N. 8 - Dicembre 2014 - Gennaio 2015 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
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arte storia e natura prodotti tipici
RICORDARE
PER VALUTARE E COMPRENDERE LA COMPLESSITÀ DEL REALE
18 GENNAIO,
FESTA DEL BIANCO FIOR DI MASERÀ
citt 1 3
pulita
Scatta una foto ai rifiuti abbandonati e compila una segnalazione sul sito www.pdtre.it/cittapulita
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Descrivi con precisione i rifiuti e la loro posizione
I nostri operatori ripuliranno l’area e potrai seguire i lavori nel sito web
Non abbandonare i rifiuti! Perchè li puoi buttare nel bidone di casa tua o prenotare un servizio su chiamata Perchè si paga lo stesso il tributo sui rifiuti generando uno spreco ulteriore di risorse Perchè inquini l’ambiente dove vivi
PADOVA TERRITORIO RIFIUTI ECOLOGIA S.r.l. Via Rovigo, 69 - 35043 Este (PD) - Tel 0429 616911 - Fax 0429 616990 - info@pdtre.it
Numero 8
Direttore responsabile: Mattia De Poli Editore: Speak Out srl Piazza della Repubblica, 17/D Cavarzere - VE speakout@live.it
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Canapa, coltura tra passato e futuro AGRICOLTURA
Hanno collaborato a questo numero: Mattia De Poli Maurizio Drago Mauro Gambin Eliano Morello Loredana Pavanello Francesco Selmin Roberto Soliman Mario Stramazzo Aldo Tonelli Progetto Grafico: Think! soluzioni creative Piove di Sacco (PD) think.esclamativo@gmail.com Tel. 049 5842968 Vendita spazi pubblicitari: Speak Out srl speakout@live.it Stampa: E-Graf srl via Umbria, 26/B - Monselice (PD) grafica@e-graf.it Tel. 0429 73735
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EI SAPORI LA SCIENZA D
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Nello spazio con l’astrochef NOTIZIE DEGNE DI NOTA
Giornale chiuso in redazione il 27 dicembre 2014 Tiratura: 5000 copie Diffusione: periodico bimestrale Sped. in abb. post. € 25,00 Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) n. 23644 del 24.06.2013 Iscrizione al tribunale di Padova n. 2329 del 15.06.2013 Iscrizione del marchio presso Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (U.I.B.M.) n. PD 2013C00744 del 27.06.2013 Tutti i diritti sono riservati. Gli articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e in ogni caso citando la fonte. Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli autori. Dati, caratteristiche e marchi sono generalmente indicati dalle case fornitrici (rispettivi proprietari) In copertina: Marcello Zanin “Aria fredda”
Provincia che vai, radicchio che trovi
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Dalle Macchine agricole alle granate RNI
O STORIA E DINT
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Riviera Euganea tra storia e storie
ARTERRA
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IL MITO DELLA CAMPAGNA ARCADIA FELIX SOLO PER IL ROMANTICISMO
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GENNAIO E FEBBRAIO
MESI DELL’ACQUA E DEL FUOCO
UN TEMPO SI DICEVA:
“NON CI SONO PIÙ LE MEZZE STAGIONI”
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CORTI BENEDETTINE, IL PIÙ ANTICO MODELLO DI INDUSTRIA AGRARIA
ATLANTE STORICO della Bassa Padovana, a cura di Francesco Selmin
LA BOSCHETTONA,
SPIAGGIA PADOVANA PATRIMONIO DELL’UNESCO
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N. 7 - Novembre 2014 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
Numero 1 - Ottobre 2013 - Periodico - Distribuzione Gratuita
EUGANEI:
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N. 5 - Giugno 2014 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
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Numero 2 - Dicembre 2013 - Periodico - Distribuzione in abbonamento
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N. 3 - Febbraio 2014 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
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N. 4 - Maggio 2014 - Periodico bimestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, NE/PD
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EDITORIALE di Mattia De Poli
Ricordare G
per valutare e comprendere la complessità del reale
ente, usciamo da questo schermo ultrapiatto! Dietro l’illusione dei colori ad alta definizione e del 3D si nasconde una visione del mondo in bianco e nero e decisamente bidimensionale. Preferiamo i contorni ben definiti alle sfumature. Amiamo i contrasti e disprezziamo l’accostamento armonico di vari elementi. La chiarezza ci piace e ci rassicura, ma a quale prezzo? Un vecchio classico di Antonello Venditti recita: “ancora oggi non so se Dante era un uomo libero, un fallito o un servo di partito”. Nelle parole del cantautore romano emerge un dubbio che destabilizza: il padre della letteratura italiana merita di essere considerato come un eroe, come un perdente o come una nullità? Quale giudizio possiamo formulare? Un interrogativo che riguarda lui come tante altre personalità della letteratura o della storia, da Cesare a Giustiniano, da Pericle a Napoleone. Nel corso del 2014 molte iniziative in tutta Italia hanno ricordato Cesare Ottaviano Augusto nella ricorrenza dei duemila anni della sua morte. Ma è giusto conservare la memoria di un protagonista della storia antica come lui? Di certo, ricordare è il presupposto indispensabile per stabilire se qualcuno o qualcosa merita di essere ricordato: è l’antidoto ai pacchetti preconfezionati che semplificano la vita e addormentano le menti. Alcune fonti antiche ci presentano Augusto come il “restauratore della pace” dopo un secolo di scontri e guerre civili. Ma altri storici coevi lo presentano come colui che ha posto fine alla secolare “res publica” romana con l’instaurazione del principato, primo passo verso la nascita del vero e proprio impero. A chi dob-
biamo credere? In effetti, entrambe le considerazioni sono fondate, ma ciascuno in qualunque tempo è chiamato a valutare, se vuole, le diverse prospettive. E valutare non è sempre un’operazione facile. L’Ara pacis e le parole dei poeti del circolo culturale di Mecenate propongono un’immagine indubbiamente positiva di Augusto. Le parole di scrittori e oratori ostili nei suoi confronti, invece, sono andate spesso perdute, perché l’interessato ha messo in atto azioni di “damnatio memoriae”, facendo distruggere le opere che lo ritraevano come una figura negativa. Per valutare, dunque, dobbiamo fare i conti con i documenti che possediamo. E a volte dobbiamo affidarci alla fortuna e al caso. La storia antica non è meno stimolante della storia più recente. Come possiamo valutare, ad esempio, la Prima guerra mondiale? Fu davvero la quarta guerra di indipendenza italiana oppure questa interpretazione è il frutto di una prospettiva ideologica, che oggi non appare più credibile? Fu una guerra eroica o fu combattuta da soldati disperati, mandati allo sbaraglio? Come dobbiamo ricostruirla: sulla base dei documenti ufficiali o delle lettere e degli scritti dei soldati, che spesso ci sono pervenuti accidentalmente? La storia ci insegna che il mondo è complesso e che conoscere aspetti della civiltà apparentemente meno significativi, meno appariscenti, ci permette di guardare la realtà da prospettive diverse, che arricchiscono la nostra conoscenza. E che ci permettono di valutare meglio le cose.
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Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali
Polesine,
una terra da promuovere Un po’ sul grande fiume, un po’ sul mare. Il delta del Po, in provincia di Rovigo, è una terra dal fascino irresistibile che sa regalare emozioni uniche. Qui cielo e mare si fondono e gli orizzonti si perdono all’infinito. E’ la zona umida più vasta d’Italia, caratterizzata da lagune, isolotti, canneti che sono l’habitat ideale per 370 specie di uccelli. Non a caso è il paradiso per gli amanti del birdwatching. La storia di questa terra, compresa per la maggior parte nel comune di Porto Tolle, uno dei più estesi d’Italia, da secoli è legata al fiume Padus per gli Antichi, oggi Po, che sfocia a ventaglio nel mare Adriatico. Centro pulsante è Ca’ Tiepolo, sede del municipio, con piazza Ciceruacchio, dedicata al patriota Angelo Brunetti (detto Ciceruacchio, nato a Roma nel 1800, morì a Porto Tolle il 10 agosto 1849). Fu un oste e fervente italiano, che combatté per la seconda Repubblica romana, alla cui caduta fuggì con Giuseppe Garibaldi per raggiungere Venezia. Il soprannome “Ciceruacchio”, datogli da bambino, è la traduzione dell’originale romanesco “ciruacchiotto” (grassottello). Porto Tolle è racchiuso tra i rami del Po di Maistra e del Po di Gnocca e tagliato quasi a metà dal Po di Venezia. Questi rami formano tre isole: Ca’ Venier, Donzella e Polesine Camerini. Il paesaggio nel corso dei secoli è cambiato per i capricci della natura ma anche per l’intervento duro e faticoso della gente che da millenni vive sospesa tra acqua e terra. È il luogo ideale per gli amanti del turismo naturalistico: a piedi, in bicicletta si possono scoprire angoli mozzafiato, come le barene (isolotti sabbiosi che convogliano l’acqua dolce), gli scanni (isole o penisole emerse, lunghe anche chilometri) formati dalla sabbia portata dal fiume e modellata dal vento e dalle onde. Famoso è Scano Boa raccontato dallo scrittore Gian Antonio Cibotto da cui è stato tratto anche un film.
Inni alla natura sono le lagune o sacche, la più estesa è quella degli Scardovari, o le golene, zone umide all’interno degli argini, ricche di vegetazione e rifugio degli uccelli, alcuni rari come l’airone rosso, il falco di palude, l’usignolo di fiume, il migliarino di palude, la garzetta, la nitticora, la volpaca, gli aironi guardabuoi, l’upupa. Qui si tocca con mano il delicato equilibrio tra terra e mare, creato dal grande fiume e difeso dall’uomo: lo testimoniano le opere di bonifica ma anche la passione e la competenza con cui qui si svolgono, nelle valli, le attività legate alla pesca, in particolare dei molluschi, come la cozza di Scardovari DOP e alla coltura del riso Delta del Po IGP. La gastronomia è legata al buon pescato, sempre freschissimo, delle valli e delle lagune dove abbondano cefali, otragani, ceppie, branzini e orate. La specialità è l’anguilla alla brace o in umido. Per ulteriori informazioni consultare il sito: www.comune.portotolle.ro.it Da sempre legato al grande fiume è Taglio di Po, il cui nome ricorda la faraonica opera di deviazione del Po realizzata per volontà della Serenissima, nel 1604.
Iniziativa finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2007 - 2013 - Asse 4 Leader
messaggio pubbliredazionale
I Veneziani temevano che il Po facesse sparire con le piene la laguna veneta per questo lo “tagliarono” facendolo scorrere più a sud. Allora la terra veniva portata con le cariole, tant’è che resta il ricordo del “palio degli scariolanti”. Fondamentale, per prosciugare i terreni paludosi le opere di ingegneria idraulica, come l’idrovora di Ca’ Vendramin, oggi Museo Regionale della Bonifica. Dal Delta in bicicletta, in auto o in battello è possibi-
le risalire il Po fino a Polesella, paese rivierasco, che vanta numerose testimonianze architettoniche. Lungo l’ex alveo, dove un tempo c’era la “fossa”, chiusa dopo l’alluvione del 1951, si trovano diverse ville venete: Villa Rosetta, risale al 600 e presenta un’armonica facciata affiancata da porticati e logge; Villa Armellini è della prima metà del 700; mentre Villa Morosini del 1600, era circondata da mura e da quattro torri, ora ridotte a due a causa delle esigenze di rafforzamento del vicino argine del Po. Sempre proseguendo lungo la strada arginale del Po si arriva a Occhiobello con la chiesa di San Lorenzo, che conserva affreschi della scuola del Tiepolo. In piazza Matteotti c’è il pregevole monumento ai caduti realizzato, in marmo nel 1923, dallo scultore Giulio Nordio. All’inizio di via Savonarola c’è la dimora del patriota Carlo Cavriani. Melara è l’ultimo paese ad occidente del Polesine, la cui vita è sempre stata condizionata dal Po. Dapprima le bonificazioni benedettine e poi quelle degli Estensi riscattarono il territorio che divenne luogo d’importanza strategica con tanto di castello. Nella piazza centrale oltre alla chiesa di San Giorgio del 1600 ci sono il quattrocentesco palazzo Diani e il seicentesco palazzo Strozzi con l’elegante portale, oggi sede del Museo Nazionale della Giostra che propone un’esposizione permanente denominata “I luoghi dell’Altrove”, suddivisa in varie sezioni che tracciano la storia del Luna Park. Al progetto hanno partecipato anche i comuni di Fiesso Umbertiano e Castelnovo Bariano.
Organismo responsabile dell’informazione: Comune di Porto Tolle Autorità di gestione: Regione del Veneto - Direzione Piani e Programmi del Settore Primario
AMICI CON LE ALI di Aldo Tonelli
Le Anatre del Delta, patrimonio socio-economico e naturalistico
Percorrendo il Delta del Po, specie d’inverno, si possono osservare anatre in gran numero: arrivano qui da tutta Europa e trovano in quest’area, posta a metà strada tra il nord Europa e l’Africa, un’importantissima zona di sosta per rifocillarsi e riposare
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l grande Delta del Po, localizzato in gran parte nel territorio della regione Veneto, ci offre una delle zone naturalistiche più importanti e suggestive del nostro pianeta. Percorrendo questo territorio naturale, ma anche in gran parte modellato dall’uomo, non sarà infrequente osservare anatre in gran numero essendo quella degli Anatidi una delle componenti dell’avifauna più numerosa e importante della zona costiera veneta. Specialmente d’inverno si concentrano in queste terre anatre selvatiche che da tutta Europa e dalla Russia giungono nelle vaste zone umide che come una collana incorniciano l’Alto Adriatico: ettari di acque basse dove rifocillarsi e riposare, con un clima mite e poste strategicamente a metà strada tra il nord Europa e l’Africa. Naturalmente la contropartita è il pericolo derivante dall’uomo che fin dai secoli scorsi ha sfruttato questa risorsa a fini alimentari creando zone praticamente artificiali dette Valli, bacini posti tra i coltivi e le lagune, con acqua bassa e salamastra circondate da argini artificiali e utilizzandole, oltre che per l’allevamento del pesce, per la caccia alle anatre. Nel Delta gli Anatidi sono patrimonio socio-economico e naturalistico che merita però di essere gestito al meglio, al fine di conservarlo e poterlo quindi far fruttare. Purtroppo è anche una risorsa che sollecita i peggiori sfruttatori: il bracconaggio, la caccia eccessiva e con mezzi illeciti sono tra le più conosciute minacce, ben note anche all’estero, frenando quindi uno sviluppo turistico che potrebbe essere ben maggiore, viste le potenzialità delle zone interessate.
Cerchiamo di conoscere meglio alcuni dei tipi di anatre che potremmo incontrare durante un nostro giro nel Delta del Po. Le varie specie di anatre non sono sempre facili da distinguere: mentre i maschi, colorati e vistosi, indicano chiaramente a che specie appartengono, le femmine sono spesso di colore mimetico e molto simili tra loro. Il comportamento può aiutare sapendo che, a seconda dell’atteggiamento assunto per nutrirsi in acqua, si dividono in anatre di superficie, quelle che si immergono parzialmente lasciando emergere solo la parte posteriore del corpo, e tuffatrici, quelle che si immergono invece completamente sott’acqua per andare a cibarsi più in profondità.
Germano reale maschio
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AMICI CON LE ALI Il Germano reale è l’anatra di superficie più facile da riconoscere e incontrare in ogni stagione essendo il maschio grigio con la testa verde iridescente e becco giallo mentre la femmina è chiazzata e striata di marrone, molto mimetica sul terreno. Quasi sempre viaggiano in coppia e nel dialetto del Delta vengono chiamate rispettivamente Masorin e Anara.
corpo grigio, petto bianco e testa marrone. Le anatre più piccole, la metà di un Germano reale, sono l’Alzavola, Sarsegna, e la Marzaiola, Crecola: nella prima il maschio ha testa marrone scuro con banda verde mentre la seconda, più rara e più facilmente osservabile, come dice il nome, durante il passo primaverile, ha testa marrone con una banda bianca.
Mestolone e Fischione
Alzavola e Marzaiola
Il Fischione, Ciosso e Ciossea, è invece la più numerosa anatra invernale, un po’ più piccola del Germano reale e di solito in gruppi numerosi che si spostano dal mare all’entroterra e viceversa. Il maschio è sgargiante, grigio-blu con testa castana e vertice giallo, femmina marrone ma meno striata rispetto a quella del Germano reale. Un’altra anatra ben riconoscibile è il Mestolone, Fofano, grazie al becco massiccio, largo e piatto. Il maschio ha testa verde-nera in contrasto con il petto bianco e corpo marrone, evidente occhio giallo mentre la femmina è simile a quella del Germano reale.
La più grande tra le anatre tuffatrici è il Moriglione, Magasso, con il maschio che ha un tipico occhio rosso su testa rossicia intensa, corpo grigio con petto e posteriore nero. La femmina ha lo stesso disegno ma colore di base grigio-marrone. Altra tuffatrice è la Moretta, Penacin, con il maschio che è nero con fianchi bianchi evidenti, occhi gialli e lungo ciuffo sulla nuca. La femmina è bruna uniforme. Altre specie di anatre sono più rare da incontrare ma per ultima voglio ricordare la Moretta tabaccata, Risarola, un’anatra tuffatrice color tabacco tra le più rare d’Europa che in Italia ha avuto una ripresa negli ultimissimi anni proba-
Codone e Canapiglia
Moriglione e Moretta
Il Codone, Asià, e la Canapiglia, Pgnolo, sono anatre meno frequenti e di non facile identificazione tranne il maschio di Codone per la coda e il collo lunghi,
bilmente per le migliorate condizioni ambientali e la maggiore protezione: riuscire a vederla quindi è sempre un emozione e un segno di speranza per il futuro.
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LA MEMORIA DI CARTA di Roberto Soliman
Tempo di maiale,
Foto Fotogamma
maiale nel tempo Viveva, in ogni corte: solo, incompreso, anonimo, eppure indispensabile. Ora viene rivalutato, umanizzato e dotato di nome: sul Web con la “Porcellina Priscilla” e in TV con “Peppa Pig”. Ma come è stato il reale rapporto di questo animale con l’uomo nei secoli?
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uello che succede oggi negli Stati Uniti d’Acava un porco grasso nel mese di Maggio a lei dedimerica, sarà di moda domani da noi. Negli cato, infatti Maggio, in latino Maius, deriva da Maia. USA, alcuni personaggi famosi si fanno foI Sumeri furono i primi ad usare il sale per la consertografare con il maialino al guinzaglio, domani lo favazione delle carni, in particolare quelle del maiale, ranno anche le nostre attricette in cerca di pubblicipratica poi estesa a tutto il Mediterraneo. tà nei Media. I bambini del mondo evoluto seguono Anche i Romani si cibavano di maiale, famosi sono con attenzione estrema le vicende di Peppa Pig & diventati: “I Banchetti di Trimalcione”, dove la porCompany in TV. La tata preferita era una scrofa alimentata solo a Il nome “maiale” sembra Porcellina Priscilla fichi, affinché la carne fosse più dolce. Marzio appurato derivi dalla dea Porcio Catone nel II sec. d.C. insegna, nel “De spopola sul Web. Questi animali che Maia, che nella mitologia Agricoltura”, l’arte di fare il prosciutto crudo. vengono artificialgreca era figlia di Atlante La famosa Via Panisperna di Roma deriva da mente umanizzaPane (Panis) e Prosciutto, visto che la perna e madre di Mercurio ti e chiamati con era la coscia prosciugata, e prosciutto deriva nome proprio, facendoli vivere la nostra quotidianità, appunto da prosciugare. Sembra che dei frati, in quelsono sempre stati considerati così? Che messaggi ci la strada, distribuissero ai popolani pane e prosciutto. lanciano i Media avvicinando la vita del maiale a quelDecisivi sono risultati i maiali nella seconda e conclula dell’uomo? siva battaglia dei Romani contro Pirro, re dell’Epiro, Cerchiamo allora di fare chiarezza su questo argodel 275 a.C. a Maleventum, poi ribattezzata Benemento. La storia e le consuetudini ci vengono inconventum. Pirro aveva introdotto gli elefanti in guerra, tro per evitare, un domani, di essere additati come battendo i Romani nella prima battaglia, ma nella se“cannibali” dai nipoti, se assaggiamo le classiche “tre conda i Romani invertirono le sorti. Infatti attaccarono con una mandria di maiali, che con i loro stridii spafette di salame” che, come dice la canzoncina, “non ventarono gli elefanti. Al Re Sole (1638 - 1725) pare han mai fatto male!”. Il nome “maiale” sembra appupiacessero i sanguinacci bianchi, di origine italiana, rato derivi dalla dea Maia, che nella mitologia greca era figlia di Atlante e madre di Mercurio. Le si sacrifiinsaccati con: sangue di maiale, patate, pane, lardo e
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LA MEMORIA DI CARTA o “grugnire”, quando li si portava da mangiare, semspezie. Fu il Cardinal Giulio Albertini, un diplomatico brava un “rutto”, consentito e stimolato, ancor oggi, Piacentino, a portare la fama dei salumi italiani nelle solo ai bambini. Queste “antipatie” lo facevano releCorti di Francia e Spagna, nei primi del Settecento. gare lontano dalla casa e dagli altri animali: nel porciSant’Antonio Abate (festeggiato il 17 di Gennaio e le! Però ha aiutato i nostri avi a sopravvivere in tempi vissuto pare 105 anni tra il III e IV sec. d.C.), è stato di mancanza di frigoriferi e di supermercati, al punto raffigurato per secoli, nelle stalle, con il maiale che si che mi sento di dire strofina a una gamba, e deve la sua fama al fatto che nella sua vita eremitica, nel de- Nell’Oroscopo Cinese i nati che noi siamo qui anserto egizio, venisse inutilmente tentato dal nel 1935 - ‘47 - ‘59 - ‘71 - ‘83 che grazie a questo demonio: siccome i paleocristiani imma- ‘95 e 2007 sono sotto il animale che ha dato ginavano il diavolo con le sembianze del Segno Zodiacale del maiale da mangiare ai nostri “vecchi”, nei mesi in maiale, questo animale è stato affiancato al cui la natura era ferma, bloccata da un freddo intenso, santo che, appunto, ha vinto il demonio. e i granai erano svuotati. Difficili erano i mesi di Aprile Inoltre, nel Medioevo, i monaci Antoniani francesi, lee, soprattutto, Maggio detto il “mese dai denti lunghi”, nivano con il lardo del maiale “l’Herpes Zoster”, così perché non c’era più niente da mangiare e il nuovo questa malattia virale cutanea, causata dal virus della raccolto doveva arrivare! Varicella, è diventata: il “Fuoco di Sant’Antonio”. SucDa piccolo, quando lo si comperava, era: “el mas-cecessivamente, nell’iconografia popolare, al maiale to”, poi diventava “nino”, “porco”, “mas-cio”, ”bosegasono stati aggiunti gli altri animali da cortile e sant’Anto”; non aveva un nome proprio come i buoi e l’asino. tonio Abate è diventato il protettore degli animali delSolo mio amico Prospero, l’ultimo in paese ad allela fattoria. vare il maiale in corte, li chiama con nome proprio. Nell’Oroscopo Cinese i nati nel 1935 - ‘47 - ‘59 - ‘71 Alleva sempre una femmina all’anno, chiamate vol- ‘83 - ‘95 e 2007 sono sotto il Segno Zodiacale del garmente: “scrofe”, “roje” o “luje”, ma lui le nobilita maiale e sono: galanti, scrupolosi e degni di fiducia e con nomi importanti come: Dirce, Penelope, Ginevra con animo artistico. Nella seconda metà del XIX see, l’ultima, Olivia. colo Phineas Taylor Barnum, titolare del famoso cirLe cura con attenzione, chiama il veterinario se hanno co, portò in scena dei maiali addomesticati che suola tosse, le fa mangiare bene e chiama i “mazzini” solo navano, riportavano oggetti, facevano dei percorsi, quando pesano più di tre quintali. Il giorno che arrivama il loro numero venne sospeso per mancanza di no i “mazzini” è festa nazionale, i successivi, dedicaspettacolarità. In Russia ci sono le poco conosciute ti a fare: salami, pancette e coppe da Premio Oscar, Olimpiadi del Maiale, dove questi animali si destregnon risponde neanche al telefono! Però gli piace ingiano in gare di nuoto, corsa e pig-ball. vitare gli amici per degustare queste cose dal sapore Queste in fondo sono curiosità storiche, ma la realtà antico e che non hanno prezzo. Il vino, naturalmente, dei nostri campi, e dei nostri progenitori, parla di una è di sua produzione, fatto con la sua uva. Scusate se coesistenza di sopportazione-interessata verso il manon vi dò l’indirizzo del mio amico Prospero! iale. Non lo si poteva usare come i buoi e l’asino per i lavori agricoli, era sempre sporco e il suo “grufolare”
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AGRICOLTURA di Mauro Gambin
Dal passato una coltura del futuro La canapa dopo essere stata messa da parte all’alba del boom economico dalle fibre sintetiche come il nylon lo sisal o la yuta, ha tutte le carte in regola per riprendersi il suo posto nel tessile e non solo. La canapa, infatti, è un campione di versatilità che può trovare impiego in molti campi della produzione La cannabis sativa, da non confondere con la cannabis indica, è la specie più comunemente coltivata per la produzione di fibre tessili. La canapa si semina a febbraio/marzo
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arlando di questi anni è sempre più diffusa l’opinione che stiamo vivendo un’epoca di transizione, di trasformazione, di passaggio. Opinione certo oggettiva, perché maturata in seno a una crisi che ha spazzato via in modo definitivo un modello di sviluppo e le certezze che ne erano connesse, portandoci in un limbo dove non si intravede affatto il futuro e regna invece sovrana l’incertezza. Insomma, siamo in transito verso dove? Un nuovo modello di sviluppo ancora non c’è e peggio ancora non c’è nemmeno l’idea di come dovrebbe essere. Come sarà? Ce lo dovrebbero dire i politici, ma se fosse davvero così dovremmo anche rassegnarci a “stare freschi”, metaforicamente parlando. Evidentemente le risposte stanno da un’altra parte, stanno in un tessuto sociale di cui ognuno di noi è parte integrante e dove ognuno di noi, se davvero avesse raggiunto la piena consapevolezza di questa inevitabile trasformazione, dovrebbe chiedersi: che cosa non sarà mai
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più come prima? In inglese: Never the same again? In acronimo: M+C.P.? E la lista dovrebbe partire dal consumo di risorse, perché sappiamo essere limitate; dal sistema produttivo, perché spreca troppa energia; dagli stessi prodotti, perché noi stessi non potremmo più essere quelli di prima. Il futuro inevitabilmente sarà una questione si scelte: nuove, ma forse neanche più di tanto perché non è detto che per il futuro serva un modello inedito, dovrà essere più razionale e rispondere a più esigenze. Tutto qua. Per questo è quasi sicuro che nel “domani” ci sarà la canapa. Questo prodotto del passato, infatti, dopo essere stato messo da parte all’alba del boom economico dalle fibre sintetiche come il nylon, lo sisal o la yota, ha tutte le carte in regola per riprendersi il suo posto nel tessile e non solo. La canapa, infatti, è un campione di versatilità che può trovare impiego in molti campi della produzione: dall’edilizia, come sostituto del cemento e dei mattoni (ne è un esempio
AGRICOLTURA tutto italiano il biomattone che cattura le emissioni di Anche per quanto riguarda l’aspetto del ritorno ecoanidride carbonica e garantisce un ottimo isolamento nomico della coltivazione le stime sono interessantermico ed acustico), all’alimentare, dove i suoi semi ti. Secondo Acocanapa le previsioni per ettaro, oltre sono considerati come un alimento sorprendenteal contributo UE sui seminativi, che varia da zona a mente nutriente che contiene tutti gli amminoacidi zona da circa 100 a circa 450 euro, la canapa produconsiderati fondamentali per la sintesi delle proteine ce mediamente 130 quintali di bacchetta secca che da parte del nostro organismo. Di più: la canapa funsul mercato europeo frutta la somma di circa 15 euro. ziona benissimo come sostituto del legno, e dunque Lo scoglio da superare come sempre se non è la bunella produzione di cellulosa per la carta, come alterrocrazia sono i retaggi culturali e dopo il divieto di nativa della plastica in previsione di un progressivo coltivazione, imposto dalle Nazioni Unite nel 1961 e la e necessario distacco dal petrolio e dai suoi derivati successiva revoca del 1990, poco è stato fatto per il dei quali, la canapa, è perfetto sostituto anche per la ritorno di questa coltivazione, forse perché macchiaproduzione di combustibili da ta per via del suo contenuto di Non è detto che per il futuro biomasse. Utilizzare la canapa THC, il tedraidrocannabinolo serva un modello inedito, dovrà come materiale di partenza per ossia la sostanza psicoattiva la combustione non incremen- essere più razionale e rispondere alla base del suo impiego come terebbe infatti i quantitativi di stupefacente. In Italia la canapa a più esigenze. Tutto qua. CO2 rilasciati in atmosfera, in può essere coltivata a condiquanto l’emissione di anidride carbonica durante la zione che appunto venga coltivata una varietà a bascombustione sarebbe controbilanciata dal quantitatiso tenore di THC (inferiore allo 0,2%) compresa nel vo di CO2 assorbito dalla canapa stessa nel corso delRegistro Europeo delle Sementi e che sia seguita la la coltivazione delle relative piante. Altro punto di forprocedura stabilita dalla Circolare del MIPAF n.1 dell’8 za della canapa è proprio il suo impiego in campagna maggio 2002. A frenarne il decollo nel nostro paese dove è già considerata la più importante coltura da invece è la mancanza di chiarezza sulle produzioni rotazione impiegabile per i terreni. È già di per se un alimentari e ancora la mancanza di macchinari agriprodotto biologico, in quanto non ha bisogno di tratcoli per la prima trasformazione, come per la sepatamenti e in più e autodiserbante, le piante di canapa, razione della fibra dal canapulo, operazione che una infatti, crescono più velocemente delle infestanti sotvolta veniva eseguita a mano, una volta, cioè quando, traendo a quest’ultime gli spazi vitali; non ha bisogno è giusto precisarlo, il nostro paese era il secondo nel di irrigazione e migliora la struttura del terreno grazie mondo per produzione (dopo al Russia), con 79.477 all’abbondante e profondo apparato radicale e al rilaettari coltivati e con un rendimento di 795.000 quinscio di foglie a fine ciclo. tali annui, e il primo per qualità.
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AGRICOLTURA La grande capacità marinara e l’efficienza nell’organizzazione economica delle imprese mercantili erano solo due dei fattori che determinarono la grandezza della marineria veneziana. Per assicurarsi la supremazia sui mari, Venezia, doveva poter contare su un terzo fattore, non meno importante: la possibilità di costruire le sue navi. L’arsenale rappresentò in questo la risposta alle esigenze della Serenissima, anzi ne divenne l’emblema essendo una struttura organizzatissima che a tutti gli effetti può essere equiparata a un’industria moderna. La prima catena di montaggio della storia nasce proprio Maestranze qui e insieme a figure impegnate sul specializzate, come proti, controllo della qualità calafati e maestri d’ascia, delle materie prime: all’arsenale lavoravano maestranze impegnate legno, fibre tessili, sul controllo della qualità cordame erano oggetto di continui e delle materie prime: legno, fibre tessili, cordame approfonditi test erano oggetto di continui e approfonditi test. Proprio l’approvvigionamento di canapa, necessario per le vele e per le corde, fu oggetto di un’operazione audace da parte della Serenissima, che anche sulla disponibilità di questo materiale puntava ad essere autarchica. In precedenza per la canapa, Venezia, dipendeva dalle importazioni dai mercati emiliani e da quelli della città di Tana, emporio delle fibre russe ed ucraine, e, per aliquote minori, dalle Marche e dal Piemonte. I rapporti commerciali così stabilitisi vennero, tuttavia, sottoposti a crescenti tensioni durante l’ultimo Trecento: il tasso di crescita della domanda, sospinta dal fiorire dei traffici e dall’ampliarsi delle flotte in tutto il mondo occidentale, accelerò ulteriormente, mentre l’offerta, bloccati gli accessi al Mar Nero dall’irruzione turca nel Mediterraneo orientale, venne progressivamente privata degli apporti pontici. Rimaneva in piedi Bologna per la produzione della preziosa fibra, ma la classe dirigente veneta iniziò a considerare i Bolognesi non solo monopolisti di una merce essenziale, ma anche detentori di un’arma di ricatto al tempo steso politico ed economico, la cui potenza doveva essere, se non eliminata, almeno effettivamente smorzata. Maturò così, sotto la duplice pressione dell’avanzata turca e della lotta per il dominio dell’Italia Settentrionale, la decisione di sfruttare le terre padane per modificare a proprio vantaggio una situazione altrimenti bloccata in un’insidiosa dipendenza commerciale. Una volta sancito il ruolo fondamentale dello Stato nella creazione e gestione delle colture venete, vennero identificate le terre più adatte all’esperimento, definiti con precisione le estensioni coinvolte, acquisite le com-
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Qui a fianco: la mappa illustra il complesso sistema di canalizzazione delle acque attinte dal Frassine che venivano utilizzate per alimentare i numerosi maceratoi pubblici e privati indispensabili nel ciclo di lavorazione della canapa a Montagnana. Alla raccolta delle piante doveva infatti seguire la loro macerazione in acqua per liberarne la fibra. Il prodotto veniva quindi riposto nel magazzino di raccolta (la locale “Tana”) e successivamente inviato a Venezia. In età moderna il Montagnanese - ma anche il Colognese e l’Estense - fu una delle principali aree di coltivazione della canapa destinata alla produzione di tele e cordami ad uso dell’Arsenale di Ve n e zia.
AGRICOLTURA petenze tecniche necessarie ad una coltivazione ancora poco conosciuta, create nuove infrastrutture. In primo luogo fu allora stabilito che la “canapicoltura nazionale” si sarebbe sviluppata tra Montagnana, Este e Cologna. Le piantagioni, poi, si sarebbero avvalse dell’intero “Palù di Prora”, un’area di proprietà della comunità di Montagnana, suddivisa in numerosi lotti ed affittata ai coloni locali, alla quale sarebbero poi stati aggiunti altri terreni della provincia ottenuti imponendo a tutti i conduttori di quelle terre di coltivare a canapa due campi per ogni paio di buoi posseduti.“Item volemo ed ordenemo”, recita la “parte” istitutiva delle piantagioni venete approvata il 25 ottobre 1455, “per dare principio al semenare di detti canevi che i cittadini di Montagnana e suoi borghi [...] per nostra decisione debbano seminare per cadaun paio di buoi campi doi di canapa”. Il risultato fu di disporre di circa 800 “campi” vincolati. Definiti gli ambiti e l’entità delle coltivazioni, il Senato volle applicare alla canapicoltura padovana le migliori tecniche e competenze allora disponibili e dotarla di infrastrutture capaci di assicurare la massima qualità del prodotto. A tal scopo fu assunto Michele da Budrio, un agronomo emiliano esperto nella materia, a cui venne affidata la direzione “tecnica” del progetto. Bastimenti carichi di canapa lasciarono allora la laguna per l’Olanda, Brema, Amburgo o addirittura l’Inghilterra, dove la materia prima, trasformata in gòmene e manovre, serviva nelle più grandi flotte d’Occidente.
DOPO IL VOTO, ECCO I NUOVI ELETTI NEL CONSORZIO ADIGE EUGANEO Decorso il tempo per l’eventuale presentazione di ricorsi, i dati delle elezioni diverranno definitivi ed entro il 2 febbraio si dovrà riunire la prima seduta dell’Assemblea per convalidare gli eletti e procedere alla nomina per votazione del Presidente e del Vice presidente del Consorzio Padova (4 soggetti) e il Rappresentante della Regione del Si sono svolte domenica 14 dicembre 2014, le elezioni per Veneto per costituire la nuova Assemblea che nel periodo il rinnovo dei componenti dell’Assemblea del Consorzio 2015-2019 guiderà il Consorzio. di Bonifica Adige Euganeo di Este. Come previsto dalla Il procedimento elettorale che è vigente legislazione regionaabbastanza complesso, prevele in materia, ogni cinque anni, Nei 28 seggi allestiti nel comprensorio, sono andati a votare complessivamente de che ogni proprietario di beni i consorziati sono chiamati ad immobili iscritto nel catasto coneleggere i 20 membri elettivi 7.320 consorziati, con una percentuale sortile (e quindi contribuente del in rappresentanza degli stessi pari al 7,885 degli aventi diritto Consorzio) sia titolare del diritto Consorziati, che affiancheranno di elettorato attivo e passivo nell’ambito della fascia di i tre Rappresentanti dei Comuni (eletti da una specifica contribuenza in cui rientra. Per il Consorzio Adige EugaAssemblea dei 70 sindaci del territorio), i rappresentanneo sono state definite tre fasce di rappresentanza. ti nominati dalle Province di Verona, Vicenza, Venezia e
FASCIA Prima Seconda Terza
LIMITI CONTRIBUTIVI
DITTE
CONTRIBUENZA DI FASCIA
SEGGI SPETTANTI
Inferiore a € 130,16
79.903
€ 2.737.940,00
5
Da € 130,16 a € 720,13
10.373
€ 2.986.313,42
7
Superiore a € 720,13
2.616
€ 6.366.675,32
8
TOTALI
92.892
€ 12.090.928,74
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Consorzio di Bonifica Adige Euganeo www.adigeuganeo.it
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Modesta è stata la partecipazione al voto dei consorziati in prima fascia, molto probabilmente a causa di uno scarso interesse motivazionale Nei 28 seggi allestiti nel comprensorio, sono andati a votare complessivamente 7.320 consorziati, con una percentuale pari al 7,885% degli aventi diritto al voto; il dato relativo all’afflusso e alla partecipazione deve comunque essere letto con riferimento alle fasce di contribuenza, facendo notare che in Prima fascia hanno votato il 5,11%; nella seconda fascia il 20,42% e nella Terza Fascia il 42,55%, con rispettivamente 4.089, 2.118 e 1.113 votanti nelle rispettive fasce. La modesta partecipazione al voto dei consorziati in prima fascia è molto probabilmente correlata ad uno scarso interesse motivazionale verso l’attività consortile, frutto anche dello scarso coinvolgimento di carattere contributivo nei confronti del Consorzio: si tratta di consorziati che in media pagano un contributo consortile annuo di circa € 34-35. (per la maggior parte proprietari di beni immobili urbani di tipo residenziale). Viceversa, per quanto attiene alle altre fasce, il numero dei votanti è stato in linea con le precedenti elezioni consortili. Alla fine delle votazioni, sono stati eletti: FASCIA PRIMA • Sguotti Luciano di Conselve (Lista Agrinsieme) • Albertin Sante di Baone (Lista Agrinsieme) • Zanaica Simone di Cinto Euganeo (Lista Campagna Amica) • Zambolin Francesco di Conselve (Lista Campagna Amica) • Camera Marco di Urbana (Lista Consorzio di Cittadini) SECONDA FASCIA • Capello Mattia di Stanghella (Lista Agrinsieme) • Bertin Mauro di San Pietro Viminario (Lista Agrinsieme) • Bertin Fabrizio di Correzzola (Lista Agrinsieme) • Bertin Lorenzo di Monselice (Lista Campagna Amica per la Bonifica) • Borella Guido di Stra (Lista Campagna Amica per la Bonifica)
• Girotto Flavio di Pozzonovo (Lista Campagna Amica per la Bonifica) • Gastaldi Gabriele di Candiana (Lista Campagna Amica per la Bonifica) TERZA FASCIA • Zanato Michele di Ponso (Lista Agrinsieme) • Sattin Chiara di Monselice (Lista Agrinsieme) • Barbetta Michele di Carceri (Lista Agrinsieme) • Roverso Giuliano di Pojana Maggiore (Lista Agrinsieme) • Fin Luciano di Megliadino San Fidenzio (Lista Agrinsieme) • Dal Toso Giovanni di Boara Pisani (Lista Campagna Amica per la Bonifica) • Galante Paolo di Granze (Lista Campagna Amica per la Bonifica) • Garolla Valerio di Montagnana (Lista Campagna Amica per la Bonifica) Come si vede le tre Liste che hanno concorso alle elezioni consortili hanno avuto rispettivamente Agrinsieme 10 eletti, Campagna Amica & Campagna Amica per la Bonifica 9 eletti e Consorzio di Cittadini 1 eletto. Ricordando che per le disposizioni della Legge Regionale sui Consorzi di Bonifica, le riunioni dell’Assemblea sono valide se è presente la maggioranza degli eletti (ossia 11 consiglieri votati dai Consorziati), risulta evidente che le Liste che hanno partecipato alle elezioni devono trovare un’intesa per poter governare in modo ordinato e regolare il Consorzio (in quanto nessuna lista ha ottenuto la maggioranza assoluta). Decorso il tempo per l’eventuale presentazione di ricorsi, i dati delle elezioni diverranno definitivi ed entro il 2 febbraio si dovrà riunire la prima seduta dell’Assemblea per convalidare gli eletti e procedere alla nomina per votazione del Presidente e del Vice presidente del Consorzio e degli altri componenti del Consiglio di Amministrazione. Tenuto conto dell’importanza strategica del Consorzio nel presidio territoriale e nelle attività di riduzione del rischio idraulico e di razionale uso della risorsa acqua, nonché delle difficoltà gestionali connesse al periodo storico che stiamo vivendo, è importante e fondamentale assicurare al più presto un assetto organizzativo all’Ente di Bonifica.
ESTE Via Augustea, 25 - Tel. 0429 601563 Fax 0429 50054 CONSELVE Viale dell’Industria, 3 - Tel. 049 9597424 Fax 049 9597480
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PAROLA DI TECNICO di Eliano Morello
REGOLE CHIARE, prodotti della terra sicuri Negli ultimi anni l’Italia ha fatto passi da gigante nell’uso consapevole dei prodotti agricoli per la tutela ambientale, per la salubrità e la sicurezza dei prodotti agricoli, nonché alla salute del produttore e del consumatore
C
on D.G.R. n° 1379 del 17 luglio 2012, la Regione del Veneto ha emanato gli indirizzi per un corretto uso dei prodotti fitosanitari (un impegno e un dovere per tutti gli agricoltori), che può esplicarsi anche attraverso le tecniche della produzione biologica e integrata, con il fine di salvaguardare la salute, la biodiversità, l’ambiente e il territorio e di andare incontro alle esigenze di chi lavora e produce, dando così un contributo alla crescita economica, sociale e culturale della nostra Regione. Questi indirizzi sono uno strumento rivolto alle diverse figure professionali e agli utilizzatori occasionali (orti e giardini), i quali devono seguire le regole stabilite dalla normativa comunitaria, nazionale e regionale e dai regolamenti comunali. L’allegato A contiene gli indirizzi: si parte dallo scopo e dal campo di applicazione (tutto il territorio regionale), passando per le definizioni, l’etichettatura del prodotto, la vendita (locali, autorizzazioni ecc,), il trasporto, la conservazione dei prodotti fitosanitari, la pianificazione del trattamento, la preparazione della miscela, l’esecuzione del trattamento e la sua registrazione, per arrivare, infine, a stabilire le operazioni successive al trattamento (si tratta di un’anticipazione del piano d’azione nazionale in quanto recepisce le indicazioni della Direttiva 128 del 2009). L’Unione Europea è sempre stata molto sensibile al tema ambientale, a quello della salubrità e della sicurezza dei prodotti agricoli, nonché alla salute del produttore e del consumatore.
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Già nel 1992 aveva emanato un regolamento (n° 2078) che, attraverso contributi, premiava gli agricoltori che applicavano tecniche di difesa integrata e biologica.
Corretto orientamento dei getti
Nonostante siano passati molti anni c’è ancora bisogno di scrivere regole per far passare concetti e far rispettare le modalità di impiego dei prodotti utilizzati in agricoltura. La riflessione che mi accingo a fare scaturisce dalla visione di uno spot della Rai (europa. rai.it) andato in onda il 14 novembre 2014. L’Europa e i pesticidi (nome dello spot) informava il pubblico sui progressi fatti dalla nostra agricoltura, dello sforzo compiuto dalla Comunità Eurpoea nella revisione dei prodotti antiparassitari e della notevole riduzione di questi ultimi (si passa da circa 1000 molecole autorizzate - prima della revisione iniziata nel 1993 - a meno di 400 - dopo la revisione). Un altro spot dal titolo “La
Agricola Lendinarese s.n.c. via Matteotti, 34 - Lendinara (RO) - tel. 0425 1684204 - agricolalendinarese@gmail.com
PAROLA DI TECNICO sicurezza alimentare in Europa e in Italia” metteva l’accento sulla quantità di analisi e di controlli eseguiti nel solo 2012 (500.000) dal Ministero della Salute. Lo spot chiudeva affermando che le procedure devono essere sicure e ricordandoci che il rischio zero, almeno per il momento, non esiste. Nonostante tutto ciò i cittadini si sentono comunque insicuri, non protetti e scarsamente tutelati. Per questo motivo sull’onda emotiva del caso “Malosco” (TN) la Regione Veneto ha emanato una “proposta di regolamento comunale sull’uso dei prodotti fitosanitari” (allegato B alla Dgr n. 1379 del 17 luglio 2012 - 6 pagine). Art. 1 - Utilizzo e campo di applicazione dei prodotti fitosanitari (intero territorio comunale, casi di esclusione); Art. 2 - Definizioni (centro abitato, aree di protezione, aree di tutela assoluta, aree di rispetto, aree agricole, aree extra agricole e fasce di rispetto) Art. 3 - Competenze e obblighi nella difesa fitosanitaria (obbligo di segnalare organismi nocivi da quanrantena, ma qualcuno dovrà dirci cosa, quando e a chi segnalare casi sospetti), Art. 4 - Preparazione della miscela per trattamenti fitosanitari (indicazioni operative); Art. 5 - Prescrizioni minime per trattamenti fitosanitari (è forse l’articolo più importante perchè detta le regole, le distanze e le fasce orarie per l’esecuzione dei trattamenti antiparassitari); Art. 6 - Comunicazioni (esposizione di opportuna segnaletica e tempo di rientro); Art. 7 - Operazioni successive al trattamento e manutenzione delle attrezzature (controllo funzionale delle irroratrici, regolazione e taratura); Art. 8 - Smaltimento della miscela residua e lavaggio delle attrezzature; Art. 9 - Conservazione e smaltimento dei contenitori e dei residui dei PF; Art. 10 - Sanzioni (le infrazioni al presente regolamento saranno sanzionate con multe da 25,00 a 500,00 euro, salvo pagare entro 60 giorni dalla contestazione in forma ridotta la somma di 50,00 euro); Art. 11 - Accertamento delle sanzioni (chi dovrà accertare e chi sarà abilitato dal sindaco); Art. 12 - Rimessa in pristino ed esecuzione d’ufficio (chi danneggia deve riparare). Qualcuno potrebbe pensare che il “Regolamento di Polizia Rurale e per l’assetto idraulico” (emanzione dei comuni in materia di corretta gestione e tutela del territorio agricolo) sia alternativo al regolamento sull’uso dei prodotti fitofarmaci, ma non è così. È vero che il regolamento di polizia rurale contiene alcuni riferimeti all’uso dei fitormaci (quello che ho letto io liquida l’argomento in 5 righe), ma non sono assolutamente sufficienti. Il regolamento sull’uso dei prodotti fitosani-
tari deve essere tarato su misura in base alle esigenze della collettività locale (comunale) tenendo bene a mente che il regolamento della regione è una proposta, una traccia, un suggerimeto a dotarsi di regole volte a garantire la pacifica convivenza dei produttori da una parte (agricoltori) e dei cittadini consumatori dall’altra. Avevo anticipato che l’art. 5 era ed è il più delicato perchè dà alcuni indirizzi e prescrizioni da osservare in prossimità di appezzamenti adiacenti alle “aree ad elevata protezione”, specialmente entro i 50 metri dove sono vietati i PF classificati T+ e T. Queste aree sono identificate tra parchi e giardini pubblici, impianti sportivi, aree ricreative, strutture scolastiche e sanitarie. In questa fascia di 50 metri posso trattare solo dopo le 18,00 e fino alle 7.30 del mattino. E se piove? Se cala la nebbia o c’è Trattamento in vegetazione la rugiada? Se si prevede pioggia? Se c’è vento? In sostanza, se le condizioni non sono ottimali, cosa devo fare? E poi, trattare in prossimità di parchi e giardini pubblici dalle ore 18,00 in poi, in estate, Trattamento al bruno non condiziona la fruizione degli stessi da parte del pubblico? Si consideri infine che entro tale fascia devo rispettare gli ultimi 5 metri in cui non è possibile effettuare alcun trattamento! Ma questa limitazione o restrizione vale anche per i diserbi? In quest’ultimo caso ciò compromette il lavoro degli operatori comunali, o ci aspettiamo che contengano le infestanti con il solo rumore dei decespugliatori?!? Come detto il regolamento ricorda anche che tra gli obblighi dell’agricoltore professionale vi è la tenuta del quaderno di campagna. Questo strumento spesso non viene compilato correttamente o non è aggiornato, e il settore in cui si riscontrano le maggiori infrazioni è l’orticoltura (un esempio è il mancato rispetto delle dosi). Molti agricoltori lamentano in sede di controllo - una pignoleria eccessiva ma non si rendono conto che distribuire 11 grammi di Harmony (diserbo) per ettaro vuol dire sforare la dose massima ammessa del 10% (1 grammo in più su 10 ammessi).
Morello Eliano morello_eliano@libero.it - Cell. 328 3999365
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Zanon Group,
macchinari per l’agricoltura innovativi e che non inquinano l’ambiente L’azienda padovana continua ad investire rilanciando sul miglioramento dei propri prodotti, in modo da soddisfare una clientela esigente e selettiva, abituata a richiedere non solo l’eccellenza qualitativa, ma anche una costante proiezione verso l’innovazione e la ricerca di soluzioni d’avanguardia Cinquant’anni e non sentirli. La Zanon Group ha da poco tagliato il mezzo secolo di attività nel settore delle forniture agricole e, malgrado la crisi, è una società che continua a crescere sul mercato mondiale con una linea che propone oltre 200 prodotti, direttamente progettati e realizzati in azienda. Era il 1964 quando Olivo Zanon fondò la Zanon Macchine Agricole, portando nella sua azienda l’esperienza che aveva maturato lavorando fin da giovanissimo in diverse Professionalità, qualità e imprese agricole, ma non innovazione, rispettando in da solo alla restò a lungo guida della pieno quelle aspettative che nuova realtà produttiva: il mercato mondiale ripone a partire dagli anni ‘70 i quattro figli, uno nel nostro “Made in Italy” dopo l’altro, entrarono a far parte dell’impresa apportando energie nuove e allargando il mercato aziendale, prima in tutta Italia e poi all’estero. Oggi sono oltre sessanta gli stati in cui le attrezzature marchiate Zanon vengono vendute. Un mercato vastissimo che tuttavia è stato costruito pezzo dopo pezzo grazie agli alti standard raggiunti dai prodotti progettati e realizzati negli stabilimenti di Campodarsego e Cadoneghe. Prodotti innovativi e tecnologicamente avanzati e ad alta performance: dalle trinciasarmenti, per i lavori più impegnativi, alle rotofalci, per la cura di prati e giardini sia di piccole che di grandi dimensioni, tutto viene realizzato con l’idea di mettere sul mercato prodotti competitivi nel prezzo, di grande qualità e durata, senza trascuVia Madonnetta, 30 - 35011 Campodarsego (PD) • Tel. 049 9200433 • fax 049 9200171
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rare il design. In questo la divisione Electronic System del gruppo Zanon è una grande risorsa. Si occupa dell’ideazione, della progettazione e della realizzazione di attrezzature elettroniche con uno sguardo sempre puntato al presente, perché tra le contingenze dell’oggi c’è anche quella di rispettare l’ambiente. E, dunque, cosa c’è di più innovativo e allo stesso tempo tradizionale in campagna di attrezzi che ne tutelino l’incolumità? Qui sta il primato dell’azienda che realizzando macchinari elettrici ed elettronici per evitare l’uso di motori a benzina oppure a gasolio. Tra i punti di forza del Zanon Group non va poi dimenticata l’efficiente rete distributiva, che consente ai rivenditori di disporre sia di una vasta ed aggiornata gamma di prodotti, sia di un magazzino ricambi per soddisfare le richieste del cliente finale. Inoltre, Zanon garantisce una rapida assistenza (24h) su tutti i prodotti della linea. Ecco il segreto di un marchio di successo: professionalità, qualità e innovazione, rispettando in pieno quelle aspettative che il mercato mondiale ripone nel nostro “Made in Italy”, ed ecco perché i fatturati dell’azienda sono in costante crescita e con essi il numero di posti di lavoro e la soddisfazione di far parte di questo prestigioso marchio internazionale. Guardare sempre avanti implica consapevolezza nei propri mezzi ed è così che Zanon Group guarda il futuro: rilanciando sempre sul miglioramento dei propri prodotti, in modo da soddisfare una clientela esigente e selettiva, abituata a richiedere non solo l’eccellenza qualitativa, ma anche una costante proiezione verso l’innovazione e la ricerca di soluzioni d’avanguardia.
mail info@zanon.it • web www.zanon.it • facebook Zanon Macchine Agricole
LA GEOGRAFIA DELLE TRADIZIONI di Mario Stramazzo
In Veneto, provincia che vai radicchio che trovi
Nella nostra regione non c’è capoluogo che non racchiuda nel suo antico centro storico la propria piazza delle Erbe, il colorato fulcro cittadino che da sempre, di buon mattino, viene ricoperto da ogni tipo di vegetali e ortaggi
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Padova, Verona, Vicenza ma anche Belluno, mercantile di ogni città calamitando le attenzioni dei Treviso e Rovigo, dove ora si chiamano piazconsumatori, affascinati dal colorato proscenio che la za Mercato, piazza Indipendenza e piazza natura, sapientemente addomesticata da ortolani e Garibaldi, non c’è capoluogo del Veneto che non raccontadini, sa offrire sui banchi del mercato, con i suoi chiuda nel suo antico centro prodotti e i suoi colori. Così, Il consumatore fra tutte storico la propria piazza delle quando l’autunno lascia spale varietà può gingillarsi Erbe. Un colorato fulcro cittazio all’inverno e i primi freddi dino che ogni giorno, di buon cominciano a pungere, ecco nel trovare e identificare mattino, viene letteralmente comparire, al centro di queste quello che più soddisfa ricoperto da ogni tipo di veirripetibili scenografie, fatte le sue papille getali e ortaggi. Ad eccezione da banchi variopinti, un colodi Venezia dove al posto della sua piazza delle erbe, re su tutti: il rosso dei radicchi veneti. Ora deciso, su che pure esiste ma non è similmente deputata alla un campo bianco di una costa croccante, come quelscopo, il cuore verde lo si trova ai piedi del Ponte di lo del radicchio di Treviso, ora sfumato nei colori doRialto, a ridosso del secolare approdo sul Canal Granrati delle tenere foglie giallo rosate o verde pastello, de, dove un tempo gli ortolani delle isole dell’estuario come quelle del radicchio di Castelfranco, o ancora lagunare giungevano a forza di remi gareggiando fra più roseo e suadente come quello di Maserà, più inloro, animati da un agonismo che non era propriatenso e quasi bluastro quello di Verona. Di contro, un mente ludico, ma che offriva la possibilità al vincitore rosso appena screziato sul bianco candido di Lusia di esibire i propri prodotti per primo e determinare oppure il rosso non dissimile da quello usato dal Tiil prezzo più vantaggioso per le proprie “erbe”. Che ziano per i suoi dipinti, con cui si identifica il radicchio in quanto “erbe”, come così s’intendono nell’idioma di Chioggia. Una lunga serie di tonalità e variazioni veneto i frutti che dalla terra giungono in città, hansul rosso di queste piante che anticipano la qualità no sempre trovato la loro migliore vetrina nel cuore organolettica di ognuno, fatta di croccante tenerez-
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LA GEOGRAFIA DELLE TRADIZIONI za, sapore delicato dalle sfumature più o meno amarognole ma in ogni caso, un piacere unico per il palato di ogni singolo consumatore, che fra tutte le varietà, può gingillarsi nel trovare e identificare quello che più soddisfa le sue papille. Pur se, a onor di cronaca, ogni r a d i c c h i o discende, per successivi incroci, da un unico capostipite che i botanici identificano nel Rosso di Treviso: pianta appartenente alla famiglia delle Composite, genere Cichorium, specie intybus, che da semplice cicoria, introdotta in Veneto nel XV secolo, venne migliorata attraverso successivi incroci e diversificata nelle varie zone. RADICCHIO DI TREVISO IGP La nascita del Consorzio del Radicchio di Treviso, nel 1996, organismo che riunisce i produttori dell’area trevigiana, disciplinando il loro lavoro, è riuscito a trasformare un alimento della povera gastronomia contadina in una vera eccellenza della più raffinata produzione alimentare del Veneto. Riconosciuto con il marchio europeo della Indicazione Geografica Protetta (IGP) il radicchio di Treviso, si presenta nelle sue 2 versioni, precoce e tardivo. Il primo con bei cespi lanceolati e compatti, con foglie carnose e forti di un rosso lucente, il tardivo è invece riconoscibile per i grumoli che risultano più morbidi e flessuosi dove il colore dominante è un rosso vinoso cui corrisponde una straordinaria delicatezza nell’aroma e nel sapore delle foglie. Il precoce arriva sui mercati da settembre a novembre mentre per il tardivo si deve attendere l’inverno e il freddo: il suo consumo va da novembre a febbraio.
RADICCHIO VARIEGATO DI CASTELFRANCO IGP Dopo aver visto le sue origini negli orti alla periferia di Castelfranco Veneto, sulla fine del 1700, prese piede come coltura invernale di ripiego, ma ai nostri giorni è al top della gamma dei radicchi coltivati, soprattutto anche per merito della sua bellezza estetica che ne fa già presagire la sua squisita bontà. Anche il variegato di Castelfranco, come il radicchio di Treviso, è frutto di un processo di forzatura colturale che riesce a accelerare e favorire l’emissione e la crescita delle foglie interne della pianta e che raggiunge effetti straordinari. Sono spesse ma non troppo, hanno una costola dorsale bianchissima con nervature appena accennate, il bordo frastagliato e il lembo esterno ondulato, quasi arricciato e di un colore che va dal bianco tra avorio e crema, al rosa al rosso con cenni di verde e di viola alternati a segni di porpora e di giallo. Un piacere per la vista degli occhi che anticipa egregiamente il suo inconfondibile sapore di una dolcezza venata di un amarognolo delicato e soave. È un prodotto commercializzato a marchio IGP e si trova in due categorie di qualità: extra e prima.
Il gusto morbido ed amarognolo, per esempio, ben si esalta nel risotto al radicchio, piatto di facile esecuzione che regala impagabili e variegati momenti di piacere 21
LA GEOGRAFIA DELLE TRADIZIONI
RADICCHIO DI CHIOGGIA IGP Il radicchio di Chioggia IGP prende il nome dal luogo che gli ha dato fama, una città di pescatori dal cui porto ci si tuffa immediatamente nelle acque marine dell’Adriatico, a sud della laguna veneta, e dove a tutto si poteva pensare salvo che coltivare, fra i piccoli lembi di terra strappati al mare a ridosso della terra ferma, un prodotto orticolo che dai primi anni venti del secolo scorso è diventato uno dei radicchi più coltivati al mondo. Pur se come ortaggio IGP, protetto da un preciso disciplinare, può essere commercializzato come tale solo dopo essere stato prodotto in ben distinte aree di comuni delle province di Padova, Rovigo e Venezia confinanti con la municipalità chioggiotta. Esportato in tutta Europa, è una tipicità di antiche tradizioni pur avendo esordito in modo massiccio nel panorama orticolo solo intorno agli anni cinquanta. Il suo colore e la sua forma lo hanno accomunato ad una rosa: la Rosa di Chioggia. E ai nostri giorni ha conquistato un posto di grande rilevanza sui banchi di verdura proprio grazie anche alla bella forma sferica, il colore rosso deciso e la corposa consistenza che ben si presta per una conservazione oltre la media. A differenza degli altri radicchi, che sono tipici dell’autunno-inverno, la sua stagione si prolunga anche negli altri mesi e nei mercati lo si trova quasi sempre per tutto l’anno; si fa più raro solo tra aprile e maggio.
RADICCHIO DI VERONA IGP Leggermente più allungato rispetto a quello rotondo di Chioggia, il radicchio rosso di Verona si presenta come un cespo a grumolo, di foglie compatte, che viene messo in commercio con una piccola parte della radice o fittone. Due le tipologie: il precoce che ha un peso per cespo compreso fra i 150 e i 300 grammi e che viene commercializzato a partire dal primo giorno del mese di ottobre, il tardivo che ha come peso di riferimento un cespo dai 100 ai 300 grammi e che rispetto al precoce, per la raccolta, deve attendere il 15 dicembre. Un periodo, questo che va da ottobre a dicembre che è legato al processo di forzatura e di imbianchimento fatto direttamente in campo dove i cespi si riuniscono orizzontalmente in grossi cumuli. Le condizioni di umidità, temperatura e luce che si hanno nei cumuli permette lo “sbocciare” di foglie nuove all’interno del cespo originario. Che a quel punto si presentano con una colorazione rossa più intensa mentre le nervature risultano più bianche. Al palato risultano croccanti con un leggero sapore dolceamaro che conferisce ancora più eleganza al gusto.
Dalla sua buona posizione fra le prime cinque province in Italia che hanno fatto dell’agricoltura e dell’agroalimentare uno dei settori più produttivi e trainanti, anche per la produzione di radicchi, Padova è diventata un vero e proprio crocevia dell’eccellenza esprimendo una riconosciuta vocazione nella produzione di tutte le diverse cicorie e nel territorio padovano vengono ormai coltivate tutte le varietà di questo ortaggio. Una bandiera della produzione veneta presente pure nelle proposte culinarie padovane sia come elemento principale che complementare. Il gusto morbido ed amarognolo, per esempio, ben si esalta nel risotto al radicchio, piatto di facile esecuzione che regala impagabili e variegati momenti di piacere al palato in ragione del tipo di radicchio, del riso e, ovviamente, di chi mescola il riso.
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RIGONI
IL TUO VIGNETO SEGUITO DALLA A ALLA Z Esperienza, professionalità e tecnologia all’avanguardia, questi sono i punti di forza dell’azienda Rigoni Flavio di Maserà di Padova, specializzata nella realizzazione di impianti viticoli Tutto dalla A alla Z, passando dalla P di progettazione, perché è proprio in questa fase che vengono create le premesse per un perfetto impianto. Ed è proprio per questo che il Gruppo Rigoni fa la differenza. Grazie alla specializzazione maturata in altri settori curati dall’azienda, come la realizzazione del tappeto erboso in importanti stadi italiani, ma soprattutto grazie alla funzionalità dei macchinari dotati di tecnologia GPS che permettono nella realizzazione del progetto uno scarto d’errore ridotto a percentuali minime, si ottengono ottimi risultati. Il sistema GPS permette rilievi rigorosi che si traducono in pro-
getti adatti a risolvere problemi di pendenze, livelli e spostamenti di terra, salvaguardando la fertilità del terreno e il contenimento dei costi. Altre peculiarità della ditta Rigoni sono l’accurata attenzione alle esigenze del cliente e la reiterazione dei rapporti per stabilire un risultato soddisfacente per entrambe le parti. La ditta inoltre è nota per la tempestività d’intervento, per la velocità di esecuzione dell’impianto, per essere in grado di fornire tutto il materiale necessario e per provvedere con competenza all’impianto di irrigazione.
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È arrivato il giorno del Bianco Fior di Maserà A Maserà domenica 18 gennaio torna la festa del Bianco Fior, arrivata alla XVI edizione. Sulla piazza del comune padovano torneranno ad incontrarsi i produttori e gli estimatori di questa eccellenza del territorio. Mercato, degustazioni, convegni, un’intera giornata dedicata a chi vuol saperne di più sul radicchio nostrano
Consorzio Ortofrutticoli e Tipici Padovani Via Bolzani, 64 35020 Maserà di Padova (PD) Tel. 049 8861456
In Veneto, solo nella provincia di Padova vengono coltivate tutte le cinque principali varietà di radicchio, sebbene non ci sia nessuna varietà che porti il nome di Padova, eccezion fatta per il Fior di Maserà. Per i padovani dunque, la festa del Fior di Maserà, è la festa del loro radicchio e anche quest’anno, per il 18 gennaio, è già tutto pronto per il più importante momento di incontro tra i produttori e gli estimatori di questa eccellenza del territorio. L’anno scorso fu un trionfo: cassettina dopo cassettina il prodotto è andato completamente esaurito nel corso della manifestazione e le premesse che lo stesso risultato si ripeta L’anno scorso fu un ci sono tutte, anche perché questo ortrionfo: cassettina dopo mai storico prodotto è sempre meno cassettina il prodotto è locale, nel senso che fette sempre andato completamente più importanti del marcato arrivano a esaurito conoscerlo e ad apprezzarlo. Strettamente imparentato con il Variegato di Castelfranco, ha tuttavia maturato caratteristiche sue proprie che lo rendono riconoscibile anche all’occhio dei meno esperti e soprattutto al palato. Il primo elemento di differenziazione sta nel procedimento di imbiancamento, inventato dai produttori della zona negli anni ‘20 del Novecento, questo particolare sistema permette alle foglie di perdere la consistenza fibrosa, di assumere croccantezza e un sapore gradevolmente dolce ma con un retrogusto amarognolo. Altra caratteristica tutta nostrana del Bianco Fior è la radice che non viene mai tagliata a raso, ma lasciata per un discreto piede alla base del cespo garantisce una durata maggiore del radicchio e quindi una fragranza e una consistenza che si mantiene meglio nel tempo. La dimensione del cespo, In caso di maltempo la manifestazione verrà spostata alla domenica successiva
Azienda agricola Rigato Cesare e Roberto s.s. Via Bolzani, 64 - 35020 Maserà di Padova (PD)
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poi, completa l’identikit: il Bianco Fior è un cuoricino di appena un paio di etti che, liberato delle foglie esterne, si presenta con dei “petali” di un bel color variegato dal verde alla bianca crema. Pronto per le tavole può essere impiegato per la preparazione di risotto, bocconcini al gratin, oppure consumato crudo, in insalate miste, o cotto. Ah una cosa va detta: la festa del Bianco Fior è famosa anche per i fornelli, il risotto è da provare e riprovare...
IL CONSORZIO, POCHI MA BUONI Il Consorzio si occupa della promozione e della salvaguardia del radicchio di Maserà, la festa di quest’anno infatti è organizzata interamente dall’associazione dei coltivatori, circa una decina di aziende, senza il contributo di enti o istituzioni. Si tratta di un gruppo di professionisti molto affiatati che stanno lavorando sodo anche per quanto riguarda la commercializzazione del loro prodotto. Come conferma il presidente Roberto Rigato, infatti, uno degli obbiettivi del Consorzio è quello di mettere in piedi un proprio mercato, in modo da controllare in modo ravvicinato la qualità del prodotto, garantendone il prezzo concorrenziale grazie alla filiera corta e all’ottimizzazione dei processi di lavorazione. Un’idea che trova i suoi più sani valori di attendibilità proprio nelle dimensioni dell’area di produzione, una superficie di circa 15 ettari che interessa i comuni di Albignasego, Battaglia Terme, Cartura, Casalserugo, Conselve, Due Carrare, Maserà di Padova, Monselice, Montegrotto Terme, Pernumia, Ponte San Nicolò e San Pietro Viminario, per una produzione che si aggira sul migliaio di quintali annui e che dunque per una volta può felicemente riassumersi nel motto di “piccolo è bello” perché oltretutto il bello è anche buono e garantito.
Il presidente del Consorzio del Radicchio di Maserà, Roberto Rigato
L’AREA DI PRODUZIONE
BIANCO FIOR E NON SOLO
La terra di Maserà non è solo bianco fior, sono tre le varietà che entrano a far parte del paniere del radicchio padovano
La Rosa di Maserà, ossia la nuova varietà di radicchio ottenuta dall’ibridazione tra il radicchio di Verona e il Variegato di Castelfranco. Rosa, perché il suo colore è inconfondibile come del resto lo è il suo sapore dolce e la costa croccante. Maserà d’altri tempi, perché di questo straordinario radicchio esiste la versione primigenia, quella delle origini. C’è stato un tempo in cui il Fior di Maserà ha corso il rischio di estinguersi, quando cioè negli anni ’90 il crollo del prezzo del radicchio aveva portato la selezione delle varietà verso i prodotti per la grande distribuzione e per questo di “stazza” più grande. Per il Maserà pareva non esserci altro destino che confondersi definitivamente nel Variegato di Castelfranco: sarebbe stato il definitivo addio ad un prodotto che nel territorio aveva diversi decenni di tradizione. Fortunatamente l’addio non c’è mai stato perché un
agricoltore aveva conservato la varietà originale, senza mai cadere nelle lusinghe degli incroci per aumentarne la redditività. Dalle cinque piantine donate al Consorzio lo scorso anno ne è nata una produzione che sta trovando il consenso del grande pubblico.
Fior di Maserà è caratterizzato da cespi di foglie larghe e tondeggianti, con variegatura di colore di lievi tonalità: dal giallino al verde, screziato di marrone, rosso porporato e viola. La forma ricorda quella di una rosa o di una orchidea (radicchio orchideo). Ha un sapore delicato, leggermente dolce, ma con un fondo amarognolo. Le caratteristiche morfologiche sono date dalla forzatura, l’imbianchimento e la preparazione dei cespi che determinano l’accrescimento delle foglie centrali, uno sviluppo ridotto della radice, foglie croccanti e la nervatura centrale della foglia poco sviluppata. Le operazione di semina per il radicchio variegato devono essere effettuate dal 1° giugno al 15 agosto. Il trapianto avviene dal 15 giugno al 31 agosto; la raccolta
inizia il 20 settembre. L’operazione fondamentale per la produzione di tutte e tre la varietà del Consorzio è quella di forzatura-imbianchimento. Dopo la raccolta il radicchio viene assemblato in cassette che sono raggruppate e coperte con film plastico nero, direttamente sul campo e lasciate a riposo per 3-4 giorni. Successivamente vengono stivate in appositi locali a 16-18°C con umidità accentuata fino ad imbianchimento avvenuto. Con questo processo si pongono i cespi in condizioni di formare nuove foglie le quali, in assenza di luce, sono prive o quasi di pigmenti clorofilliani e mettono in evidenza la variegatura sullo sfondo della lamina fogliare; inoltre perdono la consistenza fibrosa, assumono croccantezza e un sapore gradevolmente amarognolo. Un consiglio: Quando si acquista il radicchio, le foglie non devono essere appassite o troppo bagnate: il contenuto vitaminico dipende, infatti, dalla maggiore o minore freschezza.
I fertilizzanti, in forma solida, possono essere somministrati al massimo 3 o 4 volte, tuttavia spesso la somministrazione del concime alle piante diventa inefficace in quanto il momento in cui questo può essere distribuito non coincide il periodo in cui le piante hanno massima necessità di nutritivi. Un modo per ovviare a questi inconvenienti è distribuire il concime, opportunamente disciolto in acqua, nell’impianto d’irrigazione a goccia
IRRIFERT,
le soluzioni giuste per evitare gli sprechi L’azienda Irrifert ha sede a Lusia, la terra degli orti e del rinomato Consorzio dell’insalata Igp, specializzata nei rami dell’irrigazione e della fertirrigazione propone un servizio che parte dalla consulenza e accompagna tutte le fasi di realizzazione di un impianto: dalla progettazione del miglior sistema di aspersione, in ragione a colture e tipo di terreno, alla sistemazione del fondo fino alla posa in opera, accompagnando il cliente anche nelle fasi di individuazione del miglior periodo per gli interventi in campagna IRRIFERT S.r.l. Via Martiri della Libertà, 475 - Lusia (RO)
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Un tempo il più comune fertilizzante impiegato in campagna era il letame, asparso sulla terra ancora da seminare o posizionato in abbondanti “forcate” alla base degli alberi da frutto integrava in modo egregio la terra delle sostanze che servono all’accrescimento delle colture. Poi venne la stagione dei prodotti chimici, più facili da impiegare rispetto al letame e più sicuri dal punto di vista batteriologico, ma oggi la situazione dell’agricoltura porta ad essere superati sia il letame che i prodotti di sintesi. In discussione non è il loro potenziale fertilizzante, anche se il loro impiego ha lasciato strascichi in natura che continuano ad essere tema di accese discussioni, lo scoglio da superare, invece, sta nei costi che richiede il loro im-
Grazie ai trent’anni di esperienza maturati nel mondo dell’agricoltura e dell’orticoltura, Irrifert, è in grado di proporre le migliori soluzioni ai problemi in campagna e i migliori materiali e marchi di impianti sia per il sistema tradizionale, con tubi e ali gocciolanti in superficie del terreno,
piego, spese che inevitabilmente finiscono con l’incidere sul prezzo finale dei prodotti. Il contadino, dunque, deve saper risparmiare: nella manodopera e nelle quantità di fertilizzante da impiegare. Ecco perché la nuova frontiera anche per quanto riguarda la fertilizzazione si chiama microirrigazione o subirrigazione, la precisione che entrambi gli strumenti garantiscono, unito all’impiego di pompe a bassa pressione, oltre ad un risparmio energetico, garantiscono l’eliminazione degli sprechi, perché le sostanze fertilizzanti vengono distribuite là dove servono: alla base della pianta, nei periodi giusti e nelle esatte quantità che possono essere assorbite.
sia per la subirrigazione (con impianti annuali e decennali) che per la microirrigazione, seguendo le fasi di progettazione, pompaggio, filtraggio, condotta, automazione fino alla goccia che arriva alla pianta. L’azienda, inoltre, è strutturata per la progettazione e la posa di impianti di riscaldamento basali sia su colture orticole sia a pieno campo, come l’asparago, con sistemi di approvvigionamento di acqua calda tramite impianti innovativi a pellet o cippato. L’impianto fa si che la temperatura all’interno della serra sia uniforme, senza provocare un eccessivo movimento di masse d’aria, permettendo così di accelerare lo sviluppo della coltura.
Tel. e Fax 0425 1687473 - Cell. 349 7222572 - info@irrifert.it
Il Bio di Vasco: sapore, tradizione e prodotti che fanno bene
Il primo obbiettivo è quello di fare crescere la fertilità di quel fantastico laboratorio naturale che è la terra. Questo è il punto fermo sul quale abbiamo impostato il nostro modo di pensare e di agire Siamo agricoltori da quattro generazioni, coltiviamo la nostra terra dal 1900 e dal 2004 abbiamo abbracciato l’agricoltura biologica, l’unica che possa permetterci di continuare a mettere in pratica la secolare esperienza che ci lega alla campagna. Dalle nostre coltivazioni abbiamo bandito qualsiasi trattamento chimico, affidandoci totalmente alla natura, al suo carattere a volte benigno a volte maligno, ma cercando tuttavia una pacifica convivenza fondata su un profondo rispetto. Conosciamo i cicli della campagna, il rigido calendario delle stagioni, leggiamo nella nostra terra il momento giusto per gli interventi agronomici,
conosciamo gli espedienti naturali per contrastare gli infestanti e sappiamo perfettamente quando i nostri prodotti sono al massimo dei loro valori nutritivi e quindi pronti per essere raccolti. In questo sta il segreto del nostro lavoro: solo un corretto rapporto con l’ambiente porta a prodotti sani... ma sani nel senso che fanno bene.
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CASTELBALDO PAESE DELLA MELA Castelbaldo è il paese della mela ed è proprio qui, in località Campagnazza, che la famiglia Franceschi porta avanti la propria produzione orto frutticola. Il toponimo non spaventi, il termine Campagnazza risale ai secoli passati, quando quest’area forse era mal sfruttata a causa di qualche plaga creata dalle “bizze” del vicino Adige, ma la dice lunga, invece, sul “terroir” dell’azienda, oggi diventata un angolo di Eden. Il fondo sabbioso mischiato alle argille portate dal grande fiume, infatti, rende la Campagnazza perfetta per la coltivazione dell’asparago, di cui la famiglia Franceschi è grande produttrice nelle varietà verdi, bianchi e violetti, delle ciliegie, delle pere e delle mele. Ov-
viamente colture tutte biologiche e portate avanti con lo spirito che la tradizione locale pretende. Un tempo questa era la terra della mela Imperatore, varietà che perfettamente si adattava al clima freddo e nebbioso. Oggi si chiamano Red e Gold Delicius, Granny Smith, Morgenduft o Fuji le varietà che si trovano a Campagnazza, anch’esse però selezionate in ragione alla particolarità del suolo e delle condizioni stagionali. “Cerchiamo il meglio - spiegano Vasco e Valerio Franceschi - nel tempo in cui imperano i fastfood, i sapori sono globalizzati e a contare è solo l’estetica dei prodotti, noi cerchiamo di valorizzare la tradizione, aggiungendoci qualità, salute e soprattutto gusto, perché noi siamo convinti che chi mangia con gli occhi non sente i sapori”.
Varietà di Mele Gruppo Gala Red Delicius Golden Delicius Granny Smith Morgenduft / Dallago Fuji vari cloni
Varietà di Pere William’s William’s Red Conference Decana Comice Abate Fétel Kaiser
Noi siamo convinti che chi mangia con gli occhi non sente i sapori
BIOLOGICO non è una parola, è un mondo
L’agricoltura biologica è sottoposta ai regolamenti CE 834/07 e 889/08 e 271 del 2010, tali normative obbligano le aziende ad: ⊲ applicare le normative su un appezzamento per un periodo di conversione di almeno tre anni ⊲ rispettare l’equilibrio tra piante, insetti, funghi animali, uomo e ambiente ⊲ mantenere o incrementare la fertilità dell’attività biologica del suolo ⊲ sostenere una difesa (non una lotta) dalle malattie e dai parassiti delle piante nonché dalle piante e/o erbe infestanti imperniata su: scelta di specie e varietà adeguate, protezione degli iperparassiti cioè dei parassiti che garantiscano un equilibrio delle specie dannose con quelle non dannose, utilizzazione solo in caso di effettiva necessità di prodotti di origine ‘naturale’
Az. Agr. IL BIO DI VASCO di Vasco Franceschi • via Quarto II Tronco, 1/a • Castelbaldo (PD) Mob. +39 335 328100 • Mob. +39 335 1307514 • vasco.franceschi@alice.it • www.ilbiodivasco.com
IL PANORAMA GASTRONOMICO di Maurizio Drago
Stefano Polato,
l’astrochef di Samantha Cristoforetti Il cibo che la celebre astronauta sta consumando nello spazio è stato creato a Monselice. Polato, infatti, è stato nominato chef ufficiale della missione Futura. Collabora con Argotec, l’azienda di Torino responsabile della spedizione della produzione del bonus food per gli astronauti europei in capo all’E.S.A., l’Agenzia Spaziale Europea e dell’A.S.I. Agenzia Spaziale Italiana
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el mondo il nome di Samantha Cristoforetti è celebre. A farla conoscere al grande pubblico italiano ci ha pensato Fabio Fazio, attraverso la sua trasmissione “Che tempo che fa”, da prima presentandone l’umanità e la simpatia e poi la preparazione con una serie di collegamenti durante le fasi che hanno preceduto il lancio nello spazio. L’ultimo contatto con la terra risale allo scorso 21 dicembre, quando in collegamento per gli auguri natalizi ha fatto emozionare il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Meno noto, ma per questo non meno importante per la missione “Futura” è Stefano Polato, il cuoco che si occupa dell’alimentazione di Samantha e che è un nostro conterraneo. Cittadino di Monselice è, infatti, titolare assieme al fratello Emanuele del ristorante Il Campiello di Monselice. L’“astrochef” - così lo definiamo inventandoci un nuovissimo termine che tra alcuni mesi arricchirà il vocabolario italiano - lavora da due anni per seguire la Samantha nazionale, nata il 27 aprile di 37 anni fa, segno del toro, ufficiale pilota di cacciabombardieri, laureata in ingegneria meccanica in Germania, ha frequentato l’accademia aeronautica di Pozzuoli e poi si è specializzata negli Stati Uniti. È la prima donna italiana astronauta nello spazio.
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L’astrochef Stefano Polato, 33 anni, partecipa in modo speciale alla missione che vede impegnata nello spazio Samantha. È stato nominato chef ufficiale della missione Futura, collabora con Argotec, l’azienda di Torino responsabile della spedizione della produzione del bonus food per gli astronauti europei in capo all’E.S.A., l’Agenzia Spaziale Europea e dell’A.S.I. (Agenzia Spaziale Italiana). Stefano ha studiato a fondo i gusti di Samantha, per lei ha utilizzato molta frutta e molta verdura, cereali integrali e proteine sane, pesce azzurro, carne bianca e ha preparato qualche snack dolce in modo da soddisfarla durante gli spuntini quando è in orbita. “Ho studiato molto a fondo i suoi gusti in modo da essere più affini possibili alle sue abitudini alimentari - sottolinea Stefano - ad esempio c’è un semplice frullato di mele, pere e fragole e cannella che sfrutta ingredienti tipici della sua zona e che a lei piace”. Samantha abita nel Trentino, originaria della Val di Sole, dove abbondano le mele e altra frutta. Lei, da astronauta, sta seguendo il concetto della nutrigenomica.
MA QUALI SONO LE CARATTERISTICHE PER I CIBI CHE VIAGGIANO NELLO SPAZIO? “Questi cibi devono necessariamente passare per il Food Lab della NASA e devono avere i requisiti di una lunga conservazione 18-24 mesi a temperatura ambiente, senza frigo né congelatore”. Altra caratteristica, i cibi devono avere pochissimo sale (uno dei principali problemi dell’astronauta è la ritenzione idrica). Stefano Polato non ha utilizzato il
IL PANORAMA GASTRONOMICO sale ma ha sfruttato spezie ed erbe aromatiche per insaporire i piatti. Il cuoco, dice sorridendo, deve aiutare la scienza dando una gradevolezza e un piacere al gusto! Un altro problema, non secondario, è quello che il cibo non deve produrre briciole che svolazzino per l’astronave. Le briciole che si “perdono” possono creare dei guai seri... E qui va sottolineata l’eccellenza in assoluto dell’Italia. Nei cibi i prodotti sono naturali, a differenza di quelli di altri Paesi. Un concetto, questo, di cui l’Italia deve andare estremamente fiera! Abbiamo il cibo migliore e curato al mondo! L’obiettivo è quello di portare sulla Terra le informazioni per una sana alimentazione, sono stati prodotti dei pasti che siano funzionali nell’arginare i problemi dell’astronauta come il deperimento dell’apparato muscolo-scheletrico e l’accelerato invecchiamento cellulare: gli astronauti non possono stare molto a lungo nello spazio in quanto le loro cellule “invecchiano” di alcuni anni. “Aspettiamo con ansia i risultati per capire se il menu predisposto per Samantha darà il meglio per affrontare la sua missione”.
SAMANTHA CRISTOFORETTI A MONSELICE Samantha conosce bene Monselice. Più volte si è incontrata al Campiello per approfondire i rigidi compiti lavorativi con Stefano che ci lavora da due anni. Qualcuno dice di averla vista a Monselice con il suo fidanzato, un tecnico francese anche lui appassionato del buon cibo. Ma il primo incontro reale tra Stefano e Samantha è stato in un caldo giorno di giugno nel 2013, proprio nel ristorante Campiello di Monselice, accompagnata dal dottor Filippo Ongaro, medico nutrizionista, vice-presidente nazionale Anti-age Italia. “Per me è stata una forte emozione incontrarmi vis-àvis con Samantha. Lavoravo già da qualche mese con lei ma ci sentivamo solo per telefono, mail o skype. Ero molto emozionato ma ho riscontrato una certa emozione anche in Samantha, superando quel protocollo ferreo militare: c’è stata una empatia reciproca e una cordialità fuori dai formalismi che ci ha avvicinato ulteriormente e ci ha rafforzato nel lavoro. Samantha è una donna eccezionale, con una grandissima capacità conoscitiva e comunicativa”. Stefano ha il compito di seguirla a 400 km di distanza. Ma quando ritornerà sulla Terra, sicuramente si festeggerà anche a Monselice: su questo ha già abbozzato alcune idee l’assessore al turismo di Monselice Gianni Mamprin che con entusiasmo propone un evento anche il 13 e 14 marzo 2015.
LA NUTRIGENOMICA La nutrigenomica. Il concetto è quello che qualsiasi alimento che ingeriamo comunica con parte del nostro corpo. Se l’alimentazione è scoordinata e scorretta ne risente il nostro stesso corpo. Possiamo paragonare il cibo che mangiamo alle note musicali. Se ingeriamo del cibo senza regole è come suonassimo un pianoforte senza seguire le note dello spartito: anziché suonare della bella musica suoneremo solo note storpiate e fastidiose all’orecchio. Nella sostanza la nutrigenomica è la scienza che ci dice quali cibi ci fanno bene.
CHI È STEFANO POLATO, L’ASTROCHEF L’astrochef Stefano Polato è originario di Solesino. 33 anni, laureato in conservazione dei beni artistici, si è poi lanciato nella passione della cucina e nella ricerca del cibo. Nel 2007 con il fratello Emanuele, 35 anni, prende in gestione la Pizzeria-Ristorante il Campiello e con l’aiuto della fidanzata Sabrina Savioli, 32 anni, responsabile di sala, conduce con successo il ristorante stesso. Ma Stefano guarda molto in avanti e, come tutti i visionari, si cimenta nella ricerca scrupolosa dell’alimentazione. Attualmente sta terminando di scrivere un libro sul valore della frutta. Il professor Filippo Ongaro lo mette in contatto con l’Ente Spaziale Europeo e da lì diventa collaboratore e chef tra gli astri. L’astrochef! Entra nello staff dell’ISI (Istituto Spaziale Italiano) che con l’ESA (Ente Spaziale Europeo) si rapporta con la NASA. È responsabile del Cibo Spaziale per l’Argotec di Torino, una struttura che commercializza i prodotti per atleti o persone, come Samantha, che lavorano a quote estreme, impegnate in soggiorni... lavorativi nello spazio. Aspettando che Samantha ritorni, nel ristorante di Stefano intanto si preparano cene “stellari”
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TENUTA CIVRANA
Il lavoro in campagna come l’ospitalità a tavola si continua a fare seguendo la tradizione Pegolotte di Cona (VE), Via della Stazione 10 • Tel. 333 6662584 • Agriturismo 347 2220023
Prodotti e Sapori della Terra Terra nera, terra buona per gli orti e alla Tenuta Civrana si coltiva di tutto. Seguendo il preciso calendario delle stagioni, ben 6 ettari dei 365 dell’intera estensione aziendale, sono destinati alla coltivazione delle orticole tra le quali spicca il radicchio “Rosso Civrana”, speciale varietà caratterizzata da un gusto molto dolce. Pur trattandosi di una superficie vasta, la produzione non è estensiva ma punta decisamente sulla qualità grazie ad una campagna che continua ad essere coltivata nel rispetto dell’ambiente e lasciando al verde spontaneo uno spazio decisamente importante. Accanto alle superfici coltivate, infatti, esistono ambienti naturali quali boschi planiziali, siepi e stagni,
Vera specialità della casa sono gli insaccati di maiale, ogni anno vengono allevati una trentina di suini destinati alle griglie oppure a diventare salami che svolgono un importante funzione di fitto depurazione. A tutto questo si aggiunga che anche per la commercializzazione dei prodotti “Tenuta Civrana” ha scomesso sulla “filiera corta”, ossia sul rapporto diretto tra produttore e consumatore che elimina alle radice i rincari di costo, dovuti ai rialzi degli intermediari, e problemi legati alla tracciabilità. Qui i prodotti sono a tutti gli effetti a chilometri zero e per quanto riguarda l’agriturismo non è nemmeno possibile parlare di chilometri, perché: funghi, selvaggina, faraone, quaglie, galli e galline arrivano in cucina direttamente dai boschi, dove sono stai allevati in completa libertà. Vera specialità della casa sono gli insaccati di maiale, ogni anno infatti vengono allevati, senza stimolanti per la crescita ed esclusivamente con i prodotti coltivati in campagna, una trentina di suini destinati alle griglie (è consigliata la braciole con la costina) oppure a diventare salami, sopresse, pancette, ossocolli e cotechini ovviamente insaporiti con il radicchio “Rosso Civrana”, altra specialità della casa. Non mancano le serate dedicate al nobile suino, ogni anno la lista degli iscritti si allunga per le cene dedicate agli ossi o alle eccellenze delle norcineria. Per chi fosse interessato, si segni questo numero: 347.2220023 e chieda di Roberto, l´agriturismo oltre che per le cene a tema è organizzato anche per qualsiasi cerimonia come battesimi, cresime, matrimoni, lauree, compleanni.
info@tenutacivrana.it • www.tenutacivrana.it
Lo chef dell’Agriturismo Luca Brun
TENUTA CIVRANA
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Antichi Sapori, meglio una gallina oggi. Punto! L’azienda Scudellaro seleziona tre regine del pollaio: la collo nudo, gaìna e livornese straordinarie per brodi e lessi. Messe in pentola con una costa di sedano, due carote e un cipollotto “esse perdono ogni scontrosità e diventano molto buone - come sostenevano Cochi e Renato” Meglio un uovo oggi che una gallina domani? Nient’affatto, rimandare non ha assolutamente senso: soprattutto se la gallina in questione è quella che alleva Mirco Scudellaro nella sua azienda di Candiana “Antichi sapori” e la stagione è quella fredda, dove i brodi e le minestre sono il modo migliore per rispondere alle repentine discese del termometro, anche per tenere lontani gli acciacchi, e nel lesso gennaio incorona la gallina come la regina del pranzo domenicale, non solo del consommé. Infatti, non è sempre il caso di affidarsi ai detti popolari. Non è vero che “gallina vecchia fa buon brodo”, la gallina è buona dai sei mesi fino all’anno di età, poi anche il sapore scade, parimenti alla consistenza delle sue carni. A voler essere ancora più precisi la gallina è buona se, come qui dai Scudellaro, viene allevata a terra, compie il suo
GALLINA COLLO NUDO, dal piumaggio rosso-rame, arriva nel pieno della sua maturità ai 2 chilogrammi di peso (pulita), ha petto arrotondato e pelle sottile.
ciclo di accrescimento senza integratori e soprattutto se non è una gallina ovaiola. Perché, senza arrivare al paradosso del se “sia nato prima l’uovo o la gallina”, è ben dimostrato che la gallina più depone le uova e più la sua carne diventa tignosa. È questo, infondo, l’uovo di Colombo del basso costo di molti animali che si trovano in commercio sui banconi della grande distribuzione: molto probabilmente si tratta di galline a fine carriera, il cui costo è stato già ripagato dalla vendita delle uova. La gallinella novella, invece, è un’altra cosa, macellata al settimo-ottavo mese di età ha carni morbide e un sapore che mantiene fede alla sua tradizione, in pentola con una costa di sedano, due carote e un cipollotto “essa perde ogni scontrosità e diventa molto buona - come sostenevano Cochi e Renato”.
GAÌNA, gli esemplari hanno vari colori dal rosso, grigio bianco, è la gallina della tradizione per eccellenza. È più leggera della “collo nudo”, raggiunge 1,6 chilogrammi di peso, il petto più appuntito. Il grasso è insistente.
LIVORNESE, dal piumaggio candido è la più piccola, raggiunge il chilogrammo di peso (eviscerata), ma è un concentrato di sapore e di proteine.
Azienda Agricola Scudellaro S.Agr.S. - Via Valli Pontecasale, 16 - 35020 Candiana (PD)
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RIMEDIO ANTICO, OGGI DI MODA
AR
ICETT A
Gallina alla ''canevera'' con mostarde e salsa verde
INGREDIENTI • 1 gallina di circa 2,5 kg • 110 g di sedano • 140 g di carota • 80 g di cipolla • 1 spicchio d’aglio • 5 gambi di prezzemolo
• 1 foglia di alloro • 8 grani di pepe • 1 pezzetto di scorza di cannella • 20 g di sale grosso
PER LA COTTURA: due sacchetti (uno dentro all’altro) di materiale speciale per cottura; un pezzo di “canevera” (canna di bambù) di circa 30 cm.
Il gustoso brodo di pollo, anti- Energia 9 kcal 96.8 g co rimedio della nonna, torna Acqua 0.6 g oggi di moda con tanto di cer- Carboidrati Fibre 2g tificazione scientifica: la zuppa Lipidi totali (grassi) 0.5 g di pollo ha una marcia in più ri- Zuccheri, totali 0.6 g 0.11 g spetto al brodo di carne e alle ti- Grassi saturi, totali Acidi grassi monoinsaturi 0.17 g sane d’erbe: ha la caratteristica Proteine 0.6 g di essere un buon antinfiamma- Acidi grassi polinsaturi 0.15 g torio, di favorire la fluidificazione Colesterolo 2 mg 6 mg del muco, del catarro e quindi di Calcio Ferro 2 mg alleviare i sintomi del raffreddo- Fosforo 5 mg re. Recenti studi americani sulle Potassio 10 mg 608 mg proprietà antinfiammatorie della Sodio 2 mg carne bianca del pollo hanno Zinco Tiamina, vitamina B1 2 mg confermato i risultati positivi del- Riboflavina, vitamina B2 2 mg le prime ricerche eseguite oltre Niacina, vitamina B3 o PP 0.1 mg dieci anni fa da un gruppo di Piridossina, vitamina B6 0.01 mg 100% scienziati del Nebraska Medical Parte edibile Center (USA) che stava studiando le infezioni dell’apparato respiratorio. Ma i punti di forza sono anche altri. Le proteine del pollo e gli antiossidanti delle verdure contenute nella zuppa (di solito porri, sedano, cipolle, carote, patate, broccoli, fagioli, piselli, prezzemolo e così via) aiutano le difese immunitarie dell’organismo.
PREPARAZIONE Preparare la gallina insaporendola con tutti gli aromi, le spezie e il sale e infilarla il doppio sacchetto (un tempo questa preparazione si faceva con la vescica del maiale che aveva il pregio di cuocere la carne di gallina senza che venissero persi, o dilavati nell’acqua, i sapori e le sostanze nutraceutiche) con la canna di bambù che farà da sfiatatoio permettendo la fuoruscita del vapore che si formerà all’interno, per questo è necessario legare bene l’apertura con più giri di spago. Immergere il sacchetto in una pentola con acqua in ebollizione in modo che la canna emerga abbastanza dall’acqua. Far cuocere, a fuoco dolcissimo, per circa tre ore. A cottura ultimata tirare fuori il sacchetto e lasciar riposare la carne per qualche minuto. Recuperare il sugo che si sarà depositato sul fondo del sacchetto, sgrassarlo, addensarlo con poca fecola diluita in acqua fredda ed emulsionarlo con un cucchiaio di olio extravergine d’oliva. Servire la gallina accompagnandolo con questo sugo, la salsa verde, due tipi di mostarda di frutta, patate al vapore e salsa al rafano preparata con rafano fresco grattugiato, mela Golden grattugiata e poca panna montata. PER LA SALSA VERDE Schiacciare i semi di senape nel mortaio e setacciare. Dissalare i capperi. Mettere tutti gli ingredienti nel cutter e frullare fino ad avere una salsa omogenea.
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STORIA E DINTORNI di Mauro Gambin
GIOCA con i Fanti, ma lascia stare
i SANTI
In campagna anche i Santi si sono adeguati ai lavori pesanti
Nel calendario rurale non è facile capire dove inizia la fede e finisce “la storia”, di mezzo c’è la magia
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agiografia dei santi che abitano le valli, va al di fuori dalla fede, come viene intesa oggi, a prevalere, là del culto che ad ogni santa aureola la stoinvece, era l’aspetto magico. Le religioni, del resto, ria e la fede hanno assegnato. Nel calendario hanno origine nelle culture pastorali ma raggiungorurale, infatti, non facile capire dove inizia la fede e no la loro completa espressione e grandezza quando finisce “la storia” e viceversa, fatto sta che in campal’uomo si ferma per diventare agricoltore e della terra gna anche i Santi si sono adeguati ai lavori pesanti. ne fa il suo spazio vitale, il suo bene. Un bene tuttavia Un vero e proprio martirio: che dipende dai fenomeIl Sacro, ossia l’intangibile, il non le intercessioni, le proteni naturali. A contatto con governabile, quella parte della vita zioni, i ritrovamenti ai quali la natura e le sue manifenel tempo sono stati obblistazioni, l’uomo contadino che pare agire in modo indifferente gati. Si pensi a Sant’Antonio alla causa umana, come per impulso vive nel ciclo stagionale la incalzato dalle sequele di di una propria disposizione o umore lotta incessante tra le for“sequeri”, a lui rivolti affinze benefiche che danno la ché aiutasse nella ricerca delle cose perdute: per ben vita e le forze malefiche che hanno con sé la morte, la tredici volte e senza interruzioni veniva recitata la fordisgrazia, la fame, le malattie. Al di sopra di tutto c’è mula “Si quaeris miracula, mors, error, calamitas, deil tempo e sopra il tempo il Sacro, ossia l’intangibile, il mon, lepra fugiunt, aegri surgunt sani. Cedunt mare, non governabile, cioè quella parte della vita che pare vincula, membra resque perditas... etc, etc”, poi acagire in modo indifferente alla causa umana, come corciata dal mago Silvan in Sim-sala-bin. A parte gli per impulso di una propria disposizione o umore. Le scherzi è evidente che questo tipo di pratiche erano divinità pagane non a caso avevano caratteri propri,
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STORIA E DINTORNI indoli e temperamenti che li rendevano riconoscibili nel Panteon come a teatro si riconoscono i personaggi della commedia dell’arte attraverso la loro “maschera”. Una caratterizzazione che non è scomparsa nemmeno quando i protagonisti del Parnaso dovettero lasciare posto a quelli dell’Empireo cristiano, perché il cambiamento fu nei termini non nella sostanza e nemmeno nei metodi per ingraziarsi la loro disponibilità. “La religione cristiana assimilò - nota Thomson - molti riti e credenze pagane preesistenti, perciò le chiese furono costruite su vecchie aree pagane, divinità locali divennero santi protettori, pozzi per guarire divennero pozzi santi. Molte superstizioni furono tollerate appositamente dal clero perché si pensava che servissero ad incrementare la devozione popolare. Inoltre la chiesa fu costretta a sviluppare una sua propria “magia” per poter rivaleggiare con quella che tendeva a sostituire”. Così si arrivò ad attribuire un’efficacia rituale fisica ad una vasta gamma di riti ecclesiastici ed esisteva un nutrito repertorio di esorcismi, e benedizioni concepiti per risolvere problemi di ordine pratico. Uno su tutti era, come si è detto, il tempo. Poter indovinare il futuro deve essere sempre sembrata la via più pratica per scongiurare rischi e sciagure o comunque a prepararvisi. E se nell’antichità classica l’attività oracolare veniva affidata a sacerdotesse e “pizie”, nell’antichità rurale il compito è stato affidato direttamente alle Sante: Bibiana, per esempio, “quaranta giorni e na’ settimana”, esprimendo la divinazione, o forse di più l’auspicio, che il tempo meteorologico del giorno della Santa, 2 dicembre, rimanesse lo stesso per più di un mese. Un po’ diverso il discorso per santa Lucia, 13 dicembre, per la quale il motto più perentoriamente recita: “Da santa Luzia el fredo cruzzia”, ossia principia la stagione del freddo intenso alla quale fa da La vita di Santa Bibiana è avvolta nel mistero, esistono solo poche fonti e tutte inattendibili. Vissuta verso la metà del 300 d.C. venne arrestata perché cristiana, venne martirizzata attraverso flagellazione, il corpo della Santa sempre secondo la leggenda, venne esposto ai cani randagi, i quali lo lasciarono perfettamente illeso
termine un’altra santa, la Candelora (2 febbraio) che vorrebbe la fine della brutta stagione con la facile rima “dall’inverno sémo fora” e che si conclude, tuttavia, in modo induttivo ponendo un ma, ossia che se invece per la stessa data piove o tira vento dall’inverno “semo dentro”. Insomma è più aforisma che profezia e del resto i proverbi che impegnano i santi in funzione di “ferma date” letteralmente si sprecano: “San Bastian (20 gennaio) con la viola in man”, allude all’auspicio per l’arrivo della buona stagione già da questa data, come pure “Da Sant’Agnese (21 gennaio) el fredo core par le ciese e le marisandole (lucertole) par le sieve” (siepi) oppure “Se sant’Antonio fa el ponte (cioè agghiaccia i fossi) San Paolo (25 gennaio) lo rompe. Il 25 gennaio era anche la data di una misteriosa festa, san Paolo dai segni. Si trattava dei segni interpretati agli effetti del presagio delle calende, ossia i primi giorni di ogni mese nel calendario lunare. Era una data popolarissima alla quale si legava un ricco corredo di pratiche superstiziose e magiche. I pastori svernanti nelle fattorie, quando la notte di S.Paolo il cielo appariva nuvoloso, bastonavano i loro cani. Essi infatti, più che il presagio delle calende dei primi 24 giorni di gennaio (12 di andata e 12 di ritorno) temevano le previsioni di quella notte, come ammoniva un detto popolare: “De le calende no me guro, pur che la notte de San Paolo no sia scuro”. Poveri cani, ma tuttavia nel mondo rurale tutto apparteneva
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STORIA E DINTORNI esempio, impiegato nei casi di lussazioni o distorsioal mistero, compresi gli animali perchè ni, alla pratica del torcere e distorcere con forza la anch’essi, in varie forme, determinavano parte infortunata seguiva appunto il rito vero e proil destino degli uomini. In Polesiprio, adagiando in un pentolino di terracotta, dal fonne era comune la credenza che do poroso, due pagliuzze in forma di croce versandola notte di “San Bovo” gli animali vi dell’acqua e ricoprendo il tutto con una garza. Se si parlassero. I bovai se ne staval’acqua, dopo qualche tempo, fosse uscita dal vasetto no nascosti e in ascolto presso l’ammalato sarebbe guarito, nel caso contrario i dolole greppie per capire gli arcani ri sarebbero andati per le lunghe. segreti delle I pastori svernanti nelle A Stienta, fino a non molti anni fa, mucche. Pare, fattorie, quando la una donna guariva le persone dalle pure, che un bostesse afflizioni segnando col pollivaio fosse riuscito notte di S.Paolo il cielo ce destro la lesione, a mo’ di circoa raccogliere alcune appariva nuvoloso, lo, e quindi di croce, con l’aggiunta parole, che ovviabastonavano i loro cani di due tratti trasversali, mentre ripemente riportavano teva: “col nom di Dio e d’ santa Lò (Lucia), a liev sta un triste presagio: “Ti bo da fora e ti bo torta, verta, serada ch’ la sia: col nom d’ la Vergine da man cossa faremo doman? Se no Maria”. savemo cossa fare menaremo el boaro a soterare”. Il bo da fora è il bue che nell’aratura cammina nel solco, mentre quello da man e quello che cammina sopra il solco e funge da guida. In quei giorni si facevano regali ai mandriani e questi concedevano una settimana Sant’Antonio di riposo alle bestie. Nella festa di san Bovo si facevano funzioni nelle chiese, seguite dalla benedizione degli animali sul sagrato; si benedivano le stalle, il fieno e il sale, di cui i contadini (in quel giorno) erano prodighi verso le mucche, si tratta evidentemente di significati cristiani attribuiti a pratiche pagane molto antiche. Altro patrimonio che veniva affidato ai santi era la salute, alle benedizioni in talune circostanze si affiancavano riti di natura magica come nel giorno di san Biagio (3 febbraio) in cui la cerimonia della benedizione della gola avveniva con due candele accese in forma di croce. San Biagio non era il taumaturgo solo del mal di gola, a lui ci si rivolgeva per tutte le affezioni che colpiscono le vie orali: fauci, tonsille, ugola, e la stessa mucosa orale recitando, a digiuno e trattenendo il respiro, una sorta di cantilena anche questa, immancabilmente, dall’epilogo tragico: “San Biasio da le nove sorele - le nove, le oto - le oto, le sete - le sete, le sié - le sié, le zzinque - le zzinque, le quatro - le quatro, le tre - le tre, le do - le do, le una - san Biasio da le nove sorele, no ghe n’è restà gnanca una”. È nella medicina del resto che si concentrano il maggior numero di pratiche collocate a metà strada tra fede e superstizione, quasi sempre in chiave diviA san Biagio, la cerimonia della benedizione della gola avveniva natoria più che guaritiva. Nel rito del “pignatin”, ad con due candele accese in forma di croce
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STORIA E DINTORNI di Francesco Selmin
Dalle macchine agricole alle granate La Grande Guerra toccò in modo diretto la Bassa Padovana, investendo sia l’economia, con la conversione delle officine meccaniche in industria bellica, ma anche la consapevolezza del mondo rurale che rimase ostile agli eventi bellici: furono soprattutto le donne a scendere in piazza e a tenere alta la bandiera della protesta
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a contrapposizione interventismo-neutralismo restò del tutto estranea alle campagne. Anzitutto perché la propaganda a favore dell’intervento non penetrò nel mondo rurale, restando circoscritta ai ceti borghesi e intellettuali dei pochi centri urbani. I tentativi di diffondere parole d’ordine interventiste fallirono, come ad esempio a Piove di Sacco, dove il paese insorse contro un gruppo di studenti padovani al grido «Abbiamo fame e ci venite a parlare di guerra». Nelle campagne le masse popolari contadine espressero una netta contrarietà alla guerra. In generale, però, si trattò di un atteggiamento passivo che non ebbe una dimensione politica. Un tentativo di resistenza attiva ebbe luogo a Montagnana, dove si cercò di impedire la partenza del treno dei coscritti invadendo la stazione. Ma fu un caso eccezionale. D’altra parte, non ci fu una consistente propaganda neutralista e pochi furono i comizi a favore del non intervento. La stessa passività si ebbe nel mondo, in verità assai ridotto quantitativamente, dell’industria, dove peraltro l’entrata in guerra ebbe riflessi importanti, specialmente nelle officine meccaniche. Queste presentavano una particolare concentrazione a Este, dove eccelleva la Fonderia e Officina Meccanica Estense destinata a diventare la più importante industria della Bassa nei decenni seguenti. All’indomani dell’entrata in guerra i dirigenti di questa azienda, che si era distinta nella costruzione di macchine agricole tra le quali «apparecchi di aratura meccanica a trazione funicolare», modificarono con tempestività
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gli impianti e In alto: Montagnana, via Matteotti. Arrivo in ne allestirono città del reggimento Montebello, 29 maggio di nuovi per la 1915. Stanislao Carazzolo, autore dello scatto, così annota nell’album fotografco: «La guerproduzione di ra è scoppiata. Montagnana vibra. Passano i materiale bel- soldati cavalleggeri Montebello. Vengono da lico. porta Alberi e vanno verso la piazza mentre la N e l l ’ a g o s t o gente sosta a guardare uscendo dai portici». 1915 l’azienda Qui sopra: Montagnana (30 maggio 1915). Il reggimento Montebello schierato in piazza stipulò il primo Castello (ora piazza Trieste). Un gruppo di cicontratto con clisti del primo squadrone. lo Stato per la lavorazione di proiettili d’acciaio per un importo di 1.600.000 lire. In dicembre poi presentò istanza al Ministero della Guerra perché lo stabilimento fosse dichiarato «ausiliare», facendo presente di avere «in corso due contratti per forniture di shrapnels da 149». La richiesta fu accolta con decreto 12 febbraio 1916. Conseguentemente fu abbandonata ogni altra produzione, tutti i reparti furono modificati, ampliati e dotati di nuovi macchinari. A seguito della dichiarazione di ausiliarietà l’azienda fu sottoposta alla sorveglianza dell’Ufficio di Mobilitazione Industriale, che estese il controllo anche su altri importanti stabilimenti ausiliari della zonaquali le Officine di Battaglia e l’Unione italiana fra consumatori e fabbricanti di concimi chimici (già Marinoni) di Este, ma anche su una decina di piccole aziende non ausiliarie. Quattro di queste avevano sede a Este: le officine di Michele Parolari e di G. Battista De Antoni, che producevano shrapnels d’acciaio da 149, quelle dei fra-
STORIA E DINTORNI telli Costa e di Giovanni Sartori Borotto. Nel corso del confitto in tutti gli stabilimenti citati la composizione della forza lavoro subì rilevanti mutamenti per l’immissione di donne e ragazzi in sostituzione degli operai chiamati alle armi. Significativi i dati relativi alla ditta Parolari: nel maggio 1917 su un totale di 23 dipendenti tredici avevano un’età compresa tra i 13 e i 16 anni, sei erano donne. In nessuna si ebbero casi di indisciplina, e tanto meno scioperi o proteste. Per la Fonderia e Officina Meccanica Estense (dal 1916 Officine Estensi) la trasformazione in industria bellica comportò una rapida espansione. Il numero dei dipendenti salì dai circa 300 del 1914 ad oltre 700, e la produzione raggiunse livelli elevati: il reparto meccanico produceva 600 shrapnels d’acciaio da 149, caricati con pallottole e imballati, al giorno, mentre dalla fonderia uscivano 400 granate di ghisa da 149 e da 210. DONNE IN PIAZZA Il primo anno di guerra passò senza che la pace sociale fosse turbata. Le cose cambiarono, e di molto, alla fine del ‘16. Si moltiplicarono allora manifestazioni di protesta, tutte caratterizzate da un indiscutibile protagonismo femminile. Nel Padovano queste agitazioni si concentrarono nella Bassa e interessarono quegli stessi centri rurali che erano stati teatro dei tumulti dei primi mesi del 1915. Tra questi Carceri, Ponso, Castelbaldo, Merlara, Megliadino San Fidenzio,
Boara Pisani, Piove di Sacco, Pontelongo, Agna, Cartura, Bagnoli, Arre, Monselice, Solesino, Bovolenta, Conselve, Battaglia, Lozzo, Arquà Petrarca, Rovolon. Si trattò anche in questo caso di manifestazioni spontanee che non furono fomentate da soggetti esterni. A innescarle erano gli assembramenti di donne che si formavano in occasione del pagamento del sussidio alle famiglie dei richiamati. Un’altra causa, che risultò particolarmente incisiva nella primavera estate del ‘17, era la scarsità di generi alimentari quali riso e farina di granoturco. Cominciò a pesare anche la crescente avversione alla guerra: se nel 1915 sembrava di breve durata, ora pareva non finire più. In qualche caso la protesta esplodeva quando tra le donne confluite nella piazza del paese si diffondeva la voce che era a portata di mano qualcuno che aveva voluto la guerra o che la giustificava. È questo il caso del tumulto avvenuto a Bagnoli di Sopra il 15 gennaio 1917: «Oltre cento donne - riferisce il prefetto - seguirono e inveirono contro assessore municipale Capuzzo Giuseppe incolpandolo di essersi pronunciato favore continuazione guerra. Per scampare furore dimostranti dovette riparare stazione tramways e rimanervi rinchiuso. Accorsero alcuni carabinieri che per intimorire le dimostranti che si erano scagliate contro di essi lanciando sassi, dovettero sparare in aria tre colpi di rivoltella senza conseguenze». Un episodio simile - ci informa-
“Abbiamo fame e ci venite a parlare di Guerra”
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no le comunicazioni prefettizie - avvenne a Cartura il 26 gennaio. In occasione del pagamento del sussidio, circa quaranta donne, «saputo che in Municipio trovavasi Buzzacarini marchese Pietro, ricco possidente del luogo giudice conciliatore in esercizio sue funzioni, promossero dimostrazione inveendo contro di lui e minacciandolo imprecando contro la guerra e i ricchi che la sostengono reclamando aumento sussidio o ritorno mariti a casa. Furono proferite anche imprecazioni contro sua maestà il Re e dirigenti guerra». Quattordici furono gli arresti eseguiti nell’occasione. Le agitazioni femminili si prolungarono fno all’estate. A maggio ivestirono Solesino, dove 400 donne e ragazzi protestarono per la mancanza di generi alimentari. Nello stesso mese toccò anche a Monselice. Qui un’ottantina di donne protestarono per la mancata distribuzione dei buoni per il riso lanciando sassi che infransero le finestre del municipio. In luglio a Bovolenta e a Merlara le donne protestarono rifiutandosi di ritirare il sussidio: tre gli arresti nel primo caso, due nel secondo. A Castelbaldo invece lo ritirarono, ma ne chiesero «l’aumento e la Fine della guerra»: quattro furono gli arresti e otto le denunce. Un solo arresto invece a Megliadino San Fidenzio, dove ottanta donne rifiutarono il sussidio perché «insoddisfacente per acquisti generi di prima necessità mancanti sulla piazza» e protestarono contro la continuazione della guerra. Una forte eco del dilagante malcontento si riscontra anche nel tema di italiano svolto da una ragazza di Merlara nella sessione degli esami ginnasiali svoltasi a Montagnana il 7 luglio. Il titolo assegnato era «Il treno partì portando seco…». Nello svolgimento la quattordicenne merlarese descrive un treno carico di soldati feriti, senza un occhio o un braccio,
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e preannuncia l’inevitabile vendetta nei confronti di coloro che hanno voluto la guerra e non vogliono che finisca. A stroncare il movimento di protesta femminile provvidero la rapidità della repressione e la severità della magistratura. Vi contribuì anche l’azione di vigilanza preventiva. Una relazione del prefetto di Padova segnala che già in gennaio l’Autorità Militare, informata «della nefasta propaganda ad opera di alcuni militari venuti in licenza dal fronte», aveva disposto «per l’invio a Conselve di una compagnia di soldati». Dopo la rotta di Caporetto (ottobre 1917) il problema della propaganda nelle campagne sarebbe stato affrontato con ben maggiore impegno. Ma nella Bassa le conseguenze di quella momentanea sconfitta furono molteplici e di vaste proporzioni.
Articolo tratto dall’Atlante storico della Bassa Padovana, il Novecento edito da Cierre
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ARTERRA di Loredana Pavanello
Riviera Euganea Una storia “nostra”
Le sponde del Canale Battaglia sono punteggiate da luoghi in cui è stato raccolto il passato bellico di questa terra. Da Villa Miari De Cumani a Villa Giusti e da Villa Maldura Emo Capodilista fino al Catajo, le stanze e le loro pareti parlano di battaglie, armistizi e glorie militari
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cavato alla fine del XII secolo, il Canale Battaglia solca il paesaggio della Riviera Euganea, dolcemente segnato dalla presenza di splendide ville, palazzi e rustici su uno sfondo collinare di armoniosa bellezza. Lungo il suo corso, dal Bassanello, a sud di Padova, fino a Battaglia Terme, suggestiva “porta dei Colli Euganei”, si addensano luoghi divenuti simbolici nella costruzione dell’identità italiana, ideali protagonisti di un metaforico viaggio nella storia. In questa luce la Riviera potrebbe essere percorsa spingendosi oltre, a meridione, non lontano da
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Monselice, dove passa il Bisato, corso sinuosissimo - come suggerisce il nome -, che dal Vicentino arriva a lambire la Bassa Padovana, fino a congiungersi con il Canale Battaglia. Il viaggio potrebbe iniziare dall’abitato di Sant’Elena, da secoli caratterizzato dal profilo merlato di Villa Miari de’ Cumani, singolare complesso rimodernato tra Otto e Novecento in stile neogotico. Sorta sulle fondamenta di una casa-torre medievale, risalente con buona probabilità all’XI secolo, la villa è circondata da un parco romantico ricco di fascino, non solo per il gusto jappelliano dell’ap-
ARTERRA parente “disordine naturale” - in realtà studiatissimo e progettato nel dettaglio dall’ingegnere Osvaldo Paoletti - ma anche per l’importanza storica di alcuni elementi. Fra questi è senz’altro da annoverare il tempietto dedicato a Cavour, testimone silenzioso fra il verde della vegetazione e i riflessi del lago, della fede risorgimentale del proprietario, il nobile bellunese Felice Miari, giunto a Sant’Elena nel 1838, dopo il matrimonio con la contessa Anna de’ Cumani. A parlare dell’impegno civile del committente, sindaco del piccolo centro tra 1866 e 1882, sono anche alcuni sorprendenti dettagli legati alla decorazione della villa, ed in particolare alla Sala del Biliardo, dove spicca una curiosa serie di tondi con Giochi di putti, ospitati nelle eleganti lunette sottostanti la volta del soffitto. Niente di eccezionale, se non fosse che nel gioco della citazione di sapore settecentesco viene inserito un particolare del tutto inedito: una coppia di putti indossa i vestiti da soldato piemontese, con tanto di kepì piumato, baionetta e fasce bianche incrociate nella divisa, esplicito omaggio all’appena compiuta Unità d’Italia. Nello stesso spirito vanno letti altri dettagli legati alla ritrattistica di famiglia: Isabella Cezza, ad esempio, moglie di Giacomo Miari, figlio di Felice, ritratta da Giovanni Maria Sacchetto mentre posa seduta e magnificamente vestita con l’abito bianco ghiaccio del matrimonio, ci colpisce non solo per lo sguardo fiero rivolto all’osservatore esterno, ma anche per l’ostentazione vistosa dell’anello nuziale con rubino, diamante e smeraldo, richiamo inequivocabile al tricolore. E ancora, nel ritratto della giovane Giulia Miari, sorella di Giacomo, non deve sfuggire il particolare della spilla con i colori della bandiera italiana, a ribadire un leit-motiv davvero pervasivo nel contesto della villa, suggellato infine nell’iscrizione posta sulla facciata esterna dell’oratorio, dove si ricorda che l’abbellimento del complesso, iniziato da Felice e proseguito da Giacomo, fu dedicato all’Unità d’Italia. Al di là dell’ambito politico ed artistico, la figura di Giacomo Miari ci riconduce anche ad un’altra suggestiva sfera: quella della sperimentazione tecnologica. Il suo nome, infatti, insieme a quello di Francesco Giusti, è legato alla prima casa automobilistica italiana, la Miari & Giusti, fondata a Padova nel 1894. L’azienda nacque dalla volontà dei due giovani, entrambi ingegneri, di costruire industrialmente la vettura mossa da motore a benzina realizzata nello stesso anno da Enrico Bernardi. Il figlio del patriottico Felice Miari incrocia così il proprio destino con quello di un giovane appartenente ad un ramo nobiliare altrettanto singolare nel contesto politico del tempo: quello dei Giusti del Giardino. Francesco, volontario nella Grande Guerra e pri-
Nata a Padova nel 1894, cinque anni prima della Fiat, la “Miari & Giusti” fu la prima casa automobilistica italiana. Nella foto il triciclo Motori Bernardi, Miari, Giusti & C. del 1896, conservato al Museo dell’Automobile Carlo Biscaretti di Torino
Il mattino del 3 novembre le truppe italiane dilagavano oltre le linee austriache mentre la delegazione austriaca raggiungeva Villa Giusti dove il comando italiano si sarebbe più tardi accordato con von Webenau, per l’interruzione delle ostilità 24 ore dopo la firma del trattato. L’armistizio fu firmato a Villa Giusti alle 15:20. Nelle due foto com’era la sala al tempo dell’armistizio e come si presenta oggi.
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ARTERRA un castello alto-medievale e trasformata in un gioiello mo podestà fascista di Padova, è parente di Vettore, di purezza geometrica da Vincenzo Scamozzi, l’alliesindaco di Padova e senatore, celebre soprattutto vo prediletto di Palladio. Caratterizzata dalla pianta per aver messo a disposizione la propria villa a Manperfettamente quadrata e dal piacevole ritmo delle driola, dove il 3 novembre 1918 fu firmato l’Armistizio colonne ioniche della facciata, la villa si lega al comche decretava la fine della Prima Guerra Mondiale. plesso dei Giusti non solo per ragioni di contiguità e La villa, che nella metafora del nostro viaggio potrebdi fondazione: nell’armonico ambiente scamozziano, be rappresentare l’altro capo del percorso, non è forinfatti, furono tenute le trattative che condussero alla se tra le più grandiose del sistema delle ville venete: firma del trattato. passata anzi alla storia per Luoghi divenuti simbolici la sobrietà quasi “borgheA margine di questo sugnella costruzione dell’identità gestivo gioco di rimandi, se” che da sempre la connota, fu forse - come ebbe italiana, ideali protagonisti di un potremmo forse ritornare a notare il grande critico sui nostri passi, seguendo il metaforico viaggio nella storia fluire lento del Canale, per d’arte Ugo Ojetti -, il teatro più adatto alla chiusura di uno fra i più terribili capitoli ritrovare in località Rivella le linee rigorose di Villa della storia occidentale. Se Villa Giusti rappresenta Maldura Emo Capodilista, altra opera ascritta al genio di Scamozzi, per infine perderci nell’immensità di Villa un punto fermo nella memoria collettiva, un luogo Obizzi, più nota come il Castello del Catajo, fra i più della coscienza più che della contemplazione artistimaestosi complessi architettonici della Terraferma ca, centro da cui poi si è sviluppata una nuova storia veneta che richiama, nella sua forma al tempo stesso urbana - quella del quartiere detto appunto Armistizio esotica e robusta, le glorie militari della famiglia che - non va dimenticata l’articolata vicenda architettonine volle la costruzione e che affidò la decorazione ca del sito, compromesso nella sua integrità da un delle stanze interne all’estro gioioso di Giovanni Batrestauro di fine Ottocento, ma ancor oggi notevole tista Zelotti. per la presenza di un bel parco di gusto romantico. Con lo sguardo appagato possiamo forse chiudere É inoltre importante ricordare che il complesso, di il nostro itinerario a ritroso nel tempo, confortati dai proprietà della famiglia Capodilista, fra le più potenti segni materiali sopravvissuti al dramma della storia, e di Padova sin dal Medioevo, faceva parte di un conpiù ancora da quella tenace “resistenza dei fatti”, per testo più ampio, comprendente anche la “domus mausare l’intenso verso di Titos Patrikios, ad accompagna cum corte, horto, bruolo e gastaldia” nominata gnare il viaggiatore sulle acque del Canale circondain un documento del Quattrocento e corrispondente to da luci e ombre di una modernità inquieta. all’attuale “Villa Molin alla Mandriola”, sorta attorno ad
Decorazione delle stanze interne del Catajo di Giovanni Battista Zelotti
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messaggio pubbliredazionale
FAI,
questo non è un paese per vecchi I volontari FAI Giovani di Padova, rigorosamente “under 40”, collaborano con la Delegazione di riferimento, mettendo a disposizione il proprio tempo, la propria formazione e professionalità In un paese dove nessuno sembra più puntare sui giovani, il FAI lo fa. Sostiene la nascita e la successiva azione dei Gruppi Giovani, formati da volontari “under 40” che collaborano con la Delegazione di riferimento, mettendo a disposizione il proprio tempo, la propria formazione e professionalità, per coinvolgere nuovi target nel sostegno della mission della fondazione. A tale fine si realizzano eventi e progetti dedicati, che offrono momenti di convivialità prevedendo al tempo stesso proficue riflessioni e approfondimenti sulla cultura e sull’ambiente. I volontari FAI Giovani di Padova, attraverso le loro numerose iniziative, hanno ricavato fondi per l’Emilia ferita dal terremoto; hanno raccolto voti per “I Luoghi del Cuore”; hanno promosso e curato corsi di formazione per i giova-
ni amministratori; hanno aperto uno dei beni più visitati in Veneto durante la Giornata FAI di Primavera 2014 e si sono spesi assieme alla Delegazione per l’organizzazione della FAIMARATHON 2014 - tra le Ville di Noventa Padovana - che ha visto un’enorme partecipazione. Hanno inoltre reso accattivante ad un pubblico giovane la scoperta di torri medievali e ville venete, unendo alla spiegazione da parte di esperte guide la possibilità di terminare la visita con uno spritz. L’aperitivo sì, ma con un senso diverso che abbia un fine utile, un obiettivo più alto: trasmettere l’importanza della tutela del territorio e della difesa del nostro patrimonio artistico.
www.iluoghidelcuore.it - iluoghidelcuore@fondoambiente.it
RUBRICA A CURA DELL’ARPAV di Annalisa Forese e Anna Gardellin
“La più grande minaccia
per il nostro pianeta
è la convinzione
che a salvarlo ci penserà qualcun altro” Stili di vita sostenibili in un contesto d’eccezione: ARPAV incontra i cittadini nel nuovo Giardino della biodiversità dell’Orto botanico di Padova La promozione di attività di educazione ed informazione ame dei mezzi pubblici, condividere l’auto con altri passeggeri bientale rientra tra i compiti assegnati ad ARPAV dalla legge che fanno lo stesso tragitto. istitutiva (L.R. n. 32/1996 art.3). L’Agenzia ha colto l’imporDobbiamo trasformare in abitudini quotidiane tutti quei comtanza fondamentale dell’educazione in campo ambientale e portamenti capaci di minimizzare l’inquinamento, il consumo ha quindi lavorato, negli anni, per far comprendere ai cittadini di risorse e limitare gli sprechi. Ogni attività dovrebbe essere gli effetti che gli attuali livelli di consumo e di produzione ideata, pianificata e realizzata in modo da ridurre al minimo hanno sull’ambiente e sugli ecol’impatto negativo sull’ambiente Dobbiamo trasformare sistemi. Stili di vita orientati alla e in modo da lasciare un’eredità in abitudini quotidiane tutti positiva alla comunità. Con questi continua crescita di produzione e consumo non sono sostenibili e quei comportamenti capaci di obiettivi è iniziata una collaborarischiano di ridurre la capacità del minimizzare l’inquinamento, zione tra ARPAV e Università degli nostro pianeta di fornirci cibo, acstudi di Padova presentata all’Orto il consumo di risorse qua, aria pulita e materie prime. Botanico nel fine settimana del 13 e limitare gli sprechi I sistemi di produzione e di consue 14 dicembre, all’interno dell’inimo vanno ridefiniti per potere produrre la stessa quantità di ziativa La Scienza in Orto, un weekend di visite, incontri e laboratori per festeggiare in anteprima il Natale. prodotti con meno risorse e inquinando meno; per fare questo L’Orto botanico di Padova nasce nel 1545 da una donazione è necessario riutilizzare, recuperare e riciclare di più e ridurre dei monaci benedettini della vicina Abbazia di Santa Giustila quantità di rifiuti che si generano ogni giorno. Riciclare ogna all’Università di Padova per la coltivazione dei ‘semplici’, getti comuni e riutilizzarli per altri usi dovrebbe diventare una piante medicinali usate come medicamenti. Visitare l’Orto, il consuetudine, così come considerare i rifiuti non qualcosa di più antico orto botanico universitario del mondo, Patrimonio cui disfarsi ma una materia da reinserire nel ciclo produttivo dell’Unesco che ha ispirato i Kew Gardens di Londra, emoperché materiali troppo preziosi per essere sprecati. Così per ziona i visitatori e dà modo di passeggiare in un ambiente ridurre l’inquinamento dell’aria è necessario fare un uso rerimasto praticamente inalterato dalla sua nascita. Cinquecensponsabile dell’automobile, incrementare l’uso della bicicletta
RICICLO creativo... 48
RUBRICA A CURA DELL’ARPAV
Orto Botanico di Padova e le nuove serre del Giardino della biodiversità
Riciclare oggetti comuni e riutilizzarli per altri usi dovrebbe diventare una consuetudine, così come considerare i rifiuti non qualcosa di cui disfarsi ma una materia da reinserire nel ciclo produttivo to anni di storia nel cuore della città, recentemente rinnovati all’attenzione dei cittadini e dei turisti con l’ampliamento e il nuovo progetto del Giardino della biodiversità. Le nuove serre affiancano l’antico Giardino dei semplici coniugando progettazione sostenibile e architettura rinascimentale, dove passato e futuro si incontrano in una struttura pensata e realizzata per minimizzare l’impatto ambientale e per utilizzare al meglio le risorse naturali a disposizione: luce, acqua e energia solare. In questo nuovo spazio realizzato secondo principi di efficienza energetica e riduzione del consumo di risorse si inserisce la collaborazione tra ARPAV e Orto botanico di Padova. Nella Sala delle colonne è stato presentato il nuovo progetto rivolto ai cittadini ed esperti di ARPAV hanno parlato delle attività dell’Agenzia sui temi di rifiuti, eco-acquisti, meteorologia e cambiamenti climatici. Il progetto prevede la realizzazione di una serie di incontri con Visitatori all’Orto Botanico esperti e di laboratori di educazione ambientale ed educazione allo sviluppo sostenibile rivolti a famiglie e cittadini in diverse città del Veneto. L’idea risponde all’esigenza di affiancare le politiche di con-
trollo ambientale con azioni, comportamenti e stili di vita a basso impatto ambientale, riducendo gli sprechi e migliorando l’efficienza nell’utilizzo delle risorse naturali. Saranno realizzati incontri brevi per comunicare le attività dell’Agenzia e laboratori pratici con indicazioni di cosa fare per li- Arpav incontra i cittadini mitare gli sprechi, ridurre i consumi e limitare l’inquinamento degli ecosistemi. Si parlerà non solo di rifiuti, cambiamenti climatici e riduzione dei gas serra, ma di suolo, energia, inquinamento atmosferico e altri temi. L’ambiente è la risorsa che abbiamo a disposizione e che dobbiamo tutelare e mantenere anche per le prossime generazioni; per questo istituzioni e cittadini, con ruoli complementari, si devono affiancare per promuovere la sostenibilità ambientale. Come invito ad ognuno di noi ad impegnarsi in azioni più sostenibili citiamo le parole dell’esploratore polare Robert Swan: “La più grande minaccia per il nostro pianeta è la convinzione che a salvarlo ci penserà qualcun altro”.
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TIF viaggiare
messaggio pubbliredazionale
nel mondo e sentirsi in famiglia
L’agenzia viaggi Tif ha più di trent’anni di esperienza nell’organizzazione vacanze e soggiorni. Enzo e Francesca Formentin iniziarono la loro attività negli anni ‘60, ora sono i figli a portare avanti con identica professionalità lo stesso lavoro Pare sia stato il Re sumero Gilgamesh il primo viaggiatore della storia, ma visto che l’oggetto del suo giro era la ricerca dell’immortalità è difficile ritenerlo il padre del turismo come noi lo intendiamo oggi. A tal proposito ci pare giusto escludere anche Ulisse, rimasto vent’anni lontano casa certo, ma anche il suo partire aveva presupposti ben diversi da quelli del Grand Tour. Il nome che ci convince di più, invece, è quello di Antipatro di Sidone, vissuto tra il 100 e il 170 a.C., lui sì veramente turista-turista perché oltre a fare il giro del globo conosciuto allora, ha inviato una cartolina con le sette meraviglie del mondo antico. Pare sia stato proprio lui, infatti, a stilare la classifica dei siti di maggiore interesse d’allora: dalle piramidi di Giza, al tempio di Artemide, dal Mausoleo di Alicarnasso al porto di Rodi con il suo Colosso, poi il faro di Alessandria e via-via fino alle sette più belle, caldeggiandone la visita. Insomma Antipatro oltre che il pioniere dei turisti è forse anche quello dei tour operator. Anche l’Agenzia Viaggi Tif ha le proprie radici ben radicate nella storia, radici lunghe che arrivano agli albori della nascita del turismo di massa. Erano gli anni ’60, quelli del boom economico, quelli che permisero alle persone di avere del tempo libero e qualche soldo in tasca per anda-
re a conoscere quella parte di mondo che stava oltre il circondario del comune di residenza, erano gli anni ‘60, dicevamo, quando Enzo e Francesca Formentin si sposarono e fecero della propria passione una professione. Che passione? Ovviamente il viaggio. E proprio come per i primi navigatori i primi viaggi furono corti, attorno a casa, in macchina, ma poi sogno crebbe insieme al desiderio di avventura e nel 1968 alla “Formentin Viaggi” arrivò il primo pullman e alla “Formentin Famiglia” il primo figlio. Ecco l’origine del l’Agenzia Viaggi Tif (Turismo Internazionale Formentin) è tutta qui: al primo pullman ne seguirono altri, e alla prima figlia Elena ne seguirono altri quattro: Matteo, Paolo, Nicola e Daniele eredi di quella passione dei genitori e di quella prima agenzia di Conselve, inaugurata nel luglio del 1983, alla quale oggi sono affiancate quella di Rovigo (inaugurata nel 1994); Tencarola (1997) e Albignasego (2008). “Siamo tutti una famiglia” era il “motto” di Enzo quando partiva con il pullman, ma quella “massima” nel tempo è diventata una solida realtà, nel senso che la Tif è veramente una grande famiglia, ed è anche lo spirito con il quale i viaggi continuano a venire organizzati: per l’Agenzia Viaggi Tif il cliente, nel mondo, deve sentirsi a suo agio come fosse a casa...
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STORIA E DINTORNI di Mattia De Poli
L’inverno e la voce del “vissinello”nella poesia di Flaminio De Poli Nell’immaginario comune l’inverno è spesso associato alla neve, e non di rado finestre e vetrine vengono addobbate con disegni e decorazioni a forma di simpatici pupazzi di neve. Eppure in pianura i fiocchi bianchi non cadono tutti gli anni e in quelle occasioni si possono sciogliere abbastanza rapidamente. Di certo c’è un altro elemento naturale, tipico della stagione invernale, che dalle nostre parti è più comune. Un elemento più comune ma meno visibile: la tramontana, il vento freddo che soffia da nord. UNA SCELTA ECCENTRICA el resto, chi può dire di vedere il vento? Ne possiamo vedere solo gli effetti prodotti sulle cose su cui soffia e si abbatte. E nel caso della tramontana di solito gli effetti non sono gradevoli. A volte sentiamo il vento sulla pelle e abbiamo la sensazione che ci accarezzi dolcemente o che ci schiaffeggi duramente. Ma chi può dire di sentirlo parlare? Ne possiamo ascoltare solamente il fruscio, mentre agita le foglie, o il sibilo che esso produce insinuandosi tra i rami spogli degli alberi oppure tra gli angoli delle case. Se in generale il vento non è facile da vedere e da sentire, sicuramente la tramontana non è associata a immagini positive. Coerentemente con la sua visione spesso controcorrente, Flaminio De Poli nelle sue opere poetiche risalenti ai primi anni Settanta evoca frequentemente proprio il vento di tramontana, sceglie di indicarlo con l’antico termine padovano vissinèlo e finisce per eleggerlo a protagonista di un poemetto in italiano dal titolo indicativo: Il Vissinello (Este 1975). Il Dizionario del dialetto veneziano, curato da Giuseppe Boerio nell’Ottocento, osserva che vissinèlo è una «voce del
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contado verso Padova» ma suggerisce come significato «turbine, tempesta di vento», senza alcun riferimento stagionale o alla direzione del vento. All’inizio del Vissinello, però, nella “Nota” De Poli introduce gli elementi e i personaggi che interverranno nel corso del poemetto, descrivendo la situazione che immagina come ambientazione: è qui che il Vissinello viene presentato come «il vento gelido e violento di tramontana».
“Vissinèlo” fa rima con “bordèlo” I primi anni Settanta, secondo Elettra Bedon, «rappresentano il punto più alto raggiunto» dalla produzione letteraria di De Poli. Sul fronte della poesia vengono date alle stampe tre opere in “lingua euganea” (La Degóra, Verona, 1970; El Toro, Este, 1970; Da la Tóre a le Valtèle, Este, 1971) e una in italiano (Il Vissinello, Este, 1975). Ci sono liriche e poemetti in cui il contesto è chiaramente invernale, ma la vicenda del toro Gabriele si compie d’estate: sono le ore calde di una giornata estiva quelle in cui egli, dopo aver strappato l’anello
STORIA E DINTORNI di ferro legato al suo naso, inizia a scorrazzare, sanguinante, per la corte. Ma anche in questo poemetto l’inverno offre alcune immagini per certe similitudini: in particolare, il protagonista che no ’l vuole fare pì el pajazho / par nissun, òmani e bestie (p. 22) mette tutto a soqquadro, colpisce, scorna e irrompe da ogni parte, e così facendo viajava... cofà on vissinelo (p. 33). Velocità, violenza, devastazione, imprevedibilità. C’è tutto questo nella corsa del toro Gabriele, finalmente libero. C’è tutto questo nello sferzare del vissinello. El toro è scritto in versi sciolti, le rime sono sporadiche e irregolari, a volte sostituite da più semplici assonanze, ma le parole alla fine di verso non sono del tutto casuali: in questa posizione si trova la parola vissinelo nel verso già citato, che non è legato ad altri dalla rima, ma alcune pagine prima troviamo alla fine del verso le parole mazhelo (macello), rostelo (rastrello) e bordelo (bordello, rumore indiavolato). Curiosamente nella lirica “El vissinèlo”, compresa nella raccolta Da la Tóre a le Valtèle (p. 41) il nome del vento è in rima alternata con bordèlo, il rumore che in questo caso producono i catenacci sottoposti a sforzo. DALLA NATURA ALL’ANIMA: LA VOCE DEL VISSINELLO La Degóra, inizialmente presentato come raccolta di poesie ma dal 1971 designato dall’autore come poemetto, celebra un piccolo scolo della campagna estense, a cui è legata l’infanzia di Flaminio De Poli. Il rimpianto del passato - osserva ancora Elettra Bedon - è determinato dalla perdita non di una vita facile e bella ma di un’esistenza più “umana”, “in armonia con il proprio destino sulla terra”. E in armonia con la natura e il ciclo delle stagioni. Il fatto che Santo Beado non affilasse più la lama dell’aratro era il segnale che l’estate volgeva al termine. Poi l’autunno era annunciato dalle prime nebbie. Infine arrivava l’inverno con la brósema su i canpi / le paonzíne so i spagnari jazà / e i primi vissinèli che porta nieva (p. 42). Ma il vento per De Poli ha il potere di parlare, se uno lo sa ascoltare. Se ne possono cogliere le tracce nella voce degli uccelli, come ricorda Nanìn pronunciando un panegirico del merlo canterino morto, dotato di una voce straordinaria: na óse / che vegnea da destante, / na óse fata de foje e de vento (p. 47). Questo spunto sembra trovare maggiore spazio in alcune liriche della raccolta Da la Tóre a le Valtèle. In “El Bugà” il collo rugoso di un’anziana donna, che cantava come un’allodola mentre lavava il bucato, viene accostato al mantice d’on organo grando, / che ’l sona da solo / la óse del vento (p. 20). Ma la
particolare predilezione per il vissinello, anche come vento parlante, è testimoniata chiaramente da “Giuani prete” (p. 37), nonostante l’immagine sia ancora evocata attraverso una similitudine: il fratello minore si improvvisava prete e recitava la sua predica sconclusionata tra svariati commenti e pensieri dei familiari ma, quando alla fine pronunciava le parole Domino vobisco, / nemo a laorare, tutt’intorno a se fasea silenzhio / cofà pa le stradèle de campagna / quando on pulièro el scolta el vissinèlo / e el se varda in giro / in medho a l’erba spagna. Il silenzio di tutti è simile a quello del giovane cavallo che avverte i segnali della fine dell’estate. E allora il pensiero del nonno, probabilmente, corre alla morte e alla gramegna del cimitero. Il vissinello disegna così uno spazio nuovo, uno spazio dell’anima, silenzioso e desolato. Quasi alla fine della stessa raccolta si trova una lirica intitolata proprio a “El vissinèlo” (p. 41). Una lirica che riprende i temi finora rilevati e al contempo prelude all’omonimo poemetto in italiano. Il vissinello soffia mentre ogni cosa nella campagna è coperta di neve, è un vento inquieto che - lo si è visto - fa rima con bordèlo, è un vento fatto di vuoto, che inizia a parlare nello scontro con i corpi: stè a scoltare el vissinèlo / in ti i spiguli de i muri ... e da i spiguli de i muri / a parlarì col vissinèlo. Un vento da ascoltare ma anche con cui parlare, perché il vissinello sembra in grado di rievocare gli spiriti de muorti, rimasti a lungo nascosti drento al cantonale, e di metterli in comunicazione con i vivi. Ne nasce un dialogo personale ma fugace, perché questo vento la xe on ánema ramenga.
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STORIA E DINTORNI
“Vissinello” fa rima con “fratello” Il vissinello è l’opera più complessa e profonda sul tema e la scelta della lingua italiana non sembra essere casuale. Filosofia e storia si intrecciano al dialogo affettuoso e personale tra il poeta e un suo “alter ego” o, come dice il testo, suo fratello. Il poemetto, d’altra parte, si anima in una suggestiva polifonia, quasi una piccola sinfonia lirica suddivisa in sette parti. Vi si alternano le voci di un giovane e di un vecchio, di donne che piangono una giovane madre e di soldati caduti in guerra. Alcune provengono da un lontano passato, come quelle del barbaro, emblema della libertà, e del romano, espressione del potere imperiale inteso come dominio dell’uomo sull’uomo. I semicori che si alternano ricordano quelli di certe antiche tragedie greche. Si ha l’impressione di leggere un cantico sulla vita umana e sulla civiltà. Un cantico che si chiude con una considerazione sulla morte, dopo la quale l’esistenza continua / in grembo a Dio / nelle profondità dell’Universo / ... / dove il vortice della Luce / salva la parola dell’uomo, / da corruzione di voci estranee / da falsificazione di segni, / e in fuga la sospinge / con la sua onda sacra / sulla sferica via dell’Infinito (p. 51). Per alcune osservazioni critiche sull’opera di Flaminio De Poli è consultabile on line la tesi di dottorato di Elettra Bedon, “Il filo di Arianna. Letteratura in lingua veneta nel XX secolo”, discussa presso la McGill University di Montreal (Canada). UN POETA BILINGUE Flaminio De Poli (16 novembre 1920 - 25 luglio 2003) ha vissuto gran parte della sua vita a Rovigo ma è nato a Carceri, nella Bassa Padovana, ed è da qui che ha ricavato la “lingua euganea” utilizzata in numerose opere a partire dagli anni Settanta: questo strumento della comunicazione letteraria è, secondo la studiosa Elettra Bedon, «il pavano in cui - subito dopo la guerra - I Ruzantini (gruppo di teatranti girovaghi) recitava, passando da un paese all’altro», è la lingua dei contadini, ricostruita con estrema accuratezza e ben distinta da qualsiasi forma di dialetto italianizzato. Ma le prime opere in prosa e in poesia pubblicate da De Poli risalgono agli anni Cinquanta e sono in italiano. La svolta in favore del dialetto, percepito come lingua della realtà e contemporaneamente come lingua del popolo, non è tuttavia totale: dagli anni Settanta la produzione dello scrittore di Carceri si sviluppa su due piani paralleli, quello dell’italiano e della “lingua euganea”, ma comunicanti in un’osmosi continua e produttiva. Se i saggi più complessi o pensati per un
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pubblico più vasto sono scritti nella lingua nazionale, De Poli usa con abilità il dialetto e l’italiano sia nei componimenti in versi sia nei romanzi, nei racconti e nelle opere dialogiche. Di solito i testi in “lingua euganea” sono accompagnati da un glossarietto e spesso le scelte grafiche sono discusse e motivate nelle prefazioni ad uso di qualunque lettore: la scelta del dialetto non deve precludere a nessuno di gustare o almeno di avvertire il senso di quelle opere. IL VENTO E LA POESIA La poesia, quella che risulta essere forse la più eterea, la meno concreta e terrena tra le opere letterarie, ha da sempre dimostrato una certa attenzione per il vento. Vento che, con la sua forza invisibile, agita e turba la superficie del mare: lo aveva notato circa 2700 anni fa il poeta di Lesbo, Alceo. Vento che, secondo Saffo, si abbatte e sconvolge le querce sui monti non diversamente dalla passione amorosa che ha travolto il suo cuore. E, venendo a tempi più recenti, risuonerà ancora nelle orecchie di molti lettori il vento che Giacomo Leopardi ode “stormir tra queste piante”, che egli percepisce come una voce, “questa voce” che il poeta di Recanati confronta con l’infinito silenzio immaginato oltre la siepe. Ma se il vento è in grado di parlare alle orecchie del poeta, anche il poeta può rivolgere le sue parole al vento: così avviene, ad esempio, nell’Ode al vento dell’ovest dell’inglese Percy Bysshe Shelley, che si apre con un appello diretto proprio al “selvaggio vento dell’ovest” («O wild West Wind... »), inteso come simbolo di rinnovamento sociale (oltre che naturale). Nulla di più lontano dal vento di tramontana che per Alceo invita a rimanere chiusi in casa e a godere dei piaceri del presente. Ma nell’Iliade (libro XX, 226-229) Omero ricorda attraverso le parole di Enea che Borea, personificazione del vento di tramontana, aveva concepito con le cavalle del re troiano Erittonio dodici puledre straordinariamente agili e veloci.
CONCORSO LETTERARIO
Premio Internazionale di poesia religiosa San Sabino:
paesaggio, lirica e preghiera “È incredibile ch’io ti cerchi in questo o in altro luogo della terra dove è molto se possiamo riconoscerci. Ma è ancora un’età, la mia, che s’aspetta dagli altri quello che è in noi oppure non esiste”.
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arla di un luogo in questa poesia Mario Luzi, il poeta spentosi esattamente dieci anni fa, che poneva al centro delle sue liriche l’eterno conflitto tra “l’io” portato per le cose sublimi e le scene terrestri di tutti i giorni, e parla di una ricerca: forse proprio la redice profonda di quel Cristianesimo che era stato la sua ideologia. Mario Luzi avrebbe sicuramente amato un posto come la Pieve di San Sabino, la chiesetta che svetta sul Colle della Mira, a Torreglia. Qui, in questo paesaggio euganeo forse avrebbe continuato a cercare, trovando la storia e la mitologia nel vuoto lasciato della torre che un tempo sorgeva su questo rilievo e che tuttavia continua a rimandare alla leggendaria battaglia di tori di Antenore, (taurilia), e alla toponomastica, visto che il nome di Torreglia deriva proprio da questo isolato pennone. Qui avrebbe trovato anche la poesia. Nella Pieve avrebbe trovato il sepolcro dell’abate, letterato e oratore, Giuseppe Barbieri (Bassano 1774-Torreglia 1852), allievo del Cesarotti (1730-1808) e nelle bellezze del territorio il preciso riscontro e le ispirazioni che erano state fondamento dei componimenti del Barbieri, quali: I Colli Euganei e Veglie tauriliane. Qui, inoltre, avrebbe trovato l’eco della fama del latinista Jacopo Facciolati (1682-1769), del pittore Roberto Ferruzzi (1853-1934) e del musicista Cesare Pollini (1858-1912), nomi che ancora oggi fanno di Torreglia un luogo dove le arti hanno trovato e possono ancora trovare ispirazione,
grazie a luoghi come l’Eremo Camaldolese di Monte Rua, l’Abbazia di Praglia e il Monastero di San Daniele, luoghi dove è possibile coltivare la meditazione e la vita interiore. Raccoglie tutto questo oggi il Premio Internazionale di poesia religiosa San Sabino, arrivato alla sua ottava edizione, intrecciando mirabilmente paesaggio, lirica e preghiera in un titolo, “Parola e Mistero”, che suggerisce come l’esperienza poetica sia quella soglia tra suono e silenzio, dicibile e indicibile, finitezza e infinità, che questa esperienza, promossa dalla Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, attraverso il Gruppo Culturale La Perla del Circolo NOI, intende promuovere ed esplorare. Il concorso è aperto a tutti, basterà inviare al massimo due componimenti inediti, in lingua italiana o in lingua inglese, con tema spirituale-religioso, entro il termine del 21 marzo 2015, Giornata Mondiale della Poesia UNESCO. Per saperne dI più rimandiamo al sito: www.teatroperla.it
In alto: La Pieve, intitolata a San Sabino, vescovo e martire del IV secolo. È un luogo di preghiera dei Colli Euganei tutt’ora vivo, insieme a molti altri tra i quali i vicini Eremo Camaldolese di Monte Rua, l’Abbazia di Praglia e il Monastero di San Daniele.
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Centro Sportivo
“Le Tre Piume”
2015 l’anno più importante A partire da gennaio, con cadenza mensile, i campi e gli stage per il tiro ospiteranno i migliori tiratori a livello mondiale, appuntamenti da non perdere per gli amanti del tiro al volo e non solo luglio continueranno le gare ufficiali con la Finale del Campionato Il 2015 sarà l’anno più importante per il centro sportivo di via Coitaliano di “fossa universale”, mentre l’16 agosto tornerà il Trofeo stanze ad Agna. Con il riaprirsi della stagione, infatti, il calendario Città della speranza, la gara che da 11 anni viene organizzata degli eventi scandirà competizioni e appuntamenti da non perdere da centro sportivo per raccogliere fondi da destinare alla ricerca per gli amanti del tiro al volo, e non solo. A partire da gennaio, per le malattie oncologiche infantili. A settembre si attende il tutto con cadenza mensile, i campi e gli stage per il tiro ospiteranno i esaurito per i Mondiali di Shotgun, il migliori tiratori a livello mondiale. A settembre si attende il tutto esaurito tiro dinamico con armi calibro 12”, Si partirà già a gennaio ospitando per i Mondiali di Shotgun, il tiro dinamico che porterà ad Agna migliaia di turisti delle gare del Campionato Italiano con armi calibro 12”, che porterà ad stranieri, tra atleti e appassionati. Un di “tiro dinamico” mentre a febbraio Agna migliaia di turisti stranieri iniziativa dunque di straordinaria imverrà disputata alle Tre Piume la finale portanza per il territorio, tant’è che è stata patrocinata anche dalla del Campionato italiano individuale e a squadre della specialità Regione Veneto e dal Coni Nazionale, ma non è tutto, infatti, l’ecompak. A marzo comincerà il Campionato estivo di “tiro dinavento è stato inserito anche nell’Expo 2015, ovviamente insieme mico” pistole fascia A, mentre a maggio si terrà il Galà Internaalla struttura di via Costanze: la più completa in Italia e in Europa zionale con i migliori atleti Ipsc, l’organizzazione mondiale del tiro e l’unica a fregiarsi del marchio sicurezza Coni. dinamico, e dal 1° al 4 luglio tornerà l’appuntamento con l’Old West, diventato ormai di casa al centro sportivo di Agna. Dopo il successo dello scorso anno, infatti, i pistoleri del vecchio West torneranno a sfidarsi a colpi di revolverate e winchester. Per tre giorni centinaia tiratori in costume da cowboy, provenienti da diversi paesi del mondo trasformeranno la struttura di via Costanze in una città del Kansas o del Wyoming con saloon, banca, cimitero e assalto alla diligenza o al treno, dentro ai quali sono nascosti i bersagli sui quali i contendenti scaricheranno i loro colpi. A fine
CENTRO SPORTIVO “LE TRE PIUME” via Costanze, 8 - 35021 Agna (PD)
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TANTE PERSONE DA RINGRAZIARE Se anno dopo anno il centro sportivo Le tre Piume continua ad essere il punto di riferimento degli amanti del tiro Mario e Giovanni sportivo con le armi da fuoco, il merito va diviso con le tante persone che in via Costanze affiancano Giovanni e Mario nel lavoro di tutti i giorni e rendono questo posto una grande famiglia. La lista è lunghissima: Vittorio, Edda, Mara, Arianna, Chiara, Rossana, Martino, Alessia, Morena, Federico, Settimo, Giorgio, Paolo, Massimo, Matteo, Enrico, Paola, Alessandro, tutti i direttori di tiro e l’amico medico della struttura, Gianluigi Gasparoni. SEMPRE COMPETITIVI AI MASSIMI LIVELLI Grandi soddisfazioni al centro sportivo “Le tre Piume” anche sul fronte delle competizioni. Oltre all’asseNella foto il podio del Campionato gnazione della “Coppa dei Campioni delle Regioni. Sul secondo di Fossa Universale” che, dopo esgradino la squadra del Veneto sere stata vinta due volte consecutidi double trap composta vamente, rimarrà per sempre in via da Andrea Galesso, Jacopo Dal Moro ed Eraldo Apolloni Costanze, è importante segnalare il passaggio di Jacopo Dal Moro alle Fiamme Oro. Il diciotenne campione di “double trap” si allena al centro sportivo di Agna da quattro anni, sotto l’occhio vigile di Francesco Belluco, insieme all’altro campione, orgoglio delle Tre Piume, Eraldo Apolloni, anche lui fresco di convocazione in Nazionale e prontissimo a far parte della squadra juniores di “double trap”. Sono pronti a prendere il posto lasciato dai due campioni, sotto le insegne del centro sportivo “Tre Piume, un gruppo di dieci giovanissimi atleti, vere promesse del tiro al volo a patto però che continuino ad avere dei bei voti a scuola, questo sport, infatti, si basa su regole ferree che al primo posto mettono l’istruzione e la disciplina.
Tutti i Campi a disposizione • 8 CAMPI DA TIRO AL VOLO • nel quale ci si può esercitare in discipline olimpiche come la “fossa”, lo “skeet” e il “double trap” oppure le non olimpiche come la fossa universale, il compact sporting o il trap americano e percorso caccia • 15 STAGE PER IL TIRO CON LA PISTOLA • sia statico che in movimento • PIAZZOLE E BERSAGLI • per il tiro con l’arco • LINEE PER IL TIRO AD AVANCARICA • con vecchi fucili dell’Ottocento • 23.000 m2 ATTREZZATI PER IL SOFT-AIR • È stato inaugurato il campo con 16 LINEE PER IL TIRO LUNGO, tiro con la carabina a canna rigata da 100 a 200 metri, pensata per gli appassionati delle armi ex ordinanza o per i cacciatori di ungulati. Si tratta di una delle poche strutture di questo tipo presenti in zona.
Orari ORARI TIRO A VOLO dal mercoledì alla domenica dalle 8.30 alle 12.30 e 14.30 alle 19.00 mercoledi sera fino alle 23.00 ORARI TIRO CON ARMI RIGATE mercoledì pomeriggio dalle 14.30 alle 19.00 sabato e domenica dalle 8.30 alle 12.30 e 14.30 alle 19.00
Tutto quello che c’è da sapere del Centro Sportivo “Le Tre Piume”
Definire il centro sportivo “Le tre piume” un poligono, oppure un centro di “tiro sportivo” è molto riduttivo. L’attività che viene svolta in via Costanze ad Agna, infatti, è ben più articolata e coniuga allo sport anche un servizio di ospitalità, con un ristorante che sforna piatti e vini della tradizione locale, e un’area riposo, che estende il piacere di una giornata all’aria aperta anche ai famigliari dei tiratori. Una piccola oasi verde dotata di ogni comfort, infatti, può essere lo svago perfetto per chi alle sagome o ai piattelli ama il relax di una giornata nella natura. Insomma, è il posto giusto in cui passare le domeniche e ovviamente per chi ama lo sport con le “armi” è un vero e proprio parco divertimenti. Non mancano le attività agonistiche con allenamenti e corsi, seguiti dall’occhio vigile e l’esperienza di Giovanni e Mario, per imparare l’antica arte balistica. Tel. 049 9515388 - Fax 049 9519308 - info@letrepiume.it - www.letrepiume.it
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nuova struttura per un mondo d’acqua Allo sport in vasca e alla salute si associa il divertimento, soprattutto per i più piccoli, il fitness in palestra con corsi che spaziano dal cross-fit alla zumba e dalla street dance all’autodifesa Ultimati i restauri costati due milioni e trecentomila euro, il polo natatorio Via Olimpia a Legnago si candida a diventare uno dei centri sportivi e della socializzazione più interessanti del territorio, anzi già lo è: a pochi mesi dall’ultimazione dei lavori il numero degli iscritti è più che raddoppiato, passando dalle mille tessere alle 2.500. Merito degli spazi reinventati secondo le nuove esigenze, come la copertura di due vasche, ma anche di un’offerta dove allo sport e alla salute si associa il divertimento, soprattutto per i più piccoli. Legnagonuoto, infatti, non e solo un polo natatorio, ma un mondo di acqua dove ogni giorno si svolgono corsi per tutte le età: dai sei mesi agli 85 anni con orari praticamente non-stop. Si comincia alle 7.00 del mattino fino alle 23 di sera, compresi sabato e domenica. In vasca si scende per perfezionare il proprio stile, per allenarsi o per il mantenimento della forma fisica con corsi che oltre al nuoto spaziano dal mondo del fitness in acqua fino alle cure riabilitative e fisioterapiche, grazie ad una vasca appositamente
dedicata a queste attività. Ma in piscina soprattutto ci si diverte, per i più piccoli la naturale attrazione dell’acqua viene seguita da insegnanti qualificati FIN di provata esperienza che accompagnano i bambini nelle diverse discipline: dal nuoto alla pallanuoto e dal nuoto sincronizzato all’ acquagym. Sono ben 25 gli istituti scolastici che collaborano con il polo natatorio legnaghese e altrettanti sono i Comuni che, approfittando del servizio di trasporto offerto, hanno scelto questo centro per avvicinare i ragazzi agli sport in piscina e non solo, visto che la struttura e attrezzata per organizzare feste di compleanno animate dagli istruttori e da un rinfresco preparato dal bar della piscina.
LEGNAGO NUOTO Via Olimpia, 6 - 37045 Legnago (VR) - Tel. 0442 24450 - Fax 0442 1795164
TUTTO CIÒ CHE C’È DA SAPERE SULLA STRUTTURA ⊲V asca coperta 7 corsie (mt. 25 x mt. 15,50), profondità mt. 1,45 ⊲ Vaschino (mt. 15,50 x mt. 6), profondità mt. 0,84 ⊲ Vasca per la rieducazione funzionale (mt. 15,50 x mt. 2,50), profondità da mt. 0,67 a mt. 1,17 ⊲ Vasca coperta 20 mt (mt. 20 x mt. 14), profondità mt 1,23 ⊲ Vasca coperta baby (mt. 14 x mt. 11), profondità mt. 0,63 ⊲ Vasca scoperta 50mt (mt. 50 x mt. 21), profondità da mt. 1,45 a mt. 1,85;
Scuola Nuoto • Anatroccoli • Paperini • Ragazzi • Junior • Adulti • Family (genitore-figlio) • Lezioni Private • Corsi Accelerati
L’impianto sportivo Legnagonuoto offre ai suoi clienti svariate attività e servizi, tra i quali: corsi di acquagym, corsi di nuoto per tutte le età, nuoto agonistico, nuoto libero e corsi di nuoto per bambini. Proprio per quest’ultimi il nuoto è una fonte preziosa di benessere e di crescita: rafforza la muscolatura, irrobustisce le ossa e serve a prevenire la scoliosi. Ma oltre ai benefici fisici, l’attività sportiva in acqua aiuta a migliorare le capacità cognitive, la concentrazione e perfino l’autostima.
DA GENNAIO APERTURA DELLA NUOVA PALESTRA La novità del centro sportivo Legnagonuoto è la palestra. Aperta appena da qualche giorno è stata pensata per essere un centro fitness all’avanguardia ed organizzato con corsi che spaziano dal cross-fit alla zumba e dalla street dance all’autodifesa. Anche in questo caso l’estensione degli orari copre quasi tutta la giornata garantendo a tutti la possibilità di poter seguire i corsi e trovare il benessere del corpo. Lunedì
Acquafitness • Acquagym • Acqua Bike • Treadmill • Due Elementi • Hydromix • Water Body Sculpture • Aqua Pilates
9.00 9.45
Martedì
SOFT GYM
Mercoledì
Giovedì
RISVEGLIO MUSCOLARE
SOFT GYM
Venerdì
10.30 11.15
SELF DEFENSE
16.30 SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS 17.00 addominal g.a.g. mix g.a.g. addominal 17.00 SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS 17.30 tone total body mix total body tone 17.45 SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS SHORT CLASS 18.15 stretch&relax stretch&relax stretch&relax stretch&relax stretch&relax 19.00 19.45 20.00 20.45
Sabato
CROSS FIT SELF DEFENSE
STREET DANCE
CROSS FIT SELF DEFENSE
www.legnagonuoto.it - info@legnagonuoto.it - Facebook: Legnago Nuoto
STREET DANCE
tecnologia sempre più all’avanguardia, per un servizio migliore I punti forti dell’azienda di Bagnoli di Sopra sono la qualità della prestazione, la tempestività dell’intervento e il trasporto puntuale per il ritiro e la consegna della merce La Gps di Bagnoli di Sopra si fa ancora più competitiva. Grazie alla nuova cabina di verniciatura a polveri, installata nei primissimi giorni del 2015, il servizio è ancora migliore, più veloce e riduce gli sprechi di colore salvaguardando l’ambiente. Certo, perché malgrado il periodo suggerisca parsimonia nello spendere, Gps invece continua ad investire per migliorare la qualità del servizio e il lavoro dei suoi dipendenti. La nuova dotazione, infatti, permetterà una perfezione assoluta sullo spessore di colore da stendere, anche su oggetti di piccole dimensioni, e una velocità di esecuzione che consentirà di abbattere ulteriormente i tempi dell’intervento, impegnando meno gli operatori che così potranno impegnarsi su altri passaggi della lavorazione. “Questo è il nostro modo di stare al pas-
so con i tempi - spiega Guido Borella, che insieme a Giuseppe Pantano fondò la Gps nel lontano 2002 - massimo risultato e grande soddisfazione per il lavoro che facciamo”. Del resto i numeri gli danno ragione, anche il 2014 è stato un anno positivo: sono cresciuti i clienti e le commesse, senza portare stress nell’organizzazione interna del lavoro, garantendo quella mission aziendale che è stata il fondamento degli esordi, ossia unire al valore aziendale il capitale umano. Al tempo, stiamo parlando di tredici anni fa, Giuseppe Pantano stava cercando di rialzare le sorti di un’attività in oggettive difficoltà a causa della gestione della società precedente, alla quale aveva affittato gli spazi e le attrezzature industriali. In poche parole cercò di gestire in prima persona una linea di verniciatura, senza
Un’azienda in cui il rispetto e l’amicizia sono un collante determinate
GPS Srl - Viale dell’Industria 6a Strada, 7 – 35023 Bagnoli di Sopra (PD)
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però avere la benché minima competenza in materia. La competenza la trovò in Guido Borella, al tempo impiegato presso un’altra ditta. Fece carte false per averlo con se, e fu così che patron Giuseppe insieme al tecnico Guido finirono per fare squadra. Il binomio formato dall’intraprendenza del primo e dall’esperienza, maturata in più di vent’anni di servizio nel settore della verniciatura industriale, del secondo, permise alla nuova società di uscire dalle difficoltà in un tempo rapido e anzi di rilanciare nella direzione della qualità e della rapidità il servizio, rinnovando la strumentazione con macchinari sempre più all’avanguardia. Oggi Giuseppe Pantano non c’è più, prematuramente scomparso, ma la sua azienda continua ad essere leader nel settore della verniciatura industriale, servendo un’area geografica che comprende il Veneto, il Trentino Alto Adige e l’Emila Romagna. Un primato conquistato grazie a un servizio che viene svolto con: • grande qualità sia per gli interventi di verniciatura che zincatura a caldo. Macchinari moderni e efficienti garantiscono la massima resa dei colori e resistenza degli stessi. Gli imballi sono a prova di graffio. Ogni gamma di tinta può essere soddisfatta • tempestività, l’organizzazione aziendale permette diversi cambi di tinta giornalieri garantendo l’abbattimento dei tempi di attesa per la restituzione del lavoro ultimato • disponibilità, in quanto grazie ad un sistema di trasporti consolidato è possibile la raccolta e la riconsegna anche di piccoli lotti di materiale da verniciare. Il costo del trasporto è irrisorio • Economicità, è ottimo il rapporto tra qualità del servizio e costo dell’intervento Il servizio può essere applicato a qualsiasi tipo di materiale: - Attrezzature per l’agricoltura - Banchi frigo e impianti molitori con la verniciature di speciali vernici alimentari che non pregiudicano le caratteristiche dei prodotti con i quali entreranno in contatto - Recinzioni e serramenti in ferro Il massimo della pezzatura dei pezzi può raggiungere i 7 metri.
IL CICLO PRODUTTIVO Fosfodecapaggio per il materiale zincato a caldo o fosfosgrassaggio con fosfati di ferro per il materiale ferroso
Due passaggi di risciaquo con acqua di rete
Passivazione
Asciugatura in forno ad aria forzata a 120 °C
Raffreddamento in ambiente
Verniciatura con polveri, due robot agiscono in cabina più ritocchi manuali
Cottura in forno ad aria forzata a 180 °C
Rafreddamento in ambiente
Tel. 049 9535317 - Fax 049 9539007 - info@gpsverniciatura.it - www.gpsverniciatura.it
Imballaggio della merce
Affiliato: CASA 5 S.R.L. Via Colli Euganei, 108 35041 Battaglia Terme (PD)
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Tel. 049 910.12.12
PERNUMIA - GALZIGNANO TERME - BATTAGLIA TERME - ARQUÀ PETRARCA Sono Giada, ho 31 anni, e da nove anni opero nei territori di Battaglia Terme, Galzignano Terme, Valsanzibio, Arquà Petrarca e Pernumia, come CONSULENTE IMMOBILIARE. L’esperienza pluriennale in questi paesi e la passione che nutro per il mio lavoro, mi hanno permesso di conoscere le esigenze delle persone che ci vivono e di trovare la soluzione più adatta a chi ha deciso, a volte con molti sacrifici, di affidarsi a me e al mio gruppo di lavoro per essere seguito in tutte le fasi della compravendita, momento che considero fondamentale nella vita di ognuno. Il mercato immobiliare ha subìto negli ultimi anni un drastico cambiamento, non solo sotto un punto di vista economico, ma anche burocratico. Oggi non si vende più facilmente come qualche anno fa, di fatto la mancanza di denaro, le difficoltà ad accedere al mutuo, e la poca fiducia nel sistema, sono sicuramente da considerarsi tra le cause principali; comprare casa resta, in ogni caso, un fatto essenziale e avere un professionista che vi sappia consigliare ascoltando le vostre parole e i vostri sentimenti, prestando garanzia sulla verifica dei documenti dell’immobile e delle parti, che appuri la regolarità urbanistica, e che faccia un analisi sui vincoli come ipoteche e servitù, è oggi un aspetto da prendere in considerazione vista l’entità dell’operazione. Per qualsiasi informazione mi potete scrivere al seguente indirizzo mail giadaalessandrin.tecnocasa@gmail.com sarò lieta di rispondere alle vostre domande e a cercare la vostra futura casa! Seguiteci anche su Facebook alla pagina “Agenzia Tecnocasa Battaglia terme” Grazie dell’attenzione e a presto! Giada Ogni Agenzia ha un proprio titolare ed è autonoma
BATTAGLIA TERME Appartamento con ingresso semindipendente in palazzina di 3 unità, ristrutturato nel 2007. Dispone di cucina abitabile, tre terrazzi, tre camere da letto matrimoniali, cantina e garage. Scoperto di proprietà. In centro al paese. € 110.000
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GALZIGNANO TERME: Soluzione immersa nel verde dei Colli. Giardino privato di circa 50 mq. Dispone di due ingressi indipendenti. Molto luminosa. Si trova in una zona panoramica, a metà strada tra i paesi di Torreglia e Galzignano Terme. € 90.000
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DUE CARRARE-TERRADURA Porzione di testa di quadrifamiliare ca. 200 mq. Cucina abitabile con uscita nel porticato in legno e taverna. Giardino piantumato con impianto d’ irrigazione e garage triplo. Vista sui Colli Euganei. APE:N.D.; IPE: N.D. € 210.000
CARTURA Terreno agricolo di ca. 101693 mq catastali. Facilmente raggiungibile dalla strada con servitù di passaggio a favore per accedervi. Il terreno confina a nord con un canale d’acqua che garantisce l’irrigazione per tutto l’anno. Vengono ceduti n. 9 Titoli AGEA. APE:N.P.; IPE: N.P. € 620.000
Salve a tutti, sono Vernuccio Luca, ho 33 anni e lavoro da 10 anni alla Tecnocasa. Sono iscritto al ruolo degli agenti in affari e mediazione al n. 2167 presso la Camera di Commercio di Padova. In tutti questi anni di lavoro nel territorio di Due Carrare e Cartura ho avuto la possibilità di conoscere numerose persone che mi hanno dato l’opportunità, riconoscendomi piena fiducia, di avviarmi in questa attività. La mia avventura pensate parte insieme alla mia famiglia in quanto anche noi abbiamo deciso di affidarci all’agenzia Tecnocasa di Due Carrare per la vendita della nostra vecchia abitazione. Ero un vostro compaesano e dopo la vendita del nostro immobile in poco tempo e con la massima professinalità da parte degli agenti Tecnocasa mi sono avvicinato a questa realtà tanto da entrarne a far parte. I primi periodi sono stati molto impegnativi, ma attraverso la struttura organizzativa che Tecnocasa ci offriva e ci offre tuttora sono cresciuto sia personalmente che professionalmente tanto che nel Gennaio 2008 da semplice Agente Immobiliare sono diventato il responsabile dell’ufficio. Ad oggi mi occupo personalmente di tutte le compravendite della nostra agenzia e posso ritenermi pienamente soddisfatto in quanto la nostra agenzia ha saputo ritagliarsi una buona fetta del mercato immobiliare. Quindi se sei un ragazzo giovane dai 20 ai 35 anni o se conosci qualcuno che sta cercando lavoro diplomato e automunito non esitare nel chiamarci, tutti hanno le stesse opportunità di crescere, lavorare, guadagnare e fare carriera. Luca
Ogni Agenzia ha un proprio titolare ed è autonoma
SAN PIETRO VIMINARIO: Terreno agricolo di ca. 8 campi padovani e mezzo. Confina con un corso d’acqua ed è accessibile attraverso via Paltana e via Valdolmo Prima Strada. APE: N. P.; IPE: N. P. € 235.000
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CARTURA-CAGNOLA: Palazzina di due unità abitative e un’attività commerciale al piano terra. Appartamento con ingresso indipendente di ca. 100 mq con cucina abitabile e tre camere da letto. APE: G; IPE: 74,40 Kwh/m2/anno. € 109.000
CARTURA-CAGNOLA: Cedesi storica attività di rivendita giornali e quotidiani ubicata in posizione strategica rispetto alle vie di comunicazione ed ai centri d’interesse del paese. Posti auto adiacenti. Canone di locazione mensile € 350,00. APE: N.P.; IPE: N.P. € 27.000
DUE CARRARE-CENTRO: Abitazione disposta su due piani con possibilità di personalizzare le finiture. Zona giorno di 50 mq, con possibilità di cucina abitabile. APE: B; IPE: 72 kwh/m2/ anno. € 258.000
CON I PIEDI SOTTO LA TAVOLA
Difficoltà: media
Preparazione: Cottura: 120 minuti 17 minuti
Ingredienti per 4 persone 400 g di riso un “prete” (una trippa di maiale) sedano carote e cipolla brodo di carne un bicchiere di vino bianco un rametto di rosmarino una foglia di alloro sale e pepe olio di oliva
RISOTTO CON IL “PRETE” La trippa di maiale è chiamata in quasi tutto il Veneto “prete”, ma non tutti lo sanno. Con queste rigaglie un tempo, dopo la macellazione e la preparazione dei salami, veniva preparato un risotto che vi ri-proponiamo perché questa ricetta, ormai, è diventata desueta. Per la preparazione del “prete”, è necessario lavare molto accuratamente la trippa con abbondante acqua, aceto e limone. Successivamente lessare il prete in acqua con una foglia di alloro. Dopo la cottura lasciamo riposare in luogo fresco il tutto per almeno un giorno, questo consentirà alla carne di perdere qualsiasi sgradito odore superstite alla bollitura. Il prete poi va tagliato a listarelle molto sottili è fatto rosolare in olio di oliva insieme al sedano, alla carota e alla cipolla, bagnato con il vino bianco aggiungendo un po’ di brodo fino ad ultimare la cottura che durerà circa un’ora - un’ora e mezza. Ovviamente il tutto andrà aggiustato di sale e pepe. Per la preparazione del riso è sufficiente lessarlo in acqua, scolarlo dopo 17 minuti e aggiungervi il ragù di prete, il rametto di rosmarino e abbondante formaggio grattugiato.
BISATO IN TECIA Difficoltà: media
Preparazione: Cottura: 15 minuti 60 minuti
Ingredienti per 4 persone 900 g di anguilla del Delta del Po (bisato) 1 cipolla 1 spicchio d’aglio prezzemolo 600 g di polpa di pomodoro o pelati 1/2 bicchiere di vino bianco aceto bianco olio extravergine d’oliva sale e pepe
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Preparazione Pulite l’anguilla e tagliatela a tocchi un po’ grossi. In una padella fate soffriggere nell’olio scaldato la cipolla e l’aglio tritati con un po’ di prezzemolo, aggiungete la polpa di pomodoro o i pelati, aggiustate di sale e pepe e cuocete la salsa per 10-15’. Versate l’anguilla nella salsa, lasciatela insaporire qualche minuto, poi bagnatela col vino bianco. Continuate la cottura a fuoco molto basso, per una buona mezz’ora, aggiungendo, se occorre, un po’ d’acqua. Prima di portare a termine la cottura cospargete l’anguilla con prezzemolo tritato e una spruzzata di aceto bianco. Servite con polenta fresca o abbrustolita.
DIVINO PARLAR di Silvano Bizzaro - Sommelier s.bizzaro@alice.it
COLLI EUGANEI DOC PINELLO: UN VINO DALLE QUALITÀ E POTENZIALITÀ INTERESSANTI Coltivata fin dal Medievo sparì nei secoli successivi per ricomparire nell’Ottocento nell’area collinare euganea Parliamo del Colli Euganei DOC Pinello, vino bianco autoctono dell’area dei Coli Euganei, antichissimo, anche se poco conosciuto, ma dalle qualità e potenzialità a mio modo di vedere interessanti e con un futuro garantito. L’origine del vitigno è molto antica e va ricercata lungo la sponda orientale dell’Adriatico: la Pinella prodotta nell’isola d’Arbe (l’attuale Rab, nel Golfo del Quarnaro) era infatti molto rinomata nel Veneto nel XIII secolo. Si trova inoltre citata negli Statuti del Comune di Vicenza (1264). (Calò, Paronetto, Rorato, 1996). Di una Pinella coltivata in Friuli si ha notizia fin dal 1300, mentre sui Colli Euganei già nell’alto Medioevo si ha notizia di una Pinella o Pinola (Cancellier et al., 2003). L’uva Pinella si mantenne lungamente in coltura, ma di essa sembrano essersi perse le tracce per lungo tempo. Solo nell’800 venne infatti elenca-
Viene prodotto nelle versioni frizzante e spumante nei comuni di Vo, Cinto Euganeo ma soprattutto Rovolon ta nel Catalogo ed illustrazione dei prodotti primitivi del suolo e delle industrie della Provincia di Vicenza offerte alla pubblica mostra nel Palazzo del Museo Civico il 25 agosto 1855. La rinascita dell’interesse per questa varietà coincise con la ricostruzione postfillosserica e si consolidò nel corso dei decenni successivi. Le indicazioni contenute nel primo Indirizzo viticolo per le province venete prodotto dalla Stazione Sperimentale per la Viticoltura e l’Enologia di Conegliano del 1931 consigliarono infatti questa cultivar per la zona collinare della provincia di Padova e ancora, nel 1950, Montanari e Ceccarelli ne caldeggiarono un’ulteriore diffusione nell’area del Colli Euganei. La ripresa della Pinella venne favorita anche dalle raccomandazioni di Cosmo (1959), che ne sollecitò la coltivazione considerandola come fondamentale nella zona collinare padovana. Infine, anche i regolamenti CEE 2005/70
e 3800/81 la raccomandarono per la provincia euganea. Iscritta al Registro Naz. var. vite con D.M. 25.5.1970, col numero 192, è inserita tra le varietà idonee alla coltivazione nella provincia di Padova (DOC Bagnoli e Colli Euganei), dove viene impiegata soprattutto nella produzione del DOC Colli Euganei Pinello. Un tempo utilizzata soprattutto come uva da taglio per altri vini bianchi, è ora lavorata anche in purezza. Viene prodotto nelle versioni frizzante e spumante nei comuni di Vo, Cinto Euganeo ma soprattutto Rovolon, dove si concentrano i maggiori produttori del Colli Euganei DOC Pinello. Nell’ambito del Wine Gallery della Tecno & Food, presso la Fiera di Padova, ho avuto modo di parlare con Francesca Callegaro, titolare dell’omonima azienda, che mi ha confermato che il Pinello sta acquisendo sempre più popolarità nell’area Coli Euganei e che loro sono, a pieno titolo, i maggiori promotori della diffusione di questo vino, nonché i principali produttori. All’analisi visiva il vino è di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli; all’olfatto evidenzia un profumo tipico intenso, caratteristico, sapore secco, acidulo, di buona persistenza. Presenta un bouquet ricco di profumi floreali quali l’acacia, i fiori di castagno e gelsomino, contornati da note di pera matura e ananas. Il palato tipicamente acidulo e leggermente frizzante, arrotondato da un velo di morbidezza, lo rende compagno ideale di aperitivi, pietanze a base di pesce e formaggi delicati (abbinamento per contrasto/contrapposizione). Servire alla temperatura di 8°-10° C. Vi invito a scoprirlo (per chi non lo conosce), degustarlo e berlo, soprattutto nella prossima primavera-estate, ne rimarrete soddisfatti.
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