Nuova Luce sull'Armeria Reale di Torino.

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Nuova luce sull’Armeria Reale di Torino - La collezione Sanquirico

2a Armando Testa Banca Fideuram Buffetti Burgo Group Buzzi Unicem C.L.N. Compagnia di San Paolo Costruzioni Generali Gilardi Deloitte & Touche Ersel Exor Fenera Holding Ferrero Fiat Chrysler Automobiles Fondazione CRT Garosci Geodata Gruppo Ferrero-Presider Huntsman Intesa SanPaolo Italgas Lavazza Martini & Rossi Megadyne M. Marsiaj & C. Reply Skf Società Reale Mutua di Assicurazioni Unione Industriale di Torino Vittoria Assicurazioni

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Nuova luce sull’Armeria Reale di Torino La collezione Sanquirico a cura di

Mario Epifani e Angela Griseri


Benedetto Luigi Compagnoni, Direttore Polo Reale di Torino Maurizio Cibrario, Presidente Consulta di Torino Antonio Maria Marocco, Presidente Fondazione CRT Nuova luce sull’Armeria Reale di Torino. La collezione Sanquirico Armeria Reale di Torino 12 novembre 2015 – 17 gennaio 2016 Organizzazione della mostra Mario Epifani, Direttore Armeria Reale Giovanni Saccani, Direttore Biblioteca Reale Mario Verdun di Cantogno e Angela Griseri, Consulta Diego Giachello Catalogo Mario Epifani e Angela Griseri Autori dei saggi Mario Epifani, Diego Giachello, Mario Verdun di Cantogno Progetto illuminotecnico e allestimento mostra Diego Giachello Restauro e movimentazione opere Alessandra Curti Ditte Ilti Luce srl Elektros di Caputo Mirko Ideazione Coordinamento organizzativo Massimiliano Caldera, Vicedirettore Armeria Reale Alessandra Curti, Maria Giuseppina Romagnoli, Armeria Reale Mario Verdun di Cantogno e Angela Griseri, Consulta Referenze fotografiche Armeria Reale, Archivio fotografico Biblioteca Reale, Archivio fotografico Ernani Orcorte Ringraziamenti Lisa Accurti, Annamaria Aimone, Fulvio Cervini, Maria D’Amuri, Paolo Cascio, Antonietta De Felice, Anne-Lise Desmas, Claudia Macchi, Enrica Pagella, Luisa Papotti, Eliana Angela Pollone, Ornella Savarino, Simone Solinas, Mario Tortonese, Maria Carla Visconti, Davide Zannotti

Stampa: L’Artistica Savigliano, Novembre 2015 Riproduzione vietata L’Artistica Editrice Divisione editoriale de L’Artistica Savigliano S.r.l. Via Torino 197 – 12038 Savigliano (Cuneo) Tel. +39 0172.22361 Fax +39 0172.21601 editrice@lartisavi.it - www.lartisavi.it ISBN 978-88-7320-373-5


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I

l compimento del nuovo impianto di illuminazione dell’Armeria Reale aggiunge un ulteriore anello al percorso di ricerca e valorizzazione avviato da tempo negli spazi del Polo Reale di Torino. Le specificità in esso custodite hanno sollecitato un’indagine attraverso quasi duecento anni di allestimenti, senza tralasciare al contempo il supporto delle più moderne opportunità, in un connubio che coniuga le esigenze della tecnologia coeva con il lascito culturale della storia. La gestione di un complesso museale così articolato non può infatti prescindere da un’attenta sensibilità filologica, in questo caso incline ad attribuire un ruolo prioritario al tema della luce quale componente essenziale del filtro percettivo che modula l’esperienza della fruizione estetica. La mostra dedicata allo scenografo Alessandro Sanquirico trova pertanto in questa circostanza un’adeguata collocazione, inneggiando alle suggestioni scenografiche intrise di storicismo dell’impianto museale voluto da Carlo Alberto, oltreché alle ricadute prodotte in chiave retrospettiva dall’azione di un’unica committenza. Acquisito per volontà del sovrano e ora conservato presso la Biblioteca Reale, il nucleo di opere esposto ricorda il senso di continuità che le scelte del collezionismo dinastico hanno conferito allo straordinario patrimonio del Polo Reale. Sotto l’egida della volontà regia un vero e proprio filo rosso si dipana dunque tra la varietà tipologica delle raccolte, riflettendo anche un itinerario di contenuti che pare congiungere idealmente le cadenze di rinnovato luminismo celebrate in Armeria alla forza evocativa dei giochi di chiaroscuro degli ambienti di corte e degli allestimenti dettati dalle criticità conservative di disegni e reperti, sino alle testimonianze della pittura fiamminga e del vedutismo. Se oggi il Polo Reale può essere presentato quale eccezionale unicum museale ciò si deve anche alla significativa opera di valorizzazione che è stata possibile grazie alla sinergia tra pubblico e privato, come dimostra l’impegno congiunto della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino e della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino all’origine di questo importante traguardo. Benedetto Luigi Compagnoni Direttore del Polo Reale di Torino


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L

a Fondazione CRT, da sempre accanto alla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, ha contribuito a dare nuova luce, non solo metaforicamente, a uno dei gioielli della nostra città: l’Armeria Reale. Il rinnovato impianto di illuminazione della Grande Galleria Beaumont, reso possibile grazie alla collaborazione tra la Fondazione CRT e la Consulta, testimonia e conferma l’impegno comune per la rinascita e la promozione del patrimonio storico e artistico del territorio. L’opera migliora infatti la visibilità da parte del pubblico della straordinaria collezione che, con l’occasione, è arricchita delle armature, degli elmi e delle armi appartenuti ad Alessandro Sanquirico – acquistati dal re Carlo Alberto nel 1833 – cui è dedicata la mostra “La collezione Sanquirico”. Si tratta di un ulteriore tassello del più ampio progetto di recupero e valorizzazione dell’Armeria – prezioso elemento del Polo Reale – su cui la Fondazione CRT ha investito molte risorse e un profondo impegno, insieme con l’Associazione Amici dell’Arte in Piemonte, sotto la regia degli Enti di tutela. La Fondazione considera determinante e strategica la sinergia tra istituzioni pubbliche e private, nella consapevolezza che la condivisione di obiettivi, progettualità e competenze sia imprescindibile per la valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Negli anni la Fondazione CRT ha destinato al Museo dell’Armeria Reale oltre due milioni e mezzo di euro, rendendo così possibile il restauro degli ambienti monumentali e il recupero dell’allestimento storico della Galleria Beaumont, voluto nel 1832 dal re Carlo Alberto. Ha contribuito, inoltre, allo studio e alla schedatura dell’Archivio Storico, alla catalogazione informatizzata degli archivi e alla realizzazione dei sussidi di supporto alla visita dell’Armeria Reale. Anche la presente pubblicazione, curata dalla Consulta e realizzata grazie al contributo della Fondazione CRT, si qualifica come tappa ulteriore di un percorso condiviso, che continuerà a vederci impegnati per promuovere la conoscenza e migliorare la fruibilità di beni di straordinario valore storico, artistico, culturale. Antonio Maria Marocco Presidente della Fondazione CRT


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ell’età cavalleresca la luce che illuminava le armature, gli elmi, gli scudi, riflessa nelle spade e nelle alabarde rilucenti di cavalieri schierati in parata o pronti per la battaglia, apriva scenari di meraviglia negli astanti o di terrore nei nemici nell’imminenza dello scontro. Anche nella Galleria del Beaumont, all’Armeria Reale di Torino, dove esemplari di armi, armature, cavalieri sono esibiti in una carrellata storica, perseguita dal collezionismo sabaudo, felicemente promosso da Carlo Alberto, la luce ha un ruolo essenziale. Il nuovo impianto di illuminazione della Grande Galleria, realizzato dalla Consulta e dalla Fondazione CRT, ha raggiunto l’obiettivo di migliorare la percezione visiva dell’ambiente e delle collezioni esposte, coniugando saggiamente, pur nelle differenze tonali, la luce naturale con sorgenti varie di luce artificiale. In tale occasione e in accordo con la Direzione del museo è stata allestita anche una mostra sulla collezione dello scenografo Alessandro Sanquirico: per la prima volta è esposta al pubblico la Raccolta di varie decorazioni sceniche, prezioso album dedicato al re Carlo Alberto, gentilmente concesso in prestito dalla Biblioteca Reale. Consulta ha ormai consolidato un modello torinese, che trova nella salvaguardia e nella promozione del patrimonio cittadino la propria ragione sociale. Le Aziende socie sentono la responsabilità di mantenere e sviluppare nel tempo questo unicum, rappresentato da collaborazione virtuosa ed efficace con le Istituzioni , le Soprintendenze e le Fondazioni operanti sul territorio. Maurizio Cibrario Presidente della Consulta Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino


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Indice

L’“Armeria Antica e Moderna” da Carlo Alberto al Polo Reale . . . . . . . Pag. 11 Mario Epifani

Gli ambienti, i capolavori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 17 Mario Epifani

Mecenati per l’Armeria Reale. Gli interventi della Fondazione CRT e della Consulta di Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 47 Mario Verdun di Cantogno

Il nuovo progetto di illuminazione . . . . . . . . . . . . . . . . » 55 Diego Giachello

La Galleria Beaumont . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

»

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Un teatro d’armi: la collezione di Alessandro Sanquirico nell’Armeria Reale . .

»

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Mario Epifani

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 101



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L’“Armeria Antica e Moderna” da Carlo Alberto al Polo Reale Mario Epifani

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uando nel 1832 Carlo Alberto decise di svuotare la Galleria Beaumont dei dipinti che si alternavano ai rilievi marmorei collocati sulle sue pareti da quasi un secolo, la dinastia sabauda non possedeva ancora, nel complesso dei palazzi al centro di Torino che ne costituivano la residenza, uno spazio dedicato alla celebrazione delle proprie glorie militari attraverso l’esibizione delle armi e delle armature di proprietà della casa regnante, com’era invece il caso, ad esempio, delle collezioni dell’arciduca d’Austria nel Castello di Ambras, delle raccolte dei duchi di Sassonia a Dresda e della celebre Armeria Real di Madrid, istituita da Filippo II già nel Cinquecento1. Il principe di Carignano – salito da appena un anno al trono del regno di Sardegna, come successore dello zio Carlo Felice, morto senza eredi – dovette senz’altro avvertire il peso di simili modelli; il nuovo re era indubbiamente altrettanto sensibile all’esigenza di fornire ai propri sudditi adeguati strumenti per lo studio della storia e dell’arte, come dimostra l’istituzione – da lui promossa già nei primi anni del suo regno – della Biblioteca Reale, del Medagliere e appunto della Regia Pinacoteca in Palazzo Madama, ove confluirono tra gli altri i dipinti già esposti nella Galleria Beaumont. In effetti, rispetto ad altre collezioni analoghe già esistenti in Europa, l’“Armeria Antica e Moderna” inaugurata da Carlo Alberto nel 1837 era meno incentrata sull’esaltazione dinastica: il sovrano riunì nel nuovo museo una serie di preziose armi e armature appartenute ai suoi avi e in precedenza divise tra “diversi stabilimenti”2, ovvero essenzialmente gli arsenali di Torino e di Genova e i musei del Palazzo dell’Università; molti altri pezzi vennero tuttavia acquistati sul mercato (per lo più a Parigi), così come intere collezioni, come quella dello scenografo milanese Alessandro Sanquirico (1833) e quella appartenuta alla famiglia bresciana dei Martinengo della Fabbrica (1839)3. L’intento, dunque, era quello di fornire al visitatore una panoramica della produzione di oggetti legati all’arte della guerra dall’antichità fino all’epoca attuale, ovviamente selezionando quelli qualificabili come opere d’arte, seppure nell’ambito delle arti applicate, peraltro non sempre così nettamente distinguibile da quelle delle arti cosiddette ‘maggiori’. Una simile mostra di oggetti rappresentativi dell’evoluzione tecnologica e artistica applicata alla creazione di strumenti di difesa (armature, scudi) e di offesa (spade, alabarde, pistole) poteva ammettere la presenza di oggetti evocativi di un Medioevo o di un Rinascimento vissuti come teatro ideale di un mondo cavalleresco, ancorché prodotti in tempi recenti come imitazioni, se non come falsi. E in effetti tra gli acquisti effettuati sul mercato – sia dagli antiquari parigini che dal collezionista Sanquirico – non sono pochi i pezzi oggi sicuramente individuati come tali, valido esempio del gusto storicistico tipico dell’Ottocento ma anche dell’astuzia dei venditori.


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Nella primavera del 1837 l’“Armeria Antica e Moderna” veniva dunque aperta al pubblico, secondo un percorso che partiva da piazza Castello – con ingresso condiviso con la Biblioteca Reale – e attraverso lo scalone realizzato nel 1740 da Benedetto Alfieri come accesso alle Segreterie di Stato (cfr. scheda p. 20) immetteva nella Rotonda – utilizzata come ampliamento del museo solo dopo il 1842 (cfr. scheda p. 24) – e di lì nella Galleria Beaumont (cfr. scheda p. 18), il cui allestimento originario è documentato da una litografia del pittore cagliaritano Pietro Ayres, eseguita appunto nel 1837 (fig. 1). Tale percorso di visita è rimasto invariato fino al 2012, quando l’elegante porta disegnata da Pelagio Palagi che divide il Medagliere (cfr. scheda p. 22) dal Gabinetto Cinese di Palazzo Reale è stata riaperta, unificando i due musei fino ad allora distinti e anticipando l’istituzione del Polo Reale, denominazione che oggi identifica la residenza (Palazzo Reale) e le collezioni sabaude (Armeria Reale, Galleria Sabauda, Museo di Antichità e Biblioteca Reale)4. Il visitatore pertanto oggi accede in Armeria secondo quello che era il percorso del re, dai suoi appartamenti alle collezioni istituzionalizzate e aperte al pubblico da Carlo Alberto (Medagliere, Armeria e Biblioteca); se si è perso il senso di visita del museo ottocentesco, si è però recuperata la fondamentale unità degli edifici e delle raccolte in essi contenute.

1. Pietro Ayres, Armeria Antica e Moderna, litografia, 1837, Torino, Armeria Reale, Fondo Grafica


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2. Torino, Armeria Reale, Veduta d’insieme della Galleria Beaumont

Subito dopo l’inaugurazione del museo da parte di Carlo Alberto, le collezioni continuarono a crescere attraverso nuovi acquisti, tra cui quello della già citata raccolta Martinengo della Fabbrica (1839). Le nuove acquisizioni comportarono un aumento del numero di armature esposte nella Galleria Beaumont e di conseguenza l’aggiunta di nuovi manichini e di nuovi cavalli, realizzati in legno e rivestiti in vera pelle equina, nonché un aumento del numero delle vetrine di gusto neogotico disegnate da Pelagio Palagi, che arrivarono ad occupare tutto lo spazio disponibile sulle pareti, fino alle bocche dei camini; dopo il 1842 si rese necessario un ampliamento dello spazio espositivo con l’allestimento della Rotonda. Nel frattempo il museo si dotava del suo primo catalogo (1840)5, che descrive 1.554 oggetti, e di una serie di riproduzioni litografiche utili a favorirne lo studio e la promozione6: le collezioni e il loro allestimento servirono indubbiamente da modello per un collezionista del livello di Frederick Stibbert (1838-1906), che visitò più volte l’Armeria a partire dal 1873 e che adottò un analogo criterio scenografico nell’esposizione della sua straordinaria raccolta all’interno della villa di Montughi, a Firenze7. Nel 1878, dopo la morte di Vittorio Emanuele II, le sue armi – insieme a quelle appartenute al padre Carlo Alberto – furono donate all’Armeria; in seguito, e fino al 1943, anche i successivi re d’Italia, Umberto I e Vittorio Emanuele III, lasciarono al museo le proprie collezioni. La storia del museo si chiude infatti con la fine della monarchia: con l’avvento della Repubblica (1946) l’Armeria – che nel 1948 possedeva ormai 4.434 oggetti – diventa museo statale. Per tutta la sua storia non


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era mai cessata l’attenzione allo studio e alla diffusione della conoscenza delle sue raccolte: nel 1890 Angelo Angelucci pubblicava un catalogo tuttora validissimo come strumento per l’identificazione dei singoli pezzi, per la loro classificazione e per la ricostruzione della loro storia8; nel 1898 veniva pubblicato in tre volumi un album fotografico, punto d’arrivo di una serie di campagne che già dal 1865 avevano collocato l’Armeria tra i musei più all’avanguardia nel campo della riproduzione fotografica9. Il museo statale originato dall’Armeria di Carlo Alberto alla metà del secolo scorso era divenuto un museo straripante di armi, armature, bandiere e oggetti vari esposti in una sorta di horror vacui tra la Galleria Beaumont e la Rotonda, giustificando almeno in parte le critiche che fin dal 1948 cominciarono ad emergere riguardo al caotico ordinamento della collezione10. Il razionalismo dominante nella museografia del secondo dopoguerra, probabilmente unito a un certo disagio nei confronti di una collezione così strettamente legata alle (s)fortune politiche di Casa Savoia, indussero i curatori del museo ad avviare una profonda revisione dell’Armeria Reale, in collaborazione con Bruno Thomas, direttore della Waffensammlung di Vienna: tra il 1969 e il 1977 la collezione fu interamente revisionata, decidendo di esporre secondo criteri moderni e assai più selettivi le armi e armature che affollavano il museo ottocentesco11. In questo modo, l’allestimento storico fu completamente obliterato, non solo nella Galleria Beaumont e nella Rotonda, ma anche nel Medagliere, che perse la propria funzione e il proprio arredo originari per ospitare la collezione orientale; rimosse le vetrine neogotiche e le panoplie sulle pareti, in Galleria gli oggetti furono esposti – indubbiamente con migliore visibilità – entro nuove vetrine secondo un criterio rigidamente filologico, con un gusto decisamente più minimalista, in dichiarata opposizione al lussureggiante bric-à-brac documentato dalle foto storiche. Solo negli ultimi vent’anni si è avvertita l’esigenza di ripristinare l’assetto storicizzato della collezione, peraltro ampiamente documentato dai cataloghi e dalle riproduzioni eseguite fin dai primi decenni della storia dell’Armeria. Il restauro e il riallestimento della Galleria Beaumont sono stati portati a termine nel 200512. Oggi l’Armeria Reale si prepara ad affrontare le nuove sfide lanciate dalla recentissima istituzione del Polo Reale e dall’inserimento di un museo ormai antico – l’unico ancora collocato nella sua sede originaria, tra quelli che compongono il Polo – in un nuovo museo, più ampio ed eterogeneo, che dovrà raccontare al visitatore la storia del collezionismo sabaudo nelle sue diverse accezioni (fig. 2).


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Note 1 Per una valida sintesi delle vicende storiche dell’Armeria Reale si rinvia al contributo di Paolo Venturoli, Storia dell’Armeria Reale, in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, pp. 11-29; cfr. anche L’Armeria Reale nella Galleria Beaumont, a cura di Paolo Venturoli, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Torino 2008. 2 Cfr. Michela Di Macco, “Rotelle, brocchieri, targhe… scudi da torneo”. Acquisti e acquisizioni per l’Armeria di Carlo Alberto, in L’Armeria Reale di Torino, a cura di Franco Mazzini, Bramante, Busto Arsizio 1982, pp. 72-85 (72). 3 Sulla collezione Sanquirico si rimanda al saggio di chi scrive, in questo stesso catalogo. 4 Cfr. Mario Epifani, L’Armeria Reale, in Il Polo Reale di Torino. L’idea, il progetto, i lavori (2005-2014), a cura di Mario Turetta, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2014, pp. 249-251. 5 Vittorio Seyssel d’Aix, Armeria antica e moderna di S.M. Carlo Alberto, Stabilimento tipografico Fontana, Torino 1840. 6 Cfr. Dal disegno alla fotografia. L’Armeria Reale illustrata 1837-1898, catalogo della mostra a cura di Paolo Venturoli (Torino, Armeria Reale, 15 ottobre 2003-11 gennaio 2004), Allemandi, Torino 2003. 7 Cfr. Mario Epifani, La “Reale Armeria” di Torino nella seconda metà dell’Ottocento: formazione e promozione di una raccolta dinastica, in Cavalieri, mamelucchi e samurai. Armature di guerrieri d’Oriente e d’Occidente dalla collezione del Museo Stibbert di Firenze, catalogo della mostra a cura di Enrico Colle (Reggia di Venaria, 25 ottobre 2014-8 febbraio 2015), Sillabe, Livorno 2014, pp. 19-23. 8 Angelo Angelucci, Catalogo della Armeria Reale, Tipografia editrice G. Candeletti, Torino 1890. 9 Luigi Avogadro di Quaregna, Armeria antica e moderna di S.M. il Re d’Italia in Torino, Torino 1898. 10 Cfr. John F. Hayward, L’Armeria Reale di Torino, in “Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”, 2, 1948, pp. 179-197. 11 Su questo riallestimento si veda L’Armeria Reale riordinata. Rapporto dei lavori 1969-1977, a cura di Franco Mazzini, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte, Torino 1977. 12 Paolo Venturoli, Restauro e riallestimento della Galleria Beaumont, in Paolo Venturoli, 2008, pp. 265-272.



Gli ambienti, i capolavori Mario Epifani


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La Galleria Beaumont

La sontuosa galleria occupa una parte della lunga manica di collegamento che univa direttamente Palazzo Reale e Palazzo Madama, già esistente alla fine del Cinquecento. La Grande Galleria, fatta decorare dal duca Carlo Emanuele I all’inizio del Seicento, ospitava già alcune armi insieme ad altri pezzi delle collezioni sabaude, ma fu devastata da più incendi. Nel 1732 Carlo Emanuele III, re di Sardegna, decise di rinnovare questo ambiente di collegamento tra gli Appartamenti Reali, Palazzo Madama e le Segreterie di Stato (oggi Prefettura), affidandone il disegno a Filippo Juvarra. Inizialmente nota come Galleria della Regina, la sala fu decorata sulla volta con dipinti ad olio del pittore di corte Claudio Francesco Beaumont, che tra il il 1738 e il 1743 vi raffigurò in cinque riquadri le Storie di Enea. Dopo il 1763 l’architetto Benedetto Alfieri fornì il disegno per il rivestimento marmoreo delle pareti, ove trovarono posto quattro rilievi in marmo con allegorie dei fratelli Ignazio e Filippo Collino, autori anche delle quattro Virtù collocate ai lati delle porte e dei putti che reggono i tavoli a muro. Tra il 1787 e il 1790 lo scultore Giovanni Battista Bernero scolpì quattro rilievi di formato quadrangolare, completati nel 1832 da altri quattro eseguiti da Giacomo Spalla, raffiguranti battaglie. Nel frattempo, nel 1826 era stato trasferito nella Galleria Beaumont il pavimento marmoreo proveniente dalla Galleria di Diana nella Reggia di Venaria. Fino al 1832 le grandi cornici marmoree sulle pareti ospitavano alcuni dei dipinti più importanti delle collezioni sabaude, opera di pittori quali Paolo Veronese, Francesco Bassano e Nicolas Poussin, poi trasferiti per volontà di Carlo Alberto in Palazzo Madama, prima sede della “Regia Pinacoteca”, e oggi visibili nella Galleria Sabauda. Bibliografia: Paolo Venturoli, La Galleria Beaumont 1732-1832. Un cantiere ininterrotto da Carlo Emanuele III a Carlo Alberto, Allemandi, Torino 2002; L’Armeria Reale nella Galleria Beaumont, a cura di Paolo Venturoli, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Torino 2008.


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Lo Scalone

Il maestoso scalone di accesso da piazza Castello fu costruito nel 1740 su progetto dell’architetto Benedetto Alfieri, come snodo tra gli Appartamenti Reali e la manica che costeggia il lato nord della piazza, allora sede delle Segreterie di Stato e oggi della Prefettura. Attraverso la Galleria Beaumont, lo scalone e un’ulteriore galleria di collegamento i sovrani potevano raggiungere direttamente il palco reale nel settecentesco Teatro Regio. Il grande e luminoso vano, aperto da un’ampia vetrata verso i Giardini Reali, è impreziosito da quattro colonne in marmo grigio, dai raffinati stucchi del lombardo Domenico Ferretti sulla volta e da rilievi e sculture pure in marmo: si tratta in parte di pezzi antichi restaurati, quali la Minerva collocata nella nicchia centrale, in parte di rilievi di scuola lombarda della prima metà del Cinquecento e in parte di busti settecenteschi attribuiti al francese Pierre Legros. Le eleganti variazioni di tono dei marmi, dei finti marmi, degli stucchi e degli intonaci – dal sabbia al grigio-azzurro degli sfondati della volta – sono caratteristiche dello stile di transizione dal Rococò al Neoclassico. Bibliografia: Il restauro dello scalone di Benedetto Alfieri, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 1999.


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Il Medagliere

La saletta di passaggio dal Gabinetto Cinese di Palazzo Reale alla Galleria Beaumont nel Settecento faceva parte dell’Appartamento della regina; chiamata “Gabinetto de’ fiori” per i motivi decorativi delle sovrapporte, era stata dipinta sulla volta da Claudio Francesco Beaumont, come gli ambienti contigui. Nel 1836 Carlo Alberto decise di utilizzare questo ambiente come sede della sua collezione di monete e medaglie e pertanto commissionò al suo architetto Pelagio Palagi un radicale rinnovamento della decorazione: la volta fu dipinta da Pietro Ayres, che vi raffigurò Minerva tra Apollo e Mercurio tra sontuosi stucchi dorati e, nel fregio, amorini che sostengono monete. I mobili, come la porta verso Palazzo Reale, furono appositamente disegnati da Palagi in stile neoclassico, per contenere entro cassetti la collezione numismatica e nelle vetrine vasi e altri oggetti antichi, esotici e preziosi, in una sorta di eclettica Kunstkammer. I due tavoli al centro della sala erano stati predisposti per lo studio di una collezione che il sovrano aveva concepito come dotazione della corona, ma anche come strumento di ricerca a disposizione degli studiosi, in diretto collegamento con la sottostante Biblioteca Reale. Il Medagliere, originato dalla raccolta dello studioso Domenico Promis, acquistata da Carlo Alberto nel 1832, conta attualmente circa 33mila pezzi tra monete, medaglie e sigilli. Dopo il restauro compiuto nel 1999, la sala ha recuperato il proprio assetto e la propria funzione ottocenteschi, stravolti negli anni settanta del secolo scorso per esporre in questo ambiente, entro vetrine moderne, la collezione di armi orientali dell’Armeria. Bibliografia: Il Medagliere del Palazzo Reale di Torino. Storia e restauro della sala e delle collezioni, a cura di Alessandra Guerrini, De Luca, Roma 2014 (“Bollettino d’Arte”, serie VII, 2013, volume speciale).


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La Rotonda

Come il Medagliere, anche questa sala è frutto di un radicale intervento voluto da Carlo Alberto e diretto dall’architetto di corte Pelagio Palagi. In luogo di un preesistente Rondò – la cui memoria persiste nella denominazione della sala – utilizzato come piccolo teatro di corte prima della costruzione del Teatro Regio e poi come sala da ballo, Palagi realizzò nel 1842 una sala espositiva come ampliamento dell’Armeria, inaugurata cinque anni prima nell’adiacente Galleria Beaumont. Già nel 1809 era stato demolito il collegamento tra questo ambiente e Palazzo Madama; dalla loggia che affaccia su piazza Castello Carlo Alberto proclamò l’inizio della prima Guerra d’Indipendenza, il 22 marzo 1848. Il soffitto ligneo accoglie tele dipinte da Carlo Bellosio, Giove che fulmina i giganti, e da Francesco Gonin Scene dell’Iliade, in parte danneggiate da un incendio. Il ballatoio al di sopra delle vetrine corre lungo scaffalature concepite per accogliere i libri destinati a istruire i quadri dell’esercito sardo, in linea con un museo strettamente collegato con le tradizioni militari dello Stato sabaudo; a fine Ottocento, su questa balconata erano appese le bandiere storiche che costituiscono tuttora parte integrante delle collezioni dell’Armeria. In questa sala era esposto anche il gruppo marmoreo di Carlo Finelli raffigurante San Michele che abbatte Lucifero, dal 1874 collocato sullo scalone che scende alle tombe reali nella Basilica di Superga. La Rotonda fu concepita per ospitare le acquisizioni più recenti del museo carloalbertino, tra cui la raccolta di armi orientali; oggi le sue vetrine offrono una panoramica della storia d’Italia e dell’evoluzione delle armi da fuoco dal Seicento fino alle guerre mondiali, passando per le collezioni personali di Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II e Umberto I, con particolare riguardo per le memorie risorgimentali. Bibliografia: L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, pp. 39-41; La loggia di Carlo Alberto nell’Armeria Reale. Arte, storia e restauro di un monumento torinese ritrovato, a cura di Edith Gabrielli, L’Artistica Savigliano, 2011.


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Controrostro a testa di cinghiale Officine etrusco-italiche di età romana repubblicana, III-I secolo a.C. Bronzo fuso con fori per il fissaggio su legno Catalogo A’.89

Il controrostro è il rivestimento di protezione della parte terminale dell’asse di chiglia di una nave da guerra, concepito per opporsi alle navi nemiche dotate di rostro, sperone fissato sulla prua come arma offensiva capace di perforare lo scafo; la sua funzione appare evidente in alcune antiche raffigurazioni di battaglie navali e in particolare in un rilievo di età romana imperiale ritrovato a Ostia. Verosimilmente appartenuto a una trireme affondata forse nel corso della seconda guerra punica (219-202 a.C.), fu rinvenuto nel porto di Genova nel 1597 e collocato sulla porta dell’arsenale di quella città fino al 1833, quando fu asportato per essere trasferito a Torino e poi esposto nell’Armeria di Carlo Alberto. Anche lo stile richiama la bronzistica decorativa etrusco-italica di età ellenistica (III secolo a.C.), ma non si può escludere una datazione più tarda, considerate la continuità dei modelli per simili oggetti di carattere utilitario e la rarità di pezzi paragonabili a noi pervenuti. Il basamento ottocentesco in legno fu disegnato da Pelagio Palagi. Bibliografia: Filippo M. Gambari in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 7; Id., Dal restauro allo studio: la ricerca archeologica tra i trofei delle sale delle armi, in Arma virumque cano… Le armi preistoriche e classiche dell’Armeria Reale di Torino, catalogo della mostra a cura di Paolo Venturoli (Torino, Armeria Reale, 29 marzo-29 settembre 2002), Allemandi, Torino 2002, pp. 45-64 (47, 61-62).


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Custodia, fodero e spada detta di San Maurizio Manifattura europea, prima metà del XIII secolo (spada e fodero); manifattura savoiarda, 1434-1438 (custodia) Acciaio, ferro, legno e tessuto (spada); legno, pergamena e ferro (fodero); cuoio impresso, dorato e dipinto (custodia) Catalogo G.25 (spada e fodero), Q.12 (custodia)

Menzionata già nella seconda metà del Cinquecento in un inventario dell’Abbazia di San Maurizio d’Agauno, in Svizzera, la spada vi era conservata come una reliquia in quanto si riteneva che essa fosse appartenuta al generale romano vissuto nel III secolo, capo di quella legione tebana che si rifiutò di giustiziare alcuni cristiani del Vallese e che fu pertanto decimata per ordine dell’imperatore Diocleziano. Si tratta in realtà di un’arma databile alla prima metà del XIII secolo e in ottimo stato di conservazione, proprio in virtù del suo antico status di reliquia. Patrono del Sacro Romano Impero nonché degli Alpini, San Maurizio è anche protettore dell’omonimo ordine cavalleresco di Casa Savoia, fondato nel 1434 dal duca Amedeo VIII, che fu poi anche antipapa col nome di Felice V. Proprio in quest’epoca la spada, già custodita col suo fodero, venne dotata di una sontuosa custodia in cuoio su cui è inciso il nome di “Petrus Forneri”, ovvero Pierre Fournier, consigliere del duca che proprio nel 1434 fu eletto abate di San Maurizio d’Agauno, carica che resse fino al 1438. Sulla custodia, al di sopra dello stemma sabaudo, è ritratto il santo cavaliere con alla cintura la sua spada, in una sorta di mise en abyme tardogotica. Nel 1591 la reliquia fu ceduta al duca Carlo Emanuele I di Savoia, che la portò a Torino per collocarla nella Cappella della Sacra Sindone; solo nel 1858 la spada e la sua custodia fecero il loro ingresso nel museo inaugurato vent’anni prima da Carlo Alberto. Bibliografia: Paolo Venturoli in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, nn. 9, 10; Élisabeth Antoine-König in Le Trésor de l’abbaye de Saint-Maurice d’Agaune, catalogo della mostra a cura di Élisabeth Antoine-König (Parigi, Musée du Louvre, 14 marzo-16 giugno 2014), Somogy, Paris 2014, n. 39.


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Morso da cavallo Arte limosina, prima metà del XIV secolo Ferro, bronzo, smalto, rame, argento Catalogo D.58

I paraocchi di questo morso – teoricamente qualificabile come finimento per la bardatura di un cavallo, ma di fatto prezioso oggetto di oreficeria – furono realizzati in rame con decorazioni in argento e smalti champlevé che riproducono lo stemma di una delle famiglie più influenti nella Napoli del Trecento, gli Acciaiuoli (leone rampante blu su sfondo argento), banchieri fiorentini al servizio della corte angioina, accanto a quello dei Grimaldi (fusato d’argento e di rosso), casata di origine genovese un cui ramo nel Trecento giunse fino in Calabria. Nel 1318, proprio grazie al contributo determinante dei Grimaldi, il re di Napoli Roberto d’Angiò divenne signore di Genova. L’associazione dei due stemmi è riferibile in particolare al matrimonio tra il conte Angelo Acciaiuoli – figlio di Niccolò, gran siniscalco del Regno di Napoli nonché amico di Petrarca e di Boccaccio – e una figlia di Antonio Grimaldi, signore di San Giorgio in Calabria. È dunque probabile che si tratti di un dono di nozze, realizzato da artisti francesi a Napoli durante il regno di Roberto d’Angiò (13091343). Il morso può essere confrontato con oggetti analoghi conservati nel Musée de Cluny di Parigi e al Metropolitan Museum di New York. Bibliografia: Paolo Venturoli in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 13; Il Medioevo in viaggio, catalogo della mostra a cura di Benedetta Chiesi, Ilaria Ciseri e Beatrice Paolozzi Strozzi (Firenze, Museo del Bargello), Giunti, Milano 2015, n. 100.


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Olifante da caccia Scultore Sapi, Sierra Leone, 1495-1521 Avorio, oro Catalogo Q.10

Il corno presenta scene di caccia intagliate a rilievo o a tutto tondo, con animali verosimili (cervi, leopardi, coccodrilli) o fantastici (unicorni, draghi), insieme allo stemma della Casa d’Aviz, alla croce dell’ordine di Cristo e a una sfera armillare, tutti motivi riferibili al re Manuele I di Portogallo (1495-1521). Oggetti analoghi, eseguiti nel primo Cinquecento da artisti dell’Africa occidentale per committenti portoghesi, sono conservati all’Ermitage di San Pietroburgo e nel Musée de Cluny a Parigi. La provenienza spiega la resa piuttosto fantasiosa di animali diffusi in Europa: né l’iconografia né la tipologia dell’oggetto trovano infatti riscontro nella tradizione artistica africana. È verosimile che l’olifante – giunto in Armeria nel 1833 dal Museo dell’Università, ma già identificabile in un inventario del Palazzo Ducale di Torino datato 1682 – sia stato recato in dono da Beatrice d’Aviz, andata in sposa al duca di Savoia Carlo II nel 1521. Bibliografia: Claudio Bertolotto in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 23; Fulvio Cervini in Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani, catalogo della mostra a cura di Alessandro Barbero e Andrea Merlotti (Reggia di Venaria, 28 novembre 2009-11 aprile 2010), Electa, Milano 2009, n. 26.


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Corsaletto da piede all’antica Armoraro bresciano, 1540 circa Acciaio, oro, cuoio Catalogo C.11

La corazza, con spallacci e fiancali e una borgognotta di forme dichiaratamente cinquecentesche, ricorda quelle dei generali dell’antica Roma, secondo i canoni del costume militare eroico in voga intorno alla metà del Cinquecento. Tutta l’armatura è lavorata a bande incise all’acquaforte, alternativamente con un motivo a maglia di ferro e con girali, tipo di decorazione che si ritrova in altre armature prodotte a Brescia: l’insieme proviene appunto dalla collezione della famiglia bresciana Martinengo della Fabbrica, acquistata da Carlo Alberto nel 1839, e appartenne con ogni probabilità al conte Girolamo (1519-1570), che fu luogotenente del duca di Urbino e governatore generale delle milizie della Repubblica di Venezia nei suoi possedimenti del Mediterraneo orientale. Bibliografia: Fulvio Cervini in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 27.


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Scudo da parata con storie di Giugurta Scultore francese, 1550-1560 Ferro sbalzato e cesellato con damaschinature in oro e in argento, ottone Catalogo F.3

Lo scudo – attribuito nel primo catalogo dell’Armeria (1840) a Benvenuto Cellini o a Giulio Romano – presenta, entro un ricco repertorio decorativo di figure allegoriche e armi, cinque medaglioni a rilievo con episodi della guerra condotta da Giugurta re dei Numidi contro i Romani guidati da Mario tra il 112 e il 105 a.C., narrata da Sallustio nel De bello jughurtino. Assai vicino, per tipologia e motivi decorativi, ai due scudi di Enrico II re di Francia (1547-1559) conservati al Louvre e al Metropolitan Museum di New York, dovette essere eseguito in un atelier francese negli stessi anni, poco oltre la metà del Cinquecento, come dimostrano le affinità stilistiche con la produzione dell’incisore Étienne Delaune e in generale col gusto manierista della scuola di Fontainebleau. Non è tuttavia accertata la sua appartenenza originaria a Enrico II, a cui rimanderebbe l’emblema della luna crescente che compare sopra al volto femminile in basso; la stessa provenienza dalle raccolte del principe Eugenio di Savoia non è supportata da riscontri documentari. Bibliografia: Michela di Macco, “Rotelle, brocchieri, targhe… scudi da torneo”. Acquisti e acquisizioni per l’Armeria di Carlo Alberto, in L’Armeria Reale di Torino, a cura di Franco Mazzini, Bramante, Busto Arsizio 1982, pp. 72-85; Fulvio Cervini in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 32; Jean-Pierre Reverseau in Sous l’égide de Mars. Armures des princes d’Europe, catalogo della mostra a cura di Olivier Renaudeau, Jean-Pierre Reverseau e Jean-Paul Sage-Frénay (Parigi, Musée de l’Armée, 16 marzo-26 giugno 2011), Chaudun, Paris 2010, n. 42.


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Guarnitura di Emanuele Filiberto, duca di Savoia Armoraro milanese (Giovan Paolo Negroli?), 1560 circa Acciaio decorato all’acquaforte e dorato Catalogo B.4

Il corsaletto di questa guarnitura corrisponde a quello indossato dal duca Emanuele Filiberto nel ritratto eseguito da Giacomo Vighi detto l’Argenta, pittore al servizio della corte sabauda dal 1561, oggi conservato nella Galleria Sabauda. Il duca, cui si deve il trasferimento della capitale del ducato da Chambéry a Torino (1563), è rappresentato con questa stessa armatura – e addirittura su un cavallo in posa identica a quella della scultura in legno rivestita di pelle equina che la sorregge – nel monumento in bronzo a lui dedicato, eseguito dallo scultore Carlo Marochetti e collocato in piazza San Carlo nel 1838, appena un anno dopo l’apertura al pubblico dell’Armeria Reale. I vari pezzi, insieme ad altri esposti in vetrina, compongono una guarnitura completa, ovvero un complesso di due o più armature utilizzabili sia in guerra che in occasioni di rappresentanza (giostre, tornei); un secondo corsaletto ad essa pertinente è stato acquistato per l’Armeria nel 2007. I motivi decorativi rimandano a numerose armature lombarde prodotte nello stesso periodo, giustificando la proposta di attribuzione al celebre armoraro milanese Giovan Paolo Negroli, che nel 1561 ricevette un pagamento per conto del duca Emanuele Filiberto, relativo a tre armature e a due rotelle. Bibliografia: Alessandra Guerrini in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 39; Chiara Lanzi in “Il nostro pittore fiamengo”. Giovanni Caracca alla corte dei Savoia, catalogo della mostra a cura di Paola Astrua, Anna Maria Bava e Carla Enrica Spantigati (Torino, Galleria Sabauda, 21 settembre 2005-8 gennaio 2006), Allemandi, Torino 2005, n. 8.


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Archibusetto e moschetto da caccia a ruota con chiavi, fiasca e polverino Emanuel Sadeler e Adam Vischer, 1600 circa Ferro, legno, avorio, argento, oro, madreperla Catalogo M.11, M.12, N’.12, N’.13, N’.22, N’.23

Questo sontuoso gruppo di due fucili da caccia con relativi accessori (chiavi, fiasca per la polvere da sparo e polverino per la polvere da innesco) fa parte di una spettacolare parure di oggetti preziosi inviati in dono dal duca Massimiliano I di Baviera al duca Carlo Emanuele II di Savoia nel 1650: in quell’anno fu celebrato per procura a Torino il matrimonio tra Ferdinando Maria di Wittelsbach, figlio di Massimiliano e suo erede nella carica di principe elettore del Sacro Romano Impero, ed Enrichetta Adelaide, sorella del duca di Savoia. Sia il moschetto che l’archibusetto sono identificabili in un inventario del 1641-1642: il primo, di dimensioni maggiori, richiedeva anche una forcella su cui esso doveva poggiare, già in collezione Rothschild (Christie’s, London, 8 luglio 1999, lotto 81), e reca il monogramma AV dell’intagliatore Adam Vischer, documentato a Monaco di Baviera dal 1599; il secondo è invece firmato dall’intagliatore Hieronymus Borstorffer, attivo fino al 1637. Entrambi i pezzi – che non furono mai utilizzati come armi – sono riccamente decorati con intarsi in avorio graffito raffiguranti temi mitologici e rilievi a grottesche in argento, oro e madreperla, su disegni dell’incisore bavarese Emanuel Sadeler, morto nel 1610; analoghi motivi decorativi compaiono sugli accessori, verosimilmente eseguiti, come i due fucili, intorno al 1600. Bibliografia: Carlenrica Spantigati, Le armi della scuola di Monaco e i problemi della loro decorazione, in L’Armeria Reale di Torino, a cura di Franco Mazzini, Bramante, Busto Arsizio 1982, pp. 86-93; Fulvio Cervini in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, nn. 52, 53.


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Coppia di pistole rigate a percussione François Prélat, 1824 Acciaio bronzato, argento, oro, avorio, legno di noce Catalogo S.38, S.39

Le due pistole, che recano sulla canna quadra incisa a bulino e ageminata in oro l’iscrizione “Prélat arq[uebusi]er du Roi à Paris”, furono eseguite nel 1824 e appartennero a Carlo Alberto, come attesta la placchetta d’oro con lo stemma usato dal principe di Carignano fino al 1831, prima di ereditare il titolo di re di Sardegna. Il nome dell’armaiolo francese è ripetuto sulle piastre, ornate dalle figure giacenti di un gladiatore e di un’amazzone; sulle contropiastre rilievi in oro rappresentano il carro di Fetonte entro trofei di armi. Altrettanto esuberanti sono gli intagli in legno del calcio “a capitello”. François Prélat è ritenuto l’inventore della capsula a percussione, che solo all’inizio dell’Ottocento sostituì l’antico sistema a pietra focaia. I raffinati motivi decorativi, desunti dalla statuaria classica, sono affini a quelli prediletti da Nicolas-Noël Boutet, che tra il 1792 e il 1818 fu direttore artistico della manifattura d’armi di Versailles, da cui provengono altre due pistole appartenute a Carlo Alberto conservate in Armeria (cat. S.36, S.37). Bibliografia: Emanuela Settimi in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 68.


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Spada da presentazione con fodero Maestro persiano, manifattura ottomana, seconda metà del XVI secolo-inizio del XVII secolo Damasco wootz, oro, argento e pietre dure Catalogo G.423

Tra i più preziosi esempi di armi orientali presenti nelle collezioni dell’Armeria Reale, questa spada – non destinata al combattimento – fu donata al re Vittorio Emanuele III nel 1927 da una missione diplomatica dello Yemen, paese che l’anno precedente aveva firmato un accordo di cooperazione e di amicizia con il governo fascista. Lo Yemen si era reso indipendente dall’impero ottomano nel 1918; la spada e il fodero sono tuttavia un prodotto dello stile imperiale ottomano tra Cinque e Seicento, più grossolano nel fornimento, ma di altissima qualità nella lama di ispirazione araba, anomala per il fatto di essere dritta, forgiata in damasco wootz (tecnica metallurgica diffusa tra l’India e la Persia almeno dal IV secolo) e decorata in oro e argento a koftgari, tipo di damaschinatura pure di origine indiana. Sulla lama, in prossimità dell’elsa, si affrontano un drago e un simurgh, uccello fantastico della mitologia persiana; piuttosto singolare è la presenza di queste due figure, mentre è tipica dell’arte islamica la decorazione aniconica ad arabeschi e la calligrafia, presente anche su altre due splendide lame cinquecentesche persiane presenti fin dall’Ottocento in Armeria (cat. G.98, G.99). Bibliografia: Giorgio Dondi in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 94; Id. in Ferro, oro, pietre preziose.. Le armi orientali dell’Armeria Reale di Torino, catalogo della mostra a cura di Paolo Venturoli (Torino, Armeria Reale, 22 giugno-23 dicembre 2001), Allemandi, Torino 2001, n. 8.


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Mecenati per l’Armeria Reale. Gli interventi della Fondazione crt e della Consulta di Torino Mario Verdun di Cantogno

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n occasione dell’inaugurazione del 2005 della riallestita Armeria Reale, il professor Andrea Comba, Presidente della Fondazione CRT, dichiarava: “Oggi, la Galleria Beaumont recupera il suo allestimento ottocentesco dopo che Carlo Alberto la sottrasse in funzione museale ai percorsi di Palazzo Reale e la riaprì al pubblico nel 1837: ancora una volta, la Fondazione CRT con il suo intervento restituisce alla fruizione pubblica un bene alla cui realizzazione si può dire che contribuì economicamente l’intero Stato sabaudo. Nel sostenere il pieno recupero del patrimonio storico ed artistico del Piemonte, la fondazione piemontese risponde quindi ad una motivazione etica che ne sostiene e rafforza gli obiettivi sociali, economici ed occupazionali”. Sono qui ben sintetizzate tutte le linee guida di un intervento di grande valore storico, di alta valenza scientifica, di notevole complessità organizzativa, di significativo impegno economico e di magnifico risultato estetico. Il progetto era stato avviato nel 2000 da una richiesta di sostegno da parte dell’allora Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici, organo piemontese del Ministero per i Beni Culturali, per dare risposta ad alcune problematiche di carattere statico e di criticità rispetto alle normative di sicurezza. Ma a queste esigenze, se vogliamo definirle puramente tecniche, si assommavano altre motivazioni di preminente spessore artistico-culturale e maggior impatto di fruizione pubblica. La Soprintendenza riteneva infatti che fossero maturi i tempi per proporre una moderna rilettura museologica e museografica, che facesse nuovamente riferimento alle scelte progettuali del re Carlo Alberto e dell’architetto Pelagio Palagi da lui incaricato per profonde trasformazioni del Palazzo Reale. La Soprintendente Carlenrica Spantigati ben delineava la filosofia dell’intervento: l’Armeria, non solo museo d’armi, costruzione di una storia “cavalleresca” che accompagna il visitatore nel mondo del romanzo storico. Il percorso museale doveva riproporre il percorso del re dal Gabinetto Cinese di Palazzo Reale, attraverso il Medagliere, per cogliere “l’imponente bellezza della Galleria del Beaumont nella quale inoltrarsi quietamente sostando sulle tappe della storia di armi, armature ed armati” (fig. 1). Il Direttore dell’Armeria Paolo Venturoli predispose una approfondita, minuziosa ed articolata proposta di intervento, mirata sia al recupero del prestigioso spazio aulico che dell’allestimento espositivo originario, quale era apprezzabile dopo che Carlo Alberto aveva trasformato, come già detto, la destinazione della Galleria a museo aprendola al pubblico nel 1837. Il lavoro dell’équipe della Soprintendenza venne sottoposto alla Fondazione CRT per ottenere il finanziamento dell’oneroso intervento unitamente ad un supporto organizzativo e gestionale. Entra in scena a questo punto l’Associazione culturale degli Amici dell’Arte in Piemonte di cui lo scrivente era stato Vice Presidente operativo prima di assumere la carica


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1. Torino, Armeria Reale. Particolare della Grande Galleria

di Presidente. L’Associazione era stata costituita nel marzo 1985 con la finalità di favorire la conoscenza dei beni culturali del Piemonte attraverso la salvaguardia, il restauro e la valorizzazione del patrimonio della Regione, operando in collaborazione con enti pubblici e privati che perseguivano i medesimi obiettivi. Tra le più significative realizzazioni degli anni Ottanta e Novanta si annoveravano in particolare gli interventi di adeguamento funzionale ed impiantistico del primo piano di Palazzo Reale in Torino ed il successivo allestimento di importanti mostre sulle collezioni di Porcellane, Argenti e Orologi ivi conservate, realizzate con il contributo della Fiat. In altre successive realizzazioni l’impegno dell’Associazione aveva nuovamente consentito alle Soprintendenze piemontesi di poter utilizzare finanziamenti di provenienza sia pubblica, la Regione Piemonte, che privata, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT. Vanno quindi ricordati alcuni piccoli interventi negli appartamenti del secondo piano e soprattutto la catalogazione e l’immagazzinamento di oltre 100 Arazzi facenti parte delle collezioni del Palazzo. In breve si può sostenere, con un pizzico di immodestia, che l’Associazione aveva maturato, in quindici anni di attività, competenze gestionali con buon apprezzamento delle istituzioni coinvolte e conseguente credibilità per ulteriori incarichi. Ecco perché la Fondazione CRT fece


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l’onore di coinvolgerla, con il pieno accordo della Soprintendenza, nella complessa ma stimolante iniziativa sull’Armeria Reale. L’Associazione, pur rendendosi conto che questo intervento superava di gran lunga come dimensione economica e durata temporale le precedenti esperienze, accettò il rischio con grande senso di gratitudine dei confronti sia della Fondazione che della Soprintendenza. Nel maggio 2001 si giunse quindi alla sottoscrizione di una Convenzione che definiva i compiti delle parti coinvolte, per realizzare opere valutate in 3 miliardi di lire: alla Soprintendenza spettavano la progettazione, la direzione scientifica ed il controllo dei lavori mentre gli Amici dell’Arte in Piemonte assicuravano i rapporti con i fornitori, la gestione degli appalti e tutte le incombenze derivanti dai rapporti economici, dai pagamenti e dai rendiconti finanziari. Nel 2004 una seconda Convenzione regolamentò altri lavori generosamente sostenuti con oltre 500.00 euro dalla Fondazione CRT. Senza voler entrare nel dettaglio dell’intero processo realizzativo, risulta interessante indicarne le principali fasi. Dopo le preliminari attività di ricerca storica e documentaria, di rilievi architettonici e fotografici, di perizie statiche, analisi chimico fisiche sui materiali e di predisposizione dei piani di sicurezza, si avviarono le gare per il restauro della volta, delle pareti e delle sculture. Numerose ditte e professionisti presentarono offerte per le varie tipologie di interventi e dopo l’esame delle documentazioni tecniche ed amministrative vennero affidati ed avviati i lavori in parallelo ad un cantiere scuola dell’Istituto Centrale del Restauro. Nell’arco di oltre quattro anni si avvicendarono più di 50 tra professionisti e ditte: si può comprendere l’importanza delle attività sostenute dal qualificato personale della Soprintendenza e la mole di lavoro sviluppato dell’Associazione pur con una struttura ridotta al minimo di due persone oltre al sottoscritto. Nel novembre 2005 il riallestimento dell’Armeria venne inaugurato con la mostra La Galleria Beaumont 1732-1832. Un cantiere ininterrotto da Carlo Emanuele III a Carlo Alberto. Successivamente venne intrapreso un progetto di valorizzazione che portò, con ulteriori fondi, alla predisposizione di postazioni informatiche, sito internet, stampa di pieghevoli, audioguide, video e pubblicazione di sostanziosi volumi a stampa. Negli anni tra il 2007 ed il 2009 l’Associazione venne nuovamente incaricata di gestire fondi stanziati questa volta dal Ministero e dalla Regione Piemonte per catalogazione, con relativa campagna fotografica, interventi di restauro conservativo e adeguata conservazione sul fondo di Bandiere e Stendardi che arricchiscono le collezioni dell’Armeria. Concludo questo capitolo ricordando che l’Associazione Amici dell’Arte in Piemonte in oltre venti anni di attività ha contribuito a portare a compimento restauri anche alla Villa della Regina, all’Accademia Militare, alla Scuola di Applicazione nell’ex Arsenale ed al Castello di Moncalieri, sempre con finanziamento delle Fondazioni di origine bancaria e della Regione, per un importo complessivo di 10 milioni di euro. A questo punto è doveroso affrontare il tema delle attività svolte dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, sia a livello progettuale che di finanziamento, dal 1998 in generale sul Polo Reale per giungere ai più recenti interventi del 2011 e 2015 sull’Armeria Reale. Dal 1987, anno della sua fondazione, Consulta ha investito oltre venticinque milioni di euro, impegnando tre milioni di ore di lavoro di esperti, restauratori e professionisti nella realizzazione di quasi sessanta interventi di restauro e valorizza-


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zione su tutti i principali monumenti ed istituzioni museali cittadine. Negli anni si è creato un proficuo rapporto con Enti Pubblici, Direttori di musei e Fondazioni ex bancarie che ha consentito di sperimentare e realizzare nuove forme di collaborazione tra pubblico e privato, tra imprese e cultura, con positive ricadute economiche sul territorio piemontese. Un tema su cui Consulta ha concentrato da molti anni l’attenzione riguarda il Polo Reale di Torino, cuore dell’offerta culturale della città, operando a sostegno di un ambizioso e strategico progetto della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte che vedeva coinvolte le Soprintendenze competenti. Il primo impegno delle Aziende e degli Enti soci risale, come detto, al 1998, anno della realizzazione della Sala Leonardo presso la Biblioteca Reale, per l’ottimale conservazione, la consultazione e l’esposizione delle preziose collezioni, inaugurata con la mostra Leonardo e le Meraviglie della Biblioteca Reale di Torino. In tempi successivi si operò per restaurare preziosi Portolani e un Globo terrestre e per dotare l’entrata della Biblioteca di un sistema multimediale mirato a rendere comprensibile al pubblico la vastità e l’unicità del materiale ivi conservato (fig. 2). Nel 2014 sono stati eseguiti i lavori per la realizzazione di un secondo spazio espositivo: la decisione di ampliare l’area a disposizione per le mostre nasceva dall’esigenza di poter disporre di più vasti ambienti per rendere fruibile al pubblico lo straordinario patrimonio custodito nella Biblioteca Reale. L’ingente sforzo progettuale ed economico è stato sostenuto, in maniera paritetica, dalla Consulta, dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione CRT in collaborazione con la Direzione dell’istituzione.

2. Torino, Biblioteca Reale, Salone palagiano


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Sempre a Palazzo Reale, nel 2005 era stata restaurata la Cancellata, progettata da Pelagio Palagi per il re Carlo Alberto, riportandola al suo aspetto ottocentesco, con il colore originario ‘verde bronzato’, arricchita dalle lance e dalle teste di medusa dorate. Nel quadro delle iniziative per migliorare la fruizione del Palazzo, nel 2008 Consulta ha realizzato un nuovo percorso di visita delle Cucine storiche con restauro degli arredi e con l’ideazione del nuovo scenografico allestimento. Nel 2010 la Consulta si è poi impegnata nel restauro del Gabinetto Cinese del secondo piano di Palazzo Reale, opera dell’architetto Benedetto Alfieri. Prosecuzione naturale degli Appartamenti di Palazzo risulta l’Armeria Reale: nel 2011, in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la Consulta è intervenuta sulla Loggia di Carlo Alberto, restaurandola per restituirla alla pubblica fruibilità. Questo luogo riveste una notevole importanza storica, in quanto consentiva alla famiglia reale l’affaccio diretto sulla piazza, in occasione di grandi eventi o manifestazioni. Sottolineava la Soprintendente Edith Gabrielli “è adesso possibile leggere nel modo più appropriato i due ambienti chiave del museo, la sala nota come Rotonda, che recupera così una fonte luminosa determinante, e la celebre Galleria del Beaumont: appare evidente infatti come la fuga prospettica riacquisti finalmente la necessaria proiezione su piazza Castello”. Nel 2007, Consulta ricollocava a Palazzo Chiablese, la serie degli arazzi raffiguranti le Storie di Artemisia (fig. 3), acquistati a Parigi per volere di Vittorio Amedeo I nel 1619 per ornare il Palazzo Ducale, dove rimasero fino a metà Settecento, quando sono furono trasferiti in questo.

3. Torino, Palazzo Chiablese, Sala degli Arazzi


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A partire dal 2009, la Consulta è intervenuta per la Galleria Sabauda, in previsione del trasferimento della Galleria nella Manica nuova, restaurando alcuni significativi quadri dalle collezioni dei fiamminghi del Principe Eugenio, della collezione Gualino e dei grandi dipinti veneti. In sinergia con la Soprintendenza dei Beni Archeologici veniva eseguito nel 2013 il nuovo suggestivo allestimento del Tesoro di Marengo nel Museo Archeologico (fig. 4), offrendo ai visitatori la possibilità di ammirare i preziosi manufatti in argento esposti in vetrine di avanzata tecnologia corredate da apparati didascalici, grafici, audio e video. Particolare impegno è stato anche dedicato alla fruizione delle opere per le persone non vedenti o ipovedenti. Un punto di vista privilegiato sulla città, e in particolare sulle realtà museali che costituiscono il Polo Reale, è rappresentato dalla Torre campanaria del Duomo di Torino: nel 2013 la Consulta ha realizzato, in collaborazione con la Compagnia di San Paolo e con la Fondazione CRT, la messa in sicurezza del percorso di salita e l’allestimento di pannelli informativi per identificare i monumenti visibili dalla cella campanaria della torre. Negli ultimi due anni Consulta ha sostenuto un articolato progetto di Comunicazione delle nuove realtà del Polo Reale di Torino, attraverso la rielaborazione del sito web ed il coinvolgimento delle più importanti testate europee, con visite di giornalisti che hanno portato alla pubblicazione di numerosi articoli illustrativi. Nella primavera 2015 il direttore dell’Armeria Reale, Mario Epifani, sottoponeva all’attenzione di Consulta uno studio di riqualificazione delle fonti di illuminazione della Galleria

4. Torino, Museo Archeologico, nuovo allestimento del Tesoro di Marengo


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Beaumont, perché si erano evidenziate alcune criticità sia tecniche che di percezione visiva. Ben conoscendo il fondamentale ruolo svolto dalla Fondazione CRT nell’intervento dei primi anni del duemila, più sopra illustrato, Consulta ha ritenuto doveroso verificare la disponibilità per una proficua collaborazione a sostegno del progetto. La Fondazione ed il suo Presidente, Antonio Maria Marocco, hanno ritenuto di partecipare all’iniziativa, proprio nell’ottica di una ulteriore valorizzazione dell’importante lavoro di restauro e riallestimento dell’Armeria precedentemente promosso. Si è quindi proceduto ad ottenere il benestare dei competenti organi del Ministero, dal Segretario Regionale Benedetto Luigi Compagnoni e dalla Soprintendente Luisa Papotti per la tutela, per un progetto illuminotecnico che analizzasse innanzitutto i fattori conservativi dei materiali, deperibili senza un adeguato trattamento della luce assicurata dai dodici grandi finestroni, portando a conseguire un giusto equilibrio tra luce naturale e sorgenti artificiali. Ci si proponeva di ottenere un’ottimale percezione complessiva dell’aulico ambiente e delle opere esposte, tenendo in giusta considerazione le differenze di illuminazione derivanti dal mutare delle condizioni atmosferiche legate alla presenza o meno del sole e generate dalle esposizioni a levante e ponente. Un altro assunto del progetto era quello di non precludere la possibilità di sorprendenti affacci verso gli spazi verdi del giardino e le architetture prospicienti la piazzetta reale. Si è quindi operato un attento dosaggio tra le sorgenti naturali integrandole con illuminazioni d’ambiente, d’accento e di valorizzazione delle vetrine, anche per risolvere il problema dei controluce che rendevano, in certe situazioni, meno godibili i gruppi dei cavalieri e degli armati al loro fianco. Ma di questi temi verrà dato conto più approfonditamente in questo volume con un’apposita relazione. Concludo affermando che, nel pieno rispetto dei ruoli e delle autonomie, Consulta ritiene determinante continuare a individuare spazi per lavorare in sinergia con le Istituzioni nell’ottica di una stretta collaborazione tra pubblico e privato. La definizione di progetti condivisi genera un proficuo effetto volano per la formazione di valore economico e di reddito per il territorio, oltre a conservare e valorizzare al meglio il patrimonio della nostra identità culturale nazionale.


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Il nuovo progetto di illuminazione Diego Giachello

I

l tema della luce nella Galleria Beaumont è stato affrontato mettendo in relazione quasi duecento anni di allestimenti con gli aspetti percettivi che l’imponenza dello spazio e la complessa articolazione dei reperti trasmettono oggi al visitatore che affronta una lunga passeggiata tra la collezione di armi e armature. L’attuale configurazione è il risultato di una vicenda che prende il via nel 1832, quando Carlo Alberto decideva di allestire nella Galleria, svuotata dai dipinti trasferiti a Palazzo Madama, un museo dedicato alla storia delle armi. Il primo approccio è stato quello di suddividere i temi della luce naturale, che proviene dai grandi serramenti, dalle sorgenti artificiali che sono costituite da torcieri in stile che illuminano la sala e fibre ottiche all’interno delle vetrine storiche. Sono stati eseguiti molti test illuminotecnici utilizzando apparecchiature led di ultimissima generazione funzionali non solo alla percezione dello spazio in assenza di luce naturale proveniente dalle finestre, ma anche rapportandosi all’immagine diurna della Galleria (quella con cui si presenta al pubblico nella maggior parte delle ore di apertura) e quindi con il contributo che le fonti di luce naturale esercitano sull’insieme.

Fonti di luce naturali I serramenti della Galleria si presentano lungo un doppio affaccio, a nord-ovest su piazzetta reale, a sud-est sui giardini. La luce inonda lo spazio, entra in profondità, soprattutto nei mesi invernali grazie all’assenza di un vero sporto del tetto, e attraversa tutta la manica illuminando ogni superficie. Prima dell’intervento non erano presenti protezioni (i vetri non avevano schermatura, erano semplici, privi di pellicole, né anti UV né di sicurezza), il personale di sala utilizzava abitualmente le gelosie esterne per filtrare il sole, alternativamente tra il mattino e il pomeriggio, e per ventilare naturalmente i locali. Tende leggere erano state posizionate storicamente più volte, così era stato nell’ultimo allestimento, più per gusto estetico che per protezione. La loro presenza non forniva alcun contributo nello schermare le radiazioni solari che colpivano direttamente i reperti e in particolare il materiale tessile dei costumi e quello organico delle pelli dei cavalli. Il pubblico apprezza da sempre le vedute attraverso i serramenti, sfilando dietro i gruppi di soldati a piedi e di cavalieri, può affacciarsi liberamente sul panorama della città, in diretto riferimento al contesto urbanistico nel quale si colloca il complesso del Palazzo. L’inserimento di pellicole microlaminate che permettono comunque la visione esterna e determinano un taglio quasi totale degli UVA e degli infrarossi è stata la prima operazione effettuata con risultati particolarmente efficaci. L’effetto di trasparenza del cristallo è appena attenuato, ma il taglio delle radiazioni nocive, compreso il calore estivo per irraggiamento, è immediatamente percepito.


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1. Diego Giachello, Disegno progettuale

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Illuminazione a parete Venti gruppi di torcieri a parete garantivano ormai da molti anni l’illuminazione della Galleria Beaumont. In particolare nell’ultimo allestimento furono inserite 200 sorgenti alogene da 42/44 W (ridotte rispetto alle 50 W per migliorarne i consumi) con attacco a baionetta e con un assorbimento complessivo prossimo ai 9 KW/ora. La luce diffusa, da sopra steli tubolari in vetro che simulano la cera di una candela, è molto calda, con un buon indice di resa cromatica, ma sicuramente non in grado di illuminare correttamente la volta né tanto meno le armature che si trovano costantemente in condizioni di controluce. Una litografia di Pietro Ayres del 1837, conservata presso il Fondo Grafica dell’Armeria Reale (fig. 1 p. 12), rappresenta la Galleria priva di fonti di illuminazione. Poco più tardi Carlo Bossoli, nel 1853, illustra la presenza di lampadari, curiosamente non più visibili nelle prime fotografie che rappresentano lo spazio, quando tutto sembra nuovamente demandato alle finestre private anche dei tendaggi. La comparsa dei torcieri è quindi sicuramente databile nei primi decenni del Novecento. Si è concordato che la loro immagine, ormai storicizzata nell’ambiente, dovesse essere conservata. Incompatibile con i tempi e con le tecnologie l’elevatissimo consumo delle sorgenti a incandescenza e probabilmente l’eccessivo flusso luminoso privo di controllo prodotto dalle 200 lampadine.

2. La Galleria Beaumont durante il cantiere


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Sostituire tutte le sorgenti è stato quindi un passaggio obbligato: i consumi energetici si presentano oggi ridimensionati a quasi di un decimo dei valori precedenti grazie all’introduzione di lampade led da 4-5 W, la durata è passata da 4-5.000 ore a 30.000. Abbiamo lavorato a lungo, con molti test, nella scelta di un prodotto in grado di emanare un flusso luminoso meno intenso rispetto a quello delle precedenti alogene, proprio perché questo è stato il primo di un processo più articolato che ha poi interessato armature, cavalli e vetrine. Si è preferito mantenere la sorgente visibile, anche dopo aver provato una piccola lampadina che poteva essere integrata al tubo di vetro, sono stati eliminati gli attacchi a baionetta (che limitavano fortemente la scelta dell’apparecchio luminoso) sostituendoli con attacchi standard E14. Le 200 candele in vetro, distribuite su 20 torceri, sono state tutte modificate nell’alimentazione, inserendo il diffusissimo attacco a vite (il modello piccolo delle comuni lampadine) permettendo in futuro di seguire la rapida evoluzione prestazionale ed estetica delle sorgenti a luce led. Di torcieri viene emanata oggi una luce calda, con temperatura di colore tra i 2700 e i 3000°K, molto meno abbagliante rispetto alle alogene. La resa cromatica è buona e il flusso luminoso, grazie alla conformazione dei led all’interno del bulbo, è tendenzialmente rivolto verso l’alto. La loro intensità è entrata in gioco sia con le luci di accento, destinate alle armature, che con la nuova luce interna alle vetrine, cercando un complessivo equilibrio anche da un punto di vista del colore emesso.

3. Diego Giachello, Progetto di illuminazione


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Illuminazione interna delle vetrine Le bellissime vetrine risalgono all’allestimento ottocentesco e sono documentate dalle immagini dei tre volumi dell’album fotografico pubblicato da Luigi Avogadro di Quaregna nel 1898. Le teche metalliche non presentavano ovviamente nessuna forma di illuminazione interna. Il sistema in uso al momento dell’avvio del progetto risale alla revisione dell’allestimento coincidente con la riapertura al pubblico della Galleria Beaumont nel novembre del 2005. La tecnologia adottata si proponeva con caratteristiche elevate, rispondenti ai migliori standard museografici, quando le fibre ottiche rappresentavano la qualità più alta della luce in una teca museale, collocando la sorgente (a incandescenza) dentro un illuminatore dislocato in posizione protetta e distante dai reperti. Nelle vetrine dell’armeria fu adottato un sistema misto, in quanto le posizioni non raggiungibili dai cavi delle fibre (tecnicamente chiamati fruste), furono risolte con delle stecche di led per l’epoca di ottima qualità. Malgrado i sicuri risultati tecnici ottenuti dalla soluzione del 2005, assenza quasi totale di calore, buona resa cromatica, abolizione di UVA e infrarossi, da un punto di vista percettivo le vetrine presentavano forti difformità nella visione dei reperti. Le sorgenti piuttosto puntiformi determinano enormi differenze di livelli di illuminamento (anche se contenuti nei parametri) con indici di uniformità (cioè di rapporto tra l’illuminamento minimo e quello medio) poco soddisfacenti. Questo si traduceva in una visione difficile, poco coinvolgente, non ultimo per i cartellini molto piccoli, incapace di far percepire l’elevatissimo valore dei reperti. Anche sulle vetrine abbiamo sperimentato diverse soluzioni, sia sostituendo l’intero sistema con barre led integrate da piccoli proiettori, sia cercando di recuperare i fasci di fibre ottiche che ancora oggi forniscono, da un punto di vista conservativo, una soluzione molto corretta. ll flusso luminoso delle barre led ci ha permesso di raggiungere facilmente valori più elevati con distribuzione molto uniforme e gli oggetti si sono presentati privi di grandi disomogeneità. Anche l’efficienza luminosa è apparsa subito superiore anche agli ottimi risultati della fibra, le barre led superavano di gran lunga la vecchia soluzione Le curve fotometriche e la conseguente intensità luminosa (quantità di luce in una determinata direzione) sono poi state verificate con diversi modelli. Ci siamo quindi concentrati sulla luminanza (che è l’unica grandezza percepita direttamente dagli occhi) e l’impressione di brillantezza di una superficie; risultava evidente che a parità di materiali la sensazione luminosa fornita dalle barre led fosse superiore. Per la scelta definitiva abbiamo però valutato altri fattori. Da un lato l’indice di resa cromatica, fattore insito nella sorgente; fare meglio di una fibra con alogena è oggi ancora praticamente impossibile. Dall’altro l’introduzione di sorgenti diverse là dove si era già fatto uno straordinario lavoro di integrazione di fruste e illuminatori comportava operazioni molto complesse e rischiose per la fragile struttura delle vetrine. Ci siamo a quel punto mossi con una soluzione mista sostituendo gli illuminatori con nuovissimi prodotti a led, con prestazioni prossime a quelli con sorgente alogena. Il flusso luminoso è cresciuto tantissimo, la perdita in resa cromatica è stata appena percettibile, la visione per il pubblico è sicuramente migliorata, i consumi non sono neanche paragonabili. Le barre led, prive ormai di ogni funzione, sono state completamente rinnovate con un prodotto che ha dato ottimi risultati.


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Durante il lavoro di sostituzione, a museo aperto, mano a mano che le vetrine venivano completate, le differenze erano così evidenti da attrarre l’attenzione del pubblico in visita alla Galleria, interessato ai miglioramenti ottenuti con la luce.

Illuminazione d’accento Dopo aver attenuato il contributo di luce solare, grazie all’introduzione delle pellicole filtranti, e il flusso luminoso dei venti torcieri, utilizzando potenze più contenute e diversamente indirizzate, l’abbagliamento in corrispondenza dei gruppi di armatura risultava ancora il principale fattore di fastidio. Si è quindi valutata la possibiltà di illuminare con fasci ben condotti e sagomati uno dei motivi di interesse principale della sala: le armature a piedi e quelle a cavallo. Le figure prive di un’illuminazione diretta e dedicata impedivano al visitatore di cogliere i particolari che si trovano sempre in contro luce. Abbiamo effettuato molte prove partendo da prodotti di alta gamma, di piccolo ingombro, ovviamente a led, con possibilità di regolare il fascio, di sagomare e di attenuare l’intensità. Le armature sono rinate nello spazio, abbiamo finalmente visto dettagli e particolari altrimenti allo scuro o, peggio, non più visibili dall’occhio abbagliato dalla troppa luce proveniente dai torcieri e dalle finestre. Il risultato è stato molto soddisfacente, la stessa luce d’accento potrà essere utilizzata in futuro anche su altri particolari, su altri elementi esposti o dell’architettura della sala senza pregiudicare l’insieme ma esaltando la varietà e le differenze di una camera delle meraviglie, ancora oggi di grande potenza visiva per lo spettatore.


La Galleria Beaumont


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Un teatro d’armi: la collezione di Alessandro Sanquirico nell’Armeria Reale Mario Epifani

U

no dei nuclei fondanti dell’“Armeria Antica e Moderna” inaugurata da Carlo Alberto nel 1837 è costituito dalla raccolta appartenuta allo scenografo Alessandro Sanquirico, acquistata dal re di Sardegna nel 1833. Nato a Milano nel 1777 da padre piemontese, Alessandro Sanquirico (fig. 1) intraprese gli studi di architettura sotto la guida di Giuseppe Piermarini e Leopoldo Pollack1. Come decoratore lavorò nella Villa Reale di Monza per il viceré Eugenio di Beauharnais, sotto la direzione dell’architetto Luigi Canonica (1808-1812), e nella Villa Melzi di Bellagio, sul lago di Como (1812); più tardi (1828) realizzò gli affreschi in stile neogotico del Castello Cicogna a Terdobbiate, presso Novara, e quelli neoclassici del Palazzo del conte Móric Sándor a Bajna, in Ungheria (1834). La sua attività di scenografo per il Teatro alla Scala ebbe ufficialmente inizio nel 1806, come allievo di Paolo Landriani; in seguito trovò un valido socio in Giovanni Perego, anch’egli allievo di Landriani. Dopo la morte di Perego (1817) e una breve parentesi lavorativa presso il Teatro San Carlo di Napoli, Sanquirico continuò a occuparsi delle produzioni della Scala fino alla stagione 1831-1832: a lui si deve, tra l’altro, la messa in scena della prima rappresentazione della Norma di Vincenzo Bellini (26 dicembre 1831)2. Nel ruolo di architetto, Sanquirico diresse il rinnovamento

1. Roberto Focosi, Ritratto di Alessandro Sanquirico, litografia, 1822


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del celebre teatro milanese compiuto nel 1830, fornendo tra l’altro il disegno del grande lampadario a ottantaquattro lumi a petrolio. Nelle scene realizzate per le oltre trecento produzioni da lui curate alla Scala, lo stile di Sanquirico si evolve da un rigoroso neoclassicismo all’esotismo della Semiramide di Rossini (1824), fino al Romanticismo goticheggiante ispirato dai romanzi storici di Sir Walter Scott che pervade, ad esempio, le scenografie per La spada di Kenneth, coreodramma di Salvatore Viganò del 1818, e del Talismano, opera storica di Giovanni Pacini del 1829 con libretto di Gaetano Barbieri tratto appunto da Walter Scott3. Sanquirico fu ugualmente abile nello sfruttare da un punto di vista commerciale le proprie invenzioni scenografiche, promuovendone la diffusione attraverso album di stampe quali la Nuova raccolta di scene teatrali 4. Particolarmente affascinante è la Raccolta di varie decorazioni sceniche, album di acquatinte colorate riferite a opere di compositori quali Mozart, Rossini e Meyerbeer (figg. 2-4). Di quest’ultima Raccolta – pubblicata in diverse edizioni con varianti nel numero e nel soggetto delle tavole, nonché nel titolo – sono noti esemplari dedicati a personaggi celebri quali la cantante Giuditta Pasta, la regina Maria Isabella di Spagna, il

2. Alessandro Sanquirico, Atrio del tempio di Giove Statore, scena per la Clemenza di Tito, in Raccolta di varie decorazioni sceniche, Torino, Biblioteca Reale, tav. 15, coll. Y. 44.23


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marchese Giberto V Borromeo e il re di Sardegna Carlo Alberto5. L’album dedicato “alla Sacra Maestà di Carlo Alberto”, caratterizzato da una sontuosa coperta con decorazioni in bronzo dorato di gusto palagiano (figg. 5, 6, 7, 8, 9), è conservato nella Biblioteca Reale di Torino e viene esposto per la prima volta al pubblico in questa occasione. Dopo una carriera sfolgorante, sostenuta dalla stampa e da voci autorevoli come quella di Stendhal, nel 1832 lo scenografo si ritirò a Tremezzo, sul lago di Como, quando la Scala decise di contenere le spese rivolgendosi a scenografi di minor fama e perizia; fu probabilmente proprio la perdita di questo prestigioso incarico a indurlo, appena un anno dopo, a disfarsi della sua collezione di armi e armature antiche, ceduta a Carlo Alberto per la somma di trentaquattromila lire. Sanquirico morì nel 1849, all’età di settantadue anni, a causa di un avvelenamento che non mancò di alimentare dubbi e dicerie nelle cronache milanesi. Nel settembre 1828 il marchese Giberto V Borromeo ospitò nel suo palazzo dell’Isola Bella, sul lago Maggiore, il re di Sardegna Carlo Felice e sua moglie Maria Cristina di Borbone; quest’ultima nel 1839 commissionò a Pietro Giuseppe Righini un dipinto che ricorda l’arri-

3. Alessandro Sanquirico, Tempio di Mecca, scena per il balletto Maometto, in Raccolta di varie decorazioni sceniche, Torino, Biblioteca Reale, tav. 26, coll. Y. 44.23


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4. Alessandro Sanquirico, Appartemento di Elisabetta nella Scozia, scena per La Spada di Kenneth, in Raccolta di varie decorazioni sceniche, Torino, Biblioteca Reale, tav. 57, coll. Y 44.23

vo dei sovrani sull’isola, oggi conservato nel Castello di Agliè (fig. 10)6. Gli apparati scenici sull’isola, nonché il disegno delle imbarcazioni, furono affidati ad Alessandro Sanquirico, che per la famiglia milanese rinnovò – fornendo diversi fondali – il teatro delle marionette inaugurato nel Palazzo dell’Isola Madre nel 1778, in occasione della visita del principe Amedeo di Savoia. Già prima della vendita della propria collezione a Carlo Alberto, dunque, il pittore ebbe modo di entrare in contatto con illustri membri di casa Savoia. Tuttavia solo dopo la vendita del 1833 Sanquirico, in segno di riconoscenza, donò al nuovo re di Sardegna un’edizione dell’album – tuttora conservato nella Biblioteca Reale di Torino – che illustra l’incoronazione di Ferdinando I d’Austria a re del Regno Lombardo-Veneto, avvenuta nel Duomo di Milano il 6 settembre 1838. Verosimilmente anteriore alla vendita della raccolta di armi e armature a Carlo Alberto è invece il dono al sovrano della tempera in cui Sanquirico si ritrae nell’atto di disegnare proprio tale collezione (fig. 11), scenograficamente esposta in una sala letteralmente colma di armature a cavallo e in piedi, panoplie di scudi, elmi,


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5-6. Piatto anteriore e posteriore della legatura dell’Album di Sanquirico, Raccolta di varie decorazioni sceniche, Torino, Biblioteca Reale, coll. Y 44.23

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7. Dedica al re Carlo Alberto dell’Album di Alessandro Sanquirico, Torino, Biblioteca Reale

8. Alessandro Sanquirico, Raccolta di varie decorazioni sceniche, Torino, Biblioteca Reale, tav. 1, coll. Y 44.23


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9. Alessandro Sanquirico, Raccolta di varie decorazioni sceniche, Torino, Biblioteca Reale, tav. 2, coll. Y 44.23

alabarde e spade, bandiere e fucili raccolti su rastrelliere. Il disegno, importante precedente per l’allestimento dell’Armeria che Carlo Alberto inaugurerà di lì a qualche anno, è uno dei tre contenuti in un album privato del re, conservato nella Biblioteca Reale: si tratta di una raccolta di novantuno fogli di artisti attivi in area piemontese e lombarda, tra cui Francesco Gonin e Pelagio Palagi, probabilmente acquistati da Roberto d’Azeglio – primo direttore della “Reale Galleria”, l’attuale Galleria Sabauda – tra il 1826 e il 1843, per farne dono al sovrano. Sanquirico contribuì a tale album con la donazione, oltre che della veduta della sua “Sala d’armi”, di una scena cortese di gusto troubadour (fig. 12) e di una memoria dei funerali del conte Ferdinand Antonín Bubna von Littitz (fig. 13), feldmaresciallo austriaco che nel 1821 era intervenuto in Piemonte per reprimere l’insurrezione inizialmente sostenuta dallo stesso Carlo Alberto. I funerali del generale Bubna furono celebrati nella piazza d’Armi di Milano nel 1825, con un catafalco ideato dallo stesso Sanquirico. Negli anni successivi al 1832 – quando, com’è noto (cfr. saggio introduttivo), la Galleria Beaumont fu spogliata dei dipinti in essa contenuti per creare la “Regia Pinacoteca” in Palazzo Madama – Carlo Alberto aveva già avviato la costituzione di una raccolta di armi e armature, unendo a quelle di proprietà della famiglia reale e disperse in varie sedi ad altre


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10. Pietro Giuseppe Righini, L’arrivo del re Carlo Felice e Maria Cristina di Borbone all’Isola Bella il 13 settembre 1828, 1839, Aglié, Castello

acquistate sul mercato. L’acquisto della collezione Sanquirico risale al 1833, com’è attestato dai documenti tuttora conservati nell’archivio storico dell’Armeria Reale. Il contratto di compravendita fu sottoscritto da Sanquirico e da Vittorio Seyssel d’Aix a Milano, il 20 luglio 1833: la collezione fu acquistata “tutta per intiero”, secondo l’inventario redatto il 29 aprile – ma con qualche modifica del 19 luglio e l’aggiunta di due pistole bresciane, descritte nello stesso atto di compravendita – per il prezzo complessivo di trentaquattromila lire milanesi; la somma fu saldata – con l’aggiunta di 906 lire di interessi maturati nel frattempo – entro il 21 gennaio 1834. L’acquisto fu pertanto trattato, per conto del re di Sardegna, da Vittorio Seyssel d’Aix, capitano d’artiglieria che proprio in quegli anni di fatto subentrò a Roberto d’Azeglio nell’allestimento dell’“Armeria Antica e Moderna”, della quale fu nominato direttore e conservatore al momento dell’apertura al pubblico, nel 1837. Nel documento Seyssel, avendo “partitamente esaminato nella sua qualità” la collezione Sanquirico, si dichiara “pienamente addotto” del fatto che essa fosse “per qualche parte restaurata”; a tale assunzione di responsabilità fa riscontro Alessandro Sanquirico, “dichiarando di nulla garantire per la qualità delle suddette armi, ma bensì per la quantità descritta”. L’Inventario redatto il 29 aprile 1833 e allegato all’atto elenca 304 oggetti di varia natura – armature, elmi, alabarde, mazze, varie tipologie di armi bianche e armi da fuoco anche orientali, archi – cui vanno aggiunte le due pistole “della fabbrica Francini di Brescia” descritte nell’atto di compravendita. Le


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11. Alessandro Sanquirico, Autoritratto in atto di disegnare la propria Sala d’armi in Album del re Carlo Alberto, Torino, Biblioteca Reale, tav. 47, coll. Ms. Varia 217

descrizioni, salvo rari casi, sono piuttosto generiche (manca, ad esempio, ogni riferimento a materiali e dimensioni): per questo motivo, solo una minima parte delle armi e delle armature appartenute a Sanquirico sono oggi identificabili all’interno delle collezioni dell’Armeria Reale. Alcuni pezzi “di poco conto” furono comunque scartati al momento dell’apertura al pubblico del museo, nel 1837, come ricorda lo stesso Seyssel d’Aix nell’introduzione al primo catalogo, pubblicato nel 18407. Nemmeno nel successivo, e tuttora fondamentale, catalogo pubblicato da Angelo Angelucci nel 1890 è dato trovare ulteriori notizie sulla raccolta dello scenografo milanese: l’autore si limita a un cenno non troppo lusinghiero riguardo alla scarsa antichità della targa antropomorfa (fig. 14), mentre maggiore spazio è concesso al caschetto (fig. 15), ritenuto opera di “un eccellente imitatore di Michelangelo” e proveniente dalla raccolta del pavese Antonio Scarpa8. L’elmo è uno dei pezzi più dettagliatamente descritti nell’Inventario redatto nel 1833, che lo definiva “capolavoro rarissimo”: in realtà si tratta di un oggetto di produzione ottocentesca, che riprende il gusto manierista, circostanza peraltro non infre-


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12. Alessandro Sanquirico, Scena cortese in Album del re Carlo Alberto, Torino, Biblioteca Reale, tav. 34, coll. Ms. Varia 217

13. Alessandro Sanquirico, Funerali del generale Bubna in Album del re Carlo Alberto, Torino, Biblioteca Reale, tav. 58, coll. Ms. Varia 217


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14. Targa antropomorfa, primo quarto XIX sec., Torino, Armeria Reale, cat. F.127

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15. Elmo appartenuto ad Antonio Scarpa, primo quarto XIX sec., Torino, Armeria Reale, cat. E.32

quente nell’allestimento ottocentesco dell’Armeria. La revisione dell’attribuzione – nonché del giudizio qualitativo – dell’elmo appartenuto ad Antonio Scarpa apre il problema dei falsi all’interno della raccolta venduta da Sanquirico: è verosimile che lo scenografo abbia incluso consapevolmente nella vendita a Carlo Alberto pezzi – sulla cui qualità non a caso dichiarava di “nulla garantire” – eseguiti appositamente per la sua collezione, o comunque pezzi antichi rimaneggiati – fatto di cui peraltro, come si è detto, Seyssel d’Aix garantiva di essere consapevole nell’atto di compravendita. Il dubbio sull’autenticità di alcuni pezzi venduti da Sanquirico come originali del Rinascimento è acuito dal fatto che suo fratello Antonio fosse attivo come mercante d’arte a Venezia, ove commerciava anche in armi antiche9. Un intervento di Antonio Sanquirico può essere verosimilmente ipotizzato per alcuni dei pezzi più significativi della raccolta, quali la cosiddetta spada di Donatello (fig. 16), attribuita allo scultore fiorentino da un’incisione sull’impugnatura che la dice “OPUS DONATELLI FLO.”, ma oggi ritenuta opera di Andrea Briosco detto il Riccio, attivo a Padova tra Quattro e Cinquecento, e solo per il fornimento, mentre l’impugnatura e la lama sono ottocentesche10. Un caso inverso è quello delle due cinquedee con lame incise attribuite a una bottega ferrarese a cavallo tra Quattro e Cinquecento, ma con fornimenti in stile evidentemente realizzati in un atelier di falsari (figg. 17, 18)11. Altri pezzi identificabili in base alle descrizione datane nell’Inventario del 1833 e ritenuti originali sono le due armature, una appartenuta a un membro della famiglia Rota di Bergamo e databile all’ottavo decennio del XVI secolo (ma con integrazioni ottocentesche)12,


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16. Spada detta di Donatello, inizio XVI sec. (fornimento), primo quarto XIX sec. (lama e impugnatura), Torino, Armeria Reale, cat. G.79 bu

17. Due cinquedee, fine XV- inizio XVI sec. (lama), primo quarto XIX sec. (fornimento), Torino, Armeria Reale, cat. H.7 e H.7 bis

18. Cinquedea, fine XVinizio XVI sec. (lama), primo quarto XIX sec. (fornimento), Torino, Armeria Reale, cat. H.6


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19. Armatura equestre appartenuta a Giovan Battista Rota, 1570-1580 circa (armatura), primo quarto XIX sec. (barda e integrazioni), Torino, Armeria Reale, cat. B.8

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e l’altra (figg. 19-20) firmata dal celebre armoraro milanese Pompeo della Cesa – ma più probabilmente opera della sua bottega – e databile intorno al 160013. Tra le più belle armi da fuoco seicentesche di produzione europea presenti in Armeria vanno annoverati i due pistoletti a ruota firmati dagli armaioli bresciani Giovanni Battista III Francino e Carlo Bottarelli e datati 1665 e 1666, con ricchissima decorazione sulle parti metalliche lavorate a rilievo (fig. 21)14. Va forse identificata con la “sciabola framassonica” menzionata nell’Inventario del 1833 la storta massonica settecentesca con fodero, anch’essa esposta in Galleria Beaumont (fig. 22). Al di là del valore dei singoli pezzi giunti in Armeria dalla collezione Sanquirico, il ruolo dello scenografo milanese è particolarmente importante per l’ispirazione teatrale che Carlo Alberto indubbiamente tenne presente per l’allestimento del suo museo. Sono già stati osservati i rapporti tra l’Armeria torinese e il collezionismo di armi e armature nell’Inghilterra dell’età romantica, così come il legame di continuità con la “sala d’armi antiche” già esistente nell’Arsenale di Torino nel 1781, peraltro una delle fonti di approvvigionamento cui Carlo Alberto attinse per la creazione del nuovo museo da collocarsi nella Galleria Beaumont15: all’Arsenale le armi erano “pittoresca20. Pompeo della Cesa, Armatura da cavallo, 1600 circa, mente raggruppate in forma di trofei militari Torino, Armeria Reale, cat. B.35 disegnati da Bernardino Galliari”16, celebre scenografo del Teatro Regio. Sanquirico dunque non fece che ravvivare, nel momento dell’istituzione dell’Armeria Reale, modelli già noti a Torino: particolarmente suggestivo, in questo senso, e data la mancanza di testimonianze visive dell’intervento di Galliari all’Arsenale, è il confronto tra l’allestimento ottocentesco del museo e la “gran sala d’armi” (fig. 23) che costituisce una delle scene create dal pittore milanese per I cavalieri di Valenza, melodramma tragico di Giovanni Pacini rappresentato alla Scala nel 182817. Analoghe suggestioni, per il fascino esercitato dalla rievocazione di un Medioevo genericamente cavalleresco, poterono arrivare anche dai disegni di Leonardo Marini relativi ai costumi per opere e balli del Teatro Regio, ove l’artista torinese lavorò tra il 1767 e il 1799 in stretta collaborazione con gli scenografi Galliari18. La produzione


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21. Giovanni Battista III Francino e Carlo Bottarelli, Coppia di pistoletti a ruota, 1665-1666, Torino, Armeria Reale, cat. N.41, N.42

22. Storta massonica con fodero, fine XVIII sec., Torino, Armeria Reale, cat. H.33

di Marini è documentata tra l’altro da sedici volumi di disegni conservati nella Biblioteca Reale di Torino. Parallelamente all’attività per il teatro, Marini si occupava dell’ideazione delle divise per l’esercito sabaudo, essendo stato nominato nel 1775 “regio disegnatore per le militari occorrenze”: un altro caso di commistione tra arti figurative e arte della guerra, di cui l’Armeria Reale di Torino è un grandioso esempio (figg. 24-25).


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23. Nuova raccolta di scene teatrali inventate dal celebre Sanquirico pubblicate da Giovanni Ricordi editore di musica dirimpetto all’I. R. teatro alla Scala in Milano, Firenze [1827-1832]

Note 1 Per la biografia e l’attività di Sanquirico si rinvia ai recenti studi monografici: Alessandro Sanquirico: “il Rossini della pittura scenica”, a cura di Maria Ida Biggi, Maria Rosaria Corchia e Mercedes Viale Ferrero, Fondazione Rossini, Pesaro 2007; Alessandro Sanquirico. Teatro, Feste, Trionfi 1777-1849, a cura di di Vittoria Crespi Morbio, Allemandi, Torino 2013. 2 Cfr. Mercedes Viale Ferrero, La scenografia della Scala nell’età neoclassica, Il Polifolo, Milano, 1983. 3 Cfr. Maria Ida Biggi, Il gotico nelle scenografie di Alessandro Sanquirico, in Alessandro Sanquirico. Teatro, Feste, Trionfi 1777-1849, a cura di Vittoria Crespi Morbio, Allemandi, Torino 2013, pp. 27-30; Gabriella Olivero, “Il sommo contrasto delle passioni colla somma magnificenza dello spettacolo”, ossia gli scenari di soggetto orientale ideati da Alessandro Sanquirico, ibid., pp. 31-40. 4 Nuova raccolta di scene teatrali inventate dal celebre Sanquirico pubblicate da Giovanni Ricordi editore di musica dirimpetto all’I. R. teatro alla Scala in Milano, Firenze, presso Ricordi, Pozzi e comp. [1827-1832]. 5 Crespi Morbio, 2013, p. 339. 6 Crespi Morbio, 2013, p. 256 e tav. 225. 7 Vittorio Seyssel d’Aix, Armeria antica e moderna di S.M. Carlo Alberto, Stabilimento tipografico Fontana, Torino 1840, p. VI.


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24. Leonardo Marini, Cavalieri Taurini, costume per l’Annibale in Torino, in Disegni di costumi, Torino, Biblioteca Reale, tav. 6, coll. Storia Patria 1091/92

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25. Leonardo Marini, Principi e Grandi torinesi, costume per la Teodellinda, in Disegni di costumi, Torino, Biblioteca Reale, tav. 30, coll. Storia Patria 1091/92

8 Angelo Angelucci, Catalogo della Armeria Reale, Tipografia editrice G. Candeletti, Torino 1890, pp. 232 nota 2, pp. 179-180. Sull’elmo proveniente dalla collezione di Antonio Scarpa cfr. Sergio Momesso, La collezione di Antonio Scarpa (17521832), Bertoncello, Cittadella 2007, pp. 36, 40, 290 ss. 9 Cfr. Claudio Bertolotto, Il collezionismo sabaudo e la formazione dell’Armeria Reale di Torino, in “Armi antiche”, 1987, pp. 9-25 (16, nota 25). 10 Claudio Bertolotto in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 21; Denise Allen in Andrea Riccio. Renaissance master of bronze, catalogo della mostra a cura di Denise Allen e Peta Motture (New York, The Frick Collection, 15 ottobre 2008-18 gennaio 2009), London 2009, n. 18. 11 Claudio Bertolotto, in Paolo Venturoli 2001, nn. 18 e 19. 12 Fulvio Cervini, La passeggiata del re, in La Galleria Beaumont. Percorso di visita, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2005, pp. 109-208 (174). 13 Alessandra Guerrini in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001, n. 50. 14 Fulvio Cervini in Paolo Venturoli, 2001, n. 61. 15 Paolo Venturoli, Storia dell’Armeria Reale, in Paolo Venturoli, 2001, pp. 11-29 (14). 16 Onorato Derossi, Nuova guida per la città di Torino, Torino 1781, p. 87. 17 La litografia fa parte della già citata Nuova raccolta di scene teatrali (nota 4); cfr. Franco Mazzini, “L’Armeria di Carlo Alberto”, in L’Armeria Reale di Torino, a cura di Franco Mazzini, Bramante, Busto Arsizio 1982, pp. 31-37 (p. 34 e fig. 5); Paolo Venturoli 2001, pp. 11-29 (14). 18 Su Leonardo Marini cfr. Laura Facchin in Dizionario Biografico degli Italiani, 2008, vol. 70, pp. 468-470.


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COLLEZIONE SANQUIRICO – VENDITA E INVENTARIO*

Archivio dell’Armeria Reale (1833-1943) Fascicolo 110 Sottofascicolo 2 Regi servizi secreti Il signor Giuseppe Ponzio-Vaglia Tesoriere privato di S.M. Sarà contento di pagare al Signor Cavaliere Vittorio Seyssel d’Aix de’ Secondi Scudieri di S.M. la somma di lire undicimilaottocentoventi che stante l’abbuonconto di lire ventiquattromila al medesimo soddisfatte in seguito ad altro mandato nostro di quest’oggi se gli fanno corrispondere a saldo delle lire trentacinquemilaottocentoventi ammontare delle diverse armadure antiche ed altri oggetti designati nella quivi annessa di lui nota in data d’oggi, e nelle relative carte, stato il tutto compiuto d’ordine di S.M. e rimesso alla M.S. mediante quitanza del prenomin.o Signor Cav. Vittorio Seyssel d’Aix. Torino il 31. Dicembre 1833. Per L. 11,820 Cav. Seyssel d’Aix 1) Compte relatif à l’achat des armures de la Galleria S. Quirico 2) Milano questo giorno 20 Luglio milleottocentotrentatre (20 Luglio 1833) Noi sottoscritti Cavaliere Vittorio di Seyssel d’Aix da Torino Scudiere ed Ufficiale d’Artiglieria di S.M. il Re di Sardegna in qualità di compratore, ed Alessandro Sanquirico Pittore da Milano qual venditore intendiamo ratificare colla presente scrittura, la quale sebbene privata, pure vogliamo che abbia d’aver forza come un pubblico giurato istrumento, un contratto di compra, e vendita, al pieno adempimento del quale ambedue ci obblighiamo nella più sollida forma, rimossa ogni, e qualunque eccezione, e come segue = Io Cav. Vittorio di Seyssel d’Aix dichiaro d’avere definitivamente acquistato per conto del mio Sovrano dal Sig. Alessandro Sanquirico tutta per intiero la sua Collezione d’Armi come venne dettagliatamente specificata nell’inventario statomi dal medesimo consegnato il giorno 29 aprile corr.e anno con aggiuntovi alcuni altri oggetti marcati nell’invent.o stesso in data d’ieri: più un pajo Pistolle della fabbrica Francini di Brescia con ricchissima guarnizione in oro di squisito cesello del sig. Manfredini [N. 41, N. 42] da qui, e queste da me già ricevute, dichiarando essere stato il tutto da me partitamente esaminato nella sua qualità, confrontati coll’inventario stesso stato sempre presso di me, e d’aver trovato il tutto di piena mia soddisfazione, come lo trovo presentemente, e rinunciando come rinuncio ad ogni, e qualunque eccezione potesse venir fatta intorno alla collezione medesima, per qualche parte ristaurata di cui mi dichiaro pienamente adotto. E tutto questo, cioè tanto la collezione inventariata, come gli oggetti aggiuntivi, e le Pistolle guarnite in oro pel prezzo totale di Milanesi Lire trentaquattromille, diconsi L. 34,000 – di Mil.o con più l’interesse della mezza per cento al mese, pagabili in buone valute d’oro, e d’argento entro il prossimo ventuno Gennaio 183quattro perché così espressamente convenuto, rimossa ogni e qualunque eccezione. Io Alessandro Sanquirico qual venditore dichiaro d’avere definitivamente, e realm.e venduto all’Ill. mo Sig. Cav. Vittorio di Seyssel d’Aix la mia Collezione d’Armi com’è descritta dettagliatamente nell’inventario summenzionato 29 Aprile corr.e anno, e consegnato al sulodato Sig. Cav. di Seyssel fino da quel giorno, con più alcuni altri oggetti aggiuntivi marcati nell’inventario stesso, e due Pistolle con ricchissima guarnizione in oro già da me realm.e consegnate al med.o Sig. Cavaliere (che come sopra dichiara averle * I numeri in grassetto tra parentesi si riferiscono agli oggetti attualmente identificabili nelle collezioni dell’Armeria Reale secondo la catalogazione effettuata nel 1890 da Angelo Angelucci.


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effettivam.e ricevute in uno co’ loro accessori) e tutto questo cioè tanto la collezione d’Armi, come gli oggetti aggiuntivi, e le pistolle ripetute per la total somma di Milanesi lire trentaquattromille, diconsi L. 34/m di Mil.o più gl’interessi nella regola della mezza % al mese decorribili sino al totale pagamento convenuto, e stipulato da effettuarsi entro il p.o v.o Gennaio 183quattro dichiarando di nulla garantire per la qualità delle suddette Armi, ma bensì per la quantità descritta nel ripetuto inv.o garantendo altresì di essere quelle stesse Armi tutte che il più volte menzionato Sig. Cav. di Seyssel ha sempre veduto, e trattato, e ritenendo pure che per qualunque titolo, causa, e questione potesse p. avventura insorgere, levate le sudd.e armi dal porto ove presentem.e si trovano s’intendono definitivam.e vendute, colla condizione che tutte le spese occorreranno da farsi intorno alle medesime p. l’imballaggio, trasporto ecc. ecc. saranno tutte a carico del p.o compratore, perché così espressamente convenuto, e non altrimenti. La suddetta somma di Milanesi L. 34,000 più gl’interessi maturandi verranno pagati in Milano dal Sig. Cav. di Seyssel con la responsabilità dell’Ill.mo Sig. Cav. Guglielmo Gaetti De Angeli R. Commissario Diplomatico e Console Gen.e di S.M. Sarda residente in questa città che si obbliga p. la manutenzione del contratto sudd.o e p. l’adempimento del pagamento da farsi in Mil.o sopra convenuto nel caso che il Sig. Cav. Vittorio di Seyssel non adempisse a tutto quanto si è di sopra stipulato, rinunciando come rinuncia a qualunque titolo si potesse addurre in caso di mancanza del pieno adempimento. Noi sottoscritti ci obblighiamo sollidalm.e per il pieno adempimento del sudd.o Contratto, obbligando le nostre Persone, e beni presenti, futuri, etc. etc. La presente privata scrittura è fatta in doppio originale di che ciascuna delle parti dichiara averne ricevuto uno. Io sottoscritto affermo quanto sopra Cav. Vittorio Seyssel d’Aix Alessandro Sanquirico Prometto e mi obbligo come sopra Gug.o Gaetti De Angeli Ant.o Luzzi attesto d’aver veduto a firmarsi di proprio pugno i signori soprascritti Conte di Kameke Segretario di legatione di S.M. il Re di Prussia presso la Corte di Torino, teste Io sottoscritto dichiaro d’avere effettivamente ricevuto dall’Ill.mo S.r Cav. Vittorio di Seyssel d’Aix, alla presenza dell’Ill.mo Sig. Cav. De Angeli Cons.e Gen.e Sardo la somma di lire trentaquattro mille, novecento sei di Milano diconsi L. 34,906 le quali sono per rispetto a L. 34/m in pieno saldo della somma indicata nella presente scrittura, e le altre L. 906 per interessi maturati sulle medesime dal 20 Luglio p.o p.o a tutto il mese di Gennaio p.o p.o cosicché resterà saldato ogni debito del prefato Ill.mo Sig. Cav. Cap.o di Seyssel, che ha qui pagato la sopradetta somma di Milanesi L. 34,000 Ricevuta la sudetta somma di Milano L. 34000 Alessandro Sanquirico Antonio Luzzi testimonia a quanto sopra Angiolo Radici 6) Mil.o il 29 Aprile 1833

Armi antiche componenti l’Armeria Sanquirico

N. 1 Armatura di ferro liscia, composta di petto, schienale, ed omeri


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1 Detta simile forbita con elmo, e cosce 8 Dette simili con braccia, e guanti, due delle quali con elmo intiero a visiera, e montate sopra rispettivi fantocci 1 Detta simile completa equestre, con gambe e piedi, scudo, sella, visiera pel cavallo, e rispettivi accessori, cioè briglie, gualdrappa, staffe lavorate etc. p. intiero incisa a gigli, e stelle entro tempietti disposti a squama, e montata sopra fantoccio a cavallo [B.35] 1 Detta pure equestre, completa, e montata come sopra, lavorata p. intiero a righe ornamentali dorate 1 Detta simile più ricca forbita, e conservata 1 Detta simile ricchissima e conservata con più ricca bardatura pel cavallo, in ferro analogam.e lav.a in oro, con gran maglia d’acciajo ed ottone quadriglia a difesa della parte posteriore, e montata come sopra. Codesta Armatura proveniente dalla illustre ed antica famiglia Ruota da Bergamo apparteneva ad un suo individuo Maresciallo del XVII secolo al servizio dell’ex Repubblica Veneta, la cui effigie così montata venne dipinta in grandezza naturale dal Pitt.e Cav. Moroni, e ne esiste tutt’ora il quadro presso la suindicata famiglia [B.8] 8 Elmi lisci ordinarj 1 Detto tondo forbito 2 Detti incisi a righe ornamentali e stemma 2 Detti simili più in grande cesellati 1 Detto simile a gigli, e stelle entro tempietti [B.35] 1 Detto cesellato e sbalzato a rilievi 1 Elmo cesellato e sbalzato a rilievi più ricco 1 Detto di cuojo a rilievi storiato 27 Alabarde diverse montate in asta 3 Dette più grandi 10 Dette larghissime, stravaganti incise con grandiosi ornati 3 Dette ordinarie smontate 1 Detta con ornati incisi 1 Detta dorata, e forata con stemma 7 Mazze diverse montate 8 Dette più grandi incise 2 Dette con manico di ferro 2 Dette simili lavorate con oro 1 Scudo di ferro di forma ellittica sbalzato rappresentante una faccia [F.127] 1 Detto circolare liscio 1 Detto inciso p. intiero ad ornati con dorate alcune righe 1 Detto di legno dipinto americano 3 Spade corte triangolari [H.6, H.7, H.7bis?] 26 Dette con varie impugnature 11 Dette più eleganti 2 Dette riunite, e formanti una sola in un sol fodero, servibili però ambedue divise 5 Dette leggiere intarsiata l’impugnatura in argento alla gelmina 18 Dette più eleganti, e rare anche con oro 2 Dette ricchissime e conservate, lavorate in oro, ed argento, alla gelm.a 1 Spadone lungo 1 Detto più lungo 5 Spade larghe con impugnatura leggera 1 Detta più larga


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1 Sciabola cisalpina 1 Detta framassonica [H.33] 2 Dette turche 2 Kanzari turchi con impugn.e e fodero d’ottone lavorato 1 Daga con manico di legno 1 Detta smontata 3 Pugnali piccoli con manico d’osso 9 Detti più grandi guarniti in ottone 1 Detto arabo 5 Detti con impugn.a d’acciajo 5 Detti simili lavorati 2 Detti con largo paramano liscio 2 Detti lavorati in oro alla gelmina con lama rigata 5 Fucili ordinarj semplicissimi 6 Detti con acciarino a ruota 1 Detto col calcio intagliato guarn.o in avorio, acc.o a ruota 1 Detto guarnito con ornati d’acciajo intarsiato, ed acciar.o doppio a ruota 1 Detto simile più elegante, canna rigata ad ⅓, acc.o a ruota 1 Detto lungo e sottile Beduino, guarn.o in ottone, e pietre 1 Detto più curto, e pesante intarsiato in ott.e ed avorj coloriti 1 Detto intarsiato con lastre d’avorio, e rabeschi, con figure ed ornati incisivi sopra, acc.o a ruota 1 Detto simile, doppio acciar.o a ruota, e canna tutta incisa 1 Detto pesante, e lungo con paesi, e marine incisi sopra l’avorio intarsiato, acc.o a ruota, e canna lavorata alle estremità, e nel mezzo 1 Fucile guarnito in avorj, e madreperle intarsiate, ed incise canna tutta lavorata in oro, acciar.o a ruota 1 Detto simile più curto con incisori a niello sopra l’acciarino a ruota l’Annunciaz.e di M.V. canna lavorata in oro alle estremità 1 Detto con ornati, figure, ed animali in avorio, e madreperla, acciarino a ruota lavorato, canna tutta lavorata 1 Detto simile lunghissimo arabo, canna tutta intarsiata in argento 1 Detto simile 1 Detto leggero con animali, acciarino a ruota, e canna incisa alle estremità, e nel mezzo 1 Detto simile, con canna simile in oro 2 Carabine arabe montate in legno grezzio con acciar.o a ruota 1 Detta in legno pulito 4 Dette simili, a ruota 1 Detta più curta snodata, a ruota 1 Detta intarsiata in avorio e madreperla 1 Detta pure in avorio con figure 1 Detta simile, canna tutta lavorata in oro 1 Detta più lunga canna liscia 1 Detta simile più lunga acciar.o moderno 1 Detta simile pesante acciarino inciso 1 Grosso trombone da Bastimento di Corsaro 1 Schiopetto curtissimo da 15 tiri [N.12] 1 Canna grossa da spingarda lavorata in oro 2 Dette intarsiate in argento


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1 Pistola liscia, lunga, con fili d’avorio 4 Dette arabe liscie a ruota 2 Pistolle guarn.e in bronzo lavorato, e dorato, canna pure lavorata, e dorata 1 Detta curta intarsiata in acciajo 2 Dette più eleganti, e più lunghe 2 Dette simili più lunghe 2 Dette elegantem.e guarnite in acciajo cesellato ed ornam.ti 2 Dette di ferro incise 1 Detta per uso anche di pugnale con fodero 1 Detta per uso anche di frusta 4 Archi, o Balestre Europee de’ bassi tempi 3 Archi indiani arcuati 1 Turcasso con frecce 1 Arco persiano lungo di legno ferro con sei frecce lunghe di canna 1 Bastone da comando d’avorio inciso apparten.e ai Duchi di Mantova 1 Boracina intarsiata in avorio 1 Detta in filo d’ottone 4 Dette di cuojo 4 Giberne 1 Mascherina e visiera forata 1 Giavellotto indiano di legno Si aggiungono 1 Carabina snodata con due pistolle annesse fregiate con ricca guarnizione d’acciajo squisitam.e cesellato con acciarini moderni pure analogam.e cesellate, eseguite sul finire del XVI secolo 1 Altra Carabina riccamente decorata con ornati d’avorio intarsiati, e rilevati di buono stile cinquecentista, colla canna per intero lavorata, e dorata, ed acciarino a ruota pure lavorato, e dorato Un Elmo di ferro squisitamente cesellato, e sbalzato a figure di bassorilievo di stile grave, e robusto, rappresentante i Titani fulminati da Giove: i primi costituiscono il fregio continuato sul corpo inferiore dell’Elmo: il secondo seduto sull’aquila ne forma il cimiero, intorno al quale siccome base del gruppo sonovi un giro di nuvole da cui escono i fulmini; altri rabeschi, e figure decorano le parti inferiori, sporgenti davanti, e di dietro. Questo oggetto che può dirsi capo-lavoro, rarissimo, e conservato era posseduto dal fu Cav. Professore fisico Scarpa che lo illustrò con accurata descrizione, e rami [E.32] Una spada con ricchissima impugnatura di bronzo di squisito cesello con ornati e figure in rilievo, rara essa pure, e conservata: lavoro di Donatello [G.79 bis] questo giorno 19 Luglio 1833 Oggetti aggiunti di armature alla qui sopra descritta collezione N. 1 Elmo Tutti di ferro lavorati in oro della stessa opera, ricchezza, e conservatezza dell’Armatura qui sopra descritta 1 Sella 1 Visiera da cavallo 1 Mazza elegantem.e guarnita in oro smaltata 1 Scudo di ferro con righe angolari incise e dorate 1 Detto con bordura, e righe ornamentali Alessandro Sanquirico


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Bibliografia a cura di Angela Griseri

1781 Onorato Derossi, Nuova guida per la città di Torino, Torino, p. 87. 1827-1832 Nuova raccolta di scene teatrali inventate dal celebre Sanquirico pubblicate da Giovanni Ricordi editore di musica dirimpetto all’I. R. teatro alla Scala in Milano, Firenze, presso Ricordi, Pozzi e comp. 1840 Vittorio Seyssel d’Aix, Armeria antica e moderna di S.M. Carlo Alberto, Stabilimento tipografico Fontana, Torino, p. VI. 1890 Angelo Angelucci, Catalogo della Armeria Reale, Tipografia editrice G. Candeletti, Torino, pp. 179-180, 232. 1898 Luigi Avogadro di Quaregna, Armeria antica e moderna di S.M. il Re d’Italia in Torino, Torino. 1948 John F. Hayward, L’Armeria Reale di Torino, in “Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”, 2, pp. 179-197. 1977 L’Armeria Reale riordinata. Rapporto dei lavori 19691977, a cura di Franco Mazzini, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte, Torino. 1982 Franco Mazzini, “L’Armeria di Carlo Alberto”, in L’Armeria Reale di Torino, a cura di Franco Mazzini, Bramante, Busto Arsizio, pp. 31-37. Michela di Macco, “Rotelle, brocchieri, targhe… scudi da torneo”. Acquisti e acquisizioni per l’Armeria di Carlo Alberto, in Franco Mazzini, 1982, pp. 72-85. Carla Enrica Spantigati, Le armi della scuola di Monaco e i problemi della loro decorazione, in Franco Mazzini, 1982, pp. 86-93. 1983 Mercedes Viale Ferrero, La scenografia della Scala nell’età neoclassica, Il Polifilo, Milano.

1987 Claudio Bertolotto, Il collezionismo sabaudo e la formazione dell’Armeria Reale di Torino, in “Armi antiche”, pp. 9-25. 1999 Il restauro dello scalone di Benedetto Alfieri, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino 2001 Storia dell’Armeria Reale, in L’Armeria Reale di Torino. Guida breve, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino, pp. 11-29. Claudio Bertolotto in Paolo Venturoli, 2001, nn. 21 e 23. Fulvio Cervini in Paolo Venturoli, 2001, nn. 27, 32, 52-53, 61. Giorgio Dondi in Paolo Venturoli, 2001, n. 94. Id., Ferro, oro, pietre preziose. Le armi orientali dell’Armeria Reale di Torino, catalogo della mostra a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino, n. 8. Filippo Gambari, in Paolo Venturoli, 2001, n. 7. Alessandra Guerrini in Paolo Venturoli, 2001, nn. 39, 50. Emanuela Settimi in Paolo Venturoli, 2001, n.68. 2002 Filippo Gambari, Dal restauro allo studio: la ricerca archeologica tra i trofei delle sale delle armi, in Arma virumque cano…Le armi preistoriche e classiche dell’Armeria Reale di Torino, catalogo della mostra a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino, pp. 45-64. Paolo Venturoli, La Galleria Beaumont 1732-1832. Un cantiere ininterrotto da Carlo Emanuele III a Carlo Alberto, Allemandi, Torino. 2003 Dal disegno alla fotografia. L’Armeria Reale illustrata 18371898, catalogo della mostra a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino. 2005 Fulvio Cervini, La passeggiata del re, in La Galleria Beaumont. Percorso di visita, a cura di Paolo Venturoli, Allemandi, Torino, pp. 109-208 (174).


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Chiara Lanzi in “Il nostro pittore fiamengo”. Giovanni Caracca alla corte dei Savoia, catalogo della mostra a cura di Paola Astrua, Anna Maria Bava e Carla Enrica Spantigati, Galleria Sabauda, Allemandi, Torino, n. 8. 2007 Sergio Momesso, La collezione di Antonio Scarpa (17521832), Bertoncello, Cittadella, pp. 36, 40, 290 ss. Alessandro Sanquirico: “il Rossini della pittura scenica”, a cura di Maria Ida Biggi, Maria Rosaria Corchia e Mercedes Viale Ferrero, Fondazione Rossini, Pesaro.

2013 Alessandro Sanquirico. Teatro, Feste, Trionfi 1777-1849, a cura di Vittoria Crespi Morbio, Allemandi, Torino. Maria Ida Biggi, Il gotico nelle scenografie di Alessandro Sanquirico, in Vittoria Crespi Morbio, 2013, pp. 27-30. Gabriella Olivero, “Il sommo contrasto delle passioni colla somma magnificenza dello spettacolo”, ossia gli scenari di soggetto orientale ideati da Alessandro Sanquirico, in Vittoria Crespi Morbio, 2013, pp. 31-40.

2008 L’Armeria Reale nella Galleria Beaumont, a cura di Paolo Venturoli, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, Torino, pp. 265-272. Laura Facchin, voce Leonardo Marini, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 70, pp. 468-470.

2014 Il Medagliere del Palazzo Reale di Torino. Storia e restauro della sala e delle collezioni, a cura di Alessandra Guerrini, De Luca, Roma (“Bollettino d’Arte”, serie VII, 2013, volume speciale).

2009 Denise Allen in Andrea Riccio. Renaissance master of bronze, catalogo della mostra a cura di Denise Allen e Peta Motture, London, n. 18. Fulvio Cervini, in Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani, catalogo della mostra a cura di Alessandro Barbero e Andrea Merlotti, Venaria Reale, Electa, Milano, n. 26.

Mario Epifani, L’Armeria Reale, in Il Polo Reale di Torino. L’idea, il progetto, i lavori (2005-2014), a cura di Mario Turetta, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, pp. 249-251.

Le Trésor de l’abbaye de Saint-Maurice d’Agaune, catalogo della mostra a cura di Élisabeth Antoine-König, Musée du Louvre, Somogy, Paris, n. 39

2010 Jean-Pierre Reverseau in Sous l’égide de Mars. Armures des princes d’Europe, catalogo della mostra a cura di Olivier Renaudeau, Jean-Pierre Reverseau e Jean-Paul SageFrénay, Musée du Louvre, Chuadun, Paris, n. 42.

Mario Epifani, La “Reale Armeria” di Torino nella seconda metà dell’Ottocento: formazione e promozione di una raccolta dinastica, in Cavalieri, mamelucchi e samurai. Armature di guerrieri d’Oriente e d’Occidente dalla collezione del Museo Stibbert di Firenze, catalogo della mostra a cura di Enrico Colle, Sillabe, Livorno, pp. 19-23.

2011 La loggia di Carlo Alberto nell’Armeria Reale. Arte, storia e restauro di un monumento torinese ritrovato, a cura di Edith Gabrielli, L’Artistica Savigliano.

2015 Il Medioevo in viaggio, catalogo della mostra a cura di Benedetta Chiesi, Ilaria Ciseri e Beatrice Paolozzi Strozzi, Museo del Bargello, Giunti, Milano.


Finito di stampare per i tipi de

L’Artistica Savigliano nel mese di novembre

2015


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