N. 10 - Aprile - Maggio 2015 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n째 46) art. 1, comma 1, NE/PD
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arte storia e natura prodotti tipici
PRIMIZIE PRIMAVERILI,
TORNANO FIERE E APPUNTAMENTI
MAGGIO:
MESE DELLE ROSE, DELLE SPOSE MA SOPRATTUTTO DELLE DONNE
Numero 10
Direttore responsabile: Mattia De Poli Editore: Speak Out srl Piazza della Repubblica, 17/D Cavarzere - VE speakout@live.it
Hanno collaborato a questo numero: Francesca Antonucci Silvano Bizzaro Emanuele Cenghiaro Maurizio Drago Mauro Gambin Renato Malaman Eliano Morello Loredana Pavanello Roberto Soliman Mario Stramazzo Aldo Tonelli Martina Toso Progetto Grafico: Think! soluzioni creative Piove di Sacco (PD) think.esclamativo@gmail.com Tel. 049 5842968 Vendita spazi pubblicitari: Speak Out srl speakout@live.it Stampa: Stampe Violato S.n.c. Bagnoli di Sopra (PD) Tel 049 9535267 www.stampeviolato.com info@stampeviolato.com Giornale chiuso in redazione il 28 aprile 2015 Tiratura: 5000 copie Diffusione: periodico bimestrale Sped. in abb. post. € 25,00 Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) n. 23644 del 24.06.2013 Iscrizione al tribunale di Padova n. 2329 del 15.06.2013 Iscrizione del marchio presso Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (U.I.B.M.) n. PD 2013C00744 del 27.06.2013 Tutti i diritti sono riservati. Gli articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte. Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli autori. Dati, caratteristiche e marchi sono generalmente indicati dalle case fornitrici (rispettivi proprietari) In copertina: Certo, marinelle di Mauro Gambin
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Maggio, mese delle rose e delle spose
RITI E TRADIZIONI
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ARTA MEMORIA DI C
La spesa con le uova
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Villa Nani Loredan, nel segno dei Veronese
ArtTERRA
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EDITORIALE di Mattia De Poli
I telefoni e la filosofia Il presente e il futuro dell’uomo, celati nel rapporto con la comunicazione tecnologica
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al telefono a disco al cellulare “touch screen” il passaggio è stato rapido: meno di trent’anni, meno di una generazione. L’evoluzione tecnologica è stata impressionante, ma com’è cambiato l’individuo e come sono cambiate le relazioni umane? E che adulti saranno i ragazzi di oggi? Il primo approccio con una scatoletta grigiastra e un disco trasparente poneva molteplici difficoltà: bisognava infilare il dito nel buco corrispondente al numero e girare il disco fino alla tacca di metallo, sperando che il dito non cedesse prima, e, dopo aver sfilato il dito, si vedeva il disco tornare indietro velocemente in automatico. Superata questa prima prova “fisica”, si veniva presi dall’incertezza di chi avrebbe risposto alla telefonata: poteva essere l’amico o il cugino desiderato, ma poteva capitare anche un adulto e bisognava comportarsi di conseguenza. Solo i più abili ed esperti riuscivano a capire dalla voce l’identità della persona… E poi bisognava immaginarsi di parlare con una persona che non era fisicamente presente davanti a noi. Oggi i social network e i servizi di messaggeria istantanea offrono una soluzione a tutti questi problemi: scrivi e aspetti che qualcuno all’interno di un gruppo di amici legga il messaggio ed eventualmente ti risponda. Ti abitui ad aspettare la manna dal cielo, tranquillo di aver fatto comunque la tua parte. Lanci il sasso nello stagno e attendi che i cerchi d’acqua giungano a riva, senza preoccuparti della fonte dell’informazione: ti accontenti della prima risposta
che arriva. Certo, l’informatore non è anonimo ma la sua responsabilità è limitata: ti ha già fatto la cortesia di rispondere, a differenza di quanti hanno ignorato il tuo messaggio, e ora non ti puoi permettere di rimproverarlo! A questo punto torni nel tuo isolamento in silenzio. Quella prospettiva, che sembrava semplificare la comunicazione e avvicinare le persone, in realtà parrebbe portare a risultati opposti. La comunicazione per messaggio tiene conto solo delle esigenze individuali. Per la telefonata, al contrario, bisognava scegliere il momento opportuno per non disturbare e, soprattutto, bisognava trovare il destinatario desiderato, ma questo modo di procedere offriva maggiori garanzie di ottenere l’attenzione voluta, instaurando una reale opportunità di comunicazione reciproca e di confronto. Egocentrismo e fatalismo sono i due mali che minacciano la società di domani. E sono l’anticamera della disperazione, ovvero di quel sentimento che toglie ogni aspettativa alla persona. Meglio abituarsi da piccoli a fare fatica, a organizzarsi, a costruire relazioni con altre persone e a confrontarsi con eventuali estranei. Non è necessario essere dei nostalgici del telefono a disco: basta ricordarsi che anche lo smartphone è dotato di microfono e altoparlante. L’evoluzione tecnologica sottintende una ben precisa filosofia, una visione dell’uomo e del mondo, che deve essere sempre considerata prima di valutare la bontà del progresso. L’uomo deve servirsi degli strumenti, non deve farsene servo.
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Difesa dell’ambiente a tutto campo
Il Consorzio Padova Sud non è solo rifiuti, ma anche formazione ambientale, difesa del territorio e sostegno per i Comuni verso gli obiettivi energetici del 2020
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a formazione nei temi ambientali a 360 gradi. E’ questo l’obiettivo del Consorzio Padova Sud che negli ultimi mesi ha organizzato eventi e iniziative per garantire un futuro più rispettoso dell’ambiente in tutto il territorio della bassa padovana. Grazie al corso di formazione sul network CasaClima, 60 persone tra tecnici comunale e amministratori hanno appreso importanti nozioni sulla sostenibilità energetica. Risanare energeticamente un edificio permette di adeguare la costruzione alle nuove esigenze degli abitanti in termini di spazi e di comfort abitativo, ottenendo nel contempo un notevole risparmio energetico. Da una casa la perdita di calore è notevole: il 25% dalle finestre, il 30% dall’areazione, il 25% dal solaio e il 15% dal tetto. «Sono dati impressionanti anche considerata la crisi economica attuale e la necessità sempre più pressante di tutelare l’ambiente del nostro territorio – ha spiegato Stefano Tromboni, Direttore del Consorzio Padova Sud - Per questo il Consorzio ha voluto fortemente, in collaborazione con CasaClima Network Padova Rovigo Venezia, l’organizzazione di un corso formativo sull’efficienza energetica e sui sistemi costruttivi di edifici sostenibili indirizzato a tutti i tecnici e agli amministratori dei Comuni del
Consorzio». I partecipanti hanno ricevuto una certificazione relativa ai sistemi costruttivi di edifici sostenibili, con particolare riguardo all’efficienza energetica ed alle normative nazionali e regionali che regolano la materia. Il corso è stato strutturato in 3 moduli di 5 ore ciascuno che si sono tenute all’ostello di Monselice. «Questo corso formativo rappresenta una risorsa importante per districarsi in un campo tanto fondamentale quanto complesso - ha spiegato Leonardo Ragazzo, presidente del CasaClima Network Padova-Venezia-Rovigo - E’ noto come gli edifici sprechino circa la metà dell’energia globale, e quindi risulta importante e fondamentale costruire edifici che siano efficienti da un punto di vista energetico». La scadenza del 2018 che richiede edifici a consumo zero diventa sempre più vicina. «In un momento storico come questo – concludono i responsabili del Consorzio Padova Sud - nel quale i Comuni hanno grosse carenze di risorse e spesso, sono sotto organico dal punto di vista del personale, il ruolo di supporto del Consorzio appare sempre più fondamentale sia da un punto di vista tecnico che dal lato della predisposizione degli atti amministrativi di supporto». In convenzione con la Provincia di Padova, il Consorzio Padova Sud ha attivato un programma di sostegno ai Comuni soci che vogliono aderire e poi sviluppare il Piano d’azione per l’energia sostenibile. Il Paes è un protocollo volontario che vede coinvolte le autorità locali e regionali impegnate ad aumentare l’efficienza energetica e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili nei loro territori. Attraverso il loro impegno i firmatari intendono raggiungere e superare l’obiettivo europeo di riduzione del 20% delle emissioni di co2 entro il 2020. Nel sito padovatre. it/sportelloenergia è possibile vedere tutti i Comuni aderenti e i relativi dati sulle emissioni.
Differenziata record: Padova Sud primo in provincia Con il 75,6% di raccolta differenziata il Consorzio Padova Sud è il più riciclone della provincia di Padova. Un risultato da record se considerata l’area di cui stiamo parlando: 250.000 abitanti per 52 Comuni passando da Montagnana a Piove di Sacco attraverso Este e Monselice. «Decisamente ne è passata di acqua sotto i ponti, da quell’esiguo 6,7 per cento con cui partiva, nel 1998, la raccolta differenziata – ha commentato Stefano Tromboni, Direttore del Consorzio - Balzi da gigante fino a sfondare il 70 per cento, puntando dritti al muro dell’80%. Ma il dato veramente importante riguarda i singoli Comuni: tutti sono entrati nella classifica di Legambiente, potendosi quindi fregiare del titolo di “ricicloni”». Padova Sud però non significa solo rifiuti. «Il Consorzio interviene sulle tematiche ambientali a 360 gradi – continua il Direttore – pensiamo ad esempio alla bonifica della “C&C” di Pernumia dove sono stoccate 52.000 tonnellate di materiale pericoloso per l’ambiente e la salute. Inoltre abbiamo messo in campo strumenti informatici per dare la possibilità ai cittadini di essere parte attiva nella tutela del territorio in cui vivono. E’ il caso ad esempio del progetto Città Pulita, con cui si possono segnalare i rifiuti abbandonati: ogni anno, gli interventi di pulizia nel territorio sono più di 300».
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L’INTERVISTA
Stefano Peraro,
ragionando attorno all’idea di un Veneto Migliore Lotta allo spreco di terra agricola, puntare sulle eccellenze e sul turismo, ma soprattutto sulla risorsa di idee ed energie rappresentate dai giovani “Siamo gente del fare”, premette sempre Stefano Peraro quando si trova difronte al taccuino o al microfono di un cronista. E anche stavolta non fa eccezione. Una forma di autodifesa, consigliere? “No, solo un garbato invito alla concretezza, ai fatti”. Lei da dove partirebbe? “Da questa nostra terrà, che va tutelata, difesa, valorizzata. L’emergenza idrogeologica è sotto gli occhi di tutti. In Regione ho iniziato una battaglia che spero di poter proseguire per ridurre il consumo di suolo agricolo e la cementificazione, favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, il recupero delle aree produttive e rurali degradate e dismesse”. Basterà? “No, perché il territorio è vita, comunità, cultura, storia. È una risorsa, insomma. E noi, veneti possiamo dirlo con orgoglio, possediamo delle grandi potenzialità”.
Pensa al turismo? “Soprattutto. Quale altro territorio può esibire bellezze come le nostre città murate, le terme, il Parco dei Colli Euganei, la nostra enogastronomia”. Cosa non va? “È necessario un maggiore coordinamento, una regia capace di far squadra. Questo è il compito della politica.” Concetto, forse, che andrebbe esteso anche al sistema delle imprese. “Levi il “forse”. Far rete oggi è indispensabile se si vuole cogliere e sfruttare le opportunità sia locali che le risorse disponibili in ambito europeo”. In un ambito così importante un riferimento territoriale in Regione potrebbe risultare prezioso. “Personalmente ho sempre sentito forte questo vincolo con il mio territorio, con questa Bassa Padovana che molto ha dato e poco ha ricevuto. Perché questa è la mia
idea di politica: difendere e valorizzare il territorio, evitare doppioni e creare filiere, distretti, sostegno al credito in agricoltura e all’innovazione di prodotto e processo”. Chiudendo, se dovesse puntare su una casella? “Sceglierei senza esitazione quella dei giovani. Hanno abilità, conoscenza e strumenti straordinari, e abbiamo il dovere di metterli in condizione di esprimere tutte queste potenzialità. Hanno il mondo davanti, ma a me piace pensarli legati a questa terra, ai valori che esprime e anche alle possibilità professionali che offre”.
Stefano Peraro 43 anni. È stato assessore al comune di Monselice, assessore all’urbanistica della Provincia di Padova, consigliere provinciale e consigliere regionale
“In Regione ho iniziato una battaglia che spero di poter proseguire per ridurre il consumo di suolo agricolo e la cementificazione” 5
L’ELZEVIRO di Eliano Morello
ALIMENTAZIONE: informazione e disinformazione Saper leggere un’etichetta è fondamentale per riuscire a fare una spesa attenta alla qualità
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per il solo fatto di averci messo la faccia o il nome. xpo ha aperto i battenti da qualche giorno. Il Come se domani ci svegliassimo e scoprissimo che suo messaggio “Nutrire il Pianeta, Energia per la sullo scaffale del caffé, al supermercato, si è aggiunto Vita ha già fatto il giro del globo, toccando forai già noti quello di produzione di George Clooney. E se anche quei luoghi dove la fame è endemica come potrebbe fare soldi a palate, col suo bel faccino e il in parte di Africa e Asia. Attualmente il pianeta conta sorrisetto da gran intenditore! circa 7 miliardi di esseri umani, dei quali si stima (purÈ evidente che il marketing punta prevalentemente troppo, sempre per difetto) ben 1 miliardo di affamaalla diffusione di miti, alla costruzione di desideri di ti. L’economia globale invece di aiutarli, impoverisce appartenenza, ad alimentare aspettative salutistiche popoli e il pianeta, affamandoli entrambi. La speculanon sempre reali e/o realizzabili. Un noto yogurt prozione, la globalizzazione, la totale disequità nella redimette di ridurre il colesterolo, ma a margine informa stribuzione di redditi e profitti hanno generato e geneche senza una adeguata rano tuttora una situazione Una lettura attenta delle etichette attività fisica, il colesterolo di alto conflitto sociale, non ce lo teniamo stretto! Un alpiù confinata alle sole aree e l’approfondimento critico tro riduce il gonfiore di stopovere del mondo. Ho il permettono di sfatare i falsi miti maco, ma solo dopo un’ora presentimento (negativo) sulla cyclette! Quando si reclamizza una certa marca che la tanto acclamata mostra di Milano tenderà a ofdi acqua minerale, niente e nessuno riferisce al consufuscare il vero problema e le vere cause del mondo. matore che cosa contiene: si passa direttamente al riL’obiettivo primario sembra essere quello di promuosultato, al beneficio, cioè fare tanta plin-plin... Ora, non vere il consumo di prodotti dipinti come genuini, a serve una laurea in Medicina o in Biologia, per sapere basso impatto ambientale (il famoso “chilometro che qualsiasi tipo di acqua porta agli stessi identici efzero”) e soprattutto biologici (si tratta di un aggettivo fetti, sia essa fuoriuscita dal rubinetto della cucina o estremamente in voga negli ultimi tempi!). Tuttavia, ingrediente di una gradevole tisana! Mi chiedo, quanti invece di semplice informazione, ho la sensazione di di noi leggono le etichette dell’acqua? Quanti sono in essere inondato da propaganda. Da poco si è conclugrado di capirle e interpretarle? Se parlo di “residuo so a Verona il Vinitaly 2015 e non ho potuto di fare a fisso”, chi mi sa dire cos’è? È importante nella scelta meno di constatare il netto aumento di produttori di della bevanda? È meglio prediligere un’acqua con un vino biologico, nonché l’entrata nel settore di uomini valore di residuo fisso alto o basso? Cosa si intende di spettacolo, ex politici ed ex calciatori che, sulla scia per livelli alti o bassi di ioni o di metalli pesanti? Quelasciata da Giovanni Rana, sti sono solo alcuni esempi per dimostrare che il contentano di vendere i propri sumatore medio, quello che ricerca la carne o l’ortoprodotti facendo loro stessi frutta rigorosamente etichettate “bio”, spesso non sa da mascotte, con l’intenneppure che caratteristiche debba avere, il prodotto to di ricavarne enorscelto, per potersi avvalere dell’aggettivo “biologico”! mi profitti Questa è pura e semplice disinformazione! Rimanendo su quest’esempio, che cosa vuol dire bio-
L’ELZEVIRO un vecchio articolo (“Quando i cibi erano naturali”) sologico? Il prodotto biologico è una merce ottenuta da steneva che i pesticidi naturali sono in concentrazione “agricoltura biologica”, che “utilizza un disciplinare 100-1000 volte più alta rispetto a quelli industriali utiproduttivo” ovvero “un metodo di produzione biologilizzati in agricoltura. Un esempio? Beh, per la verità ne ca”. Dunque, prodotto biologico significa ottenuto con ho più di uno: basilico, prezzemolo, oleandro, sedano, un metodo di produzione certificata da un organismo cavoli, patata alla solanina, caffè... Tuttavia, i dati più di controllo accreditato. Molti sono i metodi di produscolvolgenti non arrivano dalle nostre produzioni (per zione certificata: “Globalgap”, “controllato”, “residuo una volta non siamo i peggiori!), bensì da quelle di imzero”, “lotta integrata”, tutti atti a ridurre i residui da fiportazione e vengono riscontrati specialmente nella tofarmaci “bio” compreso. Si, perchè anche nel biolofrutta secca (aflatossine) e nell’ortofrutta in generale, gico si impiegano anticrittogamici (sostanze chimiche con residui superiori al livello medio consentito (in impiegate a combattere le crittogame, parassite delle pratica, fuorilegge). Comunque, ciò che emerge papiante) e insetticidi come negli altri casi. Per esempio, lesemente è che il livello culturale dal punto di vista lo zolfo che si impiega nell’agricoltura biologica è lo scientifico in Italia è quasi scandaloso, per questo il stesso usato in quella convenzionale. Lo stesso dicaconsumatore, poco e/o male informato, viene spessi per il rame (poltiglia bordolese, rame ossicloruro, so raggirato. Siate sempre rame idrossido), l’olio bianL’Italia investe pochissimo in critici, imparate a porvi doco (derivazione dal petrolio), il piretro, lo spinosad, ricerca scientifica e non possiamo mande, non prendete le inil bacillus thuringensis, il viscandalizzarci se la ricerca viene formazioni che vi vengono propinate dai media o da rus della granulosi, funghi fatta dalle multinazionali chi si ritiene esperto (i faentomoparassiti, i feromoni mosi “sapientoni”, in gergo veneto) per oro colato, e sessuali, ecc. In sostanza, per avere produzioni sane e ponetevi sempre con scetticismo nei confronti di frasi resistenti occorre siano trattate oppure ingegnerizzadel tipo “è scientificamente provato...”, “test di labote (OGM) altrimenti, come succede nei paesi poveri, il ratorio confermano che...”. Abbiamo largamente ap25-50% della produzione viene distrutto dai parassiti. purato in questo editoriale come spesso la pubblicità Se le piante invece risultano sane senza trattamenti sia una fabbrica di panzane (tipo, “l’acqua che elimina e cure particolari, ciò vuol dire che gli insetticidi o le l’acqua”), e totalmente slegata dalla realtà (avrete nodifese sono autoprodotte dalla pianta stessa e spesso tato che molta pubblicità è girata in pseudo laboratori, queste sostanze possono essere più pericolose dei in campagne incontaminate, in mulini a vento dove prodotti fitosanitari! Secondo Bruce Ames (il maggior tutti gli attori sono belli, sani, palestrati e fichissimi). esperto mondiale di tossicologia, professore all’UniMa è altrettanto vero che l’Italia investe pochissimo versità di Berkley, California) i “veleni” naturali costituiin ricerca scientifica (lo ha denunciato anche l’ex prescono il 99,99% degli antiparassitari che introduciamo mier Romano Prodi recentemente) e non possiamo con la dieta (circa 1 grammo al giorno ovvero 10.000 scandalizzarci se la ricerca viene fatta dalle multinavolte in più di antiparassitari di sintesi): insomma, per zionali (con i loro soldi) e poi i risultati sono utilizzati a farla breve, una sostanza prodotta in laboratorio non scopi commerciali. Per sconfiggere la disinformazione è necessariamente più pericolosa o dannosa solo peroccorrono due strumenti: da una parte un pubblico chè proviene da sintesi chimica, come una sostanza informato e in grado di comprendere le informazioni naturale non per forza è benigna per il solo fatto di esche gli giungono e, dall’altra, un giornalismo davvero sere stata creata da Madre Natura! In fondo, sempre di preparato scientificamente, in grado di divulgare corchimica si parla! Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di rettamente dati e notizie. Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano, in
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Prelievo di acqua a scopi irrigui, impianti moderni ma vincoli sempre più stringenti Aumenta e si modernizza di anno in anno la rete predisposta dal Consorzio di Bonifica Adige Euganeo per l’irrigazione, ma i limiti acquedottistici e le direttive dell’Europa rappresentano i termini entro i quali la richiesta di acqua potrà crescere in futuro il Consorzio di Bonifica Adige Euganeo, dall’altro trova nei Con la bella stagione e con la ripresa delle produzioni in limiti acquedottistici e nelle direttive dell’Europa blocchi e campagna, le necessità di approvvigionamento irriguo restrizioni che lasciano presagire una disponibilità di acda parte degli operatori agricoli torna a farsi pressanqua tutt’altro che illimitata. Ma andiamo per ordine, parte. Quest’anno addirittura in anticipo rispetto agli scorsi tendo proprio dalla rete di approvvigionamento idrico per anni, in quanto le esigue precipitazioni primaverili hanno scopi irrigui, che grazie al Consorzio è andata di anno in già reso necessari dei passaggi con abbondanti innaffiaanno strutturandosi con portate ture per far nascere le colture, Le esigue precipitazioni primaverili sufficienti a scongiurare gli stati principalmente il mais. Del resto hanno già reso necessari dei passaggi di allerta provocati dalle procon il cambiamento climatico lungate siccità. Specialmente degli ultimi anni e il crescente con abbondanti innaffiature per far orientamento verso colture di nascere le colture, principalmente il mais l’area ovest del comprensorio del Consorzio, da Anguillara a eccellenza da parte degli agriNoventa Vicentina, la disponibilità di acqua copre l’intera coltori, la dipendenza da una fonte idrica è un presuparea agricola di 46 mila ettari di campagna, solo verso Est posto indispensabile per qualsiasi tipo di investimento in rimangono scoperti 22 mila ettari attrezzati per affrontare campagna. Anche la difesa dai parassiti e dagli infestanti esclusivamente i momenti di stress idrico. L’unica fonte di oggi si fa attraverso gli impianti di irrigazione, rendendo approvvigionamento idrico è l’Adige le cui acque incananecessaria una volta in più la disponibilità di acqua. Una late attraverso il collettore Leb e distribuite a loro volta nel richiesta che tuttavia se da una parte trova ben preparato
Consorzio di Bonifica Adige Euganeo www.adigeuganeo.it
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Frassine, Fratta, Lozzo e Bisatto garantiscono una disponibilità idrica di circa 22 metri cubi di acqua al secondo ai quali vanno ad aggiungersi gli altri 3 metri cubi delle concessioni di derivazione del Consorzio (a Vescovana, Barbona e Boara) che pescano acqua sempre dall’Adige. È il grande fiume, infatti, che ogni anno salva investimenti e colture dalla prolungata assenza di piogge. Si potrebbe fare di più? Certo, con maggiori finanziamenti si potrebbero fare molte cose, però va detto che le coperture economiche per questo tipo di infrastrutture arrivano esclusivamente dal Ministero delle Politiche Agricole attraverso il Piano Irriguo Nazionale. Altrove sono anche le Regioni a contribuire, ma in Veneto i Consorzi possono contare solo sui fondi del ministero che tra l’altro hanno una programmazione quinquennale: questo per giustificare i tempi di esecuzione che talune volte richiedono questi interventi. Con gli ultimi due Piani Irrigui il Consorzio di Bonifica Adige Euganeo ha ottenuto stanziamenti per un monte di circa 11 milioni di euro con i quali sono stati appena completati o andranno ad essere ultimati i moderni impianti destinati all’irrigazione del territorio consortile. Ciò significa che per l’Impianto Monastero, realizzato con un investimento di circa 4 milioni di euro e prossimo all’inaugurazione il 23 maggio, il progetto e la richiesta di finanziamento, in realtà, risalgono a ben dieci anni fa. La stessa cosa vale per il già ultimato impianto di Boara, costato 2,5 milioni di euro, e per quelli la cui realizzazione è partita nel 2014: l’impianto con tubature e in bassa pressione, per il risparmio di acqua, che servirà l’area di Pojana e Noventa (costato 3 milioni di euro), quello identico a servizio dell’area tra Barbona e Boara (costato 2 milioni di euro) e quello con canale a cielo aperto, per assecondare pure la funzione di bonifica, per l’area di Ospedaletto, Ponso, Carceri e i due Megliadini. Interventi, gli ultimi tre, che verranno inaugurati entro il primo trimestre del prossimo anno. Ma l’estensione degli impianti irrigui trova un primo limite nel fatto che in futuro l’acqua sarà sempre più un bene da tutelare e quindi da non sprecare. Un moni-
È il grande fiume Adige che ogni anno salva investimenti e colture dalla prolungata assenza di piogge to, certo, fondato sul rispetto dell’ambiente come viene assunto nelle direttive della Comunità Europea. Una nello specifico, la 2000/60 detta anche “direttiva dell’acqua”, suggerisce a tutti i paesi dell’Unione una progressiva riduzione dell’approvvigionamento idrico ed è probabile che tale indicazione possa riflettersi in occasione del rinnovo delle concessioni di prelievo di acqua dai fiumi. L’autorizzazione, infatti, viene rilasciata dalla Regione sul parere dell’Autorità di Bacino che a sua volta, appunto, recepisce la direttiva europea. Un altro limite, come si diceva più su, è rappresentato dai limiti acquedottistici. Il regime di portata dell’Adige non può scendere sotto gli 80 metri cubi di acqua al secondo per poter permettere la provvista di acqua per gli usi domestici. Entro questi termini, dunque, si collocano le possibilità di prelievo di acqua a scopi irrigui per gli anni futuri, sicuramente si continuerà a trovare risposte ai bisogni crescenti, ma intanto, di questi termini, è obbligatorio tenerne conto.
ESTE Via Augustea, 25 - Tel. 0429 601563 Fax 0429 50054 CONSELVE Viale dell’Industria, 3 - Tel. 049 9597424 Fax 049 9597480
RITI E TRADIZIONI di Mauro Gambin
Maggio: mese delle rose, delle spose ma soprattutto della madre e c’è un perché
Tra maggio e madre esiste un nesso che sprofonda la sue origini nella protostoria. Risale agli antichi veneti il culto di una divinità femminile come personificazione della terra, dell’abbondanza e della fertilità richiamata dalla stagione
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maggio l’arrivo della primavera, che nei mesi precedenti era stato solo un leggero accenno, una promessa, diventa viva conferma. Il pulsare della vita ritorna con i suoi riti negli orti, nei campi e in ogni forma di natura con il verde brillante dell’ormai avviata stagione. L’aria si impregna di profumi veloci, nel senso che sono propri dei luoghi e cambiano in fretta come dal giardino al prato, dalla siepe all’aperto campo. Persino i suoni paiono avere la stessa forma accelerata del ticchettio dei tacchi sul selciato alle processioni o del veloce vociare all’aperto, nelle serate tiepide e distese del fioretto mariano, intervallato da ronzii di preghiere attorno agli altari guarniti di rose e roselline, colte durante il tragitto da casa al piccolo capitello di campagna, magari impreziosite con qualche nastro o intrecciate con altri fiori
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RITI E TRADIZIONI spontanei in forma di ghirlanda. Non si tratta di ricordi personali, è sempre stato così, anche prima che maggio diventasse il mese di Maria madre di Gesù, perché nulla perdura nel tempo se non mantiene un contatto con la realtà, la stessa realtà che porta a festeggiare nello stesso mese la festa della mamma. Tra maggio e madre, infatti esiste più di nesso, quello etimologico, che porta al nome del mese, risale ai tempi dei latini, in quanto nel loro calendario di dieci, e non dodici, mesi, maggio era dedicato alla dea Maia, la divinità che impersonava la Madre Terra, alla quale erano rivolti i riti e gli auspici di fecondità. Il secondo nesso sprofonda la sue origini in un tempo ancora più remoto rispetto al periodo romano. Già nella protostoria si ha notizia del culto di una divinità femminile come personificazione della terra. Della Este degli antichi veneti, ad esempio, conosciamo con precisione diversi luoghi destinati ai vari culti grazie ai reperti riemersi in località Caldevigo o nel fondo Baratella. In località Morlungo sono stati rinvenuti ex voto (databili tra il IV e il I secolo a.C, oggi conservati al Museo Nazionale Atestino) che riproducono organi sessuali femminili e maschili che lasciano ipotizzare la presenza di un santuario dedicato ad una divinità protettrice della fecondità. Risale, inoltre, sempre a questo periodo il santuario dedicato alla dea Reitia, che a
tutti gli effetti rappresenta una delle primissime divinità femminili. È indubbio dunque che il culto romano di Maia sia da ricondurre a questi esempi precedenti visto che gli stessi luoghi “sacri”, usati dagli antichi veneti, successivamente sono diventati i santuari della mitologia latina per perdurare, in alcuni casi, addirittura fino all’età cristiana trasformandosi, forse, nella titolazione, Reitia-Maia-Maria, ma mantenendosi saldi come luoghi dell’auspicio per l’abbondanza. Il mondo antico era rurale, legato alla terra, e la vita ai suoi frutti come “il frutto del ventre tuo, Gesù”, nell’Ave Maria, diventa termine di dipendenza per il popolo cristiano.
Dea Maia
Il mese di maggio era dedicato a Maia, madre di Mercurio, il dio alato messaggero degli dei. Il primo giorno del mese (Kalendis Maiis, divenuto poi il Calendimaggio) era l’anniversario del tempio sull’Aventino dedicato alla Bona Dea (Grande Madre), il cui vero nome non poteva essere pronunciato. Il culto della Bona Dea era rigorosamente riservato alle donne: ogni presenza maschile era esclusa, animali compresi, e la sua importanza per il bene di Roma era così sentita che quando nel 62 a.C Publio Clodio si travestì da donna per partecipare segretamente, ne seguì una grave crisi politica causata da questa profanazione. È probabile che questa antica divinità laziale venisse considerata protettrice della fertilità: in concomitanza ai riti a lei dedicati durante le calende di maggio, si tenevano infatti i Ludi Florales o Floralia.
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RITI E TRADIZIONI la stagione, ma non è l’unico. Almeno fino alla metà In origine il ventre, del secolo scorso, il periodo della mezza primavera invece, era proprio era ricco di riti, usanze consuetudini che spaziavano quello della terra dalla piantumazione di un albero verde, l’albero de e dalla sua abbonmaio, che rappresentava la forza della nuova vegedanza dipendevatazione, a el mariazo, che celebrava con la sposa del no la vita degli uomaio la fertilità della terra madre, fino a la lode delle mini e degli animali putele, la tradizione di contrassegnare con rami o altri impiegati nel lavosimboli di lode le porte delle ragazze da maritare con ro di tutti i giorni. Il rispondenze precise nei rituali romani dove i giovani concetto di fertilità maschi preparavano i “magi” da offrire alle ragazze chiama in causa prescelte che ricevevano dolci, ciambelle, confetti, per antonomasia fiori, rami d’albero impreziositi con nastri e fiori. I rami la donna, ed erano d’albero significavano messaggi amorosi cifrati e diappunto le donne a chiarazioni d’amore come il “ciliegio-saresara” - “mofarsi carico del rito rosa cara”, pioppo “morosa propria” “susino-amolaro” per ingraziarsi la “moroso caro”, mentre le ragazze considerate poco benevolenza della serie, brutte Terra, in forma di Il Calendimaggio o Cantar maggio o antipatiche ricevevano prosperi- ancora oggi e una ricorrenza viva, regali sgradità, fin dal una festa per salutare l’arrivo ti. Il maggio primo momento in cui riprendeva la primadella bella stagione della ritualità vera e il lavoro della campagna. Anche i riti nuziale è sempre da collegare al desiderio e quindi sono rimasti più o meno quelli, l’invocazione alla Maall’auspicio di fertilità, di prosperità e di abbondanza dre, sia essa la Terra, l’abbondanza o la Vergine mamcome richiamato nel celebre canto della tradizione ma di Gesù, le processioni fanno parte del rito, anche popolare “Cossa gala magnà la sposa”. È su questo perché i luoghi di culto erano quasi sempre in camrituale di gioia e di abbondanza che si innestano anpagna (essendo tutelari della campagna) come pure che le feste e le sagre paesane, sia come momento l’oggetto dell’offerta: candele votive (simbolo della di scambio e vendita delle prime primizie di stagiovita), giaculatorie, novene, fioretti e nelle aree rurali ne: asparagi, piselli, ciliegie, fragole ma anche come canti e balli perché qui l’eredità pagana ha travalicamomento del ritorno alla vita sociale e dunque alla to le religioni radicandosi saldamente nel folklore. Il socialità. Calendimaggio o Cantar maggio ancora oggi è una ricorrenza viva, una festa per salutare l’arrivo della bel-
Dea di Caldevigo Uno dei reperti più interessanti risalente alla Este degli antichi veneti è la “Dea di Caldevigo”, si tratta probabilmente di un ex voto con le sembianze di una fedele con le braccia aperte in gesto di preghiera
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L A S E L E Z IO N E A LTA
NATO ALL EVATO SEZIONATO
IL PANORAMA GASTRONOMICO di Maurizio Drago
Le donne,
protagoniste dimenticate della nostra cucina territoriale Negli ultimi anni cuochi e chef sono saliti alla ribalta della popolarità come delle vere star, ma le inventrici delle ricette, tanto decantate, furono le nostre nonne
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l grande valore della nostra cucina tradizionale veneta si deve ricercare nelle case delle campagne e dei borghi nostrani dove le protagoniste erano le donne dedite alla preparazione dei pranzi e delle cene ai loro uomini e figli che, ritornando a casa dal lavoro, non stavano molto a lesinare e si gettavano sul pasto che le stesse donne cuoche avevano preparato. Nella civiltà contadina le dure regole dovute dalla pochezza delle materie prime a disposizione imponevano alle nostre donne di sforzarsi nella cucina nel preparare o nell’inventare piatti sapendo che avevano poco. In compenso avevano molto più tempo per preparare i cibi. Infatti si alzavano presto alla mattina e sin dalle prime ore dell’alba si mettevano a cuocere davanti al camino o alle stufe. Oppure andavano nei campi a raccogliere le erbe (che le giovani generazioni a malapena conoscono) per poi ritornare nelle loro cucine per prepararle e servirle nelle tavole. Grazie alla loro pazienza e alla inventiva nascevano dei piatti, cosiddetti poveri, oggigiorno ricercati e preparati dagli chef e presentati come capolavori di arte culinaria. Come i vari tipi di piatti con il baccalà, oppure con le erbe spontanee dei campi, o l’aringa con la polenta, i vari tipi di uova cotti, minestroni o minestre come le ribollite, acque cotte o altro, e tutta una serie di altri piatti preparati allora per necessità nutritive e che ora segnano anche la tipicità del territorio, non solo regionale, ma anche da una provincia o da una
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zona all’altra della stessa provincia. Come dicevamo sopra, il valore stava nel tempo. Il cibo veniva cotto molto lentamente sul fuoco restando anche per ore e ore, una “tecnica” - se così la vogliamo chiamare - molto lontana dalla cucina dei forni a microonde o di quella dei pochi minuti. Ad esempio non esisteva allora la polenta preparata alla velocità di 3 minuti, le donne avevano un rituale rigido nel prepararla. La farina immessa nell’acqua calda del paiolo veniva girata dai 45 ai 55 minuti, lentamente, sino alla definitiva “calata” nell’apposito tagliere rotondo. E questa veniva rigidamente tagliata a fette con un filo e servita nei piatti. Emblematico è anche l’esempio dei “pici all’agliata” un caratteristico piatto nelle colline toscane dove tre spicchi di aglio messi a cuocere con poco pomodoro concentrato per circa 5-6 ore costituiscono una bontà ricercata come sugo. Per non parlare della nostra cucina del basso veneto, caratteristica e particolarmente ricca di spunti. L’analisi storica si deve soffermare sul ruolo delle donne che occupano nella cucina tradizionale, quella di casa, che non dice e non dirà niente di nuovo nello sviluppo delle preparazioni culinarie. Un riscatto per la nostra umile gente e soprattutto per le donne che, senza nessun riflettore puntato su di loro, effettuavano il duro lavoro nella preparazione dei cibi con dignità e con pochezza di materie prime. Quei piatti che ora sono tanto decantati...
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Montagnana DENTRO E FUORI LE MURA
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TRA I BORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA LA CITTÀ MURATA SVELA ANCHE LE BELLEZZE DELLA SUA CAMPAGNA
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ontagnana è tra i borghi più belli d’Italia: le netto e lo stesso Duomo sono di quest’epoca. Ma alla sue inespugnate mura medievali, il castello “città monumento”, al capitale artistico racchiuso tra di San Zeno, la possente Rocca degli Alberi le mura, fa da compendio la campagna. È qui che nae il Duomo, scrigno di preziose opere d’arte collocato scono i prodotti che di Montagnana fanno un vanto, proprio in mezzo alla città, la rendono non solo affail prosciutto è tra i più celebrati, il melone non lo è di scinate, ma unica. Qui la storia non sembra affatto sia meno e non va trascurato l’artigianato artistico per il trascorsa, non serve nemmequale è opportuno chiamare Lungo le vie d’acqua è possibile no uno sforzo di fantasia per in causa un termine pregno incontrare opere d’arte e frammenti di significato come “tradiimmaginarla, bastano quattro passi nel centro per vivere le di campagna dimenticati dal tempo. zione”. Anche la campagna, pagine del passato belligedunque, merita una vetrina Questa terra è un museo diffuso rante della città, i tanti scontri e la possibilità di raccontare che merita di essere visitato nati per l’affrancamento dai le sue mille storie fatte dei riti e assaporato... lentamente tiranni del tempo o per le e delle antiche fatiche della continue tensioni tra le città stato che del Medioevo gente comune, a prescindere che si trattasse di sefecero un secolo buio. Impossibile pure non accorguire con la falce o con lo schioppo le stagioni sui gersi del brulicare delle stagioni successive, quando campi o con il rosario le processioni ai capitelli dedidopo la scoperta dell’America Venezia dovette farsi cati a tutti i santi che abitano le valli. Le macchie di bodi terra, non più solo di mare, e il leone di San Marco sco planiziale che ancora resistono abbarbicate agli venne in mezzo alla piazza ponendo la potente zamargini dei fiumi, le colture ordinate spaziate da case pa sul suo Vangelo. Soprattutto il ‘500 non poteva rurali, ponti e sostegni della bonifica completano la lasciare tracce migliori: Palazzo Sanmicheli, Villa Pibellezza di Montagnana come una sorta di museo difsani, uscita dal genio di Palladio, il Monte di Pietà, la fuso, basta una manciata di ore e una bicicletta per loggetta del Veneziano, attribuita a Gian Maria Falcopartecipare a questa suggestione.
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I luoghi DA VISITARE CENTRO CITTADINO E PIAZZA L’immagine di Montagnana città fortificata forse esiste da sempre. Forse era già cinta da cortine difensive nella tarda età del bronzo, al quale risalgono le testimonianze archeologiche più antiche, conservate al museo di Castel San Zeno. Del resto i villaggi erano tutti così al tempo, così pure continuarono ad essere in epoca romana, in quella successiva alla caduta dell’Impero e per tutto il Medioevo. È appunto alla metà del Trecento che risalgono le mura di Montagnana, mura che oggi rappresentano un’autentica attrazione per la loro bellezza e per l’eccezionale stato di conservazione, ma la cittadina “val bene una visita” anche per quanto rimane delle epoche successive. Sulla piazza del centro, Piazza Maggiore, impreziosita da un “Listòn” di trachite grigia, con inserti di pietra bianca che ricordano il disegno della veneziana Piazza San Marco, si affacciano palazzi di diverse epoche, tra i quali Palazzo Valeri, Palazzo Zanella o Palazzo Munari. CASTEL SAN ZENO E CINTA MURARIA Nella parte orientale della città, il Castello San Zeno, costituito da quattro ambienti attorno ad un cortile interno con due torri minori. Pare che la sua edificazione debba essere attribuita ad Ezzelino III da Romano, fonti incerte, infatti, attribuiscono al terribile distruttore e torturatore vicario dell’Imperatore Federico II il primo progetto difensivo della città nel 1242, opera che venne completata con la realizzazione del resto della cortina muraria fra il 1360 e 1362 dalla famiglia padovana dei Da Carrara per rafforzare la frontiera del proprio stato contro la rivale Verona Scaligera. Al suo interno oggi si trovano il Museo Archeologico, con reperti dell’età del bronzo, di epoca medievale e rinascimentale, e l’Ufficio Turistico, fresco di restauro.
DUOMO Cuore spirituale di Montagnana, il Duomo è intitolato a S. Maria Assunta e con la sua imponenza domina la piazza. Suggestivi e di rara bellezza gli affreschi che ne impreziosiscono l’interno portano la firma del Veronese, Giorgione e del Marescalco ROCCA DEGLI ALBERI La rocca degli Alberi fu costruita dai Carraresi nel biennio 1360-1362 con funzione esclusivamente militare, un baluardo difensivo che già dall’aspetto doveva scoraggiare qualsiasi tipo di assalto. L’ingresso fortificato era costituito da un complesso sistema difensivo: lungo l’androne di transito, dominato da due torri, stavano quattro porte a battenti, due saracinesche e quattro ponti levatoi a bilanciere. Oggi è uno dei volti che rappresentano Montagnana nel mondo VILLA PISANI È una villa veneta progettata nel 1552 circa da Andrea Palladio sotto la committenza di Francesco Pisani, vescovo di Padova e poi cardinale nominato da Leone X, realizzata tra il 1553 e il 1555 è inserita dal 1996 nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. FATTORIA DIDATTICA DI LORENZO BELLO A due passi da Montagnana, la Fattoria Didattica “Il Boschetto” di Lorenzo Bello offre la possibilità a scolaresche e visitatori di fare un’esperienza didattica della natura e dei piatti veneti tipici.
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CONOSCERE LA CITTÀ CASTELLO DI BEVILACQUA Questo imponente mastio venne fatto costruire nel 1336 da Guglielmo I Bevilacqua, potente e ricco mercante della corte di Mastino II della Scala e vassallo del Vescovo, per porre un argine alle mire espansionistiche dei Carraresi, signori della città del Santo. Al tempo la rivalità tra Padova Foto Piero Dal Prà e Verona era acerrima, ma con la fine delle signorie e l’arrivo della dominazione veneziana il territorio venne pacificato. Il castello, ma pure le stesse mura di Montagnana, perse d’importanza e da strumento militare, grazie all’intervento dell’architetto Michele Sanmicheli nel 1532, divenne dimora nobiliare. Lungo i secoli le storiche mura conobbero diverse distruzioni a causa di incendi ma ogni volta venne ricostruito più bello di quanto lo fosse in precedenza. Oggi oltre ad essere una straordinaria testimonianza del passato di questa terra è una struttura attrezzata per l’accoglienza e l’ospitalità. PARCO FIUMICELLO e FIUMICELLO Il parco è una delle aree più interessanti per una passeggiata fuori le mura. Macchie d’alberi e i vecchi maceratoi costeggiano il veloce corso del Fiumicello, il canale scavato in epoca medievale per rifornire di acqua il fossato attorno alle mura. Un corso d’acqua fondamentale, quindi per la città, ma non solo per gli aspetti difensivi, un tempo sul Fiumicello, infatti, insisteva una vera propria economia legata ai mulini ad acqua e ai maceratoi per la canapa. PALU’ Il Palù è una delle aree più caratteristiche del circondario montagnanese. Già il nome evoca la grande presenza di acqua e permette di farci un’idea di come doveva essere questa terra prima degli interventi di bonifica. Non a caso questa
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è una delle zone che la Serenissima Repubblica aveva designato come area per la coltura della canapa, materia indispensabile per le vele e il cordame delle galee che uscivano dall’arsenale. La vegetazione è rimasta rigogliosa, anzi, selvatica: si tratta, infatti, di una macchia di bosco planiziale che conserva essenze arboree non più esistenti altrove. FRASSINE e FRATTA I due grandi fiumi-torrente del territorio, oltre a costituire gli storici confini con la provincia di Vicenza (il Frassine) e Verona (il Fratta), i loro argini sono piste ciclabili naturali, le vie privilegiate sulle quali proponiamo questa visita al territorio montagnanese.
CHIESA DI ROVENEGA La Piccola chiesa campestre è un punto di riferimento nella vasta campagna ad Ovest della Città Murata. Il piccolo tempio della fede popolare ha da poco compiuto i cento anni. L’ombra del grande albero che le sorge vicino costituisce un luogo piacevole per il ritrovo e molti ne approfittano durante le giornate della calura estiva per darsi convegno e chiaccherare. AVIO SUPERFICIE A poca distanza dalla zona del Palù sorge l’aviosuperficie di Montagnana, la sede di uno dei più importanti aereoclub italiani. L’aviosuperficie è anche un piccolo museo dell’aria e organizza spesso eventi legati al mondo del volo da turismo e paracadutismo.
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I prodotti DI QUESTA TERRA CRUDO DI MONTAGNANA Il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo (DOP) è una delle eccellenze della cittadina. La tradizione della norcineria è diffusa in tutto il Veneto, ma il prosciutto di qualità è solo di questa zona, in Montagnana poi vanta una storia plurisecolare. Nello statuto cittadino del 1366, infatti, ben cinque capitoli sono dedicati al maiale, al suo allevamento e alla vendita della carne. Ulteriori testimonianze della presenza del prelibato affettato in città risalgono al 1634. Già all’epoca veniva venduto affettato e a un prezzo piuttosto contenuto, 14 lire la libbra, costava poco di più delle candele di sego, che invece venivano vendute a 10 lire la libbra. Dobbiamo allora immaginare un prodotto molto diverso da quello che conosciamo oggi, la qualità che contraddistingue i prosciutti moderni, infatti, trova la propria origine agli inizi degli anni ‘70 con la nascita del Consorzio Tutela Prosciutto Veneto Berico - Euganeo e con il successivo riconoscimento da parte dell’Unione Europea, negli anni ‘90, della Denominazione di Origine Protetta. Il disciplinare di produzione è molto ristrettivo, i maiali impiegati nella lavorazione sono esclusivamente quelli di area padana e gli stabilimenti deputati alla lavorazione sono solo quelli dei quindici comuni nelle province di Padova, Vicenza e Verona, compresi nell’area padana e pedemontana dei Colli Berici e dei Colli Euganei. Il prodotto parla da se: grazie a stagionature che possono raggiungere i 24 mesi, in ragione ai tempi di salatura e al peso del prosciutto, il sapore è inconfondibile, elegante, vivo e pieno è un equilibrio perfetto di
morbidezza, dolcezza e profumo. Proprio per la sua morbidezza e il suo aroma delicato e personale, si presta benissimo alla preparazione di antipasti, primi e secondi di elevato livello gastronomico. Al taglio, il prosciutto si presenta con una caratteristica colorazione rosea. IL MELONE Montagnana non è solo la città del prosciutto, anche il suo più naturale accompagnamento, il melone, è tra le eccellenze del territorio. Alla produzione locale, ogni anno, viene dedicata una sagra a giugno con degustazioni e menù che lo vedono assoluto protagonista, come nell’ormai specialità montagnanese del risotto con melone e prosciutto.
L’ARTIGIANATO A fianco dei prodotti della terra ci sono quelli dell’artigianato con lavorazioni del vetro e del ferro che raggiungono risultati artistici, nei sottoportici cittadini alcune botteghe espongono i loro prodotti arricchendo l’offerta rivolta ai visitatori. Il territorio, poi, è famoso per il mobile in stile, qui valorizzato da una scuola di decorazione del mobile che sta diventando una vera peculiarità cittadina.
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Eventi TUTTO L’ANNO
Non c’è stagione per una visita a Montagnana, ogni giorno è buono per conoscerne la storia e la ricchezza artistica. Tuttavia ci sono giorni in cui oltre alla scoperta del patrimonio cittadino si può vivere un giorno di festa, di grande festa. Un calendario di ricorrenze fisse, infatti, scandisce la vita del “borgo” facendone riassaporare sia il suo passato storico che il suo legame alla ruralità • OGNI TERZA DOMENICA DEL MESE, si tiene in città il mercatino dell’antiquariato e del collezionismo • DAL 15 A 24 MAGGIO si terrà l’ormai tradizionale festa dedicata al più celebre dei prodotti locali, ossia il Prosciutto del Consorzio Euganeo-Berico DOP al quale vengono accompagnati i vini e le altre eccellenze del territorio. • VERSO LA METÀ DI GIUGNO si tiene invece la Festa del Melone, l’altro prodotto tipico di questa terra che con il prosciutto si sposa a meraviglia. • IN PIENA ESTATE, tra la fine di giugno e gli inizi di luglio, ogni anno si tiene in città Il Concorso lirico dedicato alla memoria dei due grandi tenori veneti, noti in tutto il mondo per le eccelse virtù vocali ed artistiche. Il Concorso è internazionale ed è aperto alla partecipazione di cantanti lirici di qualsiasi nazionalità.
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• IL 15 AGOSTO, Sagra dell’Assunta, patrona della città con mercatino dei prodotti tipici, lunapark ed esposizioni dell’artigianato locale • LA PRIMA DOMENICA DI SETTEMBRE si corre il Palio dei 10 comuni, la rievocazione storica del Medioevo della città, dal periodo della tirannide di Ezzelino da Romano al successivo periodo Carrarese. Dal mattino in città si tiene l’antico mercatino dell’artigianato e vari spettacoli con a tema il Medioevo. Dal pomeriggio prende il via la manifestazione vera e propria con un’imponente sfilata con oltre mille figuranti in costume e la corsa dei cavalli • LA PRIMA DOMENICA DI OTTOBRE, si tiene Montagnanese in fiera che insieme ad altri eventi legati all’autunno e ai suoi prodotti, come appunto Sapori d’Autunno o la Festa del Fuoco, richiamano la vocazione rurale della città. Per un intero sabato e domenica il vallo delle mura e l’intero centro cittadino si riempiono di bancarelle con i prodotti agricoli, oggetti e lavorazioni della tradizione popolare, macchine agricole, degustazioni dei prodotti tipici, piante, fiori e ovviamente tanti animali. Insieme al Palio è uno degli eventi che richiamano in città il maggior numero di presenze.
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Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali
Merlara DOC tutto il gusto di un territorio
Il Consorzio celebra i suoi primi 15 anni con una guida tutta nuova Merlara DOC
tutto il gusto di un territorio
Con il contributo di:
La nuova pubblicazione sul Merlara è un’iniziativa promozionale voluta dal Consorzio Tutela Vini Merlara DOC
Il Consorzio di Tutela dei vini Merlara DOC festeggia in questo periodo i suoi primi quindici anni di vita, caratterizzati da un notevole dinamismo volto a informare tutti gli interessati sull’evoluzione della denominazione e sulla modifica del disciplinare di produzione, a far conoscere le caratteristiche dei vini di qualità prodotti in questa zona e a stimolare la ricerca di nuovi mercati. Terra di pianura quella della Doc Merlara, ma anche terra di acque, di una vegetazione intensa, di una storia radicata nel suo paesaggio, che ha avuto nelle vie di comunicazione fluviali, di cui quella atesina è la principale, e terrestri, i riferimenti per l’interscambio e per il suo sviluppo. Una Doc generata da una tradizione vitivinicola che va oltre il valore del prodotto contemporaneo e s’innesta su un tessuto produttivo e su una propensione territoriale che ha le sue radici nel Medioevo. La zona di produzione di questa Doc comprende i comuni di Merlara, Urbana, Castelbaldo, Montagnana, Casale di Scodosia e Masi in provincia di Padova e i comuni di Bevilacqua, Boschi Sant’Anna e Terrazzo in provincia di Verona. Vi è, dentro questo mondo aggregato - composto da case isolate, contrade ben connotate nel tempo, centri abitati di cui i campanili appaiono il riferimento costante, ancora oggi plausibile - un’umanità che si è andata radicando e che ha avuto proprio nella ruralità intensa il suo primo impatto visuale e un’esperienza spirituale ricca di umori, sapori, sensazioni, modi di concepire e di sperimentare il vissuto. E quale modo migliore dei percorsi ciclabili per visitare e scoprire questa terra antica nei suoi angoli più reconditi, seguendo tre itinerari di visita. Tra borghi e castelli medievali, pievi e capitelli della fede popolare, canali ed idrovore per la bonifica sarà possibile pedalare indietro nel tempo e apprezzare, oltre ai cibi e ai vini, anche i tesori che hanno reso questa terra un luogo di straordinario fascino.
Consorzio per la tutela dei vini Merlara D.O.C. - Via Bindola, 593 - Merlara - www.ilmerlara.com - consorzio@ilmerlara.com Iniziativa finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2007 - 2013 Organismo responsabile dell’informazione: Consorzio Tutela Vini Merlara DOC Autorità di gestione: Regione del Veneto – Direzione Piani e Programmi del Settore Primario
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Festival delle Basse: tre giorni Di cultura e di territorio Dal 5 al 7 giugno l’ex Monastero di San Salvaro diventerà il palco sul quale si alterneranno nomi noti dello spettacolo Le “Terre basse” sono quelle vallive, terre non sempre ben definite per via dei loro margini fluidi e della loro capacità di estendersi e restringersi insieme alle stagioni. Il loro essere terre d’acqua, infatti, le ha rese dipendenti dalle maree e dalle alluvioni dei tanti fiumi che un tempo scompostamente le attraversavano, ecco è in questa mutabilità, in questo salire e scendere, che dall’Ottocento in poi con un termine generico come “Basse” si è inteso raggruppare terre dalla geografia incerta e comunque dominata dall’acqua. L’Ottocento, appunto, è l’anno di battesimo delle Basse, perché è in questo secolo che si completa quella bonifica iniziata secoli prima dagli ingegneri veneziani e diventata poi definitiva grazie alle idrovore a vapore. Erano passati i tempi dei nomi medievali come: “paltana”, “palù”, “cuori”, “degora”, che perfettamente restituivano semanticamente la consistenza acquitrinosa di questa parte di Veneto, vennero surclassati dalla nuova situazione di terre retratte, sane, bonificate. Terre finalmente da calpestare, terre da
destinare a nuove colture da affiancare a quelle tradizionali di canapa e riso, usate proprio per accelerare il processo di utilizzazione dei terreni depressi. Nel Vicentino, nel Veronese, come nel Padovano “Bassa” indica il segno di una rinascita, non un’accezione geografica negativa. È infatti in questa condizione comune di terre dallo stesso passato e dal futuro da condividere che il “Festival” dedicato alle “Basse” propone la propria cultura di habitat particolare, di terra giovane, di luogo diverso e originale rispetto al resto della regione, dove paesaggio e natura mantengono lo stesso respiro di un tempo e si prestano a percorsi il cui scopo principale è capire. Capire soprattutto che questa terra ha molto di più delle altre, il verde principalmente, la storia millenaria delle città fortezza, e quel respiro lento della vita rustica, scandito ancora dalle cento campane delle pievi e dei monasteri di campagna, che sempre più si torna a cercare come isole della qualità della vita.
Ex Monastero San Salvaro - via Pozzotto 1, Località San Salvaro - Urbana, PD
MARCO BALBO: un festival per la promozione del territorio delle Basse
“Il progetto nasce un anno fa – spiega Marco Balbo, sindaco di Urbana, Comune capofila del Festival delle Basse - quando in occasione dell’iniziativa dell’Unpli, “Gioielli Padovani”, il Monastero venne inserito in un programma culturale che coinvolgeva parte di questo territorio. Da qui l’idea di non lasciare quell’iniziativa da sola nel calenda-
rio, ma di integrare l’offerta dei nostri piccoli Comuni con un progetto che continuasse a mettere al centro dell’attenzione la nostra storia, le nostre tradizioni, insomma la nostra cultura, anche quella culinaria. Attorno all’idea si è concentrato il sostegno della Regione Veneto e l’interesse delle amministrazioni di Merlara, Casale di Scodosia, Masi, Barbona, Megliadino San Fidenzio e San Vitale, Saletto, Santa Margherita d’Adige, Vighizzolo d’Este, Montagnana, Villa Estense, Piacenza d’Adige e Sant’Urbano in provincia di Padova, con i Comuni di Terrazzo, Pressana e Bevilacqua in provincia di Verona e con il Comune di Pojana Maggiore in provincia di Vicenza, comuni che fanno parte di quel museo diffuso che sono le Basse e che il Festival valorizzerà di anno in anno diventando itinerante”.
MONASTERO DI SAN SALVARO, quasi mille anni di storia
I tre giorni del Festival delle Basse si terranno nella prestigiosa cornice dell’ex Monastero di San Salvaro le cui origini vanno fatte risalire all’’XI secolo. Nato come “schola sacerdotium”, ha assunto soprattutto la strategica funzione di presidio sul vicino Fratta, essendo il fiume uno dei termini naturali di questo territorio. Anzi la sua posizione fu determinante per accrescerne l’importanza, nei secoli delle tensioni tra le Signorie e i Comuni del Medioevo, ma pure per segnarne il declino e se nel 1181 il Monastero di San Salvaro assunse a diventare il satellite dell’importante abazia di Carceri, sotto l’autorità degli Agostiniani e dal 1407 dei Camaldolesi, con l’assoggettazione dell’intero territorio veneto da parte della Serenissima Repubblica, e dunque il venir meno degli antichi confini, il cenobio perse d’importanza. Nel 1690 iniziò la lunga stagione di declino del Monastero, fino ad essere ceduto alla famiglia dei Carminati per diventare un’azienda agricola. Oggi il primo piano dell’antico cenobio ospita il “Museo delle Antiche Vie”, una mostra permanente dei mestieri e delle attività della civiltà contadina che un tempo si svolgevano per strada, mentre degli antichi fasti rimane, dietro all’altare maggiore della piccola chiesetta, un’immagine del Cristo Pantocratore, racchiuso nella mandorla con iscrizione “Ego sum lux mundi”, di epoca tardo medievale.
info@festivaldellebasse.it - www.festivaldellebasse.it -
La terra che si racconta, iniziativa da appoggiare
Onorevole Giulia Narduolo
Raccontare gli angoli di pace e di buon vivere delle nostre terre, racchiuse nelle zone meridionali delle provincie di Padova, Vicenza e Verona, è il tentativo ambizioso che scorgo nel “Festival delle basse”, a cui ho aderito con entusiasmo e a cui ho cercato di dare il mio contributo di idee e contatti. Prendere atto che la mia terra inizia ad avere la percezione di se stessa ed inizia a raccontare la sua storia è una vera soddisfazione, anche perché si tratta di un lavoro fatto da tanti protagonisti diversi: agricoltori, allevatori, artigiani e, soprattutto, una nuova generazione di amministratori locali che, indipendentemente dalle loro sensibilità culturali, si stanno prendendo a cuore le “basse” di oggi e di domani. A loro indistintamente, purché animati da questo spirito, garantisco tutto il mio appoggio.
Festival delle Basse
IL PROGRAMMA Si parte venerdì 5 giugno con i produttori e gli chef chiamati a interpretare le materie prime locali. Sul palco i nomi noti del mondo food: Federico Quaranta, conduttore della trasmissione radiofonica Decanter su Radio2 Rai, ed Andy Luotto.
Federico Quaranta
Andy Luotto
Dal pomeriggio di sabato 6 giugno sul palco si alterneranno Roberto Corradi, scrittore e commediante, che presenta “Il libro coniglio”, della trasmissione di Radio2 Rai Il Ruggito del Coniglio, il fotografo e regista Simone Falso con il progetto “FuoriRotta” realizzato insieme al regista Andrea Segre. Alle 21 musica con Ex Live di Cristiano Godano - noto leader dei Marlene Kuntz e Giancarlo Onorato. A seguire, i musicisti Vincenzo Vasi e Valeria Sturba preCristiano Godano sentano OoopopoiooO. e Giancarlo Onorato Chiude la serata la performance teatrale Habitusmali, nata da un workshop di 3 giorni con 14 attrici nel Monastero targata Matteo Tarasco. Domenica 7 giugno dal primo pomeriggio spettacolo “Io sono un ladro di bestiame felice” di Gek Tessaro, a seguire salgono sul palco Marcello Fois, Francesco Guccini Francesco Guccini, Vinicio e Loriano Macchiavelli Capossela e Loriano Macchiavelli, intervistati da Massimo Cirri. In serata il concerto della Piccola Bottega Baltazar
Vinicio Capossela
Festival delle Basse, vino e cibo come forma di identità Dalla collaborazione dei produttori locali e dei ristoranti con l’Istituto Alberghiero Jacopo da Montagnana, è nata una proposta enogastronomica che vuole essere una guida alla conoscenza del territorio e una forma di ospitalità Nel cibo sta il sapore di una terra. I profumi e i gusti, del resto sono quelli che per latitudine e clima vengono selezionati dalla natura, il modo di combinarli insieme invece fa parte di quella cultura che più spesso chiamiamo tradizione. Luigi Meneghello diceva che l’odore diffuso della nostra regione era quello della verza e del minestrone, “odorava, insomma, di quella povertà di cui le nostre terre un tempo erano impastate e che divenne scomoda per rappresentare la nuova ricchezza del Veneto, locomotiva del Nord Est”. Forse, fu proprio a causa dei suoi “odori” che la civiltà contadina venne gettata via, ma fu un errore sostituire quell’identità che proveniva dalle disponibilità della terra, con le disponibilità dei suoi abitanti. Perché è proprio dalle prime che provengono quelle eccellenze gastronomiche, che rendono celebri e celebrate le varie zone del Veneto. Produzioni che nel caso delle “Basse” portano il nome di Prosciutto crudo del Consorzio Euganeo Berico; di Merlara DOC; di Vialone Nano di Isola della Scala e di tutti quei prodotti della campagna, dell’orto e degli allevamenti, condotti con sistemi tradizionali, che per qualità e storia si impongono sull’omologazione dei sapori portata dalla grande distribuzione e che nelle mani degli abili ristoratori del territorio, custodi della tradizione, si trasformano nell’offerta di gusti autentici e in una forma di ospitalità
Piccola Bottega Baltazar
Per riferimenti più precisi del programma rimandiamo al sito www.festivaldellebasse.it
De Marchi, polli ruspanti ovviamente “latte e miele”
In via Sabbionara a Merlara, a pochi chilometri da Montagnana, la famiglia De Marchi alleva animali di bassa corte come un tempo: liberi di razzolare a terra e con un’alimentazione rigorosamente a chilometri zero Angelo e Paola De Marchi, insieme ai figli Alessandro e Sara, nel 1995 hanno fatto nascere l’azienda agrituristica Il Cortile, recuperando l’antica tradizione famigliare dell’allevamento degli animali di bassa corte, puntando decisi sulla qualità del prodotto finale mantenendo i criteri tipici di allevamento del “pollaio di casa” e dell’ambiente rurale di un tempo. Lo spazio a disposizione per gli animali è quello libero della terra da cui proviene anche la loro alimentazione: i cereali, per il loro becchime, e l’erba medica vengono prodotti direttamente in azienda oppure acquistati da altre realtà agricole, ma
messaggio pubbliredazionale I PRODOTTI POSSONO ESSERE ACQUISTATI PRESSO IL PUNTO VENDITA AZIENDALE O NEI MERCATINI DI: • MASERÀ di PADOVA lunedì mattina • NOVENTA VICENTINA (VI) martedì mattina • LEGNAGO (VR) giovedì mattina • BRESSEO di TEOLO (PD) venerdì mattina • SAN BONIFACIO (VR) venerdì pomeriggio • MONSELICE (Agrimons) lunedì mattina, mercoledì pomeriggio, sabato mattina • SANT’ANGELO DI PIOVE (PD) mercoledì mattina, sabato mattina • CITTADELLA (PD) giovedì mattina • NOVENTA PADOVANA (PD) giovedì pomeriggio • VIGONZA (PD) sabato mattina
sempre nel circondario di Merlara. I tempi per la crescita sono quelli previsti dalla natura, un pollo ci impiega 100120 giorni per diventare maturo, quello industriale dopo 40 giorni è già una bistecca. La filosofia dell’allevamento dunque punta decisa sul benessere degli animali che a sua volta si traduce in qualità delle loro carni e in principi nutritivi salutari per chi le mangia e se questo non bastasse va detto che qui per insaporire ulteriormente le fibre del pollame si ricorre ad un eccezionale menù: negli ultimi 60-30 giorni di vita l’alimentazione viene integrata con miele millefiori dei Colli Euganei miscelato a latte in polvere in modo da conferire alla carne un sapore più rotondo, maggiore gustosità e un’inconfondibile morbidezza. Questa è la ricetta naturale del famoso pollo “latte e miele”.
IL CORTILE DE MARCHI Via Sabbionara, 1651 - Merlara (PD) - Tel. 0429 85468 - info@ilcortiledemarchi.it - www.ilcortiledemarchi.it
Ristorante La Nave, da cento anni: qualità, semplicità e sapori I piatti della tradizione insieme a ricette vegetariane e alle pizze gourmet, il tutto servito con i migliori vini e birre del territorio Nel 2016 il ristorante La Nave di Masi compirà cent’anni e indubbiamente la sua attività rappresenta una pagina di storia importante del territorio, perché se altrove i ristoranti raccolgono la tradizione locale qui è stata l’ininterrotta presenza di una cucina di alta qualità a radicare nelle persone abitudini alimentari destinate a diventare ricorrenza. La storica famiglia Rigobello ha celebrato tantissimi piatti locali, prendendoli dalle ricchezze che offre il luogo: come il pesce bianco del vicino Adige o le anguille per trasformarle in quelle che comunemente vengono definite “specialità locali”, ovviamente oggi rivisitate in chiave moderna. Qui i salami, le soppresse, gli osso colli e le pancette sono rigorosamente di produzione propria, tra i primi piatti, anche le paste sono
Pollo latte e miele da passeggio
fatte in casa e la preparazione di quelle in brodo, come le tagliatelle, si perpetuano di generazione in generazione. Non manca il sempre giovane risotto alla veneta, il baccalà, la cacciagione e, se la stagione è quella giusta, una gran scelta di bolliti. Non mancano le ricette vegetariane, tra l’altro inserite anche nella guida dell’Appe “Creatività vegetariana”. Tutte le materie prime impiegate sono oggetto di attente selezioni e la scelta premia sempre per prime le produzioni locali, a patto che siano di grande qualità, del resto il ristorante da anni fa parte la Condotta Slow Food dei Colli Euganei e Bassa Padovana. La carta dei vini è di grande pregio, così come le birre sono state selezionate tra quelle prodotte nel territorio in modo da accompagnarsi perfettamente alle pizze e alla focacce gourmet preparate con le migliori farine e con ingredienti di altissima qualità. La Nave è anche hotel, dispone di 33 alloggi elegantemente arredati e forniti di ogni comfort.
HOTEL TRATTORIA ALLA NAVE Via Mazzini, 51 - Masi (PD) - Tel. 0425 51764 - www.allanave-dal1916.it -
Hoteltrattoria Alla Nave
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Ponte al Masero vini DOC che hanno il brio della giovinezza “Lavorare la terra, coltivare la vite e ottenere dei frutti non è solo un modo per vivere, ma anche un percorso di ricerca, di valorizzazione e custodia del mondo in cui si vive” C’è tutto il brio del suo giovane titolare nei vini della cantina Ponte al Masero in via Malmercato, a Merlara. Freschezza, energia, entusiasmo, sono le caratteristiche che contraddistinguono sia Manuel Bisin, sia le bottiglie che da qualche anno produce in proprio nella sua cantina, ma non c’è solo questo: c’è anche la tradizione e la dedizione di chi ama la propria terra. La giovane età non deve trarre in inganno, perché oltre alle note verdi che essa porta, nel lavoro di Manuel c’è anche la cultura di chi ha studiato a fondo la materia, alla quale va aggiunta pure quella tradizione che nel sangue gli scorre per via ereditaria. Tutto ciò porta alla precisa consapevolezza che lavorare la terra, coltivare la vite e ottenere dei frutti non è solo un modo per vivere, ma anche un percorso di ricerca, di valorizzazione e custodia
del mondo in cui si vive, per esserne orgogliosi e continuare anche ad essere fieri del proprio mestiere. Ed è dunque con fierezza che Manuel propone le sue etichette: “Prima luna” per le bottiglie di Malvasia Istriano, Folletto, per le bollicine della versione frizzante, Giano per il rosso IGT e Ricciolo per il perfetto connubio ottenuto dal taglio di uva Malvasia e Tai, dove il Tai aggiunge un profumo floreale che al Malvasia manca, mentre quest’ultimo caratterizza il vino con la complessità che è sua caratteristica. L’ultima novità, in merito di bottiglie, sarà presentata il prossimo 30-31 maggio quando in occasione di Cantine Aperte verrà tolto il tappo al nuovo Igt Veneto, ottenuto con uve Merlot 50%, Cabernet Franc e Cabernet Souvignon, il cui nome è ancora un segreto.
AZIENDA AGRICOLA PONTE AL MASERO DI BISIN&BISIN socia del consorzio di tutela vini Merlara DOC via Malmercato, 67 - 35040 Merlara (PD) - Tel 0429 844604/340 8425602 - info@pontealmasero.it - www.pontealmasero.it
Andrea Ghiotto Una verde campagna dove vengono prodotti il mais e il frumento che serve per l’alimentazione degli animali in allevamento. Un’azienda a ciclo chiuso che pone al centro della sua attività la salute degli animali e l’alto valore nutritivo delle carni All’Azienda Ghiotto, di Cologna Veneta, la passione per il lavoro e per la salvaguardia del prodotto tradizionale vengono tramandati di padre in figlio dal 1930. Da tre generazioni qui l’allevamento di carni pregiate è guidato da principi semplici quanto fondamentali: l’amore per la terra e la passione per il buon cibo, per questo: il mais, l’erba medica e il frumento, per l’alimentazione degli animali, continuano ad essere solo quelli prodotti nella loro campagna. L’allevamento a ciclo chiuso, infatti, è l’unico che garantisce la tracciabilità e il controllo della qualità delle carni, perché a partire dal seme fino al bancone la filiera viene interamente seguita dall’azienda. “Abbiamo deciso di puntare sulla razza “chairolaise” francese – spiega Andrea, erede della tradizione famigliare – perché dal punto vista organolettico rappresenta l’eccellenza della carne: tenera, dalla grana fine e con una marezzatura equilibrata che oltre a rendere tenere le carni le rende saporite, sen-
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za l’aggiunta di grassi o condimenti”. Fettine al coltello, scamone, noce, filetto, tagliate e costate, sono quanto di meglio queste carni sanno offrire e, per via della stagione estiva che incombe, non vanno trascurati i carpacci o le tartare di carne cruda. “I prodotti che vi offriamo – conclude - vogliono soddisfare il piacere del gusto. Il principio guida di ogni nostra scelta gestionale è mettersi dalla parte del consumatore”. L’azienda è inoltre specializzata nella produzione di patate, radicchio, uva sempre nel rispetto della loro qualità, attraverso il “sistema natura”, che punta sulla rotazione delle colture, in campagna viene limitato al minimo l’impiego di prodotti chimici. Le carni dell’Azienda Ghiotto fanno parte del menù all’Hostaria Zanarotti di Montagnana o possono essere acquistate presso la macelleria Marini Franco, in piazza Grani sempre a Montagnana.
AZIENDA AGRICOLA GHIOTTO ANDREA E GIULIANO via Boara, 14 - 37044 Cologna Veneta (VR) - Mob 347 7148848
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Frantoio cornoleda È arrivata la DOP Colli Euganei ed è già EXPO “Quello che rende prezioso il nostro olio è la mole di lavoro e l’attenzione che ci stanno dietro. La soddisfazione più grande è la fiducia dei nostri clienti” A due passi dal centro di Cinto Euganeo il Frantoio di Cornoleda rappresenta il fiore all’occhiello della produzione di olio del territorio. Merito di una qualità che qui è di casa e che recentemente è stata anche riconosciuta nell’ambito del concorso nazionale Ercole Olivario che ha accolto a Perugia le 103 aziende selezionate da tutta Italia per rappresentare l’olivicoltura di eccellenza italiana ad Expo 2015, tra queste anche quella diretta da Devis Zanaica e la moglie Jaci. Unici a rappresentare il Veneto, sono riusciti a far entrare la Dop Colli Euganei nella Premium List per Expo. Un risultato importante che fa il paio con le due menzioni ottenute nel Concorso “AIPO d’Argento” ancora una volta con la DOP dei Colli Euganei (va ricordato in proposito che è solo da un anno che la denominazione è tra le etichette del Frantoio di Cornoleda) e con la varietà Rasara. Premi
che non valgono solo in termini di competizione ma che servono a comunicare che dietro l’olio di qualità italiano ci sono frantoiani e olivicoltori, che con fatica, passione e impegno quotidiano garantiscono il perpetuarsi della grande tradizione italiana dell’olio di oliva d’eccellenza, anche in quelle stagioni difficili come lo è stata quella del 2014. E al Frantoio di Cornoleda la qualità è un must e la valorizzazione dell’olio e dell’olivicoltura una missione da condurre con il sorriso, trovando nella fiducia dei produttori l’orgoglio e la forza di andare sempre avanti e nell’informazione e la chiarezza il compito da rispettare nei confronti del cliente. E se di gusto vogliamo parlare, in una primavera che incalza e in un’estate che presto farà capolino, quale migliore abbinamento per i nostri piatti dell’olio Green Selection e della new entry DOP Colli Euganei dal sapore fresco e delicato.
FRANTOIO DI CORNOLEDA S.A.S. di Zanaica Devis & C. • via Cornoleda, 15/B • 35030 Cinto Euganeo (PD) Tel. 0429 647123 • Mob 380 7177284 • www.frantoiodicornoleda.com • info@frantoiodicornoleda.com
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Corte Sconta, qualità e creatività al servizio del sapore L’offerta gastronomica, pur mantenendo profonde radici nel territorio, è qualcosa di ricercato fin dentro al particolare Per niente sconta e per niente scontata la corte, che in realtà è un ristorante affacciato sulle mura del castello di Este, è pure bottega del territorio, galleria d’arte, “cicheteria”, pizzeria: insomma laboratorio dei sapori che ha per ingrediente principale la creatività. Lo chef Roberto Zanca e il socio Eriberto Donato, infatti, presentano un menù che cambia spesso in ragione della stagione ma pure dall’estro, basta fare il nome di qualche piatto per accorgersi che l’offerta, pur mantenendo profonde radici nel territorio, è qualcosa di ricercato fin dentro al particolare, soprattutto se si tratta di piatti vegetariani. “Uovo mollette con soffice di patate vitelotte e pop corn di amaranto”, oppure “Raviolo di coniglio e timo con vellutata di patate affumicate e
neve di mandorle” o tra i secondi: “Filetto di maiale 55º la sua pancetta croccante con purè di sedano rapa e scorza nera”: fanno parte dell’offerta gastronomica primaverile della “casa” che fa pendant con le pizze gourmet preparate con farine selezionate e lievito madre, perché se una delle cifre della cucina è la creatività l’altra è senza dubbio la qualità. Le materie prime usate sono oggetto di un’attenta selezione e molte sono quelle marchiate con il logo “Presidio Slow Food”. Ultimo ingrediente è l’ospitalità, uno degli obbiettivi del locale, infatti, è regalare l’opportunità di vivere intensamente un momento di relax o un momento magico, visto che la brigata di cucina è attrezzata anche per il “catering”.
OSTERIA CORTE SCONTA via Guido Negri, 72 - Este (PD) - Tel. 392 994 5104 - www.osteriacortesconta.it -
LITTAME’,
Osteria CORTE Sconta
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l’oca di altissima qualità e presidio Slow Food Il corpulento pennuto viene allevato come una volta, commercializzato sottovuoto: bastano due minuti per portarlo a tavola Tra i sapori della civiltà contadina, quello dell’”oca in onto” forse è il più caratteristico. Un tempo le carni erano rare in tavola e quelle del corpulento pennuto addirittura preziose, venivano conservate sotto il loro grasso da ottobre a primavera, come scorta di cibo ad alto valore nutritivo che permetteva la ripresa del duro lavoro nei campi. “Le oche hanno sfamato il Veneto contadino”, spiega oggi Michele Littamé che il bianco animale di bassa corte continua ad allevarlo come una volta, per una produzione di carni di altissima qualità. Le oche di via Dosso a Sant’Urbano, infatti, sono una delle eccellenze del territorio, riconosciute anche con il marchio di presidio di Slow Food dal 2008. Gli animali sono nutriti con farine fatte direttamente in azien-
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da e i prodotti, pur rimanendo l’espressione più popolare della campagna, sono reinterpretati per essere adatti ai gusti moderni. Assolutamente è da provare la coscia in onto, mentre la tagliata di petto è addirittura da provare e riprovare, il collo ripieno è un’autentica specialità come le salsicce, le alette: tutto molto semplice da servire. Le carni, infatti, vengono preparate con lunghe cotture a bassa temperatura, per consentire ai vari tagli di per preservare intatto il sapore e i valori nutritivi, e commercializzate sottovuoto. Bastano due minuti nel microonde, meglio ancora se cinque minuti a bagnomaria, e la cena è pronta anche quando a tavola si vuole portare il gusto della tradizione.
AZ AGR. LUCA E MICHELE LITTAMÉ via Dosso, 2 - Sant’Urbano (PD) - tel. e fax 0429 693292 - www.michelelittame.it - info@michelelittame.it
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IL BIO DI VASCO Asparagi, ciliegie e albicocche rigorosamente naturali La natura ricerca l’armonia, la disarmonia è già malattia Le colture seguono il loro naturale ciclo all’azienda Il Bio di Vasco di Castelbaldo. La raccolta degli asparagi continuerà ancora fino al 13 giugno, ma la stagione del nobile turione, che qui viene coltivato nelle varietà bianco verde e violetto, lascerà progressivamente posto alle altre produzioni in cui Vasco e il figlio Valerio sono specializzati. Il rosso acceso delle ciliegie e l’arancio intenso delle albiccocche, infatti, inizia già a spiccare tra il fogliame degli alberi della loro campagna, che dal 2004 viene condotta con i sistemi dell’agricoltura biologica: una delizia per gli occhi, ma ancora di più per il palato. È verissimo il detto che una ciliegia tira l’altra e da vent’anni a quelle coltivate da Vasco
è difficile dire di no: dolci e croccanti sono da provare come frutto da portare in tavola, ma anche per produrre marmellate, preparare crostate o il celebre clafoutis francese che proprio con la ciliegia va a nozze. Buonissime anche da mettere sotto grappa, magari seguendo la ricetta della tradizione. Stessa cosa le albicocche, selezionate per essere il meglio che c’è sul mercato, garantite per essere coltivate biologicamente e rigorosamente a Km 0 sono un nettare consumate fresche o come ingrediente in cucina, le consigliamo cotte al forno con gli amaretti. Siamo agricoltori da quattro generazioni, coltiviamo la nostra terra dal 1900 e dal 2004 abbiamo abbracciato l’agricoltura biologica, l’unica che possa permetterci di continuare a mettere in pratica la secolare esperienza che ci lega alla campagna. Dalle nostre coltivazioni abbiamo bandito qualsiasi trattamento chimico. Il primo obbiettivo è quello di fare crescere la fertilità di quel fantastico laboratorio naturale che è la terra. Questo è il punto fermo sul quale abbiamo impostato il nostro modo di pensare e di agire.
Ciliegie sotto grappa Occorrono 400 g di ciliegie ben lavate. Nel vasetto la frutta andrà posiziona in strati, ogni strato va cosparso con un cucchiaio di zucchero, qualche scorzetta di limone, cannella e chiodi di garofano, limone e spezie. In tutto vi occorreranno circa 150 g di zucchero, la scorza di 1 limone, mezza stecca di cannella e 4 chiodi di garofano. I vasi vanno riempiti con grappa a 45°, chiusi ermeticamente dopo un paio di mesi le ciliegie saranno pronte per essere consumate.
I prodotti Il Bio di Vasco possono essere acquistati nel punto vendita aziendale in via Quarto II tronco, 1/A, Castelbaldo, (PD) mob 335328100/3351307514 - vasco.franceschi@alice.it - www.ilbiodivasco.com
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Hostaria Zanarotti la buona cucina che mette in pentola tutti i sapori di Montagnana Nel centro della città murata, si tratti dell’enoteca o del ristorante, a regnare è il “succo” delle cose e il piacere dell’ospitalità Ogni terra ha i suoi profumi e sapori, tutti ottimi a patto di saperli cucinare e presentare. Per farlo nel migliore dei modi Arturo Zanarotti ha messo insieme la cultura e le tradizioni e ne ha fatto il centro del proprio modo di fare ristorazione. I suoi piatti, infatti, sono quelli che un tempo venivano serviti nei giorni di festa: i bigoli con l’oca, le tagliatelle con i piselli, la faraona, il coniglio o il baccalà ma rivisti in chiave gourmet e soprattutto cotti con quei tempi lunghi che il dialetto veneto da sempre efficacemente riassume nel verbo “pipare” e nei quali anche i
moderni nutrizionisti vedono il modo migliore per mantenere il sapore dei cibi e soprattutto il loro valore nutrizionale. Si tratti del ristorante o dell’enoteca a regnare è il “succo” delle cose, quello dei vini – per esempio – è l’espressione viva di questo territorio, perché pur non mancando le grandi etichette in cantina, Arturo, non manca mai di presentare anche quei vini che un tempo erano la pronta beva dei nostri contadini, che ancora nessuno si sognava di chiamare produttori. L’ospitalità del resto, dai tempi di Omero, è far sentire il visitatore come a casa propria, offrendo il meglio che la propria terra produce e il primato del superiore qui spetta al crudo di Montagnana, infatti non manca mai dalla carta dell’Hosteria.
HOSTARIA ZANAROTTI via Matteotti, 3 - Montagnana (PD) - Tel. 0429 800383 - www.zanarotti.it
Panificio Zanarotti,
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pane e dolci artigianali da quattro generazioni Qualità e tradizione ingredienti speciali del lavoro quotidiano di fare le cose per bene Nel centro di Montagnana, da quattro generazioni il pane quotidiano è quello che esce dal Forno Zanarotti e c’è un perché: le farine impiegate sono selezionatissime, e sempre di prima qualità, la lavorazione è fortemente naturale e la lievitazione, sempre con lievito madre, è un’attesa che qui non pesa, perché e a tutto vantaggio della qualità. Il piacere per le ricette della tradizione è l’altro aspetto che qualifica il lavoro di Andrea, Sabrina, Marta, Marco e Carlo Zanarotti, al Forno, infatti, va il grande merito di aver combinato un pane antico e povero come lo “schissotto” con l’eccellenza del prosciutto crudo di Montagnana, realizzando una ricetta che prima non c’era e che oggi, insieme alle versioni con pancetta o al
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naturale, è una delle immagini gastronomiche della Città Murata. Ma se è vero che non di solo pane vive l’uomo, i Zanarotti ci hanno pensato per tempo perché si occupano anche di pasticceria, ovviamente artigianale: crostate di frutta, millefoglie, tiramisù sono quanto di più dolce possa uscire dall’unione di prodotti genuini, e di grande qualità, con il gusto antico di fare le cose per bene. E parlando di gusto antico non si può non citare la “fugassa”, tipico dolce della nostra ruralità, che qui viene riproposta nella sua ricetta originale di polenta fresca cotta due volte insieme a mele e uvetta. Ecco sono questi i sapori che la Famiglia Zanarotti ricerca: semplici ma intensi e ovviamente proposti nel rispetto della tradizione. IL FORNO È APERTO tutti i giorni dalle 8.00 alle 13.30 e nei pomeriggi di martedì, giovedì, venerdì e sabato con orario 16.30 - 19.00
PANIFICIO ZANAROTTI piazza Vittorio Emanuele II, 12 - 35044 Montagnana (PD) - Tel 0429 82320
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MORANDI, da pastori a ristoratori sempre nel segno della pecora Famosi per la vendita di carni ovine oggi sono anche produttori di una linea di insaccati pensati e lavorati per raggiungere il gusto dei più giovani Il pastore è forse il mestiere più antico del mondo e i Morandi lo fanno da molto, molto, tempo. Una tradizione che dura da generazioni e che, al tramandato mestiere di allevatori transumanti, ogni anno dalle valli di Borgoforte alle pendici bellunesi, si è fatta stanziale per produrre straordinarie eccellenze, ovviamente a base di pecora. Ottavviano Morandi e i figli Davide, Luca e Andrea, infatti, oggi sono famosi oltre che per la vendita di carni ovine anche per la linea di prodotti insaccati pensati e lavorati proprio per raggiungere il gusto dei più giovani, legando sapori decisi a cibi di facile conservazione, grazie al sottovuoto, e preparazione anche a casa. Il salame di pecora, realizzato con le stesse modalità degli insaccati di maiale veneti, la salamella passita, il lonzino preparato con la lombata, ottimo per i carpacci, il profumato prosciutto o il morbido fiocco sono quanto di più delizioso possa essere presentato alle papille gustative, ma dall’offerta non mancano gli arrosticini, le costolette di castrato e tutti i tagli nobili dei pregiati ovini. Ovviamente non manca il formaggio, da provare in abbinamento alle marmellate sempre prodotte dalla casa. Carni ed insaccati ven-
gono vendute direttamente nello spaccio aziendale, mentre il pecorino è ordinabile sia fresco che stagionato durante il periodo dell’alpeggio. Cuore dell’azienda è Corte Bonicella a Pegolotte, l’agriturismo dove è possibile saggiare anche l’abilità culinaria della famiglia e dove chi volesse diventare pastore per un giorno, può farlo... perché è anche fattoria didattica.
ALLEVAMENTO VENETO OVINI Via Porcaro, 1 - 35022 Anguillara Veneta (PD) - Tel. 347 0326458 - Fax 049 0994675 info@veneto-ovini.com - www.veneto-ovini.com
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HOSTARIA SAN BENEDETTO, palestra per buongustai nel cuore del borgo tra i più belli d’Italia Ristoratori da più di trent’anni, decisamente anticipatori di quell’intelligente predilezione di portare in tavola soltanto la qualità e tutte quelle eccellenze che rappresentano per storia e tradizione il territorio, con le erbette spontanee ogni anno sapientemente alleggeriscono il menù verso esigenze più primaverili, senza però rinunciare alla pienezza dei sapori Con il cambio di stagione i sapori mutano radicalmente, la primavera inoltrata porta in tavola prodotti nuovi, primizie appunto, colori e profumi intensi che fanno la ricchezza delle dispense delle cucine. A patto però di saperle impiegare. L’Hostaria San Benedetto di via Andronalecca, 13 a Montagnana non ha imbarazzi di questo genere, ristoratori da più di trent’anni e decisamente anticipatori di quell’intelligente predilezione di portare in tavola soltanto la qualità e tutte quelle eccellenze che rappresentano per storia e tradizione il territorio, con le erbette spontanee, per esempio, alleggeriscono il menù verso esigenze più primaverili. Allora ecco che i “pezzi forti” della cucina di questa stagione portano i nomi della “flora locale” come il “tortellone al tarassaco”, il “rotolo di gnocco di patate con le rosole”, i “tagliolini con gli asparagi di montagna” oppure il “cestino di patate con carletti e uova di quaglia”. Il cibo ne guadagna pure se ai sapori di stagione si aggiunge il gusto della cultura, soprattutto se la cultura in questione è quella millenaria di questa città e delle sue tradizioni. La cucina dell’Hostaria San Benedetto, infatti, oltre ad essere una palestra per buon gustai, brilla per la capacità di trovare intelligenti sinergie con i prodotti locali, tra i quali il più famoso è senz’altro il prosciutto del Consorzio Euganeo-Berico, più popolarmente conosciuto come Montagnana, o gli asparagi Bio di Vasco, veramente a km 0. Da una dadolata del nobile e profumato affettato locale e dai bianchi turioni di stagione, infatti, nasce un risotto che è già una delle icone della festa dedicata al prosciutto la cui apertura è imminente, dal 15 al 24 maggio. L’alternativa è assaggiarlo direttamente in ristorante, ma vi occorre un consiglio: prenotate per tempo, in modo da poter approfittare del privilegio di potervi accomodare nella veranda o nel giardino all’aperto, angoli davvero suggestivi di questa città tra i borghi più belli d’Italia.
Da una dadolata del nobile e profumato Prosciutto di Montagnana e dai bianchi asparagi bio del territorio nasce un risotto che e’ gia’ una delle icone del territorio
HOSTARIA RISTORANTE SAN BENEDETTO via Andronalecca, 1 - 35044 Montagnana (PD)
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Tel. 0429 800999 - Fax 04295 38909 - info@hostariasanbenedetto.it - www. hostariasanbenedetto.it
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MUCCA VERDE, formaggi dalla filiera cortissima e dalla qualità garantita
I PUNTI VENDITA: • URBANA Via del Lavoro Nord • BEVILACQUA Via Roma • MONTAGNANA Via San Zeno e Via dei Montagnana (Porta XX Settembre) • MERLARA Via Marconi • BADIA POLESINE Via dei Cappuccini
Nella lavorazione viene impiegato solo il miglior latte locale, lavorato freschissimo, e l’esclusivo impiego di sale, caglio e fermenti lattici La storia del caseificio “Mucca Verde” di Urbana porta un solo nome, quello della famiglia Tognetti che nei quarant’anni della sua attività è riuscita a far crescere la propria azienda da semplice centro di raccolta del latte, con la commercializzazione porta a porta dell’eccedenza delle produzioni domestiche dei contadini locali, a cooperativa dai solidi numeri fino ad un caseificio moderno e strutturato per la produzione diretta di formaggi dalla filiera cortissima e dalla qualità garantita, grazie all’impiego del miglior latte locale lavorato freschissimo e l’esclusivo impiego di sale, caglio e fermenti lattici. La produzione è del tutto artigianale, il cliente può seguire le operazioni del mastro casaro direttamente dal bancone, mentre sta facendo la spesa:
un vero segno di trasparenza. La selezione di formaggi è vastissima per incontrare tutti i gusti: dal saporito “Monte Ezelino”, stagionato minimo per otto mesi, ideale in abbinamenti con confetture o mostarde, al “Mattone Capodivacca” per il quale viene usato lo yogurt come fermento e stagionato per più di 45giorni su assi di abete, fino al Novecento, che appunto riprende la lavorazione lenta caratteristica dell’inizio del secolo scorso e si sposa perfettamente con le bollicine dei vini locali, come il Malvasia. Non mancano le caciotte, i caprini e i pecorini, le ricotte, le robiole, gli stracchini, le mozzarelle (anche di bufala) e non si può non assaggiare gli yogurt che qui si trovano in diversi gusti sotto il nime di muccayo e buffayo.
CASIFICIO MUCCA VERDE via Del Lavoro Nord, 371 – 35040 Urbana (PD) - Tel 0429 82324 lacoopagrveneta@libero.it - www.caseificiomuccaverde.com
APICOLTURA BUSON il miele di Ferruccio, tra i più buoni di Padova Da tre anni al millefiori dell’apicoltore di Megliadino San Fidenzio l’Apapad assegna il premio per la qualità Ferruccio Buson dieci anni fa ha stretto un patto con le api: ospitalità, cure e buoni pascoli nettariferi in cambio della parte in eccedenza del loro miele. Il segreto della bontà dei suoi prodotti sta tutto in questo rapporto “alla pari” con le sessanta regine, che stanno a capo delle altrettante arnie, e nell’amore del territorio. L’ultimo tocco sono le fasi della lavorazione che nel caso dell’Apicoltura Buson seguono la strada della genuinità artigianale. “Il miele nasce da un gesto d’amore delle api nei nostri confronti, per questo lo creano perfetto - recita uno dei principi guida di Ferruccio - sarebbe un peccato venisse rovinato dalla mano dell’uomo”. Il rischio, tuttavia, non lo corrono le api di Ferruccio, la produzione è tra le migliori della provincia di Padova. Il suo millefiori, infatti, da tre
anni viene premiato dall’Apapad, l’associazione degli apicoltori patavini. LA PRODUZIONE Alle più diffuse produzioni di: acacia, castagno, tiglio, millefiori. Ferruccio affianca produzioni caratteristiche del territorio montagnanese come: miele di sanguinella, miele di erbamedica, miele di cipolla, miele di phacelia Il miele dell’Apicoltura Buson possono essere acquistati presso il punto vendita aziendale, oppure alla Fiera del Gusto che si tiene ogni 3° domenica del mese a Montagnana o alla Fiera del Biologico che invece si tiene ogni 4° domenica del mese ad Este.
APICOLTURA BUSON di Buson Ferruccio via Vegro, 9 - Megliadino San Fidenzio Tel 0429 88714 - Cell. 338 8535452 - ferrucciobsn@gmail.com
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Enoteca San Daniele da Serafino stagione dopo stagione sapori
Enoteca San Daniele, e profumi del territorio
A fianco dell’enoteca specializzata in “stuzzicherie” e ottimi vini scelti da esperti sommelier, funziona una cucina scrupolosa nelle ricette e attentissima alla qualità delle materie prime Nel cuore di quello scrigno stupendo, per paesaggio e cultura, che è Torreglia, l’Enoteca San Daniele è un punto di riferimento per i profumi e i sapori dei Colli Euganei. Il luogo adatto per chi cerca di coniugare alle tante bellezze del territorio, come villa Vescovi o il secolare Ermo di Monte Rua, i giusti sapori per ogni stagione. L’enoteca gestita dalla famiglia Baù, infatti, offre una vasta scelta di prodotti per la merenda o l’aperitivo. Tra le marche di prestigio, che fanno parte della “carta” della casa, non mancano il celebre Prosciutto crudo di Sauris, i salumi locali o le autentiche specialità servite oltre che nel giusto abbinamento con le etichette dei vini, in buona parte egregie rappresentanti del bere collinare, dal giusto compendio di formaggi in selezione, come il Morlacco del Grappa o il Monte Veronese di malga. Ma dalla lista del gusto non è tutto, a fianco dell’enoteca funziona una ricercata cucina, guidata dall’abile mano dello chef Serafino, con piatti della tradizione culinaria veneta, il cui punto di forza sta nella stretta attinenza con il ricettario storico del luogo, del resto il locale fa parte del progetto Alleanza Cuochi e Presidi Slow Food, e nella scelta delle materie prime di qualità. Le fettuccine sono rigorosamente fatte a mano, con il mattarello, il riso impiegato per i risotti è quello prodotto a Grumolo delle Abadesse, e anche i dolci sono caserecci: realizzati dalla signora Michela. A completare il piacere della buona e sana cucina, concorre il rustico arredamento della locanda e poi a fine pasto una nutrita carta di grappe e vini da meditazione.
Baccala’ alla barcarola, uno dei cavalli di battaglia dell’Enoteca Viene preparato con lo stoccafisso, ammollato in acqua per almeno 3 notti e poi lessato. Viene poi cucinato una seconda volta in padella con cipolla e abbondante olio di oliva extravergine (EVO), insaporito con sale, pepe e a piacere un po’ di cannella.
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LE DOSI X 4 PERSONE: • 4 hg di baccalà ammollato • 4 hg di cipolle • 4 dl di olio extravergine (EVO) • sale q.b.
ENOTECA SAN DANIELE Via San Daniele, 57 - 35038 Torreglia (PD) - info@enotecasandaniele.net - Tel. 049 5212482
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PRIMAVERA A TORREGLIA CON LA TAVOLE TAURILIANE:
dal Giro d’Italia ai sapori tipici dei Colli Euganei Un calendario fitto di iniziative enogastronomiche e non solo promosse dall’Associazione Tavole Tauriliane Ristoratori a Torreglia Tra le suggestive e variopinte fioriture primaverili e accarezzati da un mite sole spuntano i Colli Euganei in tutta la loro maestosità faranno da sfondo anche per il 2015 agli appuntamenti enogastronomici targati Associazione Tavole Tauriliane Ristoratori a Torreglia. Al centro i sapori e i profumi, e non solo, di una zona collinare che 12 ristoratori hanno deciso di far vivere e rivivere nei loro menù con piatti a base di prodotti nostrani della stagione primaverile. A deliziare i palati con i gusti tipici dei mesi di aprile e maggio e con le eccellenze dei Colli Euganei, tra gli altri protagonisti, ci saranno anche le erbette spontanee, i bruscandoli e gli asparagi verdi o bianchi. E queste prelibatezze locali potranno essere gustate sia a tavola sia all’aria aperta lungo il percorso ciclistico del Giro d’Italia che passerà per Torreglia il 21 maggio e che ha ispirato una festa dello “Street Food” organizzata per l’occasione da Tavole Tauriliane. La qualità dei prodotti euganei si può apprezzare in qualunque modo da quelle parti e se poi è accompagnata da uno spettacolo sportivo non possono che rimanerne soddisfatti palato e occhi.
CALENDARIO EVENTI 2015 • 3, 4, 5 e 6 maggio: “Tutto Food Expò” a Milano in collaborazione con CNA, Camera di Commercio, associazioni di categoria e imprese patavine • 21 maggio: passaggio del Giro d’Italia a Torreglia e Festa dello “Street Food” in collaborazione con il Comune di Torreglia
• 4 luglio: “Cena sotto le stelle” a Villa dei Vescovi in collaborazione con Fai e Comune di Torreglia • ottobre 2015 (data da definire): “Notte Bianca e Rossa”
Tavole Tauriliane – Ristoratori a Torreglia www.tavoletauriliane.it - info@tavoletauriliane.it - Tel. 347 2545447
INGIROPIEDANDO di Martina Toso
APE:
il fascino di una società mitologica attraverso i secoli e i popoli Alla scoperta della vita nell’alveare all’insegna di organizzazione, operosità e saggezza
“L
e api hanno una parte della mente divina e il respiro dell’etere” (Georgiche, Virgilio) Il sole fa capolino: l’alveare si risveglia e si ode un brulicare organizzato che segna l’inizio di un’altra giornata di lavoro instancabile per le api. La regina si appresta, nella sua cella reale, a deporre le quasi 2000 uova giornaliere e a nutrirsi di elisir di lunga vita, quella pappa reale che ne ha segnato il destino di regalità sin dallo stato larvale. E con la stagione mite e il caldo estivo, anche i fuchi sono rientrati negli alveari da cui erano stati espulsi con l’arrivo delle basse temperature per permettere alla comunità e alle larve di vivere delle scorte di polline e miele, raggomitolandosi per conservare calore. Il maschio dell’ape, in tutto e per tutto clone della regina per patrimonio genico, nasce da un uovo fecondato e dopo 24 giorni di allevamento può uscire dall’alveare e accoppiarsi con la regina durante il volo nuziale, morendo subito dopo aver assolto al suo compito. Per natura manchevole di una bocca adatta a succhiare il nettare e di zampe per raccogliere il polline, il fuco deve essere alimenta-
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to dalle api operaie, perno portante e attivo di questa società monarchica. Abili ed instancabili lavoratrici, le operaie si adattano alle diverse faccende a seconda della loro anzianità per mantenere l’alveare e permettere a regina e fuchi di portare a termine la loro missione. Sono dapprima api spazzine, poi nutrici, ceraiole e muratrici, guardiane fino a quando, al culmine della loro carriera dopo tre settimane di vita, divengono bottinatrici e si impegnano a raccogliere polline, nettare e acqua per la comunità intera. Nel super organismo alveare niente è lasciato al caso e le api, capaci di prendere decisioni e scegliere mediante una logica, rispettano i loro ruoli e conducono una vita regolare scandita dai ritmi delle stagioni e delle nascite. Le nuove generazioni, all’alba della primavera, si affacciano dalle loro celle pronte per mettersi all’opera, imparando dalle più anziane e insegnando a loro volta alle pupe. Mentre il sole si alza le bottinatrici, uscite dall’alveare, succhiano il nettare dai fiori, che poi custodiranno all’interno della sacca melaria per rigurgitarlo una volta
INGIROPIEDANDO a destinazione e disporlo in strati sottili sulle pareti delle celle dove le api ventilatrici ne diminuiranno l’umidità. Una esploratrice danza nell’aria, disegnando un 8, per comunicare alle compagne la distanza e la posizione del campo nettarifero che ha scovato, orientandosi grazie alla direzione del sole. E nel frattempo la regina ha bisogno per la pulizia o forse sente lo stimolo della fame e anche stavolta le operaie non possono mancare: disposte in cerchio attorno alla loro sovrana ne soddisfano le esigenze veloci, meticolose e attente. La storia millenaria delle api le ha rese agli occhi degli uomini dei simboli di diligenza, saggezza e operosità senza tempo e dalla Grecia, all’Egitto, all’India nessuno ha saputo resistere al fascino magico di una delle prime specie viventi. Messaggera secondo gli antichi, per gli egizi era un insetto solare, nato dalle lacrime del Dio Sole che cadute a terra si trasformarono in api che produssero miele. Zeus stesso fu nutrito di miele di Creta dalla madre Melissa, rappresentata come Ninfa del Miele, e la leggenda narra che le api chiesero al dio ormai adulto di poter avere un pungiglione per difendersi dagli uomini che rubavano il dolce prodotto delle loro fatiche. Zeus, detto Melisseo, in disaccordo acconsentì comunque alla richiesta ma le avvertì che se lo avessero usato, avrebbero pagato con la vita. E attraverso i secoli e le nazioni, ritroviamo l’insetto del sole anche nella religione indiana che considera Visnù, Krishna e Indra nati dal nettare e per questo raffigurati con un’ape posata su un fiore di loto. E di origine Hindu è anche la dea delle api, Brahmari Devi, rappresentata circondata dai ronzanti.
Oltre alla divinazione, esse compaiono spesso come simboli nell’araldica più recente: da Napoleone ai Pontefici, essa è assunta come simbolo di operosità, immortalità e resurrezione. La stessa religione cristiana narra che San Giovanni Crisostomo nacque con uno sciame che gli volteggiava intorno alla bocca, alludendo alla dolcezza della sua predicazione. L’ape assume una dimensione più umana grazie al prodotto che l’ha resa famosa: il miele, considerato nettare degli dei e dolcificante per eccellenza. “È un alimento che viene prodotto dalle operaie attraverso una serie di complessi passaggi del nettare fra interno ed esterno del corpo” - sottolinea Ferruccio Buson, abile allevatore di api e produttore di miele - “e una volta messo nelle celle ed evaporata l’umidità, queste vengono sigillate con un opercolo di cera”. Il dolce oro giallo è, quindi, il prodotto di un’attività che vede costantemente impegnate le api, affaccendate nelle mansioni più diverse con diligenza e senso dell’organizzazione più divino che umano. E nel nostro divagare, è giunta la sera e con essa l’ora del meritato riposo per le nostre api, fino a quando il sole non sveglierà nuovamente le sue instancabili lavoratrici e la vita dell’alveare ricomincerà.
La storia millenaria delle api le ha rese agli occhi degli uomini dei simboli di diligenza, saggezza e operosità senza tempo e dalla Grecia, all’Egitto, all’India nessuno ha saputo resistere al fascino magico di una delle prime specie viventi
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IL PANORAMA GASTRONOMICO di Renato Malaman
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volte basta andare a colpo sicuro. Ogni raccoglitore seriale di erbette ha i suoi posti, quelli di cui va orgoglioso e che non rivelerebbe a nessuno per niente al mondo. Ma a volte l'andar per erbette richiede impegno, ovvero fiuto, pazienza, passione e anche una buona dose di incoscienza. Perchè i "castralievori" o i "grentani" crescono in mezzo ai rovi in un posto così impervio che per andarli a strappare alla terra si rischia di scivolare giù in un dirupo. Oppure perchè le ambite "scrossoe" individutate non si sa come dall'occhio attento del raccoglitore in realtà si trovano blindate oltre una fitta coltre di rovi. Sembra quasi che ti dicano beffarde: "Vieni a raccogliermi se hai il coraggio...". In realtà nessun raccoglitore che si rispetti si tira indietro: quando l'erbetta o il germoglio sono nel mirino vuol dire che in un modo o nell'altro finiscono nel sacco. E poi in pentola o in padella... Sui Colli Euganei e nelle campagne le erbette costituiscono da sempre, prima che un'integrazione alimentare piacevole e salutare, anche il riflesso di una cultura contadina saggia e previdente. Fanno parte del costume stesso delle genti di campagna. Oseremmo dire del dna. Non a caso sono conosciute da sempre con i loro nomi dialettali, che poi variano da zona a zona in una sorta di poesia del linguaggio popolare. Andare a raccoglierle è un momento irrinunciabile. Un rito. Si comincia con i rapperonzoli, in pieno inverno. Un lavoro arduo perché per distinguere e raccogliere i "rampussoi" bisogna conoscerli bene. Idem dicasi per trovare tante altre erbette selvatiche, la cui raccolta
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si concentra in questo periodo, favorita dalla primavera. Le erbe spontanee sono da sempre un piccolo tesoro, una manna naturale. Ieri per i contadini, oggi per i gourmet, che ne vanno ghiotti. Ogni raccoglitore, dicevamo, ha i suoi segreti per trovare le erbe giuste. Quelle buone e che fanno bene. Sui Colli Euganei uno dei più esperti è Orazio Bonello del ristorante Val Pomaro di Arquà Petrarca. Non si limita ad assicurare alla cucina i più diffusi "carletti", "scrissioi" e "rosole". Quelli li sanno trovare tutti. Lui in testa ha una sorta di mappa virtuale per trovare anche "castralievori", "grentani" e "falaschi". “Noi in carta ne presentiamo nei risotti o nelle frittate solo alcune - dice Andrea Cesarone, cuoco del Val Pomaro - le altre sono in quantità così limitate che io, Orazio e mia moglie Lazzarina le proponiamo a voce solo quando ci sono e a quei clienti che ne vanno matti”. Ci sono davvero mille modi di utilizzare le erbette selvatiche: in insalata, cotte in padella col soffritto, al vapore, utilizzate per arricchire frittate, risotti, paste, gnocchi. Sono buone e fanno bene. “Ma voi li avete mai assaggiati i ca-
IL PANORAMA GASTRONOMICO
Piatti che, in genere, non compaiono in menu, perchè stralievori?”. Orazio Bonello si diverte a stupire i suoi dipendono dalla disponibilità di materia prima. Ma che clienti, a mettere a nudo i limiti delle loro conoscenze i clienti dei ristoranti dei Colli Euganei ordinano a ocin tema di erbe spontanee. Lui i primi germogli di prichi chiusi, consapevoli del valore aggiunto che ha una mavera ha cominciato a conoscerli quand'era ancora preparazione fatta con ingredienti a “metri zero”. Bianbambino, perché ha sempre vissuto lì, fra i vegri e gli carosa Zecchin raccoglie anche ortiche, finocchietto olivi della bella collina arquanese. I "castralievori" (o selvatico, sambuco, erba cassalieuri) sono delle lattuLe erbette spontanee sono ghine selvatiche a più punte conosciute da sempre con i loro cipollina... Giusto tributare un omaggio che si raccolgono nella zona nomi dialettali, che poi variano da anche ad un altro bravo ridel Pianoro. Proprio di fronte al Val Pomaro, il ristorante di zona a zona in una sorta di poesia storatore dei Colli Euganei, del linguaggio popolare grande conoscitore delle Orazio Bonello che conosce erbe spontanee: Lucio Calaon del ristorante "Al Sasbene anche il resto del patrimonio botanico euganeo so". Uno che ha affinato la sua arte in Francia, ma non commestibile... Le erbette spontanee sono il cavallo di ha resistito al richiamo della sua terra e ora vive quasi battaglia del locale. Ci è capitato di chiedere il bis di da eremita su a Castelnuovo di Teolo, che d'estate è una frittatina con i carletti e gli asparagi selvatici e di una frequentaassaggiare un risotto ai bruscandoli che sprigionavata oasi baciata no gli umori della natura. Sì, c'è la natura nel piatto. Le dalla brezza, ma caratteristiche organolettiche vengono dopo, prima si d'inverno è un coglie la natura. posto da lupi. Biancarosa Zecchin Borin, del ristorante La MontaE lui che è un nella, pure di Arquà Petrarca, le erbette le raccoglie po' "orso" per via dietro casa, “sul monte”, come definisce il declivio del suo carattere trapuntato di olivi che sale verso il Ventolone dove le talvolta ruvido e erbette formano quasi un tappeto. In questi giorni si scontroso fra i trovano gli ultimi rapperonzoli (“rampussoi”) e si raclupi ha imparato colgono il tarassaco (“pissacan” o “brusaoci”), vari tipi a conviverci. Per di radicchietti selvatici, l'aglio orsino, il porro selvatile erbe ha un occo, le rosole (“bignigoe”), la valerianella (o “gainea”), chio da falco e l'ortica e le lattuga selvatiche (“cassalievori”, “grenuna passione infinita. Cercarle per lui è come seguire tani”, “roijoti”, “scarsee”). Fra qualche giorno sarà il un filo d'Arianna fra i prati fioriti di primavera. Quando momento delle "scrossoe" (vitalba) - dice Biancarosa serve sa essere audace. "Cercarle talvolta costa fatica Zecchin - dei "bruscandoi" (luppolo selvatico), di "tani" - confessa - ma farlo mi dà pace e serenità. Dalle mie (tamaro), "scrissioi" (carletti o silene), delle "sparasine" parti trovo anche i "tani", l'aglio orsino e altre specie (asparago selvatico) e dei "bruschi" (germogli di punrare, che poi finiscono nelle frittate o nei ripieni della gitopo) e allora si arricchirà la proposta della cucina”. pasta". Lucio Calaon ha fatto dell'amore per il suo terLa cuoca della Montanella con le erbette spontanee ritorio, oltrechè una professione, anche una ragione di prepara risotti, gnocchi, frittate, insalate. Ricette tradivita. E le erbe selvatiche sono una delle piccole cose zionali, in parte rivisitate, ma che comunque tendono che ama di più. a valorizzare i sapori e le proprietà di questi prodotti.
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Ristorante
Sessantatre anni di storia e di idee innovative Lo storico locale di Arquà Petrarca è una delle cattedrali della gastronomia del territorio, dove l’ospitalità è di casa e siede al tavolo con la cultura
Era il ‘52 quando Aldo ed Elsa decisero di aprire le porte della loro prima osteria
Non c’era ancora la luce elettrica quando la famiglia Borin intraprese la via della ristorazione, eppure quegli furono gli albori di una storia destinata a durare. Il conto, attualmente, fa 63 anni. Era il ‘52, infatti, quando Aldo ed Elsa decisero di abbandonare il contratto di mezzadria, che legava la loro famiglia alle terre del latifondista Bassani, per aprire la loro prima osteria. Siamo ancora lontani dagli anni del boom dei Colli e al tempo osteria era sinonimo di gioco delle carte, “spuncioni”, baccalà, qualche “fritturina” di pesce. La gente usciva di casa raramente per una cena, più sovente all’osteria si andava a guardare la televisione, i programmi iniziavano alle 19.00, erano gli anni de Il Musichiere con Mario Riva, durante le pause si “stuzzicava”. Nelle case erano rari gli apparecchi, e nella loro osteria alla Costa di Monselice i coniugi Borin ne avevano uno di 29 pollici, praticamente un megaschermo, ovviamente in bianco e nero. Comunque assolveva pienamente il suo compito, ogni sera riempiva la sala: un successo che comunque rese indispensabile una svolta, un cambio di locale e una nuova offerta, strettamente culinaria visto che anche questa aveva trovato il proprio gradimento. L’intraprendenza resterà una costante nella gestione del locale, accompagnata da una buona dose di idee. La nuova osteria aprì i battenti in località Montà in Arquà, La Montà era anche il nome dell’osteria rilevata dai Borin e a questo punto della storia, siamo nel ’60, quasi tutto è già andato al suo posto: da La Montà a “la Montanella” il passo è stato breve, anche se, a dire il vero, quello che vediamo oggi era ancora tutto da costruire, però in tavola venivano serviti già i piatti per i quali “la Montanella” è stata celebre e celebrata tuttora dai palati più sopraffini: il “risotto con la quaglia”; il “capriolo in salmì”; la pasta fatta in casa; il pollo alla griglia, il tutto condito con una mentalità già moderna perché tutto era già a chilometri zero e i prodotti già antesignani di quelli che riscuotono successo oggi, un nome su tutti? Il Fior d’Arancio, i suoi natali sono qui, nella campagna condotta al tempo da Giovanni, il fratello di Aldo, che produceva orticole e bottiglie per la dispensa del ristorante.
RISTORANTE LA MONTANELLA • Via dei Carraresi, 9 • Arquà Petrarca (PD) • Tel. 0429 718200
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Il cibo è cultura e qui piace rispolverare ricette antiche come il “papero alla frutta”, tipicità della gastronomia del ‘600, o il prosciutto cotto nel vino recuperato dalle pagine di Bartolomeo Scappi
LA MONTANELLA OGGI Il corso “moderno” de “la Montanella” parte nel ‘70, con la realizzazione del nuovo ristorante grazie a un progetto ovviamente avanzato concettualmente, elaborato attorno all’idea di un impatto ambientale zero. Un ristorante, insomma, perfettamente integrato nella bella natura circostante e un impulso alla sua valorizzazione. Non poco per un progetto di ormai quaranta anni fa, eppure oggi ancora attuale perché allora come oggi non si tratta di una semplice operazione estetica o di immagine, ma di una vera e propria filosofia che entra anche in cucina e si trova poi servita nel piatto. Così, infatti, si spiega il rapporto che la famiglia Borin ha sempre avuto con il territorio e i suoi prodotti: “Non si vive in un territorio, bisogna invece vivere un territorio per farlo vivere” e il compito de “la Montanella” è andato via-via facendosi più incisivo quando nella gestione sono entrati anche Giorgio e la moglie Biancarosa (chef tra gli chef) oggi accompagnati nella loro impresa anche dai figli Giuseppe e Francesca, quest’ultima nella veste di wedding planner, un contributo importante visto che “la Montanella” è uno dei luoghi più attrezzati e intimi per ospitare cerimonie, banchetti e tra i più aggiornati nella ristorazione. Il locale, infatti, è il quartier generale di molte di quelle iniziative per la promozione dei prodotti locali. Giorgio, nella veste di presidente dei Ristoratori padovani, ha dato il “la” ad iniziative di successo come “Padova da Gustare” o il recupero della Gallina Padovana e la certificazione di qualità. Gallina Padovana che qui ha trovato anche nuove vesti per essere presentata nel piatto: la Gallina Spritz è da provare, i salami sono fatti in casa, gli asparagi sono quelli Pernumia, le orticole sono quelle dello storico orto e anche l’olio, pluripremiato, proviene dalla campagna di famiglia, il pesce di Chioggia c’è sempre, almeno due piatti in menù, e poi ovviamente non possono mancare dalla carta del giorno i piatti della tradizione che nei sessant’anni di storia de “la Montanella” sono diventati degli autentici piatti “cult”, come il risotto con la quaglia, il capriolo, la pasta fatta in casa. Dalla tavola non manca mai un ingrediente fondamentale: la cultura, il piacere di ancorare i piatti alla storia di questo territorio rispolverando ricette antiche come il “papero alla frutta”, tipicità della gastronomia del ‘600, o il prosciutto cotto nel vino recuperato dalle pagine di Bartolomeo Scappi del ‘400. Anche i dolci sono prodotti in famiglia, la pasticcera è Elisa, nuora di Giorgio, e le sue preparazioni sono realizzati solo con materie prime di qualità. Un punto di forza è anche la cantina con oltre seicento etichette scelte e proposte da Giuseppe Borin, il maître di sala. Poi, dopo pasto, si può approfittare dei due ettari di parco, per una suggestiva passeggiata in un angolo di eden tra i Colli Euganei.
lamontanella@gmail.com • www.montanella.it •
Ristorante La Montanella
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Le Strie, in Via Pescheria Vecchia a Este cibo e cultura si fondono nel segno di Expo
Con il cambio della stagione cambiano i sapori e l’ospitalità. In menù piatti vegetariani e crudità di pesce. L’appuntamento è per il 17 maggio con la serata dedicata ai “bisi di Baone”
Ristorante Le Strie - Via Pescheria Vecchia, 1 - 35042 ESTE (PD)
Al ristorante Le Strie occasioni e stagioni passano tenendosi a
alternativa c’è sempre la tradizione o la stagionalità, ovviamente
braccetto. Con i primi giorni di caldo, infatti, in cucina è scop-
ricercate in associazioni papillari degne de “Le Strie”, perché qui
piata una delle tante rivoluzioni che qui accadono con una certa
la banalità è bandita e anche il più tipico dei prodotti locali diventa
regolarità sotto l’impulso e il motto: “Guai a stare fermi”. Una ri-
ingrediente speciale di un magheggio. Del resto il ristorante sta
voluzione che ovviamente non può che essere “culinaria” e portare verso nuovi profumi e sapori, ma come tutte le rivoluzioni che si rispettano ha anche qualcosa di ideologico. La cucina de Le Strie, infatti, ha fatto propria la causa di una cucina senza l’uso della carne, in osservanza di quei temi ambientali
Il prossimo 15 giugno da Este a Milano per la fiera dedicata all’alimentazione più importante al mondo. Un viaggio all’Expo in compagnia de Le Strie
dei quali è opportuno tenere sempre
collaborando a “Only Food Padova”, l’iniziativa che durante e dopo Expo contribuirà a diffondere la consapevolezza e la conoscenza dei frutti della filiera agroalimentare presente nel nostro territorio con la realizzazione di piatti in osservanza della cucina veneta e vegetariana. In tal senso non va persa l’occasione del 17 maggio quando
più conto anche quando ci si siede a tavola. Due piatti vegani
in collaborazione con l’associazione “Bisi e Bisi” di Baone i verdi
dunque si trovano in menù tutti i giorni a fianco delle ricette della
baccelli di casa nostra saranno i protagonisti nei “tortelli con fari-
casa e a quelle della tradizione, che come un metronomo se-
na di grano arso con cuore di burrata e condimento di curcuma,
guono precise lo scandire delle stagioni. Piatti, va ricordato, che
piselli e menta” e dell’intero menù. Per chi invece sente già l’ar-
mantengono lo stesso valore delle proteine della carne, ma che
rivo dell’aria calda estiva e nei menù desidera trovarci quanto di
in più permettono uno sconfinamento verso nuove frontiere della
più appropriato, al ristorante di via Pescheria Vecchia non manca
ristorazione. Ospitalità è soprattutto questo: mettere a proprio agio
un “pezzo” di mare rappresentato dalle crudità di pesce. Anche
ogni gusto del cliente a patto però che questi non cada nel gioco
in questo caso si tratta di assolute novità, realizzate con quanto
al ribasso delle “rivisitazioni”, perché ogni ricetta qui è figlia di
di meglio i pescatori di costa e di altura riescono a rifornire il
una ricerca davvero “stregonesca” che sarebbe un peccato altera-
mercato di Chioggia e non solo, visto che in menù ci sono, in-
re. Del resto come potrebbero essere modificati i delicati equilibri
sieme agli scampetti nostrani dell’Adriatico e alla seppia cruda di
dei “maltagliati di farro con farina biologica macinata a pietra con
nassa, i gamberi rossi siciliani e l’aringa affumicata servita con
ragù di soja, verdure e funghi”? Oppure lo speziato sapore dello
un’insalatina di mele granny-smith, uva passa, crostini di burro
“spezzatino di soja in salsa solfurea, paprica, cannella, chiodi di
alla menta con salsa alla fragola, vodka e gocce di wasabi al
garofano e ginepro? O ancora: i “dadi di tofu panati al sesamo
balsamico. Insomma non si tratta solo di mangiare, Le Strie sono
con cubi di polenta di grano arso e verdure in salsa tamari? In
anche un’opportunità culturale da non trascurare.
Tel. 0429 94967 - ristorantelestrie@gmail.com - www.ristorantelestrie.it
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SCATTA L’ORA X dei Bisi di Baone
Il pregiato legume euganeo è il protagonista della stagione. Un prodotto di grande qualità lontano dalla merceologia mistificata della grande distribuzione. Il suo sapore da 17 anni è una festa che anche quest’anno riempirà la piazza dal 22 al 27 maggio. Ospite Moreno Morello. PISELLI, UNA TRADIZIONE CHE RESISTE “Se il buon Dio ci avesse impastato l’uomo, con questa terra, non morirebbe mai”. Come del resto non muore la tradizione dei “bisi” a Baone, perché è una coltura che nasce con questa terra baciata dal sole. Giorgio Ferrarese, oggi ottantunenne, non ricorda la campagna attorno a Baone e Valle San Giorgio senza piselli. Soprattutto Valle e il monte Cecilia erano la terra dei “bisi”. Li coltivavano tutti, compreso suo papà e probabilmente prima di lui il nonno, certa era la rivalità tra i due paesini euganei nel rivendicare la migliore qualità e certa anche l’opportunità economica che i verdi baccelli rappresentava per entrambi. I bisi, infatti, venivano venduti subito, dopo la raccolta giornaliera. Caricati in sacchi sul manubrio della bicicletta, insieme alle ceste con gli altri prodotti della stagione, marinelle e i primi fichi, bastava scendere al mercato di Monselice o a quello di Porta Vecchia, a Este, per fare buoni affari. Anche a Baone, fino ai primai anni ‘70, i commercianti passavano in rassegna la qualità del prodotto, qualche sacco veniva rovesciato per valutare se con le “teghe” belle il contadino ci avesse fatto solo “cappello”, e il prezzo veniva battuto subito lì, sulla piazza. A sera Giorgio tornava con la stanchezza propria di chi lavora nei campi, ma anche con certezza dei
suoi soldi. A ridosso degli anni ‘50, infatti, il dopo-guerra fortunatamente pareva non passare mai e aveva anche finito di dare solo speranze: con i soldi si era iniziato a pensare al lavoro come ad una forma di reddito, oltre la sussistenza. Sempre più terre, dunque, venivano messe a coltura, si iniziava a prepararle ad agosto: le ampie zolle di terra argillosa arate venivano lasciate bruciare al sole estivo. Il secondo passaggio era dopo le piogge di settembre e ottobre. La terra compatta e per quell’epoca tornata grassa veniva rotta con l’erpice e poi mai più pestata fino alla quarantina di “San Martin”, quando era pronta per la semina. Nel campo veniva portato il letame, prima messo a piccoli mucchietti nelle file e poi sparso nei solchi, il valore dell’apporto nutritivo del buon letame maturo era di fondamentale importanza, una sorta di tecnica agronomica sulla quale però aveva il sopravvento l’esperienza. Si guardava il sole per il posizionamento dei grani. Per favorirne l’irradiamento veniva rialzata con la terra una di piccola scarpata, una sorta di faccia, in “costiera” come si dice da queste parti, che guardasse il sole e che riuscisse a ricevere anche i raggi obliqui dell’inverno. Capitava anche che nascessero a dicembre o gennaio. “Il freddo non fa male ai bisi – ricorda Giorgio – è il vento a fare i danni maggiori. Passavamo comunque con la zappa a incalzare i germogli, per tenerli coperti, non marcivano mai, nei pendii migliori alla metà di aprile iniziavamo a staccare i primi baccelli in teghe doppie, facili da sgranare. Allora le stagioni erano puntuali e noi avevamo imparato a fidarci del tempo”. .
BAONE (PD) DAL 22 AL 27 MAGGIO 2015
PROCEDIMENTO Tagliate a tocchetti la polpa di faraona o se preferite passatela al tritacarne. Fatela tostare in una casseruola per 10 min., aggiungete le verdure pestate finemente.Bagnate con il vino bianco, fate evaporare, aggiungete i piselli, l’olio e terminate la cottura con il brodo per circa 60 min. A fine cottura aggiungete il trito aromatico. Cucinate le tagliatelle in acqua precedentemente salata e fate saltare in padella con il sugo di faraona.
SE IL NOME DI BAONE
è sempre più conosciuto nella gastronomia nazionale è perché in cucina viene
PRECEDUTO DA “BISI”
Le cose non sono cambiate a Baone, per quanto riguarda i “bisi”. Le antiche varietà come il “Piccolo Provenzale”, il “Principe Umberto” o i “verdoni” che venivano seminati un tempo non ci sono più, spariti per effetto di una selezione che porta a rapidi avvicendamenti nella genetica per migliorarne le qualità. Mendel aveva scelto i piselli per le proprie osservazioni proprio per la velocità delle mutazioni che è possibile seguire in questo legume e lo stesso sta facendo l’associazione “Bisi&Bisi”, in sinergia con l’Ente Parco, per cercare varietà sempre migliori. Tuttavia quello che fa di un pisello un vero “biso” di Baone è Baone stesso, ossia questa particolare terra e i sistemi di coltivazione. Da più di un anno è vigente un rigido disciplinare che
INGREDIENTI per 4 persone • 400 gr di tagliatelle all’uovo • ½ faraona disossata • 200 g di piselli di Baone • 50 g di cipolla • 50 g di sedano • 50 g di carote • ½ bicchiere di vino bianco secco • 100 g di e.v.o. (olio extravergine di oliva) • Trito aromatico: salvia, alloro e rosmarino • Brodo di carne q.b.
ne circoscrive la coltivazione ai soli comuni di Baone e Arquà Petrarca, mentre la qualità è garantita dal marchio che attesta produzioni condotte con metodi tradizionali, ossia prossimi all’agricoltura biologica. Inoltre il pregio dei “Bisi di Baone” è proprio la vendita del prodotto fresco, lontano dai banchi della grande distribuzione. Ai “Bisi di Baone”, infatti non è possibile attribuire quel distacco merceologico che rende lontana, se non anonima, l’origine dei prodotti, qui continua la cultura della stagionalità, quella che ancora oggi funziona con il volto dei produttori che ai propri clienti confida: “Go i bisi pronti, voto vegnerteli tòre?” Ecco è il “tòre” che fa la differenza, perché a differenza del comprare indica una disponibilità che è limitata nel tempo, e quel tempo è appunto quello della sua stagione”. È dal 2009 che l’associazione sta lavorando duramente in questo senso, mantenendo bassa la superficie coltivata, poco più di sei ettari, ma cercando di mantenere vivo quel legame con il passato e con l’ambiente che da queste parti vale quanto un certificato di qualità.
I bisi di Baone sono quelli piccoli, selezionati per mantenere inalterato sapore e consistenza croccante sia per il consumo fresco anche dopo essere stati surgelati. Il loro valore in assoluto è l’alta qualità che trova corrispondenza perfetta in quella gastronomia che in cucina sa coniugare ai valori delle materie prime la cultura del territorio. Rispetto alle altre varietà, il seme dei “bisi” di Baone, si riconosce dalla rugosità, e dalla dolcezza del frutto maturo. Rispetto a quelle con seme liscio, infatti, garantisce un maggior contenuto in zuccheri anche a maturazione avanzata, in quanto presentano una trasformazione degli zuccheri semplici in amido più lenta. I bisi di Baone vengono commercializzati in cassettine da 1 - 4 - 6 chilogrammi o in borsette da tre chili: quantità piccole come si addice alle cose preziose
www.festadeibisi.it -
Festa dei bisi di Baone
E LA FESTA CONTINUA
sa pure i migliori chef dei ristoranti della zona, impegnati in 4 serate di degustazione in altrettanti rinomati ristoranti. Ma il vero protagonista della festa sarà il collaudato stand: l’arena dei numeri, dove per cinque giorni decine e decine di giovani del circondario collinare si alterneranno tra i tavoli, servendo centinaia e centinaia di piatti, per migliaia e migliaia di convenuti. Del resto è la principale festa enogastronomica del territorio e non solo, perché al buon cibo si abbina lo stare insieme, magari per condividere la tradizione e il folclore, gli approfondimenti e i convegni sul tema o semplicemente una qualsiasi delle tante ricchezze che i Colli Euganei possono offrire in questa stagione. Il clou della Festa sarà domenica 24 maggio, all’appuntamento ci sarà anche Moreno Morello, non mancheranno le tradizionali gare di abilità nel “destregolamento” dei baccelli e la piccola fiera mercato con prodotti tipici della terra e dell’artigianato.
Dal 22 al 27 maggio appuntamento sulla piazza di Baone
I “bisi” continuano ad arrivare, dalle vallate e dai versanti del circondario, a quintali per essere pronti e sgranati in tempo per diventare i protagonisti della festa che da ben 17 anni, merito dell’associazione Bisi&Bisi, riempie di buongustai la piazza di Baone. Protagonisti, va detto, insieme con gli altri prodotti del territorio nell’Isola del Gusto, che quest’anno troverà anche più spazio tra le dolci frescure dei tigli nel centro del paese, e chiamando in cau-
Tutti i giorni •E SPOSIZIONE E VENDITA DI PISELLI FRESCHI E PRODOTTI LOCALI •S TAND GASTRONOMICO tutte le sere ore 19.30 (domenica anche a mezzogiorno, mercoledì solo su prenotazione) • I SOLA DEL GUSTO con i piatti dei ristoranti e i migliori Vini dei Colli Euganei. Venerdì 22 Maggio 2015
19.30 Apertura della festa e dello stand gastronomico 20.00 In piazza: apertura dell’enoteca con degustazione dei vini locali e dell’Isola del gusto con i piatti dei ristoratori a base di Bisi. SPOSIZIONE E VENDITA DI PISELLI FRESCHI E PRODOTTI 21.30 Serata danzante con l’orchestra “CHIARA&MAGIC”
Tutti i giorni
OCALI Sabato 23 Maggio 2015 TAND GASTRONOMICO TUTTE LE SERE ORE 19.30 16.30 MERCATO DEI PISELLI E DELLE PRODUZIONI LOCALI OMENICA ANCHE A MEZZOGIORNO) 21.30 Musica dal vivo col VHELADE “ONE LOVE” BAND, con la OLA DEL GUSTO con i piatti dei ristoranti e i migliori Vini voce di Vhelade direttamente dal Grand Hotel Chiambretti, ei Colli Euganei. alle tastiere I. Zoccarato e al basso P. Andriolo
Lunedì 25 Maggio 2015 21.00 Orchestra spettacolo I DISCOVERY
Domenica 24 Maggio 2015
9.00 Mostramercato di prodotti tipici e hobbysti Venerdì 22 Maggio 2015 (per tutto il giorno)
Martedì 26 Maggio 2015
pertura della festa e dello stand gastronomico 10.00 RIEVOCAZIONE ANTICHI MESTIERI a cura dall’Ass.ne piazza: apertura dell'enoteca con degustazione dei vini locali e Culturale “La Corte Medioevale” di Valle San Giorgio (per tutto il giorno) a del gusto con i piatti dei ristoratori a base di Bisi. 10.00 ESPOSIZIONE dei “BISI” IN CONCORSO erata danzante con l’orchestra " CHIARA MAGIC" 10.00 LABORATORI DI CREAZIONE SPAVENTAPASSERI con
i ragazzi delle Scuole di Baone, Cinto Euganeo e Arquà Petrarca 10.00 BUONGIORNO BAONE! Presenta Laura Ferrari ERCATO DEI PISELLI E DELLE PRODUZIONI LOCALI Ospite d’eccezione: MORENO MORELLO delle Autorità usica dal vivo col Saluto VHELADE SOUL QUARTET , con la voce di Premiazioni del concorso per LE MIGLIORI QUALITÀ DI Bale Mura direttamente dal Chiambretti Night e il basso di PISELLI 17a edizione ndriolo. CAMPIONATO DI SGRANATURA DEI BISI con la telecronaca in diretta di MORENO MORELLO
Sabato 23 Maggio 2015
Domenica 24 Maggio 2015
ostramercato di prodotti tipici e hobbysti (per tutto il giorno) BAONE (PD) DAL 22 IEVOCAZIONE ANTICHI MESTIERI
10.30 Presentazione e sezioni dimostrative del GIOCO DI CARTE “LA FESTA DEI BISI” 12.30 Stand gastronomico e degustazioni in piazza 16.00 Premiazione del concorso SPAVENTAPASSERI, L’AMICO DEI CAMPI 13a ed. 16.00 Sezioni dimostrative e TORNEO DEL GIOCO DI CARTE “LA FESTA DEI BISI” 16.30 Animazione musicale con gli IDRAULICI DEL SUONO e la grande comicità di GIUSY ZENERE. 21.00 Grande serata di musica anni ‘80 con POPSY MUSIC BAND
21.00 Orchestra RITA GESSY con ballo in piazza
Mercoledì 27 Maggio 2015 19.30 STAND GASTRONOMICO con priorità alle prenotazioni all’indirizzo prenotazioni@prolocobaone.it fino al 24/5 o alle casse dello stand da venerdì 22/5. 21.00 Serata di cabaret con lo spettacolo di MARCO & PIPPO, l’unico duo che è un trio! 22:00 Estrazione della lotteria a favore di TEAM FOR CHILDREN onlus
Mostre & Esposizioni permanenti
•E sposizione di velocipedi d’epoca MACCHINE PER CUCIRE • SPAVENTAPASSERI • ARTIGIANATO E HOBBISTICA • RICAMO E CUCITO
AL 27 MAGGIO 2015
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PRODOTTI DAGLI ORTI che profumano di tradizione L’Azienda Agricola Rigato, di Maserà di Padova, da sessant’anni continua a coltivare la propria campagna preservando la fertilità della terra con metodi naturali e producendo orticole che altrove non si trovano più La vera “valle degli orti”, potremmo chiamarla così via Bolzani a Maserà di Padova. Qui la grande presenza di acqua e il particolare impasto del terreno, che tende al limoso, garantisce l’ambiente giusto per le orticole, soprattutto quelle di colore, come: melanzane, meloni, radicchio, pomodori, a tutto beneficio del sapore. A dire il vero in larga parte è soprattutto l’esperienza nel coltivare la terra a fare la differenza e la famiglia di Roberto Rigato se ne occupa da generazioni, perché questo è un mestiere difficile e anche perché infondo ortolani si nasce. La soddisfazione sta qui: nel ciclico giro delle coltivazioni, perchè negli orti le colture si alternano a velocità tripla rispetto alla campagna, nel vedere crescere i propri prodotti e nel sapere che sono i migliori. Niente a che fare con i sacchetti congelati della grande distribuzione, il sapore è proprio un’altra cosa perché è quello di una volta. L’Azienda Agricola Rigato, infatti, non si è mai scostata dalle tecniche tradizionali, quelle, per intenderci, raccomandate da Don Rizzo nel “Catechismo Agricolo” alla metà dell’Ottocento. Il rispetto del terreno innanzi tutto! Per mantenerlo fertile si usa il sovescio, l’interramento di grano o orzo che oltre ad essere ottima materia concimante mantiene la terra morbida e ossigenata,
e ovviamente le specie coltivate, per le quali è necessario chiamare in causa ancora una volta il concetto di tradizione, ne beneficiano. Nel punto vendita di via Bolzani è possibile trovare quei prodotti che altrove sono scomparsi: le cornette lunghe, per esempio, quelle che un tempo venivano chiamate “scurie” o “spaghi”, i “fagioli del papa”, sia freschi che essiccati in modo naturale al sole, oppure i piselli e ovviamente, nelle stagioni giuste, il padrone di casa, ossia “il Fior di Maserà”. Insomma vere eccellenze del territorio che con l’arrivo della bella stagione e il naturale alleggerimento del menù è opportuno non manchino mai dalla tavola di casa nostra.
I prodotti dell’Azienda Agricola Rigato si possono trovare nel punto vendita di via Bolzani, 64 a Maserà di Padova, previo contatto telefonico ai numeri 049 8861456 - 333 9139954, oppure nei principali mercatini ortofrutticoli del territorio
LUOGHI DA SCOPRIRE
Un percorso
tra “bisi” e Cantine Aperte Da Baone a Galzignano tra percorsi nella natura e pieni di storia Eremo Monte Rua
GALZIGNANO TERME
Villa Barbarigo
E
D
C B
Ruta Patavina
A BAONE Castello di Baone
È
possibile percorrere suggestivi sentieri lungo i Colli Euganei a contatto con la natura, tra splendidi scorci e una flora che altrove è rara. Quello che proponiamo di riscoprire in questo articolo è il territorio tra Baone e Galzignano. Baone si trova a due passi da Este, ai piedi del monte Cecilia: andateci magari in occasione della Festa dei Bisi - ovvero i piselli, prodotto di cui il paese va fiero - che si tiene dal 22 al 27 maggio, o la domenica successiva in occasione di Cantine Aperte, oltre al paesaggio avrete la possibilità di degustare dell’ottimo vino.
LUOGHI DA SCOPRIRE Potreste quindi pensare di salire al monte Cecilia: lasciate l’auto e salite, poche centinaia di metri a destra della chiesa, in via Lucerna, (A) per il sentiero indicato con il n° 8 che in un’oretta vi porterà sul monte Cecilia (m 199), tra carpini, frassini, robinie e biancospino. Si può fare una breve deviazione ai ruderi del castello dei conti di Baone, dove oggi si trova una croce, poi il sentiero scende sul versante opposto e attraversa un prato calcareo (B) dove imperano le ginestre e soprattutto la rara orchidea detta Ruta patavina.
Si potrà ritornare al paese scendendo per una carrareccia, mentre chi vuole potrebbe proseguire a destra seguendo l’itinerario Sassonegro (sempre n. 8), superare la provinciale 21 che giunge da Arquà Petrarca (C) continuando a salire lungo via Pajone (D) e poi, costeggiando un vigneto, raggiungere un’altra carrareccia asfaltata (via Scalette) non lontano dal ristorante La Pianora. Oltre quest’ultimo, una lapide a partigiani caduti nel 1945 (E) è posta all’inizio del sentiero che scende a Valsanzibio e porta alle spalle di villa Barbarigo e del suo splendido giardino.
Siamo qui in territorio di Galzignano, dove si trova anche il Museo dei Colli Euganei: se vi arrivate con l’auto, lasciatela e seguiteci, a piedi o in mountain bike, lungo un percorso suggestivo tra boschi e filari di viti. È la salita lungo l’amena valle del Pianzio (via omonima), all’ingresso nord del paese (direzione Torreglia), che può condurre i più volenterosi fino al celebre eremo del monte Rua, ritornando magari per un altro sentiero che scende a Galzignano in via dell’Eremo.
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Il Pianzio e Cantine Aperte, binomio che coniuga cultura, paesaggio e buon vino Per il prossimo 31 maggio la famiglia Selmin apre le porte della propria cantina e quelle del paesaggio per far conoscere i profumi e i sapori del loro lavoro di abili vignaioli e cantinieri, abbinandoli all’eterna bellezza di questo angolo di territorio euganeo “Bevi cosa vedi” è il motto di Cantine Aperte di quest’anno e mai come per i vigneti e i vini de Il Pianzio lo slogan è azzeccato, perché qui, sul pianoro che domina Galzignano, da vedere c’è molto e da degustare c’è anche di più, a patto però di andare lenti, per lasciare ai sensi il tempo di partecipare allo “spettacolo” e di trasformarsi in emozione. Emozione, certo, perché anche nell’austero silenzio dell’Eremo del Monte Rua, che dall’alto del suo picco sorveglia la valle, c’è emozione e ancora emozione sta nell’esplosione delle mille sfumature del verde dei giardini Storici di Villa Barbarigo a pochi minuti dal Pianzio.. Emozioni che con la stessa intensità partecipano e si estendono a tutto il paesaggio entrando perfino nei bicchieri riempiti di fruttato Serprino Doc o di aromatico Moscato Secco, oppure del rubicondo Jenio, nome tributato ad una delle etichette ammiraglie di casa in onore a Eugenio, fondatore dell’azienda, nel quale i palati più esperti non faticheranno di riconoscere la locale declinazione del Cabernet Sauvignon. La famiglia Selmin va orgogliosa della sua storia e soprattutto dei suoi gioielli: vini e vigneti, certo, ma anche i mille angoli di paesaggio che volentieri offre in abbinamento al frutto del loro lavoro di abili vignaioli e cantinieri che dura da cinque generazioni. L’occasione giusta per approfittarne sarà proprio il prossimo 31 maggio. Cantine Aperte è una festa per la famiglia Selmin e ogni anno questo importante appuntamento enologico si trasforma nell’opportunità di una giornata all’aria aperta dove cultura, storia e paesaggio si incontrano attorno ad un bicchiere e magari ad una piccola avventura: per i propri avventori Il Pianzio ha in serbo una sorpresa, un trekking sui bellissimi pendii del territorio in compagnia di un mansueto asino messo a disposizione dall’Associazione a passo lento di Massimo Baccarin. Divertente No? IL PIANZIO di Selmin Soc. Agr. - Via Pianzio, 66 - 35030 Galzignano Terme (PD) Tel./Fax 049 9130422 - Cell. 393 7699836 - info@ilpianzio.it - www.ilpianzio.it - Seguici su Facebook
DIVINO PARLAR di Silvano Bizzaro - Sommelier s.bizzaro@alice.it
CANTINE APERTE:
Sabato 30 e Domenica 31 maggio torna l’evento enoturistico più importante d’Italia Non perdere l’occasione…
C
antine Aperte è l’evento enoturistico più importante in Italia. Dal 1993, l’ultima domenica di maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del Vino aprono le loro porte al pubblico, favorendo un contatto diretto con gli appassionati di vino. Cantine Aperte è diventato nel tempo una filosofia, uno stile di viaggio e di scoperta dei territori del vino italiano, che vede, di anno in anno, sempre più turisti, curiosi ed eno-appassionati avvicinarsi alle cantine, desiderosi di fare un’esperienza di approfondimento sul tema “vino”. Oltre alla possibilità di assaggiare i vini e di acquistarli direttamente in azienda, infatti, è possibile entrare nelle cantine per scoprire i segreti della vinificazione e dell’affinamento. Protagonisti di Cantine Aperte sono giovani, comitive e coppie, che contribuiscono ad animare le innumerevoli iniziative di cultura gastronomica ed artistica che fioriscono attorno all’evento in tutto il Paese, su iniziativa degli stessi vignaioli. Cantine Aperte ha riscosso nel tempo un successo crescente, anche grazie ad una maggiore consapevolezza dei produttori, che hanno visto svilupparsi potenzialità di accoglienza inattese. Collegandosi al seguente link sotto riportato potrete trovare tutte le informazioni circa gli orari di apertura e l’organizzazione delle singole giornate, considerando che molte aziende hanno anche il servizio ristorazione/agriturismo e pertanto sarà possibile pranzare. http://www.movimentoturismovino.it/it/news/nazionali/0/0/957/nel-2015-tanti-appuntamenti-eno-gustosi-da-vivere-in-cantina-con-il-movimento-turismo-del-vino/
Relativamente alla nostra zona (DOC Colli Euganei, Bagnoli, Corti Benedettine del Padovano, ecc.), al momento di andare in stampa, hanno aderito alla manifestazione aprendo le porte delle loro cantine le seguenti aziende: ⊲ Borin Vini & Vigne S.a.s. Via dei Colli, 5 - Monselice (PD) - Tel. 0429 74384 ⊲ Cà Lustra Via San Pietro, 50 - Frazione: Faedo Cinto Euganeo (PD) - Tel. 0429 94128 ⊲ Cà Bianca Via Cinto, 5 - Cinto Euganeo (PD) - Tel. 0429 94288 ⊲ Cà Del Colle Via G. Marconi, 1469 Vo (PD) - Tel. 049 9940384 ⊲ Conte Emo Capodilista Via Montecchia, 16 - Selvazzano Dentro (PD) Tel. 049 637294 ⊲ Dominio di Bagnoli s.s. di L.Borletti Piazza Marconi, 63 - Bagnoli Di Sopra (PD) Tel. 049 5380008 ⊲ Facchin Via G. Marconi, 1465 - Vo (PD) - Tel. 049 9940293 ⊲ Fattoria Monte Fasolo Via Monte Fasolo, 2 - Cinto Euganeo (PD) Tel. 0429 634030 ⊲ Il Filò delle Vigne Via Terralba, 14 - Baone (PD) - Tel. 0429 56243 ⊲ Il Pianzio Via Pianzio, 66 - Galzignano Terme (PD) Tel. 049 9130422 ⊲ Le Volpi Società Agricola Srl Via Gemola, 14 - Baone (PD) - Tel. 0429 50019 ⊲ Quota 101 Via mal terreno, 12 - Torreglia (PD) - Tel. 0425 410922 ⊲ Salvan Vigne Del Pigozzo Via Mincana, 143 - Due Carrare (PD) - Tel. 049 525841
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La Mincana,
appuntamento il 31 maggio per un giro tra storia, cultura, sapori e una sorpresa: il Fior d’Arancio secco In bottiglia da qualche settimana è l’offerta euganea che i Dal Martello propongono tra i vini aromatici
La Mincana - Via Mincana, 52 - 35020 Due Carrare (PD) - Tel. 049 525559 - Fax 049 525499
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“Enopercorso a tappe”: da una parte le bollicine, più avanti i rossi giovani e beverini e poi le riserve, per finire con i vini dolci e quelli passiti Nel fresco di una cantina è possibile percepire anche quello che sta oltre il bicchiere, il vino, infatti, è solo l’ultimo stadio di un progetto la cui genesi va cercata tutt’intorno: nello sguardo del vignaiolo, nella sua storia, nel modo in cui sono curati i vigneti o nella cantina stessa. Per questo il prossimo 31 maggio un passaggio a La Mincana è una sorta di privilegio, un’opportunità da non perdere. La cantina in questione, infatti, è un capolavoro di quell’arte che il mondo ci invidia. Ricavata dalla settecentesca barchessa della villa che un tempo fu dei potentissimi Dolfin, da cento anni conserva i preziosi vini della famiglia Dal Martello. Undici etichette che, in concomitanza con la giornata dedicata a Cantine Aperte, sarà possibile degustare grazie ad una visita che il padrone di casa ama definire “Enopercorso a tappe”: da una parte le bollicine, più avanti i rossi giovani e beverini e poi ancora le riserve, per finire con i vini dolci e quelli passiti, passando in rassegna i “cavalli di razza dell’azienda” che portano il nome: Serprino; Rosè (la versione easy e frizzante del Raboso Friularo); l’inconfondibile “Stradella” o il robusto “Algio” il cui nome è acronimo dei patriarchi di Mincana, Alfredo e Giovanni, arrivando obbligatoriamente al Fior
RABOSO (Friularo) ROSÈ FRIZZANTE IGT VENETO
ALGIO DOC COLLI EUGANEI Cabernet Sauvignon
d’Arancio con una sorpresa: quest’anno anche nella versione “secco”. In bottiglia da qualche settimana, infatti, è la risposta euganea che i Dal Martello propongono tra i vini aromatici. Vendemmiato lo scorso anno con tutte le attenzioni necessarie per preservarne le note profumate, pressato soffice e raffreddato il giusto per custodire la sua essenza: da settembre a marzo è maturato un vino fresco e gioioso che esattamente sta ai Colli padovani come il Gewurztraminer sta alle montagne dell’Alto Adige. I profumi sono quelli attesi per un Fior d’Arancio ma in bocca è un’altra cosa, secco e con una buona morbidità è il bicchiere che meglio si sposa con la stagione e i suoi prodotti: l’accostamento, infatti, è perfetto con le “erbette” o gli asparagi, se la intende a meraviglia con il baccalà e in generale con tutti i cibi che hanno spiccate doti aromatiche. Sarà il protagonista della giornata, anzi della festa perché i Dal Martello hanno una tradizione, ogni anno i vari rami della famiglia si ricongiungono attorno alla secolare villa, chi per dare una mano a mescere il vino, chi a fare da guida, chi a mostrare con orgoglio i vigneti e chi a raccontare una storia che ormai ha raggiunto i cento anni.
SERPRINO (Frizzante) DOC COLLI EUGANEI
www.lamincana.it - info@lamincana.it
STRADELLA DOC COLLI EUGANEI Merlot
LA MEMORIA DI CARTA di Roberto Soliman
La SPESA con le UOVA
Spread, Euribor, Indice Nikkei, quotazioni della Borsa: termini che per il nostro “Piccolo mondo antico” di campagna erano del tutto superflui. Un tempo la moneta corrente per la spesa ordinaria erano le uova
I
l “baratto” era un sistema antico del piccolo comdi uso comune c’era il prestito “’a renovo” (‘a rinnomercio, legato ai bisogni di sopravvivenza e di sovare). Si prestava la paglia o il fieno se uno lo aveva lidarietà del mondo contadino. Si scambiava qualgià finito e il vicino aveva le scorte, rendendolo con siasi cosa, ma se aveva tanto valore prima bisognava il nuovo raccolto, senza bisogno di carte bollate. Una farla valutare da un mediatovolta “Gajtàn” è andato in re. Anche quando si andava prestito di fieno da mio nonL’uovo che aveva un prezzo dal mugnaio a macinare il no e gli ha chiesto se voleva preciso era quello di gallina, frumento o il granoturco, si essere pagato, o se lo voleva riportato settimanalmente anche usava una forma di baratto: “’a renovo”. Siccome “Gajtàn” nel giornale della Diocesi grano e mais in cambio di era un burlone, mio nonno gli lavoro. Portavi al mulino un ha risposto: “A xe mejo ca te “Difesa del Popolo”, alla voce quintale di grano e riportavi me lo paghi subito, parché “Conigli, Pollame, Uova” a casa farina e crusca per adesso a ghe xe la Republica un peso minore. Una percentuale restava al mugnaio e xe inutile spetare el Re-novo!” Le spese grosse, dal per il suo lavoro, più il “xolativo”: la parte volatile della fabbro che aggiustava gli attrezzi e “batteva la gufarina. Si scambiavano anche i campi o un pezzo di niera” o “scartà” (vomere) dell’aratro, dal trebbiatore, casa, senza andare dal notaio, così che dopo i figli si all’affitto pagato al “paron dei canpi”, si facevano da trovavano dei “rojoti” per le divisioni. Per altre cose “San Martin”, dopo aver venduto il frumento, e si pa-
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LA MEMORIA DI CARTA
verdure dall’orto e dal campo, polli dalla corte, farina gava con i “schèi” di carta. Per le poche spese che del proprio frumento o granoturco, tutto a chilometri si facevano per il desinare, si pagava con le uova. zero e senza la Denominazione di Origine. Mia nonTutti, o quasi, avevano le galline in corte, ma anche na Elisa ci sentiva poco se le chiedevi la mancia, ma anatre, oche, tacchine e faraone. L’uovo che aveva quando cantava una gallina la sentiva bene e così mi un prezzo preciso però era quello di gallina, riportato mandava a prendere le uova, lasciandone uno, persettimanalmente anche nel giornale settimanale della ché la gallina doveva tornare a produrne su quel “cuDiocesi “Difesa del Popolo”, alla voce “Conigli, Polcio”. Quando vedeva una gallina uscire, cantando, da lame, Uova”. Era la “Borsa” dei poveri di allora. Con un buco del pagliaio mi mandava subito a vedere se l’uovo di gallina si comperava quello che non usciva lì c’era un “cucio” grosso. Si dal campo, dal pollaio, La gallina che voleva diventare perché la gallina che voledalla stalla, dal porcile e dall’orto, per gli abitanti chioccia deponeva le sue uova in un va diventare chioccia, dopo dei campi. Anche quelli angolo appartato per incominciare aver “incontrato” il gallo, si appartava facendosi un che abitavano in paese a covarle quando erano in numero “cucio” nuovo in un posto avevano un pezzo di terdi 20 - 30 e uscire dopo 21 giorni nascosto, deponendo un ra, il pollaio e l’orto. Per uovo al giorno, per incole strade di campagna, assieme ai suoi pulcini minciare a covarle quando dove sono nato, passava erano in numero di 20 - 30, e uscire dopo 21 giorni ogni due giorni Ugo Crema, col cavallo che trainaassieme ai suoi pulcini. Ma mia nonna preferiva avere va un carretto color carta da zucchero impolverata. le uova oggi che delle galline domani, anche perché Il carretto aveva una quantità di cassetti e scomparti in corte ce n’erano tante e mangiavano tanta “polenper contenere generi alimentari, quasi tutti sfusi, in ta”, così mi mandava a prenderle con la sporta e un vendita. Aveva: olio di sansa e di semi, budino, miminestro piccolo, con il manico lungo per arrivare in scela Leone e Olandese per fare il caffè, candeggina, fondo al buco, ma senza lasciarne nemmeno una, sapone Sole e detersivo Omo e Tide, zucchero, uva cosi la gallina non ritornava in quel “cucio”. Dopo, in passa, cannella, sale, pasta e riso, tonno e sarde sotto casa, li “sperava”, cioè gli esaminava uno a uno, consale, baccalà, il tutto impolverato dalle strade bianche tro la luce di una candela, per vedere se c’era il puldi allora. In un cassetto grande teneva le uova che ricino dentro. Se erano buone faceva una spesa straceveva in pagamento delle poche cose che vendeva, ordinaria da Ugo Crema, e mi comperava anche un Le uova poi venivano passate all’ “ovarolo”, che le cioccolatino Ferrero, con le figurine di Topolino. Per vendeva nei mercati di città. Tutto il resto veniva prome era una gran festa, anche se per riempire l’album dotto dalla corte: vino, latte, formaggio, ricotta, saladi figurine ci impiegavo un anno! mi, sapone con il grasso del maiale, frutti dal “brolo”,
Antichi Sapori,
la cultura del mangiare sano Il vantaggio di carni sane, allevate all’aperto con un’alimentazione fatta di prodotti naturali, va preservato e rispettato anche in cucina. Una porzione di carne di pollo diventa così una ricca fonte di proteine e di vitamine “La cultura del mangiare sano” ecco per cosa vuole distinguersi il lavoro dell’azienda Antichi Sapori di Candiana. Decenni di esperienza come allevatori avicoli hanno portato alla convinzione che prima di tutto viene la salute e il benessere degli animali: il loro vivere all’aria aperta, il cibarsi di solo prodotti naturali, senza stimolatori della crescita, infatti, è qualità che come primo risultato porta all’abbattimento drastico dell’uso di medicinali durante le fasi dell’allevamento e come conseguenza un valore che alla fine è possibile riscontrare nel piatto. Un elevato standard di benessere si traduce in ricadute positive sulle caratteristiche organolettiche delle carni che risultano più gradevoli e consistenti, perché più magre. Il colore, anche, è più invitante. Questo vantaggio va preservato e rispettato anche in cucina. Una porzione di carne di pollo diventa così una ricca fonte di proteine e di vitamine del gruppo B (niacina, in particolare), più che di grassi. Il rispetto dei naturali tempi di accrescimento e delle necessità di movimento dell’animale rende le carni
povere di tessuto connettivo, a tutto vantaggio di una buona struttura muscolare costituita per lo più da fibre sottili. Queste caratteristiche incidono positivamente sulla masticabilità e digeribilità. Mangiare sano secondo il modello della dieta mediterranea significa, in merito alla carne, osservare 3 semplici regole: 1. metterne in tavola una porzione in tre, quattro pasti alla settimana 2. preferire quella bianca e magra 3. riconoscere che è una fonte per lo più di proteine e grassi e che come tale va alternata, nei pasti, alle altre fonti di questi nutrienti ossia formaggio, uva e pesce. L’alternanza vale anche nel pasto: un piatto di pasta al ragù, anche di carni bianche, è un piatto unico. La porzione di carne è inclusa nella prima portata, quindi dopo via libera solo al contorno o ad una porzione di macedonia al naturale.
Azienda Agricola Scudellaro S.Agr.S. - Via Valli Pontecasale, 16 - 35020 Candiana (PD)
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Tra le tante proposte da servire con il caldo o da portare con sé in spiaggia o durante una gita fuori porta c’è la
''MISTICANZA DI VERDURE FRESCHE CON SFILACCI DI POLLO AL ROSMARINO'' ” La ricetta è un piatto unico: semplice e comoda anche da trasportare, gustosa a temperatura ambiente quanto fredda. Il già abbondante contenuto di fibre può raggiungere il 50% del fabbisogno giornaliero semplicemente mangiando anche una mela a fine pasto, frutto ricco di polifenoli e antiossidanti.
Gli ingredienti per la Misticanza • 320 g di lattughine fresche da taglio • 400 g di carote crude tagliate a rondelle o alla julienne • 100 g di sedano affettato finemente • 150 g di cetroli affettati • 300 g di pomodori da insalata • 3 cucchiai di olio extravergine di oliva Gli ingredienti per gli sfilacci di pollo al rosmarino • 200 g di pollo intero senza pelle crudo tagliato in fettine sottili • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva • 2 rametti di rosmarino fresco Accompagnamento • 320 g di pane di tipo integrale in fette
Procedimento per la misticanza Lavate, asciugate le lattughine e tagliate tutte le verdure. Versate tutti gli ortaggi preparati in una terrina e conditeli, poco prima di consumarli, con olio extravergine di oliva e un cucchiaino di aceto balsamico. Procedimento per il petto di pollo al rosmarino Pulite il petto di pollo dal grasso visibile e ricavatene delle fettine sottili. Lavate il rosmarino e asciugatelo. Prendete un piatto fondo ampio e versatevi il pollo tagliato e poi conditelo con il rosmarino e con 1 cucchiaio di olio. Girate gli “straccetti” di pollo e lasciate marinare per 1 ora fuori dal frigo. Scaldate una padella antiaderente e cuocete il pollo scolato dalla marinatura. A cottura ultimata mettete da parte e lasciate raffreddare a temperatura ambiente prima di unirlo all’insalata pronta. Servite la misticanza di verdure fresche con sfilacci di pollo con una porzione di pane integrale.
Tra le diverse parti del pollo la più magra per le ricette è senz’altro il petto, ma ben disossata e sgrassata ogni porzione di un animale allevato a terra è speciale Tel. 049 5349944 - Fax 049 7383364 - info@scudellaro.it - www.scudellaro.it
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Il Principe Rosso e i Reali della cucina veneta si stringono la mano L’appuntamento è fissato per il 6-7 giugno a Piazzale Italia a Sottomarina. Due giorni per le degustazioni delle eccellenze del Veneto Se in Veneto il Principe Rosso Radicchio di Chioggia in-
lesane con l’Insalata di Lusia IGP, l’Aglio polesano DOP,
contra i reali DOC, DOCG, IGT, DOP, IGP non può che
la Cozza di Scardovari DOP e il Riso del Delta IGP che
nascere un’intesa di eccellenza che per il 2015 si concre-
condivide con il Radicchio di Chioggia IGP i cinque co-
tizzerà in “Gusto Veneto”. Una rassegna in cui il prodotto
muni rodigini di produzione. E poi i radicchi veneti IGP: il
Clodiense incontra le delizie nostrane, in un sodalizio a
Treviso, il Castelfranco e il Verona; gli Asparagi di Badoe-
colpi di marchi di qualità per ridestare la consapevolezza del patrimonio culinario che ha reso nei secoli il Veneto un baluardo del gusto. E se il cibo sembra essere il vero protagonista di questo 2015
“Il principe Rosso incontra le tipicità del Veneto” è un’iniziativa per la promozione del territorio in tutte le sue accezioni: tradizioni, storia, arte
re e di Cimadolmo, le Ciliegie di Marostica, i Formaggi, dal Grana Padano DOP alla Casatella Trevigiana IGP, i Prosciutti Veneti IGP e i Vini dei Colli Euganei e tanti altri prodotti con ingredienti DOP e IGP. Allo scopo verrà allestita
all’insegna dell’Expo, la manifestazione “Il principe Ros-
una struttura completa di cucina attrezzata per la mesci-
so incontra le tipicità del Veneto”, in sintonia con “Gusto
ta e la preparazione di assaggi da distribuire al pubblico
Veneto”, lo ha scelto come veicolo per la promozione del
come degustazione dei prodotti a marchio, primo fra tutti il
territorio in tutte le sue accezioni: tradizioni, storia, arte.
Radicchio di Chioggia IGP con il Riso del Delta IGP, per un
L’iniziativa ha ottenuto il riconoscimento dalla Regione Ve-
risotto di cui verrà garantita la degustazione durante tutto
neto e dall’U.N.P.L.I. Regionale quale iniziativa qualificata
il periodo di apertura dell’evento, mentre i Consorzi per la
e meritevole per la promozione ufficiale del prodotto loca-
promozione e la vendita dei loro prodotti verranno ospitati
le a marchio: il Radicchio di Chioggia IGP, il principe rosso.
in strutture tipiche della tradizione Chioggiotta dando a
L’evento è nato da una stretta collaborazione tra la Pro
Piazzale Italia a Sottomarina un aspetto da “Sagra del Pe-
Loco di Chioggia ed il Consorzio di Tutela del Radicchio di
sce” con i prodotti della terra veneta. Non mancheranno
Chioggia IGP. L’intenzione è quella di promuovere l’unico
intrattenimenti per il pubblico con animazioni e spettacoli
prodotto a marchio presente sul territorio Clodiense e di
per rendere “speciale” un appuntamento che inizierà sa-
creare una sorta di “gemellaggio” del gusto affiancando
bato 6 giugno (dalle 18 alle 24) e terminerà domenica 7
nella promozione anche altri prodotti tipici a marchio della
(dalle 10 alle 24).
nostra regione, coinvolgendo in primis le DOP e IGP Poconsorzio@radicchiodichioggiaigp.it - www.radicchiodichioggiaigp.it Presidente 3495934459 - Uff. Stampa 3343128544
ARTERRA di Loredana Pavanello
Mito e allegoria
in Villa Nani Loredan a Sant’Urbano Sita in località La Priula, la villa era sorta quale strumento di controllo del territorio, e vissuta nella duplice accezione di azienda agricola e luogo di riposo ed ozio, di “villeggiatura”. I sui affreschi, attribuiti alla scuola di Paolo Veronese, forse sono degli esempi più alti della “bella maniera” veneta del pieno Cinquecento
I
l paesaggio rurale della Bassa Padovana invita chi la nobile famiglia veneziana dei Nani, cui seguirono lo vive, o semplicemente lo attraversa, ad una riflesi Loredan, comproprietari del complesso intorno al sione orizzontale sugli affascinanti segni che lo deSeicento, come risulta dalla rada documentazione lineano, quasi a suggerire una chiave di lettura di un esistente. passato non certo chiuso al presente. Denso archivio Sita in località La Priula, la villa era sorta quale strudi memorie, questa terra, ridisegnata dopo la bonifimento di controllo del territorio, e vissuta nella duca veneziana di età moderna, ancor oggi conserva le plice accezione di azienda agricola e luogo di riposo tracce materiali di una storia sospesa tra l’ancestrale ed ozio, di “villeggiatura”, come peraltro suggerisce il forza della natura e il razionale intervento dell’uomo, sintetico motto “ingenuitate” posto sopra la porta di visibile nei canali rettifili e ingresso, all’esterno. Qui, Un vero e proprio racconto per nelle imponenti arginature, la fisionomia invero poco immagini si articola infatti nelle ma anche nei ponti e nelle monumentale dell’edificio strade. luminose pareti del salone principale, veniva impreziosita da una Fra i più singolari segni dove con pittura vibrante e leggera, raffinata serliana, la finedella “conversione” di questra a tre aperture con la è narrato il mito di Europa sto territorio, letteralmente bella balaustra che domina sottratto all’acqua palustre per essere coltivato e lo spazio dell’intero prospetto, quasi ad accogliere gli antropizzato, è la presenza di diverse ville, elemenospiti che presumibilmente giungevano in villa per via to tangibile della presenza veneziana nel “dominio fluviale. Sembra infatti che la principale via d’accesso di terra”, a partire dal XV secolo. Tra queste spicca all’edificio dovesse corrispondere all’antico alveo del senz’altro villa Nani Loredan di Sant’Urbano, dalla sovicino canale della Rottella, poco distante dall’Adige, bria architettura cinquecentesca - a pianta quadrata di cui rimane lo scavo interrato e la chiusa della Rotta su tre piani -; la villa, documentata per la prima volta Sabadina, una particolare opera di architettura idraunella preziosa carta catastale del “Retratto del Gorlica in laterizio e pietra, funzionale alla regimazione zon” (Museo Etnografico di Stanghella, 1633), fu codelle acque. struita intorno alla seconda metà del XVI secolo per Immersa nel dolce paesaggio della campagna, la vil-
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ARTERRA
la offre però la sua parte più suggestiva all’interno, dove al piano superiore il visitatore può ammirare lo splendido salone passante integralmente affrescato, così come le sale laterali. Il ciclo di affreschi, assegnato alla scuola del grande Paolo Veronese, protagonista della “bella maniera” veneta in pieno Cinquecento, si qualifica per tenore stilistico e suggestione iconografica. Un vero e proprio racconto per immagini si articola infatti nelle luminose pareti del salone principale, dove con pittura vibrante e leggera, è narrato il mito di Europa, la principessa rapita dall’innamoratisPaolo Veronese simo Zeus, per l’occasione tra(1528-1588)
sformatosi in un mansueto toro. Il tema è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, fondamentale fonte d’ispirazione molti artisti, dalle indimenticabili “poesie” di Tiziano per Filippo II d’Asburgo alle fastose decorazioni di Paolo Veronese. Rispetto ai grandi maestri, l’autore di questo ciclo forse proprio Carlo, detto Carletto, il figlio di Paolo scomparso a soli ventisei anni nel 1596 - fornisce una versione personale, ideata non come il tradizionale quadretto bucolico, ma come un vero e proprio racconto scenico, metaforicamente sorvegliato da Apollo e Minerva, protettori delle arti, che ci accolgono nella parete di fronte all’ingresso, manieristicamente inseriti in nicchie ornate da busti e amorini. La narrazione si dipana lungo quattro ampi riquadri incorniciati da una partizione architettonica dipinta, dal singolare effetto illusionistico, distribuiti tra le due pareti lunghe. Alla destra, entrando, appare la prima scena con Europa fra le ancelle, dopo il bagno nel fiume, con il curioso inserto di Diana - figura non presente
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ARTERRA Armoniose le scene di vita agreste, attribuite ad Alvise dal Friso, nel dolce accordo cromatico, stemperato in un’atmosfera lieve, venata di silenziosa malinconia nella fonte letteraria - introdotta forse per sottolineare allegoricamente le virtù morali di castità e purezza della protagonista. Segue di fronte il riquadro con Europa sedotta dal profumo del toro, che è in realtà Zeus, invaghitosi di lei mentre raccoglieva i fiori in riva al mare e deciso a portarla via con l’inganno. Segue di fianco la scena con il rapimento, trasformato in una sorta di viaggio nuziale ed infine, di fronte, la salita al cielo di Europa, portata da un demone alato verso la sua nuova gloriosa dimora, lasciando sullo sfondo una città che ricorda Candia, capitale di Creta, nel dominio “da mar” della Serenissima. Il ciclo è idealmente scandito dal tempo delle quattro stagioni, allegorizzate negli affreschi sopra le porte, secondo un’iconografia diffusa nella decorazione della villa veneta, in armonia con l’ambiente agreste e le attività che la caratterizzavano. Su tutto domina una tonalità tenue e leggera, come si vede anche nelle sale attigue, presumibilmente realizzate dallo stesso Carletto ed aiuti, qui impegnati in tematiche di vario ordine. Nella Sala delle Virtù Cardinali, il filo conduttore non è più il mito, bensì la sfera allegorico-morale, di tradizione cristiana: le figure di Giustizia, Fortezza, Temperanza e Prudenza, si stagliano contro un fondo naturale, entro medaglioni ovali illusionisticamente incorniciati da colonne corinzie. Il tema naturale è ripreso nella vicina Sala dei Paesaggi, dove si aprono armoniose scene di vita agreste, attribuite ad Alvise dal Friso, nipote di Paolo, di cui serba il ricordo nel dolce accordo cromatico, stemperato in un’atmosfera lieve, venata di silenziosa malinconia. Chiudono il percorso, sul lato opposto, le due Sale delle Grottesche, diverse per stile e tema, dalle composizioni di matrice veronesiana: ancora prive di paternità, assecondano il gusto estroso della “maniera”, con i caratteristici motivi fitoformi in cui si inseriscono figure umane, centauri, mascheroni, vasi, insegne, putti e satiri, ma anche animali quali libellule, farfalle, conigli e insetti, conferendo una nota di pura fantasia all’equilibrato complesso decorativo di Villa Nani Loredan.
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Garzaia della Tenuta Civrana, percorso nella natura per famiglie e scuole La puntuale segnaletica, i ponticelli sospesi su laghetti smeraldini, le torri per il birdwatching o le postazioni mimetizzate in mezzo al verde, permettono oltre ad una bella passeggiata in mezzo alla natura incontri ravvicinati con gli amici alati. Nei week end: accoglienza, ristorazione e guide a disposizione delle famiglie
Pegolotte di Cona (VE), Via della Stazione 10 Tel. 333 6662584 • Agriturismo 347 2220023 info@tenutacivrana.it • www.tenutacivrana.it
Foto di Aldo Tonelli
Per gli amanti della natura il posto giusto è la Tenuta Civrana di Pegolotte di Cona. Il cuore di questa immensa azienda agricola, che conserva ancora immutato il fascino della campagna veneta di un tempo, è una zona di diversi ettari che offre rifugio e cibo a centinaia di uccelli, 175 sono le specie diverse censite. Si tratta di un vero e proprio ecosistema dove la natura è stata lasciata crescere liberamente, creando angoli di vera suggestione il cui fascino è dato anche dall’enorme numero di animali che vi dimorano e dalle strutture attrezzate che consentono la loro osservazione. La puntuale segnaletica, i ponticelli sospesi su laghetti smeraldini, le torri per il birdwatching o le postazioni mimetizzate in mezzo al verde, infatti, permettono, oltre ad una bella passeggiata in mezzo alla natura, incontri ravvicinati con i grandi aironi, diverse varietà di anatidi, i limicoli come il cavaliere d’Italia, non mancano i passeriformi, come i cardellini e le capinere, o rapaci, rappresentati da gheppi, poiane. Insomma un angolo da visitare, soprattutto dai più piccoli che in modo totalmente sicuro possono fare le loro prime esperienze di natura accompagnati da guide esperte. La presenza dell’agriturismo, aperto il venerdì sera mentre al sabato e domenica anche a pranzo, rende la Tenuta posto ideale dove trascorrere i weekend all’aperto con la famiglia e dove è prevista tra poco l’apertura di un’area giochi per i più piccoli. L’azienda, con il suo cuore verde, rappresenta una vera e propria opportunità anche per le scuole e i grest estivi, essendo strutturata dal 2007 come fattoria didattica dove oltre alle visite guidate si possono organizzare lezioni in classe e laboratori dove le materie sono le più vaste, spaziando dai boschi, alla campagna, agli antichi mestieri dal contadino.
TENUTA CIVRANA
STORIA E DINTORNI di Emanuele Cenghiaro
23 MAGGIO 1915, l’Italia entra nella “Grande Guerra” Nel conflitto Padova fu chiamata a svolgere un ruolo centrale, anche se la linea di battaglia non raggiunse mai la città, nemmeno dopo Caporetto, perché, a prezzo di decine di migliaia di vite umane, essa fu arrestata più a nord sulle sponde del Piave. Tuttavia il conflitto era presente e Padova vi era pienamente coinvolta
L
a Seconda guerra mondiale e i conflitti di fine guerra, tra il 1914 e il 1915, Padova era considerata, Novecento hanno forse attenuato il ricordo di per la posizione strategica, la più probabile sede dei quella che nel 1914 apparve subito ai contemcomandi militari. Se ciò non avvenne subito fu perporanei come la “Grande Guerra”. La Prima guerra ché, inizialmente, la linea del fronte si spostò verso mondiale fu un evento realmente enorme, che coinl’Isonzo. Per l’intero ultimo anno di guerra, dopo la volse ventotto nazioni, cancellò vecchi imperi e aprì disfatta di Caporetto, Padova invece fu a buon dirituna nuova epoca. Per l’Ito la «capitale al fronte», Già mentre fervevano i preparativi talia si trattò anche di una non fosse che per la sorta di ultima guerra di per l’entrata in guerra, tra il 1914 e il presenza continua del indipendenza, conclusa 1915, Padova era considerata, per la re Vittorio Emanuele III e dall’annessione di Trento posizione strategica, la più probabile del Comando supremo, e Trieste, al termine della ormai capeggiato da Arsede dei comandi militari quale il paese riconobbe, mando Diaz che proprio forse per la prima volta, di essere una nazione. Se la in città era subentrato a Luigi Cadorna, in un palazzo linea del fronte toccò solo poche regioni, infatti, neldi borgo Santa Croce. Ma già prima della sanguinosa le lunghe trincee e nei freddi camminamenti alpini si ritirata la città era stata coinvolta in molteplici settori trovarono però a combattere, fianco a fianco, uomini della guerra. Essa si trovò a “respirare” il conflitto asdi ogni parte della penisola che, spesso, a malapena sistendo al passaggio delle truppe dirette al fronte e comprendevano i loro diversi linguaggi dialettali: una quello dei profughi diretti in senso opposto, subendo quotidianità espressa in modo straordinario da film i bombardamenti aerei - che di fatto trasformavano come La Grande Guerra di Mario Monicelli. in prime linee anche i viali delle città -, accogliendo i In questo conflitto Padova fu chiamata a svolgere un feriti negli innumerevoli ospedali e lottando per preruolo centrale, anche se la linea di battaglia non ragservare e mettere in salvo le opere d’arte. giunse mai la città, nemmeno dopo Caporetto, perché, a prezzo di decine di migliaia di vite umane, essa L’AVVIO DEL CONFLITTO fu arrestata più a nord sulle sponde del Piave (“BatL’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria il 23 magtaglia di arresto”, novembre 1917). Tuttavia il conflitto gio 1915 - alla Germania solo l’anno dopo - e iniziò era presente e Padova vi era pienamente coinvolta. i combattimenti il giorno successivo. Alla guida Già mentre fervevano i preparativi per l’entrata in dell’amministrazione comunale di Padova vi era, da
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STORIA E DINTORNI
un anno, un blocco clerico-moderato guidato dal sindaco Leopoldo Ferri, al suo secondo mandato. Del Consiglio facevano parte nomi illustri, come Alfredo Rocco, futuro autore del Codice penale (1930), il grande matematico Gregorio Ricci Curbastro (vicesindaco), Giulio Alessio, vicepresidente della Camera dei deputati, il futuro sindaco Cesare Crescente, il conte senatore Vettor Giusti del Giardino. Anche la città di S. Antonio aveva vissuto lo scontro sempre più aspro tra interventisti e neutralisti. I primi, auspicando che una vittoria avrebbe permesso di annettere all’Italia le terre ancora sotto il dominio austriaco, parteggiavano per il sostegno alle forze dell’Intesa. Padova è, in realtà, uno dei centri principali della mobilitazione interventista: determinante in questo senso è la presenza dell’università, crocevia di studenti, tra i quali molti irredenti che vedono nella guerra la continuazione e il compimento delle lotte risorgimentali. Il citato Rocco, capo del nazionalismo italiano, è a Padova dal 1910 al 1925 e in città hanno sede due importanti associazioni patriottiche: “Trento e Trieste” e “Dante Alighieri”. Importante è l’attività del trentino Cesare Battisti, che a Padova tiene due interventi: uno il 28 novembre 1914 e il più noto il 7 febbraio 1915, quando nella sala della Gran Guardia si svolge una delle più entusiastiche manifestazioni a favore dell’intervento italiano per iniziativa del comitato “Pro Patria”, presieduto da Carlo Cassan, un giovane avvocato il cui interventi-
smo è molto vicino alle posizioni dell’imperialismo adriatico di D’Annunzio e Volpi. Nell’autunno del 1914 la preparazione al conflitto è avviata: i coscritti giunti in città durante l’estate e provvisoriamente ospitati negli edifici scolastici, che ora riaprivano agli alunni, vennero spostati alla caserma di S. Giustina, a cui fu consentito di espandersi fino a comprendere tutto il lato est del nuovissimo Foro Boario in Prato della Valle. “All’entrata in guerra dell’Italia - scrive Pietro Grassi (1988) - in Città avevano sede: la 10° Divisione territoriale, il 58° Reggimento Fanteria della Brigata “Abruzzi”, il Reggimento di Cavalleria “Lancieri di Milano”, il 20° Reggimento Artiglieria da campagna, due Battaglioni del 7° Reggimento Alpini, il “Pieve di Cadore” e il “Belluno”, il Distretto Militare, il Tribunale Militare e l’Ospedale Militare”. Ruolo primario veniva svolto dalla stazione ferroviaria, dove aveva sede il Comando militare di stazione: si calcola che metà dell’esercito italiano sia passato, durante la fase iniziale di mobilitazione, per la città, posta sull’asse principale che dal centro-sud portava verso il fronte. Racconta il Solitro nelle sue memorie del grande andirivieni di coscritti che raggiungevano la sede del Distretto militare, allora posizionato in un edificio poi distrutto di fronte all’attuale Museo civico degli Eremitani (ex caserma “Gattamelata”). Padova rispose ampiamente anche sotto il profilo sanitario e riuscì ad allestire 12mila posti letto, due terzi in città e il resto in provincia. Intanto iniziavano ad arrivare le notizie dei primi caduti, alcuni noti come il calciatore Silvio Appiani, altri sconosciuti come Giulio Zanon di Cadoneghe, primo soldato della Grande Guerra a essere decorato con la Medaglia d’Oro al Valor militare. Era la guerra… Il testo sopra riportato è tratto da “Padova e la Grande Guerra - Un percorso sui luoghi storici”, nella riedizione 2015, ampliata e riveduta, che l’editore Tracciati di Padova ha appena pubblicato. Contestualmente al lavoro di riedizione è stato realizzato un sito internet, in costante aggiornamento, che risponde all’indirizzo www.padovagrandeguerra.it e nel quale sono raccolti approfondimenti, appuntamenti, immagini, e che integra e completa il volume cartaceo.
Villa Giusti a Padova, dove è stato firmato l’armistizio il 3 novembre 1918 che decretava la fine dello scontro tra Italia/Stati dell’Intesa e l’Austria-Ungheria
“Padova e la Grande Guerra”, Tracciati editore, Padova, 2015, pagg. 144, euro 16,00
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AMICI CON LE ALI di Aldo Tonelli
SI FA PRESTO A DIRE
VERDONE L’aspetto, specialmente per quanto riguarda il colore, è spesso l’origine dalla quale deriva il nome di una specie
Due maschi di Verdone in mangiatoia
I
nomi degli uccelli spesso indicano caratteristiche ristico è il richiamo che ricorda una sonora risata sghicomportamentali oppure l’aspetto, specialmente gnazzante che si può udire già alla fine dell’inverno e per quanto riguarda il colore, e a volte unendo più che segna l’inizio alla stagione riproduttiva. di una di queste tipologie. Conosciamo quindi meMonogamo e territoriale, il corteggiamento è caratglio tre specie che potremmo incontrare nelle nostre terizzato anche dall’offerta di cibo del maschio alla zone con queste caratteristiche, in cui la base predofemmina. Predilige specialmente le formiche e le minante è il colore verde. Il primo è il Picchio verde: loro larve, scendendo spesso al suolo per attaccare il nome indica un uccello i formicai, anche in inverno, che picchietta gli alberi per con una tecnica particolare: Il Picchio verde ama i “bagni cercare il cibo ed è di colore prima esplora e osserva il di formiche”, si lascia ricoprire verde scuro. I picchi in geformicaio, interviene in sedagli operosi insetti e dal loro nerale hanno diversi nomi guito con il becco e le zamacido formico, per sbarazzarsi dialettali tra cui Battilegno pe per scoprire le gallerie, dei parassiti che si annidano e Tarabuso (da non confonraccoglie infine con la lintra le sue penne dere con un tipo d’airone gua viscosa le formiche e le che ha proprio questo nome larve. A volte ne approfitta in italiano) ma il Picchio verde viene dai più chiamato per fare dei “bagni di formiche”, lasciando fare alle Pigosso verde. Groppone di colore giallo, ha il vertice formiche che lo ricoprono spruzzando acido formico, del capo di colore rosso, faccia nera con mustacchio un liquido da loro sintetizzato e che usano come velescuro con parte centrale rossa nei maschi; il giovano urticante ma che il picchio sopporta per uccidere i ne è fittamente striato e barrato con capo grigiastro. parassiti che si annidano tra le sue penne e pulendo Più adattabile degli altri picchi, si trova non solo nei così il piumaggio. Sarà quindi più facile vederlo a terboschi ma anche in giardini, parchi e vigneti. Carattera piuttosto che nelle parti alte degli alberi ma è mol-
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AMICI CON LE ALI to mimetico, elusivo e diffidente. Nidifica, oltre che nelle cavità scavate nei tronchi degli alberi, anche in strutture come pali della luce o imposte di legno delle abitazioni abbandonate. Come tutti i picchi, è dotato di una lunga lingua viscosa che può estrarre fino a 10 centimetri dalla punta del becco. Quando è a riposo la lingua è raccolta in una curva attorno al cranio e nella gola ed è fissata alla base del becco presso la narice. In Italia del nord ha avuto un incremento di numero negli ultimi anni con colonizzazione di nuovi territori anche in pianura. Nella famiglia dei Luì, piccoli uccelletti prevalentemente insettivori e chiamati in vario modo (Ciuin, Fuin, Buit, Zaletin), vi sono diverse specie, alcune prevalentemente sedentarie e abbastanza comuni come il Luì piccolo, alcune migratrici e altre molto rare. Non sono sempre facilmente distinguibili tra di loro essendo molto simili e sfuggenti, spesso solo il canto può aiutarci nell’identificazione. Elusivi e prettamente arbicoli, si muovono continuamente con agilità e traiettorie svolazzanti tra alberi e cespugli in cerca di cibo. Tra questi vi è il Luì verde che come dice il nome ha il corpo con tonalità verde acceso superiormente e con un ampio sopracciglio giallo-zolfo mentre la gola e il petto sono gialli. Segnala con il canto in volo il suo territorio, l’unico tra i vari luì a farlo, da noi è abbastanza raro e lo si può vedere solo durante il passaggio migratorio poiché nidifica nei boschi delle Alpi e degli Appennini, costruendo un nido globoso sul terreno. Insettivoro, non disdegna in autunno durante la migrazione di nutrirsi del polline delle ultime fioriture, come quelle del nespolo. Il Verdone, detto Seranto o Sciaranto, è forse il più comune tra i tre uccelli descritti e il più facile da osservare. Grosso come un passero ma più massiccio con becco rosa, possente e triangolare, è di piumaggio verdastro con giallo sulle ali e sulla coda, meno brillante nelle femmine. Vive nelle aree boscate, parchi, giardini e campagna. Emette il suo monotono canto da alti posatoi come alberi ma anche antenne televisive, di solito bene in vista e spesso canta in volo. È un frequentatore delle mangiatoie artificali in inverno dove si impone sugli altri commensali cacciandoli via e nutrendosi di semi e frutta. Non ci sono molti proverbi su questi tre uccelli, l’unico utilizzato dalle nostre parti e che conosco è quello che dice “Co canta el pigosso de genaro, tiente a man el pajaro”.
Picchio verde maschio al nido
Picchio verde giovane mangia formiche
Mimetismo del Lui verde
Picchio verde maschio
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Centro Sportivo
“Le Tre Piume”
QUANDO LO SPORT FA BENE IN TUTTI I SENSI In Europa una struttura così completa per gli amanti del tiro con le armi non esiste e non ne esiste una altrettanto sicura in Italia, infatti, è l’unica che può fregiarsi del marchio sicurezza Coni. Ed è l’unica nella quale oltre ad un servizio impeccabile troverete un ambiente famigliare, accoglienza e una cucina semplice ma ideale per chiudere una giornata tra amici all’insegna dell’allegria e dello sport.
La stagione del centro sportivo “Le tre piume” di Agna entra nel vivo. Sono molte le date da segnare nel calendario sia per quanto riguarda gli appuntamenti agonistici, sia per quelli didattici, che verranno svolti con i più giovani, sia pure per le iniziative sociali, che in date consolidate, anno dopo anno, caratterizzano sempre più la struttura di via Costanze come un luogo dello sport, ma anche come realtà al servizio del territorio. Andando per ordine, il primo appuntamento è già quello imminente del Venice Shotgun Match che si disputerà i prossimi 16-17 maggio, una gara che per gli atleti italiani avrebbe dovuto essere una piccola anticipazione dei mondiali che si terranno qui a settembre, ma che invece ha chiuso in un batter d’occhio i posti disponibili nelle liste di iscrizione con tiratori provenienti da 14 paesi del mondo. Un match, dunCENTRO SPORTIVO “LE TRE PIUME” via Costanze, 8 - 35021 Agna (PD)
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Tutto quello che c’è da sapere del Centro Sportivo “Le Tre Piume”
Definire il centro sportivo “Le tre piume” un poligono, oppure un centro di “tiro sportivo” è molto riduttivo. L’attività che viene svolta in via Costanze ad Agna, infatti, è ben più articolata e coniuga allo sport anche un servizio di ospitalità, con un ristorante che sforna piatti vini della tradizione locale, e un’area riposo, che estende il piacere di una giornata all’aria aperta anche ai famigliari dei tiratori. Una piccola oasi verde dotata di ogni comfort, infatti, può essere lo svago perfetto per chi alle sagome o ai piattelli ama il relax di una giornata nella natura. Insomma, è il posto giusto in cui passare le domeniche è ovviamente per chi ama lo sport con le “armi” è un vero e proprio parco divertimenti. Non mancano le attività agonistiche con allenamenti e corsi, seguiti da Giovanni e Mario, per imparare l’antica arte balistica.
La stagione del centro sportivo “Le Tre Piume” di Agna entra nel vivo. Sono molte le date da segnare nel calendario que, che è già un grande successo, sia perché, tra l’altro, vedrà la presenza di figure di spicco dello sport con le armi, come patron Gussalli Beretta della Beretta Armi e il Vice Presidente dell’organizzazione mondiale del tiro dinamico Alain Joly, sia perché questi eventi internazionali sono sempre più un volano che aiuta l’economia locale e soprattutto le strutture ricettive del territorio. E siamo solo all’inizio, cosa succederà a settembre quando il numero delle nazioni coinvolte salirà a 60, con un numero di iscritti che ha già oltrepassato le 700 presenze? O dal 1° al 4 luglio quando ad Agna torneranno a sfidarsi i pistoleri dell’Old West provenienti da ogni parte del mondo? La risposta viene dagli albergatori che confermano già il tutto esaurito. Ma tra i risultati da incorniciare, per il centro sportivo di Agna, c’è anche il recente patrocinio ottenuto dalla Provincia di Padova per il Campo Avventura organizzato dal comune di Agna dal 12 al 14 giugno, per i ragazzi dalla prima elementare alla terza media, e non va dimenticata l’iniziativa sociale per eccellenza, ossia il trofeo “Città della Speranza” che da ben 11 anni torna puntuale per raccogliere fondi da destinare alla ricerca per le malattie oncologiche infantili. L’edizione di quest’anno, prevista per il 16 agosto, avrà un sapore in più, perché l’intraprendenza di Giovanni e Mario, che da 13 anni gestiscono il centro di via Costanze, ha permesso la riconferma di un grosso sponsor, come la Beretta Armi, a sostegno dell’iniziativa di beneficienza. “Quando lo sport fa bene” è il caso di dire e nella realtà delle “Tre piume” il motto è da interpretarsi davvero in Il Trofeo Città della Speranza XI edizione, tutti i sensi. il prezioso premio ogni anno viene offerto dalla Vetreria Badioli di Murano
Tutti i Campi a disposizione • 8 CAMPI DA TIRO AL VOLO • nel quale ci si può esercitare in discipline olimpiche come la “fossa”, lo “skeet” e il “double trap” oppure le non olimpiche come la fossa universale, il compact sporting o il trap americano e percorso caccia • 15 STAGE PER IL TIRO CON LA PISTOLA • sia statico che in movimento • PIAZZOLE E BERSAGLI • per il tiro con l’arco • LINEE PER IL TIRO AD AVANCARICA • con vecchi fucili dell’Ottocento • 23.000 m2 ATTREZZATI PER IL SOFT-AIR • È stato inaugurato quest’anno il campo con 16 LINEE PER IL TIRO LUNGO, tiro con la carabina a canna rigata da 100 a 200 metri, pensata per gli appassionati delle armi ex ordinanza o per i cacciatori di ungulati. Si tratta di una delle poche strutture di questo tipo presenti in zona.
Orari
ORARI TIRO A VOLO dal mercoledì alla domenica dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 19.00 mercoledi sera fino alle 23.00 ORARI TIRO CON ARMI RIGATE mercoledì pomeriggio dalle 14.30 alle 19.00 sabato e domenica dalle 8.30 alle 12.30 e 14.30 alle 19.00
Tel. 049 9515388 - Fax 049 9519308 - info@letrepiume.it - www.letrepiume.it
PANORAMA GASTRONOMICO di Mario Stramazzo
Acacia o Robinia o forse Gasia? Senza dubbio una pianta servizievole, nel senso che assolve molte funzioni non ultima quella di deliziare il palato grazie al delizioso miele che le api riescono a trasformare dal nettare e alle ricette che la tradizione propone
Q
uella che noi veneti chiamiamo Gasia, con le spine, che in primavera fa i fiori a grappolo bianchi che si possono mangiare fritti è un’acacia o una robinia? Al dubbio di un lettore che ci ha scritto in redazione, dimostrando di avere più inclinazione per Pantagruel che per gli studi sulla drammaturgia di Shakespeare e del suo amletico dubbio sull’essere o il non essere, la risposta, ai giorni nostri e quelli di Google, è abbastanza immediata: l’Acacia farnesiana L. Wild - con la I fiori bianchi o elle che sta per Carl Nilsbianco-crema, son Linnaeus, noto come lunghi circa Linneo, medico, botanico e un paio di naturalista svedese e padre della moderna classificaziocentimetri ne scientifica degli organisono simili smi viventi - è volgarmente a quelli dei chiamata Gaggia o, in diapiselli. Ottimi letto, Gasia. Anche se bisoper essere gna fare attenzione perché leggermente la prima è una pianta origiimpanati e fritti naria delle zone più calde del globo, e quindi perfettamente giustificato pensarla come parente prossima delle acacie africane che Quark ci ha abituato a riconoscere, mentre la vera gasia dei veneti, soprattutto della bassa padovana è proprio la robinia cui si riferisce il nostro lettore. E a questo nome dialettale di gasia corrisponde il nome botanico di robinia pseudoacacia che come pianta vanta origine non africane ma statunitensi e arriva da noi alla metà del ‘500. Si presenta come un arbusto o alberello, sempreverde nei climi miti, con tronco e rami spinosi, foglie bi-
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pennate. Inflorescenze primaverili profumatissime e globose di colore giallo-arancio, solitarie o in piccoli gruppi. Proprio a grappolo come ricorda il lettore nella sua domanda alla quale stiamo tentando di rispondere. I frutti hanno la forma di baccello prima verde e poi marron, lunghi circa 10cm, deiscenti a maturità. La presenza di numerose spine lunghe e solide sui rami più giovani cui prestare molta attenzione non impedisce di ammirare la bellezza dei fiori. Quelli che interessano il nostro seguace sono bianchi o bianco crema, lunghi circa un paio di centimetri e sono simili a quelli dei piselli, riuniti in grappoli pendenti. Ottimi, dunque, per essere leggermente impanati e fritti come sottolinea il nostro lettore ma anche come ricordano alcuni testi di antichi usi gastronomici delle nostre campagne venete.
PANORAMA GASTRONOMICO
GASIA: MAGIA DELLA NATURA ATTESA DELLA PRIMAVERA Da pianta protettrice a generosa fornitrice di leccornie Dove i contadini attendevano con grande impazienza prediligere questa pianta per la loro produzione di proprio questo periodo dell’anno per fare, da vegemiele che, grazie alla sapiente arte dell’allevatore, terian-vegani ante litteram, incredibili scorpacciate può offrirsi come un vero e proprio nettare monofiodelle fresche erbe di primavera e anche di questi fiore. Una curiosità a proposito: le api non riescono da ri destinati a trasformarsi in prelibata leccornia dopo sole a penetrare nel fiore, essendo una pianta “imaver sparso il loro amabilissimo profumo. Sentori che portata” o alloctona, secondo la dizione dei più erudiera possibile cogliere soprattutto lungo le rive dei fosti, non sono attrezzate per aprire il fiore e asportarne si e dei piccoli corsi d’acqua campestri dove i contanettare e polline. Per farlo devono avvalersi di altri dini li mettevano a dimora anche insetti, come i bombi, e, tra l’altro, Una curiosità a riguardo aspettare il quasi avvizzimento per la capacità di queste piante del miele: le api non di essere ottimi mezzi di rinforzo del fiore. Ecco è in questo che sta per gli argini franosi come avel’abilità dell’apicultore: nel posiriescono da sole a va insegnato l’ultimo ventennio zionare nel tempo giusto l’arnia penetrare nel fiore, per dell’Ottocento; quando le robifarlo devono avvalersi di e fornire alle api dei collaboratori. nie, a cominciare negli Stati Uniti altri insetti, come i bombi Un miele che sembra più che inorientali, vennero piantate lundicato per rinforzare la marmelgo le nuove vie ferrate per renlata di Gasia. In particolare, dopo der meno friabili le massicciate. aver pestato in un mortaio 150 Pianta servizievole ma, con i grammi di petali freschi dei fiori suoi fiori, anche appetibile. Le di Robinia e ottenuta una pasta inflorescenze a grappolo infatti, morbida, la si può arricchire con che vanno raccolte prima delun cucchiaio di miele monoflorela schiusa e con il gambo, oltre ale di Robinia. Si ottiene così una che fritti, come spieghiamo nella mistura che va aggiunta a 250 ricetta, possono essere impiegati per la preparazione grammi di zucchero chiarificato con pochissima acdi deliziose marmellate cui conferiscono un gradevoqua avendo cura di togliere e rimettere il recipiente le gusto e aroma. Simile a quello del sambuco, ma sul fuoco finché si incorpora lo zucchero e la mistura secondo molti autorevoli esperti di enogastronomia, che diventerà ottima marmellata perfettamente omomolto più buono. Tanto che anche le api sembrano genea.
Fiori salati o dolci
Diverso invece l’uso dei grappoli di fiori di Robinia come ingrediente per una pietanza sfiziosa da consumarsi al momento che prevede l’immersione dei fiori in pastella e poi fritti in olio ben caldo. Si mescolano insieme i fiori e le uova ricavandone una pietanza sfiziosa e particolarmente apprezzata dai commensali.
Per quattro persone occorrono: • 16 grappoli di fiori di robinia • 2 uova • olio evo q.b. • sale e farina q.b. Sgusciare le uova in un piatto e salare leggermente. Mettere la farina in un piatto. Preparare una padella con l’olio bollente. Tenendo i fiori per il picciolo, immergerli prima nell’uovo e subito dopo nella farina, scuotere leggermente per eliminare la farina in eccesso e friggere. Servire subito in tavola. Una variante della ricetta prevede anche la versione dolce: basta eliminare il sale come ingrediente e condire il fritto con un filo di miele, possibilmente di acacia.
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CON I PIEDI SOTTO LA TAVOLA di Francesca Antonucci
La Cucina di maggio SI TINGE DI UN VIVO COLOR ROSSO BENESSERE
La mia agenda di maggio è piena di appuntamenti, e sono tutti assolutamente entusiasmanti e “calorosamente” colorati di rosso! Un colore vivace che evoca a me, come alla maggior parte, l’amore: in cucina a maggio, però, questo mio sentimento è per le fragole, le ciliegie ed i ravanelli, tutti degni rappresentanti di uno dei 5 colori del benessere I 5 COLORI DEL BENESSERE QUOTIDIANO E LA “REGOLA DEL 5”
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cco uno dei principi cardine della dieta mediterranea che è anche oggetto della campagna di sensibilizzazione “Mangia a colori - frutta e verdura 5 porzioni al giorno” del Ministero della Salute. Frutta e verdura di stagione sono la base di una dieta sana per il loro prezioso contenuto in acqua, vitamine, minerali, fibre e sostanze protettive che aiutano a combattere i radicali liberi, responsabili di molte malattie degenerative e dell’invecchiamento cellulare. I fitocomposti colorati dividono frutta e ortaggi in 5 gruppi: rosso, blu-viola, giallo-arancio, verde e bianco diversi anche per il contenuto di micro-nutrienti. Ecco un breve schema per identificare rapidamente le differenze nutrizionali dei gruppi vegetali: • Blu-viola: antocianine, carotenoidi, vitamina C, potassio e magnesio • Verde: clorofilla, carotenoidi, magnesio, vitamina C, acido folico e luteina • Bianco: polifenoli, flavonoidi, composti solforati nella cipolla e nell’aglio, potassio, vitamina C, selenio • Giallo: flavonoidi, carotenoidi e vitamina C • Rosso: licopene e antocianine Va da sé a questo punto che dovendo mangiare 3 porzioni di frutta al giorno e 2 volte il contorno, a pranzo e a cena, per un totale di “5 porzioni vegetali” è meglio che siano “tutte di colore diverso”.
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COGLIERE IL ROSSO DI MAGGIO Ciliegie, fragole e ravanelli sono pronti per essere raccolti, consumati, conservati e non sprecati! Meglio approfittarne ogni giorno: • le ciliegie hanno una spiccata azione sfiammante e drenante, sono ricche di vitamina A, C e di sali minerali come ferro e potassio; • le fragole sono particolarmente ricche di vitamina C, circa il 50% in più delle arance e sono naturalmente diuretiche, remineralizzanti e depurative; • i ravanelli sono una ricca fonte di vitamine B, C e sali minerali. Tra gli ortaggi, però, non si può certo dire che i ravanelli siano tra i più amati: sono leggermente piccanti e ciò non incontra il favore di tutti i palati. Peccato davvero perché sono un alimento con una dimostrata attività diuretico-depurativa per l’elevato contenuto di acqua e potassio a fronte di una bassa concentrazione di sodio. Questo vantaggio può essere facilmente mantenuto nelle insalate fresche proprio aggiungendo i ravanelli: il gusto già intenso viene esaltato dall’olio extra vergine di oliva e da un po’ di aceto, tanto da consentire di evitare l’aggiunta di sale.
CON I PIEDI SOTTO LA TAVOLA
IN CUCINA PER CONSERVARE Fragole e ciliegie sono ottime fresche, ma maggio è anche il mese giusto per preparare qualche vasetto di marmellata. La cottura ridurrà il contenuto di vitamine della frutta, ma la quantità di sali minerali rimarrà praticamente inalterata. Le conserve di frutta fatte in casa sono ottime da spalmare su una fetta di pane per una sana e nutriente colazione, oltre che per preparare una classica crostata. Un buon accorgimento è evitare di aggiungere lo zucchero: la frutta ben matura è già naturalmente dolce. L’aggiunta di una mela tagliata a pezzi ogni 500 grammi di frutta regalerà alla marmellata un naturale sapore zuccherino e una consistenza cremosa. L’essenziale è porre la giusta attenzione alla procedura di sterilizzazione.
Marmellata di fragole SENZA ZUCCHERO Ingredienti: • 500 grammi di fragole • Succo di un limone • 1 mela Lavate le fragole, togliete il picciolo e tagliatele a cubetti. Lavate, sbucciate la mela, quindi tagliatela in fettine sottili con un coltello ben affilato. Mettete tutta la frutta in una terrina di vetro e “conditela” con il succo di un limone: mescolate e lasciate riposare per un’ora. Versate la frutta in una pentola, aggiungete un bicchiere di acqua fresca quindi cuocete a fiamma bassa per circa un’ora, o fino a quando il composto avrà raggiunto una consistenza cremosa. Versate la marmellata ancora bollente in barattoli di vetro sterilizzati, richiudeteli con il coperchio e lasciateli riposare capovolti per un’intera giornata. Lo stesso procedimento può essere utilizzato per preparare la marmellata di ciliegie: avendo l’attenzione di conservare sia i piccioli che i noccioli, perché con i primi, messi in infusione, si può fare un’ottima tisana drenante, con i secondi, invece, un cuscino riscaldante.
IN CUCINA PER NON SPRECARE Uno dei più grandi vantaggi che si hanno nel conoscere bene gli ingredienti e la loro composizione è quello di potersi permettere di “non sprecare nulla”. Ciò significa mangiare e vivere sano con un buon risparmio di denaro e anche una sensibile riduzione nella produzione dei rifiuti.
Il pesto con le foglie dei ravanelli Ingredienti per 4 persone: • 100 g di foglie di ravanelli • 40 g di parmigiano grattugiato • 20 g di pinoli • 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva Frullate le foglie di ravanelli con il parmigiano grattugiato, i pinoli e l’olio. Per ammorbidire il pesto può essere utile qualche cucchiaio di acqua bollente. In pochi minuti è pronto il condimento per la pasta.
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LEADER ALL’AVANGUARDIA NEL SETTORE DELLA VERNICIATURA A POLVERI
I punti di forza dell’azienda di Bagnoli di Sopra sono la qualità della prestazione, la tempestività dell’intervento e il trasporto puntuale per il ritiro e la consegna della merce Crescere al tempo della crisi, si può. Il segreto è offrire al cliente un servizio di qualità basato sul taglio degli sprechi della materia prima e l’ottimizzazione degli standard di produzione. Ne consegue un’alta competitività, anche in un mercato atrofizzato come quello degli ultimi anni. Non ha dubbi in proposito Guido Borella, patron della Gps di Bagnoli di Sopra. “La strada da perseguire – spiega - è quella dell’investimento, solo in questo modo si riesce ad assecondare le esigenze della clientela che giustamente si fa sempre più attenta alla qualità del prodotto e di conseguenza a come spende i propri soldi”. E per queste precise esigenze e per lo spirito imprenditoriale che lo anima che nei primi mesi del 2015 ha dotato la sua azienda, già leader del settore della verniciatura a polveri, di una nuova cabina che ha permesso di migliorare notevolmente gli standard di lavoro e la Per la verniciatura o zincatura è tutto, il servizio qualità dipende anche qualità del servizio per i propri clienti. “Il dalla pronta disponibilità dell’intervento di ringhiere e recinzioni, Gps nostro impegno – spiega patron Borella offre un servizio direttamente e allora ecco che con l’arrivo della bella – è quello di continuare a migliorarci e stagione e la necessità di apportare quala domicilio: veloce, preciso e che modifica migliorativa anche l’esterno per questo, nello scegliere la nuova docon un’ampia gamma di tazione di macchinari, ci siamo orientati delle nostre case, magari riverniciando verso i marchi leaders mondiali del setcolorazioni possibili o zincando ringhiere e recinzioni, Gps tore: Siver e Nordson, il nostro ciclo di si offre con un servizio direttamente a domicilio: veloce, preciso e con verniciatura a polveri è l’unico in Veneto ad esserne dotato”. Ma non un’ampia gamma di colorazioni possibili. Alle tradizionali tinte della scala Ral, infatti, l’azienda di Bagnoli di Sopra riesce a combinare varianti di tonalità in grado di soddisfare praticamente qualsiasi esigenza cromatica, anche per piccoli quantitativi. La risposta giusta al momento giusto, infatti, è un altro degli assi aziendali sui quali Guido Borella punta con decisione e che oggi sta dando grandi soddisfazioni, ai recenti investimenti, infatti, con il nuovo anno andranno ad aggiungersi quelli relativi alla costruzione di una nuova ala del magazzino, dove sarà più semplice il carico e lo scarico della merce e lo stoccaggio del materiale ultimato, così da risultare perfetto nel momento della consegna. Gps si è dotata dei migliori macchinari sul mercato mondiale, è l’unica ad usare attrezzature Siver e Nordson GPS Srl - Viale dell’Industria 6a Strada, 7 – 35023 Bagnoli di Sopra (PD)
CON LA NUOVA CABINA DI VERNICIATURA MIGLIORATI TUTTI I PARAMETRI DEL SERVIZIO: • Tempi di esecuzione: Maggiore velocità nei tempi di lavorazione hanno permesso un’ottimizzazione del ciclo della lavorazione con grande soddisfazione da parte dei clienti • Colore: Controllo maggiore dello spessore delle vernici anche su oggetti di piccole dimensioni. Il colore viene tutto attaccato al pezzo riducendo di due terzi lo spreco, a tutto vantaggio dell’ambiente • Qualità del lavoro: Operare in ottime condizioni permette di migliorare la qualità e la sicurezza del lavoro degli operatori dell’azienda • Nuove opportunità: Aumentate le tipologie di lavoro che possono essere eseguite. Con la nuova cabina possono essere apportati interventi anche con vernici antimicrobiche o antibatteriche per interventi su impianti di condizionamento o strumentazioni ospedaliere
IL SERVIZIO PUÒ ESSERE APPLICATO A QUALSIASI TIPO DI MATERIALE • Attrezzature per l’agricoltura • Banchi frigo e impianti molitori con la verniciatura di speciali vernici alimentari che non pregiudicano le caratteristiche dei prodotti con i quali entreranno in contatto • Recinzioni e serramenti in ferro Il massimo della pezzatura dei pezzi può raggiungere i 7 metri
GPS DA TREDICI ANNI LEADER DEL SETTORE Gps è un’azienda dai solidi numeri, attiva nel settore da ben tredici anni continua a crescere in fatturato e in commesse. Al centro della mission aziendale c’è la qualità del lavoro e la massima soddisfazione per il cliente con un’offerta che spazia da interventi di verniciatura alla zincatura a caldo su qualsiasi tipo di materiale, soddisfando ogni esigenza per la scelta delle tinte. La consegna è puntuale con imballaggi a prova di graffio che rendono sicuro ogni trasporto. L’organizzazione aziendale, infatti, permette diversi cambi di tinta giornalieri garantendo l’abbattimento dei tempi di attesa per la restituzione del lavoro ultimato e il sistema di trasporti, organizzato con diversi mezzi, consente la raccolta e la riconsegna anche di piccoli lotti di materiale da verniciare. Il costo del trasporto è irrisorio e non influisce sul costo finale del servizio che rimane tra i più concorrenziali sul mercato.
IL CICLO PRODUTTIVO Fosfodecapaggio per il materiale zincato a caldo o fosfosgrassaggio con fosfati di ferro per il materiale ferroso
Due passaggi di risciaquo con acqua di rete
Passivazione
Asciugatura in forno ad aria forzata a 120 °C
Raffreddamento in ambiente
Verniciatura con polveri, due robot agiscono in cabina più ritocchi manuali
Cottura in forno ad aria forzata a 180 °C
Rafreddamento in ambiente
Tel. 049 9535317 - Fax 049 9539007 - info@gpsverniciatura.it - www.gpsverniciatura.it
Imballaggio della merce
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RIGONI DÀ IL MEGLIO DI SÉ IN CAMPO L’azienda di Maserà di Padova da più di vent’anni si occupa del verde sportivo: dai campi di calcio della serie A ai campi da golf Calcio che passione! Passione di chi lo gioca, di chi vi partecipa come spettatore, di chi dà il meglio di sé in campo, ma per tenere in ordine il manto di gioco: soffice e liscio per le azioni ma anche verde, bello, per chi segue le partite dagli spalti o dalla televisione. L’installazione e la manutenzione del tappeto erboso nel campo di calcio richiede profonda esperienza, presume una qualche sensibi-
lità artistica ed impone la fatica di un lavoro costante. “Un lavoro certosino - spiega Flavio Rigoni creatore dell’azienda che si occupa del settore da anni, compresi i campi da golf - un lavoro che subisce limitazioni e guasti continui: dalle coperture degli stadi che non permettono alla luce di filtrare al grande sfruttamento del fondo, causato da calendari di gioco stipati di partite di coppa e di campionato. Il tappeto erboso è realtà viva che esige un’attenzione mirata: dalla scelta del terreno alla composizione del substrato, dalla qualità del seme alla distruzione di erbe
infestanti, dall’esposizione alla luce al mantenimento di umidità costante, dall’attacco di malattie al rinfoltimento… realtà viva che abbisogna di prevenzione e cure continue. Per questo è necessario affidarne l’incombenza a chi offre queste prestazioni con capacità e passione vera. Passione autentica, passione vissuta da tutti i membri dell’Azienda Rigoni Flavio - Installazione e Manutenzione di tappeti erbosi per impianti sportivi e ricreativi che operano costantemente per ottenere il massimo dei risultati in efficienza e godibilità estetica. Anche l’occhio vuole la sua parte!
Azienda Rigoni Flavio - Costruzione e manutenzione tappeti erbosi di impianti sportivi e ricreativi Via Casolina, 129 - 35020 Maserà di Padova - Tel. e Fax 049 8868014 - Cell 320 8734879
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