande Papa del mondo” Duccio V.: “Ora che vai a riposarti, cerca di stare bene!” Nora C.: “Sei tanto intelligente!” Lorenzo N.: “Grazie per essere stato otto anni con noi”
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Maria Chiara R.: “Ti voglio far abitare in un castello!” Margherita G.: “Per favore prega tanto per me, per la mamma, per il babbo, il mio nonno e per tutti! Ciao” Beatrice P.: “Ti voglio comprare una macchina di Formula uno per giocare con Te! Sai, io ho pregato Gesù per Te… Saluti” Ginevra P.: “Prego perché Tu stia meglio” Frida F.: “Stai bene in vacanza! Irene N.: “Ti voglio tanto bene” Cosimo A.: “Sei il più bravo Papa del mondo!” Matilde T.: “Ti voglio bene come al mio nonno!” Francesco C.: “Sei un bravo Papa…” Sofia V.: “Sei un bel Papa!” Letizia P.: “Ciao Papa!” Carlotta D.: “Sei il Papa più forte del mondo!” Giulio C.: “Per favore, fai una preghiera anche per me” Aurora M.: “Sei molto gentile!”
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Sulle orme del
“Tu scendi dalle
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l ritmo delle suggestive melodie natalizie, la carissima Madre Generale, Madre Carla Roggero, appena giunta dall’Italia alla Casa della Delegazione in Santiago del Cile, si reca a Valparaíso accompagnata dalla nuova Delegata, Madre Nazarena Donoso ove l’attendono gioiosamente la comunità residente e le 32 suore del primo corso di Esercizi Spirituali, provenienti dalle varie comunità latino-americane. Così la Madre inizia la sua visita durante la permanenza tra noi. La Betania accogliente di Valparaiso con decori di luce e stelle per feste natalizie, canta un inno di ringraziamento per la gradita visita della nostra Madre Generale in America Latina. Il giorno seguente dedicato alla “fraternità” Camminando con fede 1/2013
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durante la mattina la Madre presenta alle suore la “Proposta di riflessione “UN CAMMINO DI CORRESPONSABILITÀ E DI COMUNIONE” e le esorta a vivere il “comandamento dell’amore” invitando a donare al mondo la testimonianza di comunità fraterne, come richieste da Gesù nel suo Vangelo. Ricorda a tutte che la fede non è un salto nel buio, la fede è un salto nell cuore di Dio, luce del mondo e dell’uomo. È nostro compito conservarla e coltivarla con opere d’amore e di giustizia secondo lo spirito del Beato Padre Fondatore. All’alba del giorno 8 gennaio Madre Carla, accompagnata dalla Delegata, Madre Nazarena Donoso e dalla Madre Maestra, partono
Messia
dalla Delegazione latinoamericana
stelle o Re del cielo...” lo per recarsi a Tizimin, zona di Yucatan in Messico dove le attendono per la benedizione della Cappella e della nuova casa per la comunitá. Nella nuova costruzione, le consorelle potranno svolgere meglio la loro vita spirituale, fraterna e apostolica e continuare il loro servizio nella testimonianza di Gesú Risorto. La cerimonia è stata solenne e carica di emozioni! Il vescovo della diocesi, Mons. Emilio Berlie, accompagnato dal parroco Don Ricardo Ruiz e dal Vicario della Vita Consacrata Don Armin Rivero, concelebra la Santa Messa di ringraziamento. Le Madri, salutano, ringraziano e dialogano con le autorità ecclesiastiche intorno al programma apostolico che le suore svolgono nella parrocchia de Los Santo Reyes di Tizimin. Ritornano il giorno 30 per l’incontro finale con le suore del 25º e 50º incentrato sul tema: “La gioia della fedeltà al Signore” e per incominciare il terzo corso di Esercizi Spirituali. Come negli Esercizi precedenti, la Madre accoglie, ascolta, incoraggia e orienta le suore che escono dall’incontro sorridenti ed entusiaste nel seguire le orme del primo missionario Cristo Gesù. La permanenza della Madre in Cile è stata segnata da alcuni avvenimenti straordinari. Un avvenimento inaspettato nella Casa di Delegazione mette in evidenza che: “i piani del Signore sono misteriosi e che dobbiamo accettarli con la fede di Santa Marta”. Il 6 febbraio, durante gli Esercizi è deceduta Suor
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da Valparaiso per recarsi al Monastero delle Trappiste di Quilvo in provincia di Curicó per incontrarsi con le giovani alunne ed ex alunne dei nostri collegi che realizzano la missione a Comalle, zona rurale di Curicò. Nel pomeriggio visitano Quinta de Tilcoco, per l’incontro con il gruppo dei giovani che stanno in missione accompagnati delle suore responsabili. Nelle due occasioni esprime l’augurio di seguire le orme di Gesù con autenticità e di essere suoi testimoni attraverso la fede e la carità nello spirito del Beato Tommaso Reggio. Alla fine del primo corso d’Esercizi in Valparaiso, la Madre Generale, la Delegata, Madre Nazarena e la Madre Maestra del Noviziato, nelle prime ore del pomeriggio, ricco di sole estivo, si mettono in cammino verso la città di Talca ove sono attese del Vescovo della Diocesi, Monsignor Horacio Valenzuela per il progetto dei giovani del “Gruppo Reggio”. Ritornano a Santiago il giorno dopo per ricevere le suore che arrivano per il secondo Corso di Esercizi guidati dal Rev.mo Padre Pedro Gil. Il 21 gennaio la Madre Generale riceve gioiosa le suore che celebrano il 25º ed il 50º anniversario di Professione, iniziando con loro il tempo di preparazione. Alcuni giorni dopo, per illuminare i sentieri ed accendere lampade di fede e di speranza nella vita apostolica delle missionarie del Beato Tommaso Reggio, la Madre Generale, insieme alla Madre Delegata prendono il vo-
In missione Daniela Ripamonti circondata dall’affetto delle consorelle, e dal sacerdote Don Marco Buvinic. La carissima consorella si trovava da alcuni mesi in riposo per l’avanzata età e la malattia. Il solenne funerale ha coronato il suo sessantesimo pellegrinaggio missionario in terra cilena. Cristo Redentore, nell’anno della fede l’ha chiamata a sè per premiare il dono della sua vita per la salvezza delle anime a Lei tanto care. L’ultimo giorno degli Esercizi, con una santa Messa solenne si celebra la fedeltà delle suore del 25º e 50º di consacrazione. Prima del canto finale, la numerosa assemblea rinnova la consacrazione alla SS. Vergine con il testo del beato Tommaso Reggio, per essere veramente profezie nella post-modernità. La presenza della Rev.ma Madre Generale, della Delegata, delle Superiore e delle Presidi di tutte le comunità del Cile, creano un clima di fraterna solennità e di gioiosa gratitudine.
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Il 12 febbraio la carissima Madre Carla con Madre Nazarena parte per il Brasile per vivere momenti di comunione profonda con le suore di quelle tre opere apostoliche e per dare incoraggiamento e conforto per gli impegni assunti sempre più esigenti. Dopo il soggiorno condiviso fraternamente con fedeltà coraggiosa, prosegue per l’Argentina dove visita le comunità di Villarino, Derqui e Pilar che attendono la sua visita. Il giono 24 febbraio la Carissima Madre ritorna in Casa di Delegazione per la Professione delle novizie Rita Gonzalez, Emilia Opazo e Carla Alcántar. Alla vigilia della celebrazione si svolge una paraliturgia commovente: le tre giovani novizie ricevono dalle mani della Rev.ma Madre Generale, l’abito religioso. La riflessione della Madre Carla sull’inizio della missione in Cile arriva al cuore di ognuna. La cerimonia si conclude con una preghiera di affidamento
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a Maria SS. Madre, modello della vita consacrata. Il giorno dopo, la celebrazione eucaristica, presieduta dal Padre Luigi Migone, è solenne e partecipata e ricca di emozioni. Commovente é il momento stesso in cui le Suore emettono i primi voti, prima della benedizione del crocifisso e del velo che la Madre Generale consegna a ciascuna neo-professa insieme alle Costituzioni! Al termine della solenne ceremonia si eleva un inno di Ringraziamento al Signore, per i benefici elargiti alla Congregazione nell’anno della fede. Si conclude la giornata con un’agape fraterna condivisa nell’amicizia di Betania. Un altro dono del Signore è l’inizio del noviziato delle giovani postulanti: Maria Belinda Lobos, cilena e Ligia Can Iuit, messicana. Durante la recita dei vespri la Madre Generale consegna loro l’abito e con emozione, si rivolge alle stesse con queste parole: «Carissime… con gioia vi accogliamo nella nostra Famiglia Religiosa e vi aiuteremo a imitare lo spiri-
to di Santa Marta. Ella servì Gesù, che vi ha chiamate con le sue proprie mani, nell’umile lavoro domestico e noi desideriamo servirlo ed accoglierlo in tutte le circostanze come ce l’ha insegnato il Beato Tommaso Reggio. Le giovani rispondono con una preghiera di ringraziamento a Gesú che le ha scelte e, alla Congregazione per averle accolte con fraterna cordialità. Dopo aver goduto per due mesi la presenza di Madre Carla purtroppo è giunta l’ora del distacco! Nelle suore della Delegazione Latinoamericana è unanime il profondo sentimento di gratitudine nei suoi confronti per la “Proposta di riflessione e di lavoro per gli anni 2013-2014”, considerata da tutte uno strumento valido e necessario per rinvigorire il carisma. Grazie Madre Generale, grazie infinite, per la sua apostolica dedizione profusa nella Delegazione Latino-americana!
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Gratitudine
per questo 25° e 50° di L’
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aria profuma la nostra Betania di fragranza d’Amore e di Bontá, vi é oro e argento: preziose promesse, splendore di Grazia e di Pace. Benedette le ore che marcano il passo del tempo, sotto la grondaia della Comunità; vi sono gioie, pene e ricordi… scalini sacri che conducono al cielo con ritmi sereni di Santità. Sorge la grazia e conduce seco la debolezza della caduta e la rozza ripugnanza del giorno senza pace, poichè, tutto ciò ch’è amaro si dimentica e la dolcezza rimane… unificando braccia di fraternità. Lo splendore del tempo, ha purificato l’ideale ed ha marcato la forza della FEDELTÀ, dono meraviglioso, regalo del Padre, previlegio santo di perseveranze. È questo il profumo che aroma l’ambiente, gratitudine immensa di felicità, Dio Padre ci ama e tutto ciò ch’è buono, dalle sue mani, dona. Vi sono luci dorate ed anche argentate per celebrare i 25 oppure i 50 anni di varie Consorelle, che hanno seguito costantemente, le orme divine: cammini stretti o belle praterie, giorni radianti, altri piangenti… così è il sentiero del Cristo sofferente, come buona sposa, insieme all’amato, nel ritmo della Pace. Il tutto fu grazia! E tutto rifulge profumato ciò che fu decorato con “LUCE E OSCURITA”…
Grazia… tutto è grazia nelle mani del Padre, che aperte, regalano sempre la sua bontà. Rimane perenne nell’anima, la fede ed il ricordo di coloro che sono partite per celebrare le nozze splendenti nella prossimità celeste e dal quel mistico regno ci salutano con il loro sorriso abituale. Una è Margarita, altra è Micaela, anime semplici e buone símbolo di Pace che sempre rallegrarono i nostri incontri con la loro simpatía e generosità. Hanno rotto le file senza previo avviso, aprirono fonti di tristezza, lasciando il vuoto che solo si ricopre con il nostalgico ricordo, che meritarono in anticipo, il luogo anelato della loro Pasqua Eterna. Dal cielo, tutte le Consorelle, si uniscono al coro della Musica Sacra… per ringraziare il DONO FEDELISSIMO DEL PADRE, per gli anni splendenti di ORO E D’ARGENTO celebrati nella nostra Betania della Capitale. La grazia si palpa insieme al premio divino, per coloro che, dall’Europa portarono semente fervorosa di missione in questa terra santa della patria cilena e la coltivarono con fede e preghiere affinchè germinasse la voce del Maestro per mezzo del Beato Fondatore. Mille grazie a Dio Padre, per le materne ed efficaci visite dell’AMORE che di tempo in tempo, ci accompagnano arrivando da Roma per visitare il gregge, il quale, con fedeltà va
le Suore del 25° Suor Verónica Coronado Suor Patricia Aro Suor Luz Eliana Maulén Suor Ana María Cañete
le Suore del 50° Suor Marcela Rodríguez Suor Ana Marín, Suor Antonia Riquelme Suor Humberta Jiménez Suor Cristina Chamorro
professione religiosa Che il fulgore non tramonti, che l’emozione perduri nella fedeltà perenne alla chiamata del Signore… e che EGLI STESSO moltiplichi fervorose consacrate nella Congregazione, per servire con allegría la Santa Madre Chiesa seguendo la voce del BUON PASTORE.
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crescendo in questo angolo latino-americano. Emozione immensa domina l’ambiente, si ravviva il fervore di tutte, specialmente nelle componenti dei Gruppi DORATO ED ARGENTATO il tutto si collega fondendosi in AFFETTO E PREGHIERA.
In missione
Amici di Betania
una partecipante
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li Amici di Betania di Cuneo, dopo essersi incontrati varie volte, l’ultima nella festa del Beato Tommaso Reggio, hanno voluto riunirsi nella Comunità delle Suore di Santa Marta, per aiutarsi reciprocamente a vivere una buona Quaresima, nell’Anno della Fede. Hanno invitato a questo scopo il Rev. Don Mauro Biodo che ha aperto l’incontro con un momento di preghiera e la spiegazione della Parola di Dio nel passo del Vangelo di Matteo: “Ravvedetevi perché il Regno di Dio è vicino”. Dio ci converte nell’ascolto della sua Parola, è in Lui che l’uomo trova la piena realizzazione di sé e questa è la verità rivelata da Cristo. Ogni uomo ha la sua idea di Dio, ma ha paura se Dio si avvicina troppo alla sua barca perché gli può richiedere la doverosa ricerca di una vita nuova. Il forte richiamo di Gesù “Ritornate a me con tutto il cuore” è possibile seguirlo perché in esso c’è una forza che si sprigiona dal cuore stesso di Dio ed è la sua misericordia. La debolezza dell’uomo nel fidarsi di Dio e nel contare su di Lui nelle grandi sfide della vita, è commentata da don Biodo con la citazione di una pagina di Matteo dove incontriamo i discepoli nella barca. Gesù cammina sulle acque agitate e viene scambiato per un fantasma dai discepoli che provano paura, ma quando Lui si fa riconoscere, infonde loro coraggio, sparisce la paura e tutto ritorna sereno. Le tempeste, i duri momenti di crisi ci sono sempre e si calmeranno quando Gesù vorrà, quello che conta è avere fede! La fede ci ripete che il povero può farcela perché Dio lo sostiene con la sua forza e tutti siamo nelle mani di Dio.
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Don Biodo nello svelare ulteriormente la premura di Dio verso l’uomo, cita la preghiera di Sant’Agostino: “Tu ci hai fatto per te Signore” e ribadisce che Dio nella liturgia quaresimale ci parla della sua Pasqua, della nostra redenzione e ci fa bisognosi della sua grazia per vivere la vocazione battesimale. Conclude poi il suo intervento recitando con i presenti la preghiera del Padre Nostro in cui ognuno, in un rapporto personale con Dio, può trovarsi accolto e custodito. L’incontro termina con un momento di convivialità, in uno scambio di pensieri e riflessioni; viene donata ad ogni Amico di Betania una piccola ancora, segno di forza e di speranza nella salvezza della croce e della risurrezione.
la comunità educante Roggiano
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li studenti del Liceo delle Scienze Umane di Roggiano potranno ricordarlo e raccontarlo: “Papa Francesco, quella sera noi c’eravamo!”. In visita di istruzione a Roma, dal 12 al 15 marzo, i nostri alunni hanno visitato in tour l’Urbe per poi approfondire la conoscenza della Roma imperiale, dei tesori dei Musei Vaticani, delle testimonianze della Roma cristiana e poi capitale d’Italia, fino al commovente incontro con i martiri delle Fosse Ardeatine che ha concluso la loro permanenza nella città.
Particolarmente memorabile però è stata la loro presenza in Piazza San Pietro la sera di mercoledì 13 marzo, dall’inizio della fumata bianca fino al tanto atteso “Habemus Papam” seguito dalla presentazione del nuovo pontefice. Grande gioia per gli studenti di Roggiano che, benché piccoli nell’enorme folla, si sono sentiti parte di un grandissimo evento: l’elezione di Papa Francesco al quale auguriamo ogni bene con la preghiera che lui stesso ha chiesto a tutti i fedeli.
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13 marzo Piazza San Pietro? Noi di Roggiano c’eravamo
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Le classi quarta e quinta hanno partecipato al Concorso letterario e arti figurative 2013 “W lo sport, salute e divertimento in acqua… ma in sicurezza!”, indetto dalla Piscina Comunale di Massarosa. I nostri ragazzi hanno preparato un cartellone e un racconto a tema, riuscendo a vincere un premio speciale per il cartellone “acquatico” e per il racconto “più emozionante”. I ragazzi con le famiglie, le suore e le insegnanti hanno preso parte con entusiasmo alla manifestazione e ritirato i premi loro assegnati, consistenti in gadget e materiale didattico.
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n giorno alcuni genitori segnarono i loro figli alla piscina comunale di pinguinopoli: certo, stiamo parlando di pinguini… anche se era capitato lì per caso un tigrotto, adottato da una famiglia di pinguini e anche lui iscritto in piscina. Il famoso allenatore terranova accolse i pinguini e il tigrotto; si presentò, li fece presentare e cominciò ad insegnare loro a nuotare. Terranova osservava i suoi allievi e pensava che potevano diventare grandi nuotatori anche se si presentava un problema: erano tutti diversi, c’era perfino un tigrotto, come farli collaborare e diventare una squadra? Infatti l’allenatore voleva partecipare alle olimpiadi degli animali con una squadra di pallanuoto, ma c’erano squadre molto forti. I componenti della squadra erano tutti molto diversi: uno di loro aveva il becco corto, un altro le ali molto lunghe, poi ce n’era uno con la cresta, un altro vedeva con un occhio solo ed infine uno era muto; poi c’era il tigrotto che i primi giorni aveva paura dell’acqua. Comunque Terranova pazientemente e in modo gentile, cominciò ad insegnare loro le regole della pallanuoto. Dopo qualche tempo però, in piscina, stavano succedendo dei fattacci: un gruppo di pinguini prendeva in giro il tigrotto per aver avuto paura dell’acqua, si deridevano a vicenda e lasciavano in disparte il pinguino muto soprannominandolo “zittarello”. Tutti i pinguini si azzuffavano per decidere chi fosse il migliore tra loro ed ognuno rideva dei difetti altrui. La squadra, bisticciando, non ascoltava gli insegnamenti dell’allenatore; Terranova si sen-
portante insieme. si qualificarono per le olimpiadi degli animali, avevano costume e calotta verdi: erano undici e a rotazione scendevano sette in acqua e quattro in panchina. Non vinsero nessun premio… ma furono felici ed orgogliosi lo stesso perché avevano già vinto la partita più importante, quella per diventare una vera squadra.
le insegnanti Viareggio
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tiva triste per non aver fatto un buon lavoro fino ad allora. Un giorno il pinguino muto decise di andarsene via, perché si era stufato di essere preso in giro. Terranova addolorato pensò che fosse il momento di intervenire: chiamò tutta la squadra e parlò con loro. Disse che se continuavano così non potevano partecipare alle olimpiadi, infatti in una squadra si deve collaborare, passarsi la palla, è importante il contributo di tutti perché tutti siamo importanti anche se diversi, solo così ci si può divertire e stare bene insieme. La squadra capì, così i giocatori si scusarono con l’allenatore, tra di loro e poi cercarono e trovarono il pinguino muto e, chiedendogli scusa, lo invitarono a tornare. Lui acconsentì, così la squadra fu di nuovo completa e felice di essere
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“Si cinse un a nel 20° anniversario della morte
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cco l’immagine che mi piace intitolare “la Chiesa del grembiule”. Che sembra un’immagine un tantino audace, discinta, provocante. Una fotografia leggermente scollacciata di Chiesa. Di quelle che non si espongono nelle vetrine per non far mormorare la gente e per evitare commenti pettegoli, ma che tutt’al più si confinano in un album di famiglia, a disposizione di pochi intimi, magari delle signore che prendono il te, con le quali soltanto è permesso sorridere su certe leggerezze di abbigliamento o su certe pose scattate in momenti d’abbandono. La Chiesa del grembiule non totalizza indici altissimi di consenso. Nell’hit parade delle preferenze il ritratto meglio riuscito di Chiesa sembra essere quello che la rappresenta con il lezionario tra le mani, o con la casula addosso. Ma con quel cencio ai fianchi, con quel catino nella destra e con quella brocca nella sinistra, con quel piglio vagamente ancillare, viene fuori proprio un’immagine che declassa la Chiesa al rango di fantesca. Cari fratelli, riprendiamo la strada del servizio, che è la strada della condiscendenza, della “sunkatabasi”, della condivisione, del coinvolgimento in presa diretta nella vita dei poveri. È una strada difficile, perché attraversata dalle tentazioni subdole della delega: stipendiare i “lava piedi” perché ci evitano scomodità di certi umili servizi. Però è l’unica strada che ci porta alle
sorgenti della nostra regalità. È l’unica porta che ci introduce nella casa della credibilità perduta, è la “porta del servizio”. Solo se avremo servito, potremo parlare e saremo creduti. Solo allora potremo riprendere le vesti sontuose del nostro prestigio sacerdotale e nessuno avrà nulla da dire. Il Vangelo di Giovanni continua: “Quando ebbe lavato i piedi riprese le vesti, sedette di nuovo e disse…”. Che cosa disse? Lo sappiamo: quel discorso meraviglioso che rappresenta il passaggio ufficiale dalla Parola del servo ai servi della Parola. Solo se diventeremo servi fino in fondo, gran parte dei nostri problemi di vita saranno affrontati con chiarezza e risolti con gioia. La solitudine effettiva, le lacerazioni del cuore, l’incomprensione della gente, l’incomunicabilità con i fratelli, la difficoltà dei rapporti, lo stress del lavoro che snerva, l’incertezza economica, la penuria dei mezzi per sopravvivere non ci faranno paura. Basterà guardarsi attorno e, oltre alla turba dei poveri con i quali ci accompagniamo per giungere a Colui (come dice S. Agostino) col quale desideriamo testimoniare la speranza in un mondo nuovo che irrompe. Solo così l’Eucarestia non rimarrà l’inerte dirimpettaia della nostra vita, ma sarà il filo di cui è intessuta tutta intera la tela della nostra esistenza teologica. La Madonna, serva di Javhè, ci ritagli, dal suo, un pezzo di grembiule.
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sciugatoio�
di Tonino Bello
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Un ricordo per suor Cecilia
di suor Agnese Bianchi Milano-Bovisa
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uor Cecilia sempre carissima, abbiamo vissuto con dolore il tuo definitivo ritorno alla casa del Padre, avvenuto a Querceto, comunità dove tu ti trovavi da qualche tempo, perché ammalata. Querceto è attualmente la casa in cui sono ospitate le nostre Suore anziane e ammalate, ma ai nostri tempi era la comunità dove abbiamo trascorso il Noviziato: tu prima di me, perché sei maggiore. Comunque oggi, al pensiero della tua dipartita vado rievocando con gioia e con pena gli anni trascorsi insieme. La nostra reciproca conoscenza infatti risale agli anni del collegio a Vighizzolo, durante il secondo conflitto mondiale: io con frequenza della scuola media e poi del ginnasio, tu invece benché la tua famiglia risiedesse a Cantù, stavi in collegio e ti recavi ogni giorno all’Istituto De Amicis per frequentare il Liceo Scientifico. Ricordo che oltre l’insegnamento le Suore, aiutate dalle ragazze più grandi tra le quali tu primeggiavi, si avvicendavano nei tempi extra scolastici per orientarci nei giochi e guidarci nei passaggi: tra queste animatrici del tempo libero tu eri una delle migliori. Tra l’altro non bisogna dimenticare che il nome Cecilia l’hai ricevuto alla Vestizione religiosa perché prima ti chiamavi Margherita (Rita). Infatti spesso in varie circostanze, si sentiva dire: “Corri da Rita perché ti aiuti a fare quel lavoro” oppure “Quest’anno in collegio si rinnova l’adesione all’Azione Cattolica, bisogna trovare le delegate per le varie sezioni, comunque la presidente sarà la Rita”. Nel frattempo tu hai maturato la chiamata alla consacrazione a Dio, e segno di ciò, sta il fatto che a Vighizzolo l’indimenticabile Madre Ermelinda aveva raccolto in quella comunità alcune giovani aspiranti alla vita di consacrazione, che
poi, alla fine della Guerra condusse a Roma alla Casa Generalizia. Di queste giovani io serbo le fotografie, tra esse siete anche voi che vi chiamerete poi suor Cecilia e suor Melania e che nella lunga vita di consacrazione, essendo preparate nel campo scolastico, svolgerete in esso il vostro servizio apostolico. Tu suor Cecilia per molti anni hai praticato l’insegnamento e sei stata responsabile di alcune scuole delle Suore di Santa Marta, non solo in Italia, ma anche in Cile, che è il primo Stato straniero dove siamo andate in missione. Giunta al tramonto della tua esistenza terrena a Querceto hai avuto la consolazione di condividere gli ultimi tempi con suor Angela Jepes, la prima vocazione missionaria che tu hai portato dall’Argentina. Qui a Bovisa, all’Istituto Santa Gemma, dove per anni hai profuso le tue doti di educatrice e di dirigente, oltre alle celebrazioni di suffragio che sempre, per ogni consorella si fanno, certamente avrò l’opportunità di ricordarti, carissima suor Cecilia, con tante persone, insegnanti ed ex alunni che ti hanno conosciuto e apprezzato, nella certezza che tu, entrata nella vita senza fine, abbia incontrato le molte consorelle che ci hanno preceduto e che insieme al Beato nostro Fondatore, vogliate continuare a sostenerci e a guidarci nel servizio apostolico tra la gioventù, oggi sempre più necessario e urgente.
Una preghiera per ogni dito della mano 1
di Papa Francesco
Il pollice è il dit o a te più vicino. Comin cia quindi col pregare per coloro che ti sono più vicin i. Sono le persone di cui ci ri cordiamo più facilmente. Pre gare per i nostri cari è “un dolce obbligo”.
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na preghiera che Papa Francesco scrisse una quindicina di anni fa, quando era Vescovo di Buenos Aires. All’interno d essa troviamo i valori che il Pontefice ci ha già svelato in questo primo periodo di Pontificato: umiltà, semplicità, comper è l’indice. Prega prensione, attenzione, servizio, missiovo si es cc su o it Il d o e cune… e il silenzio della preghiera. gnano, educan coloro che inse de maegoria compren te ca ta es u Q nno rano. e sacerdoti. Ha i ic ed m i, or ss stri, profe er indicano e saggezza p eg st so i d o gn ordali biso Il dito successi a direzione. Ric st u vo è il più alto. gi la ri lt a Ci rire agli corda i nostri go preghiere. vernanti. Prega mpre nelle tue il presidente, i se p er parlamentari, gli imprenditori e i dirig enti. Sono le p ersone che gestiscono il d estino della nos tra patria e guidano l’op Il quarto dito è l’anular inione pubblica e. La scerà … Hanno bisogno della gu mo lti sorpresi, ma è questo ida di Dio. il nostro dito più debole, come può confermare qualsia si inseg nante di pianoforte. È lì per ricordarci di pregare per i più deboli, nostro per chi ha sfide da affron E per ultimo arriva il tare, per i mao di lati. Hanno bisogno delle dito mignolo, il più piccol tu e preghiere di o sentirci giorno e di notte. Le pregh tutti, come piccoli dobbiam ier e per loro non Co ossimo. saranno mai troppe. Ed noi di fronte a Dio e al pr è lì pe r invitarci a imi saranpregare anche per le copp me dice la Bibbia, “gli ult ie sposate. ti ricorda no i primi”. Il dito mignolo e Dopo ch di pregare per te stesso… ri, sarà alt gli avrai pregato per tutti meglio quaallora che potrai capire ardandole li sono le tue necessità gu . dalla giusta prospettiva
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Con l’affetto della memoria Roma, 18 gennaio 2013 Carissime, stamane, dalla casa di Infermeria di Querceto di Sesto Fiorentino, è salita al cielo la Consorella Suor INNOCENZA SANTINI nata a Policiano (Arezzo) il 19 gennaio 1915, entrata in Comunità il 22 novembre 1933, professa il 19 agosto 1937. Ancora molto giovane aveva deciso di seguire la sorella Suor Emerenziana rispondendo alla chiamata del Signore tra le Suore di Santa Marta. Con lei aveva intrapreso il cammino della consacrazione e insieme avevano celebrato la vestizione e la professione religiosa.
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Ora Suor Innocenza ha raggiunto la cara sorella che era ad attenderla alla porta del Paradiso per condurla tra le braccia misericordiose del loro unico Bene e insieme godere per sempre la contemplazione del suo volto. La sua è stata una lunga vita spesa nella gratuità di un servizio prezioso svolto sempre con generosità e disponibilità all’obbedienza. Molte sono le comunità dove ha lasciato il buon esempio di umiltà e di carità fraterna (Settignano, Collegio Spagnolo, Lucca…, Firenze Arcivescovado, Chiavari). La ricordiamo intenta a preparare cose buone, in cucina, dove ha speso tutte le sue energie senza risparmiarsi e, soprattutto, rimane vivo nella memoria di noi tutte il sorriso che illuminava il suo volto. La fonte di questa luce e di questa serenità era sicuramente la Ss. Eucarestia di cui Suor Innocenza aveva una particolare devozione. Era facile, infatti, trovarla in Cappella ogni pomeriggio, dopo il lavoro della cucina, in adorazione davanti al suo Signore. È stata capace di accettare con serenità quanto il Signore via via le ha chiesto al sopraggiungere della vecchiaia e del venir meno delle forze fisiche che non le permettevano più di svolgere il suo servizio. Affidiamola al Signore e chiediamole di intercedere per noi perché sappiamo sempre accettare serenamente e con disponibilità la sua volontà. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO
Roma, 6 febbraio 2013 Carissime, nel pomeriggio di oggi, a Santiago, nella casa di infermeria della Delegazione è deceduta Suor DANIELA RIPAMONTI nata a Masate (Milano) il 15 novembre 1922, entrata in Comunità il 4 ottobre 1949, professa dal 19 luglio 1952. Giovane Suora giunse nel 1954 in Cile come missionaria per dedicarsi all’educazione delle bambine e delle giovani là dove l’obbedienza la chiamava. Il suo impegno apostolico era carico di tanta generosità e dedizione e si è svolto in diverse comunità del Cile (Talca, Requinoa, Valdivia, Coltauco, Quinta de Tilcoco, Valparaiso, Coquimbo, Curicò) dove ha servito il Signore e la Famiglia
Roma, 10 febbraio 2013 Carissime, stamane, dalla casa di Genova, è partita improvvisamente per il cielo Suor CHIARA ELLI nata a Milano il 9 gennaio 1933, entrata in Comunità il 15 ottobre 1953, professa dal 29 luglio 1956. Il Signore ha voluto che la nuova giornata per lei cominciasse tra le sue braccia misericordiose e l’ha chiamata all’alba di un giorno che sembrava iniziare come gli altri. Così Suor Chiara ha terminato la sua missione terrena alla sequela del Signore che ha cercato e amato fin dalla giovane età. Ha amato con fedeltà la sua consacrazione e il carisma della sua Famiglia Religiosa e nelle varie comunità dove si è trovata, era desiderosa di condividere sempre le gioie e i momenti di difficoltà mettendo a disposizione i suoi doni di natura. La ricordiamo infatti quando ancora giovane, carica di ironia e di vigore, rallegrava la comunità con le sue espressioni di gioia e di entusiasmo. Per molti anni e presso numerose nostre case (Milano Bovisa, Saiano, Sanremo, Viciomaggio) ha svolto con impegno e competenza il suo servizio apostolico attraverso l’insegnamento nella scuola elementare avendo cura anche dei bambini in difficoltà che via via le sono stati affidati. La sua salute purtroppo divenne in seguito sempre più fragile soprattutto negli anni trascorsi prima a Chiavari e poi
a Genova dove ha continuato per quanto le sue forze fisiche glielo permettessero, a servire il Signore e la Famiglia Religiosa nell’ufficio di portineria. Affidiamola al Signore che nella sua provvidenza sa arrivare al momento giusto nella nostra vita e avvolgerci con il manto della sua misericordia. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO
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Religiosa cercando di vivere con fedeltà e coerenza la sua consacrazione e il carisma di Santa Marta. Si è dedicata all’insegnamento e all’educazione con tanta passione e spirito di sacrificio preoccupandosi soprattutto della formazione religiosa delle persone a lei affidate attraverso una buona base culturale acquisita nella scuola. Ha amato e servito con tanta dedizione le persone che via via incontrava specialmente quelle particolarmente povere, consapevole che dovevano avere il primo posto nel nostro servizio apostolico. Il suo entusiasmo missionario non è mai venuto meno col passare degli anni e soprattutto con la malattia che la rese inferma per un tempo abbastanza lungo, durante il quale, per quanto le è stato possibile, ha continuato a servire il Signore con la preghiera e l’offerta quotidiana delle sue sofferenze e fatiche. La ricordiamo con affetto e l’affidiamo al signore perché l’accolga nella sua misericordia donandole il premio eterno di una vita spesa per Lui. Aff.ma Madre CARLA ROGGERO
CROCE
Senza non siamo autentici discepoli
MISERICORDIA Dio non si stanca mai di perdonarci
VERITÀ
Gesù Cristo attrae e persuade
POVERTÀ
Vorrei una Chiesa povera e per i poveri
TENEREZZA È fortezza d’animo capacità di amore
Papa Francesco
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