OK ARTE luglio 2008

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ok Arte MAGAZINE

Luglio - Agosto 2008

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Anno VII - N.2

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Per informazioni e pubblicità: 02 92889584 - 347 4300482 info@okarte.org www.okarte.org

Viaggiare tra le nobili dimore:

Visitare la Valtellina: Palazzo Sassi de’ Lavizzari, sede del Museo Valtellinese di Storia e Arte, ed il Parco Botanico delle isole di Brissago a pag. 7

Vivere Brera:

Conosciamo Miss Brera Kalina Danailova, il Progetto di Ricerca della Scuola di Restauro di Brera e gli eventi in calendario per questa estate a pag. 14

Arte medicina spirituale:

Arte terapia al Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro e al Policlinico San Marco di Zingonia con Mike Ciafaloni per alleviare solitudine e sofferenze ai degenti a pag.12

Il Duomo di Milano

Amici Vacanze di in città OKARTE Leggenda e storia sulla sua costruzione Rivisitiamo

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rescono, numerose e qualificate, le collaborazioni con la rivista OK ARTE. Da questo mese presentiamo testi e foto, gentilmente forniti dal FAI (Fondo Ambiente Italiano), relativi al patrimonio architettonico di sua proprietà, in particolare quello collocato nel Nord Italia e facilmente raggiungibile da Milano. La Dott.ssa Pelissetti, responsabile tecnico scientifico del Centro di Documentazione Storica di Villa Ghirlanda, ci conduce da questo numero alla scoperta della rete di Giardini Storici del Nord Milano e della Brianza. Non mancano gli itinerari guidati dall’Associazione Castelli e Ville Aperti in Lombardia e dell’Associazione Clessidra. Da Brera nostri amici e soci ci tengono aggiornati su iniziative, ufficiali ed informali, all’interno dell’Accademia. L’assessore del Comune di Lissone Daniela Ronchi presenta in questo numero il Museo d’Arte Contemporanea, il Palazzo Terragni, edificio realizzato nella seconda metà degli anni Trenta e la Villa Reati, le cui origini risalgono agli inizi del Cinquecento. Non trascuriamo gli amici animali grazie alle segnalazioni e ai suggerimenti forniti da Enpa (Ente Nazionale Protezione Animale) e puntualmente raccolti da Milena Moriconi. Sempre più numerosi gli artisti, affermati ed emergenti, che sostengono la nostra rivista. Fra questi segnaliamo l’apporto culturale di: Mike Ciafaloni, Nicola Brindicci, Stefania Presta, Guido Daniele, Natalie Grunska e Roberta Musi. Gli artisti, sostenitori di OK ARTE, sono seguiti direttamente dal nostro direttore editoriale Francesca Bellola e dallo staff di giovani critici coordinati da Carla Ferraris. Numerosi lettori hanno espresso lusinghieri commenti sulla rivista e molti si sono impegnati a collaborare fornendoci approfonditi articoli già da questo numero. Purtroppo, essendo il giornale gratuito, non siamo in grado di garantire la presenza di OK ARTE nei diversi punti di diffusione per più di qualche giorno. Per venire incontro alle richieste dei lettori abbiamo disposto un servizio di spe-

Milena Moriconi

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ono stati scritti fiumi di parole sul DUOMO DI MILANO. Tutto è già stato descritto, commentato, analizzato. Non resta, quindi, che

cercare di portare a galla gli aspetti curiosi che si nascondono tra le pieghe della sua ultracentenaria storia. Comincerei sul perché il Duomo è stato costruito. Le versioni in cui mi sono imbattuta sono due: una

leggendaria, forse anche la più nota, ed una storica. La prima narra dell’orribile incubo avuto da Gian Galeazzo Visconti, nell’inverno del 1386, quando gli apparve niente popò di meno che Satana in persona,

© Stefano Gusmeroli http://www.gusme.it dizione in abbonamento al costo di 25 euro per 10 numeri. Tutti gli interessati al magazine possono riceverlo comodamente a casa e conservarne una copia su carta. In ogni caso è possibile leggere integralmente la rivista così come stampata in internet all’indirizzo www.okarte.org. Infine ricordiamo che, ancora per qualche mese per via degli spazi limitati, si può diventare soci dell’associazione Amici di OK ARTE, acquisendo così il diritto di disporre degli spazi riservati agli iscritti all’interno del giornale e su www.okarte.org. Un trattamento speciale è riservato ai soci artisti che, oltre agli spazi, potranno ricevere le recensioni dello staff di critici di OK ARTE. Per maggiori informazioni si può scrivere a info@okarte.org o contattarci telefonicamente allo 02 92888584 - 339 7684287. Alessandro Ghezzi, Presidente Associazione culturale OK ARTE

avvolto, come suo solito, da nuvoloni infuocati e puzzolenti di zolfo. Il diavolo voleva rubare l’anima di Gian Galeazzo, ma, bontà sua, gli offrì una possibilità di salvezza: costruire una chiesa, maestosa come mai se ne erano viste, ma guarnita da terrificanti simulacri diabolici. Va da sè che il Visconti scelse immediatamente la seconda opzione e diede subito il via ai lavori che iniziarono lo stesso anno. Mantenendo fede alla parola data, ma soprattutto nel terrore di una reiterazione dell’incontro con Satana, in mezzo alle 3000 circa statue sacre, vennero collocati 96 doccioni raffiguranti orrendi demoni. Alcuni sostengono che lo stesso stemma visconteo, sulla facciata dell’Arcivescovado, a fianco del Duomo, nasconda simbologie infernali. Sarà vero? La versione storica del perchè della costruzione del Duomo, ci mostra invece un Gian Galeazzo in una veste poco nota, fatta di timidezza, riservatezza e paure, fra cui quella,ossessiva,diviaggiare.

segue a pag .4

Itinerari d’estate

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Milano

uomo, Sant’Ambrogio, la Milano romana, e tanti altri luoghi d’arte Iniziamo dal Duomo di Milano, del quale Milena Moriconi ci ricorda i personaggi, la storia, la leggenda e le dicerie arrivate fino ai nostri giorni (a pagina 4).

Di Sant’Ambrogio, patrono di Milano, Sabrina Panizza racconta la vita e la iconografia. (a pagina 5). Giuditta Pellizzoni ci segnala l’apertura di Villa Necchi Campiglio nel cuore di Milano di proprietà del Fai e di cui avremo modo di approfondire storia e collezioni d’arte (a pagina 2). Augusto Colucci ci par-

Per coniugare Arte e Natura

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Abbazia di San Fruttuoso in Liguria, Il Castello di Prasco in Piemonte, Il Castello Visconti di San Vito, Il Castello di Masegra, Il Romanino e la Valle Canonica, il Sacromonte di Varese, Gli spettacoli dell’Arena di Verona… Evidenziamo già nel sottotitolo di questo numero, un elenco di località e di castelli ai quali dedichiamo importanti articoli e segnaliamo fra gli itinerari di arte e di natura. Per il mare ancora pulito in un angolo della Liguria, raggiungibile solo via mare o dopo un cammino in sentiero da Portofino, riserviamo meritatamente la foto in questa prima pagina alla Abbazia di San Fruttuoso. Si arriva comodamente via mare da Rapallo, Santa Margherita Ligure e Portofino. La spiaggia è piccola, il sole tramonta presto ma il mare è pulitis-

la della Milano romana, e delle sue tracce ancora visibili qua e l (a pagina 2). Jean Marc Mangiameli ci guida nelle vie di Zona Tortona e nella zona dei Navigli (pagine 3 e 4). In questo numero visitiamo a Milano la Chiesa di San Giuseppe con Giuditta Pellizzoni e la Chiesa di S.Maria della Sanità con il suo Barocchetto (a pagina 3).

wilbur a pagina 21

simo a solo un paio d’ore da Milano. A pagina 9 l’articolo sulla Abbazia di San Fruttuoso e nelle altre pagine interne esaurienti articoli sul Castello di Prasco dei Conti Gallesio Piuma

in Piemonte, Il Castello Visconti di San Vito (pag.8), Il Castello di Masegra (pag. 7), Il Romanino e la Valle Canonica, Il Sacromonte di Varese (pag.6), Gli spettacoli dell’Arena di Verona…


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Arte Milano

LUGLIO - AGOSTO 2008

Brevi note sulla Milano Romana

Augusto Colucci

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urtroppo, della Milano romana che fu capitale dell’Impero dal 286 al 402 d.C. restano poche tracce perché la città, nei secoli successivi, venne più volte saccheggiata e distrutta dalle varie orde barbariche. Sicuramente, oggi, avremmo più monumenti da vedere se Federico Barbarossa dopo un primo saccheggio del 1158 nel quale si limitò ad abbatterne le mura, non l’avesse completamente rasa al suolo nel 1162 e, riprendendo quanto i Romani avevano già fatto per Cartagine a significare che la città non dovesse più essere ricostruita, ne fece arare le ceneri cospargendole di sale. In effetti il posto rimase abbandonato fino al 1176 quando la città venne rifondata sulle macerie esistenti. Sappiamo, però, che la Milano dell’epoca tardo imperiale romana era una città imponente con oltre

quattro chilometri e mezzo di mura anche se con una topografia diversa da quella attuale in quanto, seguendo lo schema romano, le vie erano tra loro disposte ad asse. Nelle mura romane che circondavano la città si aprivano delle porte dotate di torri e le principali erano Porta Vercellaense che doveva essere posta tra l’attuale via San Giovanni Sul Muro e via Meravigli; Porta Giovia (eretta in onore di Diocleziano) anch’essa sita in fondo all’attuale via San Giovanni sul Muro ma dalla parte di via Cusani; Porta Erculea (in onore dell’imperatore Massimiano) verso l’attuale Porta Nuova; Porta Argentia ubicata presso l’attuale piazza San Babila; Porta Romana, nei pressi di piazza Missori, da cui partiva una via trionfale, fiancheggiata da grandi portici colonnati, che indicando la strada per Roma terminava (probabilmente all’altezza dell’attuale “Crocetta”) con un enorme arco ce-

lebrativo che si dice fosse molto più grande dell’arco di Costantino nel Foro romano; Porta Quadrivia, o Porta Ticinense, nei pressi del Carrobbio. I pochi resti romani degli imponenti edifici fatti costruire dall’Imperatore Massimiano sono anche scarsamente visibili atteso che: dell’Anfiteatro, che aveva un ellissi di 155 x 125 metri (quindi per dimensioni secondo solo al Colosseo ed a quello di Capua), le rovine sono visitabili solo dalla sede della Sopraintendenza Archeologica; delle Terme Erculee resta solo una delle torri ed in quanto è stata utilizzata successivamente come campanile per la chiesa di San Maurizio Maggiore, del Circo solo pochi ruderi (peraltro mal mantenuti) nell’omonima via; del Mausoleo a pianta ottagonale (identico a quello di Diocleziano ancora parzialmente visibile a Spalato) solo pochi resti inglobati nella cappella di

Immagine di Stefano Gusmeroli http:/www.gusme.it

San Gregorio nella Chiesa di San Vittore al Corpo anche se il sarcofago dell’imperatore fa ancora bella mostra in quanto è divenuto il battistero del Duomo di Milano; Del Foro, che doveva trovarsi tra l’attuale Piazza San Sepolcro e via Zecca Vecchia, restano come traccia le “Colonne di San Lorenzo”, ivi tra-

Villa Necchi Campiglio Un gioiello del ‘900 donato alla città

Giuditta Pellizzoni

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a riaperto a Milano, nel cuore della città, dopo più di tre anni di restauro e 6,2 milioni di euro spesi per i lavori, Villa Necchi Campiglio, capolavoro razionalista degli anni ’30 donato al FAI nel 2001. Una dimora storica concepita come abitazione privata, realizzata tra il 1932 e il 1935 dall’architetto milanese Piero Portaluppi (18881967), si trasforma ora in casa museo aderendo al progetto del circuito delle quattro case-museo milanesi che coinvolge anche il Museo Poldi Pezzoli, il museo Bagatti Valsecchi e la Casa Boschi-Di Stefano. Villa Necchi Campiglio è una splendida villa unifa-

miliare circondata da un ampio giardino al cui interno si trovano una piscina e un campo da tennis, cosa assai rara in un’abitazione degli anni’30. Due importanti donazioni arricchiscono la villa: la straordinaria collezione di opere d’arte del primo Novecento di Claudia Gian Ferrari, con capolavori di Sironi, Martini, De Chirico, Morandi e la raffinatissima collezione di dipinti e arti decorative del XVIII secolo di Alighiero ed Emilietta De’ Micheli con dipinti del Canaletto, Tiepolo, Marieschi, Rosalba Carriera oltre a preziose porcellane cinesi e maioliche lombarde. La villa di via Mozart fu fatta costruire da una famiglia dell’alta

sportate in epoca successiva, mentre diverse iscrizioni marmoree e reperti archeologici di epoca romana li troviamo conservati e visibili lungo le pareti laterali del quadriportico della Basilica di Sant’Ambrogio e fuori di essa, sul lato destro della piazza, troviamo la “colonna del Diavolo” sicuramen-

te eretta in epoca romana. Infine, altri resti visibili di epoca romana sono le mura in Piazza Missori e nel giardino del Museo Archeologico mentre vari altri reperti sono praticamente irraggiungibili come quelli nello scantinato del Palazzo della Borsa o sotto una botola nella chiesa di San Vito.

ON POO DE DIALETT (Parole del dialetto milanese delle quali si è perso l’uso ma che si potrebbero incontrare colloquiando con qualche anziano…..) ARTICIOCCH

= CARCIOFO

BAGAJ

= FANCIULLO, RAGAZZO, MARMOCCHIO

CADREGA o CARDEGA = SEDIA DOZZINALE

borghesia pavese (Angelo Campiglio, sua moglie

Gigina Necchi e sua cognata Nedda) trasferitasi a Milano. Le sorelle Necchi alla morte di Campiglio, donarono la villa al FAI che doveva garantirne la cura e l’apertura al pubblico. Dal 30 maggio infatti la villa è visitabile e, come ha sottolineato la presidentessa del FAI, Giulia Maria Crespi “al suo interno si potranno tenere convegni, celebrare matrimoni, usufruire di una caffetteria che circonda la villa con piscina e i campi da tennis. Una villa museo non solo da visitare quindi ma che tutti i milanesi possono vivere personalmente”. La villa sarà aperta al pubblico da mercoledì a domenica dalle 10 alle 18.

DACQUADOR

= ANNAFFIATOIO

ERBORINNA

= PREZZEMOLO

FONDEGHEE

= DROGHIERE

GALITT

= SOLLETICO, DILETICO

INCOEU

= OGGI

LIPERA

= VIPERA

MAGIOSTRA

= FRAGOLA

NAGOTT

= NIENTE

OBBIAA

= OSTIA, CIALDA

PANMOJN

= ZUPPA OVVERO PANE INTINTO NEL VINO

QUATTA’

= COPRIRE, RICOPRIRE

RABOTT

= MONELLO

SCARLIGA’

= SDRUCCIOLARE, SCIVOLARE

TARLUCCH

= TAROCCO, PERSONA SCIATTA, TARDA.

UGA

= UVA

VARDA’

= GUARDARE

ZANEVER

= GINEPRO

Trovi l’elenco dei punti di diffusione della rivista su WWW.okarte.org


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Arte Milano

Una passeggiata nelle vie di zona Tortona Tra modernità e tradizione: questo è il nuovo polo della creatività italiana Jean Marc Mangiameli

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San Giuseppe

Un capolavoro del Richini Giuditta Pellizzoni

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a chiesa di San Giuseppe, situata nel centro di Milano, è stata eretta tra il 1607 e il 1630 dall’architetto Francesco Maria Richini e rappresenta l’esempio massimo del barocco milanese nonché la prima chiesa dedicata al santo risalente a quel periodo. Il lato destro della chiesa si affaccia su via Andegari, dalla famiglia degli “Andegardi” o “undegardi”. La chiesa si presenta con un corpo ottagonale che viene in parte nascosto all’esterno dalla facciata molto alta che spezza l’armonia delle forme del corpo centrale. Nel 1605 il Richini inizia ad apportare modifiche radicali alla

chiesa partendo dalla cappella maggiore e dai due vani contigui della sacrestia e del campanile. L’ultima realizzazione dell’architetto per la Chiesa di San Giuseppe è il pavimento in marmi policromi“de marmi mandorlati di bianco et nero, i marmi bianchi della fabbrica del Duomo di Milano e i marmi neri della cava di Bellano”. Due alta-

ri cono collocati nell’ottagono. Su quello di destra si può ammirare il Transito di San Giuseppe opera del Procaccini, mentre il seguente è dedicato alla Sacra Famiglia, dipinto dal Lanzani. Spostandosi nell’ampio presbiterio appare, con notevole imponenza, l’altar maggiore settecentesco di sfolgorante policromia con i suoi marmi e bronzi. Dietro l’altare maggiore una statua marmorea di San Giuseppe è attorniata da altre due statue simboleggianti la Castità e la Verginità. La facciata, invece, è a due ordini raccordati da volute, un’apoteosi di frontoni curvi e triangolari ed è arricchita da statue ottocentesche realiz-

zate da Luigi Scorzini raffiguranti S.Pietro, S. Paolo e S.Giovanni. La chiesa di San Giuseppe ad oggi si presenta in buono stato e, nel corso degli anni, non ha mai subito importanti lavori di rifacimento, anche se attualmente sussiste la necessità di far restaurare i dipinti anneriti dal tempo ma soprattutto dall’inquinamento metropolitano.

a qualche anno si sente spesso parlare di zona Tortona come di un nuovo polo della creatività italiana. Un nome che è diventato un sinonimo di riqualificazione urbana e riconversione edilizia, in grado di trasformare radicalmente la personalità di un vecchio quartiere industriale. Un brand che oggi caratterizza Milano ed è oggetto di studio anche all’estero, perché dimostrazione di una riuscita operazione di marketing territoriale. La zona abbraccia è compresa tra il Naviglio Grande e via Solari. A partire dagli anni ‘80 fabbriche, depositi e officine meccaniche hanno progressivamente ceduto le loro architetture a nuove attività: studi fotografici, show room, agenzie di moda, design e comunicazione. Un progressivo cambiamento avvenuto spontaneamente, per iniziativa privata. I pionieri, Fabrizio Ferri e Flavio Lucchini hanno intuito il potenziale di un decentramento delle attività legate al settore della moda. L’evoluzione ha poi portato il design e l’arte contemporanea, è arrivato Armani con la sua sede generale, poi Arnaldo Pomodoro che ha creato la sua fondazione. Il quartiere si è imprezio-

sito di grandi personali- Apertura che si denota sotà e continua a svilupparsi prattutto durante gli eventi nel rispetto della propria fi- del Salone del Mobile, dosionomia iniziale. La zona ve chiunque può prendere Tortona produce concre- parte a tutto quello che actamente idee che diventa- cade, nel nome di una deno progetti, appuntamenti, mocratica fruizione degli eventi, mostre, installazio- spazi. Ciò che da carattere ni di artisti che sfruttano lo al quartiere è la fluida orspazio urbano per comu- ganizzazione e interdipennicare sempre qualcosa di denza tra le varie aziende nuovo e originale. L’intero che vi hanno sede. Una vequartiere si potrebbe de- ra e propria associazione è finire come una tela sulla nata per coordinare le atquale tutti i creativi lavo- tività del distretto a scopo rano, sperimentano, tal- di una migliore produttivolta giocano, per rendere vità e di veicolarne un’imla città più bella e aper- magine corretta e chiara ta nei confronti di tutti. anche a beneficio del citta-

dino. Oggi passeggiare per quelle vie, che prima erano l’orgoglio industriale della città, ci permette di viaggiare armonicamente tra passato e presente, ammirando monumenti di archeologia industriale, come l’ex Ansaldo, proprio mentre stiamo facendo shopping in un negozio alla moda o mentre facciamo merenda alla latteria. Perché si; in zona Tortona esiste ancora il fabbro, il falegname e la sarta. Nel nome di una Milano che guarda al futuro ma che non cancella la tradizione.

Immagini di Jean Marc Mangiameli

Barocchetto di S. Maria della Sanità

Ivana Metadow

“E

l viulun de Via Durin” Così i milanesi chiamano la Chiesa di Santa Maria della Sanità. Situata nel centro storico di Milano la Chiesa troneggia fra palazzi d’epoca per la sua caratteristica forma a violoncello. Pare che l’architetto Pietrasanta si sia ispirato allo strumento musicale “ a mandar alta nei cieli le armonie che vi si innalzano!” Il progetto è di impostazione Barocca del 700: il Barocchetto. Rappresentazione lombarda dello stile rococò, il Barocchetto trova la sua realizzazione pittorica, scultorea e architettonica a partite dal 1730. Ha splendide applicazioni a livello decorativo: intagli lignei dorati, marmi, dipinti e affreschi che hanno lo scopo di creare ambienti luminosi e vari. Caratteristiche che si ritrovano sia all’esterno che all’interno di Santa Maria. Si presenta con una bellissima facciata curvilinea, fuori asse rispetto alla strada, convessa nella parte centrale, movimentata da lesene e morbide nicchie. Il 30 luglio 1632 i “Crociferi”, Padri devoti a San Camillo de Lellis, così chiamati per

la croce che portano sul petto, acquistano una casa nella Cantarana di Porta Tosa, oggi Via Durini, dove si trasferiscono utilizzandola come convento, lì accanto nascerà la Chiesa di Santa Maria della Sanità. La prima pietra viene po-

con altari di marmo ed ele- licato, raffinato ed eleganganti balaustre. Sulla de- te con cura di particolari e stra due cappelle : la prima ricercatezza dei materiali, dedicata alla Regina del senza apparire rindondanRosario, sull’altare una sta- te o eccessiva nei decori. tua lignea della Madonna Alla fine degli anni Ottanta con il Bambino; la seconda la Chiesa era stata chiudedicata al Crocefisso dove sa per inagibilità, il prouna grande tela rappresen- getto di restauro, affidato a immagine di Giovanni Dall’Orto

sta nel 1694, ma è nel 1709 che inizia la costruzione. L’interno è a pianta ovale, il pavimento in cotto e grazie a mattoni chiari, scuri e variegati, disegna una grande croce. Dopo il crollo del tetto (1719), Santa Maria della Sanità viene riparata solo nel 1728 con un notevole arricchimento architettonico dell’interno, composto da quattro cappelle laterali

ta le deposizione di Gesù. Sulla sinistra la prima cappella è dedicata a Camillo de Lellis con un altare barocco ricco di marmi ad intarsio, bronzo dorato e bassorilievi; la seconda è dedicata all’agonia, il “passaggio” di San Giuseppe. La volta ha un affresco che raffigura la Vergine assunta in cielo fra cori di Angeli. L’insieme è armonioso e de-

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Stelline dalla parrocchia di San Babila, ha riordinato le pavimentazioni di cotto, le pareti della navata, gli altari, il grande soffitto affrescato, intonaci e balaustre. Santa Maria della Sanità, ora sconsacrata, è teatro di concerti e manifestazioni culturali: un utilizzo efficace che rappresenta la miglior forma di prevenzione contro il degrado.


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Arte Milano

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Perchè, dove e come nasce il Duomo

Notizie attinte qua e là, fra leggenda, storia e dicerie medioevali Milena Moriconi

Per questo si circondava di body guards ogniqualvolta metteva piede fuori di casa. E così un giorno di Maggio del 1385, andando incontro a suo zio Bernabò Visconti, che era un vero poco di buono e che, al contrario suo, amava la violenza ed il sopruso, decise, con grande sorpresa di tutti gli astanti, ma forse e soprattutto sua, di farlo suo prigioniero e di prenderne immantinente il posto. Il gaudio di tutta Milano fu immenso: tutti odiavano Bernabò e tutti lo temevano, e la riconoscenza nei confronti di Gian Galeazzo fu grandissima. Il Gian Galeazzo, furbastro di tre cotte, per accattivarsi ancora di più il favore del popolo, prese una decisione tanto barbara quanto coraggiosa: demolire l’Arcivescovado, il Battistero di Santo Stefano alle Fonti ed il Palazzo Degli Ordinari per far erigere una chiesa gigantesca e bellissima, alla cui costruzione avrebbero contribuito migliaia di persone.Il lavoro sarebbe stato assicurato per tutti e per anni e anni. Entusiasmo popolare!! Non c’era nessuno che non portasse soldi, anche i pochi risparmi personali, e lavoro. Arrivarono migliaia di scultori, scalpellini, fabbri, carpentieri da tutto il sud delle Alpi, tanto che in 14 anni si costruì metà dell’opera. Ce ne sarebbero voluti altri 400 per completarla !! In ogni

caso, o per incubo o per smania di grandezza, Gian Galeazzo prese accordi veloci per l’inizio dei lavori:

so absidale, per ciò che concerne l’aspetto laico. Una lapide, all’interno della chiesa all’origine dedicata

nel 1386 con l’Arcivesco- a Maria Nascente, e consavo Antonio da Saluzzo, per crata nel 1418 da Martino ciò che riguarda l’aspet- V, attesta l’inizio dei lavoto sacro, e, subito dopo, ri proprio nell’anno 1386. E’ con l’ingegnere Simone da dallo stesso anno che opeOrsenigo, a cui viene attri- ra la Veneranda Fabbrica buita la prima planimetria Del duomo, un’autorità ece lo stupefacente comples- clesiastica che da più di 600

anni si occupa della manutenzione, valorizzazione, restauro e custodia della Cattedrale, e che venne incaricata di tali incombenze dallo stesso Gian Galeazzo. Peccato che Gian Galeazzo, a cui si deve anche la costruzione della Certosa di Pavia, non potè godersi la vista per intero della sua creatura poichè morì di peste nel 1402, a soli 16 anni di distanza dall’inizio dei lavori. Il Duomo venne edificato, così si dice, nello stesso punto in cui, ai tempi dei Celti (gli Insubri da cui deriva l’antico nome Insubria della Lombardia), si trovava un laghetto, dedicato alla Dea Belisama, divinità della luna e del sole, e raffigurata con una scrofa semi lanuta a fianco. La scultura della scrofa è visibile in Via Mercanti. Sul laghetto, e prima del Duomo, si ersero, a strati, altre costruzioni, come il tempio romano dedicato alla Dea Minerva ed il Battistero di San Giovanni. Il Duomo è

interamente costruito con desse genio ed inventiva. marmo di Candoglia, già Il Duomo non nasce coutilizzato nei secoli II e III me monumento gotico in d.c. dai romani per l’edifi- opulento marmo, ma bencazione di Porta Ticinese e sì come struttura romaPorta Volta, tranne che per nica in mattoni. Il grande le fondamenta e opere mu- passaggio avvenne quanrarie per cui ci si è serviti do Gian Galeazzo, all’apice del marmo di Serizzo. La del successo per aver conFabbrica del Duomo otten- quistato quasi tutta l’Italia ne, da Gian Galeazzo, l’uso settentrionale, decise, ebgratuito dei marmi, rica- bro di autostima e di felivato da cave situate in Val cità per l’arrivo dell’atteso d’Ossola. Da quel momen- erede Giovanni Maria, di to in poi, le imbarcazioni abbandonare i vecchi scheper il trasporto del mar- mi costruttivi, considemo furono contrassegna- rati obsoleti, per passare te dalla scritta A.U.F. (AD alle slanciate ed elegantisUSUM FABRICAE), da sime forme gotiche, tancui il famoso detto mila- to apprezzate oltralpe. Nel nese “lavorà a uff” cioè la- 1389, il povero Simone da vorare a ufo e quindi gratis. Orsenigo venne messo bruL’estrazione si rivelò dif- talmente fuori dai piedi per ficoltosa al massimo. Per essere sostituito da Nicolas premura, o per necessità, i de Bonventure che di arlastroni venivano fatti ro- te gotica aveva grande cotolare giù per un canalone, noscenza. Nicolas seguì i così che quando la corsa fi- lavori per un anno soltanniva, metà erano spacca- to, ma lasciò una traccia ti. E questo senza contare profonda del suo operato. il pericolo per le abitazioni E se è vero che la costrucircostanti. Ci pensò l’ar- zione del Duomo durò per chitetto Fabio Mangone a ben oltre 400 anni, è altresì dare l’ordine di racchiudere fondamentale notare come i blocchi in protezioni di le- tutte le decisioni di rilievo, gno che, calate dolcemente le impostazioni basilari che con l’utilizzo di potenti fu- fecero sì che Milano potesni, poterono così raggiun- se avere una delle più belgere intatte il fondo valle. le Cattedrali del mondo, si Il percorso del marmo era: presero in quei pochi anni fiume Toce, lago Maggiore, che andarono dal 1386 sino fiume Ticino e Naviglio alla morte, nel 1402, di Gian Grande. Interessante sa- Galeazzo. Il resto viaggiò, e pere che per ottimizzare il viaggia, su quella maestotrasporto si impegnò anche sa traccia di sapere, cultuquel tuttofare di Leonardo ra, capacità professionale, Da Vinci, sempre in- ma anche di ambizione e curiosito ed attirato da sete di potere inizialmenqualsiasi lavoro che richie- te tracciata da pochi.

Il vicolo e la chiusa

Piccoli gioielli regalati dai navigli Jean Marc Mangiameli

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l vicolo dei Lavandai è sicuramente uno degli angoli più affascinanti di Milano. Affacciato sull’Alzaia Naviglio Grande, il vicolo prende il nome da un lavatoio, tutt’ora esistente, dove a partire dall’800 si usava pulire i panni strofinandoli su degli stalli in pietra. “Dei lavandai” perché inizialmente, fu una vera e propria associazione

di uomini a gestire il servizio di lavaggio. L’antica tettoia con travi in legno, è rimasta in piedi a proteggere l’originale lavatoio, ancora alimentato dall’acqua. Oggi il vicolo è diventato un simbolo della città, una fotografia che testimonia una Milano scomparsa, una Milano che ritroviamo solo nei dipinti nostalgici di vecchi pittori. Questo angolo di storia si sviluppa lungo una via privata che

oggi ospita studi, botteghe d’artista e piccole gallerie e che fanno parte di una gradevole passeggiata che parte dall’alzaia. In un’ottica di valorizzazione dei Navigli, dove sempre più numerosi sono gli interventi di restauro e tutela, il vicolo rappresenta uno degli elementi più significativi e degni di salvaguardia. Ora che è stato ripristinato il servizio turistico di navigazione del naviglio è giusto sperare che la nostra città, passo dopo passo, cerchi di riqualificare l’intera zona per trasformarla in un punto di forza di una Milano consapevole della struttura a testimoniare la propria bellezza e pronta a presenza dell’antico canaritrovare lo splendore che le, sepolto negli anni ‘60. gli spetta. Altro sito ric- L’importanza storica della co di fascino e importanza, chiusa di San Marco è arlegato ai Navigli, è la vec- ricchita dagli interventi di chia chiusa del Martesana, perfezionamento che efsituata tra via Melchiorre fettuò Leonardo da Vinci Gioia e via San Marco. Ora (1452-1519) tra il1492 e il il “naviglio piccolo”, così 1507, anni in cui soggiorveniva chiamato, non scor- nò a Milano alla corte degli re più da decenni ma è ri- Sforza. Leonardo fu chiamasta in piedi la vecchia mato da Ludovico il Moro

ed ebbe il merito di progettare le chiuse e di risolvere il problema del dislivello dei terreni, rendendo così possibile la navigazione. Oggi possiamo uscire dal quartiere di Brera, passeggiare per via Solferino e trovarci poi improvvisamente a confronto con un’altra parte di Milano che ci racconta la sua intensa storia. Una città che

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è un vero e proprio tessuto narrativo in grado di raccontare il proprio passato attraverso dei simboli che rimandano alle vecchie stratificazioni e confini, alle precedenti architetture, alle vecchie abitudini. Una città tutta da scoprire, girando a piedi e con gli occhi spalancati. Magari, cercando di tenerli lontani dalle vetrine dei negozi.


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Arte Milano

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la sacralità del simbolo

Sant’Ambrogio, il patrono di Milano

Sabrina Panizza

La biografia...

“S

ia sempre nel nostro cuore e sulla nostra bocca la meditazione della sapienza e la nostra lingua esprima la giustizia. La legge del nostro Dio sia nel nostro cuore.” Tali le parole dalla cui suprema intensità è scaturita la profonda opera di evangelizzazione del territorio lombardo, dilagante diffusione della vita

cristiana, messa in atto da una delle figure chiave di Milano: Ambrogio, vescovo e patrono della nostra città. Divenuto successivamente Santo, la sua immagine è stata, nei secoli, oggetto delle più svariate rappresentazioni, ognuna delle quali ha posto in evidenza differenti aspetti ed episodi della sua vita, mantenendo tuttavia degli elementi comuni, che costituiranno appunto l’oggetto del nostro approfondimento: si tratta dei sui più frequenti attributi iconografici. Ma prima qualche cenno biografico. Ambrogio, il cui nome di origine greca significa “immortale”, nacque intorno al 339 a Treviri nelle Gallie, dove il padre, cittadino romano, ricopriva la carica di prefetto al pretorio. Intraprese inizialmente la carriera militare ed amministrativa e non professava, in quegli anni, alcuna fede; terminati gli studi a Roma e divenuto avvocato di spicco, nel 370 si trasferì a Milano come governatore dell’Emilia e della Liguria. In città era un momento, tuttavia, di discordia tra ariani e cristiani a causa dell’imminente nomina del nuovo vescovo. La leggenda narra che, trovandosi Ambrogio di passaggio proprio nel momento

decisivo, improvvisamente un fanciullo abbia iniziato a gridare “Ambrogio vescovo! Ambrogio vescovo!”; terrorizzato, pare che egli sia all’istante fuggito a cavallo. Credendo che Dio parlasse per bocca degli innocenti, si narra poi che una delegazione di milanesi si sia recata da Ambrogio per convincerlo a venire in aiuto dei milanesi e diventare il pastore della città. Nonostante il suo essere pagano, ma non senza dubbi e difficoltà, egli alla fine ac-

cettò: ricevette il battesimo il 30 novembre 374 e fu consacrato vescovo di Milano. D’importanza certamente decisiva fu la sua nomina: organizzò la Chiesa lombarda, unificò la liturgia, che da lui prese il nome di ambrosiana, si dedicò al rinnovamento morale e alla lotta contro l’eresia ariana, intervenendo inoltre nelle contese imperiali tra Oriente ed Occidente a fianco di Teodosio. Ambrogio morì a Milano nel 397.

... e l’iconografia

U

na delle più antiche testimonianze iconografiche milanesi relative al Santo si trova all’interno dell’omonima basilica, edificata per suo volere nel 379: si tratta di un mosaico risalente al V secolo, gelosamente custodito all’interno di quel prezioso scrigno rappresentato appunto dalla Chiesa di Sant’Ambrogio. Egli è qui ritratto in un atteggiamento di austera semplicità, ulteriormente sottolineato dalla veste piuttosto umile che lo caratterizza, celebrandolo in una raffigurazione priva di qualsiasi orpello e segno di potere; tale sobrietà dell’abito contribuisce a creare intorno al

mosaico un’aura di nobile dopo la ricostruzione di singolarità, allontanandolo Milano seguente la rovina in questo modo dai ritratti del Barbarossa. Gli episopiù tardi, la maggior parte di leggendari che riguardadei quali mostra Ambrogio no lo staffile di Ambrogio in preziosi abiti vescovili. ed hanno dunque ispirato Suoi principali attributi ri- i ritrattisti del Santo, sono scontrabili nelle opere dei numerosi. Comoletti, nelsecoli successivi sono, in- la sua “Milano misteriosa”, fatti, oltre alla ricca veste, racconta ad esempio come, la mitra sul capo ed il pa- appena giunto a Milano storale in mano, tesi a sot- in qualità di magistrato, tolineare il nobile incarico Ambrogio abbia voluto corivestito e la sua ammira- noscere il boia Ursone che, ta ed indiscussa autorità. armato di una speciale fruÈ proprio su tale aspetto sta con molte strisce di pelche l’opera di Giovanni le, estorceva le confessioni agli imputati. Ambrogio licenziò immediatamente Ursone e si fece consegnare lo staffile; quando poi fu nominato vescovo per volontà popolare, per dimostrare la sua indegnità volle ripristinare il selvaggio utilizzo delle frustate, ma al primo condannato che sottopose successe che lo staffile si rifiutasse di funzionare. L’episodio sicuramente di maggior rilievo, tuttavia, è quello ricordato poco sopra, relativo alla Battaglia di Parabiago, quando il 21 febbraio 1339 Luchino Visconti vinse il cugino Lodrisio, a capo di Oltre a tale metafora tutta- di tale evento prodigioso. truppe tedesche, grazie al- via, le api ed il loro alvea- Qualche istante dopo, inla miracolosa apparizione re spesso riscontrate nelle fatti, le api si alzarono in e punizione dei nemici da rappresentazioni del Santo, volo, salendo così in alto da parte del vescovo. Da que- sono legate alla sua figura scomparire alla vista; alsto momento in poi, quin- da un aneddoto piuttosto lora il padre esclamò: “Se di, l’iconografia del Santo noto risalente all’infan- questo bambino vivrà, dimutò: lo staffile divenne zia di Ambrogio; l’autore venterà qualcosa di grande.” Ambrogio Figino (Milano, sempre più radicato nelle della sua prima biografia, L’alveare si legò quindi sem1550-1608), pone l’accento: sue raffigurazioni, e lo stes- Paolino da Milano, narra pre più fortemente all’icoqui Ambrogio, in sella ad so avvenne per il cavallo infatti che un giorno, men- nografia del Santo, invocato, un impetuoso cavallo bian- bianco, che lo caratterizza tre il piccolo stava dormen- appunto, come protettore co, in fierissimo atteggia- in quanto simbolo di forza do in una culla nel cortile delle api, degli apicoltori e mento quasi napoleonico, positiva, vitalità e vittoria. del pretorio, sopraggiunse di coloro che lavoravano la ed evocante le leggendarie Ultimo, ma non meno noto, all’improvviso uno sciame, cera. Giungiamo dunque rappresentazioni della lot- tra gli emblemi del Santo il quale si posò sul suo vi- al termine di questo breta tra San Giorgio e il dra- è l’ape, a cui, sin dall’anti- so con le api che entravano ve viaggio tra gli emblemi go, si scaglia con temibile chità, sono state attribuite e uscivano dalla bocca. Il di Sant’Ambrogio, il vescoviolenza contro gli ariani. numerose qualità umane padre, che passeggiava nel- vo “voluto da Dio”, poiché È questa infatti un’effi- quali l’operosità, la con- le vicinanze con la madre e “Vox populi” è, secondo le cace rappresentazione di cordia, il valore o la castità. la figlia, proibì alla dome- credenza, “Vox Dei”: ed quell’evento miracoloso che Anche il cristianesimo, stica, cui era stato dato il ecco che da governatore caratterizza la cosiddetta infatti, ha conferito un si- compito di curare il bam- non credente, Ambrogio Battaglia di Parabiago, du- gnificato del tutto posi- bino, di scacciare gli inset- si eleva a fondatore delrante la quale si racconta di tivo a questo piccolo ma ti, avendo intuito la portata la cristianità lombarda. una fatale apparizione del abilissimo insetto, vescovo: la leggenda narra giungendo a parache si sia creata in cielo una gonare la vita monadensa ed enorme nuvola stica, fondata sulla bianca, dalla quale spun- semplice ma perfettò a cavallo e in vesti bian- ta organizzazione, che il Patrono di Milano, sul lavoro meticoloche, con vivissimo impeto, so, sull’ordine e sull’ iniziò a frustare le truppe incessante operosità, tedesche del comandante a quella dell’alveare. Lodrisio. Oltre al pastorale, È Ambrogio stesso, il vescovo reca quindi nel- inoltre, a creare uno la mano destra lo staffile, stretto collegamenuna sferza formata da stri- to tra la Chiesa e sce di cuoio, anch’esso uno l’alveare, sottolinedei più frequenti attribu- ando come i memti del Santo. La prima ico- bri di una comunità nografia di Sant’Ambrogio possano essere, con con in mano lo staffi- efficace immagine le compare su un bassori- metaforica, egualievo del secolo XI, che si gliati alle api, le trova nell’atrio dell’omo- quali lavorano con nima basilica; un secolo meticoloso zelo e fedopo si riscontra la stessa deltà, riuscendo a iconografia nei rilievi che cogliere la parte mi- Artisti di tutte le epoche si sono ispirati alla Chiesa di S.Ambrogio. ornano la Porta Romana gliore da ogni fiore. Nell’immagine l’interpretazione che ne dà in una sua opera A. Ghezzi.

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Viaggio tra sacro e profano Santuario del Sacro Monte e Castello di Masnago

Associazione Castelli e Ville

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atrimonio dell`Umanità; come dichiarato dall`Unesco, il Sacro Monte di Varese è un complesso monumentale e paesaggistico di grande fascino. Composto dal borgo di S. Maria del Monte ove risiede il Santuario (sec. X°), e dalla via Sacra costellata da 14 Cappelle misteriche, il S.Monte, inserito nel Parco del Campo dei Fiori, è stato realizzato nella sua eccelsa qualità architettonica, pittorica e scultorea, da artisti e maestranze locali che, peraltro, erano gli esponenti tra i più qualificati del Seicento Lombardo (Morazzone). La costruzione del complesso della via Sacra ebbe inizio nel 1604, su progetto dell`arch. G. Bernascone detto il Mancino autore anche del campanile di S. Vittore in Varese. Il Santuario: meta dei pellegrinaggi mariani è la XV stazione del Rosario che si viene recitando lungo la Via Sacra delle cappelle misteriche. Il complesso monumentale, insieme al convento

delle Romite Ambrosiane, è inserito nel borgo di S. Maria del Monte, arroccato sulla cima del colle (mt 880). Il santuario presenta i segni affascinanti della sovrapposizione degli eventi storici che risalgono al XII secolo con importanti testimonianze di

arte e di fede per arrivare fino al XIX secolo. Il Borgo d`origine medioevale vive intorno al santuario ed è tappa finale del pellegrinaggio lungo la Via Sacra. Dominante su uno dei più bei paesaggi d`Europa prezioso preludio alla medita-

zione, alla preghiera e alla campagna. Riscontri dovisita dei tesori d`arte il S. cumentari confermano Monte è inserito nel parco che il castello nel XV sedel Campo dei Fiori man- colo era di proprietà della tiene il fascino del paese famiglia Castiglioni, origidi montagna impreziosi- naria di Castiglione Olona. to da residenze in stile li- A Masnago risiedeberty, dal quale si parte per va Giovanni Castiglioni, escursioni naturalistiche. il primo dei quattro fiCastello di Masnago (Va). gli di Guido (o Guidolo) Complesso ar- Castiglioni e di Antonia chitet tonico Bassi di Azzate. La presenza vario e frutto di tale famiglia a Masnago di stratifica- è documentata sin dal 1422, zioni di epo- ma Giovanni vi risiedetche diverse: te, con certezza, negli anal Medioevo ni dal 1441 al 1443 quando appartiene la qui morì. Dopo questa datorre, elemen- ta il castello fu presumito primitivo bilmente abitato dalla del castello; moglie di Giovanni, Maria q u a t t r o c e n - Lampugnani, sposata nel tesco, inve- 1424, e dai suoi cinque fice, è il corpo gli. Tra il XVI e il XVII sedi fabbrica colo la storia della famiglia che ad essa si è meno documentata, ma appoggia, fa- è certo che i Castiglioni, moso per i continuando ad abitare il suoi splen- castello, svolsero incarididi interni affrescati; di chi pubblici a Varese, codefinizione più recente, sei- me notai. Nel Settecento, settecentesca è, infine, l’ala il castello diventò luoche, inseritasi sulle preesi- go di villeggiatura estiva stenti strutture del fortili- per il marchese Giuseppe zio medievale, conferisce Castiglioni e la consorall’impianto, un tempo di- te Paola, nata Litta. Con fensivo, l’aspetto di una l’estinzione della casata dovera e propria dimora di po la morte del marchese

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Paolo Castiglioni Stampa di Varese nel 1981 che lo ha all’inizio del XX secolo, il adibito oggi a Museo d’arte castello passò ad un ramo moderna e contemporanea. femminile e nel 1934 venne venduto al varesino Angelo w w w. c a s t e l l i e v i l l e . i t Mantegazza. Ereditato dal- Visite guidate, per inforla famiglia Panza negli mazioni tel: 0265589231 anni ‘60, è stato dalla me- da lunedì a venerdì, daldesima ceduto al Comune le ore 9.30 alle ore 13.00 .

Una Notte Bianca all’insegna d’arte e cultura In calendario una cinquantina gli eventi culturali dere e divertire gli ignari passanti, creando momenti fortemente comunicativi e di rara intensità. “Natura Meravigliosa” è il tema della rassegna ideata dalla critica d’arte varesina Fabrizia Buzio Negri, che nell’occasione della Notte Bianca ha colorato di originali installazioni realizzate da dodi-

E’

stata una Notte Bianca all’insegna dell’arte e della cultura quella del 28 giugno a Varese. Dei 130 eventi in calendario firmati da Consel Divisione Eventi e realizzati con il sostegno di Comune, Provincia, Regione e altre istituzioni locali e nazionali, una cinquantina sono stati quelli dedicati ad esposizioni di quadri, recital di poesia, festival di canto, rappresentazioni teatrali e chi più ne ha più ne metta. La partenza è stata ai Giardini Estensi con una serie di appuntamenti all’insegna della meraviglia. Molto interessante “Lucciole”, serie di sugge-

stive installazioni dell’Associazione Internazionale “Flaminio Bertoni” in collaborazione con M.me Duplok, gruppo di artisti che da anni lavora con opere site-specific in ambito urbano. Silence Teatro, compagnia conosciuta per le sue straordinarie performance basate sull’uso del tutto originale della gestualità e del linguaggio del corpo, ha messo in scena uno spettacolo con una decina di attori-statue ricoperti d’argilla dalla testa ai piedi, che hanno fatto capolino dai cespugli e dagli angoli dei giardini per incuriosire, sorpren-

ci artisti locali gli splendidi saloni di Palazzo Estense. Festival Solevoci, rassegna internazionale di musica vocale a cappella, ha offerto al pubblico – in uno speciale appuntamento in occasione della Notte Bianca, sempre ai Giardini Estensi

– l’incontro con la polifonia Pop e Jazz, eseguita da gruppi vocali e cori italiani ed internazionali, che ha spaziato nelle sue diverse anime e contaminazioni, culturali ed etniche. Fra gli altri a ppuntamenti dedicati all’arte e alla cultura locali sono da non dimenticare anche l’apertura straordi-

naria delle principali chiese cittadine (San Vittore, Battistero di San Giovanni, San Giuseppe, tutte nel centro storico), dei Musei Civici di Villa Mirabello, delle Sale Nicolini, del Museo Baroffio e del Santuario al Sacro Monte

sopra Varese , del Museo Flaminio Bertoni, dell’Osservatorio Astronomico GV Schiaparelli, o le divertentissime visite guidate in segway per le vie del centro storico promosse da CCTour. Anche Villa Panza, nobile e preziosa dimora di proprietà del FAI, ha offerto a tutti i visitatori della Notte Bianca un’apertura straordinaria, con visita all’affascinante mostra “Oltre la luce” dell’artista americano James Turrell. Per non dimenticare chi la Notte Bianca poteva viverla soltanto dagli spazi ridotti di un carcere, spazio all’arte anche alla Casa Circondariale di Varese, dove l’Associazione Punto Zero ha realizzato per la serata del uno spettacolo teatrale, “Made in Italy”, in cui ha approfondito il tema dell’emigrazione italiana di inizio secolo. E se cultura significa anche passione per la tradizione, per tutti i golosi è

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stata straordinario l’ormai tradizionale appuntamento con la Cena Valtellinese a base di pizzoccheri e altri prodotti tipici, così come il percorso enogastronomico a firma “Associazione Produttori e artigiani Terra e Mari” che ha offerto, nella splendida cornice dei Giardini Estensi, gustose proposte dal territorio Varesino. Per chiudere un aperitivo che ci ha riportato all’epoca romana: il Museo Civico di Villa Mirabello in collaborazione con il bar del Museo hann0 deliziato i palati dei presenti con leccornie d’altri tempi. www.nottebiancavarese.it


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Le nobili dimore della Valtellina

Palazzo Sassi de’Lavizzari – Castello di Masegra

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alazzo Sassi dè Lavizzari (Sondrio), di origine cinquecentesca, prese nome dalla famiglia che ne fu proprietaria fino al 1922, quando l’ingegnere Francesco Sassi dè Lavizzari lo donò al Comune di Sondrio a condizione che venisse destinato a scopi culturali. L’esterno molto severo dell’edificio è ingentilito dal bel portale settecentesco a bugnato con timpano spezzato, attraverso il quale si accede all’elegante cortile porticato. Tracce della storia più antica del palazzo sono un fregio dipinto databile al XVI secolo, alcuni

soffitti lignei a grandi pannelli e una notevole statua lignea seicentesca riccamente intagliata. L’ultimo piano della costruzione è il risultato di un sopralzo ottocentesco, epoca di cui rimangono anche alcuni ambienti decorati a stucco. Il palazzo, attualmente sede del Museo Valtellinese di Storia e Arte, è aperto al pubblico dal 1994. L’origine del Museo Civico si deve alla volonterosa iniziativa di un ristretto gruppo di studiosi e appassionati d’arte che il 28 settembre 1874 fondarono il Comitato Archeologico Provinciale,

con il dichiarato scopo di “conoscere e conservare tutto ciò che in Provincia appartiene all’antiquaria, alle arti, alla storia patria”. Le collezioni del Museo raccolgono testimonianze archeologiche di epoca preistorica e romana ed opere, per lo più di provenienza locale, che offrono una panoramica della produzione artistica valtellinese dal Medioevo al nostro secolo. Conclude il percorso espositivo la sezione di arte moderna e contemporanea. Isole di Brissago (CH). Costituiscono il Parco botanico del Cantone Ticino.

Nel 1885 vennero trasformate dalla baronessa Antonietta Saint-Léger in dimora dove convengono pittori, scultori, musicisti, scrittori. L’Isola Grande diventa giardino esotico. Nel 1927 il nuovo proprietario, il commerciante amburghese Max Emden, fa costruire l’attuale palazzo, la darsena, il bagno romano. Il Parco botani-

co offre più di 1.500 specie di piante provenienti dal Mediterraneo, dall’Asia subtropicale, dal Sud Africa, dalle Americhe e dall’Australia. L’Isola Piccola (o di Sant’Apollinare) è ricoperta da vegetazione spontanea della regione insubrica, mantenuta allo stato naturale. Sull’Isola Grande (o di San Pancrazio), aperta al pubblico dal 1950, sono

coltivate piante di origine subtropicale degli emisferi nord e sud. Bagnate dalle acque, protette dalle Alpi e baciate dal sole, queste magnifiche isole danno la possibilità di fare il giro del mondo in quattro passi. w w w. c a s t e l l i e v i l l e . i t Visite guidate, per info tel: 0265589231 da lunedì a venerdì, dalle 9.30 alle 13.00

Il Romanino e la Valle Camonica La vita di un pittore in rivolta

Gloria Guerrini

di Tavernola Bergamasca 1532 la decorazione del e di Pisogne, tra le fucine Magno Palazzo a Trento, ale la pena percorre- di Bienno e le dimore di Girolamo Romanino ricere tutto il lago d’Iseo Breno, sede del complicato vette l’incarico da parte de e raggiungere Pisogne per governo della Communitas “li homini di Pisogne” di trovarsi di fronte a quello V a l l i s c a m o n i c a e . decorare la chiesa di Santa spettacolo che il Testori de- Terminata nell’estate del Maria della Neve. La chiefinì la “Cappella Sistina dei poveri”. La Chiesa di Santa Maria della Neve, decorata completamente dal Romanino, è posta al margine dell’abitato e si presenta solitaria, costruita sotto uno spuntone di roccia, lungo una strada che conduce in Val Palot. Il lago e la valle, i borghi antichi e le umili pievi del contado sono la scenografia dove si esalta e si consuma la vicenda umana ed artistica di Girolamo Romanino tra le sponde

V

sa al suo interno si presenta completamente decorata e l’impianto iconografico che il pittore è chiamato a realizzare narra episodi della vita e della passione di Cristo. La disposizione delle scene non segue una successione cronologica coerente, in quanto i committenti offrirono al pittore piena autonomia, ad eccezione del tema originale, in modo che egli avrebbe potuto sbizzarrirsi in una espressività privata da freni esterni. Una recente lettura critica degli episodi ha permesso di dare una nuova interpretazione al percorso iconografico riconducendo la composizione in una sorta

di Sacra Rappresentazione per immagini sul tema della Passione. Questa nuova visione permette di dividere la chiesa in tre blocchi tematici corrispondenti alle campate che stanno a significare l’attesa, la caduta e l’esaltazione della croce. L’importanza del ciclo di Pisogne sta nel fatto che il Romanino poté esaltare la propria fantasia, la tensione drammatica e le deformazioni espressionistiche, caratteristiche che lo fecero conoscere in qualità di pittore estroso e anticlassico. Salendo verso la media Val Canonica ci spostiamo a Breno per visitare la Chiesa di S. Antonio sita nel centro storico del paese. Qui

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l’artista affrescò le tre pareti del presbiterio con episodi tratti dal libro di Daniele. Le scene narrate esaltano la profonda ed intensa spiritualità del Romanino rimandando ad un momento meditativo di assoluta intensità. La fase camuna dell’artista si conclude con la decorazione della chiesa quattrocentesca di Santa Maria Annunciata a Bienno, nella quale il ciclo è ispirato ai Vangeli Apocrifi da dove sono tratte scene della Vita della Vergine.


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Castello dei conti Gallesio-Piuma di Prasco I

Una descrizione architettonica

l manufatto architettonico, che da documenti d’archivio risale al XII sec., ma si presume anteriore, ha un corpo centrale e tre torrioni semicircolari addossati; si articola intorno ad ampi giardini pensili, costruiti a livelli diversi entro le mura. La struttura architettonica e gli interni danno ampiamente conto degli spazi un tempo riservati all’abitazione del feudatario e di quelli, come la sala d’armi, la sala delle udienze, la loggia della guardia e la prigione, destinati alla funzione pubblica di difesa, di governo e di esercizio della giurisdizione. Un tempo feudo dei Malaspina, dei De Regibus, degli Spinola e dei Piuma appartiene dal XVIII sec. ai conti Gallesio-Piuma. Nel parco che circonda il castello si trova uno splendido esempio di neviera seicentesca perfettamente conservata. La costruzione principale si erge su un ampio terrapieno cintato dalle mura ed elevato al di sopra della strada di circa otto metri. Sempre entro la cinta è il lungo corpo pertinenziale dei magazzini e delle cantine e l’ampia costruzione delle foresterie. Il complesso è circondato per tre lati dal parco privato fortemente scosceso sul pendio fino al torrente Caramagna. Si accede all’ingresso principale dalla strada comunale che costeggia il parco, ove è l’antica e straordinaria neviera; il parco è cintato da un muretto in pietra e mattoni, con inferriate e cancelli in ferro. L’accesso carraio al castello è costituito da un portale privo di cornice, con arco a tutto sesto e due battenti in legno. Superando il portone una breve salita conduce al cortile d’ingresso: mentre sulla destra si erge il muro rastremato del castello, a sinistra si sviluppa il corpo accessorio costituito da tre piani affacciati sul pendio con ingresso carraio dalla strada privata interna al parco. Sul cortile d’ingresso (detto giardino del pozzo) il rustico si eleva in parte per un solo piano costituito dall’abitazione del custode e in parte su più piani costituiti da magazzini, laboratori artigiani, granai, fondaci. Il piano inferiore della costruzione ospita le cantine e la tinaia con volta a botte in mattoni, attualmente in fase di restauro. Il cortile di ingresso al castello, tenuto a prato alberato, è delimita-

to dal muro di sostegno del terrapieno, alto circa otto metri sul sottostante parco. Da questo primo cortile si accede alla parte abitativa attraverso un portale architravato, con stemma nobiliare aggettante e preceduto da una rampa di dodici gradini in pietra. Alla costruzione destinata ad abitazione sono addossate due torri a barbacane semicircolari. La struttura si articola in un porticato a quattro campate e in un’ala laterale terminante con una terza torre. L’edificio si presenta in elevazione su due piani sul cortile interno (affaccio ad ovest) e su tre sul cortile di ingresso (rimanenti affacci). La costruzione è in muratura mista di pietra e mattoni, intonacata di colore chiaro ed i vari volumi fortemente rastremati che la compongono definiscono le funzioni d’uso: si distingue così la parte destinata ad uso pubblico, con autonomo ingresso, e la parte adibita ad abitazione del feudatario. Servono da collegamento tra i piani due scale interne e una esterna in ferro che conduce al terzo giardino. Il giardino interno superiore (giardino della loggia) è definito dal muro di sostegno e dalla costruzione delle foresterie. Il lato est è costituito dal porticato aperto collegato al portale di ingresso da una rampa a gradini, voltato con quattro crociere su colonne in muratura e capitelli di disegno romanico, sovrastati dallo spiovente del tetto; su di esso si aprono tre ampie finestre ad abbaino corrispondenti a camere da letto. Il cortile si conclude con l’ala delle cucine, la torre semicircolare della prigione ed infine un ultimo grande porticato (la loggia della guardia) su pilastri ed archi a tutto sesto, coperto da capriate lignee e prospiciente il vicino Oratorio. Nella parte sottostante è la sala delle udienze e la sala d’armi. Il cortile rivolto a nord (giardino detto di Giorgio Gallesio) chiude il complesso avvolgendo il lato nord della costruzione ed è cintato dal solito muraglione fortemente rastremato verso il basso con un cordolo circolare in cotto sopra il quale si apre una teoria di feritoie. La neviera Nel parco del castello è ubicata la seicentesca neviera. Assolutamente ben conservata, è uno splendido esempio di costruzione adibita alla conservazione

del ghiaccio. La struttura torrente e ai malati del terin pietra è pressoché total- ritorio. Il museo di cultura mente interrata e si sviluppa materiale Il piccolo museo in forma del tutto insoli- documenta, attraverso anta e originale. Dalla porta tichi strumenti di lavoro e esterna si accede ad un pic- oggetti d’uso, tutti catalocolo andito con funzione di gati, la storia della produintercapedine; una seconda zione del vino e del miele porta si apre nella struttura nelle cantine e nelle dépeninterna a due terzi dell’al- dences del castello, nonché tezza totale. Un editto del momenti di vita quotidiafeudatario che ne regolava na e espressioni di attivil’uso dà conto dello spiri- tà artigiane legate al feudo. to di socialità che animava la vita del tempo: esso con- Castello dei conti Gallesiosentiva l’utilizzo del ghiac- Piuma di Prasco, Prasco cio, oltre che al feudatario, (AL). Aperto dalle ore a tutti coloro che aveva- 14,30 alle 18,30 - cell: no contribuito al traspor- 3473715382 tel: 0144-375769 to del ghiaccio dal vicino gallesiopiuma@libero.it.

Fra torri merlate e fresche oasi

Castello Visconti di San Vito e Isole di Brissago T estimonianza della presenza viscontea dal 1250, il castello di San Vito nacque come rocca di difesa ai confini del Ducato di Milano. Lo sviluppo della fortezza viscontea con funzione di residenza si ebbe a partire dall’anno 1448, quando i fratelli Francesco e Guido Visconti, per sfuggire ai contrasti con la Repubblica Ambrosiana, succeduta a Milano alla signoria viscontea, si rifugiarono nella loro antica proprietà di Somma. Nel

1743 i dissapori emersi tra i due fratelli culminarono nella divisione dei beni: a Francesco toccò la parte rinnovata del Castello; a Guido andò la parte più antica del Castello. Solo in epoca successiva fu aggiunto un terzo edificio. Oggi il Castello si presenta come un grande quadrilatero al cui interno sono racchiusi tre castelli, sviluppati intorno a tre ampi cortili ingentiliti da porticati e ciascun con ingresso indipendente. Il Castello è ricco d’arte:

splendidi affreschi seicenteschi attribuiti ai Procaccini; la bellissima Cappella dedicata alla Madonna Assunta; la collezione di piatti da barba con più di 400 esemplari provenienti da tutto il mondo e realizzati con materiali diversi; una raccolta di armi e armature spagnole del ‘500; l’arredamento seicentesco della Camera Reale; una preziosa collezione ornitologica composta da 360 uccelli impagliati; l’importantissima Biblioteca; la raccolta di

urne cinerarie della civiltà di Golasecca (IX sec. A.C.). Il Castello Visconti di San Vito è oggi di proprietà della Fondazione Visconti di San Vito, che, sotto la guida del suo Presidente, l’avv. Galeone, continua il lavoro di studio, conoscenza e diffusione del castello e della sua storia. Isole di Brissago (CH). Costituiscono il Parco botanico del Cantone Ticino. Nel 1885 vennero trasformate dalla baronessa Antonietta Saint-Léger in dimora dove convengono pittori, scultori, musicisti, scrittori. Nel 1927 il nuovo proprietario, il commerciante amburghese Max Emden, fa costruire l’attuale palazzo, la darsena, il bagno romano. Il Parco botanico offre più di 1.500 specie di piante provenienti dal Mediterraneo, dall’Asia subtropicale, dal Sud Africa, dalle Americhe e dall’Australia. L’Isola Piccola (o di Sant’Apollinare) è ricoperta da vegetazione spontanea della regione insubrica, mantenuta allo stato naturale. Sull’Isola Grande (o di San Pancrazio), aperta al pubblico dal 1950, sono coltivate piante di origine subtropicale degli emisferi nord e sud. Bagnate dalle acque, protette dalle Alpi e baciate dal sole, queste magnifiche isole danno la possibilità di fare il giro del mondo in quattro passi. w w w. c a s t e l l i e v i l l e . i t Visite guidate, per informazioni tel: 0265589231 da lunedì a venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 13.00 .

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Abbazia di S. Fruttuoso

A Camogli, in provincia di Genova L’

Abbazia di San conservare le reliquie del ta nella Torre ottagonale. tà di benedettini lasciò il Fruttuoso è situata a martire Fruttuoso. Il cul- In questo periodo, il com- monastero, dando così iniCapodimonte, in una pro- to del santo si diffuse pre- plesso di Capodimonte ac- zio a un inesorabile declino fonda insenatura della fra- sto in tutta la Liguria, tanto crebbe il suo prestigio fino dell’Abbazia, che verrà retta stagliata costa del Monte che gli si attribuivano spe- ad assumere la giurisdi- da abati commendatari, apdi Portofino. Un piccolo ciali funzioni di protezione zione su tutto il promon- partenenti quasi esclusivagioiello che ha una storia per i naviganti. Le ricer- torio di Portofino. Dal mente alla famiglia Doria. molto antica e che è sta- che archeologiche hanno XIII sec. le sorti di San Numerosi lavori mutarono to generosamente donato confermato la presenza a Fruttuoso si intrecciarono l’aspetto interno ed esteral FAI da Frank e Orietta Capodimonte di un ceno- con quelle della famiglia no della Chiesa, che perse Pogson Doria Pamphilj. Ai bio risalente alla metà del Doria, che commissio- le trifore gotiche (occultanotevoli valori naturalisti- X secolo: nell’anno 984 è nò il rifacimento dell’edi- te sotto uno strato d’intoci e paesistici, si affiancano documentata per la prima ficio, facendo costruire il naco fino al 1933), mentre quelli architettonici e stori- volta a San Fruttuoso la pre- complesso abbaziale affac- l’interno del monastero ci dell’Abbazia: una mira- senza dei monaci, dediti al ciato sul mare con il log- venne trasformato in abibile fusione dove all’opera rifacimento del complesso giato a due ordini di trifore. tazione per i nuovi coloni. della natura si è felicemente dopo le distruzioni e i sac- In riconoscenza verso i Al chiostro inferiore, inolsovrapposta quella dell’uo- cheggi operati dai saraceni. numerosi interventi pro- tre, fu sovrapposto nel XII

Immagine di L. Tamagnini.

mo. Le origini del com- Gran parte dell’attuale plesso sono avvolte nella Abbazia è databile al X-XI leggenda. Una delle tradi- sec., epoca della ricostruzioni più note fa risalire la zione voluta dall’imperacostruzione al secolo VIII, trice Adelaide di Borgogna, quando Prospero, vescovo vedova di Ottone I. Nella di Tarragona in fuga dalla chiesa, la cupola bizanSpagna invasa dagli Arabi, tina, sorta nel X sec. in scelse la baia per rifugiarsi corrispondenza di una sore costruire una chiesa dove gente perenne, fu ingloba-

mossi dai Doria, i monaci secolo un secondo chiostro. concessero la cripta atti- Nel 1551 l’ammiraglio gua al chiostro inferiore Andrea Doria ottenne da come sepolcreto di fami- papa Giulio III lo ius patroglia: ancora oggi sono vi- nati su San Fruttuoso, in sibili le tombe in marmo cambio della promessa di bianco e pietra grigia, da- costruire una fortezza che tabili tra il 1275 e il 1305. proteggesse il complesso Nel 1467, morto l’ultimo dalle incursioni piratesche. abate regolare, la comuni- A causa della morte soprag-

INFORMAZIONI PER VISITARE LE PROPRIETA’ DEL FAI ABBAZIA DI SAN FRUTTUOSO, Camogli (GE) Tel 0185 772703 - Fax 0185 775883 E-mail: fai.sanfruttuoso@fondoambiente.it Orari di apertura: Marzo, Aprile, Ottobre: tutti i giorni, ore 10.00 -15.45. Da Maggio a Settembre: tutti i giorni, ore 10.00 - 17.45. Ultimo ingresso: mezz’ora prima della chiusura. Gli orari di apertura possono subire variazioni in base alle condizioni meteomarine e di conseguenza agli orari dei battelli di linea per Camogli. Biglietti d’ingresso: Adulti: € 5. Bambini e scuole (4-12 anni): € 2,50. Aderenti FAI e soci National Trust: ingresso gratuito. Dal 22 marzo al 30 settembre l’ingresso include la mostra “Urla e biancheggia il mare” allestita nei locali dell’Abbazia e nella sala mostre della Torre Doria. Adulti: € 7. Bambini (4-12 anni): € 4. Scuole: 3€ Aderenti FAI e soci National Trust: 2€.

tutti gli altri giorni visite solo su prenotazione (tel. 0185/393920 - fax 0185 395300). Ultimo ingresso: mezz’ora prima della chiusura. Biglietti d’ingresso: Adulti: € 3. Bambini (4-12 anni): € 1. Aderenti FAI: ingresso gratuito

VILLA NECCHI CAMPIGLIO, Via Mozart 14 – (MI) Tel. 02 76340121 - Fax 02 76395526 E-mail: proprieta@fondoambiente.it. Orari di apertura (la Villa sarà chiusa nei mesi di luglio e agosto e riaprirà al pubblico il 3 settembre): Da mercoledì a domenica: ore 10 - 18. Martedì si accettano gruppi e scolaresche su prenotazione. Ultimo ingresso mezz’ora prima della chiusura. Adulti: € 6. Bambini (4-12 anni): € 4. Scolaresche: € 3. Scolaresche aderenti FAI: € 1,5 Aderenti FAI e Soci National Trust ingresso gratuito CASA CARBONE, Via Riboli, 14 - Lavagna (GE) Biglietto cumulativo Circuito Case Museo Milanesi: Tel. 0185 393920- Fax 0185 395300 15,00 (intero) - €10,00 (ridotto) Bookshop, giardino e E-mail: proprieta@fondoambiente.it. caffetteria sono accessibili senza biglietto d’ingresso. Orari di apertura: Da Marzo al 2 Novembre: 10-18 In caso di manifestazioni il prezzo può variare. solo festivi e prefestivi. Aperto sabato e domenica, in I gruppi sono ammessi previa prenotazione.

giunta nel 1560, il Capitano ri, eseguiti tra il 1985 ed il non riuscì a tenere fe- 1989, consentirono il recude all’impegno, ma i suoi pero dell’assetto originario eredi, Giovanni Andrea e del Chiostro, dell’AbbaPagano, eressero nel 1562 zia, delle tombe dei Doria la torre – tuttora esistente – e della Sala capitolare. A per difendere il borgo e la vent’anni dall’inaugurasua sorgente d’acqua dolce. zione dei primi lavori, il Dopo altre traversie, che FAI ha portato a compine compromisero la strut- mento nuovi importanti tura architettonica, nel interventi coinvolgendo la 1885 San Fruttuoso fu tra- Chiesa abbaziale, le tomsformato in parrocchia del be Doria e l’aggiornamenpiccolo borgo di pescatori, to del percorso museale. In che annoverava all’epoca questo modo, è stato poscirca centottanta abitanti. sibile recuperare sia l’antiNel 1915 un’alluvione pro- co accesso alla chiesa dal vocò il crollo della prima chiostro inferiore, sia una campata della Chiesa e i loggia composta di archi detriti del torrente in piena in pietra della cupola della portati a valle formarono la chiesa risalenti al IX secolo. spiaggia antistante il com- Nell’absidiola sud, inoltre, plesso. Un restauro promos- è stata riscoperta un’antiso dalla Soprintendenza ai ca raffigurazione pittorica monumenti della Liguria, di estrema semplicità, annel 1933, tentò di rimediare cora in fase di datazione. ai danni dell’alluvione e ri- Il ritorno in sede di numepristinò le trifore originarie rosi reperti archeologici della facciata verso il mare. emersi dagli scavi del 1985 Fu il primo segnale della ha reso possibile infine rinascita di San Fruttuoso, l’aggiornamento del Museo che ebbe il suo compimen- dell’Abbazia, che accompato con la donazione del gna il visitatore alla scopercomplesso al FAI, avvenu- ta della millenaria storia del ta nel 1983. I primi restau- complesso di Capodimonte.

ASSICURAZIONI IN TUTTI I RAMI PREVIDENZA COMPLEMENTARE GESTIONE DEI SINISTRI PRESENTANDO LA TESSERA DELL’ASSOCIAZIONE AMICI DEL GIORNALE OK ARTE SARANNO PRATICATE CONSISTENTI AGEVOLAZIONI AGENZIA GENERALE DI MILANO LORETO CORSO BUENOS AIRES 45 – 20124 MILANO TEL. 0229406125 – FAX 0229535031 Posta Elettronica: milanoloreto@cattolica.it

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Casa Carbone e la borghesia Ottocentesca abitazione a Lavagna

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bitato fino alla fine del Novecento dai fratelli Siria ed Emanuele Carbone, l’appartamento al piano nobile dell’ottocentesca palazzina di via Riboli a Lavagna, in provincia di Genova, scevro da ogni ostentazione di sfarzo, offre al visitatore un fedele documento di quello che è stato uno dei principali fondamenti della nostra società: il vivere borghese tra Otto e Novecento, ambientato qui in una dimensione prettamente domestica, nella quale un’impeccabile eleganza non oltrepassa mai la misura di una moderata discrezione. La visita si snoda attorno al Salone centrale, unica vera

sala di rappresentanza della casa e fulcro della breve sequenza di camere e stanze di piccole proporzioni, confortevoli, accoglienti e gradevolmente arredate. Mobili e suppellettili origi-

nari risalgono in gran parte alla seconda metà del XIX secolo, rispecchiando il gusto per la rivisitazione degli stili del passato in voga in epoca eclettica. Un ciclo di tempere risalente agli ultimi decenni del XIX secolo orna invece i soffitti con figure e temi celebrativi tipicamente liguri (spicca l’episodio con Cristoforo Colombo che presenta gli Indiani d’America alla regina Isabella nel Salone), riservando alle pareti articolati decori a cornici e quadrature. Anche i coevi pavimenti rispecchiano la tradizione ornamentale rivierasca, con vivaci mosaici a motivi geometrici e floreali. Particolare attenzione merita la raccolta di dipinti, composta per lo più da opere di area genovese databili

tra il secolo XVI e il XVIII. Tra gli altri, spiccano i nomi di Bernardo Castello (1557-1629), Giovanni Battista Paggi (1554-1627), Giovanni Andrea De Ferrari (1598-1669), Anton Maria Vassallo (ca. 16201670) e Gio Enrico Vaymer (1665-1738). Tra le diverse stanze, particolarmente suggestiva la Sala da pranzo, la cui destinazione conviviale è testimoniata sia dalle decorazioni con frutta e verdura del soffitto, sia dall’attuale allestimento museale, che espone la tavola elegantemente imbandita, a ricordo dei momenti di aggregazione della famiglia. Altre testimonianze dei Carbone sono offerte dalle camere da letto dei due fratelli, nei cui ambienti sono fedelmente esposti i gioielli, le borsette e le boccette dei profumi di Siria o i volumi di arte, astronomia e filosofia di Emanuele, questi ultimi affiancati da un variegato nucleo di oggetti raccolti, con vivace curiosità eclettica, dal padrone di casa: strumenti scientifici e astronomici, orologi, scatole musicali e matrici di stampe antiche. Tempere, mosaici e dipinti compongono un’importante cornice per il ricco e abbondante arredo, cuo-

re pulsante dell’abitazione, il cui fascino risiede non tanto nei particolari di un buon quadro o nell’alta qualità di una porcellana, bensì dalla resa armonica dell’insieme dei molteplici elementi, dall’eterogeneo accumulo e dalla stratificazione degli oggetti, famigliare specchio di un’unica volontà superiore, quella del gusto e della personalità dei padroni di casa. Casa Carbone si presta quindi ad un’operazione di ricerca di un passato comune, fatto non tanto di singoli capolavori, quanto di una quotidiana storia del gusto, di un domestico senso

per un’epoca culturalmente degna di essere custodita e tramandata. Giunta al FAI in mediocri condizioni di conservazione, la dimora ha richiesto diversi interventiti in vista dell’apertura al pubblico: dal rifacimento della copertura con lastre di ardesia, al consolidamento strutturale dell’edificio, al restauro conservativo di facciata, affreschi e giardino. All’interno, il restauro ha interessato ogni aspetto di arredi e opere: dai dipinti ai mobili intagliati e dalle raccolte ceramiche ai burattini in legno realizzati personalmente da Emanuele Carbone.

Immagini di Luigino Visconti

Nel 2009 il 150° anniversario Villa Cigno della Battaglia di Magenta A

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i è celebrato quest’anno il 149mo Anniversario della Battaglia di Magenta che ebbe luogo il 4 giugno 1859. Tale avvenimento ha

segnato una delle pagine più significative della storia di Magenta, storia che si lega al Risorgimento Italiano e dunque all’Italia intera. Per la manifestazione più

attesa dell’anno, l’Amministrazione Comunale e la Pro Loco hanno organizzato un calendario ricco di appuntamenti. “La Battaglia

di Magenta- ha spiegato il sindaco Luca Del Gobboè ricordata come tappa importante della storia del nostro Paese per la conquista dell’Indipendenza e per

la realizzazione dell’Unità d’Italia; sempre molto sentite tanto da richiamare in città migliaia di persone, le celebrazioni sono diventa-

te negli anni un evento atteso che coniuga la storia e la cultura ai valori della amicizia, della solidarietà e della fratellanza fra popoli. Un evento animato

dal desiderio di rinsaldare la nostra identità nazionale e, soprattutto, quella europea sottolineando le forti radici comuni che uniscono i Popoli che durante il Risorgimento si fronteggiarono”. Nell’organizzazione delle celebrazioni della battaglia, che rende famosa la città in Italia ed all’estero, l’amministrazione comunale è impegnata da tempo a proporre un progetto culturale capace di valorizzare la storia, le radici e l’identità della città in un sistema di relazione tra passato e futuro, tra valorizzazione della tradizione e creatività innovativa. Numerosi ed interessanti, anche per questa edizione, gli avvenimenti correlati alla celebrazione dell’anniversario i cui festeggiamenti hanno visto il momento culminante domenica 1 giugno. “Una grande festa di popolo- ha ricordato il primo cittadino- che anticipa di un anno le celebrazioni per il 150° anniversario della Battaglia, straordinario evento per il quale Magenta si sta già preparando e si presenterà come una vera città europea”.

tmosfera suggestiva, servizi di qualità e un ottimo ristorante uniti al fascino di un parco con ampia piscina: un soggiorno tranquillo nel cuore di Magenta. Questo bel ristorante, ubicato in una zona tranquilla della cittadina in cui è comodo parcheggiare, è caratterizzato da uno

di ogni tipo e per pranzi nuziali. Il tutto con un’ ampia scelta del menù a prezzi contenuti. I proprietari professionali e cortesi sono parte integrante della calorosa accoglienza riservata agli ospiti, e sono a disposizione dei clienti per assecondare ogni esigenza e per suggerire i piat-

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In autunno sarà attiva la “ReGiS” La rete dei giardini storici del nord Milano e Brianza

Laura Sabrina Pelissetti

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l progetto di una rete di giardini situati nell’area nord-milanese e briantea, nasce dalla decisione emersa durante il convegno internazionale “Giardini storici a 25 anni dalle Carte di Firenze. Esperienze e prospettive” organizzato dal Centro Documentazione Storica di Cinisello Balsamo in collaborazione con il Politecnico di Milano, DiAP, con il patrocinio di Provincia di Milano, Regione Lombardia e Ministero per i Beni e le Attività Culturali. I partecipanti alla “Rete” sono stati individuati tra soggetti istituzionali proprietari e gestori di parchi e giardini storici aperti al pubblico, o interessati a sviluppare attività di fruizione pubblica di siti privati. Il progetto, che avrà ricadute sia operative che turistiche, è stato messo a punto attraverso la redazione di una Carta Costitutiva della Rete, a cui hanno lavorato il comune di Cinisello Balsamo (Settori Cultura e Ecologia), con il ruolo di coordinatore, i comuni di Cesano Maderno, Desio, Lainate e Monza, costituendo un primo nucleo di Enti rappresentativi di quei giardini tanto decantati dal Silva nel suo trattato Dell’Arte de’ giardini inglesi, dato alle stampe nel 1801 e in seconda edizione nel 1813. Si tratta dei pregevoli giardini della sua dimora cinisellese, di villa Tittoni Traversi

tre agli Istituti di formazione specialistica (Politecnico di Milano, PaRID –Ricerca e Documentazione Internazionale per il Paesaggio) o professionale del settore (Centro

Giochi d’acqua nella Galleria del giardino di Villa Litta a Lainate

Formazione Fondazione Minoprio, Scuola Agraria del Parco di Monza) è affidato l’importante compito di fornire spunti e confronti (sia scientifici che tecnici) per risolvere i problemi

MARTINO KNOLLER, Veduta del parco della Villa Reale di Monza (1791 ca.) a Desio e della villa Reale di Monza ritratti da Gaetano Riboldi nelle tavole pubblicate a corredo iconografico delle omonime descrizioni. Nella Rete, ideata proprio per promuovere lo scambio e il confronto di esperienze tra amministratori e tecnici impegnati nella gestione di questi giardini, ruolo di coordinatore è rivestito dalla Provincia di Milano, men-

di manutenzione, uso e valorizzazione dei giardini, parchi e architetture vegetali coinvolti nella Rete. Principali obiettivi della Rete, che sarà operativa a partire dall’autunno

2008, sono quelli di costituire elementi del sistema delle architetture vegetali pubbliche e private, urbane e extraurbane, storiche e recenti, all’interno del paesaggio, ai fini di una qualità complessiva dei luoghi di vita delle popolazioni e del mantenimento/costruzione della loro identità. La Rete vuole essere anche occasione per la realizzazione di iniziative didattiche, educative e di studio, promuovendo cultura, anche attraverso forme di comunicazione rivolte a differenti tipi di pubblico e in particolare alla scuola dell’obbligo. Intende infine identificare le azioni più consone alla conservazione, gestione e valorizzazione dei siti. Prefiggendosi tali obiettivi, la Rete potrà potenziare le offerte cultura-

MARC’ANTONIO DAL RE, Veduta del complesso di Villa Ghirlanda Silva con giardino all’italiana (1726)

li di ogni singolo ente/sito, sia sul fronte della comunicazione, sia nelle offerte culturali (visite e iniziative culturali riferite ad un ambito territoriale più vasto), sia per la capacità di contribuire direttamente ad un coordinamento specifico su un piano territoriale turistico. Destinatari della proposta progettuale sono infatti, in primo luogo, i singoli utenti dei giardini coinvolti nella Rete: la cittadinanza, bambini, giovani e anziani che trascorrono il tempo libero negli spazi verdi cittadini, i turisti e gli appassionati del settore. Ad essi e agli Istituti scolastici presenti sul territorio sono destinate le varie offerte culturali promosse nei singoli siti o in itinere. Destinatari sono inoltre le Amministrazioni, i tecnici e gli operatori ad esse collegati, che attraverso la Rete potranno trovare soluzioni ai problemi di manutenzione, uso e gestione dei giardini e parchi storici aperti al pubblico; potranno inoltre attingere a informazioni e materiali messi a disposizione da Università, professionisti e studiosi coinvolti nel progetto; potranno infine trovare un canale di dialogo/confronto privilegiato con Enti territoriali e soprintendenze al fine di potenziare la tutela e la valorizzazione di questi beni d’interesse storicoculturale e paesaggistico.

Giardino di villa Ghirlanda Silva

G. RIBOLDI, Veduta del laghetto nella villa Cusani a Desio

Questa estate a Milano

Milena Moriconi

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initi i tempi in cui Milano, a Luglio ed Agosto, diventava un deserto, dove manco un cammello si poteva scorgere in lontananza, e dove le fresche oasi erano rimpiazzate unicamente da qualche sparuto chiosco, tenuto a malavoglia aperto da ancora più sparuti e sudaticci gestori, siamo oramai, e già da anni, approdati a paesaggi urbani afosi ma stranamente vitali. E Milano, da quella città così intelligente da essersi “fabbricata” il lido che la natura non le ha donato, chiamandolo Idroscalo, da quella città così autosufficiente da procurarsi sempre ciò che le manca, senza piangersi addosso e rimboccandosi tempestivamente le maniche, non si è lasciata prendere impreparata dalla imprevista presenza estiva di tanta gente che, vuoi

per la diversificazione del periodo di ferie, o, più realisticamente, per esigenze di portafoglio, o per qualsiasi altro motivo che non ci interessa sondare, potrà usufruire di manifestazioni interessantissime che si protrarranno per tutto Luglio ed Agosto. Sono così tante che non si sa nemmeno da dove cominciare. Ed allora la scelta è quella di seguire un percorso cronologico, anziché di tipo artistico. Dopo aver letto tutti gli articoli che, con tanta passione, tutti i nostri collaboratori hanno scritto per voi lettori, sia quelli affezionati, che quelli nuovi, date un’occhiata all’elenco che segue e scegliete Voi ciò che più vi interessa, spaziando da concerti di musica sinfonica, a mostre di pittura o scultura, a concerti di musica leggera etc, etc.

* 3 luglio - ore 21.00 Piazza del Cannone Preselezioni

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di Miss Italia con elezione di Miss Sorriso * 4, 5 luglio - ore 20.30 Stadio Meazza San Siro, Via dei Piccolomini 5 Ligabue in concerto “Elle-Elle Live 2008” * Dall’8 luglio al 7 agosto Arena Civica, Viale Byron 2, Milano Jazzing Festival 2008 * Dal 26 luglio al 31 agosto Castello Sforzesco, Piazza del Cannone iniziative di intrattenimento: musica, spettacoli, giochi, danze dalla mattina a notte fonda. Visite guidate saranno organizzate assieme a gite fuori porta. * Mostra di Antonio Ligabue, a Palazzo Reale, 20 giugno - 26 ottobre. * Prolungamento della mostra scultorea di Antonio Canova, sempre a Palazzo Reale, sino al 24 Agosto. Assolutamente da non perdere !! Tantissime altre manifestazioni sono elencate sul sito www.comune.milano.it/labellaestate


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Arte Milano

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Arte...come Medicina Spirituale F. B.

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on la fine dell’estate, si è concluso con grande successo il primo ciclo di mostre di pittura di Arte Terapia in collaborazione con il Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro (Bg.) ed il Policlinico San

Marco di Zingonia (Bg). Il progetto si sostanzia in una serie di otto esposizioni pittoriche curate da Mike Ciafaloni e da Francesca Bellola, promosse ed esposte nell’arco di un anno nelle sedi delle stesse strutture, facenti capo al Gruppo Ospedaliero San Donato.

L’evento ideato dall’associazione culturale no profit ART-CO (Arte Compatibile) per sensibilizzare l’opinione pubblica alle problematiche dei degenti, ha visto il susseguirsi di numerosi gli artisti che hanno partecipato con entusiasmo e sensibilità alle mostre collettive. E’ stata molto apprezzata la personale di Mike Ciafaloni che ha dimostrato di possedere un talento innato e grande sapienza nell’esecuzione delle figure. L’artista da più di quarant’anni opera nel campo della pittura, della scultura, dell’architettura e della grafica. Ha tenuto personali in tutto il mondo: New York, Londra, Austria, Basilea, Montreal, Toronto, Milano, ottenendo grande successo di critica e di pubblico. Le sue opere sono esposte in numerose colle-

zioni private e pubbliche. Art-Co intende realizzare un rapporto di equilibrio tra la civiltà tecnologica e di consumo e le risorse umane ed ambientali. Il movimento artistico fondato da Mike Ciafaloni, studia un habitat armonioso ed

equilibrato che, agendo inconsciamente sulla psiche, diventa una forma terapeutica tesa sia ad alleviare le problematiche connesse al ricovero sia di accompagnare i degenti che spesso vivono la sofferenza in solitudine. Lo scopo prin-

Una concreta astrattezza: l’immagine della Malinconia Sabrina Panizza

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842, Romanticismo italiano. Francesco Hayez dà alla luce uno dei suoi capolavori. Non ancora tuttavia la trepidante emozione del Bacio, segreto e forse fuggevole, ma intensamente vissuto, appassionato sigillo tra due popoli e nazioni; non ancora il dominante magnetismo dell’abbraccio, non ancora l’emblema dell’unione, ma la rappresentazione della più amara solitudine: l’immagine della Malinconia. La fanciulla dell’opera qui riprodotta, conservata a Milano nelle sale della Pinacoteca di Brera, è infatti splendida e singolarissima rappresentazione del pensiero malinconico, allegoria di quella profonda mestizia tutta interiore, cupa disposizione d’animo provocata dall’influsso di Saturno. La sua personificazione è qui mollemente e languidamente appoggiata alla fredda pietra, priva di quella forza interiore che le permetta di ergersi fiera ed attiva nei confronti della vita e del mondo: la scura rassegnazione conferisce alla fanciulla una sorta di grigia sterilità, così come il sasso e la pietra che ne costituiscono l’inanimata cornice. “…il melanconico, è duro, sterile di parole & di opere, per se, & per gli altri, come il sasso che non produce herba, ne lascia che la produca la terra, che gli sta sotto.” Già con tali parole si esprime infatti Cesare Ripa, nel suo più antico e florido trattato d’Iconologia.

Nell’opera di Hayez si respira un’aria quasi decadente: si percepisce infatti una spinta verso il basso, come se una potente ed oscura forza magnetica proveniente dalle viscere della Terra esercitasse la propria attrazione, trascinando inesorabilmente la fanciulla nell’infimo baratro della depressione. I capelli, umilmente acconciati, sono infatti lasciati liberi di caderle sulle spalle, a loro volta liberate dalla veste, che fiaccamente si abbassa lasciandole nude e senza protezione; a nulla può essere utile, in tal sede, la ricchezza dell’abito, cangiante in un azzurro metallico, ad indicare forse come i beni terreni nulla possano di fronte alla più cupa depressione. Ulteriore elemento che si ricollega al concetto della latina vanitas, che, come a breve vedremo, è sovente stata sottolineata nell’iconografia della Malinconia, è il vaso di fiori posto in primo piano a fianco della fanciulla; la ricca composizione, d’ispirazione fiamminga, è infatti ben lontana dalla vigorosa floridezza di un fresco mazzo appena colto. I fiori, seppur non ancora appassiti, sono anch’essi in procinto di cadere con ormai debole dolcezza , privati del turgido vigore; il vaso è quindi patente latore della ben nota idea di caducità dei beni terreni, concetto iconograficamente associato alla malinconia soprattutto nelle opere del periodo barocco; talvolta la personificazione della profon-

da depressione, totalmente concentrata nel proprio mondo interiore, è rappresentata con una teschio (canonicamente presente in qualità di memento mori), simbolo appunto della vanità degli sforzi interiori. L’opera di Brera è tuttavia molto singolare, mostrando un’iconografia piuttosto inusuale rispetto alla documentata tradizione di tale allegoria. Delineando per sommi capi le più comprovate caratteristiche della figura della malinconia nel corso dei secoli, possono essere individuate alcune sostanziali linee iconografiche, seppur tra loro intrecciate; la prima trova un proprio manifesto nella xilografia di Albrecht Dürer Melancolia I (1514), dove la figura è femminile e dotata di ali ed è ritratta nella sua tradizionale posa, ossia con il mento appoggiato sulla mano chiusa a pugno, probabile rimando alla chiusura del soggetto nella propria cupa interiorità. L’incisione mostra anche tutta una serie di elementi che evocano da un lato la sovracitata caducità della vita e dei beni terreni, ulteriore motivo di depressa disperazione, come la clessidra, mentre dall’altro la Geometria, quella, tra le sette Arti Liberali, legata a Saturno: sono infatti strumenti relativi a tale arte il compasso e il righello, così come l’enigmatico quadrato magico posto alle spalle della figura. Tanta ricchezza e densità di simboli viene invece abbandonata se si fa riferimento alla descrizione della Malinconia regalataci

da Cesare Ripa nella sua “Iconologia”: egli la descrive infatti come una “donna vecchia, mesta, & dogliosa, di brutti panni vestita, senz’alcun ornamento” , immaginandola poi ritratta seduta con i gomiti posati sopra le ginocchia ed entrambe le mani sotto il mento. Accanto ad essa solo un albero spoglio, ad indicare la sterilità, e nient’altro che un paesaggio brullo e roccioso. Nulla, dunque, della fanciulla di Hayez. Un’ulteriore rappresentazione della Malinconia è quella che l’assimila all’allegoria della Carità, rappresentandola contornata da bambini; questo è però, con tutta probabilità, solo un rimando al già citato Saturno (mitologico padre della malinconia), che si narra abbia divorato i propri figli. Nel corso dei secoli poi, la donna alata di Dürer si è trasformata, sotto l’inquieto e vibrante tratto di Van Gogh, in una corrucciata figura maschile, ed in particolar modo nel Ritratto del dottor Gachet, rassegnatamente adagiato sul proprio gomito. L’identificazione di Van Gogh con il medico li rendi uniti in una sorte comune: entrambi, come afferma il pittore, sono affetti da un “male nervoso”, colpiti da quella vorticosa ed angosciante sensazione di completo malessere interiore. Varietà di elementi e simboli, dunque, ma una condivisa disgrazia: neppure un misero bagliore di salvezza, né una piccola speranza, solo un tenebroso orizzonte di angoscia.

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cipale del movimento artistico, è quello di portare l’Arte come protagonista nelle strutture ospedaliere, dedicando appositi spazi permanenti affrescati e decorati fondamentali per far rinascere l’amore per la bellezza estetica ed interiore.


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Arte Milano

Alessandro Ghezzi

La natura e la geometria Carla Ferraris

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rtista milanese autodidatta, Alessandro Ghezzi è stato protagonista della riuscita mostra personale presso la Galleria San Pietro, tenutasi nella primavera di quest’anno a Milano. Classe 1946, Ghezzi ha da sempre coltivato la propria espressività artistica, esordendo negli storici ed avanguardistici anni ’60 con creazioni paesaggistiche ed urbane ricche di contaminazioni fantasticamente concepite. Dopo un lungo periodo di riflessione, il suo lavoro riprende nel 2002, anno che segna una vera e propria rinascita pittorico-lessicale, arricchita da una florida produzione multi-soggettiva, espressa nella realizzazione di tele in cui paesaggi e ritratti si alternano diametralmente. E’ tuttavia nei lavori più recenti che l’artista pone l’accento su un nuovo genere creativo: nelle tele di ultimissima produzione, infatti, rivivono raffigurazioni di carattere sacralmente mitologico, fantasiose e realistiche al tempo stesso, leggendarie presenze quasi ultraterrene che si plasmano in composizioni ambientali pressoché surrealistiche e meta-storiche. Schematicamente ben studiate e calibrate anche dal più tecnico punto di vista prospettico, le realizzazioni pittoriche di Ghezzi sono fortemente caratteriz-

zate da scelte tonali accese e contrastanti, che imprimono loro forza e vigore espressivo, cui si aggiunge la compresenza di una certa originalità del tratto pittorico, segno distintivo dell’artista. Ma è tuttavia nell’ assolutismo luministico che questi lavori trovano il loro magico parossismo: pigmenti imbevuti di una luce ultraterrena, in cui si avverte un certo procedimento concettuale oltre che estetico; da qui il senso di spaesamento per quanto concerne la fruizione dell’opera, in cui convivono elementi naturalistici e geometrici, visioni vagamente reali e più personali invenzioni rappresentative. Tale tipologia pittorica si potrebbe facilmente concepire come linguaggio metapittorico, esulante dunque il più classico pittoricismo emulativo e mimetico del dato naturale, in virtù di una più inconscia espressività figurativa, che troverebbe salde origini in gran parte della precedente storia dell’arte, a partire da artisti quattrocenteschi come Masaccio e Masolino da Panigale (nella postura e resa corporale degli ignudi accanto alle colonne, similmente presentati come nelle “cacciate” della Cappella fiorentina Brancacci), passando attraverso i grandi movimenti quali Surrealismo (nell’enorme sfera che sembra soverchiare e sopprimere il corpo/manichino), Metafisica

(chiaramente percepibile nella realizzazione prospettica delle pavimentazioni e dei vari colonnati), Espressionismo (nella scelta dell’utilizzo di tracce segniche libere da vincoli tecnici), Simbolismo (nella ricerca e nella presentazione di raffigurazioni anticamente mitologiche e d ancestrali)… Ed è l’unione tra antico e moderno, tra passato e presente dunque, il tutto compenetrato da una più interiore espressività simbolica e rappresentativa, che fanno dell’arte di Ghezzi una sorta di assemblage dialettico di notevole varietà narrativa

L’opera di Carlo Russo

La fatica quotidiana ed il tormento Diana Russo

C

arlo Russo è nato a Francavilla di Sicilia (Messina) nel 1902. Trasferitosi a Milano studiò all’Accademia di Brera dove ebbe per maestro dapprima Francesco Messina e, in seguito, Giacomo Manzù. Espose per la prima volta a Milano nel 1949, riscuotendo il più lusinghiero successo di critica e di pubblico. Ha partecipato alla Triennale di Oslo nel 1952 e ottenuto premi alla “Mostra del Mezzogiorno d’Italia” nel 1953, alle diverse Mostre Nazionali e Selettive e di arte sacra indette dall’Angelicum di Milano, alla mostra d’arte sacra di Caltanisetta e al Premio Melegnano. Presente al “Premio

Suzzara”, al “Circolo degli Artisti” in Catania, alle mostre nazionali di Vado Ligure, al “Premio Costa” di Celle Ligure, alla mostra “Natale nell’Arte” di Milano, al Premio “Lissone” e ad altre importanti esposizioni italiane; è stato accolto alla Biennale d’Arte di Venezia nel 1956, Russo ha confermato, con le sue personali a Milano nel 1954 e nel 1956 alla Galleria Spotorno, le sue doti di artista autentico, straordinariamente sensibile e tormentato. Sue opere si trovano alla Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Villa Clerici di Milano Niguarda, in collezioni private alla Permanente e nel museo di Brooklyn. Di lui e della sua attività artistica hanno parlato le più

importanti enciclopedie e pubblicazioni di arte moderna e noti critici d’arte (Mario Bacciocchi – Guido Ballo – Costantino Baroni – Leonardo Borghese – Domenico Cantatore – Alfio Coccia – Raffaele De Grada – Alfio Jeri – Luigi Mattioni – Aldo Paladini – Sergio Samek Ludovici – Eva Tea – Orio Vergani – Raul Viviani). Carlo Russo ha insegnato al Liceo artistico di Brera ed alla scuola d’arte del Castello Sforzesco. L’artista e’ deceduto a Milano nel marzo 1973. Carlo Russo nel suo percorso artistico, attraverso l’utilizzo dei materiali più disparati ma sempre rigorosamente classici (marmo, bronzo, rame sbalzato, terracotta), ha saputo manifestare la sua profon-

da ricchezza interiore che fa trasparire in filigrana il tormento dell’anima che, lungi dall’appiattirsi su se stesso funge da spinta. Le sue plastiche figure di donna sono a volte raffinate, a volte rudi perché riprese nella loro fatica quotidiana: in entrambi i casi si rileva la pudica luminosità della speranza. Nell’ultima parte del secolo scorso molto e’ stato scritto , poi, dopo la sua morte l’oblio e’ un poco sceso sulla sua figura. Troppo schivo, troppo artista nel senso più puro del termine, senza legami con mercanti e galleristi per pensare a gestire la sua copiosa produzione artistica. Si conclude riportando una parte di uno scritto che poco prima di morire l’artista aveva indirizzato ad un

Recensioni dello staff coordinato da Carla Ferraris

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amico sacerdote. “...Ebbene carissimo don L. tutto ciò è l’accettazione d’una linfa atavica che scorre, scorre…. E tu, basaltica contrada accaldata, quando in un giorno d’agosto partorivi cosa suggerivi ? Corri! Corri ad apprendere la simpatia per tutte le genti, corri! Corri a raccogliere il ben dell’intelletto, raccogli, raccogli!

So che vi sarà un bel giorno, all’alzata del Sole e degli uccelli, in un mattino di brezza, là dove la flora rinata fiorisce e verdeggia sotto un inquieto scintillio di rugiada, o magari, all’Ave di una tranquilla sera, quando tutto s’acquieta e assopisce, vi sarà un’incontro : l’incontro fra Dio e la Sua creatura sofferente ….. “


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Prima Festa della Ricerca a Brera

Parte il Programma LaborLab della Scuola di Restauro Antonia Iurlaro

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n giorno da ricordare. Non è stato semplice, ma ci credevamo e non abbiamo dubitato che potevamo farcela. GRAZIE alla Scuola di restauro di Brera che ha accolto i nostri progetti e GRAZIE al Programma LaborLab della Regione Lombardia che li ha finanziati. Prime quattro diplomate a Brera borsiste di ricerca. Il contesto in cui il lavoro si realizza è il progetto di ricerca della Scuola di restauro Fonti, comunicazione/diffusione, materiali. Ricerca e sviluppo tra innovazione e tradizione. Fa parte del piano triennale 2007-2010 della Scuola di Restauro per il potenziamento della didattica e lo

sviluppo della ricerca con il futuro avvio del I ciclo di Dottorato in Restauro del moderno in collaborazione con le Collezioni Storiche di Brera. Scopo di questo progetto: coniugare tradizione e innovazione tecnologica, studiare l’impatto dello sviluppo contemporaneo sull’industria artistica, contribuire a creare il piano inter/multi-disciplinare della ricerca contemporanea, evidenziare il ruolo di recupero insito nell’ambito della conservazione e del restauro, delineare il quadro dell’innovazione attraverso interazioni e trasferimento della conoscenza fra centri di ricerca specializzati e imprese. Dal recupero delle fonti storiche dei principi

scientifici del restauro se- Accademie di Belle Arti che condo Camillo Boito (fon- da troppi anni sopportano datore della Scuola a Brera), questo lento ed esasperana una ricerca sulle resi- te processo di transizione ne epossidiche, a uno stu- al sistema Università, non dio per la conservazione è ancora stato possibile ordell’arte contemporanea, ganizzare l’area istituzioa una ricerca su ecologia nale della ricerca. Le doti e biotecnologie tra scien- della Regione Lombardia ze, arte e restauro: ognuno coprono un periodo di sodei nostri progetti s’inse- li 5 mesi, ci auguriamo che risce nel quadro generale l’impegno nostro e della permettendoci di svilup- Scuola di Restauro ci perpare ciò che, negli anni for- metta di trovare i fondi mativi, si è delineato come per continuare. Nei prosl’ambito di interesse a cui simi mesi su queste pagine vorremmo dedicare il no- vi racconteremo gli svilupstro futuro di ricercatri- pi del nostro lavoro, intanci. Ma, paradossalmente, to molto volentieri chi fosse mentre già lo studio forma- interessato agli argomentivo in Belle Arti si basa su ti trattati e volesse avviare un lavoro di ricerca che lo una collaborazione con noi studente conduce per ela- può contarci: scuoladireborare il proprio lavoro ar- stauro@accademiadibrera. tistico, a Brera e in tutte le milano.it - Tel.: 3336890458

Vi presentiamo Miss Brera uest’anno l’AccadeQ mia di Brera ha la sua Miss: Kalina Danailova.

Calendario eventi a Brera “Autoritratti in viaggio” L’idea-laboratorio di giovani artisti di Brera del prof. PierLuigi Buglioni Giugno - Luglio 30 giugno 2008 Accademia di Belle Arti di Brera, aula 1 “Progetto Tallinn/il viaggio” Mostra/documento giugno 2008 “Amsterdam-Madrid” Sincronia di eventi fra le due città 3 luglio 2008 Le Trottoir alla Darsena

“Sub-interferenze” Performance, musica, video e installazioni 19 luglio-24 agosto 2008 Castello Visconteo di Trezzo sull’ Adda “Lo Specchio dell’Arte” mostra-laboratorio di artiste giapponesi 18-24 agosto 2008 Palazzo D’ Avalos, Vasto “Il corpo e la moda” Laboratorio di ricerca/prof. PierLuigi Buglioni Calendario degli eventi a cura di Alessia Fossati e Raffaella Menchetti

E` una magia stare in Italia a Milano assimilare nuove tecnologie e modi di pensare nell’Accademia di belle arti di Brera, studiare e scoprire l’arte dappertutto, fuori e dentro te stesso. L`esperienza e la conoscenza, che acquisiamo con gli anni, nessuno può toccarla o rubarla. E` questo che mi fa sentire ricca. E` vero che viviamo in un mondo materialista e tutto quello che c’è dentro e` provvisorio e si perde facilmente, contrariamente al nostro mondo interiore. La mia personalità è ricca magari confusa come dice il mio insegnante: “Dentro di te vivono quattro persone!”. Sono nata il 15.01.1985 a Sofia / Bulgaria, nel 2003 mi sono diplomata al liceo di belle arti con indirizzo moda. L’anno successivo ho ricevuto il diploma di Animazione all’Accademia del teatro e del cinema. Mi alleno in pattinaggio artistico, e sono molto interessata a tutti i generi di danze. Da 5 anni lavoro come Graphic Designer per agenzie in tutto il mondo e faccio la pubblicitaria. E’ un grande onore essere Miss Brera, sapere che qualcuno scopre l’arte in te stesso. Sono molto contenta anche se credo che i canoni della bellezza nella moda contemporanea non siano molto sani e corretti, personalmente li valuto non estetici. Ecco sono un pò formosa ma questo non ha tanto valore, la cosa più importante, secondo me è la bel-

lezza interiore che abita re tutta la vita allo studio in noi stessi, infatti quan- e al lavoro spesso rinundo siamo sereni, diven- ciando alla sfera affettiva. ta più facile comunicare La mancanza di chiala nostra felicità agli altri. ri riferimenti in questo seL’arte per me è tutto e que- colo rende tutto molto sto mi dà la libertà di vivere difficile, per scoprirsi e risenza imposizioni di barrie- crearsi in questo caos dere e di canoni tradizionali. vi permettere al mondo Il mondo del teatro, del ci- di esprimere le tue idee. nema, della musica, del- Sono ispirata dalla città, la danza ect, sembra dalla polvere e dalla vita così leggero, e facile, ma quotidiana, quando dipingo in realtà si nascondono paesaggi sporchi, vecchie tanti dolori e angosce, in- sedie e tavole che raccolnumerevoli tentativi fal- gono lo spirito dei secoli. limentari e delusioni. Per Vorrei dire a tutte le perriuscirci bisogna dedica- sone: “fermatevi, riposa-

Bar Il Cortiletto di Achille Cennami all’interno dell’Accademia di Brera

tevi un’po! Guardate cosa c`è attorno a voi, rallegratevi di quello che state vedendo, scoprite qualcosa di nuovo in questo luogo conosciuto e vecchio. Guardate la natura con gli occhi di un turista che è venuto a fare un piccolo giro”. Dobbiamo sentirci vivi, rallegrarci delle cose come se vivessimo gli ultimi minuti, volessimo fare le foto di tutto quello che ci circonda. Un viaggio nella nostra noiosa vita quotidiana, un viaggio con un diverso punto di vista.


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parliamo di... a cura del prof. purpura

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Come percepiamo il mondo

utti noi sappiamo di avere cinque sensi, ed è tramite questi canali che entrano in noi le stimolazioni per interagire con il mondo. Non tutti questi canali funzionano perfettamente, io, ad esempio, porto gli occhiali, qualcuno porta un apparecchio acustico di amplificazione del suono, la tecnologia oggi ci aiuta a sopperire alle nostre carenze, ed ecco che il sottoscritto vede bene e qualcun altro sente meglio di prima. Ma non è sufficiente avere tutti i canali funzionanti per percepire la realtà, occorre la motivazione. La motivazione strettamente legata all’emotività è il motore centrale di ogni percezione consapevole, la stessa percezione è già un processo mentale che si avvale di alcune funzioni cognitive. Qui dobbiamo parlare anche di qualità e quantità di percezioni che aiutano una buona elaborazione cerebrale e quindi una buona risposta. Allora oltre ad avere i canali sen-

soriali in ordine, dobbiamo avere un metodo di percezione affinché nulla o quasi di ciò che ci serve, non resti inosservato. Facciamo un

ho del tempo libero, decido di andare a funghi. La motivazione è scaturita dal ricordo del gusto del fungo, dal piacere che provo

esempio per meglio capirci. Mi piacciono i funghi porcini, mi trovo in montagna,

quando lo trovo, dalla gratificazione che provo con gli amici quando lo rac-

RISERVATO A UN NUMERO LIMITATO DI GALLERIE d’ARTE, ARTISTI e AMANTI DELLA CULTURA DIVENTA AMICO DI OK ARTE

conto. Metto in pratica la mia tecnica, magari dettata dall’esperienza : trovo il posto che ritengo il più idoneo e batto il terreno palmo a palmo in modo pianificato con l’aiuto del mio bastone in modo da non farmi sfuggire nulla. Vediamo che in questa attività l’attenzione é rivolta a cercare per trovare funghi. Il mio sguardo è focalizzato sul terreno, su ogni foglia, sotto ogni cespuglio, anche l’odorato mi può aiutare e se la fortuna mi assiste e se qualcun altro prima di me non ha fatto lo stesso percorso con la mia stessa motivazione, sicuramente avrò buone possibilità di trovare qualche fungo. In questa attività abbiamo visto che oltre avere i canali sensoriali funzionanti é stato indispensabile avere un’ottima motivazione che mi ha spinto ad organizzare la mia ricerca, a pianificare un percorso ed applicare metodi di percezione ed elaborazione che mi hanno condotto al fungo porcino tanto apprezzato. Ribadisco pertanto che se vogliamo percepire ed interagire con la realtà al

- a uno spazio in b/n di 10 cm x 9,5 cm che possono contenere circa 1450 caratteri per sei numeri della rivista OK ARTE - a una o più recensioni gratuite (massimo sei recensioni da pubblicare su OK ARTE) dai critici di OK ARTE coordinati da Carla Ferraris o ad interviste ed articoli scritti per te dai nostri giornalisti. - a ricevere ogni mese al proprio indirizzo una copia del giornale OK ARTE

to psicologo prof. Reuven Feuerstein ha messo a punto in un programma di arricchimento strumentale. Il nostro centro culturale si avvale di un esperto autorizzato all’applicazione di tale metodo, esperto disponibile a lavorare, dal mese di ottobre, con chiunque voglia tenersi allenato, mettersi in gioco o potenziare le proprie capacità. Le adesioni si possono comunicare in redazione.

Docenti di Brera espongono a Broni

S AVRAI DIRITTO

meglio, dobbiamo sempre avere una motivazione che ci gratifica in qualche maniera, altrimenti avremmo una percezione superficiale che ci lascerebbe insoddisfatti. I processi mentali in atto nella suddetta esperienza sono molteplici e la qualità dei risultati sarà eccellente se le funzioni cognitive opereranno in modo adeguato. Oggi é possibile potenziare tali funzioni con il metodo che il no-

u invito del Centro Artistico e Culturale “Contardo Barbieri” alcuni docenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera hanno accettato di esporre a Broni. I docenti hanno proposto diversi aspetti delle produzioni personale nell’ambito di un grande laboratorio creativo. L’iniziativa è stata patrocinata dal Comune di Broni, in provincia di Pavia e si è svolta con successo dal 31 Maggio al 15 Giugno. La manifestezione ha visto la partecipazione dei docenti Sabrina Capraro,

Luciana Manelli, Luca Vernizzi, Michele Zappino e Massimo Zuppelli.

- a pubblicare su www.okarte.org commenti, notizie ed eventi di proprio interesse per informazioni SCRIVI A info@okarte.org o TELEFONA ALLO 02-92889584 - 3397684287 su www.okarte.org è disponibile il modulo di iscrizione e la modalità di pagamento della quota associativa. ASSOCIAZIONE CULTURALE OKARTE C.so Buenos Aires 45 Milano 20124

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Nelle foto un momento della manifestazione ed una delle opere esposte.


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Animali in città Un serpente a Rogoredo

Ettore Degli Esposti

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ennesimo serpente esotico recuperato a Milano, questa volta comparso in un’abitazione durante un trasloco e nel pieno caos di vestiti e cianfrusaglie. Non ci si stupisce più, in ENPA, per questo genere di segnalazioni e rinvenimenti, che sono ormai affrontati come prassi quotidiana, come si trattasse di un ordinario servizio di soccorso ad un animale in difficoltà, tra migliaia di animali curati ogni anno. Questo ovviamente per abitudine e non per disattenzione. Sappiamo bene che non dovrebbe essere così; trovare rettili esotici smarriti, o forse abbandonati, come iguane, serpenti, pappagalli tropicali, tartarughe e chi più ne ha più ne metta (o ne perda) dovrebbe far suonare ogni volta un piccolo campanello di allarme. Dovrebbe dirci che c’è qualcosa di malato o di insensato che ha infettato il normale, ragionevole e positivo rappor-

to tra noi e gli animali. Da Angelo Lombardi (nota per i più giovani: ex cacciatore e collezionista di animali, nei primi anni ‘60 compariva in tv come l’Amico degli Animali, mostrando al pubblico un assortimento spaventoso di animali esotici di ogni specie che, ai tempi, si potevano comprare) siamo passati nel tempo a Piero Angela, ma sembra che ancora una forte traccia di quel collezionismo sia ben presente nel nostro tessuto sociale. Animali da compagnia è una definizione pessima nella sua accezione, ma abbiamo imparato nel tempo a farla nostra, ad addolcire il senso dell’uso dell’animale e ad abbinarla alle specie più tradizionalmente allevate e addomesticate da millenni dall’uomo, il cane e il gatto. Tra noi e loro siamo in grado di riconoscere e di sperimentare un vero e proprio rapporto emotivo, riconoscendogli una capacità di emozioni straordinariamente vicine alle nostre, a partire dalla sofferenza.

Spesso, per contro, questo meccanismo si amplifica o si deforma a nostro piacere, scadendo in dannosa antropomorfizzazione, ma questo è un altro discorso. Per gli animali cosiddetti esotici, inclusi loro malgrado nell’elenco dei nuovi animali da compagnia, in tutta onestà questo rapporto non riusciamo a scorgerlo. Non lo vediamo per un motivo banale; perché non c’è. Custodire un serpente, un’iguana, una tartaruga, una rana o un ragno significa gestirne la sopravvivenza, nulla di più. Riprodurre artificialmente le condizioni ambientali più simili a quelle naturali, compatibilmente a tecnologia, conoscenze e portafoglio, fornire cibo, stare a guardare, fine del gioco. Molti proprietari di rettili vi diranno di avere un vero e proprio rapporto affettivo con i loro beniamini, ma questo non è che un innocente alibi per non dover affrontare la più solida e scomoda realtà: il senso del rapporto tra noi e loro è

solo nel possesso. Lo compro, lo chiudo in un box di vetro e aspetto. La natura, che non poteva prevedere lo sviluppo di un homo consumens come lo definisce da anni il sociologo Bauman, (di consumatori il cui fine principale diventa, appunto, il consumo) non ha munito serpenti ed al-

tri rettili di segnali palesi e comprensibili per i nostri sensi spuntati e per questo, dato che un’iguana non uggiola e una rana non annaspa contro la porta, non ci rendiamo conto di cosa stiamo davvero facendo. Se i pesci potessero urlare, ci sarebbero meno pescatori, qualcuno dice. Ma non

lo fanno, così come non lo fanno i poveri e disgraziati serpenti smarriti, che forse di cose da dire ne avrebbero molte su una natura che li vuole in Florida e un destino che li piazza a Rogoredo. Per loro, fuori luogo e fuori tempo sembra ci sia solo la nostra pietà, che per fortuna non muore mai.

sono inteneriti da Zucca e le girano intorno motivando l’interesse con l’esigenza di un controllo medico, ma mentre lo fanno le lanciano sorrisi e la accarezzano. E Zucca è lì, bellissima e dolcissima nonostante tutto, col suo collare elisabettiano che le impedisce di leccarsi le ferite, ma solo quelle fisiche, che cerca, solo a distanza di qualche

giorno dall’intervento, di imparare a camminare su 3 zampe, che lecca la mano a chi la imbocca, impedendo al dolore di mutarsi, come avviente tra noi umani, in odio, ma eliminando gradualmente l’angoscia come qualunque elemento spurio presente nell’organismo. Forse è merito di una bontà che noi non conosciamo, o forse, più cinicamente, è il

perfezionamento di meccanismi di autodifesa e di sopravvivenza. Chi lo sa? Per noi dell’ENPA, la preoccupazione per Zucca non è finita: le adozioni di animali sono sempre difficili, ma in caso di difetti fisci, accentuati o meno, diventano quasi impossibili. Chi ci legge, mediti sulla cosa. Quando OKARTE ci ha così gentilmente concesso

questo spazio, l’intenzione non era certo quella di sfruttarlo per trovare casa ad animali bisognosi, ma, in questo caso, mi sono sentita di fare un’eccezione. Non accadrà mai più. Mi ero proposta, iniziando a scrivere queste righe, di non essere nè piagnucolosa nè critica e spero di esserci riuscita. Ma ho fatto veramente tanta fatica !!!!

Il Fatto Milena Moriconi

U

n sabato pomeriggio di Giugno. Un sabato come tanti per ENPA, con ricoveri incessanti di cornacchie e piccioni feriti, di micetti abbandonati nei cortili, di serpenti rinvenuti nei giardinetti pubblici ed arrivati da chissà dove. Routine triste ma, fin qui, di ordinaria amministrazione, sino a che non arriva una signora che chiede aiuto per il trasporto, all’interno della clinica, di un cane, trovato agonizzante ai bordi dei binari del treno, troppo pesante per le sue forze. Basta un’occhiata ai veterinari di turno per constatare la drammaticità della situazione: il cane ha una zampa e la coda quasi tranciati via. Situazione disperata. Intervento chirurgico immediato. Il cane si salva, anche se con due importanti parti anatomiche in meno. All’apparenza, anche questa ordinaria ammini-

strazione. Ma qui arriva la nota stonata ‘in più’, quella che trasforma il fatto in un misfatto. Avvertito non si sa da chi, giunge in ENPA il propietario del cane: ci informa che l’animale, una bellissima setter irlandese a pelo fulvo, è fuggito aprendosi un varco nella recinzione dell’orto in cui veniva tenuto. Non è emozionato, il signore, nè preoccupato. Chiede notizie sullo stato di salute e, venuto a conoscenza delle amputazioni, reagisce con questa edificante frase...:”Io non mi mantengo esseri deformi ! Per quanto mi riguarda potete anche ammazzarlo !”. ENPA, che gli animali li cura e non li sopprime, se non necessario per il loro stesso bene, decide di trattenere la setterina, battezzata dallo staff col nome di Zucca. In ENPA non si giudica nessuno. Per abitudine, per convenzione o, più semplicemente per mancanza di tempo: il da fare è troppo e lo spazio per le critiche manca. Ma, anche se quel sabato io non ero presente, sono sicura che il cuore dei presenti abbia palpitato di dolore e di indignazione. Persino i veterinari, che per il tipo di professione devono essere quasi impermeabili a quel dolore che, altrimenti, li sconvolgerebbe minuto dopo minuto,

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L’arte della fotografia Laboratorio sperimentale Studio e creatività anche per i bambini di Isabella Lombardo

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a Photoimage-QSS, non è solo un laboratorio di sviluppo e stampa fotografica, dove i clienti possono avere su carta i loro file digitali o da pellicola o diversi gadget divertenti ed originali, ma un vero è proprio centro fotografico artistico.

boratorio, centro espositivo per giovani artisti dove si espongono disegni, sculture, installazioni e fotografie viste all’interno di una location d’eccezione

che ci riporta al pensiero d’avanguardia newyorkese e cosmopolita. Il centro si trova in Galleria Plinio, 46 in uno spazio in cui il fondamento principale è quello di accogliere e raccoglie esperienze artistiche ed emozionali facendo fulcro sulle varie forme espressive contemporanee. Lo spazio annovera, tra le sue attività ludico-ricreative, una scuola di pittura, manipolazione e ceramica per bambini secondo il metodo Bruno Munari. Nel mese di luglio è previsto un evento legato ai giovani artisti della Street-Art milanese. Laboratorio sperimentale per le arti visive, Milano. Info: 328/4740301

cora più piccola della precedente ma in compenso invece di contenere 5 elementi ne contiene ben 10! La datazione del set è ancora più antica, come si nota, sia sulla ghiera sia sui tappi in argento dei due flaconi in cristallo, vi è apposto il punzone a fascio littorio francese utilizzato tra il 1798 ed il 1805, per cui siamo nei periodi denominati Direttorio e Restaurazione Oltre alle due boccette porta profumo, dotate di tappo

i può uscire a bere una birretta, magari in un locale altamente modaiolo, probabilmente annacquatore/diluitore, sicuramente trendy e fichissimo, coi divanoni rossi e le composizioni di bambù tutto “intorcolato”. O si può uscire a bere una Signora Birra. Si può scegliere di far serata in un locale che, ormai, chiunque badi più alla sostanza che alla forma e, soprattutto, al rapporto qualitàprezzo, a Milano conosce o ha già sentito nominare. In Pazzeria troverete rarità a base sia di malto d’orzo che di canna da zucchero: dalla birra belga, scozzese o germanica, dalla weiss alla trappista, ad una selezione di rum tanto vasta e di qualità da farne una rummeria d’altissimo livello; nei coc-

ktails, più “farmacistici” quelli di Mauro, più estemporanei invece i firmati Stefano, è riconoscibile la qualità della materia prima e la competenza professionale di chi vuol bene al proprio lavoro (ed ai fedeli bevitori). Qui, volendo, si cena. Con porchetta, trippa, stinco e stracotto d’asino, ma anche coi più classici piade e tostoni. Qualunque cosa vi venga servito, possiede un gusto genuino ed, in base anche alla ricaduta della vostra scelta, inusuale ed elegante. Tutto questo, sposato a prezzi molto

più che onesti, potrebbe già bastare... ed invece, dovete aggiungere un ambiente familiare che riesce a mettere a proprio agio anche l’ultimo solitario degli sconosciuti: una gestione informale ed amichevole, un team giovane ed una clientela variegata e cordiale (dubito fortemente uno esca dal locale senza aver ciciarato col vicino di tavolo!). Pensate bene a cosa potrebbe mancare... Trovato nulla? Personalmente no. Piazza Bande Nere – 0293882397 www.pazzeria.com

in argento e controtappo in cristallo originale vi sono altri 8 accessori, che hanno dimensioni che vanno da 1 cm a 1 cm e mezzo. Trattasi di: Imbuto, cura orecchie/curadenti, carnet e matita, ago e passafilo, pinza e gratta

lingua. Tutti gli accessori sono in argento tranne il carnet (che è in avorio) e la mina della matita. Anche in questo caso, sono alloggiati in una ghiera, che è costruita così precisamente, che accessori con dimensioni simili

non possono essere confusi tra di loro, perché non combaciano perfettamente con l’alloggiamento oppure, se forzati, non consentono la corretta chiusura della noce, se non a rischio di danneggiamenti. Come per l’altro necessaire le due

ghiere consentono la chiusura ermetica della noce e la parte superiore è rivestita da raso perfettamente conservato, nonostante il pezzo superi i duecento anni. Per qualsiasi curiosità: info@fineandmint.com” w w w.f iena nd m i nt.com

tradizione, mischiando fra raneo guardando sempre loro tecniche innovative con rispetto al passato. La e digitali con la manuali- Photoimage-QSS è in Viale tà propria ed intrinseca del Abruzzi, 16 a Milano. Tel: pensiero fotografico. Un 02/36530040–02/20240437 modo nuovo e contempo- w w w . p h o t o i m a g e . i t

I

l laboratorio sperimentale per le arti visive, si colloca all’interno di una visione di spazio polifunzionale, dedicato al mondo della creatività, studio-la-

Pazzeria Pub

Infatti, Isabella Lombardo, titolare dello studio, è una fotografa affermata che collabora da oltre un decennio con le migliori riviste italiane e straniere. Nonché sperimenta forme fotografiche alternative e originali, come alcuni lavori personali già in mostra in vari spazi espositivi. Alternando tecnologia e

Sara Moriconi Ghezzi

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Necessaire in miniatura

Carlo Vittalone e Laura Veroli

I

virtuosismi sono esperimenti nei quali gli artisti si cimentano per mostrare la propria abilità. Anche gli artigiani del 700 e dell’800 non si sottraevano a queste sfide e realizzavano degli splendidi necessaire in miniatura, partendo da delle noci vere, le svuotavano, ne stabilizzavano la struttura per mezzo di lenta essicazione e successivo trattamento con olii naturali. Dopodichè realizzavano delle strutture interne atte ad alloggiare gli elementi del necessaire, come negli esempi di seguito descritti. Il primo è un necessaire da cucito e ricamo perfettamente funzionante che comprende Forbice, Portaaghi, Stiletto, Ditale e Passafilo, tutti in argento, punzonati con la Testa di cinghiale, punzone utilizzato in Francia a partire dal 1838. Il necessaire è databile attorno al 1850, le dimensioni degli oggetti sono veramente contenu-

te e sono tutte inferiori ai due centimetri, nonostante questo si noti che sono tutti lavorati a sbalzo, tranne il Passafilo, che è tratto da

una barra di argento. Gli accessori sono ospitati da una ghiera in argento tutta lavorata con incisioni realizzate a mano libera, con appositi attrezzi miniaturizzati. Sotto la ghiera vi è della bambagia che aiuta il posizionamento degli oggetti, mentre nella parte superiore la noce è rivestita di raso. La parte superiore e quella inferiore si chiudo-

no e si sigillano per effetto dell’incastro di due ghiere una posizionata nella parte inferiore e l’altre nella parte superiore. Il piccolo inserto in ottone che si vede serve a indicare il verso della noce in modo che l’utilizzatore possa sapere se sta aprendo il necessaire per il verso giusto od al contrario. Questi oggetti di fatto non venivamo mai utilizzati, date le ridotte dimensioni, ed il necessaire era stato acquistato, già nell’ottocento, con l’obiettivo di acquisire un souvenir da regalare o da collezionare. Oltre ai necessaire da cucio e ricamo venivano realizzati anche dei mini necessaire da viaggio. In questo caso la noce utilizzata è an-

Richiedete la rivista in abbonamento scrivendo a: info@okarte.org - 347 4300482


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Arena di Verona: 86°Festival lirico 2008

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Arena di Verona ha ospitato la più grande stagione lirica all’aperto del mondo, in uno degli anfiteatri romani con il migliore stato di conservazione, che si svolge continuativamente dal 1913. Fu infatti il tenore veronese Giovanni Zenatello a voler celebrare degnamente il primo centenario della nascita di Verdi allestendo un grande spettacolo d’opera in Arena. Il 10 agosto di quell’anno la prima rappresentazione dell’opera Aida, che poi sarà la più eseguita in Arena, fu un successo trionfale. Da allora la magia si ripete da 85 anni, interrotta solamente dai due conflitti mondiali. L’86° Festival Lirico si svolgerà dal 20 giugno al 31 agosto 2008 con cinque titoli e quarantanove spettacoli che vedranno sempre impegnati i complessi artistici della Fondazione Arena di Verona: Orchestra, Coro, Corpo di Ballo e Tecnici. Ad aprire la stagione il 20 giugno, sarà Aida di Verdi, con una nuova edizione di uno spettacolo storico, ispirato alle suggestioni scenografiche del primigenio allestimento del 1913, firmato dall’architetto Ettore Fagiuoli. Sul podio il Maestro Renato Palumbo, mentre la regia sarà curata da Gianfranco de Bosio. Aida, è l’opera più amata e più rappresentata in Arena: dal 1913,

anno in cui ha inaugurato le stagioni liriche del più grande teatro all’aperto del mondo, ha avuto 48 edizioni per un totale di 517 rappresentazioni. Tra i protagonisti, Micaela Carosi e Amarilli Nizza nel ruolo di Aida, Dolora

Walter Fraccaro vestiranno i panni di Radames. Ambrogio Maestri, Alberto Mastromarino e Giovanni Meoni si alterneranno nel ruolo di Amonasro. Le repliche si terranno 11-17-20-27 luglio, 3-817-21-24-26-31 agosto.

mi di Hugo de Ana, che riprende l’applaudito allestimento del 2006 di cui è stato realizzato un DVD. L’opera sarà diretta da Giuliano Carella. Nel ruolo del titolo si alterneranno, Daniela Dessì, Nadia Vezzù e Hui He, mentre in quel-

12-19-24 luglio, 1 agosto. Il 22 giugno è stato rappresentato Nabucco di Verdi per regia, scene e costumi di Denis Krief, che ha inaugurato con grande successo il Festival 2007 e da poco pubblicato in DVD. L’opera, diretta da Daniel

Zajick e Marianne Cornetti in quello di Amneris, mentre Marco Berti, Carlo Ventre, Piero Giuliacci e

Seconda opera in cartellone, in scena il 21 giugno, è Tosca di Giacomo Puccini con regia, scene e costu-

lo di Cavaradossi saranno protagonisti Marcelo Alvarez e Carlo Ventre. Le repliche si terranno il

Oren, uno degli artisti più amati dal pubblico areniano, vedrà impegnati sul palco cantanti come il grande

Leo Nucci e Ambrogio Maestri nel ruolo del titolo, mentre Maria Guleghina sarà Abigaille. Le repliche si terranno il 16-26 luglio, 7-16-29 agosto. Quarto titolo in cartellone sarà Carmen di Georges Bizet che andrà in scena il 5 luglio con repliche il 1013-15-18-25 luglio e 5-10-1522-27-30 agosto nell’ormai celebre allestimento di Franco Zeffirelli che inaugurò la stagione areniana 1995 e che è stato ripreso e rivisitato più volte dal Maestro, l’ultima nel 2003. Protagonista nel ruolo di Carmen, Ildiko Komlosi che si alternerà con Marina Domashenko, mentre Marco Berti e Mario Malagnini vestiranno i panni di Don José. Direttore, Daniel Oren. Come sempre per Carmen, è prevista la partecipazione del balletto spagnolo El Camborio – Lucia Real. Quinto titolo in cartellone sarà Rigoletto di Giuseppe Verdi, ripreso dall’edizione 2003 con la regia di Ivo Guerra e le scene di Raffaele Del Savio. L’opera andrà in scena il 2 agosto con 5 repliche il 6-920-23-28 agosto e vedrà come interpreti principali Leo Nucci nel ruolo del titolo, Desirée Rancatore (Gilda) e Roberto Aronica (Duca di Mantova). Sul podio, il Maestro Renato Palumbo. Piazza Bra 28 – Vr - tel 0 45 . 8 0 51 8 61 / 8 0 51 8 91 w w w . a r e n a . i t

Due occasioni a Fontanellato

La Rocca di Sanvitale e l’ospitalità “in Villa”

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el cuore di Fontanellato, in un antico edificio di indubbia bellezza appartenuto prima alla nobile Famiglia Sanvitale poi all’importante Famiglia Gandini ed oggi recuperato e reinterpretato, nasce “in Villa”: un’originale formula ricettiva che intende porsi come luogo ideale per accogliere e proporre iniziative in ambito turistico, enogastronomico e culturale. Situato nell’area perspiciente all’ingresso della Rocca e retrostante ai portici delle Scuderie, “in Villa” si arti-

cola in differenti spazi che sono stati ricavati all’interno di mura ottocentesche rimaste come memoria di un passato regale che le ha viste protagoniste della vita sociale del paese. “La paltina”, l’Aranciaia, le Notti, il Parco, autentico capolavoro di botanica di origine secentesca, sono i locali che compongono “in Villa”: con le loro suggestioni “senza tempo”, essi divengono declinazioni di atmosfere create per offrire un’ innovativa proposta di ospitalità . Attualmente è attiva “la

Paltina” il luogo ideale per chi si vuol concedere una pausa alla ricerca di sapori tradizionali da gustare in abbinamento a raffinate selezioni di Champagne o a particolari vini locali. Da Settembre, le sale di giorno e poche camere arredate e studiate singolarmente, saranno attive con l’intento di rendere ancora più preziosi ed unici i soggiorni di chi si troverà su queste terre denominate “Verdiane” e che nei prossimi mesi, in particolare ad Ottobre, saranno rese protagoniste da

due importanti eventi di carattere artistico e musicale presenti a Parma: la mostra del Correggio ed il Festival Verdi. Piazza Garibaldi, 5 Fontanellato (PR) www.invilla.info Tel. 0521-822100

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a rocca Sanvitale è una notevole fortezza situata nel paese di Fontanellato, vicino Parma. Fu eretta nel secolo XV su un edificio preesistente del secolo XII e sottoposta a successivi restauri ed aggiunte. L’edificio ha pianta quadrata con muri merlati e quattro torri ai vertici, tre circolari ed una quadrata. È circondato da un ampio fossato alimentato un tempo dall’acqua prodotta da una risorgiva. L’entrata sul cortile interno avviene attraverso un ponte levatoio. Annessa alla rocca ma esterna ad essa sono le scuderie e il giardino botanico. Fu proprietà della famiglia Sanvitale fino al 1951. Le stanze, con arredi e decorazioni di vari periodi tra il ‘600 e l’800, sono state destinate a museo. È presente una esposi-

zione di armi e cimeli della famiglia Sanvitale. L’opera più famosa presente all’interno dell’edificio è l’affresco che rappresenta Diana e Atteone dipinto nel 15231524 dal Parmigianino per il conte Galeazzo Sanvitale e sua moglie, Paola Gonzaga. In una delle torri è installata una suggestiva curiosità:

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si tratta di una camera ottica costruita nel secolo XIX che, attraverso un sistema di specchi, riflette l’immagine della piazza antistante su uno schermo. Durante l’anno il cortile ospita manifestazioni culturali, gastronomiche e canore, oltre a mostre e marcatini di antiquariato e artigianato.


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Arte Milano

Quattro passi tra i luoghi della cultura Lissone: una città che è un piacere per gli occhi e per lo spirito

Daniela Ronchi

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ale la pena dedicare un po’ del proprio tempo per scoprire quante proposte interessanti offre una cittadina come Lissone a chi, per un momento, decide di lasciare riposare la propria auto per conoscere direttamente alcune opportunità di rilievo non sempre sufficientemente note. Il visitatore che scende dal treno della linea MilanoComo-Chiasso alla fermata di Lissone ha subito una piacevole sorpresa: davanti ai suoi occhi si presenta un bellissimo Museo d’Arte Contemporanea, ospitato in una sede prestigiosa, brillantemente ricavata ristrutturando un edificio d’epoca, caratterizzato da un rapporto di continua alternanza fra spazio interno ed esterno. L’edificio, inaugurato nel 2000, raccoglie opere dei più accreditati pittori contemporanei, italiani e stranieri, acquistate durante gli anni d’oro del Premio Lissone, evento che rese la città, negli anni dell’immediato dopoguerra, fulcro del movimento artistico italiano. Il Premio seppe infatti catalizzare le attenzioni di critici d’arte e operatori,

rappresentando insieme alle Settimane Lissonesi un elemento di vanto per l’intera comunità. Oggi la nuova sede è caratterizzata da continue proposte di alto livello, fra le quali vanno segnalate la mostra “Le Corbusier pittore, scultore, designer” (2003) e l’an-

via Matteotti si raggiunge dopo un centinaio di metri l’imbocco di via Loreto, che costituisce l’asse principale di attraversamento del centro storico, lungo il quale si alternano eleganti negozi ed esercizi commerciali. Superata piazza Giovanni XXIII, dove sorge la Chiesa

aggregazione, impreziosito dalla presenza, sullo sfondo, di Palazzo Terragni, edificio realizzato nella seconda metà degli anni Trenta su progetto degli architetti Giuseppe Terragni ed Antonio Carminati e recentemente oggetto di un intervento di restauro

tologica dedicata ad Antoni Tapies (2005). Va anche sottolineata l’attività rivolta ai ragazzi delle scuole, per i quali vengono progettati ed organizzati annualmente numerosi percorsi didattici. Uscendo dal Museo e svoltando a sinistra per la

Prepositurale, si accede dopo poche decine di metri in Piazza Libertà, recentemente interessata da un profondo intervento di ristrutturazione che ha restituito ai lissonesi un grande spazio centrale da vivere come punto d’incontro e di

complessivo che lo ha restituito alla linearità del progetto originario. Costituito da un lungo corpo orizzontale chiuso da un lato da una massiccia torre littoria in pietra di Moltrasio, rappresenta il luogo di riferimento dell’attività cul-

turale cittadina, ospitando iniziative inserite in un fitto calendario di eventi. Lasciato, a malincuore, l’edificio ed attraversati i giardini che lo fiancheggiano si raggiunge la biblioteca, collocata dal 2002 a Palazzo Vittorio Veneto, già sede storica delle scuole elementari: un edificio di 3000 mq., su tre piani fuori terra, che ospita un patrimonio di oltre 60.000 volumi ed una fornitissima sezione multimediale. Da segnalare, all’ultimo piano, la bellissima sala polifunzionale e la Biblioteca del Mobile e dell’Arredamento, nata per affiancare e valorizzare la vocazione principe della città nella lavorazione del legno e nella produzione artigianale mobiliera. Ma non c’è tempo per fermarsi: un altro edificio di grande valore attende il visitatore a pochissima distanza. Percorrendo via Garibaldi, che si snoda a lato della biblioteca, e svoltando sulla sinistra in via Fiume ci si imbatte in pochi minuti nella villa Reati, un edificio diviso su due piani le cui origini risalgono agli inizi del Cinquecento: caratterizzata dalla presenza di preziosi affreschi la vil-

la, fino al termine dell’Ottocento di proprietà della famiglia Baldironi, è stata acquistata nel 1981 dal Comune, che con numerosi interventi di restauro e ristrutturazione ha gradatamente restituito ai lissonesi la bellezza originaria dell’antica dimora. Ma dopo tanta cultura ci vuole proprio una boccata d’aria fresca... Dopo una bella pedalata verso la zona a nord del territorio cittadino, nella zona di confine con Biassono e Macherio, sorge il Bosco urbano: un’area di 115.000 metri quadrati di proprietà comunale creata a partire dalla seconda metà degli anni 90, un vero polmone verde a cui si accompagna un laghetto artificiale dove si pratica la pesca sportiva. Attraverso la rete dei sentieri del parco, delimitati da ciliegi selvatici, si possono osservare ed incontrare tanti esemplari della fauna locale, utilizzare le aree ristoro, praticare sport o rilassarsi con delle semplici passeggiate oppure, concedersi piaceri più sostanziosi fermandosi al Ristorante del laghetto: una pausa per ricaricare le batterie prima di tornare con maggiore entusiasmo alla vita di tutti i giorni!

Il Villaggio Crespi La Stella del Fiume Viaggio tra i ricordi

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l villaggio venne costruito durante l’ultimo quarto del XIX_secolo dalla famiglia Crespi, che scelse quest’area, vicina al fiume Adda, per costruire una Tessitura”. La fondazione si fa risalire al 1877ad opera del Cristoforo Benigno Crespi. L’idea fu quella di affiancare agli stabilimenti un vero e proprio villaggio che ospitasse gli operai della fabbrica e le loro famiglie. Il villaggio era dotato di tutte le comodità. Oltre alle villette delle famiglie operaie (complete di giardino ed orto), e alle ville per i dirigenti (che vennero costruite in seguito), il villaggio era dotato di Chiesa, Scuola, Cimitero,

Ospedale, Teatro, stazione dei pompieri e di altre strutture comunitarie. Il cimitero di Crespi d’Adda è dominato dalla tomba della famiglia Crespi, costituita da una piramide in fondo ad un lungo viale alberato. Le tombe più ricche sono quindi disposte intorno a questo imponente mausoleo, mentre quelle più sempl ici, segnalate da croci di pietra, sono più d ista nt i, come con-

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pochi minuti da Milano è possibile rilassarsi e godersi la natura sulle sponde del fiume Adda. Gli amanti delle passeggiate e del trekking possono godersi il panorama della riserva naturale che regala, specialmente al tramonto, dei colori in-

cantevoli e indimenticabili ai fortunati visitatori. In questo clima poetico di Trezzo d’Adda, si trova il ristorante: “La stella del Fiume”. Il locale dispone oltre che di una sala per banchetti, cerimonie, pranzi e cene aziendali, di una veranda immersa nel

creta memoria della stratificazione sociale della comunità che qui vi riposa. Il cimitero è circondato da un muro circolare che racchiude in sé tutte le tombe e che vuole simboleggiare l’abbraccio della famiglia Crespi a tutti gli operai del villaggio. Il 5 dicembre 1995 il Villaggio operaio di Crespi è entrato a far parte della Lista del Patrimonio dell’umanità UNESCO. È uno degli esempi meglio conservati di villaggio operaio industriale che esistano al mondo. Contrariamente a siti analoghi, la parte industriale è stata funzionante fino al 2004 e le abitazioni sono tuttora utilizzate. Da wikipedia

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verde con vista sul fiume ideale per le cene romantiche a lume di candela. Il menù dai prezzi modici è allettante, offre infatti tra le specialità: pesce, carne alla griglia e risotti preparati con cura dal giovane proprietario e Chef Alberto. E’ il desiderio di molti trascorrere una giornata serena degustando i piatti tipici in piacevole compagnia. La Stella del Fiume rispetta la tradizione e il sapore anche con la pizza, rigorosamente cucinata in forno a legna, sempre oggetto di soddisfazione dei clienti. Ampio parcheggio Via Alzaia, 13 20056 Trezzo S/Adda (MI) Info e prenotazioni: Tel. 02-9091693 www.lastelladelfiume.it


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Arte Milano

Al PAC c’è Robert Indiana

Lavinia Casaletto

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on si può pensare a Robert Indiana senza il logo LOVE, con la o inclinata, divenuta simbolo del movimento pacifista degli anni ‘60. Nato come dipinto murale si è trasformato in francobollo ed in scultura, è stato declinata in varie lingue -in latino AMOR- ed è una delle immagini più sfruttate nel mondo. Robert Clark, classe ‘28, in arte Indiana dallo Stato d’origine si definisce “un pittore di segni’’, “un pittore del paesaggio americano” perché “Ci sono più simboli che alberi in America. Ci sono più simboli che foglie” come certificava in un’intervista al New York Times nel 2002. Il suo interesse per i segni

è nato guardando la grande insegna della Phillips 66 nella stazione di servizio in cui lavorava suo padre. Nel ‘55 arrivato nella Grande Mela incontrò Ellworth Kelly, a cui si è ispirato con uno stile geometrico, a spigoli vivi, e dai colori vivaci. A differenza degli altri artisti della pop-art, maggiormente interessati ai mass media ed ai segni esteriori della società consumistica, Indiana trasforma marchi, numeri, lettere e caratteri tipografici in scritte tridimensionali, dipinti, totem per parlare dell’identità nazionale e culturale americana e di se stesso. In Figure Five in Gold (1963), la stella, uno dei simboli ricorrenti nelle sue opere, fa riferimento alla notorietà ma anche al patriottismo

spesso unito ai colori rosso e blu. Le parole-sculture “eat” e “die”, solitamente usate insieme, si riferiscono alle ultime parole di sua madre quando, sul letto di morte, gli aveva chiesto se aveva mangiato. Ricco di allusioni, di riferimenti culturali e personali da decifrare, quindi, il lavoro di Robert Indiana e l’occasione sarà dal 4 luglio al 14 settembre al Pac - Padiglione d’Arte Contemporanea (via Palestro 14 - MI).

L’esposizione, realizzata in collaborazione con la Galleria Gmurzynska di Zurigo, abbraccia la sua intera carriera permettendo di scoprire dipinti, assemblage, sculture. Ma anche camminando per il centro di Milano dove, dal 21 giugno enormi numeri in acciaio corten sono comparsi in Corso Vittorio Emanuele e altre sculture sono arrivate in Piazza Duomo, Piazzetta Reale, Piazza della Scala e Piazza Duca d’Aosta.

SERATE MUSICALI STAGIONE 2008/2009 SERIE «A» 2008/2009- Sono previsti 23 Concerti. Questi gli appuntamenti di Settembre 2008: SETTEMBRE Lunedì 29 settembre 2008 – ore 21.00 (Conservatorio G. Verdi - Via Conservatorio, 12 – MI) Vl. FRANK PETER ZIMMERMANN – Vla ANTOINE TAMESTIT – Vlc. CHRISTIAN POLTERA Pianista OLLI MUSTONEN L.v.BEETHOVEN: Trio d’archi in re maggiore op. 9 n.2 Trio d’archi in do minore op. 9 n.3 Trio d’archi in sol maggiore op.9 n.1 Biglietti: Intero € 15,00 Ridotto € 10,00 Per informazioni e prenotazioni: SERATE MUSICALI Galleria Buenos Aires, 7 – Milano (MM1 Lima) Uff. Biglietteria Tel: 02 29409724 dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 17.00 e-mail: seratemusicali@alice.it - www.seratemusicali.it

ASSOCIAZIONE ITALIANA ART IN THE WORLD ONLUS A settembre a Savigliano - Cuneo TITOLO: Acquerello….che passione - Mostra statica DOVE: Ala polifunzionale in Piazza del Popolo a Savigliano - Centro Città QUANDO: dal 12 al 21 settembre SPAZI DISPONIBILI : 100 griglie PRENOTAZIONE: entro il 30 maggio per la fase di selezione - info al 320 0921876 oppure 0114531915 COSTO: 35 euro ad opera con minimo due opere Sono ammessi solo acquerellisti. CATALOGO : Si A settembre a Savigliano - Cuneo TITOLO: Paesaggi e vedute d’Italia - Mostra statica DOVE: Ala polifunzionale in Piazza del Popolo a Savigliano - Centro Città QUANDO: dal 12 al 21 settembre SPAZI DISPONIBILI : 100 griglie PRENOTAZIONE: entro il 30 maggio per la fase di selezione - info al 320 0921876 oppure 0114531915 COSTO: 45 euro ad opera con minimo due opere per Artista. CATALOGO: Si A settembre a Savigliano - Cuneo TITOLO: MEETART - Festa dell’Arte DOVE: Ala polifunzionale in Piazza del Popolo a Savigliano - Centro Città QUANDO: domenica 14 settembre 2008 con orario 10,00/19,00 SPAZI DISPONIBILI : 50 stand espositivi PRENOTAZIONE: entro il 30 agosto ad esaurimento info al 320 0921876 oppure 0114531915 COSTO: 20 euro per posteggio metri3x1 con griglie CATALOGO: NO

A ottobre a Parigi TITOLO: I colori d’Italia - Mostra commerciale DOVE: Galleria Espace Arsinoè - Rue Tholozè - Parigi QUANDO: dal 3 al 18 ottobre SPAZI DISPONIBILI : 40 opere per 10 Artisti PRENOTAZIONE: entro il 30 maggio per la fase di selezione - info al 320 0921876 oppure 0114531915 COSTO: 100 euro ad opera con minimo quattro opere CATALOGO:Si A novembre a Carmagnola - TO TITOLO: CART - Mostra commerciale e statica - 3° anno di svolgimento DOVE: Area espositiva Antichi Bastioni QUANDO: dal 7 al 16 novembre SPAZI DISPONIBILI : stand e griglie PRENOTAZIONE: entro il 30 luglio per la fase di selezione - info al 320 0921876 oppure 0114531915 COSTO: stand metri 4 x 2 - 400 euro.Stand metri 3 x 2 350 euro.Griglia espositiva altezza 2 metri x1 - 120 euro. Stand e griglie possono essere divisi fra due Artisti. CATALOGO : Si Per i primi 48 Artisti in area Stand vengono reallizati 5000 calendari. La presenza degli Artisti è richiesta solo per le giornate di mostra mercato del sabato e della domenica. Associazione Italian Art in the World - Onlus Via G. Borsi 86/d , 10149 TORINO Tel. 011 4531915 - Tel.Cell. 320 0921876 www.spinart.it email:info@spinart.it Associazione iscritta nel registro delle Associazioni della Città di Torino con delibera 0207710/01 del 8/10/2002

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astroarte di yari

Pablo Picasso

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enio e sregolatezza sono alcune delle caratteristiche più evidenti del segno dello scorpione che rivive attraverso le opere di Picasso. Il suo ego inconfutabile di un genio, fa dell’astrattismo il suo mondo, forte di una carica gioviana talvolta offuscata da una luna irriconoscente. Che dire e che fare di fronte a un mostro tale, che nella sua universalità di colori focalizza il mondo dei belli, degli stolti, dei poveri e dei ricchi, ispirato dal pennello mercuriano. La sua tavolozza fiammeggiante di luci multicolori è volteggiata dall’eleganza e dalla femminilità di Venere. Marte padre sedicente, gli dona la forza di un eroe battagliero nel suo intramontabile percorso artistico. I sentimenti a volte sembrano essere su-

perflui, così vengono accantonati da un urano volitivo ma ciò è relativo di fronte a tanta maestria. Ci è permesso sognare dinnanzi alla bellezza delle sue opere che plutone impone nel corso degli anni. Il tempo nella sfera universale non esiste, volia-

mo quindi simbolicamente verso quel paradiso dove tutti vorremmo ringraziare per la maestosità e l’anticipata visione dell’arte moderna facendo nostro gesto l’istrionico Picasso. Per contattare Yari tel: 3402290751

concorsi

Il Caffè e l’Arte

edizione Il concorso artistico nazionale, 1° edizione: “IL CAFFE’ e L’ARTE, Origine, Storia, Luoghi di ritrovo “ (opere d’arte dedicate al mondo del caffé) è aperto ad artisti con opere di pittura, scultura, fotografia e tecniche varie: olio, acrilico, acquerello, disegno, inchiostro, matita, ecc. e su qualsiasi supporto. Tutto si può rappresentare a proposito del caffè: artisti illustri dell’800 e del ‘900 hanno realizzato opere dei luoghi della coltivazione e dove veniva servito il caffè, luoghi, questi ultimi, anche frequentati da intellettuali e gente della buona società (una abitudine arrivata sino ai giorni nostri). La proposta, quindi, è una operazione culturale in ogni suo aspetto. Dimensioni limite delle opere cm.70 x 90. La quota di partecipazione è fissata in euro 100, per spese di organizzazione, di segreteria e di stampa del catalogo e degli estratti, da versare all’atto dell’iscrizione, o al più tardi alla consegna dell’opera. Termine dell’iscrizione 15 ottobre 2008. Catalogo generale. E’ prevista l’edizione a stampa di

Richiedete la rivista in abbonamento scrivendo a: info@okarte.org - 347 4300482

un catalogo a colori di tutti gli artisti concorrenti. Ciascuno avrà una pagina dedicata alla propria opera, accompagnata da un testo critico di Lidia Silanos (giornalista e critico d’arte). Ogni artista avrà a disposizione una copia del catalogo generale e n. 300 estratti – depliant della pagina personale del catalogo. Inoltre sarà dato in omaggio copia del CD con la presentazione dell’evento e le opere esposte. Tutte le opere partecipanti, previo parere della commissione artistica, saranno esposte in collettiva durante la prima quindicina di novembre 2008 per la durata di dieci giorni nella sede di un Consiglio di Zona del Comune di Milano. Le 25 opere selezionate dalla commissione giudicatrice, successivamente saranno esposte presso una Galleria di Milano per sette giorni, dove si terrà la premiazione delle prime tre opere classificate. Ciascun partecipante riceverà un attestato di partecipazione. Per informazioni su regolamento e iscrizioni Lidia Silanos:lidiasilanos@libero.it tel. 02-215.50.24 c e l l .33 8 - 5 6 . 6 4 . 119


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Arte Milano

Ok Arte Milano

Edito dall’Associazione Culturale Ok Arte Direttore responsabile Avv. Federico Balconi Direttore editoriale Francesca Bellola Progetto Grafico e impaginazione Kerr Lab http://www.kerrlab.it Stampato dalla Igep Via Castelleone 152 CR

Testata OK Arte

Reg. Tribunale di Milano del 6 maggio 2008 n. 283

Hanno collaborato: Associazione Castelli e Ville della Lombardia Associazione Clessidra Enpa Lombardia Clara Bartolini Francesca Bellola Lavinia Casaletto Augusto Colucci Ettore Degli Esposti

FAI Carla Ferraris Sara Moriconi Ghezzi Alessandro Ghezzi Gloria Guerrini Antonia Iurlaro Jean Marc Mangiameli Ivana Metadow Milena Moriconi Sabrina Panizza Laura Sabrina Pelissetti Giuditta Pellizzoni Antonio Purpura Diana Russo

OroscopArte:

ARIETE

Orgoglioso e coraggioso, quest’estate l’Ariete sperimenterà un nuovo orizzonte creativo: il Last Minute! L’Ariete non accetta compromessi - come Van Gogh che si tagliò un orecchio dopo aver rincorso vanamente Gauguin - e quindi partirà per un viaggio con la compagnia adatta alla sua voglia di agire: mari esotici o un giro ad Amsterdam, Parigi o New York a visitare le opere di Vincent.

dal 21 Marzo al 20 Aprile

TORO

dal 21 Aprile al 20 Maggio

Vincent Van Gogh 30 marzo 1853, mercoledì

Se da un lato, si vocifera malignamente, i Tori siano molto possessivi e manchino di autocritica, dall’altro, e questo è certo, sono dediti all’amore, all’amicizia e alla fedeltà. E quest’estate sarà proprio all’insegna dell’amore: conosceranno la loro musa, come fu per Dalì con Gala, che accompagnerà loro in un viaggio in giro per il mondo… alla ricerca delle opere del grande Salvador. Salvador Dalì 1 maggio 1904, mercoledì

GEMELLI

dal 21 Maggio al 21 Giugno

CANCRO

dal 22 Giugno al 22 Luglio

LEONE

dal 21 Luglio al 23 Agosto

Con un intelletto fuori dal comune e la tentazione a seguire un’idea senza pensare alle conseguenze, i Gemelli quest’estate troveranno un’oasi di pace e di riposo dove poter godere dell’aria fresca, come Schiele che portò all’aperto il proprio cavalletto. Quindi, tutti sotto un ombrellone con i piedi nella sabbia, magari in compagnia di qualche Cancro (vedi) ad ammirare una mostra su Egon. Egon Schiele 12 giugno 1890, giovedì

Come in Klimt prevale l’evocazione della realtà piuttosto che la sua fedele rappresentazione, così il Cancro vive sospeso tra un temuto mondo esterno, e uno interno e fantasioso. Con un gran bisogno di muoversi, portando però con sé la famiglia, vivrà l’estate al mare o al lago, magari vicino a Villa Olmo, Como, sede de “L’abbraccio di Vienna”, fino al 20.VII.2008 con Gustav, Schiele e Oskar Kokoschka. Gustav Klimt 14 luglio 1862, lunedì

Egocentrico e amante del consenso del pubblico, proprio come Warhol, il Leone possiede una grande determinazione che lo porta a primeggiare e a essere un leader: sarà perciò un’estate sotto i riflettori, in posti vip e spiagge frequentate da paparazzi. Più o meno come Traversetolo (PR), dove, fino al 6.VII.2008 alla Fondazione Magnani-Rocca, sarà presente una mostra sul controverso Andy. Andy Warol 6 agosto 1928, lunedì

Daniela Ronchi Laura Veroli Carlo Vittalone AmarenaChicStudio Yari

Informazioni e pubblicità 02-92889584 3474300482 info@okarte.org

OK ARTE sede in c.so Buenos Aires 45 – presso agenzia Cattolica

VERGINE

ACQUARIO

dal 24 Agosto al 22 Settembre Robert Indiana 13 settembre 1928, giovedì

dal 2 Gennaio al 19 Febbraio

BILANCIA

PESCI

dal 23 Settembre Umberto Boccioni 19 ottobre 1882, giovedì al 22 Ottobre

dal 20 Febbreio al 20 Marzo

Perfezionisti, estremamente razionali e ipercritici, sono come le sculture dagli spigoli vivi e precisi di Indiana. Ma sono anche amanti delle regole, modesti, molto altruisti e inquieti: per loro, quest’estate, un superviaggio organizzato con ferree tabelle di marcia e… nuove ammiccanti conoscenze. Come quelle che si possono fare al PAC di Milano che ospita le opere di Robert Indiana.

Ricercano ovunque l’equilibrio, così come Boccioni usava colori complementari, o, per le sue sculture, legno, vetro e ferro: cioè caldo con freddo, duro con fragile. Amanti delle comodità e un po’ pigri, le vacanze concederanno loro riposo e svago: un “all inclusive” senza muovere un dito. Per i più attivi, però, un giro a Milano, New York, o Londra ad ammirare le opere del futurista.

In cerca di sensualità e ideali di vita, lo Scorpione ha un forte magnetismo fisico e un profondo intuito. Come Bacon, con la propria idea di sessualità, o come Picasso, del quale Francis vide una mostra a Parigi che lo spronò a diventare pittore. E quest’estate la ricerca finirà: a patto però di viaggiare lontano, dopo una visita a Palazzo Reale, Milano, dove, fino al 24.VIII.2008, è esposto Bacon.

SCORPIONE

Dotati di grandi ideali umanitari, gli Acquario sono calcolatori, distaccati e amano coltivare la solitudine. Come Manet che prima di dipingere viaggiò un anno per mare, queste vacanze, per assecondare l’innato senso di indipendenza e originalità, saranno in barca a vela o in crociera, dove conoscere la (possibile) dolce metà per contemplare insieme le opere di édouard nella capitale francese. Edouard Manet 23 Gennaio 1832, lunedì

Emotivi e pratici, riservati e privi di una sicura spiaggia su cui approdare, i Pesci amano viaggiare… sprecando però meno energia possibile: quindi, quest’estate si lasceranno trasportare dalla corrente verso lidi lontani e sconosciuti, alla scoperta di nuove amicizie e nuovi cibi, tanto apprezzati da tutti come dal Sandro (Botticelli per le sue rotondità) le cui opere ammiriamo a Firenze. Sandro Botticelli1 marzo 1445, sabato

LEGENDA (ovvero quello che gli altri oroscopi non dicono mai): I due autori sono del Toro e del Capricorno! E, soprattutto, vivono con un Cancro e un Leone!

dal 23 Orrobre Francis Bacon 28 ottobre 1909, giovedì al 22 Novembre

SAGITTARIO

Come simboleggiato nel dipinto più celebre di Munch, il Sagittario è un gran conversatore ma un pessimo ascoltatore. Ma è anche allegro e schietto, sempre con la testa tra le nuvole e amante dell’avventura che, quest’estate, non mancherà di certo. Saranno vacanze all’insegna dello sprezzo del pericolo… anche a livello sentimentale. Magari proprio a Oslo a ripassare le opere di Edvard.

dal 23 Novembre al 21 Dicembre Edvard Munch12 dicembre 1863, sabato

CAPRICORNO

Come Cézanne che provò più volte a entrare nella prestigiosa École des Beaux-Arts, i Capricorno sono molto ambiziosi e vogliono scalare le vette sociali. Per nulla impulsivi e molto pazienti, trascorreranno un’estate tranquilla vicino a casa, con silenziose passeggiate in montagna o lunghi bagni rilassanti. In cerca di romanticismo, si consiglia l’eterna Parigi per ammirare le opere di Paul.

dal 22 Dicembre al 19 Gennaio Paul Cézanne 19 gennaio 1839, lunedì

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Arte Milano

LUGLIO - AGOSTO 2008

Gli intimi paesaggi di Nicola Brindicci La critica Maria Luisa Caffarelli analizza in profondità le opere del fotografo

Clara Bartolini

N

icola Brindicci, fotografo-artista dall’animo delicato e spirituale, ha realizzato recentemente due interessanti personali. La prima a Ferrara presso la Galleria Dell’uva, inaugurata a Gennaio dall’associazione Proart proprio con la sua mostra. La seconda a Vicenza presso il Gran Caffè Italiano Crestanello che, a differenza di ciò che suggerisce il nome è, da tempo e con grande entusiasmo, diffusore di arte. In questi continui percorsi di interrogazione sul proprio operato, molto interessanti sono stati gli incontri con i critici che hanno apprezzato il suo lavoro frutto di un impegno continuo e ben strutturato. A Vicenza, è stato stimolante l’incontro con il Prof Giuseppe Barbieri docente d’Arte all’Università Cà Foscari, che ha presentato la mostra visitata da molti suoi estimatori. A Ferrara, Francesca Mariotti dell’associazione Proart, colpita dall’ interessante lavoro di Brindicci, lo ha convinto ad esporre alcune sue opere nella collettiva dal titolo “Altrove” presentata da Proart negli splendidi spazi espositivi del Castello Estense. Lungo questo percorso, non si può dimenticare l’incontro con la giornalista e critica Maria Luisa Caffarelli. La capacità di lettura della cifra artistica dell’artista, unita ad una visione empatica delle sue opere, è emersa in maniera evidente. Vogliamo

riportarne le parole per chi non conoscesse ancora questo fotografo. Il testo della Caffarelli permette di penetrare con delicatezza nell’animo dell’artista e dei suoi teatri. “Simbolico, immaginario e reale”. “Viviamo in un mondo in cui, a parere di importanti pensatori, l’immaginario

zo finale a cui fa ricorso è la macchina fotografica, ma in prima istanza sculture, nel senso più proprio della parola. Sono infatti in principio opere tridimensionali realizzate attraverso l’assemblage di varie componenti che solo dopo un preliminare, lungo procedimento ideativo e una suc-

ne. Nel caso di Brindicci la macrofotografia, rigorosamente analogica, minimamente manipolativa in fase di stampa, si rivela invece gesto di certificazione iconografica dell’evento/scultura di per sé unico e non replicabile. Gesto creativo che fa seguito al gesto “creatore” con cui hanno pre-

ha sostituito il simbolico: ci nutriamo di immaginario, di proiezioni che si attestano spesso nella dimensione del virtuale e ci inducono a oscillare, talora pericolosamente, tra il reale e il non reale. Remotissime dal virtuale, ma fluttuanti tra reale e immaginario -con frequenti incursioni nel vasto territorio del simbolo e ripetute fughe nell’indefinibile territorio della poesia- si presentano le immagini di Nicola Brindicci, fotografie perché il mez-

cessiva puntualissima mise en scene diventano l’oggetto/soggetto dello scatto fotografico. Siamo in altre parole lontanissimi dal reportage inteso come registrazione del reale in quanto tale, sulla cui esistenza a priori il fotografo non ha alcun potere di intervento e di cui si impadronisce solo nel momento in cui seleziona l’inquadratura e decide di aprire l’obiettivo, restituendo di quella scena –ambientale, umana, naturale– la sua personale visio-

so forma quelli che l’autore denomina “teatrini metafisici”. In principio è uno schizzo, un’idea appuntata sinteticamente e poi con estrema precisione riportata sulla carta millimetrata. Uno schizzo realizzato pensando alle proporzioni e ai rapporti spaziali, alle relazioni sotterranee tra i minuscoli frammenti di natura che Brandicci raccoglie dai marciapiedi, dalla strada, fili d’erba, aghi di pino scelti fra mille nella neve, “refoli di rame”,

foglie, pezzetti di vetro spezzato, un lacerto di alluminio stropicciato, che seleziona, archivia e predispone a una possibile traslazione. C’è una capacità di vedere l’invisibile e prefigurare l’imponderabile in questa scelta, una capacità che ritorna nel procedimento con cui il singolo frammento viene affiancato a un altro, per affinità o per contrasto, e si ripropone nella scelta del fondale e della luce. Il passaggio successivo è infatti l’esposizione, l’allestimento della micro scena su una superficie piana, un tavolo, un ripiano bianco e quindi la ricerca dei cieli dell’alba, meglio d’inverno “perché d’estate i colori sono troppo saturi, c’è troppo magenta” con cui completare l’installazione prima che la fotografia la catturi. Il fondale e il supporto diventano essenziali nel fornire i parametri di riferimento, nell’allestire il palcoscenico in cui si svolge il ludus. Ciò che deve essere sottolineato in questo percorso progettuale, che potrebbe apparire quasi geometrico nel rigore dei suoi prestabiliti passaggi, è l’invenzione continua, la profondità dell’emozione da cui si generano e che a loro volta determinano le singole immagini. Sappiamo quanto l’emozione abbia il potere di fissare il ricordo: lo straniante effetto trompe l’oeil è tutto concentrato nello scarto dimensionale tra la realtà e l’immagine e produce infatti un’emozione soffusa, suggestioni che scavano nell’intimo di

ciascuno di noi, evocatrici di illusionistiche geografie siderali, di luoghi della fantasia e di proiezioni degli strati meno superficiali dell’io, plaghe di lirica minimale in cui si consuma un leggero naufragio dei sensi, lievemente storditi dalla smisurata dilatazione della prospettiva. Queste immagini sono forme uniche nella loro originalità in cui tutto è calcolato, tutto è regolato dall’unità di misura, i pieni e i vuoti, ogni dettaglio corrisponde a una strategia precisa - temperata sempre da una ironia leggera e impalpabile - in vista di uno stacco finale declinato secondo i canoni dell’intelligenza e della poesia. L’apparente sospensione, pur nella presenza di un minimo spessore gravitazionale, non deve trarre in inganno: è il computo rigoroso dei vari elementi che contribuisce a offrire questa sensazione, il bilanciamento reciproco delle parti, a provocare questo senso di imponderabilità. Una metrica dell’immagine che non è impedimento all’emozione, anzi ne è la condizione fondamentale: come nei sogni ogni cosa ha ragione di essere per quello che è, all’interno di un’armonia “altra” che non ha riscontri nel reale, ma in cui è naturale riconoscersi e ritrovarsi.” Se ogni artista prova una grande emozione nel conoscersi e riconoscersi attraverso le parole di un critico, questo è sicuramente ciò che è accaduto a Brindicci con la lettura della Caffarelli.

era solo un ventenne, dedica due anni per imparare a dipingere con colori naturali e foglie d’oro, diventando un maestro nel riprodurre fedelmente ogni più piccolo dettaglio. Tornato in Italia la tela pare limitare la sua vena artistica e in questo modo il corpo umano diviene il supporto migliore per la realizzazione delle sue opere. Dal corpo alla trasformazione delle mani in animali il passo è stato breve e le sue opere, raccolte nel ciclo “Manimali”, stanno facendo il giro del mondo e recentemente i suoi lavori sono stati esposti da Harrod’s. L’idea di usare come sup-

porto le dita per dipingere animali nasce in Daniele per caso, muovendo le mani come per fare le ombre cinesi, è in questo modo che nascono meravigliose riproduzioni di cani, aquile, zebre e alti animali ancora. La pittura di Guido Daniele, cromaticamente ricercata, dalle tonalità intense e profonde, sfumate, volatili, esprime un sentimento metaforico dello stato di natura, della vita e della potenza dell’uomo, come si addice a un fervido ambientalista che ci ricorda come l’animale sia una perfetta metafora che può porre una serie ipoteca sul futuro del genere umano.

Sorprendente Guido Daniele

Artista multimediale e body paiter Gloria Guerrini

G

uido Daniele, 58enne autore originario di Soverato, ma milanese d’adozione, dove vive e lavora dal 1964, designer e illustratore pubblicitario, ha trovato nella pittura del corpo la rivelazione delle più profonde ragioni d’artista. Attraverso l’uso di tematiche ambientaliste, Daniele ha potuto valorizzare la propria indole, la cui intima natura gli permette di muovere la sua battaglia in difesa del pianeta attraverso l’arte. La produzione artistica di Guido Daniele è essenzialmente tesa a sperimentare la tecnica del body painting, definita dallo stesso artista come “una delle primissime forme d’arte nella storia dell’umanità”. Nella meravigliosa attività di body painter di Daniele, intrapresa in modo pres-

soché esclusivo a partire dagli anni novanta del Novecento, vediamo fondersi elementi di ricerca e di innovazione che gli permet-

tono di comunicare un’idea di purezza e bellezza. Il primo incarico importante fu la commissio-

ne di una copertina per la rivista Amica, dove l’artista rappresentò una donna con il corpo dipinto come se si trattas-

se di una statua di marmo. Per dar vita a questo repertorio artistico, Guido Daniele si è dedicato total-

mente allo studio di una produzione di origine extraeuropea, il tanka, inventato in Tibet per la realizzazione di dipinti religiosi, au-

tentici capolavori pieni di dettagli e di sfumature. Daniele, grazie a un viaggio compiuto in Tibet quando

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